1 Honoré de Balzac “Pene di Cuore di una Gatta
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1 Honoré de Balzac “Pene di Cuore di una Gatta
Honoré de Balzac “Pene di Cuore di una Gatta inglese” tratto da: Scene di Vita Privata e Pubblica di Animali di Camilla Balsamo «La natura produce somiglianze. Basta pensare al mimetismo animale. Ma la più alta capacità di tradurre somiglianze, è propria dell’uomo. Il dono di scorgere somiglianze, che egli possiede, non è che un resto rudimentale dell’obbligo, un tempo schiacciante, di assimilarsi e condursi in conformità. Egli non possiede, forse, alcuna funzione superiore che non sia condizionata in modo decisivo dalla facoltà mimetica[…]. Il gioco infantile è tutto pervaso da condotte mimetiche, ed il loro campo non è affatto limitato a ciò che un uomo imita dell’altro. Il bambino non gioca solo a “fare” il commerciante o il maestro, ma anche il mulino a vento e il treno. Quale utile trae da questa educazione alla facoltà mimetica?» (Walter Benjamin, Angelus Novus, Einaudi, Torino 1962, p. 71) Produrre somiglianze. Giocare a fare, immaginare un diverso sentire per sentire diversamente. E’ questa la caratteristica del bambino, piccolo artista. E con un po’ di fortuna, anche dell’adulto. Riprodurre, rappresentare per rappresentarsi, oltrepassare il confine dell’umano per collocarsi più solidamente all’interno di esso. Gli affreschi con cui l’uomo preistorico decora le pareti delle sue grotte sono fenomeno manifesto di spergiuro, di desiderio, timore, curiosità: altro da sé ma simile, vivo, riproduttivo. Chiamato a raffigurare la propria presenza fisica in modo ‘incisivo’ -nel senso doppio del graffiare sulla parete e di agire nel mondo-, 1 l’uomo, in prima istanza, disegna l’animale1. Questo accade perché c’è una identità di fondo fra l’uomo e la bestia che, secondo Deleuze, supera ogni identificazione sentimentale, che lega le due nature insieme, al di là di ogni atto della volontà e di ogni istanza umanistica: «L’uomo che soffre è bestia, la bestia che soffre è uomo». Il soffio, l’anelito che lega umano e animale è haleine, quel fiato che si fa grosso nell’inseguimento e nella fuga. Tanto piú il passo di entrambi si affretta, tanto piú l’haleine si fa pressante, potente2. Sulla stessa linea, in quanto ‘limen’ e margine, per l’appunto toccando l’infanzia storica e i suoi commerci con l’animalità, si colloca anche l’analisi di Freud3: «Il primitivo, nello stato del totemismo, non trovava difficoltà a far derivare la propria stirpe da un progenitore appartenente al regno animale. […] Il bambino non coglie alcuna differenza tra l’essere proprio e quello degli animali, e non si meraviglia che nelle favole le bestie pensino e parlino […]: soltanto quando sarà cresciuto si sentirà cosí estraniato dagli animali da poter usare i loro nomi per ingiuriare gli uomini». C’è come una forzatura alla base di questo distacco, una rottura volontaria, una affermazione di alterità che l’uomo desidera fortemente in quanto essa è elevazione, celebrazione del sé fuori dal torpore. Non sorprende che una tale presunzione di antropocentrismo e immortalità non abbia riguardato mai né i bambini né i selvaggi; né gli artisti. 1 Per rifarci a un celebre studio di André Chastel, il dipinto della grotta è grottesco in senso proprio, come s’intende in genere ciò che rozzo o ingenuo; e tuttavia non cosí remoto da quanto di ‘concettuale’ è contenuto nel grottesco ottocentesco di Victor Hugo; si pensi alla profonda animalità dell’uomo di cui è figura simbolica Quasimodo. 2 D’altronde, ci dice Ejzenštein in una monografia su Walt Disney, che «In sanscrito ‘an’ è soffio, in greco: il vento. Respirare, vivere, dare la vita, ravvivare; come l’anima ‘anima’ il corpo. Da cui ‘animale’, ‘animismo’ Se l’animismo è la credenza secondo la quale tutti gli oggetti hanno vita propria e sono dotati di un’anima, la rappresentazione moderna di queste forme di religione primitive e legate alla superstizione è proprio il cartoon; “Se si vuole, l’idea stessa di animated cartoon è come l’incarnazione del metodo dell’animismo”. Questo ci riporta alla dimensione circolare di infanzia, primativismo e illustrazione. 3 L’uomo, nel corso della sua evoluzione civile, si eresse a signore delle altre creature del mondo animale. Non contento di tale predominio, cominciò a porre un abisso fra loro ed il proprio essere. Disconobbe ad esse la ragione, e si attribuí un’anima immortale, appellandosi ad un’alta origine divina che gli consentiva di spezzare i suoi legami con il mondo animale. 2 La Letteratura, dalle origini a Bambi, gronda animali. Sgocciola nella natura terragna, sanguigna e simbolica che ne accompagna la rappresentazione. Così, ironicamente, per quanto Isocrate abbia attribuito loro la qualifica di a-loga, gli animali affollano i logoi letterari di ogni luogo e tempo, e non solo in chiave di traslato metaforico, ma anche come possessori profondi e remoti di una morale che è sempre ora di insegnare agli uomini; e al tempo stesso coacervo e coagulo di difetti e virtù di questi. Nelle favole di Fedro ed Esopo lupi ed agnelli perdono tutte le caratteristiche tipiche della loro natura non umana: va da sé che l’animale parlante non è che un pretesto, la semplice ipotiposi di un atteggiamento umano. In questo modo l’alternativa all’ a-loga, lo ‘zoa’, si tramuta in formula e diviene il fonema minimo (zoema, dirà lo strutturalismo) di un alfabeto di simboli in cui ogni ideogramma assume significato sulla base di analogie puramente formali. Secondo Lévi-Strauss, che ammicca alla diàtriba antica sulla liceità del farne banchetto, quell’animale buono da mangiare è ancor più buono da pensare. Il mondo animale viene ‘speso’ in quanto capace di offrire all’uomo un metodo di pensiero. La divisa dei fascisti che battevano “Il sentiero dei nidi di ragno” comprendeva certi ‘baffetti da topo’ rispetto ai quali sarebbe parsa pleonastica ogni successiva spiegazione di Calvino circa la propria posizione intellettuale e politica. Anzi, di più: perché l’analogia simbolica tra l’uomo e l’animale non riguarda solo le forme dell’anima; anche il corpo degli animali si propone come un sistema espressivo buono per la codificazione. La bestia lascia trasparire nozioni e relazioni facilmente assimilabili ad una categoria concreta ed in quanto tale, pronta a costituirsi come base per ogni procedura di classificazione fisiognomica. Ma questo è già un livello letterario, retorico; basta tornare a ciò che è puro istinto preculturale, e che riguarda le percezioni automatiche di un qualsiasi soggetto. Di fatto, se si fissa lo sguardo su un viso lasciando che i tratti si scompongano fino a svuotarsi di senso (come succede ad un qualsiasi lemma che uno ripeta più volte), fissando insomma lo sguardo su certi nasi, certi zigomi, su volumi e archi di una faccia, la mente provvede a svolgere un interessante esercizio: tende a sovrapporre a quel viso immagini di altre creature, facendone emergere per analogia quelle virtú o quei vizi che un’enciclopedia condivisa vi associa. Così se l’animale è solo un simbolo che sta al posto di un tipo 3 di uomo o di carattere, può ben fungere da riconoscimento sociale, storico o politico fortemente simbolico4. Ad esempio, negli stemmi nobiliari l’animale rinvia ad una certa stirpe gentilizia allo scopo di intentificarla, preannunciando peraltro ciò che di ironico avrà in epoca moderna la caricatura zoomorfa. Voilà: i borghesi, di lì a pochi decenni, si renderanno riconoscibili grazie ad animali di minore nobiltà; il porco piuttosto che il cervo. E questo è senza dubbio il trionfo dei disegnatori. Ecco un po’ di luce sulla singolare intenzione - nonché tensione e tenzone - di questo progetto: si tratta senz’altro di un passaggio linguistico interlineare, dal francese all’italiano; ma anche, al fondo, di una trasposizione da uomo a bestia, e ritorno. E ancora, in un più largo cerchio, di un dislocamento ulteriore, autonomamente operato da Grandville che nei disegni traduce anche gli esseri umani di ciascun racconto in figure zoomorfe. Grandville caustico, dall’implacabile sarcasmo iconografico, sa trascendere la categoria ‘specie’ e produrre cicogne calzate e vestite in luogo di dottori francesi, secondo il genio suo. Il racconto su cui ho lavorato, Pene di cuore di una gatta inglese si inscrive nel più vasto progetto disegnato da due uomini: l’editore Hetzel che nel 1840 ha l’idea di un libro collettivo ed illustrato che porti un titolo brillante (Scene di vita privata e pubblica degli animali, appunto) ed il disegnatore in questione, J.–J. Grandville, già animatore favorito del mondo delle favole di La Fontaine (1838). «Tutti conoscono il genere creato da Grandville» scrive Hetzel nella prefazione della raccolta, «ogni artista ha la sua specialità. La principale gloria di questo spirito osservatore sarà sempre quella di aver saputo carpire le curiose analogie che esistono tra l’uomo e l’animale; ed è giustamente per questo motivo che lo hanno chiamato il La Bruyère degli animali ed il La Fontaine dei disegnatori.» Hetzel è felice anche di potergli in qualche modo dare carta bianca: «Nel nostro libro ognuno dei disegni di Grandville è una creazione che pur essendo di fatto legata al testo, non è scevra dall’esserne indipendente.» Ed in effetti già la prefazione dell’opera presenta con acuta e sapiente ironia questa indipendenza, non mancando di svilire con eloquente leggerezza la graffiante opera d’illustrazione: 4 Allo stesso modo hanno senso i bestiari allegorici; si prenda ad esempio Il Fisiologo, catalogo di descrizioni zoologiche, generalmente fantastiche, seguite da uno sviluppo di carattere allegorico. 4 «mentre Grandville spiringuacchiava, il libro si scriveva.» Tra Goya e Grosz, tra il documento di apoteosi e tracollo della società aristocratica fondata sulla limpieza del sangue e la parodia della Germania militarista e neofeudale che avanza ignara verso il naufragio nel primo conflitto mondiale, sta Honoré Daumier. Con i suoi orrendi ometti-insetto, graffia l’ampolloso cesarismo di Napoleone III, nel cui alveo potevano trovare conforto, oltre al rinato orgoglio clericale, le aspirazioni coloniali ed imperiali della grande industria, ed il quietismo ottuso e xenofobo della piccola borghesia. L’arma era usata ma ancora tagliente, la stessa impugnata alla fine del 1400 dal Dürer che raffigurò l’indomabile stultitia degli uomini del suo tempo fregiandoli di un ridicolo copricapo asinino. Le orecchie d’asino, simbolo antico che allude alla prevalenza nell’animo umano di umori ferini ed insane manie, servile ignoranza e bolsa presunzione, ricompaiono più di quattro secoli dopo in un disegno di Grosz del 1924: “L’Indifferente, Io non voto”. Ma di asini superbi ne è piena anche l’opera di Goya, ed il pensiero non può trattenersi dal correre al Pinocchio di Collodi, quando cede alle lusinghe mondane di Lucignolo. Nei fogli rabbiosi di Goya, Daumier e Grosz sfilano tronfi e vani gli asini del mondo contemporaneo. Valga sempre, per essi, il richiamo che gli umanisti, parafrasando il libro dei salmi, dirigevano agli uomini privi di memoria e coscienza della propria dignità. L’erede ufficiale di questi talenti è il disegnatore Grandville. Superando il pittoresco, egli ritrova il senso di carnevale-saturnale e ‘mondo alla rovescia’ così come esso storicamente si è impresso nell’Europa medievale; con spaventosi giganti ghignanti e mascherati, uomini coniglio, uomini orso o uomini lupo. Egli è senza dubbio l’artista più vicino a Balzac, quello che più spesso gli è stato affiancato: un grandissimo numero di suoi disegni potrebbe servire da illustrazione alle caricature di cui abbonda la Comédie Humaine. Il Grandville ha un glorioso passato di caricaturista politico, e si è convertito all’illustrazione dei grandi scrittori (come ad esempio Defoe) esclusivamente a causa della legge sulla stampa del 1836. Il libro progettato gli offrirà dunque l’occasione di ritrovare la vena de La silhouette e del Charivari, ancora una volta criticando la società del suo tempo ma in una maniera più generale, «plus digne et moin blessante» secondo Hetzel, di quanto sia lecito nella caricatura politica. Più degli individui, saranno bersagliate le istituzioni sorte dalla rivoluzione del 1830 che la borghesia ed il parlamentarismo hanno confiscato. Inoltre, ispirato dal suo illustratore, Hetzel concepisce 5 un’ambizione più alta, distante dal magro criticare attraverso gli animali i vizi degli uomini, della società e della politica. Lasciando (miracolosamente) che siano le vie abusate e monotone dell’apologo a rinnovare la favola, riprende la bestia nel suo ruolo abituale di doppio; laddove però il doppio è doublure col senso di fodera, di doppiofondo, di risvolto. Hetzel constata entusiasta nella sua prefazione: «fino ad adesso era l’uomo che si occupava dell’animale; qui è l’animale che si occupa dell’uomo e che lo giudica giudicando se stesso. Il punto di vista, com’è evidente, è cambiato. Abbiamo differenziato in questo. L’uomo non prende mai la parola in prima persona, bensì la riceve dall’animale divenuto a sua volta giudice, romanziere, cronista.» L’opera si apre con un prologo-resoconto di una Assemblea Generale tenuta dagli ospiti animali dell’orto botanico, tutti fuggiti a gabbie scassinate da una extra-ordinaria scimmia-fabbro. Riuniti in una bella notte di primavera in cui per l’appunto cade l’anniversario della morte della buonanima di La Fontaine, essi alzano la bandiera della rivolta. Enumerano i rimproveri che hanno da indirizzare a quegli umani che prentendono di fare di loro cacciagione, che li imprigionano, li maltrattano o li utilizzano come macchine da lavoro. Soprattutto, contro quelle bestie d’umani che li depravano addomesticandoli, dando loro cattivi esempi e facendo di essi animaux savants a mezzo dei quali lucrare. Di qui la decisione autonoma di scrivere la ‘storia ignorata delle rivoluzioni animali.’ Nel medesimo giro di gonna Hetzel inventa la favola politica; la stessa che ricreerà nel XX secolo George Orwell ne La fattoria degli animali. La vasta compilazione che costituisce La vita privata e pubblica degli animali è dunque un libro scritto dagli animali alla maniera del romanzo di Hoffmann, Le Berlinois, le chat Mürr, in cui un micio «uomo di lettere molto rinomato» racconta al tempo stesso la sua vita e quella del suo padrone Johannes Kreisler. Divenuti «animali di lettere» e prendendo essi stessi la penna o utilizzando quella di un segretario, gli animali esplorano tutte le possibilità della narrazione: histoire di una lepre scritta sotto dettatura da un’oca sua amica, roman della vita di una gatta, aventures di una farfalla raccontate dalla sua governante, Memoires di un coccodrillo, Corréspondance di due sorelle gatte, Souvenirs di una vecchia cornacchia prese da un diario di viaggio, Anectodes trovati tra le carte di un vecchio orango-tango. Il progetto enciclopedico di Hetzel compare in quei manoscritti 6 preparatori in cui si leggono questi titoli: gli animali nel medioevo; gli animali convertiti e pii; gli animali nell’inferno; gli animali favolosi e mitologici; gli animali nelle fiabe e nei romanzi cavallereschi, nel blasone, nell’arte cristiana, nella giurisprudenza, nella filosofia moderna. Insomma, lontano dal vedere nelle sue bestie, come farà più tardi Baudelaire, «la corporification de nos vices» Hetzel invita l’uomo, animale degenerato e depravato, ad imitare le virtù che all’animale hanno riconosciuto l’arte, l’araldica o la leggenda. Quasi contemporaneamente Honoré de Balzac nell’Avantpropos della Comédie Humaine istituisce la corrispondenza piú compiuta tra uomini e bestie. Collocandosi nella scia di Buffon, Cuvier e Saint-Hilaire, scrive, onde farne programma: «La Società non fa forse dell’uomo, a seconda dell’ambiente in cui si sviluppa ciascuna attività, tanti diversi uomini, quante sono le varietà zoologiche? Le differenze tra un soldato, un operaio, un amministratore, un avvocato, un fannullone, un sapiente, uno statista, un commerciante, un marinaio, un poeta, un povero, un prete, sono, sebbene piú difficili da cogliere, cosí considerevoli come quelle che distinguono il lupo, il leone, l’asino, il corvo, il pescecane, il vitello marino, la pecora, etc». E’ una idea estetica rivoluzionaria e luminosa, pronta a modificare radicalmente tutto il paradigma creativo del libro di finzione: affrancati dall’aut/aut tra lo status di individui e quello di stereotipi, i personaggi diventano «tipi», l’umanità è precisamente studiata e ordinata in tassonomie. Come l’Ottocento ‘temperie culturale’, l’Ottocento ‘scientifico’ insegnava a fare, tutto sommato, in ogni campo. Ma perché proprio l’animale? Assimilazione, iconografia, primordialità, istinto, istanza classificatoria: bête, che in francese è ‘sciocco’, non funge da insulto né oltraggio, in Balzac. La Théorie de la démarche, trattatello di fisiognomica spicciola, altro non è che un osservatorio casuale: accidenti e folgorazioni di una tranquilla giornata di un flâneur con un’idea ossessiva: definire i caratteri delle andature animale ed umana, scoprirne i princípi, registrarne i difetti. Degno erede del corvo di La Fontaine, appollaiato su una panchina del Boulevard de Gand piuttosto che su un ramo, registra il passaggio di personaggi ‘cifrati’ nel corpo e nel moto; osserva la varietà delle piú insolite e goffe allûres: l’esercizio che già fu preistorico, infantile, ludico e satirico moltiplica se stesso e si fa caleidoscopico. La fanciullina pare una gallina senza ali, l’uomo indaffarato fila via come un’anguilla d’acquitrino, i figuri che camminano a 7 testa bassa sono cavalli di fiacre- e tutto questo osservare dona nuova linfa alla macchina della significazione. Non meraviglia pertanto la buona disposizione con cui il celebre romanziere e ‘prosivendolo’ avant la l ettre si mette all’opera per regalare ai lettori (e alla sua leggendaria brama d’argent) un cimento d’autore, che resterà il piú prestigioso della raccolta nonché il meno studiato del corpus balzachiano. Sotto le zoomorfe sembianze d’un micio squinternato eppur seducente, lo scrittore si mette in scena accanto alla Lady che allora scintillava nella sua vita; una bellezza inglese pallida, bionda e dotata di una voce argentina nella cui breve descrizione dai toni pastello contrastano un temperamento di fuoco ed un marito piuttosto noioso5. Anche in virtú di questa insistenza della vita vissuta del romanziere, il mondo balzachiano delle Peines de Coeur è tutt’altro che rovesciato; la società animale non fa altro che marcare (doubler) la società umana. La favola ne è la traduzione letterale ed iconografica. Semplicemente, gli stupimenti della gatta e i suoi giudizi le permettono di portare sul mondo umano uno sguardo ringiovanito, ingenuo come quello di un viaggiatore di Voltaire appena giunto da un altro pianeta. Nel racconto le equivalenze gettano delle divertenti passerelle tra i due mondi ed il linguaggio si presta ammiccante al gioco per le creazioni allo specchio. Il «mio piccolo uomo» rimpiazzerà presso le gatte il «Micino mio» delle sorelle umane; la Misgattropia altro non è che il calco di una Misantropia animalizzata; e nell’ardimento, le zampe fanno ben l’ufficio di braccia. Ciò che diverte e incanta è l’arte del narratore, il colpo d’unghia del giornalista e del pamphlettaire, la malizia delle allusioni e l’ironia dei riferimenti all’attualità. C’è poco da trattenersi su grondaie e tetti; la nostra Beauty è ben una Lady, che ritrova infine la poesia del madrigale e di ciò che gli inglesi chiamano romance. Frances Sarah Lovell, nata nel 1804 nella Contea del Wiltshire presso la cittadina di Malmesbury e conosciuta in Austria in occasione di una festa nel 1835, ispirò apertamente Balzac nella sua creazione romanzesca d’una Gatta Inglese. La liaison del romanziere con la contessa Guidoboni-Visconti, come sperato, non fece troppo rumore ; i Guidoboni-Visconti abitavano d’inverno a Parigi, nell’allora nuovo quartiere degli Champs-Elysées e l’estate a Versailles, dove il romanziere spesso si recava in visita. 5 8 Quanto al topo, che la società falsamente filantropica dei gatti capitalisti aveva integrato, purtroppo è costretto a ritornare (scorato) alla «redoutable clandestinité des parias». 9 Pene di cuore di una Gatta inglese Quando il resoconto della vostra prima seduta arrivò a Londra, Oh animali francesi! fece battere il cuore degli amici della Riforma Animale6. Nel mio piccolo, in qualità di Gatta inglese, possedevo già tante prove della superiorità delle Bestie sull’uomo che finalmente decisi di cogliere l’occasione, spesso agognata, di vedere realizzato il romanzo della mia vita7; questo al fine di rendere noto come, povera me8, fui tormentata dalle leggi ipocrite dell’Inghilterra. Già per due volte i Sorci, i quali avevo fatto voto di rispettare dopo il bill del vostro augusto parlamento, mi avevano condotto da Colburn9 ed io, che avevo osservato con curiosità anziane signorine, ladies di mezza età e perfino giovani spose correggere le bozze dei loro libri, m’ero domandata perché, avendo delle unghie, non me ne sarei dovuta servire anch’io10. Non sarà mai dato sapere cosapensano le donne, specie quelle intriganti che si mettono a scrive re; 6 Gli Amici della Riforma Animale sono senza alcun dubbio il double animalesco di quelli della riforma elettorale inglese del 1832. 7 C’è da sottolineare che Beauty sceglie un genere letterario propriamente inglese. Lei farà uscire, dice, il Romanzo della mia vita. In effetti si tratta di un calco perfetto del termine tutto britannico ‘Life novel ’. Ed ancorché la parola non si presenti a chiare lettere, non è forse un’autobiografia che lei intende scrivere? Entrambe (la cosa e la parola) sono caratteristico prodotto dell’ Inghilterra dell’Ottocento. 8 Nella versione originale si leggeva « Mon pauvre moi», traduzione letterale dell’espressione inglese «Poor me». Chi traduce ritiene che l’espressione balzacchiana renda piuttosto in lingua originale il desiderato senso di «me tapina» e che la traduzione letterale in italiano ‘il mio povero io’ conferirebbe fin troppo volume a questo già ben ipertrofico «moi». 9 Colburn era uno dei principali editori londinesi di romanzi; la collana Colburn’s Modern Standard Novelists era molto rinomata. 10 La suggestione di questo passaggio purtroppo va perduta nella traduzione. Il verbo « scribacchiare» del francese cosiddetto familiare è « griffonner » e quindi ‘graffiare’, ‘unghiare’. Il lettore attento avrebbe sorriso della sofisticata convergenza di sensi. Se l’artiglio è l’arma graffiante per eccellenza, privilegiata da colui che si propone di fare critica sociale « pourquoi ayant des griffes je ne m’en servirai pas aussi » detto dalla Gatta resasi invisa ai suoi simili a causa di « leggi ipocrite» suggerisce anche e soprattutto una ingenua legittimità del gesto, una naturalità di rimando, esercitata appunto a mezzo dello strumento più immediato di una gatta. 10 fig. 1 Pene di cuore di una gazza inglese 11 La tecnica litografica, a differenza del disegno a matita, di rado consente ripensamenti. Sicché chi tenti di immaginare una composizione è costretto a distribuire millimetri di segno sulla tavola, piccoli cenni di contorno che possano, nell’immaginazione, corrispondere a dei sommari meridiani. Il disegnatore così costruirà il suo soggetto a partire da questi suggerimenti sparpagliati, onde poi lasciare che alcune linee sbiadiscano nel nulla per chiudere solo le immagini che lo convincono di più. Tuttavia, possiamo immaginare che una volta che il segno sia andato troppo in là, diventi lecito e necessario seguirlo; e che il risultato di questa flânerie grafica diventi l’elemento d’una ricchezza compositiva complessa. Sull’assunto di queste insindacabili notizie relative alla pratica pittorica, è lecito chiedersi in che misura tali inizi possano suggerire immagini visionarie come quelle che costituiscono il cosiddetto «secondo piano» dei disegni di Grandville. Riteniamo che tutti i messaggi visuali inseriti dal Grandville abbiano a che fare con riferimenti precisi e desiderati, oscuri quanto immaginifici. Forse non sono casuali gli elementi in apparenza dissonanti o stranianti, e con ogni probabilità essi realmente concatenano un discorso. Ad esempio, in questa prima tavola, un excursus verticale che si termini con un disastro. Già in un primo ed elementare tentativo di esegesi procediamo a ripescare dalla tradizione latina il carattere divinatorio degli uccelli, ed è noto a ciascuno come essi indichino anche un coraggioso ed alto superamento di istinti inferiori attraverso la spiritualità. Ci diciamo in parte consolati da questa sommaria intuizione, che può vagamente placare il nostro sconcerto davanti ad una prima rappresentazione, che dovrebbe per logica raffigurare la nostra Gatta, e che invece ci costringe davanti ad un uccello migratore. Procediamo dunque nel medesimo modo nell’osservare l’altra presenza viva della tavola: il topo che gioca con il gomitolo. Purtroppo ci è impossibile collocarlo nella categoria di corollario d’un gatto, poiché il gatto stesso ci è, per necessità simboliche, negato. Siamo dunque costretti a metterci sulle tracce del topo e del suo senso simbolico, già certi del fatto che d’ora innanzi non potremo mai più pensare Grandville come un vignettista-caratterista al servizio di mere necessità fabulistiche. Il topo rosicchia dunque un gomitolo di filo; ma il filo non è per tradizione, dalle Parche in poi, la materia con cui il destino si tesse? Ed il topo che rosicchi l’oggetto sacrale non indica forse un imminente rovesciamento del destino? Si direbbe che in questa prima tavola Grandville abbia voluto riassumere en abyme l’intera vicenda che lo stesso Balzac s’accinge a narrare: una divinatoria e virginale uccellessa, abbigliata d’un «vestito di lino bianco, con un cintolo di lana biana che si soleva sciorre dalli sposi la prima sera» (Cfr. Cesare Ripa, Iconologia, Tea Arte, Milano 1992, p. 78) siede tranquilla e assorta mentre intorno a lei si dispiega un intero arsenale di segni presaghi. Facilmente riconosciamo la statuarietà riprodotta dell’Ercole (Pensiamo all’ Ercole Farnese conservato al Museo Archeologico di Napoli); quell’Ercole che nelle rappresentazioni classiche soleva essere raffigurato con tre sfere in mano, indici, appunto di tre virtù: moderazione nell’ira, temperanza e generoso sprezzamento delle delizie e dei piaceri. Ercole domatore di fiere guarda le spalle del soggetto femminile, mentre con un certo (fino a poc’anzi incomprensibile) ventaglio nasconde la ‘vergogna’, qui intesa come pudore e rossore. Sopra il capo di quell’Ercole sta sospesa la pistola che si accinge, su quest’idolo di temperanza e di equilibrio, a far partire «il colpo» mentre esplicitamente il pugnale sottende la tragedia che verrà. Una pentola rovesciata traboccante liquido, sintomo dell’irrimediabile, termina verso il basso la composizione. 12 invece una Gatta11 vittima della perfidia inglese è interessata a dire anche più di quel che pensa, poiché ciò che scriverà di troppo non farà altro che compensare ciò che le illustri Ladies hanno taciuto. Ho la pretesa di essere la Inchbald12 delle Gatte, e vi prego d’aver riguardo per i miei nobili sforzi, Oh gatti francesi; presso di voi ha avuto natali il più grande casato della nostra razza, quello del Gatto con gli stivali13, prototipo eterno dell’Annuncio14, che tanto d’uomini hanno imitato senza ancora avergli dedicato una statua. 11 «Le favole animalesche riguardano unicamente gli uomini: ma sono diverse dalle storie, perché le storie raccontano cose che accadono, se mai, una volta sola, le favole raccontano le cose che accadono sempre». Cfr. C. Marchesi, Prefazione a Favole Esopiche, a cura di C. Marchesi, Rizzoli, Milano 1976, p. 29. 12 Elisabeth Inchbald (1753-1821) fu autrice di Nature and Art (1796) e di quindici commedie in cui mette in guardia il suo pubblico dalla società che corrompe la natura. 13 Il Balzac lettore ed editore di La Fontaine e lettore altrettanto charmé di Perrault vive un mondo in cui l’uomo e l’animale si scambiano agevolmente le maschere. Il nome del favolista e delle sue storie è citato più di trenta volte nella Comédie Humaine e di Perrault Balzac sembra amare specialmente l’astuto Gatto con gli Stivali. Come già dichiarato in limine da Balzac nel famoso Avant-propos, nei suoi romanzi ogni uomo nasconde un animale; e sotto il trucco della civilizzazione il «fisiognomoniste» formato alla scuola di Lavater ritrova in ogni personaggio un muso o un becco, dove il trucco, più che inganno, è maquillage. Ciascun lettore di Balzac conosce le innumerevoli metafore animali che fanno del mondo della Comédie Humaine un vero e proprio bestiario gonfio di uomini cane, di uomini sciacallo e di uomini porco, e neanche la cronaca sembra sottrarsi a questo spietato esercizio di esegesi mimetica: Balzac giornalista scrive nel 1840 nella sua Revue Parisienne: «Il partito della corte tiene della natura delle oche e quello di Tiers della natura delle talpe». 14 Questo oscuro «Prototipo Eterno dell’Annuncio», maiuscolo com’è, sembrerebbe riferirsi a qualcosa di manifestamente religioso e scarsamente individuabile. Ci piace credere che la peculiare modulazione linguistica dell’Autore volesse lasciare intendere una ambiguità proprio di questo tipo; in realtà si tratta semplicemente dell’odierna pubblicità, che secondo Balzac è perfettamente incarnata dall’astuto animale calzato. Tutti ricordano la storia del micio traffichino che facendo passare il suo spiantato padrone per un certo marchese di Carabas, e diffondendo la notizia che egli fosse assai ricco, riuscì a fargli sposare la figlia del Re: l’intuizione ottoncentesca è nel ventunesimo secolo conoscenza basilare di ciascuno e corrisponde tutte le categorie che contrassegnano ciò che è Mito. Non importa che sia vero, è sufficiente che la presentazione sia suggestiva e seducente abbastanza da poter essere creduto. Nella sua Théorie de la démarche (Cfr. H. de Balzac, La Comédie Humaine, sous la diréction de G. P. Castex, 1980-1989, Pléiade, (d’ora in poi CH) XII, p. 259. Balzac scrive: «Lautour-Mezeray, uomo di spirito, che sa meglio di tutti interpretare il pensiero, ha scoperto nel Gatto con gli Stivali il Mito dell’Annuncio, quello che riesce ad ipotecare ciò di cui è im- 13 Sono nata nella dimora di un ministro di Dio del Catshire, presso la cittadina di Miaulbury15. La fecondità di mia madre condannò quasi tutti i suoi nati ad un destino crudele; certamente sapete che ancora s’ignora a quale causa attribuire l’intemperanza, in fatto di maternità, delle Gatte inglesi. Esse minacciano di popolare il mondo intero! I Gatti e le Gatte, ciascuno dal canto proprio, amano attribuire questo risultato alla loro amabilità e alle loro virtù; tuttavia alcuni osservatori impertinenti sostengono che i Gatti e la Gatte sono sottomessi in Inghilterra a delle convenzioni così perfettamente noiose16 che essi non trovano modo di distrarsi se non in queste piccole occupazioni familiari17. Altri invece pretendono che ci siano in ballo delle grandi questioni di industria e di politica, a causa della dominazione inglese nelle Indie, ma queste questioni sono poco decenti sotto le mie zampe e credo che le lascerò all’Edimburgh Review18. Fui esentata dall’ affogamento istituzionale per il candore immacolato del mio manto, e mi chiamarono Be- possibile far stimare il valore nella Banca di Francia, e cioè tutto ciò che d’immaginazione c’è nel pubblico più naïf del mondo; tutto quanto di credulo c’è nel secolo più incredulo che si sia mai visto; tutto ciò che di sym-patheia è rimasto nelle budella del più egoista dei secoli». 15 « Catshire » e « Miaulbury » sono l’essenza del gioco linguistico zoocentrico in Balzac: Contea dei Gatti e Borgo del Miagolio. In effetti i due nomi si ispirano probabilmente al Wiltshire e a Malmesbury, luoghi di nascita e residenza giovanile di Sarah Lovell. Si sottintenderà che il virtuosismo della creazione romanzesca della Gatta Inglese vacilla: la stessa Lady Sarah aveva uno zio ed un fratello ministri di dio. 16 L’amore della devota Sarah Lovell non riesce in nessun modo a convertire Balzac all’Inghilterra e agli Inglesi. Nella sua giovinezza a Tours egli aveva conosciuto da vicino quella colonia inglese ed irlandese che fornisce ai romanzi di gioventù, e più tardi alla Femme de trente ans e alla Femme abbandonnée, qulache giovane Lord clorotico o affetto da difficoltà polmonare ed una toccante povera donna inglese crudelmente trattata dal marito che si giudicava oltraggiato. Se nel 1830 Balzac pensa un'altra sorta di Inglese, il dandy, lo prende quasi interamente in prestito da George Brummel. L’Inghilterra resterà sempre per lui il paese della comodità, dell’argenteria e della porcellana, dei cavalli e delle macchine, dei caloriferi e dei tappeti, del buon sapone e del cold cream, dell’igiene e della nursery. 17 In Entre-Savants (CH, XII, p. 546) il professore Jory de Saint-Vendrille dimostra come «la freddezza sia la causa della fecondità»; e Balzac ne approfitta per commentare: «Malthus, d’altronde, ha trovato la riprova perfetta del sistema di Saint-Vendrille nel suo compendio sulle cittadine inglesi». 18 Riteniamo che questo accanimento esercitato tramite gatta sia imputabile al fatto che la «pudica rivista d’Edimburgo» aveva in precendenza condannato i Contes Drolatiques di Balzac, sostenendo che contenessero alcune «oscenità». 14 auty19. Ahimé! l’indigenza del curato, che aveva moglie ed undici figlie femmine, gli impedì di tenermi con sé. Un’anziana signorina aveva osservato in me una sorta di attaccamento alla Bibbia del pastore; mi ci sdraiavo sempre, non per spirito religioso, ma perché non mi pareva di trovare altro luogo pulito in casa. Forse s’immaginò che appartenessi a quella setta di animali sacri che aveva già fornito un’asina a Balaam, e mi prese con sé. 19 L’animale scelto dall’autore delle Peines de coeur è il meno carnevalesco e scimmiesco che ci sia, il solo forse di cui l’uomo rispetti a tal punto la libertà da accettare di non addomesticarlo mai completamente, sebbene sia compagno prediletto. Accarezzato dagli scrittori e dei poeti, il gatto è stato celebrato da Petrarca a Baudelaire, passando per Chateaubriand e Gauthier. Dal Classico al Maudit, ciascuno è disposto a riconoscere le profonde affinità che ha con lui. Innumerevoli pittori ne hanno fatto il loro modello: Téniers, Brueghel, Cornelius Wischer, o per contenerci al secolo di Balzac, Goetefried Mind (che tanti ne dipinse da guadagnarsi il distintivo di «Raphaël des chats») ed i tre illustratori degli Chats de Champfleury (1869): Delacroix, Manet e Okusai. Neanche i musicisti lo hanno trascurato: Domenico Scarlatti trascrisse il «capriccio del suo gatto Pulcinella che passeggia sulla tastiera del clavicembalo» nella celebre melodia La fuga del gatto e lo stesso Balzac, intimo conoscitore di Rossini, ricorda Il Duetto buffo di due gatti. E’ evidente come il piccolo felino occupi veramente un posto di riguardo nell’Arca. Bianco o nero, Dio a Memphis e Demonio ad Anversa, evoca sempre sentimenti potenti, che spaziano dalla venerazione al timore. Anche l’indagine lessicale, condotta sulle lingue standard quanto sulle varietà regionali, svela nella sua interezza la dimensione di privilegio che gli è sempre stata riservata: se gli animali, e soprattuto gli uccelli, hanno fornito all’uomo di ogni paese decine di metafore per insultare il suo simile, è davvero difficile che vi si possa offendere nel trovarvi qualche somiglianza con un felino. Per la grazia dei movimenti, la sinuosità del portamento ed il lampo degli occhi il felino è l’animale femminile per eccellenza, «mistero» ed «eterno» compresi; il gatto è la donna al superlativo. Lo stesso canone ricercò Balzac: è quasi gatta la creola Paquita d’ Histoire de treize che nella Fille aux yeux d’or incanta, strega ed innamora il dandy Henry De Marsay. Inoltre questa grata fama non perde di slancio neanche fuori dall’Europa; si dice che a Memphis (Tennessee) la bellezza delle donne fosse tanto più apprezzata quanto più si avvicinava al tipo ‘gatta’, regina degli amori. Non fu forse un caso che nell’operazione di casting della versione cinematografica de La gatta sul tetto che scotta la scelta ricadde su Liz Taylor. S’è già detto che a Memphis il gatto era celebrato come rappresentazione del divino. L‘originale pièce teatrale era opera di un Thomas Lanier Williams, cui piacque per tutta la vita farsi chiamare Tennessee pur essendo nato a New Orleans. Casualità o devozione cosmogonica? 15 fig. 2 Tea and Bible 16 Spesso la metafora animale riassume in sé analogie in grado di evocare insondabili bestialità dell’intimo umano. Così il mondo animale di Grandville non funziona solo come punto di arrivo di un processo di semiosi, ovvero sia come schermo su cui l’uomo proietta le proprie passioni, ma si costituisce a sua volta come interpretante che dà origine ad un altro processo semiosico, questa volta di ritorno verso l’uomo. Cioè non solo i gatti si comportano come uomini e Beauty è una Miss non meno di quanto lo siano quelle vere, ma anche coloro che nel testo sono uomini-umani vengono rappresentati in forma di bestie; diverse dal gatto, ma pur sempre bestie. Sicché la forma scimmiesca della zitella non la rende semplicemente per come essa appare, ma per come è. La vecchia zitella padrona di Beauty è una scimmia, è una scimmiona già darwiniana agghindata ed apparentemente evoluta, dalle grandi e sorde orecchie e col collo da struzzo. Ma perché l’uomo Grandville non può riconoscere i suoi simili se non attraverso questo gioco di specchi che prevede l’animale come momento di mediazione? Grazie alla particolarità delle loro somiglianze e delle loro differenze l’osservatore e l’osservato vengono a far parte di una peculiare simbiosi in cui a un certo punto si scambiano le proprie marche, di umanità e di animalità. Di qui l’analogia simbolica che lega uomini e animali; dell’antropomorfismo animale da una parte, e dell’animalizzazione umana dall’altra. Il sistema simbolico degli animali si configura così come il grande arsenale di figure che funziona da griglia interpretativa. In questo modo la sistematicità dei concetti metaforici investe necessariamente la raffigurazione dell’oggetto evocato. Se ad esempio diciamo che un uomo è un’aquila scatta immediatamente intorno a questo lessema una rete di implicazioni semantiche veicolate da qualificazioni ed attributi sia somatici che caratteriali del tipo: “volare alto”, “altezza morale”, “superbia”, “maestà”, “vista acuta e a largo raggio” e dunque acutezza d’ingegno ma anche crudeltà e severità. La prima volta che è fatta menzione dell’Innominato nei Promessi Sposi, per utilizzare un esempio letterario assai noto, questi è evocato sotto forma animale. Di lui si descrive il «castellaccio» che appare come la figurativizzazione stessa del suo cupo potere: «Dall’alto del castellaccio, come l’aquila dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava intorno tutto lo spazio dove piede d’uomo potesse posarsi e non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, né più alto» (A. Manzoni, I Promessi Sposi, a cura di L. Bottoni ed E. Raimondi, Principato, Milano 1988, p. 148). Queste espressioni rappresentano un modo ultrasintetico, sistematico e coerente di parlare dell’aspetto morale di una persona o di un personaggio. E’ questa l’arma vincente dell’illustratore Grandville. 17 Non avevo che due mesi. Questa decrepita signorina, che amava dare serate in cui accurati inviti promettevano Tè e Bibbia, si impegnò a insegnarmi la fatal scienza delle figlie di Eva; e ci riuscì con un’infallibile metodo protestante che consiste nel farvi dei ragionamenti tanto lunghi sulla dignità personale e sugli obblighi dell’apparenza, che pur di non sentirli vi direste disposti al martirio. Un mattino io, misera figlia della natura20, attirata da certa crema contenuta in una tazza sulla quale era posato di traverso un muffin, diedi una zampata al muffin e mangiai la crema. Poi, in preda alla gioia, e forse anche per effetto della debolezza dei miei giovani organi, mi diedi al più imperioso bisogno che possano provare le giovani Gatte. Scorgendo sul prezioso tappeto la prova di ciò che essa schiamò mia intemperanza e difetto d’educazione, mi prese e mi frustò vigorosamente con un gatto a nove code21 protestando che avrebbe fatto di me una Lady, oppure mi avrebbe abbandonato. -«Bel ritegno! diceva. Imparate, Miss Beauty, che le Gatte Inglesi avvolgono nel più profondo mistero quelle cose naturali che possano recar offesa al britannico contegno, e bandiscono tutto quanto sia improper, applicando alla creatura, come avrete certamente sentito dire al dottor Simpson, le leggi applicate dal signore nell’opera della creazione. Avete mai visto, voi, la terra comportarsi in modo indecente? Non appartenete forse anche voi alla setta dei Saints22 (pronunciare seintz), che camminano assai lentamente la doProbabilmente è perché accanto ad un Balzac ammiratore, come Voltaire, della civilizzazione perfezionata esiste, durante tutto il percorso della sua carriera, un Balzac ‘rousseauista’ che vede nell’uomo un animale depravato e che nega volentieri la società umana ricercando sistematicamente nelle sue leggi quelle dell’istinto. Beauty, rousseauista senza saperlo, difende anche lei i diritti della natura e del naturale. Inoltre Balzac non perde occasione di mettere in ridicolo l’ipocrita ‘pudibonderia d’oltremanica’ che ha creato l’epiteto improper (trad.: sconveniente) col preciso scopo di infeltrire condotte considerate anodine, o magari semplicemente naturali. 21 L’equivalente letterale in questo caso sarebbe «con delle verghe di betulla» ma poiché nella traduzione molti giochi di parole connessi all’etologia animale vanno smarriti, il traduttore ha ritenuto, per questo piccolo calembour, di non trascurare l’offerta della lingua italiana. 22 Questo nome di ‘saints’ è quello che impiegano per far riferimento a se stesse molte sette religiose inglesi a partire dal XVI secolo. Nell’Ottocento il termine è utilizzato in America dai Mormoni (Latter-day Saints, Santi Moderni) e in Inghilterra dai Puritani. L’ironia francese a riguardo è nel testo balzacchiano 20 18 menica per lasciar chiaramente intendere che essi stanno passeggiando ? Imparate a patire le pene dell’inferno piuttosto che rivelare i suoi desideri: in questo risiede la virtù dei saints. Il maggior privilegio delle Gatte è di potersi dare alla macchia con la grazia che le caratterizza e di andare non si sa dove a fare la propria piccola toilette. Così vi mostrerete agli sguardi solo nel vostro splendore. Ingannati dalle apparenze, tutti vi prenderanno per un angelo. D’ora in avanti, quando tale desiderio s’impossesserà di voi, guarderete la finestra con l’aria vaga di chi desidera passeggiare e andrete a nascondervi in giardino o su una grondaia. Se l’acqua, ragazza mia, è la gloria dell’Inghilterra è perchè l’Inghilterra sa servirsene, invece di lasciarla scioccamente cadere come fanno i francesi, che non avranno mai una marina proprio a causa della loro indifferenza per l’acqua23. Trovavo, nel mio buon senso naif di Gatta, che vi fosse molta ipocrisia in questa dottrina; ma ero così giovane! -«E quando sarò nella grondaia?» pensai, guardando l’anziana zitella. -«Essendoti trattenuta in pubblico, quando sarai sola e certa di non poter essere vista da nessuno, potrai sacrificare le convenienze con tanto più fascino, ed è questo a rendere scintillante la perfezione della morale inglese. Essa si occupa esclusivamente delle apparenze, poiché questo mondo, ahimé, non è che apparenza e delusione, cara mia». Ammetto che il mio buon senso animale si rivoltava contro simili travestimenti; ma a forza d’essere frustata, finii col capire che l’integrità esteriore doveva essere tutta la virtù d’una gatta inglese. Da quel momento, mi abituai a nascondere sotto i letti le ghiottonerie di cui andavo matta. Mai nessuno mi vide mangiare, bere o farmi bella. Fui guardata sempre come la perla delle Gatte. Les Martyrs Ignorés, (La Comédie Humaine, éd. Pl., XII, 722): l’irlandese Théophile Ormond «[…] odia l’Inghilterra e al di sopra di tutto i saints (pronuncia seintz) inglesi che invitano ad un thé e Bibbia». Essi sono, dice, «des tartuffes pires que les inquisiteurs d’Espagne, ils vous apportent du poison d’une mine douce en vous disant: “Mon ami, c’est pour ton bien!” Ces infâmes saints sont des crapauds vêtus de noir, écrasant leurs femmes de leur amour, venimeux en paroles, rangés, abritant leurs intêrets dérrière Dieu, froids comme une pierre de marécage et venant bavez sur les divins fleurs de la vertu». 23 Forse potrebbe essere di qualche interesse sapere che era costume francese nell’Ottocento chiamare le ritirate ‘Les Anglaises’. 19 Fu allora che ebbi modo di notare l’insipienza24 degli uomini che si dicono dotti. Tra i dottori e le numerose personalità che affollavano la società della mia padrona c’era questo Simpson, specie d’imbecille, figlio d’un ricco proprietario in attesa d’un beneficio ecclesiastico che, per meritarlo, dava delle spiegazioni religiose di tutto ciò che gli animali facevano. Mi vide una sera lappare del latte in una ciotola e fece i complimenti alla zitella per la mia educazione, facendo notare agli astanti che leccavo prima i bordi della scodella per poi procedere in circolo, così che diminuisse progressivamente il cerchio del latte. -«Vedete, disse, come in una santa compagnia tutto tende alla perfezione? Beauty ha il sentimento dell’eternità, poiché descrive il cerchio che ne è l’emblema anche mentre lappa il suo latte». La coscienza mi obbliga a dire che l’avversione comune a tutte le gatte ad inzuppare i propri peli era la sola causa del mio modo di bere da quella scodella;25 ma noi saremo sempre mal giudicate dai dotti che si preoccupano assai più di mostrare il loro spirito che di cercare il nostro. Quando le Signore o gli Uomini mi prendevano per passarmi le mani sulla candida schiena e far scintillare il mio pelo la vecchia zitella diceva con orgoglio: -«Potete tenerla in braccio senza aver nulla da temere per i vostri abiti, è mirabilmente ben educata!» Tutti dicevano di me che ero un angelo, e mi offrivano le ghiottonerie e le pietanze più delicate; ma io dichiaro che mi annoiavo profondamente. Compresi benissimo come una giovane gatta del Il traduttore si rammarica vivamente di non aver trovato un termine più sfumato per tradurre questa «bêtise». L’insipienza, come l’ignoranza, implica in italiano una porzione di mancanza di conoscenza, così come la stoltezza è propriamente mancanza di zelo. Ma il giovanotto in questione è tacciato piuttosto di essere ottuso, insulso. In effetti nella lingua in cui si parla ai bambini la «Bêtise» è ‘sciocchezza’ in senso letterale, ovvero sia marca l’agire da «sciocco», più che da briccone. Solo nel divagare notiamo che sematicamente «bêtise» è l’astratto di bête, e cioè bestia. Ecco: «Bêtise» è ‘bestiezza’. Ecco una gatta notare la bestiezza degli uomini saggi. 25 Nessuno è meglio preparato di Balzac a entrare nello spirito delle scene animali sia per le sue idee che per la sua formazione letteraria. La lettura di Buffon ad esempio lo suggestiona profondamente per «l’incantevolezza dei ritratti dei nostri fratelli inferiori». Certamente il Buffon naturalista porta qualcosa al patologista della vita sociale che è sempre stato Balzac. Secondo quanto Balzac scrive a Mme Hanska, Peines de cœur sarebbe una «charmante bouffonerie». Il prefatore francese annota in margine: bouffonerie che anche «charmante buffonerie». 24 20 vicinato avesse potuto fuggire con un micio. Questa parola, micio, causò una sorta di malattia alla mia anima che nulla poteva guarire, neppure i complimenti che ricevevo, sebbene la mia padrona di rivolgesse piuttosto a se stessa: «Beauty è d’una moralità assoluta, è un piccolo angelo» diceva, «benché sia molto bella, ha tutta l’aria di non saperlo. Non guarda mai nessuno e questo è il culmine della buona educazione aristocratica; si lascia ammirare molto volentieri, ma mostra quella perfetta insensibilità che richiediamo alle nostre giovani Miss e che riusiamo ad ottenere solo assai difficilmente. Per venire aspetta che qualcuno la voglia, non salta mai addosso a nessuno familiarmente e nessuno mai la vede quando mangia: certamente quel mostro di Lord Byron l’avrebbe adorata26! Da buona e vera Inglese ama il tè, tiene un atteggiamento grave quando si spiega la Bibbia e non pensa mai male di nessuno, il che chiaramente le permette di sentirne dire. E’ semplice, senza alcuna affettazione e non fa minimamente caso ai gioielli. Datele un anello: lei non lo guarderà. E poi non imita la volgarità di quelle che vanno a caccia; ama la home e resta così perfettamente tranquilla che talvolta viene da domandarsi se non si tratti di una gatta meccanica fatta a Birmingham o a Manchester27, e questo è il nec plus ultra della buona educazione ». Ciò che gli uomini e le vecchie zitelle chiamano educazione è una abitudine da prendere per dissimulare le inclinazioni più naturali, e solo quando ci hanno interamente depravate dicono che finalmente siamo ben educate. Una sera la mia padrona chiese ad una delle giovani Miss di intrattenerli suonando. Quando la ragazza si fu messa al piano io riconobbi le melodie irlandesi che avevo sentito nella mia infanzia,28 e compresi che Si dice che Lord Byron, vegetariano, non sopportasse di vedere mangiare le donne che amava. Ma, citando Balzac (Cfr. La maison du chat-qui-pelote, CH. I, 82) «quello era un matto». 27 Balzac riconosce meccanizazione, freddezza e materialismo anche nel dandysmo e nel confort. Il suo re dei dandy Henry de Marsay, a metà inglese, è giudicato dai suoi amici una «perfetta macchina di Birmingham» (Cfr. La maison Nucingen, CH, VI, 381) esattamente come la nostra Beauty. Questa specificità equivale grossomodo all’ odierno cosiddetto orologio svizzero. 28 Si tratta di un nuovo, fabulisticamente sgangherato, riferimento a Sarah Lovell. Era la giovane signora ad essere di origine irlandese; ecco spiegato questo strano ed inatteso ammiccare ad un’infanzia insulare. Balzac ha dato a Beauty referenziatissimi e pii natali nel Wiltshire, e noi terremo per buoni quelli. 26 21 fig. 3 22 Grandville sceglie ironicamente di servirsi della figura d’un cane per rappresentare la prole della buona società inglese e l’immagine risulta di immediata suggestione: il cane è l’animale ubbidiente, il piú ‘seriale’ ed abitudinario di tutti, il più disposto a piegarsi alle regole dell’uomo. Tuttavia la fisionomia è suscettibile di tanti segni differenti quanto numerose e diverse sono le passioni. La respirazione, la voce, la pelle, niente è muto per il fisiologo. E’ necessario saper scegliere i segni e prestare attenzione soprattutto a quelli meno pronunciati e più segreti. Già nel lavoro del sofista Adamanzio, (IV sec. d.C.) autore di un famoso trattato di fisiognomica (Adamantii Physiognomonicon libri duo) (in Förster, 1893) la descrizione fisiognomica procede attraverso una serie di categorie eidetiche come largo/stretto, lungo/corto, piccolo/grande. «E così un petto ampio segnala vigore, mentre se è stretto segnala qualcuno piccolo e meschino. Una fronte larga e spaziosa è segno di apertura di idee e facilità all’apprendimento, se stretta rivela un’intelligenza angusta e limitata. Se un viso è piccolo non ci si aspetti di trovare grandezza d’animo e la stessa cosa vale per il naso. Narici aperte respirano forza e coraggio ed un naso aquilino è qualcosa di grande e maestoso, mentre un naso camuso come quello di una scimmia annuncia passioni scimmiottesche ed inconsistenti». I tratti oppositivi variano di significato in relazione alle parti del corpo; e così se le orecchie grandi marcano un uomo poco sensibile, la testa grossa come quella dei bovini rivela uno spirito ottuso e di scarse conoscenze. 23 anch’io ero musicista29. Mescolai dunque la mia voce e quella della signorinella; ma io ricevetti solo alcune manate colleriche e la Miss straordinari complimenti. Tale ingiustizia sovrana mi rivoltò, e mi rifugiai in soffitta. Sacro amore della patria! Che notte deliziosa! Finalmente seppi cos’erano le grondaie. Sentii gli inni cantati dai gatti alle altre gatte, e quelle adorabili elegie mi fecero provare pietà per le ipocrisie che la mia padrona mi aveva costretto ad apprendere. Alcune gatte mi scorsero e parvero adombrarsi per la mia presenza; finché un gatto a pelo ritto, dai baffi magnifici e dalla figura imponente venne ad esaminarmi e disse alla compagnia: «E’ una bimbetta». A queste parole sprezzanti mi misi a saltellare sulle tegole e a far giravolte con l’agilità che ci distingue. Mi lasciai mollemente cadere sulle zampe in quella maniera elastica e dolce che nessun altro animale saprebbe imitare, onde provargli che non ero poi tanto ingenua. Ma tali civetterie30 furono sprecate. «Quando mi canteranno delle serenate?» L’aspetto di questi fieri micioni e le loro melodie, con cui la voce umana non potrà mai rivaleggiare, mi avevano profondamente commossa e mi inducevano ad inventare motivetti che poi cantavo nelle scale. Cionondimeno stava per compiersi un evento immenso, che mi strappò bruscamente a quella vita innocente. Dovevo essere condotta a Londra dalla nipote della mia padrona. Era una ricca ereditiera che perse la testa per me: mi accarezzava e mi baciava con una sorta di furore che mi piacque tanto da costringermi ad affezionarmi a lei, sebbene questo vada contro le normali abitudini di noi gatti. Non ci lasciammo un momento, sicché ebbi modo di frequentare il Bel Mondo londinese durante la stagione31. Ricordiamo che in francese l’espressione «musique de chats», come d’altronde il suo equivalente tedesco Katzenmusik, indica un’accozzaglia di suoni molesti che potrebbero ricordare ad una mente fantasiosa «il rumore che produrrebbero dei gatti torturati» (R. Fortassier). 30 L’espressione originale era assai meno scricchiolante, in quanto le ‘civetterie’ italofone corrispondono in francese ad assai più seducenti ed appropriate «gatterie», le chatteries, appunto. Tuttavia voler a tutti i costi conservare un referente-animale sbagliato sarebbe stata, da parte del traduttore, una imperdonabile sciatteria; nel senso (ahinoi) di exaptus, e cioè inadatto. 31 Il termine figura qui come la trascrizione letterale dell’inglese season, ovvero quei quattro mesi di mondanità che l’aristocrazia inglese soleva trascorrere a Londra spesso con lo scopo di combinare matrimoni. 29 24 E’ là che ebbi modo di studiare quella perversità dei costumi inglesi che s’è estesa fino alle bestie e di conoscere quel cant 32 che Lord Byron ha maledetto, e di cui io sono vittima al pari di lui, pur senza aver reso di pubblico dominio i miei ozi ed i miei piaceri. Arabella, la mia padrona, era una personcina come ce ne sono tante in Inghilterra: non sapeva troppo bene chi volesse per marito. La libertà assoluta che si lascia alle giovani nella scelta d’un uomo le rende quasi matte; soprattutto quando esse pensano al rigore dei costumi inglesi, che non ammettono alcun tipo di conversation particulière 33 dopo il matrimonio. Io ero lungi dal pensare che le gatte di Londra avessero adottato la medesima severità o che le leggi inglesi sarebbero state crudelmente applicate anche a me; e men che mai potevo immaginare che avrei dovuto subire un giudizio nella corte dei terribili Doctors Commons34. Arabella accoglieva molto bene tutti gli uomini che le venivano presentati, e ciascuno avrebbe potuto credere che sarebbe stato lui a sposarla, eppure, quando le cose minacciavano di concludersi, lei riusciva sempre a trovare dei pretesti per negarsi; devo ammettere che questa condotta mi pareva poco conveniente. -«Sposare un uomo che ha il ginocchio sbilenco! mai, diceva di uno. 32 «Non camminiamo così veloce per strada, oggi che è domenica, diceva un gentleman inglese ad un Francese, altrimenti qualcuno potrà credere che andiamo in qualche luogo di piacere!» H. Bayle. Questa citazione illustra il termine nel Grand Dictionnaire Universel du XIX˚siècle di P. Larousse. Il cant (da cantus, intonazione, linguaggio) indica dapprincipio la fraseologia particolare di una setta religiosa o di una classe, ed in un momento successivo l’ipocrisia, la tartufferia. Il Grand Dictionnaire sopra citato lo definisce un «miscuglio di pruderie devota e di solennità pedantesca in genere propria agli Inglesi, ed in modo speciale alle Inglesi». 33 «Si chiama così proprio perché si conversa molto poco», più avanti nel testo. 34 Il nome di Doctors commons deriva dalla «tavola comune» intorno alla quale i dottori in legge solevano mangiare insieme in un edificio situato a Sud della Cattedrale di Saint Paul. I doctors Commons avevano il compito di giudicare in cause di diritto ecclesiastico, di processi per eresia, di divorzio, di testamenti, di navi abbordate. Lord Byron ne fa allusione nel Don Juan, I, XXXVI(1819): «No choice was left his feeleings or his pride, save death or Doctors Commons». Il Collegio fu sciolto nel 1858 e l’edificio che lo conteneva vide la demolizione nel 1867. 25 fig. 4 Les Aristochats 26 Si direbbe che due gatti sfarzosamente abbigliati facciano conoscenza mentre due scimmiette servono sollecitamente del thè caldo; eppure chi scrive, preso ormai da un inspiegabile quanto straordinario furore esegetico, non può resistere a dare almeno qualche cenno sulla scelta di figurazione grandvilliana. In primo luogo un gatto così gonfio di pelo e di adipe perde inevitabilmente i tratti caratterizzanti della sua felinità, e poiché conosciamo Grandville come il La Bruyère degli animali non possiamo fare a meno di soffermarci su di esso. Probabilmente il disegnatore non rinuncia a significarci la sua precoce certezza di un matrimonio ‘sbagliato’: quella sagoma troppo generosa tradisce, in sostanza, una sessualità monca o negata poiché spesso sono l’età avanzata e la castrazione (come pratica veterinaria) a modificare la sinuosa forma felina in domestica e pesante mollezza. Non è troppo fantasioso supporre che l’immagine di Granville contenga già, nel fermare l’attimo della conoscenza tra gatti, tutte le notizie che Balzac ci fornirà solo in seguito. Inoltre, dall’alto, veglia su questo sipario l’immagine di un certo mostruoso antenato che sembra stia reggendo un boccale ed un fucile. Basti sapere, nell’azzardare una sommaria interpretazione dell’effigie, che sempre in Cesare Ripa la raffigurazione del tradimento si riconosce in «un vecchio che regge un contenitore d’acqua ed un ‘contenitore di fuoco’» (Cfr. Iconologia, Tea Arte, Milano 1992, p. 165). Quest’ultimo potrebbe essere il fucile? In ogni caso il tratto di Grandville tradisce una inquietante e maniacale attenzione per alcuni oggetti e dettagli. Immaginiamo che certi elementi possano rientrare in quel generico principio di ‘orchestrazione del segno’ che in alcuni casi è la sola maniera di ovviare ad un errore; si noti ad esempio che in questa sola litografia compaiono ben quattro cappelli. Forse quello tenuto in mano dal Pari giustifica un precedente errore di posizione della chitarra- poiché nasconde e fonde la base dello strumento con la morbidezza della seduta; ma il medesimo discorso non può esser valido per tutti i dettagli. Alcuni sono straordinariamente fusi con il resto dell’immagine, e riescono, nel colpo d’occhio, a far smarrire ogni traccia del loro incalzante zoomorfismo; si pensi ad esempio alla cornice che contiene il quadro dell’antenato molosso, costituita da corpi di pesci preistorici ed un busto di pappagallo con una gonfia parrucca da Pari d’Inghilterra. Molti altri invece sembrano, se non gratuiti, quantomeno ammassati; suggeriscono una tendenza del secolo a ciò che Walter Benjamin chiamerà ‘bazar’. In Angelus Novus si legge: “C’è una rete di rapporti tra il grande magazzino e il museo, tra i quali il bazar costituisce il termine di mediazione. Le opere d’arte ammassate nel museo assomigliano alle merci che si offrono al passante in masse tali da risvegliare in lui l’idea che una parte debba toccarne anche a lui.” Altrove nel medesimo testo, troviamo conferma della nostra intuizione, in un insperato paragrafo intitolato «Grandville o le esposizioni universali»: «[…] – L’intronizzazione della merce e l’aureola di distrazione che la circonda è il tema segreto dell’arte di Grandville. A ciò corrisponde il dissidio tra l’elemento utopistico e l’elemento cinico di essa. Le sue arguzie nella rappresentazione di oggetti morti corrispondono a ciò che Marx chiama i «capricci teologici» della merce. Essi si depositano chiaramente nella spécialité – una qualifica o etichetta che sorge in questo periodo nella industria di lusso; sotto la matita di Grandville la natura intera si trasforma in spécialités. Egli la presenta nello stesso spirito in cui la réclame – anche questa parola sorge in questo periodo – comincia a presentare i suoi articoli. Finisce pazzo». (Cfr. Walter Benjamin, Angelus Novus, a cura di Renato Solmi, Einaudi, Torino 1962, p.151) 27 Quanto a questo piccoletto, ha il naso camuso»35. A me gli uomini erano così perfettamente indifferenti che non ci capivo nulla in queste incertezze fondate su differenze puramente fisiche. Per farla breve, un giorno, un vecchio Pari d’Inghilterra le disse vedendomi : « Avete una gattina molto graziosa! A ben guardarla vi assomiglia: è bianca ed è giovane, le ci vuole un marito; lasciatemi presentarle un magnifico Angora che ho a casa mia». Tre giorni dopo, il Pari condusse il più bel Micione della Camera dei Pari. Puff36, nero di mantello, aveva i più magnifici occhi verdi e gialli, ma freddi e fieri. La sua coda, notevole per degli anelli giallastri, scopava il tappeto con i suoi lunghi peli setosi. Forse proveniva dalla casa imperiale austriaca, perché come detto ne portava i colori37. Le sue maniere erano quelle di un gatto che ha veduto la corte ed il bel mondo. La sua severità in fatti di contegno era così grande che in pubblico non si sarebbe grattato la testa con la zampa. Puff aveva viaggiato sul continente ed era così invidiabilmente bello che si diceva fosse stato accarezzato dalla regina di Inghilterra. Io, cuore semplice e sciocchino, gli saltavo al collo per costringerlo a giocare; ma lui si rifiutò con il pretesto che eravamo davanti a tutti. Mi accorsi allora che il Pari d’Inghilterra38 doveva all’età e agli eccessi di tavola questa gravità posticcia e forzata che in Inghilterra chiamano respectability. La pinguedine che gli uomini ammiravano impacciava i suoi movimenti. Quella era la vera ragio35 Dall’epoca della prima «Fisiologia del matrimonio» si imposta in Balzac, contestualmente ad un continuo ed ineludibile paragone tra humanité ed animalité, l’idea che «l’umanità sociale» presenti tante varietà quante ne presenta la zoologia, poiché esistono tante varietà quante professioni e fisicità. 36 Il nome inglese Puff, la cui traduzione italiana è ‘gonfio’, ben si addice ad un gatto Angora. Tuttavia è da tenere presente che Balzac usa abitualmente questo termine per indicare una réclame rumorosa o una falsa notizia. 37 Immaginiamo che si tratti di un ammiccante riferimento all’occasione d’incontro con Sarah Lovell, avvenuto ad una festa dell’ambasciata austriaca. 38 Si noterà che da un certo punto della narrazione in poi Beauty prende a chiamare Puff “Il Pari”; tuttavia non si tratta semplicemente di una regolare figura retorica in cui si intende citare la parte per il tutto (sineddoche) bensì di un movimento che trasferisce ed attribuisce all’animale i titoli e le caratteristiche del padrone. Non sembri peregrino segnalare che uno slittamento simile (ma al rovescio), noto in tutta la tradizione europea dal medioevo in poi, fa capo a quel vessillo che è il blasone nobiliare. Com’è intuitivo, ciascuna famiglia soleva attribuirsi le caratteristiche dell’animale che la contrassegnava. Nella novella di Balzac la zoomorfizzazione dei personaggi protagonisti è talmente completa che l’Animale Gatto Puff, di elevata estrazione sociale, può fregiarsi di un simbolico blasone che raffiguri l’Umano Pari. 28 ne per non rispondere alle mie gentilezze. Restò calmo e freddo sul suo innominabile39, agitando i baffi, guardandomi e chiudendo ogni tanto gli occhi. Puff era, nel bel mondo dei gatti inglesi, il più ricco partito per una gatta nata presso la dimora d’un curato: aveva al suo servizio due valletti, mangiava in porcellane cinesi, beveva solo thè nero, andava in carrozza ad Hyde-Park ed entrava in Parlamento. A mia insaputa tutta la popolazione felina di Londra apprese che Miss Beauty del Catshire sposava l’illustre Puff, segnato dai colori d’Austria. Durante la notte sentii un concerto nella strada: io scesi, accompagnata da Milord, che preso da un attacco di gotta, andava lentamente. Trovammo le Gatte della camera dei Pari che venivano a felicitarsi con me e mi invitavano ad entrare nella loro società Topofila40. Esse mi spiegarono che non c’era nulla di più laidamente comune che correre dietro e Topi e Sorci, e le parole shocking, vulgar furono sulle labbra di tutte. Sicché s’erano risolte a costituire, per la gloria del paese, una Società di Temperanza. Alcune notti dopo, Milord ed io, andammo sui tetti di Almack’s41 ad ascoltare un gatto grigio che doveva tenere un discorso sulla que- 39 Si tratta ovviamente del sedere, già in corsivo nel testo originale; disambiguo modo di ironizzare sulla pruderie degli Inglesi, che così solevano chiamare i pantaloni. 40 Toccherà invece ad un Inglese-Inglese mettere a segno una figurazione sapida del filantropo: «C’era una confusa piccola folla di gente, soprattutto di bambini, raccolta intorno alla casa innanzi alla quale ci fermammo e che aveva sopra la porta una targa d’ottone annerita con l’iscrizione «Jellyby». […] Lungo il tragitto nel corridoio passammo in mezzo a parecchi bambini che al buio era difficile non pestare. Quando ci trovammo in presenza di Mrs Jellyby uno dei più piccoli cadde per le scale lungo una intera rampa (mi parve) e con un gran fracasso. Mrs Jellyby […] era una donna molto piccola e grassottella e con dei begli occhi, benché avesse la curiosa abitudine di guardare lontano, come se non potesse vedere più vicino dell’Africa». (C. Dickens, Casa Desolata, 1995 Einaudi, Torino, p. 41.) In Lezioni di Letteratura, che si possono leggere in Einaudi anche come prefazione a Casa Desolata, Nabokov sottolinea: «I filantropi sono alleati del diavolo: Mrs. Jellyby, ad esempio, diffonde infelicità intorno a sé illudendosi di fare il bene quando in realtà si limita a soddisfare i suoi istinti egoistici. L’idea generale è che queste persone dedicano tempo ed energia ad ogni sorta di fantasia (con un parallelo al tema dell’inutilità della giustizia, perfetta per gli avvocati ma fonte di infelicità per le vittime) mentre i loro bambini restano abbandonati ed infelici». 41 Situati al 26 di Regent Street, le Almack’s Rooms erano celebri per certe riunioni estremamente riservate e balli molto esclusivi e alla moda. 29 stione. In un monito, che fu appoggiato da alcuni ascoltate! ascoltate! egli provò che san Paolo, nello scrivere sulla carità, parlava ugualmente ai Gatti e alle Gatte d’Inghilterra. Era dunque riservato alla razza inglese, che poteva andare da un capo all’altro del mondo sui suoi vascelli senza aver a temere l’acqua, di diffondere i principi della morale Topofila. Infatti, ai quattro angoli del mondo, Gatti Inglesi predicavano già le sane dottrine della Società, che oltretutto erano fondate su reali scoperte della scienza. S’erano anatomizzati i Topi ed i Sorci, e s’era trovata poca differenza tra essi ed i gatti: l’oppressione degli uni da parte degli altri era dunque contro il Diritto delle Bestie42, che è più solido ancora dei Diritti dell’Uomo. «Sono nostri fratelli », disse. E fece un quadro così toccante delle sofferenze di un Topo preso nelle fauci d’un Gatto che io presi a sciogliermi in lacrime. Vedendomi cadere nella trappola di questo speech, lord Puff mi disse confidenzialmente che l’Inghilterra contava di fare un commercio senza precedenti con i Topi e Sorci; che se gli altri gatti non ne avessero più mangiati, i Topi sarebbero stati più a buon mercato; che dietro la morale inglese c’era sempre qualche ragione finanziaria e che questa unione di morale e mercantilismo era la sola alleanza sulla quale l’Inghilterra potesse realmente contare43. Puff mi parve essere un politico troppo grande per poter mai riuscire un buon marito. Allargando il discorso sotto una forma critica, parodica e spesso divertente la Vita Privata e Pubblica degli Animali appare come uno dei primi testi a favore degli animali-martiri di cui si comincia allora a preoccuparsi. La Società Protettrice degli Animali nasce e si riunisce nella prima seduta solenne nel 1948, nonostante la famosa legge Grammont sarà votata nel 1951. All’atto di pubblicazione della novella di Balzac si trattava chiaramente di una boutade; di recente che è stata proclamata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale. 43 Emerge in questa esclamazione tutto l’ereditario rancore francese verso l’Inghilterra. Si tenga presente che la ‘perfida Albione’ è più che mai nemica e perfida nel 1840, quando si afferma dappertutto come potenza coloniale, vede di mal occhio l’espansione francese in Algeria e doppia la Francia in tutte le imprese in cui i due paesi potrebbero entrare in competizione. Nel 1840, anche per rimarcare la propria superiorità rispetto alla Francia, l’Inghiterra prende possesso della Nuova Zelanda: due anni più tardi questa politica espansionista porterà i due paesi a due dita dalla guerra, nel caso dell’affare Pritchard. Les lettres russes denunciano apertamente il «dispotismo ammirevolmente camuffato» e la perfidia della politica inglese. Sono appunto questo imperialismo e le sue implicazioni commerciali, ipocritamente mascherate sotto delle ragioni falsamente filantropiche e missionarie, che nel nostro racconto suscitano le griefs di Beauty. 42 30 Nel frattempo un gatto di campagna (country gentleman) fece osservare che sul continente i gatti e la gatte erano sacrificati ogni giorno dai cattolici, soprattutto a Parigi nei pressi delle barriere (molti gridarono Che c’entra? 44) e a queste crudeli esecuzioni si accompagnava un’orribile calunnia. S’intendeva far passare quei coraggiosi animali per dei conigli: menzogna e barbarie che egli attribuiva all’ignoranza della religione anglicana, che non permette l’inganno e le furfanterie se non nelle questioni di governo, di politica estera e di camera di consiglio. Gli diedero di radicale e di sognatore. «Noi siamo qui per gli interessi dei gatti d’Inghilterra e non per quelli del continente!» disse un focoso micio Tory. Milord dormiva. Quando l’assemblea si separò, sentii queste deliziose parole dette da un giovane gatto che veniva dall’ambasciata francese, ed il cui accento ne tradiva spudoratamente la nazionalità. -«Dear Beauty, ci vorrà del tempo prima che la natura possa creare una gatta altrettanto perfetta. Il cachemire della Persia e delle Indie sembra pelo di cammello, comparato alle vostre sete fini e brillanti. Il vostro profumo che farebbe svenir di gioia gli angeli l’ho sentito fin dal salotto del principe di Talleyrand, che ho lasciato per accorrere a questo diluvio di scemenze che voi chiamate un meeting. Il fuoco dei vostri occhi rischiara la notte! Le vostre orecchie sarebbero la perfezione stessa se i miei gemiti riuscissero ad intenerirle e non c’è rosa in tutta l’Inghilterra che sia altrettanto rosa quanto la carne rosa che contorna la vostra boccuccia rosa. Il pescatore cercherebbe invano negli abissi di Ormuz perle che potessero valere i vostri denti. Il vostro musetto fine e grazioso è tutto ciò che l’Inghilterra ha prodotto di più sublime. La neve delle alpi parrebbe rubina a confronto del vostro mantello celeste. Ah! Questo genere di peli non si vedono che nelle vostre nebbie. Le vostre zampe, portano sofficemente e con grazia questo corpo che è il compendio stesso dei miracoli della creazione; ma che la vostra coda, interprete elegante dei moti del vostro cuore, supera persino. Si! Mai curva così elegante, rotondezza più regolare o movimenti più delicati si videro in alcuna gatta. Lasciate perdere questo vecchio buffo d’un Puff, che dorme come un Pari d’Inghilterra in parlamento; egli non è che un miserabile venduto ai Whigs e deve ad un troppo Nel testo originale troviamo l’idioletto «A la question!», che oltre a «che c’entra» significa anche «Alla tortura». 44 31 lungo soggiorno in Bengala il fatto d’aver perso tutto ciò che può piacere ad una Gatta». Posai lo sguardo, allora, senza aver l’aria di guardarlo, su questo charmant micio francese: era arruffato, piccolo, gagliardo; non somigliava per nulla ad un Gatto Inglese. Il suo piglio baldanzoso rivelava, accanto alla sua maniera di scuotere l’orecchio, un birbone spensierato. Ammetto che ero proprio stanca della solennità dei gatti inglesi e della loro immacolatezza puramente materiale. La loro affettazione e respectability mi pareva soprattutto ridicola. Così l’eccessiva disinvoltura di questo gatto spettinato mi sorprese per violento contrasto con tutto ciò che vedevo a Londra. E poi la mia vita era regolata in modo così sicuro, ed io sapevo così bene ciò che dovevo fare durante il resto dei miei giorni, che fui sensibile a tutto quanto di imprevisto prometteva la fisionomia del gatto francese. Tutto, allora, mi parve insipido. Capii che potevo vivere sui tetti con un’affascinante creatura che veniva da quel paese dove ci si era consolati delle vittorie del più grande generale inglese con queste parole : « Malbrouk, s’en-va-t’en guerre, miroton TON- TON MIRONTAINE45». Cionondimeno, svegliai Milord e gli feci capire che era molto tardi e che dovevamo tornare a casa. Non ebbi l’aria di aver ascoltato quella amabile dichiarazione, e conservai un’ apparente insensibilità che pietrificò Brisquet. Lui restò lì spaesato e sorpreso, visto che si credeva molto bello. Solo più tardi seppi che lui seduceva tutte le Gatte di buona volontà. Lo esaminai con la coda dell’occhio: se ne andava a piccoli saltelli tristi, poi tornava indietro occupando tutta la larghezza della strada, si voltava come un gatto francese disperato: Un vero inglese avrebbe messo della decenza nei suoi sentimenti e non li avrebbe mai mostrati a quel modo. Qualche giorno dopo ci trovammo, Milord ed io, nella magnifica abitazione del vecchio Pari ed io allora uscii in macchina per passeggiare in Hyde Park. Non mangiavamo che ossa di pollo, gustose lische di pesce, delle creme, del latte e del cioccolato. Per quanto entusiasmante fosse questo regime, il mio promesso marito Puff restava grave. La sua respectability si estendeva fino a me. Generalmente lui alle sette di sera dormiva già al tavolo da whist sulle ginocchia di Sua Grazia. Il mio animo era dunque privo d’ogni soddisfazione, ed io languivo. Questa situazione del mio intimo si 45 Si tratta semplicemente del ritornello di una canzone popolare (Malbrough), che sembra abbia fomentato l’odio francese nei confronti dei vicini d’oltremanica. 32 combinò fatalmente con una piccola affezione viscerale provocatami dal sugo di aringa puro (il vino di Porto dei Gatti Inglesi) di cui Puff faceva uso e che invece fece quasi impazzire me. La mia padrona fece venire un medico di Edimburgo che aveva studiato a lungo a Parigi. Quando ebbe riconosciuto il mio male, promise alla mia padrona di guarirmi l’indomani stesso. Tornò in effetti, e tirò fuori di tasca uno strumento di fabbricazione parigina. Io fui presa da una specie di terrore quando scorsi quella cannula di metallo bianco terminato ad una estremità da un tubicino affilato. Alla vista di questo meccanismo, che il dottore fece funzionare con grande compiacimento, le loro grazie arrossirono, si corrucciarono e pronunciarono frasi potenti sulla dignità del popolo inglese, e su come e qualmente ciò che distingueva la vecchia Inghilterra dai cattolici non erano tanto le posizioni assunte nei confronti della Bibbia quanto quelle assunte rispetto a quella macchina infame46. Il duca disse che a Parigi i francesi non arrossivano di farne mostra sul loro teatro nazionale47 in una commedia di Molière, ma che a Londra un wacthman non avrebbe mai osato pronunciarne il nome. - «Datele piuttosto del calomelano!» -«Ma vostra grazia la ucciderebbe!» esclamò il dottore48. «Quanto a questo innocente meccanismo, i francesi hanno fatto maresciallo uno dei loro più prodi generali per essersene servito davanti alla loro famosa colonna.»49 46 Balzac restò profondamente colpito dalla bassezza dei Lord inglesi in occasione del processo parigino di una certa Lady Lincoln nata Hamilton, caso che monopolizzò la cronaca e di cui Balzac conobbe i retroscena grazie all’amico Henry Heine. Lady Lincoln si ammalò, forse contaminata da suo marito e fu guarita in Francia dai due medici francesi Cores e Volonski. Al termine di un processo che intentò contro di loro, Lord Lincoln riuscì a strappare ai due dottori il cosiddetto «diario di cura», sostenendo che fosse osceno, e dichiarando pubblicamente l’immoralità assoluta della cura. E’ senza dubbio da ricercare in questo curioso episodio cronachistico l’origine della buffa commedia dei medici al capezzale della Gatta Inglese. 47 E’ nella celeberrima commedia di Molière Il malato immaginario che si vede in scena una siringa a clistere: « “Ah, fratello, chiedo licenza; cosa dovete fare adesso?” Ed il dottore: “Un clisterino! Me la sbrigo in fretta.” […] “Si vede che non siete abituato a guardare in faccia la gente”» (Atto III, scena IV). 48 Il Calomelano è un minerale (cloruro di mercurio); fino al XIX secolo era utilizzato, in medicina interna, come lassativo ed antisettico. Lo scrittore vuole il medico lungimirante, e questi lo è ancora di più: attualmente è considerato velenoso e talmente inquinante da essere pericoloso per l’ambiente. 49 Questo bravo militare è Lobau (Georges Mouton, comte de), generale dell’impero, che ottenne il suo titolo nobiliare per fulgida condotta, nel 1809, 33 -«I francesi possono innaffiare come vogliono i loro subbugli interni, ma io non so, e neppure voi sapete, cosa potrebbe succedere nell’utilizzare quest’avvilente macchina. Quel che so per certo è che un vero medico inglese deve guarire i suoi pazienti solo e soltanto con i rimedi della vecchia Inghilterra.» Il medico, che stava cominciando a farsi una grande reputazione, perse tutta la sua clientela nel Bel Mondo. Si mandò a chiamare un altro medico che mi fece delle domande sconvenienti su Puff, e che mi insegnò che il vero motto d’Inghilterra era. «Dio e il mio diritto… coniugale. »50 Una notte udii per strada la voce del gatto francese. Nessuno poteva vederci. Io mi arrampicai per il camino e giunta in cima alla casa gli gridai : «Alla grondaia!». Questa risposta gli diede le ali, e me lo trovai accanto in un batter d’occhio. Lo credereste che questo gatto francese ebbe la sconveniente audacia di sentirsi autorizzato dalla mia piccola esortazione a dirmi «Vieni tra le mie zampe?» Senza tante formalità egli osò dare del tu ad una gatta distinta come me. Lo guardai freddamente, e per dargli una lezione gli dissi che io appartenevo alla Società della Temperanza. -«Vedo mio caro, gli dissi, dal vostro tono e dalla rilassatezza delle vostre massime che voi siete, come tutti i gatti cattolici, disposto a ridere e a fare mille ridicolaggini credendo di cavarvela poi con un pò di penitenza. Ma in Inghilterra noi abbiamo tutt’altra moralità: noi mettiamo dappertutto della respectability, anche nei nostri piaceri.» Questo giovane gatto, colpito dalla maestà del cant inglese, mi ascoltava con una tale attenzione che mi diede la speranza di poterne fare un gatto protestante. Mi rispose, nel più bel linguaggio, che avrebbe fatto tutto quello che io avessi voluto, purché gli fosse permesso di adorarmi. durante la campagna d’Austria. Fu deputato liberale sotto la Restaurazione e durante la monarchia di Luglio successe a La Fayette in qualità di comandante della Garde Nationale. Sotto questa carica si distinse «davanti alla loro famosa colonna», sarebbe a dire a Place Vendôme il 10 maggio del 1831 quando, per sedare una insurrezione popolare, chiamò le squandre antincendio e con delle gigantesche pompe diresse sulla folla getti d’acqua che, senza violenza pericolosa, la dispersero in un battibaleno. Questo ingegnoso éscamotage valse a Lobau molti punzecchiamenti e caricature, ma anche un’immensa popolarità e, appena tre mesi dopo, il salto di grado a Maresciallo. 50 «Dio ed il mio diritto » è il motto dei re d’Inghilterra. 34 Io lo guardai senza poter ribattere, poiché i suoi occhi very beautiful, splendid 51 brillavano come stelle ed illuminavano la notte. Il mio silenzio lo fece ardito e lui esclamò: «Cara Micina!» -«E adesso cos’è questa nuova indecenza!» lo sgridai, sapendo che i gatti francesi sono molto leggeri nei loro discorsi. Brisquet mi istruì sul fatto che nel continente, tutti, perfino il re, dicevano alle proprie figlie: Micina mia per dimostrar loro il proprio affetto. E molte donne tra cui le più preziose e le più aristocratiche dicevano sempre Micino Mio ai loro mariti, anche quando non li amavano. Se avessi voluto fargli piacere io avrei dovuto chiamarlo Ometto mio! Così dicendo, sollevò le zampe con infinita grazia. Immediatamente io disparvi, temendo di essere debole. Brisquet cantò: Rule Britannia! tanto era felice, ed il giorno dopo la sua dolce voce mormorava ancora nelle mie orecchie. -«Ah, tu pure ami, cara Beauty» disse la mia padrona vedendomi distesa sul tappeto, con le quattro zampe in avanti, il corpo in molle abbandono ed immersa nella poesia dei miei ricordi. Fui sorpresa da una simile intelligenza in una Donna ed andai allora, inarcando la mia spina dorsale, a strofinarmi contro le sue gambe facendole sentire un ronron amoroso sulle corde più gravi del mia voce di contralto. Mentre la mia padrona, che mi aveva presa sulle ginocchia, mi accarezzava grattandomi la testa ed io la guardavo con tenerezza vedendola in lacrime, in Bond Street si svolgeva una scena il cui seguito fu terribile per me. Puck, uno dei nipoti di Puff, che aspirava a succedergli e che per il momento abitava nella caserma dei Life-Guards 52, incontrò my dear Brisquet. Il sornione Capitan Puck si complimentò con l’addetto d’ambasciata per i suoi successi presso di me, dicendo che io avevo resistito ai più affascinanti Mici d’Inghilterra. Così Brisquet, da vanitoso francese qual era, rispose che egli sarebbe stato ben felice di attirare la mia attenzione, ma che aveva in orrore le Gatte che parlavano di temperanza e della Bibbia. 51 Sappia il lettore che la micidiale macchina romanzasca balzachiana incappò qui- dopo pagine e pagnie di dimenticanze, incongruenze, trascuratezze, eccentriche visioni formate da poche caffettiere, tutto sommato- nel primo ostacolo di natura evidentemente narcisistica: non ritenendosi soddisfatto, ha ritenuto opportuno riscrivere il paragrafo relativo alla descrizione dei propri occhi diverse volte. 52 I Life-Guards formano, insieme ai Royal Horse Guards, la Cavalleria di Palazzo. 35 fig. 5 Dottor Cicisbecco 36 Con ogni probabilità la scelta di questo soggetto (Cicogna-Uomo di Scienza) si rifece ad una necessità di natura estetica, piuttosto che simbolica: immaginiamo che Grandville desiderasse che la figura del medico, nonostante le controversie fabulistiche e lo strumento che impugna, fosse distante il più possibile dal ‘laido’. In effetti la ‘dinamica’ del segno coincide sempre, primariamente, con la descrizione di un atteggiamento o di un portamento, in particolare per il caricaturista. Per ‘estetica’ s’intende, tra illustratori, la capacità di descrivere una personalità attraverso il gesto; così il mento sollevato sottende la superbia come condizione ed il capo all’indietro sostiene pensieri piu in alto di quanto gli astanti possano carpire. Il nobilissimo collo lungo è fasciato da una camicia settecentesca, ed il compiacimento dalla cicogna nell’indossarla equivale a quello di Grandville nel rappresentarla, insieme rétro e all’avanguardia com’è. Il mento in alto è fierezza manifesta, così come il mignolo teso vuol proclamare professionalità e competenza. Tutto il disegno sembra farsi vero e proprio manifesto d’una scienza alta ed illuminata, non mancando di fare del becco qualcosa di ficcante come il clistere brandito. In effetti la ricorrenza associativa tra il naso, il becco ed il pene è tanto antica quanto, in questo caso, calzante. Tuttavia si tenga presente che per la Bibbia tutti gli uccelli trampolieri sono animali impuri eccezion fatta proprio per la cicogna, che è simbolo positivo in quanto combatte i serpenti. 37 -«Oh, fece Puck, essa vi parla, dunque!» Brisquet, quel caro francese, fu in codesto sciocco modo vittima della diplomazia britannica. In più commise un’errore imperdonabile, di quelli che corruccerebbero tutte le Gatte ben educate d’Inghilterra. Quel birbante era davvero molto incoerente. Non gli venne in mente, al parco, di salutarmi e di voler conversare intimamente con me co me se ci conoscessimo? Io restai fredda e severa, ma il cocchiere, scorgendo quel Francese, gli diede una frustata che lo raggiunse e poco mancò che l’uccidesse. Brisquet ricevette il colpo di frusta guardandomi con una intrepidità che mi fece mutar di spirito: l’amai per la maniera in cui si lasciò colpire, non vedendo che me, non sentendo che il favore della mia presenza, domando l’istinto naturale che spinge i gatti a fuggire alla minima apparenza di ostilità. Egli non indovinò che mi sentivo morire, malgrado la mia apparente freddezza. Da quel momento risolsi di lasciarmi rapire. La sera sulla grondaia, mi gettai tra le sue zampe, tutta sconvolta d’amore. -«My dear, gli chiesi, avete il capitale necessario per risarcire il vecchio Puff?» -«Io non ho altro capitale, mi rispose il francese ridendo, che i peli dei miei baffi, le mie quattro zampe e questa coda». Ciò dicendo, spazzò la grondaia con un movimento pieno di fierezza. -«Niente capitale! esclamai, ma voi non siete che un avventuriero, my dear». -«Amo le avventure, mi disse lui teneramente. In Francia, nelle circostanze cui tu fai allusione… insomma, è proprio allora che i gatti si accapigliano53! Essi ricorrono alle loro unghie, non ai loro scudi54. -«Povero paese! dissi io. E com’è che esso manda all’estero nelle proprie ambasciate delle bestie così sprovviste di capitale? 53 L’espressione originale era “C’est alors que les chats se peignent”. In una lingua, per intenderci, scarsamente accademica «se peigner» rende il concetto di una sarabanda di colpi ben assestati. L’editore della versione originale delle Peines de coeur d’un chatte anglaise sottolineò nel manoscritto la vicinanza con il proverbio «Voilà où les chats se peignent» la cui traduzione invece è pressappoco «Ecco dov’è il problema». 54 «Le unghie piuttosto che gli scudi»; per fortuna la boutade non perde di senso in traduzione. Anche in italiano lo “scudo” corrisponde sia ad una forma difesiva bellica che ad una antica misura monetaria. 38 fig. 6 39 -«Ecco, fece Brisquet, il nostro nuovo governo non ama il denaro… presso i suoi impiegati. Esso non ricerca che le capacità intellettuali». Il caro Brisquet prese nel parlarmi, un’arietta contenta che mi fece temere si trattasse di uno sciocco. -«L’amore senza capitale è un non-sense, gli dissi. Intanto che andrete a destra e a sinistra a cercare da mangiare, voi non vi occuperete di me, caro mio». Quell’affascinante francese mi provò, per tutta risposta, che egli discendeva per parte di sua nonna dal Gatto-Con-Gli-Stivali. Ed inoltre egli aveva novantanove maniere per prendere a prestito del denaro e noi non ne avremmo avuta che una sola per spenderlo. Infine, conosceva la musica e avrebbe potuto dare lezioni. Difatti immediatamente mi cantò un’intonazione da strappar l’anima, una ballata nazionale del suo paese che diceva: Al chiar di luna… A questo punto, diversi Gatti ed alcune Gatte condotti da Puck mi videro quando, sedotta da tante ragioni, promisi a quel caro Brisquet che l’avrei seguito non appena egli avesse potuto mantenere una moglie in modo confortevole. -«Sono perduta!» esclamai55. L’indomani stesso il banco dei Doctors Commons fu chiamato da Puck a procedere per un caso di Criminal Conversazione. Puff era sordo: i suoi nipoti abusarono di questa sua menomazione. Puff, interrogato da essi, fece sapere che durante la notte, per lusingarlo l’avevo chiamato Ometto mio! Questa fu una delle prove più terribili contro di me, perché mai avrei potuto spiegare da chi avessi imparato quella parola d’amore. Milord, senza saperlo contribuì a rovinarmi; ma avevo già notato che egli ormai era bell’e rimbambito e non sospettò mai i bassi intrighi di cui divenni bersaglio. Parecchi gattini che mi difesero di fronte all’opinione pubblica mi hanno detto che spesso egli chiede del suo angelo, della gioia dei suoi occhi, della sua darling, della sua Sweet Beauty. La mia propria madre, venuta a Londra, rifiutò di vedermi e di ascoltarmi, dicendo La crudeltà dei mariti inglesi, così severi quando si tratta di «conversazione criminale» permetterà a Balzac di trattare una volta ancora delle disgrazie dell’adulterio (egli non ne fu che sospettato) dal momento che la società francese, lui disse, non gli forniva più modelli per questo soggetto. In un articolo della Revue Parisienne il romanziere spiega che sulla scena sociale il dramma coniugale aveva abbondantemente ceduto il posto alla commedia farsesca e ai suoi felici ‘denouments’. L’Inghilterra invece conosceva ancora il dramma coniugale. 55 40 che mai una gatta inglese avrebbe dovuto rendersi sospettabile, e che io gettavo molta amarezza nei suoi ultimi stanchi giorni. Le mie sorelle, gelose della mia ascesa, appoggiarono le mie accusatrici e nel frattempo i domestici deposero contro di me. Compresi allora assai chiaramente per quale cosa tutti perdono la testa in Inghilterra. Non appena si tratta di una criminal conversazione i sentimenti si bloccano, una madre non è più madre, una nutrice vorrebbe, riprendere indietro il suo latte e tutte le gatte urlano per le vie. Ma ciò che fu ben più infame fu che il mio vecchio avvocato, che all’epoca credeva ancora all’innocenza della regina d’Inghilterra, al quale io avevo raccontato tutto fin nei minimi particolari, che mi aveva assicurato che non c’era di che far frustare un gatto56 e al quale, come prova della mia innocenza, io confessai di non capir nulla di quelle parole, criminal conversazione, (egli mi disse che si chiamava così precisamente perché si parlava pochissimo), bhè, proprio questo avvocato, sedotto da Capitan Puck, mi difese così male che la mia causa parve persa. Solo in vicissitudine di simili circostanze io ebbi il coraggio di comparire davanti ai Doctors Commons. -«Milords, io sono una Gatta inglese, e sono innocente. Che si direbbe della giustizia della Vecchia Inghilterra, se…» Appena ebbi pronunciato queste parole, spaventosi mormorii coprirono la mia voce, tanto il pubblico era stato lavorato dal Cat Chronicle 57 e dagli amici di Puck. -«La Signora mette in dubbio la giustizia della vecchia Inghilterra che ha creato il Giurì!» si gridava. -«Costei vuole spiegarvi, Milords, esclamò l’abominevole avvocato del mio avversario, come essa andava per le grondaie con un gatto francese per convertirlo alla religione anglicana, mentre essa ci andava piuttosto per ritornare potendo dire in buon francese Mon Petit Homme a suo marito, per ascoltare gli orrendi principi del papismo e per imparare a misconoscere le leggi e le usanze della vecchia Inghilterra!» 56 Idiomatismo francese che letteralmente significa «è una cosa da nulla»; tuttavia ci piace supporre che si tratti anche di un presago richiamo al fatto che il povero Brisquet è già stato frustato. 57 Il nome sbarazzino di questo giornale da gatti è formato sul modello degli arcinoti London Chronicle, Morning Chronicle, e New Monthly Chronicle. 41 fig. 7 Forum 42 Quando si parla di simili fandonie ad un pubblico inglese, esso perde la testa. Così, tonanti applausi accolsero le parole dell’avvocato di Puck. Io fui condannata, all’età di ventisei mesi, quando potevo provare che ancora non sapevo neanche cosa fosse, un gatto. Ma, da tutto ciò, ci guadagnai qualcosa. Compresi che è a causa dei suoi vaneggiamenti che la vecchia Inghilterra è detta Albione. Caddi in una profonda misgattropia provocata meno dal mio divorzio che dalla morte del mio caro Brisquet, che Puck fece uccidere in un tumulto, temendone la vendetta. Perciò nulla mi fa infuriare di più che sentir parlare della lealtà dei gatti inglesi. Voi vedete, oh animali francesi, che familiarizzando con gli Uomini, noi ne prendiamo tutti i vizi e tutte le cattive istituzioni. Ritorniamo dunque alla vita selvatica: non obbediremmo che all’istinto, né troveremmo usanze che si oppongano ai voti più sacri della natura. In questo periodo sto scrivendo un trattato politico ad uso delle classi operaie animali, al fine di incitarle a non girare più la ruota, né lasciarsi attaccare ai carretti: sono questi i mezzi per sottrarsi all’oppressione del Grande Aristocratico. Sebbene i nostri scarabocchi siano celebri58, io credo che Miss Henriette Martineau59 non mi sconfesserebbe. Voi sapete, in continente, che la letteratura è divenuta il rifugio di tutte le Gatte che protestano contro l’immorale monopolio del matrimonio, che resistono alla tirannia delle istituzioni e vogliono ritornare alle leggi naturali. Ho omesso di dirvi che, sebbene Brisquet ebbe il corpo trapassato da un colpo ricevuto nella schiena, il Coroner, con infame ipocrisia, ha dichiarato che egli si sia avvelenato da sé con dell’arsenico. Come se un gatto così vitale, così matto e così stordito potesse aver mai riflettuto abbastanza sulla vita da concepire un’idea così seria. Come se il Gatto che amavo potesse aver avuto la minima voglia di lasciare l’esistenza! Ecco comparire il griffonnage nel testo originale. Balzac ovviamente con questo termine si riferisce all’usanza felina di graffiare gli oggetti con gli artigli (ecco perché ‘celebre’) ma non rinuncia a risemantizzarlo ed inserirlo in contesto letterario (Henriette Martineau), così da far assumere al verbo griffonner quel significato familiare di ‘scribacchiare’ di cui si è già detto. 59 Miss Henriette Martineau (1802-1876), giornalista e romanziera. 58 43 Ma con l’apparecchio di Marsh si sono trovate delle macchie su una ciotola60. 60 Il processo di Mme Lafarge, tenutosi nel settembre del 1840 presso la corte d’Assise di Tulle e conclusosi con una condanna, aveva attirato l’attenzione di Balzac e di tutta l’opinione pubblica su questa diabolica polverina dispensatrice d’eredità. Mme Lafarge era sospettata di esserne servita per sopprimere il marito. Sventuratamente per lei, qualche lustro prima, James Marsh (chimico inglese, 1789-1846) si era reso celebre per l’invenzione di un apparecchio capace di individuare nelle sostanze organiche quantità anche minime di arsenico. Questo apparecchio com’è ovvio acquisì notevole visibilità in Francia durante il processo di Mme Lafarge. La posizione di Balzac è chiarissima, ma la fine dell’aneddoto è fumosa; sembra che un tale dottor Orfila, per pura vanità, dichiarò di aver trovato tracce d’arsenico in un piatto di casa Lafarge allorché l’illustre Dupuytren aveva dichiarato che il corpo del defunto non ne presentava alcuna. Arrivato a Tulle dopo la sentenza, un terzo medico, Raspail, affermò che la quantità di arsenico ritrovata non poteva minimamente essere indicativa, e che lui stesso ne avrebbe trovata il doppio in pressocché qualsiasi oggetto, compreso «il piede della poltrona del presidente». 44 fig. 8 Macchina di Marsh 45 L’immagine di chiusura del racconto è inquietante e sfuggente quanto suggestiva. La figura che di primo acchito si direbbe baffuta è in realtà un uccello torvo, che guarda verso l’alto a destra del rettangolo dell’immagine; il baffo sinistro è il becco. Grandville ci presenta dunque un nuovo Uomo di scienza-Uccello, contraltare perfetto del primo. All’accurato e smagliante abbigliamento dell’illuminato dottore oppone un sudicio e trasandato grembiule da sguattero, al gesto raffinato fa corrispondere un atteggiamento ed una postura tipici dell’ambulante o dell’imbonitore Non è possibile scorgere il viso, gli occhi sono nascosti, seppur chiaramente rivolti ad un pubblico assai più interessante della vittima che giace inerte sul lettino da esperimenti. Proprio come nel disegno d’apertura del racconto i soggetti rappresentati sono un uccello ed un topo; tuttavia essi sono stati invertiti per ruolo e proporzioni. Inequivocabilmente il demoniaco marchingegno tutto tubicini ed alambicchi vuol corrispondere ad un ingigantimento volontario di ciò che doveva essere la macchina di Marsh, ma certamente la scelta dei due animali e degli elementi che li circondano non è casuale. Lasciando correre circa l’ingenua pruderie del lenzuolino che copre sommariamente il cadavere, possiamo supporre che Grandville abbia voluto mettere in scena il suo finale. Quel topo che già annunciava un ‘rovesciamento del destino’ nella prima immagine è divenuto protagonista della scena e come allora «simboleggia l’anima poiché fugge non visto come lo spirito vitale dell’uomo quando muore » (Cfr. Cesare Ripa, Iconologia, Tea Arte, Milano 1992, p.76). Ecco che Grandville ci offre, come nota di chiusura, l’inesorabile verità della morte dell’anima, della morte anima-le della nostra protagonista, che i fatti hanno costretto a piegarsi davanti ad una inespugnabile costruzione (reale ed astratta) della tradizione britannica, riuscendo tuttavia a rendere centrale nel disegno, l’evidenza schiacciante che rappresenta una insulsa ciotola. Quella ciotola è il tramite estremo tra lo scoop cronachistico, la merce del bazar, l’ironia costante delle illustrazioni di Grandville e l’atrocità del martirio reale. C'è una identità di fondo fra l'uomo e la bestia che, secondo Gilles Deleuze, supera ogni identificazione sentimentale e che lega le due nature insieme, al di là di ogni atto della volontà e di ogni istanza umanistica: «L'uomo che soffre è bestia, la bestia che soffre è uomo.» 46