Lettera ASFOR nr. 1-2

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Lettera ASFOR nr. 1-2
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anno XIV n. 1-2 gennaio giugno 2002 • Spedizione in abb. postale, articolo 2 - Comma 20/C - Legge 662/96 - Filiale di Milano
In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio postale di Roserio - Milano, detentore del conto, per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa.
Registrazione Tribunale di Milano n. 312 del 15-06-1985
Direttore Scientifico Claudio Poli • Direttore Responsabile Mauro Meda
La Formazione Manageriale
nell’Italia che cambia.
Il ruolo e le proposte di ASFOR
Atti del convegno celebrativo
del trentennale di fondazione
(Isvor Fiat, Torino, 5 Dicembre 2001)
1971-2001
30 anni per lo sviluppo del sistema formativo manageriale italiano
Lettera ASFOR N. 1-2/2002
LA FORMAZIONE MANAGERIALE NELL’ITALIA CHE CAMBIA.
IL RUOLO E LE PROPOSTE DI ASFOR
SOMMARIO
EDITORIALE
Claudio Poli
Presidente ASFOR
SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
Convegno ASFOR in occasione del 30nnale di fondazione
“La formazione manageriale nell’Italia che cambia. Il ruolo e le proposte di ASFOR”
(Isvor Fiat, Torino, 5 Dicembre 2001)
• Introduzione
Paolo Cantarella – Amministratore Delegato FIAT S.p.A.
• Relazione introduttiva “Il ruolo dell’ASFOR per lo sviluppo della formazione manageriale”
Claudio Poli – Presidente ASFOR
• Management Development in the Net Economy
Bob Mountain – Chairman di Executive Development Network
• Tavola Rotonda
“La formazione manageriale in Italia: aspetti critici e tendenze evolutive”
Relazione introduttiva
Vladimir Nanut - Vice Presidente Vicario ASFOR
Interventi
Franco Angeli – Presidente AIF, Associazione Italiana Formatori, Editore
Enrico Auteri – Presidente Isvor Fiat
Federico Butera – Presidente Assoconsult, Presidente Butera & Partners
Luciano Modica – Presidente CRUI, Conferenza Italiana dei Rettori
Andrea Pininfarina – Presidente Unione Industriale di Torino e componente Giunta Confindustria
Francesco Verbaro – Vice Capo di Gabinetto del Ministro per la Funzione Pubblica
• Il ruolo delle Regioni per la costruzione di un Sistema formativo efficace
Enzo Ghigo – Presidente della Regione Piemonte e Presidente della Conferenza delle Regioni
• Il ruolo della formazione manageriale per lo sviluppo del Paese: le proposte del Governo
Mario Baldassarri – Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze
• Conclusioni
Claudio Poli – Presidente ASFOR
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SEZIONE 2 - CONTRIBUTI E SPUNTI DI RIFLESSIONE DEI PAST PRESIDENT
Past President
• Il contributo alla Società di una Associazione delle Istituzioni di formazione manageriale
Elio Borgonovi – Past President e Consigliere ASFOR, Direttore SDA Bocconi
• La formazione manageriale fra Scilla e Cariddi
Claudio Dematté – Past President ASFOR, Presidente SDA Bocconi
• ASFOR un costante impeno per una formazione manageriale seria:ricerca e sperimentazione
Gianfranco Gambigliani – Past President ASFOR
• Ricordi e brevi riflessioni sulla formazione manageriale
Franco Giacomazzi, Past President ASFOR, Politecnico di Milano
• Il ruolo della formazione manageriale nel settore del credito
Mario Lacchi – Past President ASFOR, Direttore Centrale a.r. del Banco di Napoli
• ASFOR una Associazione impegnata a sostenere lo sviluppo della formazione manageriale
Gabriele Morello – Past President ASFOR, Direttore ISIDA
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SEZIONE 3 - RICERCHE
• Ricerca ASFOR:
L’attività di formazione dei soci ASFOR per le Pubbliche Amministrazioni “Report 2001”
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• Ricerca AGDP - ASFOR:
“I Giovani Dirigenti: nuovi bisogni formativi e nuove metodologie”
Le evidenze di una indagine diretta
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• Ricerca ISVOR FIAT
“Lo stato della formazione manageriale negli Stati Uniti e in Europa”
Salvatore Garbellano, Docente Senior ISVOR FIAT S.p.A.
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SEZIONE 4 - NOTIZIE
• Protocollo d'Intesa tra Dipartimento della funzione pubblica e Associazione
per la formazione alla direzione aziendale (ASFOR) –
“Qualità dei servizi formativi delle scuole associate aderenti ad ASFOR,
che svolgono attività di formazione per la Pubblica Amministrazione”
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ASFOR
• Gli Organi Istituzionali
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• Gli Associati
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• Gli Associati: aree/settori di intervento
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Editoriale
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n generale la celebrazione dei trentanni di vita per una associazione è da sempre
un passaggio importante perchè ne dimostra il radicamento nella Società e nella
Comunità Scientifica o professionale. Ovviamente queste considerazioni valgono
anche per ASFOR, che dalla Sua costituzione (9 dicembre 1971) si è posta la mission
di “sviluppare in Italia una vera cultura manageriale e nel contempo consolidare il
Sistema delle Istituzioni formative”.
L’idea che nel 1971 ha portato alcuni illuminati “formatori” e “uomini di cultura
d’impresa”- voglio qui ringraziarli per la lungimiranza della loro azione e ricordarne
i nomi: Piero Bontadini, Antonio Cucciniello, Aldo Fabris, Pietro Gennaro, Gabriele
Morello, Federico Maria Pacces, Giorgio Pagliarani e Sergio Zoppi - a creare la nostra
Associazione è stata la necessità di avviare in Italia una concreta riflessione sul ruolo
della formazione quale strumento efficace per supportare il cambiamento allora in
atto; ma anche la necessità di sviluppare un percorso italiano capace di interpretare le
nostre specificità Culturali e di Sistema Economico e non solo di trasferire esperienze di management maturate in altri contesti.
Già in quegli anni andava maturando all’interno di ASFOR l’idea di rendere la formazione sempre più collegata ai mutati bisogni della business community e quindi
costruire un'offerta formativa dinamica, qualificata e capace di interpretare, attraverso adattamenti continui, l'evoluzione della domanda.
Il percorso non è stato sicuramente agevole, in generale il Sistema Formativo ha sofferto della mancanza di una chiara linea di sviluppo in grado di fornire i necessari
“supporti”, non solo di carattere economico ma di strategia e di indirizzo, che rappresentano la forza di altri Sistemi Formativi europei.
In questi anni ASFOR- attraverso gli Associati e i tanti colleghi che hanno lavorato
con passione e tenacia- ha portato avanti una serie di battaglie, fra queste:
• la qualità delle Istituzioni formative (qualità della faculty, dei professional, dei
supporti didattici..);
• la certificazione dei programmi Master (il nostro progetto di "Accreditamento dei
MASTER" avviato nel '89 va in questa direzione: di favorire la diffusione delle buone
prassi e stimolare un processo continuo di miglioramento qualitativo, di autodisciplina e di maggiore trasparenza nel mercato della formazione manageriale);
• la spinta al confronto con l’internazionalizzazione e la globalizzazione dei processi formativi: l’associazione è socio fondatore, con le altre maggiori associazioni
europee, di EQUAL European Quality Link;
• la costruzione di percorsi formativi specifici per singoli settori: Grande Impresa,
Piccole Medie Imprese e Pubblica Amministrazione attraverso il reale trasferimento delle “buone prassi”.
E più in generale la necessità di porre al centro dello sviluppo dei progetti formativi
i reali bisogni delle Imprese Pubbliche o Private e degli Individui, che forse non sempre sono stati messi al centro di tali interventi.
Tale “percorso” non è ovviamente concluso, ma nella “Società della conoscenza” la
vera formazione- quella che serve alle Imprese ed agli Individui e che trova negli
strumenti dell’ICT una fortissima accelerazione- non può più limitarsi a specializza-
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Editoriale
re e ad addestrare risorse umane ad occupare ruoli rigidi e precisi, ma deve fornire
agli individui strumenti conoscitivi per leggere una realtà mutevole e complessa,
chiavi di ragionamento per interpretarla, per elaborare strategie di cambiamento e di
cooperazione.
La formazione manageriale deve saper generare nuove competenze - ma anche trasmettere valori non solo “economici” ma “etici/comportamentali” - perché sempre più
il successo delle Imprese dipende dalla capacità di saper valorizzare le idee e le conoscenze dei propri collaboratori, che sono i veri “partner” nella creazione di valore.
In tale ottica la formazione diventa uno strumento indispensabile per la valorizzazione del potenziale umano.
Ma questo difficile processo richiede che la formazione sia con forza e determinazione sostenuta a livello politico-istituzionale.
E che tutti i soggetti coinvolti, le Istituzioni Pubbliche, Governo, Parlamento, Regioni
e Province, il mondo Accademico, le Imprese, le Società di Consulenza e i Formatori,
sappiano sempre più dialogare e costruire insieme - attraverso un “rete sistemica” - le
necessarie e ormai più inderogabili risposte ai diversi “bisogni formativi”.
Ed è forse questa la più delicata sfida per il futuro della nostra Associazione: concorrere a costruire un Sistema Formativo che sappia rappresentare e rispondere i bisogni del nostro Paese, e che sia una vera leva di competitività.
Claudio Poli
Presidente ASFOR
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
Sezione 1
Atti del Convegno ASFOR in occasione del 30nnale di fondazione
”LA FORMAZIONE MANAGERIALE NELL’ITALIA CHE CAMBIA.
IL RUOLO E LE PROPOSTE DI ASFOR”
(Isvor Fiat, Torino, 5 Dicembre 2001)
rivoluzionano i tradizionali gradi aziendali – punta alla crescita
del nostro patrimonio di competenze individuali e collettive.
Perché quelli che ci servono non sono più solo collaboratori bravissimi nell’applicare le norme e nel raggiungere risultati predefiniti, ma “professionisti” che capiscono le esigenze, sanno scegliere gli strumenti giusti, sanno adottare le soluzioni più efficaci e credono nell’innovazione e nell’eccellenza.
Lo stesso obiettivo, il cambiamento della cultura aziendale, è
quello che stiamo perseguendo con lo sviluppo della leadership
individuale, perché persone di qualità esigono e presuppongono
capi di qualità, non semplicemente “manager” che distribuiscono compiti e controllano la loro esecuzione, ma “leader” che
sanno valorizzare i propri collaboratori e stimolarli a dare il
meglio di sé.
E in questa prospettiva, per dare concretezza ad un modo nuovo
di lavorare con le persone e per le persone, abbiamo avviato
un processo di rinnovamento delle posizioni manageriali, oltre
il 20% dei nostri ranghi dirigenziali, inserendo molte forze giovani.
Tutto questo non saremmo riusciti a farlo - e non riusciremmo a
farlo, perché di progressi ne abbiamo fatti tanti, ma tanti ancora
ne dobbiamo fare - senza la formazione.
Noi consideriamo la Formazione una leva strategica per il cambiamento e conseguentemente stiamo investendo risorse crescenti: erano l’equivalente di 40 milioni di euro nel 1990; sono stati
144 milioni di euro nel 2000; saranno complessivamente 180
milioni di euro quest’anno (con un’incidenza sul monte retributivo del 3,7%).
Ma nel fare formazione non guardiamo soltanto al presente e al
futuro prossimo, alle persone che già lavorano con noi, ma abbiamo sviluppato una strategia di lungo periodo.
Guardiamo anche più lontano, guardiamo per esempio anche alla
formazione di una nuova leva di manager per un futuro meno
immediato.
Abbiamo creato Fiat Gra.De, una società che è nata espressamente per “far fare” a laureati neoassunti in tutto il mondo un
percorso di 5 anni, durante i quali i giovani, oltre a frequentare
corsi di formazione, sono chiamati a maturare esperienze di lavoro in tre diversi settori (Fiat Auto, CNH e Iveco), in tre diverse
funzioni (progettazione, produzione e commerciale), in tre diversi Paesi e continenti.
Da questo programma emergeranno persone con un bagaglio
veramente multiculturale che – se ne avranno le capacità – le aiuterà a diventare i futuri leader del Gruppo.
D’altra parte, questo è ciò che i giovani ci chiedono: di essere formati, di poter crescere rapidamente sul piano professionale, di
essere messi a contatto con realtà operative diverse, possibilmente in giro per il mondo.
Offrirgli questa possibilità è il modo migliore per attrarli, per
essere scelti come azienda nella quale andare a lavorare.
Per molti aspetti, è in questa stessa logica che da un paio d’anni
abbiamo promosso – con l’Unione Industriale di Torino,
l’Amma, la Camera di Commercio, la Scuola Camerana - un altro
Introduzione
Paolo Cantarella,
Amministratore Delegato FIAT S.p.A.
Signore e Signori,
è veramente un piacere per me portarvi il saluto della Fiat e il mio
personale nell’aprire questo convegno celebrativo del trentennale dell’Asfor, fondata proprio a Torino il 9 dicembre 1971 con la
prima sede presso la Fondazione Giovanni Agnelli.
Ed è un piacere anche ospitarvi in questa sede che da oltre
ottant’anni – emigrate le linee di produzione nell’allora modernissimo stabilmento del Lingotto – è divenuta il cuore della
nostra “fabbrica di competenze”:
- dapprima dedicata alla formazione di un’elite di quadri operai, con la Scuola Allievi Fiat;
- successivamente, da trent’anni, con l’Isvor, proiettata allo
sviluppo professionale e manageriale di tutti i nostri dipendenti, dai quadri tecnici più specialistici a quelli direttivi –
qualcosa come 40.000 persone l’anno in media solo in queste
aule nell’ultimo decennio.
Sarebbe del tutto pleonastico soffermarmi su quanto la formazione sia importante: lo sapete bene quanto me, per ruolo e per
mestiere.
Mi domando però, per assurdo, che cosa sarebbe stata la Fiat se,
in questi anni, di formazione ne avesse fatta di meno o non ne
avesse fatta per niente.
Sicuramente non sarebbe cambiata la figura degli operai e non
avremmo fatto la “fabbrica integrata”, che è un sistema decentrato, fondato su delega, controlli più agili, maggiore sviluppo
professionale e comunicazione diffusa.
Una realtà complessa i cui gangli fondamentali, le Unità
Tecnologica Elementari (UTE) non svolgono solo attività standardizzate, ma hanno anche compiti di crescente responsabilità
che richiedono conoscenze e capacità di lavorare in team.
Senza una formazione efficace, non saremmo riusciti a portare
avanti un processo di globalizzazione, che in dieci anni ha visto
crescere quanto produciamo all’estero dal 17% a quasi il 50%,
formando un centinaio di migliaia di persone in Brasile, Polonia,
India, Stati Uniti, Cina e, naturalmente, in Europa.
Ovviamente, non avremmo potuto far crescere le nostre reti
commerciali, fondando la professionalità dei venditori non più
sulla pura e semplice conoscenza dei prodotti, ma sulla capacità
di stabilire relazioni solide e durature con i clienti, perché si è
capaci di interpretarne i bisogni e si sanno proporre loro soluzioni allargate ad un ampio ventaglio di servizi.
Soprattutto, non avremmo potuto avviare un profondo cambiamento della nostra cultura aziendale, del modo in cui le nostre
persone interpretano e svolgono il loro ruolo e si sentono partecipi e responsabili di un impegno comune all’eccellenza.
Questo è l’obiettivo che ci siamo posti con il progetto “professional”, che - con la creazione di nuove figure e qualifiche che
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
programma rivolto ai giovani, il Progetto Allievi 2000 per la formazione professionale.
E’ un modo per affrontare un altro problema che sta diventando
ormai molto serio per l’industria e non solo qui in Piemonte: la
carenza di tecnici d’officina.
Col Progetto Allievi 2000 è stato un po’ come far rinascere la
Scuola Allievi Fiat, un’occasione per i giovani – e sono già circa
500 - di scoprire che esistono opportunità di motivazione e di
qualificazione anche in fabbrica.
Il senso di questo sforzo è chiaro.
Noi vogliamo costruire e stiamo costruendo una Fiat che è
lontana mille miglia da quell’azienda di tanti anni fa e che forse
ancora qualcuno di voi ha in mente, un’azienda monolitica,
in cui si insegnava alle persone ad essere molto brave nell’eseguire, ma anche passive, obbedienti, diciamo pure un po’ “grigie”.
Il grande ricambio generazionale e culturale che stiamo portando
avanti va in tutt’altra direzione.
Va nella direzione della mobilitazione delle intelligenze, della
spinta all’assunzione di rischi, della realizzazione personale nelle
professioni, anche attraverso un costante arricchimento e “rinnovamento delle conoscenze”.
Perché lo sappiamo tutti: questa è la chiave di volta della competitività in un mondo che cambia, che si complica, che crea rapidamente obsolescenze.
Ma questo impegno nella formazione non può prescindere da due
considerazioni, forse non nuove ma pur sempre importanti e,
direi anzi, decisive.
La prima considerazione: non sono solo le aziende a dover credere nella formazione; ci devono credere anche i diretti interessati.
Ci devono credere e devono investire su se stessi, continuando
ad imparare, consapevoli che su questo punto si giocano il loro
futuro.
Che la formazione sia un dovere, e non solo un diritto, non è
un principio che abbia ancora fatto molta breccia, o almeno non
ancora come vorremmo.
Credo che sia un preciso compito dei manager – a partire da chi
di formazione e di gestione del personale si occupa – essere
molto fermi su questo punto, o meglio molto coerenti:
• premiando chi si impegna ad imparare;
• responsabilizzando le persone alla scelta di che cosa imparare e con quali strumenti, e se possibile, sfruttando al massimo
le grandi opportunità dell’e-learning.
La seconda considerazione: fare formazione è solo una faccia
della medaglia, l’altra si chiama “risultati”.
Dobbiamo responsabilizzarci a valutare l’apprendimento per i
ritorni che dà nella realtà quotidiana all’interno dell’impresa,
verificando che dai “semi” nasca una “pianta”.
La formazione ha un senso solo e soltanto se è una premessa ad
una migliore execution.
Questo è il grande sforzo che dobbiamo fare: lo dobbiamo fare
come sistema imprenditoriale, agendo con efficacia nelle nostre
imprese, ma dobbiamo farlo anche a livello di sistema-Paese, di
sistema scolastico.
Nei diversi Sistemi abbiamo bisogno di una formazione più vissuta, più sentita, più valorizzata e una formazione misurata nella
sua efficacia.
Perché solo così diventa un investimento che crea valore sociale,
da un lato, e valore economico, dall’altro.
Qualche giorno fa la Commissione Europea ha pubblicato il suo
Rapporto sulla Competitività nel 2001.
In generale l’Italia non ne esce particolarmente bene.
Ma c’è un punto in cui siamo molto più distanti rispetto ai nostri
partner, insieme alla quantità di investimenti in ricerca e sviluppo, questo riguarda i livelli di preparazione della popolazione
attiva.
E’ una sfida che riguarda tutto il Paese.
E’ una sfida che riguarda anche le imprese che per quanto stiano
facendo di più per aggiornare le competenze dei propri collaboratori, non lo fanno ancora a sufficienza nel campo della formazione professionale.
Quello di accrescere i nostri sforzi in questo campo è un impegno
a cui non possiamo sottrarci.
Ed è in questa prospettiva che auguro all’Asfor - che celebra il
trentennale di vita - di giocare con le idee e le proposte, di cui
discuterete oggi, un ruolo trainante nell’interesse stesso delle
nostre aziende e più in generale del nostro Paese.
Relazione introduttiva
con un intervento formativo che aiutasse i manager ad adattarsi
al nuovo contesto. Nacque così il centro Crotonville, che oggi si
definisce «la principale Business School “Corporate” del
mondo».
In tale contesto l’Europa invece va a rilento, si investe poco in
formazione e le grandi aziende stanno cominciando solo in questi anni a creare Corporate University, fatta eccezione per Fiat
che ha creato, quasi trent’anni fa, la prima Corporate University
d’Europa, Isvor Fiat.
Per quanto riguarda l’Italia occorre aspettare qualche anno per
veder considerato quello del “manager” come un ruolo critico, da
qualificare non solo con una formazione di base sui temi gestionali propri del ruolo, ma soprattutto con una specializzazione, in
grado di creare i presupposti per la diffusione di una cultura
manageriale matura.
Del resto non c’è di che stupirsi.
Tutto il tema della formazione, nella sua complessità, è stato per
anni trattato come un tema secondario, focalizzando l’attenzione
Claudio Poli,
Presidente ASFOR e Amministratore Delegato Isvor Fiat
Nel 1971, quando nacque Asfor, Associazione per la Formazione
alla Direzione Aziendale, ci ponemmo l’obiettivo di far maturare
in Italia una cultura manageriale rimasta più che in altri Paesi a
livello embrionale, eccessivamente scollegata rispetto ai cambiamenti della Business Community e con un’offerta di formazione
da qualificare attraverso adattamenti continui all’evoluzione
della domanda.
Per molti anni in Italia la formazione manageriale ha dunque
tardato a svilupparsi, è sufficiente pensare che la costituzione
della prima Corporate University negli Stati Uniti risale ai primi
anni Cinquanta. Erano gli anni in cui la General Electric decise
di accompagnare il processo di de-centralizzazione della società
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
soprattutto sugli aspetti legati al sostegno delle fasce più deboli
dei lavoratori, rilegandolo come un “di cui” del più ampio capitolo delle politiche sociali, in tema di mercato del lavoro o in
tema di istruzione.
Le cifre sulla spesa di formazione in Italia e negli USA sono indicative di come il divario sia ancora enorme:
- oggi gli Stati Uniti spendono circa 420.000 lire in formazione
per occupato;
- l’Italia spende in formazione circa 114.000 lire per occupato.
E ancora oggi non si hanno statistiche omogenee né a livello
nazionale né a livello europeo, che ci possano aiutare a capire
quale sia il diretto “contributo” che le aziende danno, quante
siano realmente le persone, nei vari comparti produttivi, che fruiscono di formazione non finanziata da organi istituzionali, e di
quale formazione fruiscono nei vari comparti produttivi.
Colpa, senz’altro anche delle aziende, che non sono abituate a
fare regolarmente un bilancio sociale per far emergere questo
dato.
Colpa anche del fatto che la maggioranza delle aziende italiane,
di piccola o media dimensione, praticamente, di “formazione
diretta” non ne fa. Se in Europa è coinvolto in formazione mediamente il 10% degli occupati, in Italia è solo l’1,7% dei dipendenti
che finora ne ha fruito. Solo il 47-48% delle aziende italiane in
totale fa formazione. Ma se ci riferiamo in modo specifico alle
PMI, il ritardo appare clamoroso: quasi il 70% delle aziende
minori dichiara di non aver fatto negli ultimi due anni neanche
un’ora di formazione per i propri dipendenti, come emerge molto
chiaramente dal rapporto elaborato dall’Istituto Tagliacarne.
E le grandi aziende?
Lo ha già detto l’ingegner Cantarella e lo ribadisco anche io, le
grandi aziende fanno certamente molta più formazione (il 77%
delle aziende con oltre 100 dipendenti a fronte del 30/27% delle
aziende con meno di 15 dipendenti). Ma sono poco più di 500, le
grandi aziende in Italia, e investono in media solo lo 0.5% del
monte retributivo.
Certamente va loro riconosciuto che è un impegno fino ad oggi
sostenuto quasi totalmente “in proprio”, anche a fronte della
“complessità” delle procedure e degli strumenti legati alla
formazione finanziata.
Alle grandi Aziende, va anche riconosciuto un importante ruolo
sociale. Infatti molto spesso le persone che accedono più intensamente a corsi di formazione in azienda sono quelle più giovani, durante i loro primi anni di inserimento. E molto spesso sono
proprio quelle persone che le aziende di dimensione inferiori poi
selezionano, quando hanno ormai un po’ di esperienza e un buon
livello di competenza. Così la formazione fatta e le competenze
costruite migrano dal sistema delle grandi imprese a quello delle
imprese minori, creando un circolo virtuso.
D’altro canto questo è il riflesso del mutato panorama di business che impone di guardare alla realtà delle nostre organizzazioni con occhi diversi.
Le imprese hanno confini più incerti, si sviluppano secondo
forme reticolari: insiemi di unità legate da rapporti interorganizzativi di diversa intensità e consistenza.
All’interno delle organizzazioni a “rete” sono decisive la flessibilità, la tempestività, la capacità di innovare e la diffusione
rapida del sapere, del know how, delle competenze. Nella
“impresa rete” cambiano radicalmente le relazioni tra azienda,
fornitori, clienti, partner, competitor.
Nel mercato globale la pressione competitiva è aumentata e
aumenterà ancora in maniera esponenziale: così all’organizzazione classica, fatta di strutture, macchine, procedure mirate alla
produzione e vendita di beni e servizi si sostituisce la “learning
organization”, vale a dire una “organizzazione estesa”, in cui si
produce e si condivide, e dove si diffonde apprendimento.
La centralità della conoscenza non è più solo uno slogan ma è
divenuta una realtà.
E questo non vale esclusivamente per il mondo del business.
Vale nella ricerca, vale nella scuola, nei servizi sociali, e vale a
maggior ragione nella pubblica amministrazione, che è sempre
più una cerniera fondamentale tra le varie componenti della
società. In quanto un sistema pubblico adeguato, che marci al
passo del sistema sociale è un’esigenza inalienabile per un Paese
moderno. Ancor più lo è per un Paese come il nostro, denso di
risorse intellettuali e creative, di competenze e di volontà, ma
povero di risorse primarie e – di capacità organizzative e di
innovazione. L’ultimo rapporto della Commissione Europea
sulla innovazione (“Quadro di valutazione dell’innovazione 2001
in Europa” – giugno 2001) parla chiaro e ci confina, assieme al
Portogallo, in area “retrocessione” quanto alla somma dei 17
indici di innovazione. Tra questi indicatori- oltre a quello relativo all’incidenza sul PIL della spesa in R&S (Italia al 11° posto
sui 15 EU) - la “formazione durante l’arco della vita” (long life
learning) occupa un posto di rilievo, e l’Italia ha solo un indice
5,2 sulla media dei paesi UE (= 100). Anche se Francia,
Germania e Spagna sono molto lontane, rispetto ad esempio alla
Svezia o alla Gran Bretagna.
Non è una situazione confortante, che smentisce nei fatti le
dichiarazioni da tutti condivise circa la centralità del fattore
“uomo” nelle nuove organizzazioni.
Se l’uomo è, o tende a diventare, la principale fonte del vantaggio competitivo, sempre meno lavoratore-dipendente ma sempre
più partner, coinvolto e motivato ad aderire alla filosofia aziendale per creare valore, esso è anche il principale “asset aziendale”, la risorsa strategica su cui più di ogni altra è necessario investire.
Rosabeth Moss Kanter, nel suo ultimo libro “E-volve” sostiene
che il futuro appartiene a chi possiede le tre C:
1) i Concetti, la migliore conoscenza e le idee più recenti;
2) la Competenza, la capacità di agire sugli standard più alti in
ogni luogo;
3) le Connessioni, le relazioni migliori che forniscono l’accesso
alla conoscenza degli altri.
Il risultato economico dipende direttamente dalle competenze
che l’individuo possiede. Va da sé che lavoro e apprendimento
devono trovare sempre maggiore integrazione e che la formazione rappresenta per le organizzazioni lo strumento per portare l’apprendimento a sistema.
La formazione di ieri - mandataria, episodica, orientata ai contenuti, svolta quasi esclusivamente con soluzioni tradizionali non ha più spazio nel mutato contesto.
La formazione oggi deve adattarsi a questa nuova realtà: l’intervento formativo non è più solo un evento singolo, quasi occasionale, legato a un bisogno contingente, ma diviene un processo
continuo, in cui fondamentale e strategica diviene una corretta
gestione della conoscenza.
In quanto la “conoscenza” è un processo le cui fasi di alimentazione, selezione, organizzazione, condivisione e riproduzione
sono cruciali.
Le organizzazioni sono chiamate a evitare che le “conoscenze”
diventino obsolete e parallelamente a capire quali “competenze”
siano strategiche e da sviluppare. Per far ciò occorre partire dalla
valutazione delle conoscenze già possedute per comprendere
quali siano i gap rilevanti. Conseguentemente individuare le priorità su cui intervenire e le persone a cui rivolgere l’azione di sviluppo, finalizzando i piani di formazione.
Le organizzazioni sono chiamate a sviluppare “strumenti e
percorsi” per la corretta valutazione delle competenze, quali
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
dai programmi di training che le aziende predispongono per la
formazione continua dei propri dipendenti (quindi scuole, università e società di formaz. a distanza valgono circa tre miliardi
di dollari).
La platea americana è destinata ad allargarsi ulteriormente, tanto
che fra 3 anni il mercato dell’e-learning costituirà probabilmente
il 23% di tutta la spesa nazionale per la formazione. Il boom dei
training cosiddetti “soft skill”, cioè le abilità comportamentali
(come le qualità manageriali o la capacità di leadership) arriverà
fra 3 anni, quando i fondi per la formazione online verranno
equamente distribuiti tra le due macro aree: ”Management” e
“IT- uso degli strumenti informatici”, che attualmente costituisce
la maggioranza dei corsi acquistati.
Cambia anche la maniera di interpretare il ruolo dei formatori,
non più esperti in una sola disciplina e basta, ma dominatori di un
intero processo, capaci di una visione d’insieme che garantisca
l’allineamento tra le persone, le strategie e i valori aziendali.
Ad esempio, il coinvolgimento sempre più ampio dei “manager”
dell’azienda cliente nelle attività di formazione (finalizzato a
valorizzare la conoscenza “implicita” accumulata durante le attività professionali svolte dalle risorse nel corso degli anni) vuol
dire realizzare una vera complementarietà dei ruoli. Dove il formatore presidia con professionalità gli aspetti di “metodo”, avendo una conoscenza più generale dei contenuti, mentre il management e gli esperti della linea sono impegnati e partecipano allo
“sviluppo delle specifiche di contenuto”, oggetto di apprendimento così come alla definizione dei piani e delle priorità.
In generale, la formazione di oggi, quella che serve alle
Istituzioni, alle Imprese ed ai singoli/cittadini, deve:
• attribuire maggiore importanza alla misurabilità dei ritorni
in termini di apprendimento e di trasferibilità e, quando possibile, alla quantificazione dei benefici economici;
• ottenere un elevato coinvolgimento del senior management
aziendale (come sponsor e in qualità di docenti nelle attività);
• rafforzare la crescente autonomia dei lavoratori nella scelta dei programmi e delle attività di formazione per sviluppare le competenze;
• avere chiare finalità di business e consapevolezza dei risultati attesi: le iniziative di formazione devono contribuire a
produrre miglioramenti di performance misurabili. Ad esempio, in termini di produttività o facilitando e accelerando
importanti iniziative aziendali, come l’introduzione di una
nuova linea strategica (ad esempio, alleanze strategiche e
acquisizioni per accelerare la globalizzazione). Oppure aiutando l’organizzazione a essere la prima, o tra le più veloci, a
lanciare un nuovo prodotto o servizio. In quanto l’essenza
dello sviluppo della leadership è costituita dalla capacità di
realizzare risultati;
• essere coerente nel sistema di sviluppo organizzativo: non
è possibile separare lo sviluppo del management dai valori,
dalle strategie e dal sistema organizzativo in senso lato
(norme, cultura, storia, processi operativi, sistemi, comportamenti ecc.);
• iniziare dal vertice: il committment del vertice aziendale è
fondamentale perché le persone fanno grande attenzione a
come si comporta chi è al vertice dell’azienda;
• collegare le competenze ai risultati: lo sviluppo delle competenze deve essere correlato ai risultati;
• utilizzare una pluralità di metodologie (blend) di apprendimento: offrire attività specifiche personalizzate sulla base
delle variabili tecnologiche, geografiche, socio-organizzative
del cliente.
Forse, a chi ha vissuto la lenta e lunga marcia della formazione
sistemi di mappatura e dizionari, che descrivano le conoscenze e le declinino rispetto ai diversi livelli di possesso degli
individui.
Mappe della conoscenza che consegnino linguaggi e parametri comuni di riferimento e siano in grado di individuare i
diversi aspetti costitutivi del valore delle persone: le competenze, le responsabilità, i risultati, il management review, la leadership, il potenziale.
Cambiano quindi le logiche e le modalità della formazione.
La rilevanza del know-how per la competitività, la crescente
necessità di creare “allineamento” tra persone, valori e strategie
aziendali: l’importanza strategica del knowledge management
(dei sistemi di gestione sistemica delle conoscenze), la maggiore
diffusione delle nuove tecnologie dell’apprendimento, hanno
modificato in modo profondo le logiche e le modalità della formazione nelle grandi organizzazioni.
La formazione oggi non può più limitarsi a “specializzare” addestrando risorse umane a occupare ruoli rigidi e precisi, ma deve
fornire agli individui strumenti conoscitivi per leggere una realtà
mutevole e complessa: chiavi di ragionamento per interpretarla,
strumenti per elaborare strategie di cambiamento e di cooperazione.
La formazione deve, cioè, essere vista come processo volto a sviluppare strumenti conoscitivi e culturali più ampi, che consentano alle persone di migliorare la comprensione dei vincoli organizzativi, di valutare le conseguenze delle azioni intraprese, di
saper cooperare, cercare nuove vie, attivare processi di cambiamento.
Questo è lo scenario in cui la formazione è chiamata a muoversi.
Certamente non da sola, ma come parte sempre più rilevante di
politiche delle Risorse Umane, centrate, non più sulla gestione,
ma sulla valorizzazione del potenziale umano.
La formazione cambia attraverso uno spostamento dal “training” al “learning” che implica alcuni passaggi:
• dal trasferimento di skill tecniche alla costruzione di competenze core;
• dal learning by listening all’action learning;
• da interventi su singoli dipendenti a interventi su gruppi di
dipendenti, clienti, fornitori;
• dall’utilizzo di docenti e consulenti esterni al coinvolgimento e utilizzo dei manager docenti di linea;
• dall’evento one time a un processo di apprendimento continuo;
• dalla costruzione di skill individuali, alla risoluzione di problemi del business e allo sviluppo di competenze funzionali
all’”impiegabilità”;
• dalla formazione “compatta” (un intero set integrato di conoscenze su una determinata disciplina) alla formazione “granulare” (moduli o bit di conoscenze integrabili e combinabili,
per assecondare esigenze diverse di aggiornamento);
• dall’erogazione in un preciso luogo fisico (aula) a quella in
un luogo virtuale grazie allo sviluppo dell’e-learning, fino
alla possibilità di creare spazi dedicati all’apprendimento
direttamente nei luoghi di lavoro.
Questi passaggi sono cruciali se si vuole che la formazione metta
radici e cresca nella cultura delle aziende.
Non a caso i principali motivi, oggi, della non-formazione, indicati da una ricerca di Confindustria, sono l’impossibilità di allontanare il personale dal posto di lavoro e la mancanza di offerte
formative valide.
A questo proposito, una recente ricerca di Gartner, società di
consulenza americana, afferma che il mercato dell’e-learning
americano, ad esempio, raggiungerà entro la fine dell’anno la
cifra di 7,2 miliardi di dollari, di cui almeno quattro deriveranno
4
SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
manageriale nei decenni passati, questa accelerazione, questa
esplosione di contenuti e di richieste a carico della formazione,
parrà inquietante e magari irragionevole, ma così non è.
Questa è la linea su cui si svilupperà, o meglio si dovrà sviluppare, la nostra “mission” di Associazione che vuole essere rappresentativa della migliore management education del Paese, e
coerentemente anche il nostro business di Società che credono
nel ruolo strategico della formazione manageriale.
E a chi ha ancora dubbi vorrei ricordare, concludendo, queste
parole di George Bernard Shaw: “L’uomo ragionevole si adatta
al mondo; quello irragionevole fa di tutto per adattare il
mondo al suo sogno”.
Ne consegue che “il progresso dipende dall’uomo irragionevole”.
E forse questa è stata la vera motivazione che ha portato nel 1971
alcuni “uomini”, dotati sicuramente di una forte propensione al
cambiamento e all’innovazione, a creare l’ASFOR.
Management Development
in the Net Economy
• Programs integrated with other HR systems.
• Learning programs integrated globally.
• Learning programs linked to organizational development.
• Integrates ideas from outside company.
Thus the process of management development in “the best” corporations in 1997 was seen as a convergent activity focusing
managers on specified behaviors and skills. The web turned all
that around and made management development a divergent
activity.
My experience has been that most web companies are not well
run organizations nor do they provide worthwhile models of
leadership development. Most successful internet leaders were
developed in more mature companies. However the phenomenal
financial success of web based companies has captured the imagination of a generation of business leaders. Here’s what Gary
Hamel, the well known strategist, has to say on the subject:
“Stewardship verses entrepreneurship: that’s the fundamental distinction between mediocre mass and the revolutionary wealth creators. Stewards polish grandma’s silver - they buff up the assets and capabilities they inherited from entrepreneurs long retired or long dead. Devoid
of passion and imagination, they spend their time trying
to unlock wealth by hammering down costs, outsourcing
inefficient processes, buying back shares, selling off bad
businesses, and spinning out good ones. But in the new
economy, investors don’t want stewards. They want
entrepreneurial heroes - innovators who are obsessed
with creating wealth. Stewards conserve. Entrepreneurs
create.” (HBR September-October 1999).
And few entrepreneurs are more influential than Michael Dell.
He writes:
“At Dell we have achieved approximately 54% compound sales growth since fiscal year 1992. During that
period there was only one year when our sales grew.
At less that 30%.” This “Hypergrowth is driven by internal speed and urgency, by the need to preempt competitors swiftly and to exploit opportunities. Each new opportunity, when first recognized, has many unknowns
embedded in it. For this reason Managers should accept
mistakes philosophically and rapidly learn from them.”
“Comparatively speaking, hypergrowth companies lack a
past of sacred strategies or long established practices and
procedures. This enables them to improvise as they go.
Hypergrowth companies are quintessential learn-bydoing organizations.
Their survival depends on swift adaptation. Because
resources and people are stretched, they may not have
excessive formal or structural systems in place. Without
these extra layers, hypergrowth companies place fewer
Bob Mountain,
Chairman di Executive Development Network
In May of 1997 I had the honor of addressing in this very space
a convocation of people coming together to celebrate the 25th
Anniversary of the founding of ISVOR. At that time my task was
to trace the development of large corporate learning systems, or
corporate universities, and to identify the key success factors,
which enabled these learning systems to contribute significantly
to business success. I would like to summarize those findings so
I can use them as a starting point to describe the impact of the net
economy on the practice of management development.
I began by noting that most organizations do not have formal systems for management development. In most companies managers
learn their craft by observing other managers. Where there is a
strong management culture and where strong management systems are in place, and where the business environment is stable,
this can work pretty well.
In the United States management development began to evolve
as a discipline in the dynamic period after World War Two. In
large corporations like AT&T and Standard Oil there were steep
management hierarchies. Hierarchies of competencies were
developed for each level of management. Prospective managers
were carefully screened against this set of competencies and
development programs were offered to build appropriate skill
sets for the new managers. As time went on some of these hierarchies of competencies became highly elaborate and overly proscriptive, yielding rigid bureaucracies. To many it seemed that
management development had become and irrelevant formalism.
In the 1980’s there was a spurt of energy injected into management development when it became the vehicle of various CEO’s
to transform their company in such initiatives as Total Quality
Management and Corporate Re-Engineering.
In the 1990’s Action Learning became the “nouveau vague” in
management development. It is based on the powerful idea that
leaders will learn best while doing challenging, breakthrough
projects. Like its predecessors in the 1980’s Action Learning
programs often had a lot of impact but by itself it was not an adequate method to fully develop the managers and leaders of corporations.
These are the key success factors we found in exemplary world
class management development programs in 1997:
• Linked to current practice and research.
• Programs reflect company values.
• Hierarchy of functional competencies.
5
SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
limits on their people’s intellectual creativity and ability
to implement new ideas. As a result, their people work
smarter.” From Wisdom of the CEO by Michael S. Dell,
2000.
However the new economy has its critics and Jim Collins,
Stanford lecturer and author of Built to Last, points out a dark
side, “Built to Flip. An intriguing idea: no need to build a company, much less one with enduring value. Today, it’s enough to
pull together a good story, to implement the rough draft of an
idea, and – presto!— instant wealth. No need to bother with the
time-honored method of most self made millionaires: to create
substantial value by working diligently over an extended period.
In the built-to-flip world, the notion of investing persistent effort
in order to build a great company seems, well, quaint, unnecessary—even stupid”.
Fast Company, March 2000.
So we can summarize the differences in the two sets of values
If you are developing stewards it is logical to try to achieve a
common skill set, a common, predictable set of behaviors, a common mindset. If you are trying to develop entrepreneurs you must
cultivate diversity so that the process of natural selection can
operate robustly. And indeed the web itself has become a fantastic tool kit to support individual exploration and divergent learning. We can find on line programs, simulations, assessment, chat
rooms, libraries, on line enrollment and record keeping and
authoring tools.
Praja is the most powerful web based tool I have found. It is an
integrated web based learning platform and personalized desk
top that supports virtual action learning and virtual seminars on a
world wide scope.
It:
• Integrates and manages web based instruction, video and
audio clips.
• Personalizes display depending upon participants expertise, learning style, and what % of the course has been
completed.
• Creates summaries of lectures, reports and interviews
which can easily be retrieved and searched.
• Supports virtual work and discussion groups through
sophisticated chat rooms.
• Allows participants to quickly and easily create media
material using powerful authoring tools.
Interestingly enough, web based tools can be applied to convergent management development as well. A fine example is the
first line leadership program developed by IBM, which focuses
on thirteen leadership behaviors and systematically instills these
behaviors in new supervisors over the course of a year, using on
line assessment, learning modules and coaching combined with a
two week face to face program. Siemens uses this multi modal
year long format at all five of its management development programs.
The International Masters Program in Practicing Management is
the most powerful innovation in management development in the
last twenty years. It is an eighteen month program which
explores all of the essential dimensions of global leadership. It
makes almost no use of the web’s capabilities. It would be an
interesting exercise to image how the program might develop if
it were to utilize some of these tools.
So, where are we today?
■ There is general consensus that corporate learning and
leadership development are strategic corporate imperatives. I believe the interest and excitement which E-learning has generated in the corporate environment has
strengthened this consensus.
■ Organizations are becoming increasingly simple and
transparent to allow for the very broad and defuse exercise of leadership. This allows companies to be fast and
responsive. The leadership pool in need of development is
dramatically expanding. The example of fast, web companies and the instrumentality of the tools they produce has
helped to make this so.
As the potential application for web based tools in management development becomes more and more evident I
believe that the demand will be for learning systems which
are simple, efficient, robust and strategically focused.
Tavola Rotonda
Vladimir Nanut,
Picture 1
Stewardship
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Reliability
Stability
Loyalty
Incremental
Improvement
Service existing
business model
Local silos
Resource allocation
Deliberate sequential
processing
cool
Entrepreneurship
•
•
•
•
•
•
•
•
Change
Ambition
Breakthroughs
Create new business
model
Globally interconnected
communities
Resource attraction free market of ideas,
capital and talent
Fast parallel processing
hot
Vice Presidente Vicario ASFOR, Presidente Commissione per
l’Accreditamento Master ASFOR e Direttore Scientifico MIB
School of Management di Trieste
“La formazione manageriale in Italia:
aspetti critici e tendenze evolutive”
Affrontare il tema della formazione manageriale nel nostro Paese
non è certo un compito facile per un’ampia serie di ragioni, ad
iniziare dalla stessa difficoltà di definire i contenuti e i confini di
Relazione introduttiva
6
SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
ciò che si può intendere per formazione manageriale. Tenuto anche
conto degli obiettivi e dei vincoli dell’odierno convegno, si è ritenuto quindi opportuno sviluppare alcune considerazioni di carattere generale che potessero rappresentare degli utili riferimenti per la
discussione nella tavola rotonda dedicata a questo tema.
In tale prospettiva si può osservare innanzitutto come la formazione manageriale possa essere esaminata da due differenti prospettive:
a) quella di tipo quantitativo;
b) quella di tipo qualitativo.
Sotto l’aspetto quantitativo si tratterebbe di valutare l’ampiezza
delle attività formative di contenuto economico-gestionale realizzate nel nostro Paese, considerando parametri quali: numero di
giornate/ore di formazione per addetto, investimenti in formazione realizzati dalle aziende e dagli utenti, numero di imprese e/o
dei relativi dipendenti che fanno ricorso alla formazione, e così
via. Tali parametri, intesi in senso assoluto, potrebbero fornire
indicazioni sicuramente interessanti ma parziali: confrontati con
gli analoghi valori degli altri Paesi sviluppati, essi potrebbero
invece consentire di verificare se il livello quantitativo della formazione manageriale in Italia sia in linea con quello degli altri
Paesi nostri concorrenti, fornendo così degli elementi di giudizio
più significativi in senso comparativo.
Purtroppo su questi aspetti non vi sono molti dati disponibili: le
rare ricerche che riportano talune dimensioni quantitative a livello nazionale (es. Union Camere-Istituto Tagliacarne) o a livello
europeo (es. Cegos France) contemplano cluster specifici dai
quali è difficile trarre delle indicazioni significative sul reale
volume di attività di formazione manageriale realizzato. Tuttavia,
da quanto si può desumere dai seppur parziali e frammentari dati
reperibili sulle diverse fonti, la realtà italiana non appare certo
brillante, soprattutto se paragonata alla situazione dei Paesi più
evoluti con i quali competiamo. In particolare, il numero delle
imprese che fanno sistematico ricorso alla formazione manageriale e il numero di ore di formazione realizzate per ciascun
dipendente, nonchè il budget complessivo che le imprese destinano alla formazione, appare nel nostro paese sensibilmente al di
sotto di quello degli altri paesi europei industrializzati e molto
lontano dai valori della realtà statunitense.
Riteniamo però che una tale situazione rappresenti comunque il
connubio di due realtà differenziate:
- Da un lato, vi sono le grandi aziende - sia a controllo nazionale che straniero - le quali si può ragionevolmente supporre
che investano in formazione manageriale risorse quantitativamente non molto dissimili da quanto fanno i loro diretti
concorrenti europei ed extraeuropei. Tale affermazione, pur
non essendo suffragata da dati certi e verificabili, corrisponde anche all’osservazione della realtà e alle esperienze vissute dal MIB School of Management, Business School che ho
l’onore di dirigere, nelle sue attività di executive education e
nei rapporti con il sistema delle imprese.
- Dall’altro lato vi è l’ampia congerie delle PMI (che come è
noto comprende più del 90% delle imprese italiane) le quali
fanno pochissima formazione manageriale (spesso fanno
pochissima formazione tout court).
Da una ricerca condotta nel 1999 dall’Istituto TagliacarneUnioncamere risulta addirittura che il 76% delle PMI non avverte neppure la necessità di fare formazione. E tra quella minoranza che avverte tale necessità, la gran parte fa riferimento a contenuti che concernono conoscenze di metodologie e strumenti di
tipo specialistico (in particolare nelle aree operative) oppure
aspetti basic come lingue straniere (soprattutto inglese) e informatica.
E nei casi in cui si fa riferimento alla formazione manageriale
vera e propria si richiedono interventi più vicini al concetto di
consulenza che di formazione, prezzi bassi, orari improbabili…
Ma alla fine i diretti interessati, cioè gli imprenditori e i loro più
stretti collaboratori, non trovano comunque mai il tempo per partecipare: ci sono sempre problemi contingenti più importanti e/o
più urgenti!
Nel suo insieme la situazione della formazione manageriale nel
nostro Paese evidenzia dunque una grande contraddizione: la
parte più dinamica e vitale del sistema imprenditoriale, quella
che negli ultimi vent’anni ha rappresentato il vero motore dello
sviluppo economico italiano, risulta anche quella che meno usufruisce della formazione, in particolare di tipo gestionale.
Pur dando il giusto rilievo ai fondamantali processi di learnig by
doing che contraddistinguono in misura considerevole i meccanismi di apprendimento nelle PMI, rimane tuttavia il fatto che
nelle aree gestionali non direttamente presidiate e controllate
dalla componente imprenditoriale (concentrata spesso soprattutto sul prodotto e sul processo produttivo) vi è una limitata capacità di innovazione e di miglioramento, stante l’impermeabilità
del governo aziendale alle nuove competenze e ai nuovi stimoli
che la formazione manageriale è di norma in grado di apportare.
Anche prescindendo dalle conseguenze che tale realtà può comportare sul livello di efficienza e di efficacia delle imprese considerate, lo scarso utilizzo della formazione può avere seri riflessi
sulla stessa validità della formula imprenditoriale (di successo)
delle PMI italiane. E’ noto infatti che i nuovi scenari dell’economia globale mutano continuamente i vantaggi competitivi delle
imprese, richiedendo una costante revisione/aggiornamento delle
combinazioni produttive, onde ripristinare i fattori di successo e
quindi la stessa possibilità di evoluzione e di sviluppo dell’azienda.
A nostro avviso questa situazione dovrebbe preoccupare le autorità pubbliche competenti ben più dei problemi della flessibilità
del lavoro o di altre questioni che agitano il dibattito sullo stato
del nostro sistema economico-produttivo.
Passando invece a considerare la formazione manageriale italiana sotto l’aspetto qualitativo, si tratta di valutare se l’offerta che
proviene dalle nostre strutture formative sia adeguata rispetto alle
odierne esigenze dell’utenza e se, in un’ottica più ampia, presenti caratteristiche di qualità equivalenti alle iniziative analoghe
realizzate nei Paesi nostri concorrenti.
Anche visto da questa angolazione il problema si presenta estremamente complesso, date le molteplici variabili che si possono
considerare. In un parziale ed arbitrario tentativo di semplificazione e di schematizzazione si possono enucleare comunque tre
distinti aspetti:
1. la qualità degli erogatori
2. la qualità dei prodotti/contenuti
3. la qualità della delivery
1. Per quanto concerne gli “erogatori della formazione manageriale” nel nostro Paese, essi possono essere sinteticamente raggruppati nella seguenti categorie:
- Università
- Business School
- Corporate University
- Centri di formazione professionale (pubblici e privati)
- Consulenti
- Altri operatori
Per quanto concerne le Università, va rilevato che fino ad oggi,
nella stragrande maggioranza dei casi, esse hanno fornito soprattutto tramite le tradizionali Facoltà di Economia, prevalentemente una formazione di base, scarsamente collegata ai fabbisogni di
7
SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
negli ultimi anni anche laddove è partita da zero. In taluni casi,
grazie anche ad accordi con le Business School statunitensi o di
altri paesi occidentali, sono state infatti create delle strutture di
qualità e di livello internazionale che sono riuscite ad ottenere
persino l’accreditamento europeo EQUIS (European Qualità
Improvement System).
competenze manageriali richieste dal mercato. Solo da poco, in
conseguenza della riforma degli ordinamenti (Laurea di 1° e 2°
livello e Master Universitari), alcuni atenei iniziano a pensare a
nuove offerte più vicine alle esigenze delle varie organizzazioni
produttive.
Analogamente, se facciamo riferimento al concetto di Business
School di derivazione anglosassone, vediamo che sono ben poche
le istituzioni formative italiane che possono rientrare in tale categoria. Esse devono infatti possedere uno status di tipo accademico (es. avere una propria faculty, fare un’adeguata attività di ricerca, ecc.), ma differenziarsi dalle Università per il tipo di offerta,
molto più orientata alle competenze manageriali e alle logiche del
problem solving. In molti casi, come dimostra la stessa esperienza di ASFOR, nel nostro Paese sono sorte molte Scuole di management che hanno supplito lodevolmente alla mancanza nel
nostro sistema educativo di tale modello istituzionale, realizzando
soprattutto dei corsi post lauream (Master) per giovani laureati
che dovevano ancora inserirsi nel mondo del lavoro.
Le Corporate University rappresentano a loro volta una realtà
piuttosto rara nel panorama formativo nazionale, stante anche il
limitato numero di grandi aziende che operano nel nostro sistema
economico. Storicamente solo alcuni grandi gruppi, come
Olivetti, ENI, IRI, FIAT e Telecom, hanno realizzato solide strutture interne per la formazione manageriale dei propri quadri e
dirigenti. Ciò che infatti caratterizza una Corporate University è,
oltre alla consistente dimensione della struttura e all’ampiezza
delle attività formative realizzate, un ampio ventaglio di attività
complementari (tra cui ricerche, studi, progetti), che sono simili
a quelle di norma svolte dagli atenei.
Accanto alle tipologie considerate, operano nella formazione
manageriale varie altre istituzioni che offrono programmi programmi diversi per contenuto, durata, destinatari, ecc. Non marginale è certamente anche il ruolo dei consulenti (singoli, associati o società), i quali abbinano in molti casi alla formazione
interventi del tipo progettuale o consulenziale.
Nel complesso è molto difficile fare una valutazione di merito sulla
qualità degli enti erogatori considerati: ognuno ha le proprie caratteristiche, i propri punti di forza e i propri punti di debolezza.
Ciò che possiamo rilevare è che pochissime di tali istituzioni formative possiedono una certificazione e/o un accreditamento
(nazionale e/o internazionale) che ne attesti o ne garantisca la
qualità intrinseca secondo degli standard oggettivi e comparabili. Ad esempio, se consideriamo le Università, vediamo che solo
da pochissimo tempo hanno iniziato a porsi il problema della
qualità e dei relativi strumenti di verifica capaci di superare le
tradizionali loigiche di autoreferenzialità. Molto è tuttavia da
fare, ed è ancora lungo il cammino da percorrere per conseguire
dei risultati adeguati in questa direzione.
Prescindendo dal mondo accademico (che richiederebbe un
discorso a parte), e volendo comunque fare delle osservazioni di
carattere generale, possiamo rilevare come per le altre categorie di
erogatori considerati si evidenzino alcune chiare problematiche:
• limitate dimensioni;
• scarsa capacità di produrre proprio know how;
• modesta proiezione internazionale.
Se non si lavora per superare queste limitazioni si rischia di confinare il nostro sistema di formazione manageriale in una posizione di debolezza e di inferiorità rispetto ai nostri principali
competitors, e forse non solo di essi. Se devo infatti portare l’esperienza della mia Scuola, il MIB School of Management, nei
suoi molteplici e costanti rapporti internazionali, in particolare
anche con i Paesi del centro e dell’est europeo- impegnati nella
fase di transizione verso l’economia di mercato- devo rilevare gli
enormi progressi che la formazione manageriale ha compiuto
2. Relativamente alla “qualità dei prodotti dell’offerta di formazione manageriale” realizzati in Italia, valgono le stesse considerazioni già fatte per gli erogatori in merito alla difficoltà di
verificare il livello qualitativo, stante l’enorme varietà dei programmi formativi presenti sul mercato.
Se adottiamo una segmentazione sulla base della classica trilogia:
-
sapere, cioè conoscenze
saper fare, cioè competenze
saper essere, cioè comportamenti
possiamo tuttavia osservare come nel nostro Paese siano ancora
relativamante poche le iniziative di formazione manageriale sulle
tematiche più innovative (quelle che concernono le competenze
più sofisticate e i comportamenti), iniziative presenti invece in
misura rilevante nei Paesi più avanzati. Ci riferiamo, ad esempio,
a temi come il change management, la leadership, il knowledge
management, l’imprenditorialità interna, la creatività, ecc.
Anche per quanto concerne la capacità di passare dai classici
contenuti generali e/o specialistici per offrire prodotti flessibili,
ovvero contenuti con un marcato grado di personalizzazione in
base alle specifiche esigenze del cliente, la situazione italiana
non evidenzia una posizione di avanguardia.
3. Se si considerano infine le “modalità attraverso cui vengono erogate le attività di formazione manageriale”, non possiamo ugualmente fare a meno di rilevare come l’offerta formativa
nazionale sia ancora largamante caratterizzata dalle metodologie
di tipo tradizionale, quelle cioè che vedono nelle aule didattiche
la loro sede di svolgimento, mentre limitate risultano le modalità
più evolute come la formazione a distanza (e-learning) e la formazione esperenziale sul campo (outdoor training, action learning).
Inoltre, nella grande maggiornaza dei casi osservati, in particolare nella formazione a distanza, si fa largo uso di materiale didattico importato da altre realtà (soprattutto da Gran Bretagna e Stati
Uniti), eventualmente con qualche adattamento al contesto italiano. Mentre, in generale scarso risulta tuttora il materiale di produzione nazionale, anche se fra i Soci ASFOR vi sono già delle
consolidate e significative esperienze in tale ambito.
In definitiva, sulla base degli elementi considerati (ancorchè non
scientificamente documentati), si può concludere che la formazione manageriale in Italia presenti più ombre che luci, nel senso
che i punti di debolezza prevalgono sui punti di forza, soprattutto se si tiene conto che parliamo del quinto/sesto paese industrializzato al mondo.
E’ perlomeno problematico ritenere che si possa mantenere il
passo con i Paesi leader senza disporre di un sistema formativo
all’altezza delle sfide emergenti dalla competizione globale. Dal
momento che in tutte le sedi viene ribadita la criticità del fattore
umano nei processi di sviluppo aziendale (ma non solo), non è
immaginabile che le nostre imprese possano evolvere e progredire senza potenziare ed aggiornare le risorse cognitive del capitale umano in tutte le aree critiche. Ad iniziare dalle competenze di
tipo imprenditoriale e manageriale che governano tutte le attività
e i processi.
In questo scenario merita segnalare infine alcune tendenze evo-
8
SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
lutive della formazione manageriale osservabili a livello delle
organizzazioni produttive e a livello dei singoli individui.
Nel primo caso, accanto alle valenze già ampiamente sottolineate, si evidenzia sempre di più il ruolo della formazione per attrarre e mantenere i talenti, cioè le persone dotate di alto potenziale
e quindi in grado di apportare un contributo particolarmente
significativo all’azienda considerata. Ciò significa che se non si
offrono a questi soggetti reali possibilità di crescita e di aggiornamento professionale, anche attraverso qualificati momenti formativi, diviene difficile sia convincerli ad entrare in azienda che
successivamente a rimanervi.
Sempre a livello delle organizzazioni, si rileva un crescente rapporto sinergico tra le aziende utenti e le strutture formative, nel
senso che da un tradizionale “rapporto fornitore-cliente” si sta
passando ad un “rapporto di partnership” in cui si realizza una
costante intenzione virtuosa tra i due organismi, che decidono di
collaborare su più fronti in un’ottica strategica e non più solo
contingente. In concreto, azienda e istituzione formativa definiscono insieme progetti di ricerca, programmi formativi, iniziative congiunte in vari campi, ecc., cercando di complementare le
rispettive risorse e di massimizzare i reciproci benefici.
Sul piano dei “singoli individui”, invece, si osserva una crescente
responsabilità delle persone nei confronti del proprio percorso di
crescita professionale. Ciò significa che i soggetti, oltre che usufruire delle eventuali iniziative promosse dalle organizzazioni in cui
operano, devono farsi carico del proprio patrimonio di conoscenze
e competenze e quindi anche del loro costante arricchimento e
aggiornamento. Solo così, infatti, essi potranno mantenere un vantaggio competitivo riconoscibile dal mercato e non rischiare un
deprezzamento o un’obsolescenza del proprio valore professionale.
Per conseguire tali risultati gli individui dovranno sempre più
allontanarsi dalle pure logiche della formazione per dirigersi
verso il più ampio concetto di (auto) apprendimento; dovranno
inoltre superare le angustie e i limiti delle competenze tecnicospecialistiche per approdare al livello delle competenze intellettuali, vere matrici di quell’ apprendimento flessibile ed innovativo che è oggi richiesto nelle nuove situazioni lavorative.
E in ogni caso, a chiusura di questo intervento, vorrei ricordare che
nella formazione, ovvero nell’apprendimento, non c’è un punto di
saturazione, si può sempre continuare ad imparare e a crescere.
E che ASFOR vuole favorire il consolidamento di una
Formazione manageriale italiana che sappia leggere le sfide della
globalizzazione attraverso le “best practices” i punti di forza del
nostro Sistema economico, culturale e sociale.
Interventi
sati da un mondo che poteva essere considerato relativamente
stabile nella vita di un individuo a uno sempre più altamente
dinamico. Da qui l’esigenza di una life long learning, o formazione permanente o continua, e la necessità d’affrontare una serie
di problematiche come il rapporto tra la formazione, i temi del
mutamento sociale, economico, organizzativo, tecnologico e lo
sviluppo delle risorse umane, ovvero il problema dell’interazione tra il mondo della formazione e quello del lavoro.
Le rilevanti conseguenze che derivano da questo quadro complesso e ad alta intensità ideologica fanno parlare M. Ruffino,
direttore di IRSEA–Istituto di Ricerca sulla Società e l’Economia
dell’Apprendimento, di “nuova” formazione continua, “tecnologia d’apprendimento alla ricerca di un equilibrio tra esigenze di
mantenimento di competitività delle imprese e garanzia del diritto individuale di accesso al sapere”.
Quali sono le conseguenze di tutto questo? A mio avviso tre,
come è stato sottolineato in più interventi alla tavola rotonda:
• si deve creare un collegamento continuo tra scuola-università-mondo del lavoro. Non a caso negli ultimi anni si è andato sviluppando l’utilizzo di nuove metodologie didattiche, tra
cui la “simulazione d’impresa” e gli stage;
• il docente come il formatore e il manager devono diventare
anzitutto dei motivatori all’apprendimento e quindi dei
facilitatori dell’apprendimento. Sin qui, sottolinea l’Isfol in
un volume del 2001, “non è stata prestata adeguata attenzione alle problematiche relative all’apprendimento”;
• ogni individuo non deve disporre solo di conoscenze nozionistiche ma anche - e quasi sempre soprattutto - di “pensiero
critico” (il Professor Nanut, nella sua relazione, ha sottolineato come non siano più sufficienti le “competenze tecniche” ma sia necessario sviluppare quelle “intellettuali”), per
non opporre resistenza al nuovo, adeguarsi al cambiamento,
“Formazione Manageriale on line:
quale futuro”
Franco Angeli*,
Presidente AIF–Associazione Italiana Formatori, editore
Preciso subito che non solo condivido il quadro che è stato tracciato dei significativi cambiamenti che occorre introdurre nella
formazione manageriale in Italia ma, scrivendo ai primi di
dicembre la sintesi di quello che doveva essere il mio intervento
sul tema assegnatomi, avevo iniziato sottolineando come l’e-learning poteva essere correttamente valutato solo dando un quadro
generale di quanto è cambiato nel mondo della formazione.
Peter Drucker già in un libro che ho pubblicato nel 1979 sosteneva che “viviamo in un’epoca in cui i miti si consumano rapidamente e le risposte tradizionali appaiono sempre meno in
grado d’indicare le soluzioni ai problemi reali”. E ne Le sfide di
management del XXI secolo (1999) concludeva affermando che
la vera rivoluzione che caratterizza la nostra epoca non è quella
tecnologica, che è piuttosto un’evoluzione, ma “l’autogestione”
che ogni uomo deve apprendere a fare di se stesso, “una rivoluzione del costume umano” proprio perché l’adeguarsi al cambiamento e gestirlo richiede alla persona, specie al knowledge
worker, atteggiamenti nuovi e senza precedenti”.
In questo quadro, a mio avviso, devono collocarsi tutte le riflessioni e valutazioni sulla formazione, o meglio sull’education,
tanto più se si rammenta che il termine “cambiamento” è spesso
percepito in senso limitativo, mentre esso è continuo: siamo pas-
(*Contributo di Franco Angeli successivo alla tavola Rotonda in quanto l’autore non ha potuto partecipare ai lavori)
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
come un modo rapido ed economico per raggiungere i potenziali fruitori del prodotto formativo, intendendo in questo senso le
reti prioritariamente come canali di distribuzione di massa.
L’efficacia didattica della telematica, tuttavia, si concretizza non
tanto nel sostituire il telefono o il servizio postale quanto nella
capacità di realizzare nuove forme d’interazione a distanza, attraverso l’allestimento di aule virtuali che consentano al singolo
un’attiva partecipazione alle lezioni dalla propria residenza, sede
di lavoro o di studio. La rete, quindi, intesa non soltanto come
strumento di trasmissione dei materiali ma anche e soprattutto
come “luogo” dove dar vita al processo d’insegnamento/apprendimento. Un approccio educativo basato sui modelli dell’apprendimento collaborativi, dove i contributi individuali e l’esperienza
pregressa dei singoli giocano un ruolo decisivo nella crescita collettiva del gruppo.
Naturalmente, a mio giudizio, la formazione on line risulta tanto
più efficace quanto più è inserita in un “pacchetto”, che può comprendere mezzi e soluzioni diverse, a seconda delle singole esigenze ed opportunità, ed anche riunioni periodiche e contatti fisici personali. Si parla così di CAI-Computer Assisted Instrucion e
di multimedialità, quando si prevede l’impiego di diverse tecnologie (floppy disk, CD–Rom, CD-I, ecc. e, perché no, libro tradizionale) come base della formazione (il cosiddetto TBTTechnology-Based Training).
Il TBT è molto diverso dall’approccio tradizionale d’insegnamento: è un modo di presentare informazione tale che chi la seleziona possa apprendere da essa. L’impiego della tecnologia per
produrre apprendimento e supporto continuo come parte delle
applicazioni del computer comporta molto più in termini d’integrazione e d’interazione della formazione tradizionale.
Creare interattività e costruire programmi che assicurino a chi
impara libertà e controllo del processo richiede, ovviamente, un
nuovo e radicalmente diverso approccio alla progettazione e
redazione del materiale formativo.
E ancora l’apprendimento mediante computer consente una continua revisione delle conoscenze di base, favorisce un approfondimento interdisciplinare alle varie tematiche, oggi indispensabile, e agevola la comprensione delle varie materie in funzione di
un ragionamento globale legato alle proprie esigenze e ai propri
target specifici. Non meno importante è la sua capacità di valutare e di consentire l’autovalutazione del discente in qualsiasi
momento.
Altre prerogative positive di sicuro interesse sono rappresentate
dalla possibilità di ripercorrere il ragionamento seguito per giungere alla soluzione di un problema, di simulare situazioni reali e
d’immagazzinare dati di facile reperimento.
Si aprono così ampi spazi, sia in ambito scolastico che formativo, alla personalizzazione dei percorsi d’apprendimento e
d’insegnamento, come sottolinea ancora l’Isfol in un volume del
2001. In particolare si aprono spazi d’azione per la progettazione
e la concreta realizzazione di pratiche di personalizzazione formative e si viene così a costituire il presupposto formale ed operativo che porta a dare reale praticabilità a un’esigenza pedagogica e didattica sempre più presente nel dibattito sull’education.
La personalizzazione è, del resto, considerata lo strumento elettivo per presidiare il rischio d’insuccesso formativo e per favorire
la life long learning e dunque costituisce una risposta concreta a
fabbisogni che abbiamo visto presenti in qualunque fascia di
utenza, non necessariamente in condizioni di svantaggio.
Tutto questo spiega la crescita della domanda di formazione on
line (una società milanese di formazione ha comunicato che il
suo fatturato proveniente dalla formazione on line è passato
dall’1% nel 1999 al 47% nel primo semestre 2001). Ma anche
sottolinea i problemi di qualità e di certificazione dei corsi e dei
se possibile anticiparlo, percepire le possibilità offerte non
solo dalle innovazioni “ottimizzanti” ma anche da quelle
“dirompenti”. In altri termini deve essere capace di affrontare velocemente e gestire con efficacia anche situazioni non
prevedibili e pianificate.
Quando si parla di education occorre distinguere tre grandi fasi:
• la scuola d’obbligo (insieme alla scuola materna e agli asili
nido) in cui si deve sviluppare anzitutto la motivazione
all’apprendimento;
• la scuola professionale e l’università, che devono facilitare lo
sviluppo delle potenzialità dei singoli individui, orientarli
correttamente, rafforzare la loro motivazione all’apprendimento, prepararli all’entrata nel mondo del lavoro;
• la formazione, nell’accezione propriamente intesa, in cui
occorre tenere presenti la distinzione di tre gruppi:
I) i giovani che stanno entrando nel mondo del lavoro;
II) quanti vi sono già entrati e devono essere motivati e aiutati a sviluppare al massimo i loro “talenti”;
III) gli over 45 (anni), che richiedono un’attenzione e azioni particolari, assai variabili a seconda dei casi. In altri
termini negli ultimi decenni è andata accentuandosi l’esigenza di azioni formative “su misura” per gli individui
e i gruppi professionali, concepite in modo fortemente
integrato allo sviluppo dell’organizzazione come luogo
e soggetto dei processi d’apprendimento. Più in generale, la configurazione individuale dei programmi di formazione deve essere contemporaneamente correlata alle
motivazioni, potenzialità e aspirazioni dell’interessato e
ai fattori economici e organizzativi del contesto in cui
deve operare. In generale si verifica, poi, una correlazione tra livello delle capacità innovative e sviluppo di
forme di organizational learning, assicurate da politiche
rivolte alla diffusione dei valori del cambiamento.
Da qui l’importanza assunta dalla multimedialità nella comunicazione formativa, evidenziata già nel 1992 da uno studio
dell’Isfol, che poneva l’accento in particolare sulle implicazioni
di carattere pedagogico e didattico della trasformazione del contesto educativo. Tutto ciò, sottolinea sempre l’Isfol in un lavoro
del 1996, comporta che una delle soluzioni educative più indicate è quella di favorire attività formative intraprese da più soggetti in cooperazione, il moltiplicarsi di connessioni, di relazioni
partnerariali. L’alternativa, affermano U. Cappucci et al. in un
volume edito dall’AIF nel 2000, non è mai “formazione si o formazione no”, e nemmeno “aula si, aula no”, ma formazione
come. Ciò significa soprattutto due cose:
• dietro ogni bisogno d’apprendimento, che si voglia davvero
soddisfare, c’è il problema dei metodi e degli strumenti di cui
dotarlo;
• dietro questo problema si affaccia a sua volta quello di chi
deve preparare i nuovi standard e di chi deve usarli.
In questo quadro complesso va collocata la formazione on line, o
formazione a distanza di terza generazione. La formazione può
passare attraverso la rete: sfruttando i concetti già introdotti a
metà del Novecento dalla FaD (Formazione a Distanza) diventa
e-learning.
Grazie all’e-learning l’abitazione, l’organizzazione, l’impresa,
l’ente diventano luoghi di formazione permanente rendendo così
possibili il passaggio dal mondo scolastico a quello del lavoro,
l’innalzamento dei livelli culturali, l’aggiornamento continuo.
Viene superato il gap tra competenze esistenti e competenze attese, vengono alla luce i reali bisogni formativi, vengono date
nuove opportunità a chi non ha potuto fruire del tradizionale
periodo scolastico.
L’uso della rete nella formazione a distanza è spesso interpretato
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
formatori che essa pone.
Non ultimo, infine, e ampiamente sottolineato nel corso della
tavola rotonda, il nuovo equilibrio che deve essere ricercato tra
motivazioni e obiettivi della formazione propri dell’organizzazione (privata o pubblica), di quelli del singolo soggetto e,
aggiungo, dell’intera collettività. E questo non solo perché, come
affermano Stan Davis e Christopher Meyer, “il futuro della ric-
chezza è nello sviluppo dei talenti individuali”, ma anche, e
soprattutto, perché mentre la formazione in aula è “diretta” dal
docente, l’e-learning deve - come già evidenziato - necessariamente essere “diretto” dal discente. Da qui, ancora una volta,
l’importanza della sua motivazione all’apprendimento, della sua
capacità di autogestirsi e l’esigenza di un progetto condiviso individuo-organizzazione-comunità.
“Il caso ISVOR Fiat:
una Corporate University italiana.”
menti in ricerca, proibitivi per le società italiane, ad es. per lo sviluppo sia di nuove metodologie di know-how sia dell’information technology nelle attività di comunicazione e di formazione.
L’intermediazione e la capitalizzazione soggettive delle conoscenze sono risultate progressivamente inadeguate per sostenere
le attività di consulenza e di formazione, in particolare nell’ultimo decennio. Anche ISVOR ha avvertito queste nuove criticità e
bisogni. La Direzione della società ha così progressivamente
messo a fuoco una strategia che, ci preme dirlo, non è stata solo
pensata, ma anche progressivamente e coerentemente applicata e
che prima abbiamo paragonato ad una Y:
• da una parte, si sono andati sviluppando e si sviluppano
alleanze, partnership con le università e le business school
più qualificate per partecipare direttamente all’elaborazione
dei nuovi paradigmi manageriali e per capitalizzare in tempo
reale le nuove conoscenze e la loro attualizzazione;
• dall’altra, con i settori del Gruppo Fiat (che va mutando in
continum i tradizionali confini societari), si realizzano sempre più solide partnership. Queste partnership sono sollecitate in particolare dalla necessità di formazione continua collegata alla nuova attenzione alle competenze, attenzione che
richiede alle direzioni aziendali la necessità di usufruire di un
sistema affidabile e continuo di progettazione e di “distribuzione” della formazione; non solo, cresce la richiesta di integrare la formazione con l’accompagnamento e la consulenza
sul campo, che oggi costituisce circa il 50% di tutte le attività
ISVOR.
Questa evoluzione, è opportuno richiamarlo, ha, fra le sue componenti, la crisi di quella che in passato era di fatto la “sovrapposizione fra domanda e bisogni dei soggetti” e che oggi tende a
“scomporsi”, dando maggiore spazio alla soddisfazione dei bisogni dei soggetti che operano in un’organizzazione .
A queste nuove esigenze si risponde con una delega sempre più
fiduciaria al “formatore”; ISVOR è chiamata così a contribuire a
questa realtà in cambiamento non solo con un sempre più solido
rapporto con il committente, ma con un nuovo mix di metodiche,
strumenti e conoscenze qualificate, un mix in cui acquista sempre più peso l’e-learning nelle sue varie accezioni.
L’ISVOR assume pertanto, nei confronti del Gruppo, la configurazione di una vera e propria Corporate University, che si fa carico dei seguenti obiettivi:
- Facilitare i cambiamenti organizzativi.
- Assicurare l’immediata applicazione di conoscenze utili.
- Contribuire alla costruzione del “talento” delle persone, basata sulla leadership.
- Soddisfare i reali bisogni di competenza dei manager di linea.
Il cuore dell’ISVOR diventa così una matrice complessa, costituita dalle “aree professionali”, dall’”information technology” e
dal “knowledge management”, cuore che alimenta l’azione dei
client-leader che agiscono in collegamento stabile con la com-
Enrico Auteri,
Presidente Isvor Fiat
A mio avviso, molteplici sono le caratteristiche distintive di
ISVOR rispetto alle altre società di consulenza e formazione italiane. Ne evidenzio alcune:
1. Un’offerta formativa per tutti i livelli professionali, operanti
in un’organizzazione, dagli operai all’alta Direzione
2. Lo stretto raccordo fra formazione professionale e formazione manageriale che non vivono pertanto separate ma, pur con
enfasi diverse, pervadono tutte le attività formative
3. La capacità di realizzare progetti destinati ad un grande
numero di persone e nel contempo la possibilità di realizzare
interventi specifici, originali per pochi destinatari
4. L’internazionalità dell’ISVOR: si tratta di un aspetto poco
conosciuto e poco sottolineato, ma che penso sia praticamente unico nelle società di formazione europee.
L’internazionalità è per ISVOR una risorsa:
- da una parte si sviluppano sinergie;
- dall’altra, grande attenzione viene data alle culture locali.
L’internazionalità è inoltre un’occasione continua di benchmarking, sia sulla qualità della formazione sia sulle metodologie
ed i contenuti. Tutto questo permette di capitalizzare un grande
patrimonio di esperienze e di espandere ulteriormente i confini
dell’attività formativa.
Nel momento in cui si celebra questo Convegno, ISVOR, a supporto del Gruppo, collaborando a progetti internazionali o in
modo autonomo, promuove e realizza formazione in Brasile,
USA, U.K., Polonia, Cina, India, Francia, Spagna, Germania,
Belgio, Portogallo, Olanda, Svizzera, Austria, Ungheria,
Marocco e ancora in altri Paesi.
In questo quadro di esperienze locali e globali, l’ISVOR, ormai
da tempo, ha orientato la sua azione verso un percorso strategico
ed operativo che potremmo paragonare ad una Y.
Le società di consulenza e di formazione italiane nate negli anni
settanta (compresa ISVOR, prima come unità organizzativa e
poi, dal 1979, come società per azioni) hanno operato come soggetti d’imitazione e d’intermediazione fra i centri di eccellenza,
università e business school, anglosassoni (con le loro ricerche ed
elaborazioni di nuovi modelli gestionali) e i committenti italiani,
ai quali adattavano e personalizzavano le nuove conoscenze.
La capitalizzazione del know-how è avvenuta in prevalenza
attraverso l’apprendimento individuale acquisito presso i centri
suddetti. Questa situazione così sintetizzata ha retto per molti
anni, ma poi è entrata in crisi per più ragioni: per le sempre maggiori dinamiche d’innovazione gestionale, per gli alti investi-
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
mittenza, client-leader che sono non solo responsabili del presidio dei bisogni e delle risposte conseguenti, ma anche dei costi
delle varie iniziative.
Le varie aree professionali si arricchiscono così direttamente sia
nel confronto in Italia e all’estero con i clienti e con i loro professional, sia collegandosi in modo sempre più stabile, come
sopra accennato, con i centri di ricerca e di elaborazione dei
nuovi paradigmi.
Ponendo al centro l’apprendimento, diventa fattore chiave, per
un’efficace azione educativa, sia il miglioramento di ciascuna
delle quattro fasi che caratterizzano tradizionalmente il processo
formativo: diagnosi dei bisogni – progettazione – erogazione e
valutazione, sia una più attenta regìa di sistema verso l’obiettivo
apprendimento; esso non può essere più ricondotto alla formazione “formale”.
Si richiede pertanto una rinnovata e spesso nuova attenzione ai
processi di comunicazione, alle modalità di lavoro (per processi,
per team), all’autonomia e alla responsabilizzazione attiva delle
persone verso gli obiettivi di apprendimento, ai sistemi organizzativi più agili e trasparenti, ad una leadership diffusa. Ormai, anche
con lo sviluppo dell’information technology, i confini tra apprendimento organizzativo, formazione e funzionamento delle organizzazioni, tendono ad intrecciarsi e ad integrarsi, ed occorre porre in
essere nuove attenzioni nella gestione delle pesone. A questo proposito, una sempre maggiore attenzione dovrà essere data alle condizioni hard, ma soprattutto soft che facilitano l’efficacia della formazione e dell’apprendimento. Queste condizioni, che ho vissuto
sul campo direttamente, possono considerarsi pre-requisiti per un
apprendimento efficace e richiedono una sempre più organica integrazione con le responsabilità gestionali della committenza.
In tempo di nuova attenzione alle competenze, l’acquisizione e la
valutazione delle stesse devono essere supportate da un coerente
sistema premiante.
Si deve creare, nel day by day, un clima organizzativo che aiuti
le persone ad avere consapevolezza dei nuovi bisogni di conoscenza, fattore chiave per motivare ad apprendere.
La fiducia nell’organizzazione, ed in particolare nei capi, è un
ulteriore fattore determinante per “far abbassare le difese” verso
il nuovo e il diverso; questa fiducia è alimentata soprattutto dalla
capacità e consapevolezza dei capi di adottare modelli di leadership funzionali in particolare alle nuove necessità di dialogo e di
coinvolgimento, indispensabili per contribuire a suscitare
apprendimento diffuso ed innovazione. Ma questo è un punto
dolente, un punto in cui ancora ampio è il gap fra quanto dichiarato e quanto viene attualizzato.
Le stesse aree alimentano l’offerta e l’azione della terza
gamba della Y: il mercato esterno.
L’apertura al mercato esterno si è andata sviluppando ed incrementando negli ultimi anni anche con la creazione di due specifiche società (IKS -Isvor Knowledge System- e IDN -Isvor
Dealer Net -); ISVOR e le due società sono così chiamate verso
un sempre più ampio spettro di committenza e di bisogni diversi
perché rispondenti alla “specificità culturale e situazionale” della
singola Banca o dello specifico ente pubblico, della piccola o
della grande impresa, tutti caratterizzati da momenti diversi di
sviluppo della propria organizzazione e delle proprie persone.
Tutto ciò richiede un’ampia offerta formativa: da quella “tradizionale”, pur se rinnovata nelle metodologie e nelle tecniche, a
vere e proprie partnership; il “vecchio” che si evolve rapidamente e il “nuovo” che progredisce nell’innovazione, stimolando il
“formatore” su nuovi confini.
Tutti questi impegni, tradotti in indici quantitativi, portano a riassumere l’attività dell’ISVOR nel 2001 in 240 miliardi di fatturato e in una nuova popolazione di 75.000 persone coinvolte nelle
varie attività educative.
A valle di questa rapida illustrazione della formazione in ISVOR,
desidero concludere con alcune considerazioni.
Il passaggio sempre più marcato dal “come si insegna” al “come
si apprende” e l’evoluzione della domanda verso gli effettivi
bisogni sintetizzano la maggiore complessità ed attenzione
necessaria per rispondere con qualità ad una committenza sempre
più evoluta; vengono così sconvolte le vecchie certezze e si aprono nuovi percorsi.
mette forse di rispondere alla domanda che mi è stata posta.
Le big five, le grandi società di consulenza, dominano fortemente
l’offerta di consulenza rivolta soprattutto alle grandi imprese e alle
grandi amministrazioni. Quella che prima Enrico Auteri chiamava
“la speranza di grandi società di consulenza italiana” non si è ancora realizzata. E le società di piccole-medie dimensioni fanno fatica.
Qual è il problema? Negli ultimi anni in Europa e in Italia si è
molto sviluppata una consulenza che ha lavorato fondamentalmente sulle dimensioni strutturali dell’Impresa e della Pubblica
Amministrazione: ridefinizione del business, disegno dei servizi,
strutture organizzative e soprattutto consulenza sui sistemi informativi. Il 50% circa dei servizi della consulenza in Italia e in
Europa sono “consulenza di servizi informatici”, che vuol dire
concezione (per una proporzione minima) sviluppo e delivery (in
una proporzione prevalente) di sistemi informativi.
Questo è il primo elemento. Su questi aspetti non esiste concorrenza con la formazione, nel senso che la consulenza ha offerto
servizi soprattutto alle grandi organizzazioni con l’attenzione
più a creare corporation built to flip piuttosto che corporation
built to last.
“Rapporto consulenza & formazione”
Federico Butera,
Presidente Assoconsult, Presidente Butera e Partners
Quando 2 anni fa io ho assunto la presidenza dell’Assoconsult,
che è l’associazione italiana delle società di consulenza aderente
alla Confindustria, assunsi questo incarico partendo dalla considerazione che il mondo dei servizi che la consulenza offre era un
po’ come una grande prateria, dove potevano convivere grandi
animali, come gli elefanti grandi e maestosi, medi soggetti scattanti come i ghepardi, e anche piccoli animali.
La metafora indicava che il mondo della consulenza, che vede
una presenza di grandi soggetti internazionali, che prevede l’esistenza di grandi società italiane e di piccole-medie società di consulenza, poteva in qualche misura fornire servizi differenziati e di
qualità al sistema italiano in crescita.
Vi è a metà del 2001 una crescita forte, in Italia come in Europa,
dei servizi di consulenza, ma emerge qualche criticità che mi per-
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
Di corsi, di libri, di ricerca sul knowledge management ne abbiamo una quantità colossale.
Credo che i colleghi potrebbero aiutarci a dire se possiamo fare
l’elenco di 10 importanti progetti di knowledge management in
Italia: penso che a 10 non arriviamo, a 5 neanche e non scendo
sotto i 5 per carità di patria.
Ma io non mi spavento.
Anche quando abbiamo parlato di processi, di deburocratizzazione, di impresa rete, ci abbiamo messo una decina d’anni.
Senza una consulenza di change management forte, autorevole,
scientific based che spinga le grandi società di consulenza internazionali a parlare italiano, più di quanto non facciano, che faccia
creare società di consulenza italiane più grandi di quelle che ci
sono, e che faccia crescere le piccole e medie società di consulenza orientate non soltanto alla quotidianità ma anche al cambiamento, senza questo credo che i cambiamenti grandi non li faremo.
Devo dire anche, per quello che io capisco, e mi metto il cappello del formatore o almeno del professore universitario, senza un
orientamento alla formazione che sia orientata a sostenere e sviluppare i cambiamenti non andremo tanto lontano.
C’è una grande sfida aperta al mondo della consulenza, ma credo
anche al mondo della formazione. Credo che stia finendo il
modello in cui erano chiari i destinatari della formazione, i committenti, gli erogatori della formazione, salvo che fossero non
chiari i contenuti, il cosa, il come, il quanto e la dimensione della
formazione.
Il grande problema che noi abbiamo davanti è che una delle
prime emergenze per la formazione e per la consulenza è quella
di costruire i soggetti; molti dei soggetti di cui parliamo non ci
sono, sono latenti.
Un primo problema su questo aspetto riguarda i destinatari individuali. Noi parliamo di formazione manageriale. Abbiamo fatto
qualche anno fa una ricerca iniziata proprio su spinta del Gruppo
Fiat, su quello che noi abbiamo definito “i lavoratori della conoscenza”. Essi sono dal 30% al 50% della popolazione lavorativa:
solo pochi sono manager nel senso che hanno responsabilità di
budget o di uomini, per lo più sono technicians, professional,
esperti operativi a cui sempre di più viene richiesta quello che
una volta dicevamo “skills manageriali”; il coraggio, la capacità
integrativa, l’intuito, la capacità di lavorare in team ecc.
Laddove è in corso crescita e sviluppo sorgono problemi formidabili di allocazione, gestione, formazione di queste figure. Ma
non sappiamo bene dove sono e chi sono: “hic sunt leones”
secondo le categorie canoniche dell’Istat.
Gli Stati Uniti hanno un sistema di rilevazione del mondo del
lavoro che si chiama O-Net. Esso è molto sofisticato perchè arriva a definire addirittura le variazioni che in un ruolo sono determinate dal modo con cui l’attore gioca questo ruolo, non di ricerche fatte all’Università ma il sistema ufficiale del Bureau of
Census... degli Stati Uniti.
Senza che noi ritorniamo alla identificazione degli attori, faremo
fatica.
Il secondo problema: riguarda i “soggetti collettivi destinatari della
formazione”. Si è parlato di piccole-medie imprese, ci sono molti
interventi che sono stati esercitati, di studi a questo riguardo.
Il problema è che la consulenza e la formazione per la piccola e
media impresa non avrà luogo e sviluppo se noi non identifichiamo e sviluppiamo un fenomeno crescente: chi sono i soggetti
aggregati delle piccole-medie imprese, che promuovono, comprano, utilizzano la formazione per il loro successo competitivo.
Noi eravamo rasserenati dal fatto che c’erano i “distretti”. I
distretti stanno finendo, si stanno sviluppando in altre cose, alcuni si stanno estendendo fuori dai loro confini, alcuni sono gli
augmented districts, quelli che oltre alla competenza tecnologica
Io non dico nulla di male sul fatto che si fondino, si spacchettino,
si riorganizzino le imprese e che l’informatica venga sviluppata
come una key weapon per fare le cose che spesso non si riescono
a fare nella testa delle persone.
Ma sinceramente occorre dire che il corollario di interventi crudi,
forti, strutturali di questo genere è stata spesso una formazione del
tipo “l’intendenza seguirà”. Prima scompaginiamo tutto, poi se
qualcuno non ha capito gli facciamo un po’ di sensibilizzazionepersuasione vestita da formazione. Sto dicendo delle cose un po’
estreme per tirare su il dibattito, visto che è una tavola rotonda. Ma
sono, ahimè, cose che abbiamo visto in un gran numero di casi.
C’è un secondo ruolo importante che le società di formazione e
società di consulenza hanno giocato, nel partecipare alle gare
della Pubblica Amministrazione per fare della formazione: ma
spesso valeva più la quantità e il costo basso che la qualità e l’efficacia.
Formazione post-ristrutturazioni e gare pubbliche, anche se
dimensionalmente rilevanti, non hanno rappresentato - erano
offerte e business models - approcci competitivi fra consulenza e
formazione ma solo vendita sconnessa di ore di formazione e
consulenza.
L‘area invece che potrebbe determinare una convergenza più
forte, e anche una concorrenza positiva e molto stimolante tra
soggetti che fanno essenzialmente consulenza e soggetti che
fanno prevalentemente formazione, è quella della consulenza e
formazione di Change Management; cioè tutte quelle operazioni che sono orientate non tanto a introdurre delle sorprese strategiche nella configurazione delle imprese, quanto a far avvenire le
cose, a fare in modo che le organizzazioni diventino sistemi di
orientamento dell’azione, operazioni in cui concetti di nuove
organizzazioni escono dal mondo di business fades e diventano
invece dei concetti operativi, in cui le conoscenze diventino operazioni che vadano a modificare le cose.
Noi conosciamo alcuni aspetti di questo genere.
Il passaggio, ad esempio, mai avvenuto fino in fondo, dalle
“organizzazioni gerarchico-funzionali” alle “organizzazioni per
processo” ha richiesto sicuramente, insieme ad alcune ridefinizioni dei processi e a nuovi sistemi informativi, il tentativo di
portare i processi nella testa delle persone e di portare i processi
nelle comunità delle persone. Senza la formazione questa cosa
non può avvenire. E questo tipo di formazione, come è stato
prima, non può avvenire solo nell’aula, e non può avvenire soltanto dando dei manuali, ma attraverso un’interazione tutta da
approfondire tra azione e formazione.
Queste sono le aree nelle quali la consulenza probabilmente
dovrebbe maggiormente cimentarsi ed è l’area di maggiore possibilità di sovrapposizione con la formazione: una formazione
moderna, un disegno congiunto di organizzazioni e comunità,
di struttura e di cultura, di buone regole e di comportamenti. Vi è
certamente la possibilità di concorrenza fra società di consulenza
e di formazione, ma è una competizione feconda a chi copre
meglio l’altra faccia della stessa luna.
Il problema è che di questa consulenza di change management
che eredita superandola la process consultation e l’organization
developement se ne fa poca. Una consulenza di questo genere
richiede un orientamento culturally specific, un orientamento
orientato a verificare i risultati sul medio periodo, un’idea dello
sviluppo del management, un progetto di supportare il raggiungimento di obiettivi e misure molto chiare.
Colpa dei committenti, colpa della consulenza, colpa forse del fatto
che i modelli organizzativi nuovi (impresa rete, learning organizations, comunità professionali, teams estesi, knowledge organization etc…) sono ancora agli stalli di partenza dei business phase.
Qui, ad esempio, è stato molto citato il knowledge management.
13
SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
stanno sviluppando altri tipi di competenza; quelli che facevano
le cucine economiche oggi forse si devono occupare di progettazione e sviluppo di sistemi di ristorazione.
Questa cosa nei tempi rapidi e nella velocità imposta dalla competizione internazionale, non si fa aspettando la naturalità dello
sviluppo dell’economia territoriale. Qui bisogna promuovere,
supportare, talvolta costruire nuovi soggetti.
Qualche giorno fa è uscito un mio libro che ha un sottotitolo serio
con un titolo evocativo.
Il sottotitolo serio è “Electronics business, piccole e medie
imprese” in cui si tenta di capire a che punto siamo con le applicazioni dell’e-business per le PMI. Il titolo evocativo è il
“Campanile e la rete”.
Il libro sostiene che occorre uscire dalla logica distrettuale dei
campanili e entrare nella logica dei clusters, delle comunità di
imprese, delle reti di imprese che, con l’aiuto di internet, superino il vincolo territoriale e merceologico.
Ma questa cosa chi la fa? Il problema è che vanno non soltanto
scoperti ex-post questi soggetti ma vi è il problema di costruire
questi soggetti.
Questa è un’operazione che non può fare la formazione, che non
può fare la consulenza, Formazione e Consulenza possono essere di grandissimo e fondamentale aiuto.
Ma occorre promuovere i soggetti collettivi da parte di associazioni industriali, camere di commercio, enti locali etc…, in modo
da favorire l’aggregazione di distretti di nuova generazione di
piccole imprese, di sistemi di co-makership di medie-grandi
imprese che sul territorio hanno una funzione di traino, di filiere.
Se noi non facciamo questo, a questo 80% di persone che in Italia
lavorano nella piccola-media impresa che dovrebbero essere
destinatari del meglio della nostra capacità di formazione, noi la
formazione non gliela daremo.
Io penso invece che oltre che a fornirla ne dovremmo dare
invece più!
Credo che anche i soggetti erogatori, cioè le società di consulenza, le società di formazione, le università ecc. devono in qualche
misura fare “blurring” dei loro confini; per affrontare alcuni
compiti importanti e difficili i singoli soggetti, anche quelli grandi, grandissimi, non ce la fanno.
Io vedo che anche i più grandi tra i miei associati, quando ci troviamo di fronte ai problemi della formazione per le piccolemedie imprese o la formazione per la Pubblica Amministrazione,
di cui non ho parlato ma su cui c’è un problema analogo, non
sono da soli all’altezza di affrontare questo problema.
Anche le Università più grandi - ne discutevamo ieri sera con il
Prof. Elio Borgonovi, Past President ASFOR e Direttore della
SDA Bocconi - anche quelle che sono di punta nel nostro Paese
possono avere un ruolo importante di trascinamento e di guida di
strutture educative meno evolute, che hanno avuto meno esperienza e determinare molti positivi cambiamenti.
Penso che il modello presentato dall’Isvor sia un modello interessante, di qualche cosa che tende, che spinge a creare collaborazione tra società di formazione, società di consulenza, università e
soprattutto utenti che hanno una loro knowledge molto forte, non
soltanto perchè la usano ma anche perchè la sviluppano.
Fra 3 anni il panorama della consulenza e della formazione sarà
radicalmente diverso, ma questo lo racconteremo al prossimo convegno.
“Come le Università possono affrontare il
tema della Formazione Manageriale”
Voglio usare un’immagine molto efficace che ha usato Bob
Mountain: le università per molti anni, per decenni, hanno lucidato l’argenteria di famiglia.
E’ un’immagine che mi ha colpito: avevamo dei gioielli, abbiamo continuato ad averli, ed abbiamo continuato a lucidarli all’infinito, senza accorgerci che il patrimonio di famiglia rimaneva
curato ma invariato. All’esterno si muoveva un mondo che cresceva molto più rapidamente di quanto noi all’interno delle università riuscivamo a cogliere, soprattutto per quanto riguarda
quegli aspetti di novità di una università che stava passando da
un modello di struttura tipicamente orientata all’offerta (abbiamo
questi professori, abbiamo queste strutture, dunque chiediamo
agli studenti di iscriversi a questi corsi) ad un orientamento alla
domanda: gli studenti, ma anche le famiglie, le imprese, lo Stato,
ci chiedono formazione in questi campi, e noi ci attrezziamo per
rispondere a questa domanda.
Credo che ognuno di voi capisca benissimo quanto sia grande
questo mutamento, e come sia difficile farlo in una istituzione quella universitaria - ed in un sistema - quello formativo - che di
loro natura sono molto conservatori, al di là di ogni idea politica.
E’ veramente un cambiamento molto profondo da fare.
La riforma ci offre gli strumenti per rispondere alla domanda
attraverso due parole chiave su cui insisto spesso: la flessibilità e
l’autonomia, che sono le due parole chiave della riforma.
La flessibilità permette di offrire titoli, o per meglio dire formazione universitaria, delle più varie tipologie, della più varia durata.
Non solo i master universitari, che pure sono una novità dal punto
di vista della formazione post-laurea o post-laurea specialistica.
Luciano Modica,
Presidente CRUI, Conferenza Italiana dei Rettori
Nei 10 minuti a mia disposizione proverò ad indicare tre linee di
risposta alla domanda che il nostro chairman ha fatto: come le università possono affrontare il tema della formazione manageriale.
Se intendo bene la domanda si inserisce nel tema della crescita del
nostro Paese, che mi sembra altrettanto importante, se non di più.
Affronto subito i tre temi, mettendoli in questo ordine:
1. un nuovo orientamento alla domanda;
2. un nuovo orientamento al sistema e ai dati sistemici;
3. un nuovo orientamento al futuro.
Provo ad usare parole un po’ evocative - come ha detto Federico
Butera - per classificare il mio breve intervento.
Orientamento alla domanda.
Le università stanno cambiando i loro cromosomi: non stanno
cambiando il loro fenotipo ma il loro genotipo, ed è una mutazione enorme.
Una mutazione che spesso è sfuggita - non qui naturalmente - e
che va chiarita.
Si tratta di un cambiamento genetico che stanno attraversando le
università italiane, pubbliche o private non importa: in quelle
pubbliche il mutamento è più forte, attraverso un nuovo orientamento alla domanda.
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
Abbiamo anche vari livelli di laurea: laurea triennale, laurea specialistica, dottorato, con diversi tipi di corsi, più brevi e più lunghi.
Si è differenziata la domanda attraverso una grande flessibilità dell’offerta: in tipologia, in durata, e attraverso il sistema dei crediti.
Voglio ricordare che il sistema permette di non essere legati a
tabelle di insegnamento prefissate dallo Stato o dall’università e
permette altresì di riconoscere, per esempio, il lavoro fatto in
impresa, le competenze acquisite al di fuori dell’università o
esperienze di lavoro non di tipo formativo in senso stretto ma di
tipo educativo in senso ampio che il singolo studente - protagonista della formazione - può chiedere che vengano inserite nella
sua carriera universitaria e nel suo percorso formativo.
Sono strumenti di grande flessibilità che non sarà facile utilizzare perché veniamo da un mondo che questa flessibilità non conosceva, ma che sono il principale strumento dell’orientamento alla
domanda e della riforma.
L’altra parola cruciale è autonomia.
Autonomia si porta dentro di sè la parola competizione, competitività. Le università si stanno preparando e si stanno attrezzando per competere, per offrire servizi diversi, profili formativi differenti, per connettersi, per offrire una formazione per il Paese
che abbia nella competizione continua uno dei fattori di crescita.
Orientamento al sistema o ai dati sistemici.
Io sono convinto, che un Sistema Paese cresce se la formazione
e in genere tutto l’aspetto dell’educazione assume dati di carattere di sistema.
I dati OCSE, che si ripetono da anni, rappresentano efficacemente la debolezza del nostro sistema Paese, oltre che del sistema
formativo e di quello universitario.
Cosa intendo dire? Mi riferisco per esempio alla terza “c” che il
Presidente ASFOR Poli ha detto, l’idea di “connessione”, l’idea
di avere programmi formativi che si ripetano in reti di agenzie
formative di università, di corporate universities, di programmi
fissi nei quali si rinuncia alla propria individualità a favore di un
dato di sistema, scegliendo un comune sistema formativo che si
assume come vincente rispetto alla domanda di formazione.
L’autonomia permette questo perché, lasciando libere le università, permette che si associno fra di loro, con imprese, con agenzie formative, secondo le aspirazioni, le strategie di ciascuna istituzione, per creare appunto reti di formazione.
Il terzo dei punti che avevo preannunciato è il più difficile: è l’o-
rientamento al futuro, l’orientamento alle scelte strategiche.
A tale riguardo trovo che in un mondo - lo ripeto - molto conservatore come quello della formazione, l’orientamento al futuro è
il più difficile da ottenere.
Io faccio sempre due esempi, per portare dei dati di fatto.
Il primo esempio: quando un rettore illuminato, mio predecessore, pensò di creare in Italia un corso di laurea in Informatica (si
era nell’anno 1959), la proposta dovette attendere nove anni per
essere accolta. Il primo anno del primo corso di Informatica
all’università è del 1968-1969. Quindi ci sono stati nove anni di
attesa. Non è possibile alcun tipo di orientamento al futuro se da
un’idea ad una sua realizzazione intercorrono nove anni.
Vi faccio un altro esempio.
La prima relazione parlamentare sulla riforma universitaria elaborata dalla Commissione Gui (già il nome vi dice in che periodo siamo) è del 1962: la riforma è stata varata nel 2001!
Trentanove anni di attesa tra un documento che contiene grandissima parte dei dati dell’attuale riforma e la sua realizzazione.
Per questo motivo non è possibile che noi continuiamo su questa
strada.
Un orientamento al futuro vuol dire che bisogna avere un’immediatezza di risposta, e questa è forse la chiave di lettura più
importante.
Questo ci è offerto da una forte internazionalizzazione, perché
dobbiamo paragonarci con sistemi diversi dai nostri e con un
forte ricorso alla tecnologia.
L’applicazione della tecnologia nella formazione universitaria è
ancora estremamente limitata in Italia. E questo è un problema
che tra qualche anno scopriremo che ci avrà fatto ritardare parecchio.
Bisogna che questi ritardi vengano assolutamente compattati,
diminuiti.
“Il mondo delle rappresentanze
imprenditoriali e l’impegno a sostenere e
sviluppare la Formazione Manageriale”
imprenditoriali abbia il polso delle reali esigenze delle aziende.
Specie in periodi, come questo, d’enormi e rapidissimi cambiamenti, diventa indispensabile possedere una capacità di reazione
e di flessibilità per rispondere alle necessità del mondo imprenditoriale.
Per questo il sistema associativo, in quanto soggetto collettivo e
aggregante, si candida a svolgere un ruolo cruciale nell’intero
processo. Non solo per l’attività formativa vera e propria, ma
anche per l’analisi dei fabbisogni delle imprese, per l’orientamento dei giovani e dei prodotti formativi, per la monitorizzazione dei risultati.
Solo procedendo in questo modo è possibile attivare un circuito
virtuoso che porti a significativi miglioramenti nell’offerta e
nella qualità delle azioni.
Il secondo motivo per cui pensiamo di poter ricoprire un ruolo
determinante è connesso all’esperienza acquisita.
Quindi alla domanda iniziale io vorrei rispondere sinteticamente
in questo modo: credo che le università saranno in grado di inserirsi nel mercato della formazione manageriale.
Io non ho parlato di questa, che è uno degli aspetti della formazione che le università offrono, nell’ipotesi che siano messe in
grado di reagire con immediatezza ai cambiamenti e di potenziare i loro strumenti di flessibilità (come fortunatamente già avviene) e di essere esposte di più alla tecnologia della formazione.
Andrea Pininfarina,
Presidente dell’Unione Industriale di Torino e componente
Giunta Confindustria
L’Unione Industriale di Torino e, più in generale, tutto il mondo
delle rappresentanze imprenditoriali sono impegnati da tempo a
sostenere e sviluppare la formazione manageriale, sia partecipando all’attività d’organismi che operano nel campo, sia promuovendo e realizzando direttamente iniziative.
Si tratta di un impegno strategico, che nasce da solide convinzioni.
In primo luogo riteniamo che nessuno più delle organizzazioni
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
Va detto con molta chiarezza che in Italia modelli e strumenti
manageriali sono sinora risultati estranei alla ricerca ad alla sedimentazione universitaria tipica delle business school anglosassoni,
ed il management è stato pensato e realizzato soprattutto nel
mondo produttivo privato, nelle (poche) Corporate University e
nella grande rete formativa di Confindustria, di cui riteniamo di
essere una delle componenti più attive.
Infine, senza presunzione, ci sentiamo legittimati e capaci di
offrire ai nostri associati servizi e strumenti per dirigere bene le
aziende e muoversi sui mercati, contribuendo alla diffusione
della cultura manageriale ed al contenimento dei suoi costi.
In particolare, come Unione Industriale di Torino, sin dai lontani
anni ’50, abbiamo preso parte – insieme a Fiat e Olivetti – alla
costituzione di uno dei primi istituti italiani post-universitari per
l’organizzazione aziendale (l’IPSOA).
Abbiamo poi sempre sostenuto e partecipato alla Scuola
d’Amministrazione Aziendale, fin dalla fondazione – antesignana di un metodo - da parte del professor Pacces.
Inoltre, all’Unione Industriale opera, ormai da più di 25 anni, il
PF3, il servizio di formazione manageriale, anch’esso precursore
nella diffusione di molte discipline.
Ultimo effetto emblematico di questo sforzo, in ordine di tempo,
è stata la costituzione di uno Steering Committee, che ha raggiunto, tra gli altri, un importante risultato di carattere concreto.
Per potenziare le attività in tutti i settori formativi, infatti,
l’Unione Industriale ha deciso la costituzione con l’AMMA di
un’apposita società, che avrà l’obiettivo di attivare il circuito virtuoso imposto dal mercato e dai nuovi fattori di successo.
Nei prossimi anni, infatti, lo sviluppo dell’internazionalizzazione
dell’economia porrà al nostro territorio una sfida che è, in fondo,
comune a tutto il mondo occidentale: assisteremo all’emergere di
quelle realtà che saranno capaci di fornire vero valore aggiunto
in termini di innovazione, tecnologia, ricerca.
In questo scenario la nostra area potrà vivere momenti più difficili che altrove, perché Torino ha una forte cultura del fare, storicamente legata alle attività manifatturiere.
Per questo diventa indispensabile puntare su una formazione ad
alto livello e compiere quel salto di qualità che il sistema imprenditoriale richiede.
Sono soprattutto le imprese di minori dimensioni a sollecitare la
crescita dell’impegno delle nostre Associazioni.
La collaborazione con le grandi aziende e con le loro strutture
formative consente di offrire risposte complete e puntuali a tali
richieste.
Se diamo uno sguardo al panorama nazionale, la domanda di formazione manageriale, in Italia, sta diventando sempre più ampia
e sempre più esigente. Anche perché si allarga il ventaglio dei
“soggetti coinvolti”.
Un tempo, ci si rivolgeva soltanto ai quadri dirigenziali; oggi, con
il mutamento dei metodi organizzativi, quest’universo coinvolge i
vari livelli che assumono rilevanza nei processi decisionali.
L’accresciuta sensibilità delle aziende trova oggi una preziosa corrispondenza nelle nuove disposizioni contenute nella Tremonti-bis,
che estendono le agevolazioni alle spese per la formazione.
Come sapete, i benefici per le imprese sono equivalenti, o addirittura superiori, a quelli offerti dai finanziamenti regionali.
In realtà, ci troviamo di fronte ad un mercato in cui la domanda
non trova sempre risposta adeguata ed ai costi più competitivi:
anche in questo campo, l’aumento dei soggetti migliora la qualità dell’offerta.
I processi di formazione manageriale, d’altra parte, non riguardano
soltanto il settore delle imprese e la componente privata del Paese.
Se lo scopo ultimo è quello di aumentare l’efficienza complessiva e di poter contare su una classe dirigente all’altezza delle
situazioni, è evidente che il problema investe soprattutto la pubblica amministrazione, che è la più grande azienda del Paese.
Non a caso, quindi, è stato recentemente firmato un protocollo
d’intesa fra Ministero per la Funzione Pubblica e Confindustria,
al fine di svolgere azioni comuni per migliorare l’efficienza e
qualità dell’apparato amministrativo.
Il protocollo ribadisce una forte volontà di cooperazione per
entrambe le parti e rappresenta un ulteriore, importante passo per
facilitare lo scambio d’esperienze sui metodi di gestione.
D’altra parte, è emblematico che i Soci dell’ASFOR appartengano sia
alla sfera privata sia a quella pubblica, nelle sue varie articolazioni.
Anche sul piano formativo, il mettere sempre più in rete le multiformi e specifiche competenze permetterà di raggiungere risultati d’eccellenza.
“Dirigenza pubblica e Formazione
Manageriale”
La pubblica amministrazione della società dell’informazione è
un’organizzazione che non si fonda più prevalentemente sulle
leggi, ma che deve garantire la capacità di risposta dei governi ai
bisogni diversi e nuovi dei cittadini. Si diffondono l’informatica,
l’uso della firma digitale, del documento elettronico e di tutti gli
strumenti previsti dall’e-governament, che permettono una erogazione innovativa, veloce e calibrata sulle esigenze dei cittadini
dei servizi della pubblica amministrazioni.
Inoltre, l’approccio customer oriented rende importante il ruolo
delle competenze del capitale umano e, in modo particolare, del
management e delle capacità di questo di aggiornarsi continuamente attraverso l’accesso alla rete.
L’attenzione agli utenti, infatti, non si basa più tanto su leggi di
dettaglio, ma su un atteggiamento generale di conoscenza
approfondita dei bisogni dei cittadini. In questo quadro diventano nuovi strumenti di lavoro quotidiani:
- la statistica, per misurare l’efficienza e il raggiungimento di
risultati;
Francesco Verbaro,
Vice Capo di Gabinetto del Ministro per la Funzione Pubblica
Le recenti riforme e le stringenti esigenze di modernizzazione del
Sistema Paese stanno progressivamente e profondamente trasformando le pubbliche amministrazioni: i loro compiti, le strutture
interne, il rapporto tra dipendenti e amministrazione e, in generale, il modo di lavorare, da un approccio autoreferenziale ad uno
results oriented.
Le riforme degli ultimi anni vanno lette in un’ottica che vede al
centro dell’azione della pubblica amministrazione i cittadini e le
imprese.
Riforme che richiedono nuove competenze, culture e professioni
praticamente sconosciute all’interno del settore pubblico.
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
La sfida della società dell’informazione per le pubbliche amministrazioni comincia con l’esigenza di attrarre capitale umano
valido e di formare, grazie alle università, con percorsi non
casuali, il proprio management.
Pertanto, diventa quanto mai necessario un rapporto sinergico tra
università/centri di formazione manageriale e pubbliche amministrazioni, che si colloca in un contesto in cui cambia il concetto
di formazione e la collocazione della stessa nella vita lavorativa.
La formazione non è un’esperienza occasionale, ma diventa la
dimensione costante della vita lavorativa di un uomo. Si adeguano le metodologie: la formazione è sempre meno lezione d’aula
a forte impianto teorico e sempre più scambio di esperienze e
apprendimento sul campo.
Per questo, il ruolo dell’università come centro di formazione per
la dirigenza pubblica si misura non solo nella capacità di essere
luogo di ricerca e innovazione ma, soprattutto, quale soggetto in
grado di garantire in modo strutturale e sistematico la formazione iniziale, per l’accesso, e quella permanente. La riqualificazione del personale, infatti, non può avvenire più attraverso procedure di selezione apparente e di attività di formazione di bassa
qualità, ma come leva strategica attraverso strutture qualificate
che effettuino una formazione adeguata ai nuovi fabbisogni.
Ulteriori aspetti, che pongono l’università/centri di formazione
manageriali quali interlocutori strategicamente fondamentali per
dare risposte ai nuovi fabbisogni di formazione della pubblica
amministrazione, sono la forte territorialità e la capacità di innovazione e di aggiornamento delle materie e delle metodologie.
L’importanza degli enti locali, alla luce del decentramento
amministrativo e delle riforme del titolo V della Costituzione,
costituiscono il presupposto per una cooperazione tra università
e amministrazioni locali.
Oggi, inoltre, è indispensabile porre l’accento su temi che vanno
dalla gestione delle risorse finanziarie a quelli relativi alla gestione delle risorse umane, alla comunicazione e alle nuove tecnologie. Le metodologie, infine, dovranno essere diverse, frutto di
una progettualità forte. In una pubblica amministrazione più
attenta ai risultati, meno regolamentata dalle leggi e con maggior
spazio alle capacità dirigenziali, sarà importante una formazione
sul campo, effettuata sui casi concreti, sulle best practices e sui
modelli degli altri paesi e degli altri settori.
Il management delle pubbliche amministrazioni richiederà una
formazione costante e avanzata, in grado di preparare dirigenti
capaci di utilizzare le tecnologie informatiche, di fornire ai cittadini e alle imprese servizi innovativi, di applicare sistemi di controllo della qualità, di offrire al proprio personale carriere professionali “appetibili”, come quelle del settore privato.
Allo stesso tempo, il management pubblico dovrà essere coinvolto nell’attività di ricerca e innovazione dell’università/centri
di formazione manageriale, perché il continuo sviluppo delle
metodologie e delle tecniche di gestione dovrà essere uno degli
indicatori principali per misurare la qualità dell’azione della pubblica amministrazione. Il contratto d’incarico a tempo determinato, il sistema di valutazione, di modifica e revoca dell’incarico,
richiedono una formazione costante e continua, per consentire al
dirigente di cambiare frequentemente incarico e, allo stesso
tempo, di non uscire dal “mercato del lavoro”.
La creazione di un management by objective (MBO) costituisce
certamente la sfida più importante della riforma della pubblica
amministrazione e questo obiettivo richiede un ripensamento del
rapporto con gli istituti di alta formazione, presenti all’interno di
ASFOR, e lo svolgimento, da parte delle pubbliche amministrazioni, di un ruolo di committenza consapevole ed esigente, ancora mancante.
Per questo occorre partire dal fabbisogno.
-
le metodologie di monitoraggio della qualità, per un’amministrazione meno attenta alla forma e molto più ai risultati e alla
soddisfazione dei cittadini e delle imprese;
- l’economia aziendale, per l’introduzione del controllo di
gestione e la valutazione del personale e dei dirigenti;
- la comunicazione, per rendere più trasparente l’azione amministrativa e per raggiungere i cittadini con informazioni utili;
- l’information technology, per realizzare istituzioni più democratiche e più efficienti, capaci di erogare servizi prescindendo dal tempo e dallo spazio.
Vi è, quindi, la necessità di rispondere alle nuove esigenze organizzative e alle nuove missioni con professionisti di comunicazione pubblica ed esperti in reti informatiche e siti web.
Diventa, allora, importante l’esigenza di inserire figure professionali nuove, come quella del formatore e dell’esperto in gestione del personale, con competenze sociologiche e psicologiche e
non più giuridiche.
Il passo più importante dell’attuale fase della riforma deve essere quello di definire con attenzione i bisogni formativi e, in generale, le competenze per svolgere i nuovi compiti e, quindi, individuare le politiche di reclutamento e gestione delle risorse
umane necessarie.
La pubblica amministrazione, pertanto, deve cambiare radicalmente e conseguentemente anche come datore di lavoro: stipulare contratti privati; entrare nel mondo della formazione a distanza; iniziare, in modo significativo per i dirigenti, a legare parti
della retribuzione ad una attenta valutazione dei risultati.
Ed è in questo contesto di forte trasformazione che deve diventare anche più esigente: richiedere, quindi, personale con determinate competenze, altamente professionalizzato; tendere, quando
la legge lo consente, a superare il concorso pubblico, rivelandosi
questo lento e inadeguato per reperire determinate professionalità, o a ricorrere all’esternalizzazione dei servizi.
Tutto questo, che è già una tendenza, troverà un’importante conferma e indirizzo strategico nella imminente direttiva del
Ministro per la Funzione Pubblica, Franco Frattini, sulla “formazione e valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni”, con la quale la pubblica amministrazione individua alcune linee guida per la gestione della formazione del proprio personale e la valorizzazione dello stesso.
L’analisi dei fabbisogni e delle competenze esistenti, la predisposizione di piani di sviluppo, l’apertura al mercato privato
della formazione, la verifica della qualità dei prodotti e il monitoraggio dei risultati delle attività formative sono solo alcuni dei
passaggi più significativi che la direttiva delinea come modalità
efficienti ed efficaci per la formazione del personale pubblico.
Questi mutamenti dimostrano che le pubbliche amministrazioni
si pongono il problema di diventare un datore di lavoro sempre
più rigoroso, con l’auspicio che diventi un datore di lavoro eccellente.
Per certi versi, si è consapevoli della necessità di dover superare
alcuni meccanismi di adverse selection, per garantire alle pubbliche
amministrazioni un accesso di personale qualificato e motivato.
Su questo fronte, la formazione universitaria/manageriale per le
“nuove” pubbliche amministrazioni può rivestire un ruolo strategico, sia per i contenuti sia per le metodologie impiegate, alla
luce delle recenti riforme normative sui titoli universitari e della
nascita di diversi corsi di laurea dedicati alla pubblica amministrazione.
I sistemi di reclutamento e formazione stanno diventando, nella
pubblica amministrazione, oggetto di analisi e riflessione, per
questo si guarda con attenzione alle università, che assumono un
ruolo decisivo nel formare e selezionare il capitale umano più
qualificato.
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
Sempre di più la pubblica amministrazione si interroga sui propri
fabbisogni formativi: informatici, manageriali, linguistici, etc. Il
settore privato potrà contribuire a questo processo e potrà fornire
prodotti formativi adeguati se saprà rispondere a questi bisogni.
Cambia la P.A. e il suo modo di operare, cambia anche la P.A.
come utente delle attività di formazione.
La P.A. della riforma è - e dovrà essere sempre più - un datore di
lavoro attento alla gestione e alla formazione delle risorse umane.
Il ruolo delle Regioni
per la costruzione di un
Sistema formativo efficace
immaginare un interscambio continuo fra manager pubblici e
manager privati (con turn over sempre più frequenti) per valorizzare l’offerta di servizi agli utenti e la stessa qualità della formazione professionale.
Dobbiamo liberare e promuovere le energie che sono già presenti nel Paese.
Per far questo è necessario che si incentivi lo scambio di esperienze tra le aziende e le amministrazioni anche all’interno delle
scuole.
Le Regioni vogliono affrontare direttamente questi problemi.
Lo stesso riassetto in senso federalista dello Stato - che con il
Governo e il sistema delle Autonomie stiamo approntando e portando avanti - deve attivare questi processi di trasformazione
profonda della nostra società.
Sempre più la riforma del sistema dell’impiego e le strategie attive per l’occupazione passano proprio attraverso le nuove competenze acquisite dalle Regioni.
E’ quindi auspicabile che la formazione manageriale possa trovare punti di riferimento stabile anche nelle scelte politiche dei singoli territori.
E probabilmente per modernizzare bisogna partire proprio da qui,
dai territori.
Il salto di qualità indispensabile all’economia deve coniugarsi
con le nuove capacità professionali sul territorio e con la flessibilità dell’economia. Di volta in volta dobbiamo quindi individuare e riconoscere tutti gli strumenti idonei alla formazione,
come modello che ogni Regione poi sappia interpretare in modo
da affrontare le Priorità poste dalla propria programmazione e
dall’insieme dei propri interventi per lo sviluppo.
Enzo Ghigo*,
Presidente Regione Piemonte e Presidente della Conferenza delle
Regioni
La nuova competizione internazionale e la globalizzazione del
mercato del lavoro richiede professionalità sempre più aggiornate e qualificate.
Sulla qualità delle professioni si gioca, infatti, la partita più
importante per sostenere la competizione del nostro sistema
Paese. E’ in gioco la stessa nostra tenuta economica, il ruolo di
primo piano e la credibilità del made in Italy in Europa e sui mercati internazionali.
L’aggiornamento delle professioni passa innanzitutto attraverso
la scuola e la formazione che devono essere il primo vero punto
di aggancio con il mondo del lavoro e quindi con le aziende presenti nei territori.
Si tratta di obiettivi primari che vanno affrontati con il passo giusto.
L’obiettivo formativo di livello dei quadri manageriali deve quindi diventare traguardo prioritario delle azioni della Pubblica
Amministrazione e del settore privato, partendo dalle esigenze
della piccola e media impresa che rappresenta l’asse fondamentale della nostra economia.
E di fronte ai cambiamenti strutturali che stiamo vivendo,
dall’Euro all’informatizzazione di qualsiasi lavoro, si deve anche
laurea, nel 1969, io mi sono trovato a Torino a fare la mia prima
lezione da docente universitario. Questo ritorno a Torino avviene
circa 3 mesi dopo aver cambiato mestiere. Per questa ragione,
l’occasione mi consente di unire tutti e due i mestieri e le esperienze del passato. Perché posso dare un contributo di riflessione
a questo vostro incontro sia come formatore, per il mestiere passato, sia come, in questo momento, attore di una politica decisionale per una politica di formazione.
E, come sempre avviene nella vita, prima o poi si torna sul luogo
del delitto. Torino, da questo punto di vista, è un po’ il luogo del
delitto.
Il ruolo della formazione manageriale
per lo sviluppo del Paese: le proposte
del Governo
Mario Baldassarri,
Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze
Grazie per l’invito all’Asfor, anche per un motivo personale oltre
che come membro del Governo in qualità di vice-Ministro
dell’Economia e delle Finanze, perché 3 mesi dopo la mia prima
*Il Presidente Enzo Ghigo impossibilitato a partecipare ai lavori causa inderogabili impegni istituzionali ha inviato questa nota che ben sintetizza il Suo pensiero
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
C’era un mio amico che pochi anni fa, a 42 anni, faceva il
Presidente degli Stati Uniti, si chiamava Bill Clinton.
Ma certamente nella formazione se facciamo una valutazione di
questo tipo, tra i 35 e i 40 anni significa 30 anni di investimenti:
le elementari, le medie, la scuola superiore, l’università, un po’ di
formazione post-universitaria e quant’altro, 30 anni.
Le decisioni che noi prendiamo, o che abbiamo preso negli anni
70, hanno prodotto i loro effetti negli anni 90 e in questi anni
2000 le decisioni che prendiamo oggi avranno effetti nei prossimi 20-25 anni.
Certamente guardare all’esigenza dell’immediato, correre ai ripari, ma non dimenticare che siamo in un settore produttivo e con
un prodotto che ha bisogno di questi orizzonti temporali, ha bisogno di tempo e non c’è niente di più time consuming di un processo di formazione. Poi possiamo fare anche i corsi di 3 giorni
full time, ma francamente se non cadono su una base profonda e
ampia, è difficile poi che questi mini-corsi di iper specializzazione possano dare frutti.
Terza considerazione è che in questo settore ci troviamo in una
condizione in cui è difficile stabilire il confine tra bene privato e
bene pubblico, cioè il prodotto che esce da un processo di formazione.
E’ bene privato, perché se uno si forma acquisisce capacità professionali, poi se le vende sul mercato. Ma se il sistema funziona, è un gigantesco bene pubblico, collettivo.
E infatti non è facile vedere i confini delle responsabilità dello
Stato nel mercato e nella formazione; e poiché questa ha una doppia caratteristica è fondamentale fare sinergia.
La vecchia dicotomia dei decenni passati è distruttiva da questo
punto di vista, perché un processo di formazione compiuto e continuo ha bisogno dello Stato e del mercato, perché ci sono elementi di bene privato ma anche di bene pubblico.
Non dimentichiamo il balzo gigantesco fatto dall’Irlanda negli
ultimi 10 anni in termini di economia, di reddito pro-capite; nel
1990 l’Irlanda aveva un reddito pro-capite pari al 70% della
media europea, ed era un paese relativamente povero.
L’anno scorso, il reddito pro-capite irlandese è balzato al 105%
della media europea cioè in 10 anni l’Irlanda ha colmato il gap
con l’Europa ed è andata un po’ sopra la media; negli stessi 10
anni il nostro sud è rimasto esattamente al 70%.
Due aree, in termini più omogenei, due isole, l’Irlanda e la
Sicilia, comparabili per territorio e per popolazione, anzi
l’Irlanda ha 3 milioni e mezzo di abitanti, la Sicilia ha 5 milioni
di abitanti, Dublino ha 700mila abitanti, Palermo ha 900mila abitanti. Circa 10 anni fa avevano più o meno la stessa condizione
di partenza.
Cosa è successo in questi 10 anni durante i quali un’isola ha
avuto questa performance e un’altra no?
Alla base di questo c’è stata una scelta politica importante:
l’Irlanda ha deciso, non 10 anni fa, ma 15-20 anni fa, all’inizio
degli anni 80, di investire pesantemente in capitale umano creando una generazione di irlandesi perfettamente bilingue, creando
istituzioni scolastiche e universitarie che oggi attirano studenti
dal resto d’Europa. Il college di Dublino vede oggi studenti europei, stranieri non irlandesi che vanno a fare master e dottorati. Io
francamente non vedo tanti master o dottorati italiani frequentati
da studenti europei e tanto meno da studenti americani, pubblici
o privati.
Ecco allora questi 3 pezzi messi insieme ci debbono portare alla
naturale conclusione, cioè dobbiamo costruire una sinergia
nella formazione come succede nel motore elettrico.
In questo ci sono due calamite, se le teniamo troppo lontane non
sentono il campo elettromagnetico. Sono un ragioniere e non
capisco molto di fisica. Se le avviciniamo troppo si appiccicano,
Io credo che sia opportuno ripartire da un paio di riflessioni che
faceva l’Ing. Cantarella questa mattina in apertura. E cioè, noi
veniamo da decenni nei quali la scuola da una parte, il mondo del
lavoro e l’impresa dall’altra, non solo non si sono parlati, ma non
si sono neanche guardati.
E’ evidente che in entrambi i mondi c’era quasi una radicalizzazione ideologica al rovescio:
il docente rifuggiva dall’essere manager e il manager rifuggiva
dall’essere docente, quasi si incrociava l’insulto.
Chiamare manager un docente era un insulto, e chiamare docente un manager poteva anche qui essere visto come un insulto.
Dalla parte dei cosiddetti docenti del mondo della scuola, il
manager era un cattivo; dalla parte dei manager il docente era un
chiacchierone, quando andava bene.
Queste sono le radici culturali e ideologiche dalle quali proveniamo.
Ora il fatto che voi celebriate 30 anni di Asfor significa che qualcuno, al di là di questa pesante dicotomia, forse un po’ più lungimirante di altri, guardando un po’ più in là del palmo del naso, ha
pensato già 30 anni fa che, invece, occorreva creare proprio una
cerniera, una catena di trasmissione tra questi due mondi.
E la seconda considerazione, che ricordava anche l’Ing.
Cantarella, è che in realtà il manager deve essere studente e
docente. E io credo che il docente debba essere anche lui studente e docente.
Francamente, sono molto grato a tutti gli studenti che ho avuto
occasione di incontrare a Torino, e poi a Milano, a Bologna e poi
a Roma per tanti anni, perché mi hanno insegnato molto. Io spero
di aver insegnato qualcosa anche a loro, ma io ho imparato molto
di più di quello che riuscivo a insegnare.
Credo che nella realtà dell’impresa l’essere manager forse cominci nel momento in cui si capisce che occorre insegnare ai collaboratori, ma occorre anche imparare molto dai collaboratori.
Non c’è più l’idea dell’Archimede Pitagorico delle edizioni di
Topolino di tanti anni fa, cioè l’isolato inventore. Ormai il mondo
è un mondo di squadra, un mondo di équipe, sia nella scuola,
nella formazione sia nell’impresa.
Oramai vince la squadra, anche se avere dei campioni aiuta.
Io purtroppo come interista, ne abbiamo tanti ma sono sempre
rotti e quindi sono anni di sofferenza, ma pian piano vediamo di
migliorare.
C’è un punto però sul quale vale fare una meditazione sulla “formazione”, uno dei settori nei quali l’Italia è rimasta bloccata,
ferma in una visione miope.
Noi stiamo uscendo adesso, forse dopo 30 anni, da un periodo in
cui nel nostro paese tutte le decisioni sono state decisioni di
emergenza, prendendo in considerazione un orizzonte temporale
di 3-6 mesi.
Questo modo di agire si è manifestato di più nel campo della
politica, della politica economica; e di più nel campo dei beni
pubblici, infatti non ce li abbiamo. Le infrastrutture sono degradate.
Questo è successo qualche volta anche in ambito aziendale:
la contingenza mi spinge a tappare il buco che si apre, ma non a
costruire le nuove macchine.
Nella formazione noi siamo di fronte a un processo produttivo
con orizzonti temporali lunghi, con un prodotto finale complicato e delicato. Nella formazione le decisioni producono effetti
dopo 30 anni.
Un manager bravo e giovane o un docente bravo e giovane nei
“paesi normali” ha tra i 35-40 anni, da noi purtroppo la miopia
collettiva ci porta a definire giovanotto una persona tra i 50-60
anni. Spesso me lo sento dire anch’io e devo ricordare che sono
vicino ai 60 anni...
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
se si mettono in una posizione precisa parte il motore elettrico, i
due campi non si respingono e non si attraggono, entrano in equilibrio e gira il motore, parte la macchina.
Siamo un po’ in questa condizione, abbiamo “due calamite”. Ed
è inutile che stiano lontane è anche inutile che stiano troppo vicine (dirò poi perché); è bene che stiano in una posizione in modo
che reciprocamente facciano partire la macchina.
Su questa base credo che occorra, proprio per questo motivo, fare
sinergia, chiarire le responsabilità e i campi precisi di attribuzione dei compiti.
La mia è una convinzione che ho maturato nel precedente
“mestiere”, che sto cercando di trasferire al Governo soprattutto
in sintonia e sinergia con il ministro per la scuola, la ricerca e la
formazione, Letizia Moratti.
Questo significa che il compito della scuola nel senso classico e
tradizionale, è insegnare ad imparare agli studenti: una grande,
seria, sana, ampia profonda formazione di base.
E’ pericolosa la tentazione di pretendere che la scuola faccia le
specializzazioni e faccia tutte le specializzazioni, per due motivi:
- primo perché farle tutte significa farle quasi sempre male,
- secondo perché le specializzazioni cambiano oggi ad una
velocità talmente rapida per cui l’unico vero giocattolo da
mettere in mano ai nostri ragazzi, e parlo della formazione di
base fino all’università, è la macchina con la quale capire la
realtà, insegnare ad imparare.
Avendo sullo sfondo un messaggio che vale per tutti, anche per i
più “anziani”, che nella vita non si finisce mai di imparare.
Quindi ecco il secondo concetto, cioè grande formazione di base
e specializzazione collegata alla formazione di base, che è possibile perché ho imparato ad imparare, ma formazione continua.
Ecco l’idea: il manager che è docente ma è anche studente.
Anche perché in tutti i mestieri ormai sta scomparendo (questa
mattina è emerso in vari interventi) il concetto di lavoro dipendente. La parola “dipendente” sta scomparendo non nel lessico
ma nella realtà perché anche il più umile dei mestieri di una volta,
anche il più dicotomizzato pezzo di catena di montaggio di una
volta, oggi non è più fatto con il concetto del dipendente, ma dentro il lavoro dipendente di fatto ci sono lavori autonomi.
Cioè ognuno diventa un piccolo artigiano della propria scrivania
o della propria macchina, e controlla molto di più - magari un
pezzetto - quella parte di processo produttivo.
E quindi se è così, è evidente che da questo “processo di formazione” emerge un enorme incremento di opportunità, perché di
fronte ai cambiamenti ognuno di noi si trova a un bivio,
il cambiamento può voler dire rischi o opportunità.
Ma se io ho imparato ad imparare ho più opportunità che rischi.
Se non ho imparato ad imparare sono più rischi che opportunità,
e allora c’è la chiusura a riccio al nuovo, le chiusure corporative,
i protezionismi ecc.
Ulteriore riflessione è un altro antico concetto, e cioè noi siamo
abituati a dire: “questo signore esce dalla scuola il venerdì all’una e ha finito la scuola; lunedì mattina alle 8 e 30 si presenti al
lavoro”.
In fondo abbiamo costruito tutto il nostro sistema come se fosse
possibile chiudere l’esperienza formativa il venerdì, o il sabato, e
aprire l’esperienza di lavoro il lunedì.
Non abbiamo capito che per creare sinergia occorre un ammortizzatore, un accompagnatore, un periodo in cui l’elemento formativo e l’elemento lavoro, apprendimento sul lavoro stiano
insieme, nello stesso luogo fisico con lo stesso tipo di approccio.
La mia vecchia idea, che cerco di rilanciare ogni volta sul piano
delle scelte politiche di Governo, e che a mio parere non costerebbe nulla – anche se qualcuno continua a spiegarmi che perderemmo gettito, che ci sarebbero buchi sul bilancio – è quella di
dire: “poiché la disoccupazione italiana per 2/3 è disoccupazione di giovani donne, di gente che ha meno di 30 anni, allora c’è
qualche messaggio da capire, cioè che il vero grande ostacolo è
proprio il passaggio scuola lavoro”.
Se questi devono aspettare 30 anni per entrare nel mercato del
lavoro vuol dire che c’è qualcosa che non quadra, che non funziona.
Allora non ci costerebbe nulla dire che i 2 anni successivi alla
fine del processo scolastico (sarebbe anche un grande vantaggio)
sono 2 anni di formazione nei quali incomincia il lavoro. E’ quindi inutile che lo Stato prelevi fisco e contributi sull’impresa che
svolge questa funzione di assorbimento e formazione e sul giovane lavoratore che svolge questa funzione di apprendimento e
avviamento al lavoro.
Un paio d’anni in cui alla luce del sole, e non in nero come avviene oggi, (perché questa è l’altra ipocrisia). Si definiscano i primi
2 anni di lavoro dei giovani alla prima esperienza come “formazione lavoro”, in cui lo Stato deve dare il massimo di agevolazioni possibili, ma non perché vuol dare un sussidio, ma perché
è lungimirante.
Perché lo Stato deve capire che sta investendo sulla collettività
con effetto 20-30 anni, e più facilitiamo questo passaggio e più
otteniamo i risultati, che con grande sforzo abbiamo cercato di
ottenere con 20 mila corsi di formazione professionale.
Dobbiamo anche pensare ad una formazione sul campo di lavoro, e questo può valere per qualunque mestiere: il giovane laureato in giurisprudenza che va nello studio piuttosto che il meccanico che va a fare l’operaio specializzato in un’industria metalmeccanica.
Capite che il mondo della scuola e il mondo dell’industria devono cambiare molto, da un punto di vista proprio di approccio.
E infine l’ultima riflessione di carattere più generale, e poi ne
farò qualcuna di più specifica.
L’idea che sta emergendo sempre più è che occorre avere una
professione, ma che attorno alla professione e alla professionalità
queste migliorano se c’è un humus culturale che gli stia vicino.
La formazione non può essere solo ed esclusivamente formazione tecnica professionale ma deve essere anche formazione di cittadino, di ambiente, sul territorio, meglio ancora di cittadino e
ambiente. E’ un miglior tecnico colui che legge i giornali e capisce cosa avviene nel mondo esterno, anche nella realtà specifica
del proprio reparto, della propria impresa o dei cancelli della propria fabbrica o del portone del proprio ufficio.
Da questo punto di vista io credo che occorra sottolineare con
chiarezza alcuni errori, che riletti attentamente non sono errori,
ma mistificazioni e sperperi di risorse collettive. Ad esempio
il caso chiaro della formazione professionale affidata alle
Regioni.
E’ avvenuto un po’ in tutta la scuola, avviene anche in alcune
scuole di formazione e anche in alcune scuole di formazione
manageriale, un travisamento del mercato che io, essendo economista, uso un po’ come cartina tornasole.
Il mercato è fatto di domanda e offerta di beni o di servizi.
Nella scuola spesso il prodotto vero è l’offerta non la soddisfazione della domanda.
La funzione obiettivo vera non è soddisfare la domanda di formazione delle persone ma soddisfare, qualche volta, la domanda
di occupazione o di sussidio degli offertisti.
Ed è chiaro che nei corsi di formazione professionale delle
Regioni in tante esperienze del passato, la logica, la funzione
obiettivo di quei corsi non era formare i giovani ma dare uno stipendio ad alcuni docenti.
Questo è stato vero anche negli altri tipi di scuola, ma molto di
più in quella che abbiamo chiamato formazione professionale.
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SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
biennio, quinquennio, quello è già la cosa più ragionevole, viene
letta in modo demagogico, corporativo da noi docenti, mi ci
metto dentro ancora per un po’. Appena letta la riforma si è capito che potevano proliferare i corsi di laurea e le cattedre e quindi
il problema non è più “quali studenti riuscirò ad attirare, ma
quanti colleghi riuscirò a promuovere”. Questo è il consiglio di
facoltà di tutta Italia, tutto sbandierato sotto una finta autonomia
per cui c’è l’autonomia, però alla fine paga Pantalone perchè
tanto se i soldi poi non ci sono qualcuno li mette.
Se fosse vera l’autonomia, mi andrebbe pure bene. Sarebbe una
selezione della razza un po’ perversa, che passerebbe attraverso una
serie di errori giganteschi ma alla fine emergerebbero le 3 università italiane serie, benissimo. Ma non è neanche autonomia vera.
In queste settimane, nelle difficoltà che potete immaginare entro
le quali abbiamo dovuto costruire la legge finanziaria per il 2002
(dal tappare il buco sui conti pubblici, alla crisi economica determinata dagli attentati) con risorse che erano scarse prima figuriamoci adesso, ho sentito dire a qualcuno: “Avete tagliato le spese
per la ricerca!”.
Io sono favorevolissimo ad aumentare le spese per la ricerca e la
formazione, per la scuola, per il capitale umano, però prima di
tutto voglio capire dove vanno spese, come sono spese, come
vengono dati i fondi di ricerca, e a chi vengono dati.
Io posso esprimere la mia piccola esperienza di ricerca universitaria, poi non so gli altri fondi di ricerca come vengono assegnati,
ma l’esperienza è questa. Ogni anno c’è un’assegnazione nella
Facoltà, 3 miliardi. Quanti siamo? 120, bene 3 miliardi diviso 120.
Questo è il criterio con il quale si assegnano i fondi di ricerca.
Anni fa spostandomi da Bologna a Roma come sede universitaria, presentai a fine anno la relazione con le due pubblicazioni
relative ai fondi di ricerca che mi erano stati dati 2 anni prima.
L’ufficio di Ateneo mi telefonò allarmatissimo dicendo: professore, non ci mandi più le pubblicazioni intanto si ammucchiano
qui, chi le legge? Rispondo: ma io sono obbligato a fare una pubblicazione finale. Sì, sì, ma faccia una paginetta.
Allora prima di parlare di fondi di ricerca o di fondi per la formazione, che necessariamente debbono essere incrementati, chiediamo senza ipocrisia come sono utilizzati gli attuali fondi di ricerca
per la scuola e per la formazione, anno dopo anno.
Voi sapete tutti che il 98% della spesa scolastica italiana è fatta di
salari e stipendi. Il 2% circa sono acquisti di beni e servizi e lo 0%
sono investimenti. Tant’è che in molte scuole i genitori, giustamente, dicono dipingiamo con il volontariato i muri e le finestre.
Da questo punto di vista credo che Asfor abbia questa grande
sfida davanti a sé.
Non solo i 30 anni passati, ma i prossimi anni per farsi promotore di una formazione, e formazione manageriale, di qualità che
possa accettare la sfida del mercato e che possa guardare fino
all’ultimo anello della catena di trasmissione, cioè risultati di
inserimento effettivo al lavoro. E poi accetti la certificazione, ma
questo ovviamente deve essere un controllore non controllato,
questo fa parte delle sane regole.
Un ultimo accenno sul Governo.
Noi abbiamo fatto due cose molto specifiche, vi risparmio tutto il
quadro macro-economico, la politica economica, le riforme del
fisco, del mercato del lavoro e della previdenza.
La prima, quella che abbiamo chiamato “l’inventore proprietario
della propria invenzione”, mi pare che l’Ing. Cantarella la citava
questa mattina. Questa è molto importante, non è stata molto
discussa.
Ma l’idea che chi inventa qualche cosa è proprietario almeno di
un pezzo di ciò che ha inventato e può entrare in sinergia, riconoscendo all’istituzione pubblica una quota, perchè lui lì dentro
ha lavorato, lì dentro ha avuto le strutture, il luogo dove ha potu-
In qualche caso è stato vero anche per organizzazioni private il
cui obiettivo era quello di ottenere i fondi europei avendo fatto
sulla carta dei corsi di formazione.
Questo va detto con chiarezza.
Ed ecco che in mezzo a questa puntualizzazione e focalizzazione, che guardava ai 30 anni passati, invece vorrei chiudere guardando i 5-10 anni futuri.
Qui credo che ci sia un perno fondamentale che è quello di una
riforma seria della scuola cosiddetta pubblica, rispetto alla quale
francamente la riforma dei cicli per le scuole medie inferiori e
superiori e la riforma universitaria, dal mio punto di vista, è un
rischio mortale, deleterio.
Sulla riforma dei cicli non mi dilungo.
Ma è evidente la pretesa di appiattire a 13 anni i corsi introducendo in questo modo né specializzazione né formazione di base,
facendo finta di andare incontro alle esigenze del mercato, scimmiottando dopo 30 anni la scuola americana. Ora, però sta tornando pesantemente indietro, ed è stata rinsanguata, innestata da
sangue straniero sulle fasce alte dei master e dei Ph.D perchè il
resto del mondo va a Harvard, MTI, Stanford e quant’altro.
Se confrontiamo l’high school americana con un sano liceo italiano, io il liceo italiano non lo cambierei neanche morto con una
qualunque, anche buona, high school americana.
Gli americani stanno tornando indietro. Io sono un filo americano, è la mia seconda patria, però non facciamo gli sciocchi. Ma
non andiamo a copiare il peggio degli altri, quando poi gli altri
stanno già tornando indietro, hanno già capito, perchè hanno
pagato lo scotto; cioè il ritorno a questa missione di formazione
di base della scuola primaria, secondaria e della prima fase universitaria, che dovrebbe insegnare ad imparare.
Su questa base, sulla parte formazione, formazione professionale, io credo che occorra andare ad una forte, seria e radicale selezione della razza, delle scuole di formazione e delle scuole di formazione professionale.
E la selezione della razza non può non coincidere con una verifica
seria dei prodotti che escono e dei risultati che si ottengono cioè la
certificazione di qualità di questi prodotti e di questi risultati.
Ovviamente non una generica certificazione (tipo i cavi elettrici
uno blu, uno giallo, uno marrone), ma vedere se quei 3 cavi elettrici vanno a confluire in una spina che si incastra bene sulla
presa che sta sul muro, cioè quanti occupati una scuola di formazione genera nel tempo.
Perché io posso fare pure formazione per disoccupati, posso
avere tutta la qualità che voglio, ma la qualità non è un fatto
astratto, va verificata sul prodotto finale.
Il prodotto finale non è colui che esce dalla scuola di formazione, ma colui che entra sul mercato del lavoro, è lì che c’è il prodotto finito.
Poi cambierà dopo 3 anni, farà un altro corso, ma la fine della
catena è quella.
E allora credo che ci sia un ruolo importante proprio per Asfor,
essendo l’associazione delle Business Schol e Coorporate
University, di proporsi come l’associazione dei formatori di qualità che non ha paura di mettersi sotto esame, al confronto, alla
certificazione.
E allora lì si risponde seriamente delle risorse pubbliche e delle
risorse private; si risponde seriamente a quella persona che ha
pagato il corso o a quella istituzione pubblica che magari ha dato
la borsa di studio, il prestito d’onore.
Queste sono forse le cose da copiare dagli americani piuttosto
che le altre.
Per fortuna il Ministro Letizia Moratti la “riforma dei cicli” l’ha
un po’ fermata.
La riforma universitaria attuale con questa confusione triennio,
21
SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
to produrre queste ricerche, queste innovazioni tecnologiche e
scientifiche.
Ma il brevetto è suo e significa che la sinergia ricerca-mondo della
produzione diventa proceduralmente molto più semplice, economicamente molto più attraente e quindi significa mettere dentro i
gangli della ricerca pubblica motore potente di valorizzazione.
Non dimentichiamoci che negli anni 50 abbiamo inventato il
Moplen e avevamo un Nobel per la chimica che stava inventando nuovi materiali. Sono passati 40 anni. Siamo diventati
improvvisamente cretini? Come mai? Avevamo avuto Marconi
prima nelle telecomunicazioni, e poi la chimica, e poi Dulbecco,
la sanità, la genetica, la bioingegneria.
Questo è un elemento poco percepito ma secondo me può essere
veramente una chiave importante.
E l’altra, e chiudo con questo, è la Tremonti bis.
Perchè nel farla, nel costruirla insieme a Tremonti (ovviamente il
merito è suo, si chiama con il suo nome giustamente), ci siamo
posti questo problema: la prima Tremonti era nata per sostenere
gli investimenti fisici dentro alcune imprese. Abbiamo allargato
il concetto di “investimento” non fermandoci più all’industria
manifatturiera. L’investimento fisico o materiale può essere nel
turismo, nell’agricoltura; lo Stato non descrive i settori, gioca sui
fattori di produzione, ma non sceglie i settori, i settori li scelgono gli imprenditori e il mercato.
Ma la cosa più importante sul piano qualitativo è che abbiamo
aggiunto il “capitale umano”, abbiamo posto politicamente come
scelta politica una Tremonti bis che incorpora non solo gli investimenti fisici o i materiali estesi a tutti i settori, ma che mette
quell’altra gamba importante, fattore di produzione, il “capitale
umano”, cioè la detraibilità delle spese per la formazione.
Come politica di Governo abbiamo fatto questa scelta. Sta al
mercato saperla valorizzare. Perchè posso detrarre una fattura di
formazione?
Ma io come Stato come Governo non saprò mai se quella fattura
di formazione detratta così incentivata avrà prodotto l’effetto che
tutti noi vogliamo. E non ho strumenti più di tanto per controllarli. Posso controllare attraverso la Guardia di Finanza la regolarità della fattura, ma non ho la faccia della persona che ha fatto
quel corso di formazione.
Ecco la sinergia anche qui nel controllare i risultati.
La decisione politica apre opportunità, occorre che chi è più lungimirante e opera sul campo, massimizzi queste opportunità in
positivo costringendo e impedendo che qualcun altro malauguratamente ne approfitti in negativo per fare il gioco delle solite carte
come è avvenuto tante volte, come nel caso dei Fondi Europei.
Ringrazio ancora di quest’occasione di ritorno a Torino, ma
anche di quest’occasione di riflessione e di recepimento delle
vostre indicazioni.
Con questo messaggio che fra 10 anni, non dico fra 30, qualche
pezzo di quello che si è discusso questa mattina, possa essere
riscontrato nella realtà del nostro sistema formativo, nel nostro
sistema di formazione manageriale, ma anche nella realtà economica e produttiva del nostro sistema.
Con tanta gente che avrà fatto questo chiaro e necessario upgrading di qualità, a qualunque livello, può essere il meccanico, può
essere l’Amministratore Delegato, può essere il responsabile
vendite, può essere il sarto.
Ma questo è il messaggio che io vedo molto palesemente, che quella rivoluzione che stiamo vivendo non è una rivoluzione di settore è
globale, è trasversale, orizzontale; cioè ogni mestiere, ogni professione cambia ogni giorno qualunque sia la parte storica strutturale.
Grazie
Conclusioni
• attribuire maggiore importanza alla misurabilità dei ritorni
in termini di apprendimento e di trasferibilità e, quando possibile, alla quantificazione dei benefici economici;
• utilizzare e integrare tra loro una pluralità di metodologie di
apprendimento, per individuare nel dettaglio e costruire le
competenze che i partecipanti, una volta tornati nel posto di
lavoro, dovranno possedere;
• costruire sistemi di misurazione per i risultati formativi;
• collegare le competenze ai risultati di business o di servizio.
Claudio Poli,
Presidente ASFOR
Come è stato ampiamente sottolineato nei precedenti interventi,
la cultura manageriale in Italia deve ancora raggiungere un’adeguata maturità e diffusione.
Asfor, i singoli soggetti della formazione, le imprese e le istituzioni, hanno compiuto e stanno compiendo notevoli passi avanti
in una direzione che porta a un netto cambiamento di logica:
Tutta l’azione di ASFOR, ma in particolare il nostro progetto di
“Accreditamento dei MASTER” avviato nel ‘89 va in questa
direzione:
favorire la diffusione di quelle logiche e stimolare un processo
continuo di miglioramento qualitativo, di autodisciplina e di
maggiore trasparenza nel mercato della formazione manageriale.
Noi intendiamo offrire il meglio alle aziende italiane e per questo cerchiamo di distinguere i Master che rispettano una significativa soglia di requisiti dalla miriade di programmi, spesso della
durata di pochi giorni e con contenuti estremamente ridotti e specialistici, che pure sono presentati sul mercato con la denominazione MASTER.
La nostra certificazione premia quei programmi che identificano
progetti formativi solidi per contenuti, per impegno didattico del
corpo docente coinvolto, per impegno organizzativo delle istituzioni che li realizzano, nonché per garanzie di continuità nel
• la formazione diviene un processo che continua nel tempo
con la crescita e l’evoluzione professionale degli individui
e seguendo percorsi finalizzati allo sviluppo delle competenze;
• la formazione è collegata a miglioramenti di performance
misurabili, ad esempio, in termini di produttività;
• la formazione è un investimento sociale finalizzato ad
accrescere la competitività del sistema-Paese.
Nel mio discorso di apertura ho detto che la svolta che si sta realizzando nel nostro settore è contrassegnata da alcune direttrici
essenziali.
I soggetti della formazione si stanno attrezzando per:
22
SEZIONE 1 - ATTI DEL CONVEGNO ASFOR
• essere il più autorevole luogo di dibattito nazionale sui temi
della formazione manageriale.
Noi lavoreremo intensamente per trasformare questa vision in un
traguardo da raggiungere.
Ma, perché ciò sia realizzabile, vogliamo pensare di non essere soli.
Chiediamo la collaborazione e il coinvolgimento di altri Attori,
altrettanto importanti, e delle Istituzioni che governano i principali processi sociali.
In quali direzioni?
Ne cito alcune:
• La prima è quella che porta a realizzare sinergie con il
mondo accademico per attività di scambio, confronto e, laddove possibile, integrazione, su diversi terreni:
- il mondo accademico sarà chiamato a realizzare attraverso i Master Universitari una nuova offerta formativa,
che non dovrà essere un’ulteriore segmentazione dei percorsi tradizionali, che si integri con l’offerta già presente
sul mercato. In particolare con i Master accreditati da
ASFOR e utilizzando competenze e capacità formative
presenti all’interno del sistema ASFOR;
- un altro terreno comune può essere quello della certificazione di qualità, tema che la formazione privata affronta
da tempo e su cui le università italiane iniziano ad affacciarsi adesso;
- e ancora quello della certificazione dei percorsi formativi supportati dall’Information Tecnology, che dovranno
sempre più rispondere a standard di qualità condivisi fra i
diversi attori e facilmente rilevabili dai clienti;
- un confronto diretto sui temi della riforma della pubblica amministrazione e sul ruolo strategico della formazione, che sarà sempre più realizzata con il contributo dei
soggetti coinvolti (domanda) nell’ottica della progettazione congiunta.
• La seconda va verso la costituzione di una tavola rotonda a
livello europeo tra i soggetti che si occupano di formazione
manageriale, che ogni anno faccia il punto della situazione,
utilizzando le diverse esperienze a livello associativo europeo,
come l’Efmd (European Foundation for Management
Development) e l’ETDF (European Training and Development Federation).
Ad integrazione di ciò, ASFOR intende lanciare:
una ricerca finalizzata a presentare ogni anno un rapporto sullo stato dell’arte della formazione manageriale italiana, per colmare il vuoto di informazione che
attualmente caratterizza il nostro settore, iniziando da una
ricerca che evidenzi le attività svolte dagli associati
ASFOR, che rappresentano una significativa parte del
mondo dell’offerta formativa. Il 5 dicembre, o altra data
nel mese, dovrà diventare la “Giornata della Formazione
Manageriale italiana” con un confronto diretto e completo (con ricerche capaci di attivare un confronto su dati
quantitativi/qualitativi) fra domanda e offerta di formazione, con il coinvolgimento delle Istituzioni pubbliche.
• Il terzo filone è volto a curare il livello di qualificazione dei
formatori che si occupano di formazione manageriale, che
sempre più devono saper operare sul campo nelle diverse fasi
del processo formativo, uscendo dai canoni della formazione
tradizionale, nei quali il processo si apriva e si chiudeva in
aula:
- per ottenere questo risultato, Asfor sta progettando un
programma “crash” di formazione per formatori aziendali, destinato a junior e a senior. E’ un progetto che consideriamo strategico e che presenteremo appena definito
alle istituzioni competenti.
tempo. La nostra certificazione vuole essere un punto di riferimento per la ricerca della ”qualità” nei programmi formativi,
attraverso dei parametri che possono essere utilizzati come “indici di riferimento”, ma anche attraverso la verifica degli Enti erogatori che devono avere specifiche caratteristiche.
Tutto questo ha una finalità ben precisa: che una formazione di
alto livello, disponibile sia per i manager del settore privato che
per quelli di tutti gli organismi pubblici, sia percepita e realizzata come un reale strumento per accrescere il peso competitivo
dell’intero Paese.
E’ ora di smettere di parlarne, lo stanno facendo tutti.
E’ ora di mettere gambe a questi discorsi e fare cose concrete.
Il primo banco di prova può essere il grande processo di trasformazione in atto all’interno della Pubblica Amministrazione.
Cambiamento atteso e quanto mai necessario.
Le Scuole di management, che hanno già accompagnato e favorito i cambiamenti organizzativi e culturali delle imprese private,
oggi- insieme ad altre Istituzioni, alle Scuole Pubbliche e alle
Amministrazioni Pubbliche- possono sviluppare interventi formativi capaci di introdurre una cultura complementare, quella
manageriale- appunto- indispensabile per condurre in porto la
modernizzazione e la de-burocratizzazione del servizio pubblico.
Invito tutti a leggere il capitolo dedicato alle “attività per le PA
dei Soci ASFOR” riportato all’interno della ”Rapporto
Formazione per la PA 2000” pubblicato dal Dipartimento
Funzione Pubblica, che contiene importanti indicazioni (quantitative/qualitative) su come questo processo, già attivato, si stia
svolgendo.
Per questi obiettivi è necessario che la formazione sia sostenuta anche a livello politico-istituzionale, per darle la dignità e la
diffusione che le spettano non soltanto con le parole ma soprattutto con i fatti.
L’input ci viene proprio dal Presidente della Repubblica, Carlo
Azeglio Ciampi, che ha affermato qualche giorno fa (24.11.01:
messaggio al presidente delle Acli) che “…la formazione è la
strada giusta per raggiungere una cultura europea integrata,
protagonista di un mondo senza frontiere”.
La formazione diventa una precisa volontà per il futuro, un impegno che la Comunità Europea si assume ufficialmente attraverso
le parole del Commissario Mario Monti nel suo intervento a Job
Orienta (Verona- 24 novembre 2001) “Formare i cittadini vuol
dire migliorare i livelli di occupazione, ridurre gli ostacoli sulla
strada del progresso e limitare ogni possibile forma di esclusione sociale”. Il Commissario Monti ha insistito sugli impegni
assunti dall’Unione proprio sulla formazione professionale degli
Stati membri come via fondamentale alla competizione e allo sviluppo (rif.to alle azioni di sistema nella programmazione 20002006, interventi per la promozione della formazione continua).
I recenti provvedimenti del Governo, citati anche dai relatori
della tavola rotonda, manifestano come queste autorevolissime
prese di posizione siano state seriamente tenute in conto.
Le cose che abbiamo detto fin qui e che sono state sostenute così
autorevolmente dai relatori che mi hanno preceduto debbono
diventare le milestones (pietre miliari) del nostro cammino, del
cammino che facciamo insieme, formatori e imprenditori, manager e amministratori.
La mia vision - come presidente di ASFOR - riguardo al futuro
della nostra associazione è questa:
• rinforzare il proprio ruolo “civile” diventando un interlocutore accreditato delle Istituzioni e dei diversi attori sociali;
• essere il punto di riferimento specialistico italiano per la
comunità internazionale degli operatori della formazione e un
ponte verso l’Europa;
23
SEZIONE 2 - CONTRIBUTI
E
SPUNTI
DI
RIFLESSIONE
DEI
PAST PRESIDENT
tativi necessari a definire il profilo eccellente dei soggetti che
si occupano di formazione manageriale.
L’auspicio è dunque quello di ritrovarci il prossimo anno ancora
più numerosi e convinti, a parlare di risultati raggiunti piuttosto
che di progetti pensati, di obiettivi concreti piuttosto che di speranze anelate, di azioni che si stanno realizzando piuttosto che di
modelli da realizzare.
Infine un doveroso ringraziamento a tutti i Colleghi e a tutte le
Istituzioni formative, ai nostri Soci, che in questi anni hanno contribuito a sviluppare e rafforzare la nostra Associazione credendo
nella Sua mission.
• Il quarto filone è la richiesta di integrare la legge Tremonti
con agevolazioni fiscali anche per i singoli cittadini che
vogliano consolidare la propria professionalità con attività
di formazione, ad esempio defiscalizzando parte della spesa
totale sostenuta per la formazione individuale.
• La quinta direttice va verso l’istituzione di una sede permanente di confronto tra Asfor e le principali società di certificazione specializzate nell’assessment dei servizi di formazione. Associazioni professionali ed enti locali con lo scopo di
stilare una sorta di “statuto professionale delle società di formazione”, un codice deontologico che indichi requisiti quali-
Sezione 2
Contributi e spunti di riflessione dei Past President
che, di piccole, medie e grandi dimensioni operanti nei diversi settori).
In una seconda fase (negli anni ottanta e anni novanta), il contributo di ASFOR va identificato soprattutto nella azione di diffusione della cultura manageriale come componente della cultura
moderna e non solo come un insieme di metodi e tecniche di
“razionale” gestione.
Il concetto di “razionale gestione” è stato peraltro decodificato in
modi diversi nei vari periodi di questa lunga e turbolenta fase storica, che ha visto la caduta della divisione del mondo in due blocchi, l’impatto delle nuove tecnologie e l’affermarsi del processo
di globalizzazione.
Proprio in questi anni che stiamo vivendo, si è aperta per ASFOR
la terza fase che riguarda soprattutto il proprio futuro che, a mio
parere, si prospetta lungo tre linee guida:
1) realizzare concretamente, e non solo a parole e tramite documenti, il principio della formazione continua, il che potrà
avvenire se il sistema ASFOR saprà collegarsi, coordinarsi e
collaborare da un lato con quelle istituzioni della società che
esprimono la domanda (mondo delle imprese, delle amministrazioni pubbliche, delle istituzioni e dei mercati finanziari,
del settore non profit o dell’imprenditorialità nel sociale) e
dall’altro con le altre istituzioni che governano l’offerta di
formazione (mondo della Scuola e delle Università);
2) stimolare i propri Associati a diventare sempre più “generatori” di conoscenze, di competenze e abilità nel campo del
management (generatori di cultura manageriale) e non semplici utilizzatori o diffusori di una cultura generata altrove,
specie oltre Atlantico;
3) aiutare i propri Associati ad affrontare la sfida della competizione europea e mondiale, tramite la creazione di sinergie
all’interno del Paese (tra i diversi attori che hanno un ruolo
nel settore della formazione manageriale) e rendendo più
forte la capacità competitiva verso l’esterno.
Con la sua storia e con le persone che oggi lavorano in e per
l’ASFOR è possibile affrontare queste sfide con la ragionevole
certezza di ottenere buoni risultati, non dico vincere perché in
una società dinamica le sfide sono continue, si rinnovano in ogni
fase e non sono mai definitive.
Il contributo alla Società di una
Associazione delle Istituzioni di
formazione manageriale
Elio Borgonovi,
Past Presidente Consigliere ASFOR, Direttore SDA Bocconi
Ogni soggetto, fisico o giuridico, svolge una precisa funzione
nella società. Così è stato, e sarà nel futuro anche per ASFOR,
una Associazione di Scuole, Istituti e Centri di formazione manageriale, la cui azione e il cui peso sono tuttora fortemente influenzati dalle caratteristiche delle persone, a partire dalle segretarie
che svolgono le attività giornaliere fondamentali perché sono
quelle visibili dagli Associati e dagli interlocutori esterni, per
proseguire con il Segretario che garantisce l’efficace ed efficiente applicazione della volontà degli Associati, espressa
dall’Assemblea e dal Consiglio Direttivo, per finire (o per cominciare se si vuole cambiare prospettiva partendo dalle decisioni
generali) con il Consiglio Direttivo e il Presidente che decidono
su cosa l’Associazione deve fare (linee di indirizzo, scelte di strategia associativa, scelte rilevanti per il rapporto AssociazioneAssociati, ecc.) e come operare.
ASFOR è stato uno degli attori fondamentali nella storia della
formazione nel nostro Paese per i seguenti motivi, a volte visibili, a volte meno visibili, ma non per questo meno rilevanti.
In una prima fase (anni settanta e prima metà anni ottanta)
ASFOR ha compiuto un duro lavoro per legittimare nel nostro
Paese la formazione manageriale differenziandola:
- da un lato dalla formazione aziendale e dall’amministrazione
(gestione, organizzazione e rilevazione) di tipo accademico,
troppo teorica e orientata a sviluppare capacità di analisi più
che competenze o capacità di “problem solving”;
- dall’altro dalla formazione tecnica e professionale che spesso
si è limitata allo sviluppo di conoscenze di strumenti e di
competenze/abilità nel loro insieme, ma non si è preoccupata
di indagare continuamente l’impatto complessivo sul funzionamento delle aziende di qualsiasi specie (private e pubbli-
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SEZIONE 2 - CONTRIBUTI
E
SPUNTI
DI
RIFLESSIONE
DEI
PAST PRESIDENT
In primo luogo si richiede di comprendere i punti di equilibrio
della parte o del tutto di cui si ha la responsabilità.
Comprendere i punti di equilibrio – qualora si tratti di imprese
che operano sui mercati in condizioni di concorrenza – significa
comprendere le logiche che presiedono al funzionamento dei
mercati di riferimento che possono essere: quello dei prodotti,
per l’uomo del commerciale e del marketing, quello degli
approvvigionamenti per quello degli acquisti, quello del mercato
del lavoro per il responsabile del personale, quello dei capitali
per l’addetto alla finanza.
Per chi è al vertice dell’impresa o del business si richiede qualche cosa di più: una visione sistemica delle relazioni fra tutti questi mercati, posto che l’impresa riesca a realizzare il proprio equilibrio (e quindi la propria prosperità) solo se trova un raccordo
ottimale rispetto all’insieme dei mercati con i quali deve confrontarsi.
La capacità di leggere i mercati, di interpretarne la dinamica e le
prospettive, di dedurne le forme di interazione migliori è una
componente importante della formazione manageriale e non si
esaurisce nel semplice dominio degli strumenti. Richiede conoscenze, capacità di osservazione, attitudine ad osservare cause ed
effetti, perfino sensibilità plastiche, come quando un manager
deve scommettere sulla elasticità della domanda al prezzo. Chi
deve guidare l’impresa nel suo insieme, pur contando sul contributo dei vari manager funzionali per presidiare il posizionamento sui vari mercati di rifornimento dei fattori o di sbocco del prodotto deve aggiungere ai requisiti suddetti una capacità di percezione dell’equilibrio di sistema che è cosa ancora diversa e di più
difficile maturazione: la ponderazione dei costi-benefici che scaturiscono dal modo di porsi verso i singoli mercati di riferimento con il relativo effetto sulla scala dei costi, su quella dei ricavi,
su quella delle entrate e su quella delle uscite. Ma non solo. Oltre
a cogliere se il posizionamento scelto nei confronti dei vari mercati consenta di raggiungere l’equilibrio economico e finanziario,
chi sta al vertice deve valutare se quelle scelte consentano di raccordarsi correttamente rispetto alle dinamiche che caratterizzano
ciascuno dei mercati in questione.
Il know-how, la capacità o anche la sensibilità che sono necessari per svolgere queste funzioni sono una parte fondamentale della
formazione manageriale. E, come traspare perfino da questi brevi
cenni, non si innesta in una persona con una lezione ex cattedra,
con delle semplici sessioni di addestramento o con la sola formazione sul campo.
La complessità delle capacità da sviluppare pone una sfida alla
impostazione ed alla organizzazione del processo formativo che
diventa una parte del mestiere del docente di management.
In parallelo a queste capacità cognitive chi svolge un lavoro
manageriale deve sviluppare anche un set di competenze organizzative, posto che, a differenza del tecnico, egli opera attraverso e con le persone. Ed anche qui si apre un fronte ampio di conoscenze e di skills che dovrebbero essere nel patrimonio di chi
aspira a svolgere questo lavoro.
La conoscenza dei comportamenti organizzativi tipici, la capacità
di interpretare i bisogni delle persone, l’abilità nel coinvolgerle
nel lavoro collettivo sono requisiti di fondo di chi fa management.
La formazione manageriale deve farsi carico di sviluppare anche
questa componente.
Anche in questo caso, lo sviluppo di queste conoscenze e di queste capacità passa attraverso processi difficili e delicati che spesso stridono con il concetto di formazione d’aula, presupponendo
invece una forma di sperimentazione in proprio, sia pure accompagnata. Chi si occupa di formazione manageriale sa bene quanti sforzi, quanti tentativi ed anche quanti fallimenti vi sono stati
La formazione manageriale
fra Scilla e Cariddi
Claudio Dematté,
Past President ASFOR, Presidente SDA Bocconi
Sono passati anni da quando ho cominciato ad occuparmi di formazione manageriale. Troppi anni..
Da allora qualche passo in avanti si è fatto. Ma quanti scacchi
subiti! Quanti ritardi nel riconoscere il ruolo cruciale di questa
attività nel funzionamento di una società moderna! Quante resistenze e quanto sottovalutazione lungo la strada!
Di un punto solo mi occuperò in questa breve nota: del rischio
sempre presente che la formazione manageriale scivoli alternativamente o nel mero addestramento, per di più di importazione,
(Scilla) o nella pura teorizzazione astratta e de-contestualizzata
(Cariddi). Un rischio presente da sempre. Perché allora riprenderlo oggi? Perché è e rimane la singola maggiore minaccia interna
alla credibilità di questa attività.
Ragionare sul rapporto fra addestramento e formazione è questione
assai delicata. Si rischia, anche non volendolo, di stabilire una graduatoria di qualità, degradando la prima attività ed innalzando la
seconda, mentre sono entrambe necessarie ed importanti. Al tempo
stesso il confronto è strumentalmente utile per chiarire i contenuti
dell’una e dell’altra attività e quindi i rispettivi ruoli. Come indica
l’etimo stesso, l’addestramento è un processo attraverso il quale si
abitua una persona ad usare con destrezza uno strumento. In qualsiasi professione questo è un passaggio necessario ed importante.
Lo è per un falegname, per un pilota, per un medico e lo è anche per
uno che deve governare un’impresa o una parte di essa. La capacità
di usare con destrezza gli strumenti della contabilità, dell’analisi di
bilancio, della programmazione della produzione, dell’analisi del
cash flow, della selezione del personale è una componente essenziale e non eludibile nella professione manageriale. Lo snobismo di
taluni cultori delle discipline manageriali verso questo aspetto del
mestiere è mal posto. Nessuno di noi si farebbe operare da un chirurgo di grande intelligenza e di grandi vedute che non abbia anche
il dominio nell’uso degli strumenti con i quali deve – individuato il
problema – operare.
Riconoscere l’importanza fondamentale di questa componente
del mestiere non significa affatto – come fanno taluni – ritenere
che essa basti ed avanzi.
Per avere una vera, autentica, formazione manageriale occorre
dell’altro.
Altrimenti si ha un tecnico, magari ottimo, ma non un manager;
meno che meno un leader; certamente non un manager imprenditore. E’ la definizione di questo qualche cosa in più quello che
determina il passaggio dall’addestramento alla formazione, non
solo nel campo manageriale, ma in tutti i settori.
Per comprendere in che cosa consiste questo qualche cosa di più
occorre osservare e ri-osservare con molta cura e con molta ricerca l’essenza del lavoro di chi ha la responsabilità di guidare e di
governare un’organizzazione o una sua parte. Si scopre così che
vi sono una varietà di ruoli e di compiti, spesso molto diversi
l’uno dall’altro, sia salendo i gradini della gerarchia sia spostandosi orizzontalmente fra gli stessi. Ruoli e compiti diversi che
comportano non solo l’uso di differenti strumenti di analisi, ma
anche campi di osservazione diversi, dotati di morfologie e di
logiche differenti. Ma, pur con tutta la diversità che risalta, si
trova che il lavoro manageriale, ed a maggior ragione quello
imprenditoriale e di leadership presuppone il possesso di alcune
conoscenze e di alcune capacità che vanno al di là ed oltre il
dominio degli strumenti del mestiere.
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SEZIONE 2 - CONTRIBUTI
E
SPUNTI
DI
RIFLESSIONE
DEI
PAST PRESIDENT
nel tentativo di trovare il modo di fare maturare nelle persone
questo tipo di capacità.
Vi sono infine una serie di altri elementi che confluiscono nella
personalità dei manager e dei leader efficaci: elementi più attinenti alla gestione del proprio equilibrio interno, al governo delle
ansie di fronte alle decisioni ed alle tensioni che sono consustanziali con l’attività manageriale, alla preservazione degli spazi di
vita personale e familiare.
Quanto detto è sufficiente – credo – ad illustrare quanto ampio e
difficile sia il terreno sul quale occorre lavorare per formare un
buon manager. Il susseguirsi di mode ha di volta in volta fatto
credere che la priorità fosse la capacità di usare gli strumenti di
management, ovvero la formazione economica, oppure quella
meramente organizzativa o comportamentale, mentre la vera formazione manageriale è l’intreccio intelligente di tutte queste
componenti.
Deleterie sono, non solo le posizioni di chi identifica questo tipo
di formazione con la mera pratica degli strumenti di management, ma anche quella di chi, cogliendo l’essenza del lavoro
manageriale nelle altre componenti, le reputa trasmissibili con la
semplice comunicazione di dotte ricerche o peggio ancora –
come è diventata tendenza recente – con rigorose analisi quantitative che per trovare relazioni fra fenomeno complessi li semplificano fino a renderli irriconoscibili rispetto alla realtà.
L’oscillazione fra Scilla e Cariddi rispecchia la complessità del
fenomeno che induce chi a vedere un aspetto chi un altro e ad
eleggerlo come il caposaldo ed il centro. Ma privilegiare l’uno e
trascurare l’altro priva la formazione manageriale della sua proprietà più specifica: quella di essere un insieme armonico di
conoscenze e di capacità per la cui maturazione sono necessari
processi altrettanto complessi quanto quelli dei fenomeni al cui
governo essa si dedica.
ASFOR un costante impegno per una
formazione manageriale seria: ricerca e
sperimentazione
gestire al giorno d’oggi. In tutte le aziende i dirigenti sono molto
pressati dal lavoro, accorciare i tempi d’altra parte rischia di
vanificare l’obiettivo primario e può tradursi in un “bignamino”
dell’attività manageriale con corsi svolti da più parti che sono nel
migliore dei casi dei meri distributori di conoscenza.
Leggevo in questi giorni un discorso sulla formazione delle piccole e medie imprese e i dati sono sconfortanti. Negli anni ‘992000 il 61,3% delle imprese piccole e medie non ha realizzato
alcuna attività formativa. Il numero delle aziende che non ha realizzato formazione è salito nel 2000 sensibilmente rispetto
all’anno precedente.
Un dato che preoccupa è che cosa si intende fare nel biennio
2000-02 e salta agli occhi il primo dato, il 58,7% non intende fare
formazione, il 34,1% pensa di fare formazione di tipo tecnico e
la formazione di tipo manageriale riscuote un magrissimo 1%.
Non ho i dati per le medie e grandi aziende, ma dal mio osservatorio e mi auguro di sbagliare la formazione manageriale, intendo quella seria, subisce delle restrizioni dal tempo che viene
richiesto e dall’ordine di grandezza dei costi, e noi tutti sappiamo
benissimo come “attuare della formazione manageriale seria” ha
un costo elevato e quindi anche il prezzo risulta alto.
Certamente ancora oggi rimane un certa riluttanza ad avvalersi di
programmi di formazione manageriale.
Allora il secondo problema è quello di favorire la formazione
manageriale.
Al di là del possibile riconoscimento di sgravi fiscali io auspico
che l’Asfor riesca a farsi finanziare per i propri associati 2 cose:
a - una seria ricerca a oggi sui risultati della formazione manageriale come quella fatta a suo tempo da Martin De Wilmars
o la grande ricerca effettuata da Harvard (ma mi riferisco a 30
anni fa).
b - la seconda è invece il finanziare investimenti sperimentali
sulla formazione manageriale, questo ritengo sia una delle
chiavi per tornare a dare più vitalità al settore. Dobbiamo sperimentare formule nuove sia sul piano dei contenuti che su
quello dei metodi per aumentare il loro tasso di innovazione.
Ricordo solo per brevità la trentennale disputa se l’obiettivo dei
corsi di formazione sia migliorare le conoscenze, acquisire delle
competenze o apprendere delle metodologie.
Io feci l’Ipsoa a Torino 30 anni fa e per contenuti, metodi e attenzione all’apprendimento il mio programma, che veniva gestito
Gianfranco Gambigliani,
Past President ASFOR
Sono passati molti anni, credo circa 20 da quanto ho avuto l’onore e il piacere di essere Presidente dell’Asfor.
Era l’amaro periodo del terrorismo e il mio predecessore l’Ing.
Giacomazzi aveva appena subìto come Presidente Asfor un attentato nel quale era stato ferito ad una gamba. Ricordo che l’atmosfera era cupa e per qualche sconosciuta ragione i terroristi ce
l’avevano in modo particolare con la formazione. Qui a Torino
infatti Prima Linea aveva sparato a 5 degli assistenti della Scuola
di Amministrazione Aziendale, di cui 3 sono poi diventati nostri
dipendenti; hanno anche minacciato i giovani studenti che se non
fossero rimasti a casa dal giorno dopo, la prossima volta avrebbero sparato anche a loro. Avevo ereditato anche una segreteria il
cui unico scopo era quello di ostacolare la presidenza.
Questo è il quadro in cui si è svolta la mia presidenza.
Molto tempo è passato ma alcuni problemi sono ancora vivi, e ne
vanno perseguite le soluzioni.
1 - l’Asfor a mio parere deve sempre di più essere interlocutore
vivace del potere politico e di altri poteri forti, Confindustria,
associazioni ecc., per poter favorire l’attività di formazione
manageriale nei suoi differenti aspetti, dai master ai programmi
per Direttori. Quando si parla infatti di formazione manageriale,
si parla di parecchie cose diverse: dai Master in Business
Administration a quelli specialistici, dai corsi per migliorare le
competenze a quelli per ottenere dei mutamenti nei comportamenti e tante altre cose che voi ben sapete.
L’Asfor è composta da diversi tipi di soci che sono istituzioni e
che spesso hanno obiettivi non identici, ma bisogna potere
cogliere gli aspetti comuni nelle differenti modalità.
2 - Vi è poi un problema che si è fatto serio della contraddizione
fra la necessità che una reale formazione abbia luogo e la necessità di utilizzare tempi lunghi che però sono molto difficili da
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SEZIONE 2 - CONTRIBUTI
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SPUNTI
DI
RIFLESSIONE
DEI
PAST PRESIDENT
solamente da professori americani per tutti i 9 mesi del corso, era
estremamente innovativo (forse troppo) per l’ambiente in cui noi
ex-allievi ci siamo poi trovati a operare. Mi auguro che quelli di
oggi, e soprattutto quelli di domani, siano altrettanto atti ad
affrontare i problemi che si presenteranno.
Finanziando sperimentazioni di programmi che possono verificare
i risultati ottenibili con un mix diverso, e con l’obiettivo di essere
elemento di trazione della realtà manageriale (senza fuggire nell’utopia) e ciò al di fuori dei vincoli fiscali economici; questo consentirebbe di riportare la formazione manageriale a una maggiore
accettazione da parte dei clienti senza per altro rinunciare agli
obiettivi di efficacia che da sempre abbiamo dovuto porci.
Perché tutti noi che insegniamo, e questo è abbastanza recente,
sappiamo che nella gestione manageriale l’importante è sempre
tenere come obiettivo non solo la soddisfazione del cliente che
partecipa, ma anche il risultato di utilità che il partecipante a un
programma di formazione manageriale dovrebbe diffondere ai
futuri utenti.
Anche in USA i corsi per manager presso le università sono in una
certa crisi, causata dagli stessi motivi proprio come in Italia, e dalla
terribile concorrenza che le 2000 Corporate University attuano
anche nel fare programmi più aderenti alle esigenze delle aziende.
3 - Il terzo punto che vorrei sottolineare è quello di una più sistematica preparazione dei docenti nelle capacità didattiche sul
come organizzare l’apprendimento e non solo fare una lezione e
discutere dei casi; questo comporta un’attenzione particolare e
modifica il ruolo del docente in quello di un professional più
attento al processo di apprendimento e ai metodi per ottenere i
reali risultati e non lo show in classe.
In questo quadro potrebbe inoltre essere molto interessante un
approccio concreto attraverso pratiche sperimentali anche per la
formazione dei dirigenti/docenti, che sono spesso depositari dei
contenuti ma non hanno per lo più, ne possono avere una reale
competenza nel processo di ottenere apprendimento.
Ricordi e brevi riflessioni sulla
formazione manageriale
dire se si trattò di una non sufficiente sensibilità delle imprese al
tema, allora emergente, sulla incapacità di comprendere la differenza tra un corso di general management ed uno di management
della tecnologia, sulla incapacità a comunicarla, o se il programma non fosse sufficientemente differenziato.
Verso la fine degli anni 70 nacque a Milano il MIP (allora Master
in Ingegneria della Produzione) su iniziativa del Prof.
Brandolese, del compianto Prof. Turco e mia; iniziativa che in
seguito vide una partecipazione più consistente del corpo docente del Politecnico e che sfociò, alcuni anni dopo, nel Master in
gestione di impresa accompagnato successivamente da una
ampia serie di iniziative.
Nei primi anni di vita di questi Master il rapporto privilegiato si
svolgeva lungo l’asse istituzione-impresa, anche in relazione al
fatto che, salvo rari casi, l’attività di formazione svolta direttamente dalle grandi imprese si andava via via contraendo, preferendo avvalersi di istituzioni esterne.
Con il passar del tempo, l’offerta dei Master, pur avendo subito
alti e bassi, si è fortemente dilatata, con la conseguente necessità
di regolamentare l’impiego di nomi per creare la massima trasparenza. In questo senso, il ruolo dell’Associazione è stato ed è
cruciale.
Tuttavia, il termine Master, non essendo protetto, è stato in certi
momenti sottoposto ad un impiego incontrollato, ingenerando
talvolta confusione nel “consumatore”, e deteriorandone l’immagine originaria.
Oggi, l’ampiezza dell’offerta (vedi Figura 1) non mi consente di
spaziare. Mi limiterò a fare qualche riflessione, che spero interessi il lettore, su alcune categorie.
Nel caso degli MBA, corsi “classici” caratterizzati da lunga durata, la concorrenza trascende i confini del nostro Paese.
L’attrazione per omologhi corsi all’estero resta sempre notevole
per gli allievi che possono permettersi l’investimento, perché nell’immaginario collettivo la “autentica” cultura manageriale è di
radice anglosassone. Così, la risposta del nostro sistema compe-
4 – L’Asfor potrebbe farsi promotore di un centro di management
che tenti ancora una volta di imporsi ed essere sostegno delle
aziende medie e medio-piccole che - anche se non possono permettersi corsi riservati ai loro collaboratori - vogliono far partecipare dei numeri significativi di loro collaboratori a un programma interfunzionale e intersocietario; in modo da poter raggiungere anch’essi una massa critica di persone aggiornate, in
grado di favorire e attuare i cambiamenti sempre più necessari
che ci stanno di fronte.
Franco Giacomazzi,
Past President ASFOR, Politecnico di Milano
L’inizio della formazione manageriale nel nostro Paese credo
possa collocarsi verso la metà degli anni sessanta, attraverso una
azione di sensibilizzazione sostenuta da grandi imprese e ad esse
prevalentemente rivolta, con il coinvolgimento di qualche università. Ricordiamo che in quegli anni la sensibilità per le discipline manageriali, nel “taglio” di oggi, era globalmente modesta:
le facoltà di Ingegneria, tanto per ricordare un esempio, proponevano timidamente una o due materie “gestionali”(nel linguaggio di oggi) inserita nei corsi di laurea tradizionali.
Negli anni immediatamente successivi, alcune grandi imprese si
dotarono di “ricche” e corpose strutture di formazione, che operavano sia con l’impiego di forze esterne che autonomamente.
C’era forte volontà, determinazione e capacità di investimento.
Ricordo, non senza una punta di nostalgia, la scuola Montedison
di Angera, che mi vide coinvolto direttamente, e quella di
Marentino, poi guidata dal mio vecchio amico Gambigliani.
L’Asfor, costituita inizialmente da un limitato numero di associati, si andava via via allargando, e nel periodo in cui io tenni la
presidenza contava già una ventina di soci.
Quelli erano tempi per così dire eroici: il tema principale era lo
scambio intenso di esperienze, l’impostazione dei programmi, la
loro natura, la formazione dei docenti, l’apprendimento, la ricerca e lo sviluppo di casi.
Ci fu anche una iniziativa sfortunata, della quale mi dispiacio
ancora: la scuola internazionale di management della tecnologia,
presso l’ex collegio delle Stelline, a Milano, appositamente e
doviziosamente ristrutturato. E’ difficile, a distanza di tempo,
risalire con precisione alle cause di quel fallimento: non saprei
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SEZIONE 2 - CONTRIBUTI
E
SPUNTI
DI
RIFLESSIONE
Figura 1
In relazione
alla fonte
di finanziamento
PAST PRESIDENT
allievo) nel senso che si è venuto rafforzando il raccordo istituzione-individuo, mentre tra individuo e impresa si determina talvolta addirittura contrapposizione (l’allievo chiede aspettativa ed
alla fine si dimette; si dimette all’inizio del corso; si iscrive al
“serale” per non turbare l’equilibrio al posto di lavoro,…).
Di certo, le imprese hanno, credo, oggi minore disponibilità a
rinunciare ai collaboratori di alto potenziale per tempi lunghi.
L’evoluzione di cui ho parlato può schematizzarsi così (figura 2):
Ritengo necessario recuperare questo rapporto indebolito. Ciò è
possibile, e si sta facendo, sia attraverso il meccanismo dei consorzi e delle associazioni, sia inventando formule che migliorino
il coinvolgimento dell’impresa cercando di stimolarne l’interesse
di breve piuttosto che di lungo.
Tanto per esemplificare, il MIP, in collaborazione con
Assolombarda, ha attivato un progetto “semicustom”, nel quale
ad uno zoccolo comune di base si affianca un project work in
azienda in modo da focalizzare l’interesse di quest’ultima su temi
per essa rilevanti, in modo tale che l’allievo possa essere anche
valutato direttamente..
Lo zoccolo, poi, è distribuito su un arco temporale lungo, gestito
attraverso il meccanismo dei crediti con possibilità di conseguire
un titolo, in modo da limitare l’impegno dell’allievo a vantaggio
dell’azienda, mentre il project work è fortemente supportato da
tutor aziendali.
Sulla didattica ed i contenuti: la didattica di fondo e lo stile di
education non è sensibilmente mutato nel tempo (didattica per
casi, per animazione, per discussione, impiego di project work).
Sono invece migliorati i supporti, ora di aspetto più accattivante.
I contenuti, ovviamente, hanno subito l’evoluzione che è loro
propria, con una modifica della piattaforma di conoscenze già
acquisite e con l’inserimento di tematiche nuove, come ad es.
quelle legate all’ambiente. Ma l’aspetto più importante sta nel
riconoscere il fatto che, essendo oggi le persone più informate e
più esigenti ed il mondo più interconnesso, si impongono sempre
più preoccupazioni e criteri “didattici” non soltanto economici o
tecnici, ma anche sociologici e politici, il che richiede maggiormente un orientamento sistemico, che metta in luce le connessioni e sottolinei i raccordi.
Fattore di successo, comunque, resta la validità e il commitment del
docente, la numerosità della classe e la sua motivazione; e per realizzare quest’ultima, ritengo che il corso a pagamento o con borse
di studio concesse da enti/società che manifestano interesse forte e
lo trasmettono agli allievi sia un elemento di grande rilevanza. I
corsi gratuiti finanziati da enti lontani dall’allievo segnalano situazioni frequenti in cui questi inizialmente accetta ma sovente partecipa poco o si ritira “in corso d’opera” in quanto l’iniziativa è spesso vissuta come area di parcheggio. L’onere finanziario rende lo
studente esigente: egli si aspetta attenzione e qualità.
Un aspetto non ancora del tutto risolto, invece, riguarda la notevole frammentazione della docenza, considerata dai più fatto inevitabile, ma di certo non favorevole, che rende meno facile la
valutazione e il coordinamento. E’ questa la differenza con le
grandi scuole?
Che succederà nel prossimo futuro con i Master universitari di
recente istituzione? Credo che per quelli consolidati cambierà
poco, ma il rischio è una proliferazione di corsi a partecipazione
gratuita, che presentano i problemi citati sopra i quali, se dovessero svilupparsi in modo significativo, potrebbero compromettere l’immagine istituzionale del Master.
Ritengo debbano trovarsi soluzioni atte ad assicurare una partecipazione effettiva e duratura.
Un accenno merita l’e-Learning sul cui, per la formazione manageriale, esprimo perplessità, in quanto l’education manageriale
non può prescindere dall’interazione sociale, che ne è il collante.
• Corsi venduti sul mercato
libero
• Corsi finanziati da istituzioni
pubbliche
• Corsi captive
La prima categoria si rivolge a clienti paganti
(sia direttamente che attraverso imprese)
Le attività finanziate da Enti Pubblici ricevono fondi dal
Fondo Sociale Europeo, dalle regioni, ecc.
La terza categoria riguarda le attività formative svolte
da imprese (grandi)a favore di loro dipendenti
La classificazione ha senso ha riflessi sul target e
la motivazione dell’allievo
In relazione alla
ampiezza
(scope)
DEI
• Corsi MBA, di lunga durata
e ad ampio spettro
• Corsi di general
management focalizzati
su un settore
• Corsi funzionali/specialistici
Figura 2
titivo si svolge su due piani: mantenere alta la qualità e attivare
corsi in lingua inglese nel tentativo di attrarre studenti stranieri,
che apprezzino anche il nostro Paese in quanto tale, cioè lo stile
di vita ed i tesori d’arte e di paesaggio.
Recentemente, sono stati proposti corsi di general management
dedicati a settori specifici (ad. es. Il settore delle utilities): hanno
riscosso un buon successo, mediamente superiore, a mio parere,
a quello dei corsi funzionali. Ciò significa che la domanda privilegia una visione di insieme multidisciplinare piuttosto che la
specializzazione rigorosamente “verticale”.
Il nuovo assetto che si è venuto a creare (formazione istituzionale erogata all’esterno dell’impresa) ha modificato, per quanto
riguarda gli MBA, il rapporto tra gli attori (istituzione-impresa-
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SEZIONE 2 - CONTRIBUTI
E
SPUNTI
DI
RIFLESSIONE
DEI
PAST PRESIDENT
Non si può essere manager senza capacità di comunicare.
L’e-Learning ha invece una notevole utilità per gli aspetti puramente nozionistici, per i quali il lavoro personale senza interazione è valido, in preparazione a un confronto collettivo con il
docente ed i colleghi.
E’ anche possibile personalizzare i contenuti di cui un singolo od
un gruppo omogeneo ha bisogno; ma in tale caso necessita conoscerne il profilo specifico, per cui la cosa è più adatta a popolazioni all’interno di imprese e, di fatto, grandi imprese.
Da non sottovalutare, poi, l’elevato investimento necessario,
salvo i casi di semplice ripresa televisiva (che poi non è vero e
proprio e-learning) di lezioni cattedratiche, che possono avere la
loro validità in adatto contesto.
Per concludere, è un utile strumento coniugabile in varie forme,
da adattarsi alle singole situazioni di apprendimento non isolate.
Qualche considerazione conclusiva:
• la formazione è in crescita e continuerà a crescere, perché la
risorsa umana è, in fondo, l’unica vera risorsa e fattore di successo se ben preparata;
• si assiste ad un risveglio delle PMI, la cui attenzione si sta
orientando verso gli aspetti gestionali e manageriali e non
solo specialistici;
• sono auspicabili maggiori investimenti in ricerca e la presenza nelle nostre faculties di docenti provenienti da altre nazioni: di certo, altrove, una faculty internazionale è fattore di
prestigio, successo, sviluppo culturale, anche se ciò si scontra con un male tipicamente italiano: la scarsa conoscenza
delle lingue.
Il ruolo della formazione manageriale
nel settore del credito
Montecatini, Bordighera e Ischia) diretti al personale direttivo
della quattro banche, sulle tematiche della formazione manageriale: il sistema informativo direzionale, la programmazione delle
risorse umane, il controllo di gestione, il rapporto banca-impresa,
metodi manageriali per la direzione della filiali delle aziende di
credito.
I temi trattati in questi seminari venivano successivamente trasferiti ai ruoli “chiave” delle strutture centrali e periferiche delle
banche in discorso.
E’ appena il caso di ricordare che in quel periodo (verso la fine
degli anni settanta), le banche fissavano ancora i prezzi dei loro
prodotti senza conoscere i rispettivi costi unitari e ciò era possibile perché operavano in un regime di oligopolio protetto e il
margine operativo era tale che i ricavi complessivi coprivano
facilmente i costi.
Alcuni anni dopo, però, l’attività di gestione delle aziende di credito diventò molto più complessa e per fronteggiare le crescenti
difficoltà cui andava incontro il processo decisionale, fu necessario puntare le scelte su uomini meglio preparati sul piano professionale, capacità manageriali sempre più elevate e strumenti di
gestione idonei per realizzare il passaggio da una direzione di
tipo tradizionale ad una direzione di tipo imprenditoriale.
I dati che venivano esaminati dalle autorità monetarie facevano
prevedere un futuro molto difficile per le banche e noi, come
responsabili dei centri di Formazione, per sensibilizzare i vertici
aziendali sulla necessità di introdurre quelle tecniche di gestione
indispensabili per poter razionalizzare l’uso delle risorse, facemmo tesoro del conforto e del prestigio dell’ASFOR e dei risultati
che venivano conseguiti nelle aziende di altri settori, dove da
molto tempo, erano state applicate.
Tra i molti servizi che venivano offerti dall’ASFOR, ricordiamo
i corsi per docenti aziendali di formazione e la “Centrale dei casi”
gestita dalla SDA Bocconi.
Nel concludere questo breve contributo, che vuole essere una
testimonianza della esperienza in ASFOR, durata fino al 1987,
data del mio collocamento in pensione con il grado di direttore
centrale del Banco di Napoli, sento il dovere di ringraziare tutti
coloro che hanno reso possibile a questa nostra Associazione di
sviluppare una qualificata attività di promozione della cultura
manageriale che ci consente, oggi, di festeggiare, con un bilancio
largamente positivo, il trentesimo anniversario della Fondazione
di ASFOR.
Mario Lacchi,
Past President ASFOR, Direttore centrale a.r. del Banco di Napoli
L’attività di formazione nel settore del credito è nata all’inizio
degli anni settanta, a seguito della partecipazione alle iniziative
della Fondazione Agnelli: Progetto Valletta del sottoscritto e di
altri dirigenti bancari che furono attratti dalla “scoperta” dei contenuti della formazione manageriale che possono essere così sintetizzati:
- la conoscenza di teoria e di principi che consentano di interpretare l’evoluzione della Società del sistema economico
nonché il funzionamento delle organizzazioni complesse;
- la conoscenza di un sistema di capacità necessarie per svolgere il ruolo di leadership;
- la conoscenza delle moderne tecniche di gestione.
Nel 1972 l’adesione all’ASFOR e la conoscenza del gruppo di
uomini di primissimo ordine che ne costituivano il nucleo centrale (Gianfranco Gambigliani Zoccoli, Franco Giacomazzi,
Claudio De Matté, Aldo Fabris, Pasquale Gagliardi, Danilo Elia,
Gabriele Morello ed altri) ci diede l’impressione di entrare in
contatto con un nuovo mondo quello della cultura manageriale,
distante anni luce dalla cultura delle banche: l’economia delle
aziende di credito, i bilanci, il diritto privato che erano alcuni dei
componenti della nostra professionalità.
Nel 1974 partecipammo alla progettazione e alla realizzazione
del primo corso “Fordom” per docenti di management, che si
svolse, per i primi tre mesi presso l’Isvor Fiat di Marentino e per
il quarto mese, presso il centro di formazione Montedison di
Angera.
A questo corso parteciparono dirigenti del Banco di Napoli, del
Banco di Roma, Fiat, Montedison, Eni, Pirelli, SDA Bocconi,
Confindustria, Formez.
Nella seconda metà degli anni 70 la formazione cominciò a
diffondersi in tutte le banche, e i Centri di Formazione del Banco
di Napoli, del Banco di Sicilia, dell’Istituto Bancario S. Paolo di
Torino e del Monte dei Paschi di Siena, aderenti all’ASFOR,
costituirono un comitato di cordinamento per la progettazione e
la realizzazione di una serie di corsi residenziali (a Taormina,
29
SEZIONE 2 - CONTRIBUTI
E
SPUNTI
DI
RIFLESSIONE
Quali erano, in concreto, i temi che si discutevano e le opzioni
che si ponevano a chi aveva il compito di gestire la nuova associazione?
Uno dei temi più discussi era se l’Asfor dovesse essere più
un’associazione “per la pesca” (allargamento dei soci, cura dei
mercati istituzionali, potenziamento della comunicazione esterna) o “fra i pescatori” (potenziamento delle scuole esistenti, qualità dei programmi offerti, cooperazione e scambi all’interno del
sistema). In concreto, si cercò di ottemperare ad ambedue le esigenze.
Altro argomento oggetto di discussione era la natura dei compiti
manageriali, con conseguente dibattito sui metodi d’insegnamento. Sbloccato il concetto di dirigente d’impresa dalla sua connotazione tradizionale, ed accettato che, oltre che la dimensione
economica e tecnica del decision maker, la formazione dovesse
riguardare gli atteggiamenti e i comportamenti, la questione
coinvolgeva l’efficacia dei metodi (lezioni, casi, lavori di gruppo, etc.) per raggiungere gli obiettivi desiderati. Da qui l’attivazione di incontri e riunioni per discutere e approfondire questioni di metodo relative ai processi di apprendimento del “saper
fare” e del “saper essere”. Negli anni ’70, questa tematica fu
oggetto di ricerche specifiche, collegate con le attività della
European Foundation for Management Development (EFMD),
con la quale l’Asfor attivò un collegamento, tuttora esistente, che
si rivelò assai utile per avvicinare le esperienze italiane agli sviluppi europei.
Un terzo argomento riguardava il management delle scuole di
management.
Ciò implicava aspetti di fondo, come i rapporti delle scuole con i
loro danti causa; l’opzione: scuole indipendenti/scuole aziendali;
strategie di crescita e tattiche di sopravvivenza; allocazione delle
risorse e rapporti con il mercato; modalità di gestione interna
delle varie scuole, mentre similitudini e differenze fra settore privato e settore pubblico si andavano delineando con influenze
dirette sullo scenario della formazione.
E’ interessante rilevare che, pur nelle profonde mutazioni avvenute in questo trentennio in tutti i suoi aspetti tecnici, economici
e sociali, alcune problematiche di fondo dell’antico contesto esistono ancor oggi; così come è giusto rilevare che l’Asfor, nel
tempo, non ha mancato di adeguarsi con realismo alle nuove
situazioni, spesso anticipandole, a sostegno e per lo sviluppo del
sistema formativo nazionale.
E’ facile prevedere che nei prossimi anni il suo ruolo continuerà
ad essere di decisiva importanza.
ASFOR: Associazione impegnata a
sostenere lo sviluppo della formazione
manageriale
Gabriele Morello
Past President ASFOR, Direttore ISIDA
Quando nacque l’Asfor, di cui oggi si celebra il trentennio, lo
scenario della formazione manageriale in Italia era presso a poco
questo:
• pochi istituti specializzati, tutti impegnati, oltre che nello
svolgimento dei propri programmi, nella promozione della
formazione manageriale nei confronti di un mercato ancora
da sviluppare e da convincere;
• esigenza di affermazione, da parte delle scuole, della propria
identità e del proprio posizionamento. Nella maggior parte
dei casi si trattava di organismi fragili, dotati di modeste
risorse, con pochi docenti, programmi limitati e scarsa propensione alla ricerca;
• subalternità della formazione manageriale nazionale sia
rispetto agli USA, patria riconosciuta della management education, sia rispetto a quei Paesi europei dove la formazione
veniva realizzata da organismi forti e consolidati;
• appoggio più verbale che sostanziale da parte delle aziende e
delle istituzioni nazionali; e questo stesso più nel settore privato che nel comparto pubblico, dove la moderna formazione dei dirigenti e dei quadri superiori era praticamente inesistente;
• posizione critica, se non antagonistica, rispetto
all’Università: istruzione accademica e formazione dei dirigenti di azienda erano, salvo rare eccezioni, due mondi a sè
stanti che percorrevano strade parallele, con poche occasioni
(e poca volontà) di cooperazione;
• ricerca di una linea strategica, capace di potenziare la qualità
della formazione e di accreditare il settore nelle sedi importanti del Paese.
In questo scenario, lo sviluppo dell’Asfor – organismo creato,
con l’incoraggiamento della Fondazione Agnelli, da sei scuole:
Cuoa, Ifap, Fiuniv, Formez, Isida e Istud - trovava i suoi limiti ma
anche i suoi stimoli nel perseguimento dell’obiettivo di sostenere il sistema della formazione manageriale e di avviarlo verso
quella crescita, oggi testimoniata dalla sua affermata presenza su
scala nazionale.
30
SEZIONE 3 - RICERCHE
Sezione 3
Ricerche
Ricerca ASFOR: L’attività di formazione dei soci ASFOR per le Pubbliche
Amministrazioni Report 2001 - SINTESI DELLA RICERCA SU
“L’ATTIVITÀ DI FORMAZIONE DEI SOCI ASFOR PER LA P.A.”
INSERITA ALL’INTERNO DEL “V RAPPORTO ANNUALE
SULLA FORMAZIONE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE”
ELABORATO E PUBBLICATO DAL DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
linee di tendenza e le concrete attività formative realizzate dagli
associati ASFOR per le P.A..
L’indagine - che per la seconda volta è stata inserita con un
apposito capitolo (di seguito riportato) all’interno del “V°
Rapporto annuale sulla formazione nella Pubblica
Amministrazione” elaborato dal Dipartimento della Funzione
Pubblica- vuole essere un contributo per meglio capire le dinamiche evolutive dei processi formativi sviluppati dalle P.A..
Con l’obiettivo di far emergere gli “aspetti critici” e le “soluzioni innovative” per la costruzione della “Nuova Pubblica
Amministrazione”, che dovrà sempre più essere capace di
rispondere ai bisogni dei “Cittadini/Clienti/Utenti”, concretizzando così la propria mission.
Attraverso i dati forniti dai Soci ASFOR si conferma il continuo
incremento e consolidamento delle attività di formazione all’interno delle Amministrazioni Pubbliche, ed in parallelo trova
riscontro il dato di una sempre maggior attenzione verso la
“qualità” di tali prodotti e delle Istituzioni che li realizzano.
Le Pubbliche Amministrazioni sono sempre più dei Clienti “esigenti”, in grado di orientare/guidare anche la fase di progettazione.
Inoltre viene confermato, in linea con le indicazioni delle precedenti ricerche, che è in atto da parte dei Soci ASFOR un significativo sforzo per rendere i programmi formativi sempre più aderenti ai concreti bisogni del Settore Pubblico, anche attraverso
il diretto coinvolgimento delle Istituzioni e dei Professional del
Sistema Pubblico.
Risulta significativo il consolidamento delle esperienze di formazione/affiancamento sul campo, l’utilizzo degli strumenti
dell’ICT con una sempre maggiore attenzione ai processi di
FAD/e-learning. Con un progressivo utilizzo di nuove
“forme/metodologie” di formazione, che portano sempre più ad
un reale confronto fra le migliori esperienze del pubblico e del
privato.
E’ significativo il fatto che si sta consolidando una forte richiesta verso “competenze manageriali” che sono sempre più considerate indispensabili per accompagnare lo sviluppo organizzativo del Sistema Pubblico.
Infine le prospettive per il 2002 indicano una forte attenzione
verso l’individuazione di sistemi di sviluppo delle risorse umane,
l’area della comunicazione pubblica, il project management e la
formazione formatori. In linea, peraltro, con le indicazioni della
recente Direttiva Frattini che auspica la specializzazione all’interno delle amministrazioni di risorse dedicate alla formazione.
Un ringraziamento va a tutti i collaboratori ed ai Soci che hanno
fornito dati di grande interesse, in particolare al Prof. Luigi
Pieraccioni Vice Presidente e Coordinatore del Gruppo Pubblica
Presentazione Ricerca
Claudio Poli,
Presidente ASFOR
Attraverso la recente direttiva del Ministro Frattini “sulla formazione e la valorizzazione del personale delle Amministrazioni
Pubbliche” è stata con efficacia riconosciuta la centralità della
formazione di qualità, quale strumento indispensabile per
governare i percorsi di cambiamento in atto all’interno delle
Pubbliche Amministrazioni: “la formazione è una dimensione
costante e fondamentale del lavoro e uno strumento essenziale
nella gestione delle risorse umane”.
ASFOR da oltre trent’anni è impegnata a svolgere un ruolo di
“garante della qualità e della coerenza dei processi formativi”,
anche attraverso la costruzione ed il rafforzamento di un
Sistema formativo manageriale italiano capace di rispondere ai
“reali bisogni” delle Amministrazioni Pubbliche, delle Imprese
e delle Organizzazioni pubbliche/private e degli Individui. Ed
ora ritiene importante accettare la sfida di collegare con efficacia il Sistema dell’Offerta Formativa privata con il Sistema della
Domanda espresso dalle Pubbliche Amministrazioni.
In tale ottica ASFOR intende riaffermare e valorizzare il ruolo
strategico delle Istituzioni, delle Scuole e dei Centri di
Management associati, impegnati a sviluppare nuovi processi
formativi appositamente progettati per le P.A., che superano,
integrandoli, gli interventi tradizionali.
ASFOR ritiene importante consolidare il rapporto di collaborazione con le diverse Istituzioni Pubbliche coinvolte, il Ministero
della Funzione Pubblica, le Regioni e gli Enti locali, ma anche
attraverso un rinnovato confronto con le Scuole della Pubblica
Amministrazione, che rappresentano un patrimonio importante
per tutto il Sistema formativo italiano. In tale ottica ASFOR
considera strategica la partecipazione alla “cabina di regia
sulla formazione”, costituita dal Ministro Frattini a seguito
della Direttiva del 13 dicembre 2001, che potrà essere un
importante momento di confronto fra i diversi soggetti attivi
nella formazione per le amministrazioni pubbliche.
ASFOR, considerato il gradimento delle precedenti edizioni, ha
ritenuto utile riproporre ed ampliare la V ricerca su “L’attività
di formazione dei Soci ASFOR per la P.A.”, presentandola in
occasione del Forum PA 2002. La ricerca ASFOR consente di
far emergere, attraverso la raccolta di “dati quantitativi”, effettuata presso associati (nr. corsi, nr. giornate, nr. ore/uomo e nr.
partecipanti…) e indicatori qualitativi es. “Temi innovativi”, le
31
SEZIONE 3 - RICERCHE
Amministrazione di ASFOR, ai membri del gruppo e a tutto lo
staff dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne che ha contribuito in
modo decisivo all’elaborazione dei dati, ed al Segretario
Generale Dott. Mauro Meda che ne ha coordinato la raccolta e
lo sviluppo.
Infine, un ringraziamento al Dipartimento della Funzione
Pubblica per aver riconosciuto nell’azione di ASFOR, e quindi
nell’operato dei Soci, un significativo contributo per lo sviluppo
di un efficace Sistema formativo per le Pubbliche
Amministrazioni.
Sintesi della Ricerca
Tavola 1. Elenco dei soci e distribuzione di alcuni parametri
SOCI
Il testo e le elaborazioni statistiche sono stati redatti da ASFOR con
il contributo dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne
Numero
Iniziative
Numero
giornate
Numero
partecipanti
Bergamo Formazione
n.c
n.c
n.c
Bic Calabria
17
79
520
1. L’ATTIVITÀ DI FORMAZIONE DEI SOCI ASFOR PER
LA PA
Bureau Veritas
14
24
150
Cerisdi
53
349
3.830
Tra i molti e qualificati fornitori di attività formative per le PA,
un ruolo di rilievo spetta anche ai soci ASFOR. L’ASFOR Associazione per la Formazione alla Direzione Aziendale - è nata
nel 1971 con l’obiettivo di sviluppare la cultura di gestione in
Italia e di qualificare l’offerta di formazione manageriale adattandola alla dinamica della domanda.
I soci ASFOR sono 67 e appartengono sia ad organismi privati
sia ad organismi pubblici. Per la prima volta da quest’anno è
associata ASFOR anche la Direzione centrale formazione e sviluppo competenze dell’INPS.
L’ASFOR ha avviato anche per l’anno 2001 una ricerca per
monitorare le attività formative realizzate dai soci per la pubblica amministrazione. L’indagine ha visto la redazione di un questionario di rilevazione ad hoc somministrato a tutti i soci.
All’indagine hanno risposto 34 soci, pari a circa il 50 % degli
associati (cfr. tav. 1)
Qui di seguito è riportata una tabella sintetica degli associati che
hanno risposto al questionario.
Nel computo complessivo si registra una forte incidenza dei dati
Inps relativi al numero di iniziative, numero di giornate e numero partecipanti. I beneficiari delle iniziative di cui sopra sono prevalentemente dipendenti interni all’amministrazione. Il peso percentuale dei dati Inps è pari a 62,2% per il numero di iniziative,
47,6% per il numero di giornate erogate, 33,9% per il numero di
partecipanti. Occorre peraltro sottolineare come il numero delle
iniziative, delle giornate e dei partecipanti, sviluppato direttamente dalle Business School, Corporate University e Società
aderenti ad ASFOR rimanga comunque significativo.
Gli associati Confindustria e Bergamo Formazione, pur avendo
partecipato alla rilevazione, non hanno potuto quantificare i dati
sulla base della griglia predisposta per la ricerca. Inoltre, IBM
Learning Services basa la sua offerta formativa su progetti ad hoc
e pertanto la rilevazione per numero di corsi, partecipanti e
ore/uomo non è stata possibile.
Cesma
1
4
28
Confindustria
n.c
n.c
n.c
Cuoa
135
387
3.396
Elea
140
2.999
n.c.
26
111
501
483
2.833
8.524
Formaper
Formez
IBM Learning Services
n.c
n.c
n.c
Ifoa
35
171
1.021
Il Sole 24 Ore
36
66
1.134
Infor
132
370
2.944
Inps
5.319
37.115
37.424
Iref
455
8.801
10.795
IRI Management
196
864
3.765
Isida
21
216
318
Ismo
103
394
1.910
Istituto Guglielmo Tagliacarne
441
10.187
6.647
37
3.426
3.000
Isvor Fiat S.p.A.
Italia Forma
58
433
365
Luiss Management
12
355
1.326
Mib
26
150
649
Profingest
99
1.037
5.079
SAA
66
1.280
3.200
254
2.821
5.026
SDOA
12
451
1.680
SOGEA
37
107
1.172
SDA-Bocconi
SPA-Lucca
248
505
2.746
Spegea
40
939
1.119
2. AREE DI INTERVENTO FORMATIVO E MODALITÀ
DI REALIZZAZIONE
Scuola Superiore
G.Reiss Romoli
30
1.238
3.083
2.1 Aree tematiche di intervento e target di riferimento
Dato il carattere multidisciplinare delle attività dei soci ASFOR,
le iniziative formative coprono tutte le aree di interesse della PA.
Nell’anno 2001, le giornate complessive di formazione per dipendenti pubblici erogate degli associati ASFOR sono state 77.952,
STOA
21
198
900
9
43
1.180
Totale complessivo
8.556
77.952
Fonte: Dati forniti dagli Associati ASFOR
113.432
SUMMIT
32
SEZIONE 3 - RICERCHE
hanno usufruito di questi interventi formativi 113.432 operatori
della PA, mentre il numero delle iniziative totali si è attestato su
8.556 (cfr. tav. 2). L’espressione iniziative totali è da intendersi
riferita al totale delle iniziative formative aggregate (per esempio,
nel caso di percorsi formativi modulari, si è considerato l’intero
percorso, nel caso di corsi in più edizioni, ogni edizione è stata
conteggiata tante volte quante sono state le edizioni realizzate).
Gli ambiti tematici che hanno realizzato un maggiore numero di
iniziative sono stati l’area tecnico-specialistica con 4.441 iniziative (51,9% del totale) e l’area organizzazione e personale con
1.887 iniziative (22,1% del totale).
E’ opportuno comunque rilevare che nell’area tecnico-specialistica
il dato dell’Inps, da solo, ha una forte incidenza (l’associato assorbe circa l’80% delle iniziative di questa tematica). Escludendo
però dall’analisi questi dati, si nota che il divario tra l’area tecnicospecialistica e le altre si riduce sensibilmente, pur essendo l’area
tecnico-specialistica la più ricorrente per numero di iniziative.
Le iniziative formative appartenenti agli ambiti tematici area tec-
Grafico 1 - Distribuzione percentuale del numero
delle iniziative per area tematica
nico-specialistica e organizzazione e personale si caratterizzano
per un consistente numero di giornate complessive (rispettivamente il 35% per l’area tecnico-specialistica e il 14% per l’area orga-
Tavola 2. Distribuzione per ambito tematico di alcuni parametri caratteristici1
AMBITI TEMATICI
Numero Iniziative
Area giuridico-normativa generale
355
Area organizzazione e personale
1.887
Area manageriale
637
Area comunicazione
188
Area economico-finanziaria
215
Area controllo di gestione
56
Area informativo - telematica
200
Area linguistica
264
Area multidisciplinare
231
Area internazionale
82
Area tecnico -specialistica
4.441
Totale
8.556
Fonte: Dati forniti dagli Associati ASFOR
Numero giornate
1.527
10.884
7.025
1.632
1.034
539
9.998
15.033
2.385
606
27.289
77.952
Numero ore/uomo
195.469
604.470
16.918.430
20.634
1.083.563
11.827
160.666
175.422
100.215
15.702
1.244.392
20.530.790
Numero partecipanti
7.483
28.181
16.264
2.751
5.464
997
2.262
4.685
4.307
1.931
36.132
110.457
Tavola 3. Distribuzione per ambito tematico di alcuni parametri caratteristici (valori percentuali di colonna)
AMBITI TEMATICI
Numero Iniziative
Area giuridico-normativa generale
4,1
Area organizzazione e personale
22,1
Area manageriale
7,4
Area comunicazione
2,2
Area economico-finanziaria
2,5
Area controllo di gestione
0,7
Area informativo - telematica
2,3
Area linguistica
3,1
Area multidisciplinare
2,7
Area internazionale
1,0
Area tecnico -specialistica
51,9
Totale
100,0
Fonte: Elaborazione su dati forniti dagli Associati ASFOR
Numero giornate
2,0
14,0
9,0
2,1
1,3
0,7
12,8
19,3
3,1
0,8
35,0
100,0
Numero ore/uomo
1,0
2,9
82,4
0,1
5,3
0,1
0,8
0,9
0,5
0,1
6,1
100,0
Numero partecipanti
6,8
25,5
14,7
2,5
4,9
0,9
2,0
4,2
3,9
1,7
32,7
100,0
1Il totale dei partecipanti di questa tavola differisce da quello della tavola 1 in quanto ISVOR Fiat ha fornito soltanto un dato aggregato del numero di partecipanti senza
fornire dettagli su ambiti tematici e livello funzionale.
33
SEZIONE 3 - RICERCHE
nizzazione del personale) ed un numero ancor più significativo di
partecipanti: 36.132 unità per l’area tecnico-specialistica (32,7%
del totale) e 28.181 unità per l’area organizzazione e personale
(25,5% del totale) (cfr. tav. 3). Anche per questi parametri valgono
le considerazioni fatte in precedenza derivanti dalla presenza dei
dati Inps, anche se in questo caso l’incidenza dei dati di tale socio
è sensibilmente inferiore.
tratta comunque di percorsi di apprendimento distribuiti su archi
temporali piuttosto lunghi.
Le giornate medie di corso per area formativa variano dalle 56,9
giornate medie dell’area linguistica alle 4,3 giornate medie dell’area giuridico-normativo generale. Ogni intervento formativo
ha avuto una durata media di 9,1 giorni e ha previsto la partecipazione media di 12,9 partecipanti.
Un altro dato interessante è la distribuzione delle iniziative formative per target di amministrazione.
Analizzando i target di riferimento a cui sono destinate le iniziative, si nota come l’area organizzazione e personale, pur non
essendo in termini assoluti la più ricorrente, ha la capacità di
attrarre un target eterogeneo (Regioni, Comuni, Province,
Comunità Montane ecc.). Tale area fa, infatti, registrare a livello
di presenza/assenza2 la più alta percentuale di incidenza fra tutti
gli ambiti tematici (cfr. tav. 4).
La distribuzione percentuale dei partecipanti alle attività formative per livelli funzionali ha evidenziato una prevalenza dell’area
funzionari (62%).
Grafico 2 - Distribuzione percentuale del numero di
partecipanti per area tematica
Grafico 3 - Distribuzione dei partecipanti alle iniziative
secondo il livello funzionale
Il numero elevato di ore/uomo dell’area manageriale (dato assoluto 16.918.430 corrispondente a 82,4% del totale) rispetto al
numero di iniziative realizzate per l’area (637) è da attribuire
quasi interamente ad un programma di formazione e sviluppo
manageriale per l’Agenzia delle entrate realizzato da Iri
Management. Il programma ha interessato circa 600 partecipanti
per un arco temporale di un anno (cfr. tav. 2).
Risulta interessante fare alcuni considerazioni sul numero consistente di giornate realizzate per le iniziative in ambito linguistico
e informatico-telematico. Infatti, sebbene queste registrino un
dato poco significativo in termini di numero di iniziative complessive (rispettivamente 264 e 200 su 8556, dato questo confermato anche dalla distribuzione per target di amministrazione), si
Tavola 4. Target di riferimento delle iniziative (percentuali di colonna)
AMBITI TEMATICI
Amministrazioni
Centrali
Area giuridico-normativa generale
11,1
Area organizzazione e personale
16,7
Area manageriale
11,1
Area comunicazione
11,1
Area economico-finanziaria
5,6
Area controllo di gestione
3,7
Area informativo - telematica
7,4
Area linguistica
5,6
Area multidisciplinare
5,6
Area internazionale
9,3
Area tecnico -specialistica
13,0
Totale
100,0
Fonte: Elaborazione su dati forniti dagli Associati ASFOR
Regioni
Comuni
Province
11,4
12,5
10,2
10,2
9,1
8,0
8,0
3,4
8,0
9,1
10,2
100,0
11,5
15,0
10,6
9,7
8,0
7,1
10,6
2,7
8,0
8,0
8,8
100,0
11,4
15,7
8,6
10,0
11,4
5,7
5,7
4,3
7,1
7,1
12,9
100,0
Comunità
Montane
9,1
15,2
9,1
6,1
9,1
6,1
9,1
6,1
6,1
12,1
12,1
100,0
Altro (Inps,
Scuola, ecc.)
9,6
13,8
8,5
7,4
12,8
9,6
8,5
2,1
7,4
8,5
11,7
100,0
2 I risultati pubblicati nella tavola 4 possono risultare in contraddizione rispetto a quelli forniti nella tavola 2. In realtà, le informazioni fornite non sono confrontabili, in
quanto il questionario chiedeva di indicare solamente se una determinata amministrazione fosse presente ad almeno una iniziativa formativa di una determinata area, senza
specificare la sua presenza in termini assoluti.
34
SEZIONE 3 - RICERCHE
che risulta una modalità di erogazione utilizzata spesso (78,6% )
e questo dato conferma l’attenzione dei soci per tipologie formative quali la formazione-intervento.
2.2 Tipologia di attività
Grafico 4 - Distribuzione dei partecipanti alle iniziative
secondo il livello funzionale
3. TEMI INNOVATIVI
75,7
80,0
78,1
La PA per raggiungere i suoi obiettivi di miglioramento continuo
del servizio ha usufruito nell’anno 2001, attraverso i soci
ASFOR, di una serie di interventi su temi che per contenuto e
natura stessa sono stati definiti “innovativi”.
Attraverso il questionario di rilevazione, l’ASFOR ha chiesto agli
associati di indicare quali fra i temi innovativi riportati nell’elenco
che segue, sono stati oggetto di interventi formativi specifici:
• Accesso e gestione dei fondi comunitari
• E-procurement
• Reingegnerizzazione dei processi
• Qualità
• Marketing dei servizi
• Controllo di gestione (anche controllo strategico)
• Comunicazione pubblica
• Valutazione progetti analisi costi benefici
• Valutazione delle prestazioni e delle posizioni organizzative
• Formazione formatori
• Project management
• Altro
Il tema innovativo che nel 2001 ha realizzato un maggiore numero
di iniziative è stato il project management con un valore percentuale che si attesta intorno al 12,1%. Seguono temi quali la reingegnerizzazione dei processi, il controllo di gestione e la comunicazione
66,1
70,0
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
18,9
10,9
4,8
10,0
10,6
7,8
6,7 6,7
2,6
0,4
0,0
Numero di iniziative
Numero di giornate
6,2
6,9
0,4
Numero di partecipanti
L’attività formativa prevalente risulta la formazione continua
(75,7%) nelle sue diverse tipologie, dalle lezioni frontali tradizionali ai percorsi formativi modulari, dai workshop alle sessioni formative; seguono le attività informative (convegni, conferenze,
seminari) con 10,9%, i percorsi di riqualificazione (6,7%) e la formazione-intervento intesa quale supporto allo sviluppo organizzativo delle amministrazioni, in una percentuale del 6,3%.
La maggiore incidenza della formazione continua è da attribuire
prevalentemente alle attività erogate dall’Inps che incide per il
71,8% del totale delle iniziative. Pertanto, lo scarto tra la formazione continua e la formazione-intervento non è da considerarsi
così netto. Il ricorso alla formazione-intervento si conferma infatti una modalità frequente e diffusa tra tutti gli associati ASFOR.
Grafico 5 - Distribuzione percentuale delle iniziative
realizzate nel 2001 e previste per il 2002
(ordinamento secondo le iniziative previste nel 2002)
2.3 Modalità di erogazione
L’ASFOR ha inoltre chiesto agli associati con quale modalità
sono stati erogati i corsi per la PA. La seguente tabella sintetizza
percentualmente le risposte:
Per quanto riguarda le modalità di erogazione, i dati evidenziano
una prevalenza dell’aula come luogo privilegiato per realizzare la
formazione (il 65,6% del campione) (cfr. tav. 5). Tuttavia le
nuove modalità, come l’uso di piattaforme di e-learning, la
videoconferenza, la formazione in autoapprendimento con audiovisivi o cd-rom, registrano una tendenza di aumento, con una frequenza in percentuale di utilizzo da segnalare.
Si sottolinea, inoltre, il significativo ricorso all’affiancamento on
the job (per esempio mediante animazione dei gruppi di lavoro)
Tavola 5. Distribuzione della modalità di erogazione secondo la frequenza di utilizzo (valori percentuali di riga)
MODALITA' DI EROGAZIONE
Mai
Formazione tradizionale (in aula)
0,0
In aula + laboratori informatici/linguistici
15,4
In autoapprendimento con strumenti multimediali
25,0
Piattaforme per l’E-learning
37,5
Videoconferenza
64,0
In affiancamento on the job (animazione gruppi di lavoro)3,6
Fonte: Dati forniti dagli Associati ASFOR
Spesso
34,4
73,1
67,9
62,5
36,0
78,6
35
Sempre
65,6
11,5
7,1
0,0
0,0
17,9
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
SEZIONE 3 - RICERCHE
pubblica che registrano un valore intorno al 10,3%. L’argomento
meno trattato dalle iniziative formative dei soci ASFOR risulta
invece l’e-procurement con una percentuale del 4%, anche in
considerazione del fatto che le Amministrazioni Pubbliche devono ancora sviluppare una chiara politica su questo tema.
Per l’anno 2002, l’attenzione degli interventi formativi si conferma su temi quali il project management e la comunicazione pubblica con valori rispettivamente intorno al 10,3% e 10,7%.
Si riporta qui di seguito una tabella sinottica con gli ambiti formativi trattati dai soci per gli anni 2001 e 2002.
Altro (specificare)
Project management
Formazione formatori
Valutazione delle
prestazioni e delle
posizioni organizzative
Valutazione progetti analisi
costi benefici
Comunicazione pubblica
Controllo di gestione
(anche controllo strategico)
Marketing dei servizi
Qualità
Reingegnerizzazione
dei processi
E-procurement
ENTE
Accesso e gestione
dei fondi comunitari
Tavola 6. Ambiti formativi trattati dai soci nel 2001 e previsione per il 2002
’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02 ’01 ’02
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Bergamo Formazione
Bic Calabria
Bureau Veritas
Cerisdi
Cesma
Confindustria
Cuoa
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Elea
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Formaper
Formez
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IBM Learning Services
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Ifoa
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IGT
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Il Sole 24 Ore
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Infor
Inps
•
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Iref
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IRI Management
Isida
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Ismo
Isvor Fiat S.p.A.
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Italia Forma
Luiss Management
Mib
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Profingest
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SAA
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SDA-Bocconi
•
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SDOA
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SOGEA
•
SPA-Lucca
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Spegea
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SSGRR
•
STOA
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SUMMIT
Fonte: Dati forniti dagli Associati ASFOR
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SEZIONE 3 - RICERCHE
esigenza di un maggiore investimento nella preparazione di
risorse specializzate, in grado di governare l’intero processo
delle attività di formazione. Tutto ciò è dunque in linea con le
indicazioni fornite nella recente Direttiva dicembre 2001 sulla
Formazione che auspica la specializzazione di risorse dedicate
alla formazione all’interno delle amministrazioni.
4. PROGETTI D’ECCELLENZA
All’interno di tutte le iniziative formative originate dai temi innovativi emergono per contenuto, partnership e metodologia didattica, alcuni progetti che vengono identificati come eccellenti.
Anche quest’anno le macro-aree all’interno delle quali si collocano questi progetti definiti eccellenti afferiscono alle tematiche
manageriali finalizzate ad accompagnare, sostenere e rafforzare i
processi decisionali e le implementazioni organizzative del
management pubblico, nel più generale contesto di riforma e
cambiamento della pubblica amministrazione.
Inoltre, numerose iniziative progettuali degli associati hanno
riguardato per il 2001 interventi per l’individuazione di sistemi di
sviluppo delle risorse umane basati sulle competenze distintive
per tipologia di amministrazione, sull’analisi e revisione degli
assetti organizzativi, sul miglioramento della qualità del servizio.
In sintesi questi progetti possono essere ricondotti alle seguenti
aree:
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ELENCO DEI SOCI INSERITI NELLA PUBBLICAZIONE
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Management pubblico
Gestione e sviluppo delle Risorse umane
Knowledge Management
Analisi e reengineering dei processi
Controllo di gestione (anche strategico)
Semplificazione amministrativa e Sportello Unico
Comunicazione e customer satisfaction
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5. PROSPETTIVE PER L’ANNO 2002
Per l’anno 2002, le prospettive di interventi formativi rivolte alle
PA da parte degli associati ASFOR confermano in parte le aree
operative sulle quali si è incentrata l’attività del 2001.
L’attenzione registrata per l’area comunicazione pubblica sottolinea nuovamente l’attenzione dei soci ASFOR alle novità legislative in atto nel processo di riforma della pubblica amministrazione. La legge n.150 del 7 giugno 2000 e il successivo
Regolamento di attuazione Dpr n.403 del 21 settembre 2001
sulle attività di comunicazione sancisce, infatti, per le amministrazioni pubbliche l’obbligo di dotarsi di nuovi strumenti per
sviluppare relazioni con i cittadini, potenziare ed armonizzare i
flussi di informazioni all’interno delle amministrazioni. Alla luce
di queste normative, la comunicazione pubblica cessa così di
essere considerata un segmento aggiuntivo e residuale dell’azione delle pubbliche amministrazioni e ne diventa parte integrante,
come peraltro già accade da tempo per le imprese che agiscono
nel mercato dei prodotti e dei servizi.
Un altro ambito in cui il contributo dei soci ASFOR è particolarmente significativo è il project management. Il project management indicato come secondo tema innovativo per il 2002, sta
conoscendo negli ultimi anni un momento di vasta e rapida diffusione. In questa fase di sviluppo ed espansione - del tutto
nuova rispetto al passato – la pubblica amministrazione gioca un
ruolo decisivo sia in qualità di committente di iniziative di
ammodernamento e sviluppo socio-amministrativo, sia in veste
di promotrice di interventi di ristrutturazione e cambiamento
organizzativo. I soci ASFOR grazie alla loro conoscenza di temi
specifici come questi e per la loro esperienza nel pianificare e
saper gestire sforzi progettuali complessi finalizzati a sostenere
il cambiamento, potranno in tal senso fornire alla pubblica
amministrazione un sostegno significativo.
Un altro elemento da segnalare è la significatività dell’incremento percentuale sul tema della formazione formatori che passa
dal 4.9% nel 2001 al 7.8 % nel 2002, a conferma della crescente
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BERGAMO FORMAZIONE, Azienda Speciale della
C.C.I.A.A.
BIC CALABRIA S.C.p.A., Gruppo Sviluppo Italia
BVQI Italia s.r.l.
CERISDI – Centro Ricerche e Studi Direzionali
CESMA - Centro Esperienze e Studi di Management S.r.l.
CONFINDUSTRIA
ELEA S.p.A.
FONDAZIONE CUOA, Centro universitario di organizzazione aziendale
FONDAZIONE “ISTITUTO GUGLIELMO TAGLIACARNE”
FORMAPER, Azienda Speciale CCIAA Milano
FORMEZ, Centro di Formazione Studi
IBM Learning Services
IF ITALIA FORMA S.r.l.
IFOA, Istituto Formazione Operatori Aziendali
IL SOLE 24 ORE S.p.A. - Centro di Formazione
INFOR
INPS
I.Re.F. Istituto Regionale Lombardo di Formazione per la
Pubblica Amministrazione
IRI MANAGEMENT S.p.A.
ISIDA, Istituto Superiore per Imprenditori e Dirigenti di
Azienda
ISMO S.r.l. - Interventi e studi multidisciplinari nelle organizzazioni
ISVOR FIAT S.p.A.
LUISS MANAGEMENT
MIB School of Management
PROFINGEST
SAA - Scuola di Amministrazione Aziendale
SDA BOCCONI
SDOA - Scuola di Direzione e Organizzazione Aziendale
della Fondazione Antonio Genovesi Salerno
SOGEA S.c.p.a.
SCUOLA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE S.p.A. di
Lucca
SPEGEA S.r.l., Consorzio per la scuola di perfezionamento
in gestione aziendale
SCUOLA SUPERIORE GUGLIELMO REISS ROMOLI
S.p.A.
STOA’ S.c.p.A.
SUMMIT s.r.l.
SEZIONE 3 - RICERCHE
Ricerca AGDP – ASFOR:
“I GIOVANI DIRIGENTI:
NUOVI BISOGNI FORMATIVI E NUOVE METODOLOGIE”
LE EVIDENZE DI UNA INDAGINE DIRETTA
Presentata a Forum PA Roma,
8 maggio 2002
2. L’excursus formativo
L’indagine consente di osservare in prima analisi i livelli di formazione dei giovani dirigenti, la cui età media è di 36 anni, in
prevalenza laureati in Giurisprudenza, Economia e Scienze politiche, curriculum al quale si è aggiunta una formazione ulteriore
che ha riguardato non solo corsi di formazione presso la Scuola
Superiore della Pubblica Amministrazione, ma nel 40% dei casi
anche altre esperienze come Master (finanza, economia applicata, diritto amministrativo) e varie scuole di specializzazione.
1. Premessa
I giovani dirigenti pubblici stanno sempre più formandosi sulla
cultura della gestione manageriale, portandola nella propria esperienza insieme al valore della responsabilità per gli obiettivi assegnati. D’altra parte, il nuovo modello di dirigenza pubblica tende
sempre più verso il profilo dell’organizzatore e del gestore di
risorse, ampliando i fabbisogni di formazione in un contesto in
cui è particolarmente avvertita l’esigenza di un avvicinamento
del management pubblico al management privato (favorendo lo
scambio di esperienze), e in cui la crescita di competenze richiede l’acquisizione nella pubblica amministrazione di nuove professionalità (informatici, statistici, esperti in comunicazione, economisti) con nuove modalità di reclutamento.
Tra le conoscenze di base rientrano invece ormai nel bagaglio del
dirigente le lingue e gli strumenti informatici: nel primo caso
(fig. 1) emerge in modo estremamente diffuso la lingua inglese
(conosciuta nel 93,9% dei casi, all’interno dei quali è molto consistente la quota di coloro che dichiarano una padronanza
approfondita) seguita da quella francese (49%), mentre appare
meno diffusa, seppur presente, la conoscenza dello spagnolo
(18%) e del tedesco (8,1%).
Già nella scorsa edizione del Forum della P.A. fu presentata una
ricerca promossa dal Dipartimento della Funzione Pubblica e
realizzata dall’Istituto Tagliacarne1 in cui emergevano con chiarezza temi salienti per la crescita delle professionalità presenti e
future del mondo pubblico, ed in particolare della dirigenza:
nuovi profili professionali (dove l’accezione del termine vale da
nuovo per l’amministrazione a innovativo in senso più generale),
nuovi sistemi di reclutamento, nuove modalità di gestione delle
risorse assegnate.
Fig. 1 – Il livello di conoscenza delle lingue straniere
(valori %)
Questa indagine, promossa dalla Associazione giovani classi
dirigenti delle pubbliche amministrazioni (AGDP) e realizzata attraverso l’accordo con l’ASFOR (Associazione per la
Formazione alla Direzione Aziendale), e con il contributo
scientifico dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne (Fondazione
dell’Unione Italiana delle Camere di Commercio), ha avuto la
finalità di conoscere le esigenze derivate dalla nuova funzione
attribuita alla dirigenza della P.A. e dalle nuove metodologie formative che rappresentano uno strumento indispensabile per
costruire e consolidare il cambiamento in atto.
Per quanto riguarda l’utilizzazione delle tecnologie e delle applicazioni informatiche (fig. 2), il dato rilevato è decisamente positivo: al di là di un impiego ormai generalizzato degli strumenti,
emerge una notevole familiarità con l’impiego di Internet, della
posta elettronica e della videoscrittura, caratterizzante la quasi
totalità dei giovani dirigenti intervistati, due terzi dei quali si considerano peraltro esperti nell’utilizzazione di questi strumenti.
Con riferimento ai fogli elettronici e soprattutto alla gestione di
archivi la quota di utilizzatori si riduce a 83,7% e a 69,4%,
cogliendo in questo caso una maggiore caratterizzazione specia-
La rilevazione, condotta nell’anno 2002 su un campione significativo di giovani dirigenti (sia appartenenti alla AGDP che non,
provenienti da amministrazioni centrali, locali ed enti pubblici
non economici), si basa su un questionario strutturato in cinque
sezioni (dati generali, excursus formativo, situazione e percorso
professionale, formazione fruita da dirigente e attese sulla formazione), inviato e restituito dagli intervistati utilizzando strumenti di posta elettronica.
1 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, “P.A. DUEMILA” - I nuovi profili professionali per le Pubbliche Amministrazioni, a cura
dell’Istituto G. Tagliacarne, Maggio, Roma, 2001.
38
SEZIONE 3 - RICERCHE
listica dei programmi informatici, per i quali la maggior parte dei
rispondenti si ritiene un semplice utilizzatore (la quota relativa è
pari a 46,3% per coloro che utilizzano fogli elettronici e soprattutto 79,4% per coloro che nel proprio lavoro si servono di
software per la gestione di data base).
Il 94% dei giovani dirigenti intervistati ha avuto precedenti esperienze professionali. A tale proposito è interessante osservare
come queste abbiano riguardato non solo l’amministrazione nella
quale essi attualmente lavorano (un terzo dei casi, fig. 4), ma
ancor di più altre amministrazioni (37,8%) nonché esperienze
esterne sia in aziende private (11,1%) che in altre attività
(17,8%), come la libera professione, l’attività politica o quella
universitaria.
Fig. 2 – Livello di conoscenza delle tecnologie e delle
applicazioni informatiche (valori %)
Fig. 4 – Ambiti delle precedenti esperienze professionali
(valori %)
17,8
33,3
11,1
37,8
3. Il percorso professionale
Un aspetto che in prospettiva caratterizzerà sempre più le nuove
figure dirigenziali della P.A. riguarda le possibilità di crescita nel
percorso professionale, i tempi di questi sviluppi (spesso in passato molto più lunghi a confronto di altre realtà) e l’opportunità
di osmosi di conoscenze e professionalità con il mondo del privato. I risultati della rilevazione presentano rispetto al primo
punto una situazione già in evoluzione: se il 40,8% dei giovani
dirigenti intervistati occupa la propria posizione attuale da meno
di un anno (e il 32,7% da meno di tre anni), il 34,8% prevede
ulteriori sviluppi di carriera entro un anno e quasi la metà entro i
tre (fig. 3).
In altre parole, entro tre anni l’82,6% degli intervistati attende
una crescita professionale, percentuale decisamente soddisfacente rispetto a quanto forse ci si potesse aspettare. E’ comunque
significativo che la media di permanenza nella posizione attuale
sia pari a circa 2,6 anni contro i 2 previsti per possibili cambiamenti.
Un ultimo aspetto di interesse riferito sempre alle esperienze professionali pregresse è il fatto che quasi l’80% degli intervistati
abbia lavorato in aree funzionali diverse da quella attuale (fig. 5).
Fig. 5 – Incidenza di coloro che hanno lavorato in aree funzionali diverse dalla attuale (valori %)
26,1
73,9
Fig. 3 – Periodo dal quale ricopre la posizione attuale e tempo
entro il quale prevede futuri sviluppi professionali (valori %)
4. La formazione fruita
L’attività formativa ha indubbiamente rappresentato per i giovani dirigenti intervistati un aspetto molto presente nello svolgimento della propria attività: dall’indagine emerge infatti come
più di cinque intervistati su sei abbia effettuato attività di formazione negli ultimi due anni (fig. 6). Ciò che invece appare un
punto di una certa criticità è il fatto che quasi la metà i queste attività non siano scaturite da una pianificazione effettuata all’interno dell’amministrazione, ma piuttosto originate dalla iniziativa
dei singoli.
39
SEZIONE 3 - RICERCHE
argomenti, che potremmo definire come caratteristici del ruolo,
troviamo due tipologie di corsi mirati allo sviluppo di skills forse
più vicini, perlomeno allo stato attuale, alla sfera delle attività
private: “Sviluppo della capacità di comunicazione/negoziazione” e “Sviluppo della capacità di leadership” (in entrambi i casi
con quote pari a 33%). Questi temi stanno evidentemente entrando sempre più nel nuovo modo di interpretare il ruolo dirigenziale nel pubblico impiego, e non a caso emersero anche tra i
principali requisiti richiesti alle nuove professionalità di possibile introduzione nella P.A. all’interno della ricerca del
Dipartimento della Funzione Pubblica citata nella premessa3.
Sempre nella graduatoria redatta in base alle risposte sui contenuti dei corsi seguono gli item già citati le conoscenze informatiche (31%), l’aggiornamento normativo (31%), le conoscenze linguistiche (21,4%) e la gestione dei collaboratori (11,9%).
Fig. 6 – Incidenza di coloro che hanno fruito di formazione
negli ultimi due anni e modalità di pianificazione dell’attività
formativa (valori %)
Fig. 8 – Contenuto/oggetto dell’attività di formazione fruita
(% su coloro che hanno effettuato formazione, risposte multiple, valori in graduatoria)
La modalità di progettazione più frequente per le attività svolte è
quella dei corsi appositamente progettati da una struttura esterna
(fig. 7), alla quale si è fatto ricorso da parte di ben oltre la metà
degli intervistati (54,8%), laddove la formazione a catalogo è
stata utilizzata invece nel 38,1% dei casi. Di notevole interesse
anche la quota molto rilevante di corsi progettati ad hoc anche
con il diretto intervento di dirigenti dell’ente (31%)2.
Fig. 7 – Modalità di progettazione dei corsi (% su coloro che
hanno effettuato formazione, risposte multiple, valori in graduatoria)
I corsi frequentati sono stati in prevalenza erogati da società di
consulenza/formazione (57,1%) o da scuole delle pubbliche
amministrazioni (35,7%). Nella maggior parte dei casi le iniziative sono state finanziate totalmente dall’ente con risorse proprie
(88,1%).
Con riferimento alle sedi di erogazione della formazione, al di là
delle indicazioni attese, ovvero quelle riguardanti quali possibili
luoghi lo stesso ente o strutture presenti in Italia al di fuori della
regione di lavoro (spesso identificabili con le scuole), appare
degno di nota il riferimento alla formazione a distanza (14,3%) e,
seppure con una incidenza molto contenuta, la segnalazione di
attività di formazione realizzate all’estero (4,3%).
Con riferimento alla durata dei corsi la modalità ampiamente prevalente è quella di più moduli per più giorni (69%, fig. 9), laddove il tempo dedicato alle attività appare invece più variabile: si
va quasi indifferentemente dalle 3-4 ore alle 7-8 ore alle 5-6 ore,
mentre è molto più ridotto il ricorso a tempi ridotti a 1-2 ore,
modalità riservata in prevalenza a temi specifici come la formazione finalizzata allo sviluppo delle conoscenze linguistiche.
Quale è stato il contenuto della recente attività formativa effettuata dai giovani dirigenti? In testa alla graduatoria stilata rispetto a questo tema (fig. 8) troviamo le competenze generali di
gestione del ruolo manageriale (59,5%), seguite dalle competenze funzionali tecnico specialistiche (42,9%). Subito dopo questi
2 Le percentuali non restituiscono 100 in quanto era possibile una risposta multipla da parte degli intervistati. Tale caratteristica riguarderà anche diversi quesiti che saranno analizzati in seguito.
3 Per il riferimento allo studio si veda la nota 1.
40
SEZIONE 3 - RICERCHE
Fig. 9 – Durata dell’attività di formazione fruita (% su coloro che hanno effettuato formazione, risposte multiple, valori
in graduatoria)
Fig. 11 – Difficoltà incontrate nell’usufruire delle attività formative derivanti dal proprio incarico (% su coloro che hanno effettuato formazione, risposte multiple, valori in graduatoria)
Quasi il 70% degli intervistati si dichiara soddisfatto della formazione fruita (fig. 10), dato positivo che si associa alla percentuale pari a zero di dirigenti del tutto insoddisfatti. Tra coloro che
si sono dichiarati poco soddisfatti (14,3% del totale), le motivazioni maggiormente ricorrenti riguardano la genericità dei programmi, ritenuti non tarati sui fabbisogni della P.A., e la durata
dei corsi, reputata insufficiente od eccessiva.
Fig. 12 – Negli ultimi due anni ha partecipato ad incontri finalizzati allo scambio o condivisione di esperienze con altre amministrazioni italiane, straniere o imprese private (incidenza %)
Fig. 10 – Livello di soddisfazione in merito alla formazione
fruita (valori %)
5. Le attese sulla formazione
L’ultimo ambito di approfondimento della ricerca si è focalizzato sul tema delle attese riposte dai giovani dirigenti sulla attività
formativa. A tale riguardo il giudizio sull’importanza della formazione, chiaramente positivo per quanto già visto in precedenza, è praticamente plebiscitario (fig. 13): essa non rappresenta
solamente un punto fondamentale per il proprio sviluppo professionale (81,6%), ma anche un fattore di crescita e miglioramento
per l’intera amministrazione di riferimento (85,4%).
Quali fattori sono ritenuti determinanti (e quindi discriminanti)
per la scelta di una attività formativa? Secondo gli intervistati
prevale su tutti la professionalità dei docenti (53,1%, fig. 14), cui
segue a breve distanza in termini di preferenze la chiarezza della
proposta (50%). Sono comunque considerati rilevanti anche
aspetti quali l’equilibrio tra teoria e pratica, il fatto che i contenuti siano mirati alle esigenze dell’amministrazione e a quelle del
dirigente, nonché l’affidabilità del soggetto organizzatore.
Ritorna, infine, la necessità di apertura a confronti con esperienze private, prima ancora, anche se di poco, di quelle sperimentabili con altre amministrazioni.
Il tema della difficoltà nel trovare tempi adeguati allo svolgimento di attività formative è emerso con evidenza in diversi
L’attività formativa si inserisce in contesti lavorativi diversi, e non
sempre senza qualche difficoltà (fig. 11): la principale criticità
evidenziata in proposito riguarda il fatto di dover effettuare l’attività durante gli orari lavorativi (52,4%), così come segnalazioni
significative riguardano la rispondenza delle attività proposte
rispetto alle esigenze (45,2%) e la sensibilità alle attività formative della amministrazione di appartenenza (42,9%). Sono ritenuti
invece meno influenti aspetti come le modalità di erogazione delle
attività, la lunghezza dei corsi o l’accessibilità delle sedi.
Un ultimo aspetto di notevole arricchimento nello sviluppo professionale, non solo per la nuova dirigenza, ma probabilmente
per molta parte del personale della P.A., riguarda la possibilità di
scambi e/o la condivisione di esperienze con altre realtà.
Il quadro che emerge dall’indagine mostra in tal senso una certa
presenza del fenomeno (fig. 12), con una maggior ricorrenza di
confronti con altre amministrazioni italiane (36,2%, in pratica
oltre un dirigente su tre), e una presenza comunque significativa
anche di reciproci scambi culturali con amministrazioni straniere
(24,4%) e con imprese private (20%).
41
SEZIONE 3 - RICERCHE
Fig. 13 – Le attese sulla formazione: è una leva utile al proprio sviluppo professionale e alla crescita e al miglioramento
dell’amministrazione? (incidenza %)
Fig. 15 – Modalità di erogazione di formazione ritenute più
efficaci (valori % in graduatoria, risposte multiple)
Fig. 16 – Requisiti ritenuti molto importanti nel proprio lavoro e formazione svolta sui temi negli ultimi due anni (valori
%, nel grafico sono evidenziate le percentuali relative al
primo aspetto)
Fig. 14 – I fattori discriminanti nella scelta di una attività formativa (valori % in graduatoria, risposte multiple)
momenti della ricerca: la soluzione proposta dai giovani dirigenti intervistati è una disponibilità quasi totale ad investire/utilizzare parte del proprio tempo personale per partecipare a corsi di
formazione (98%).
A conferma (se ce n’era bisogno) dell’importanza attribuita alla
interazione tra amministrazioni, la modalità di erogazione ritenuta più efficace è, con notevole distacco rispetto ad altre possibili
formule, la formazione inter-amministrazioni (73,5%, fig. 15),
possibilmente intersettoriale, in modo da porre a confronto le
esperienze ed evidenziare i casi di successo. Tra le altre soluzioni proposte, il 57,1% delle preferenze va alla formazione integrata (aula e formazione a distanza od on line), e il 46,9% alla
formazione su progetti applicativi con una assistenza del consulente/formatore all’interno dell’amministrazione.
Volendo incentrare l’attenzione sui requisiti ritenuti fondamentali da parte degli intervistati per la gestione del proprio lavoro, si
è effettuato un incrocio delle risposte con l’attività di formazione
effettivamente fruita4 (fig. 16). Al di là del livello delle percentuali rilevate, si coglie da un lato, l’importanza attribuita dai giovani dirigenti ai diversi skills, e dall’altro, la coerenza di questa
con la corrispondente attività formativa svolta.
I risultati ottenuti sono piuttosto interessanti: corrispondono anzitutto abbastanza in termini di ranking le quote relative alla capacità di comunicazione/negoziazione (che diventa però prioritaria
nella percezione degli intervistati per l’83,3% del totale), alla
capacità di leadership (che sale dal quarto al secondo posto) e
alle competenze generali del ruolo manageriale (che scendono
dalla prima alla terza posizione).
In due casi invece, si riscontra uno “scompenso” tra la formazione fruita da una parte e l’importanza attribuita dall’altra: nel caso
delle competenze funzionali tecnico specialistiche, si rileva una
maggiore focalizzazione dell’attività formativa rispetto all’importanza attribuita dagli intervistati, mentre con riferimento alla
gestione dei collaboratori si verifica il caso contrario, ovvero l’aspetto è ritenuto prioritario dai giovani dirigenti interpellati
(57,4% del totale) a fronte di una attività formativa posizionata al
penultimo posto nelle preferenze generali.
Meno importanti appaiono invece requisiti quali la conoscenza
delle lingue (rispetto alla quale sono poste su un piano più importante le competenze informatiche), mentre tra gli item lasciati alla
libera indicazione da parte dei rispondenti si segnala la capacità
ad avere un approccio nella programmazione del lavoro a medio
- lungo termine.
Nella fig. 17 viene posto a confronto il giudizio su quanto abbia
investito la propria amministrazione in formazione negli ultimi
due anni con l’opinione su quanto sia importante la formazione
4 Le due informazioni, espresse entrambe in termini percentuali, riguardano nel primo caso domande a risposta multipla e nel secondo la quota di risposte relative alla
modalità “molto” riferita a ciascun requisito. Al di là dell’ordine di grandezza delle percentuali (in parte condizionate dalla diversa tipologia di domanda), sono comunque confrontabili i “picchi” e le “rientranze” causate da valori rispettivamente di livello alto o basso delle percentuali rilevate.
42
SEZIONE 3 - RICERCHE
Fig. 18 – Investimenti in formazione effettuati sotto la responsabilità del dirigente intervistato e soddisfazione riscontrata
nel feed back (valori %)
Fig. 17 – Giudizio su quanto abbia investito la propria amministrazione in formazione negli ultimi due anni a confronto
con l’opinione sull’importanza della formazione per la crescita della stessa (valori %)
valutatori più pertinenti dell’esito dell’investimento effettuato.
Il livello di soddisfazione nel feed back delle attività effettuate
espresso dai responsabili può essere considerato positivo: il
78,3% si dichiara infatti a tale proposito “Soddisfatto” o “Molto
soddisfatto”, a fronte di una quota di “Poco soddisfatti” pari a
17,4% e di “Del tutto insoddisfatti” pari solamente al 4,3%.
L’ultima domanda del questionario di indagine ha infine riguardato gli argomenti più importanti da approfondire tramite attività
di formazione dei prossimi due anni: la prevalenza delle indicazioni riguarda la funzione organizzativa e la gestione del ruolo
manageriale (39,6%), per la quale si ribadisce un ruolo centrale,
cui seguono a una certa distanza i temi del controllo di gestione
(12,5%) e la funzione della comunicazione (10,4%).
da parte dei rispondenti per la crescita della stessa, domanda i cui
risultati sono stati già presentati nella fig. 13. Viste le evidenti
differenze nella distribuzione delle risposte, la percezione degli
intervistati è in sostanza che la sensibilità delle amministrazioni
rispetto al tema della formazione sia ancora inferiore a quanto
reputato necessario.
Sotto la diretta responsabilità dei dirigenti intervistati, negli ultimi
due anni sono stati effettuati corsi di formazione per il personale
nella metà dei casi indagati (fig. 18), circostanza nella quale gli
stessi, in quanto beneficiari indiretti, divengono probabilmente i
Ricerca ISVOR FIAT
“Lo stato della formazione manageriale negli Stati Uniti e in Europa”
Salvatore Garbellano,
La ricerca si focalizza su tre aree:
1. lo scenario della formazione: per presentare i dati quantitativi e qualitativi sulla formazione;
2. le business school: per analizzare la loro evoluzione e le innovazioni sia dal punto di vista dei contenuti che delle metodologie;
3. le corporate university: in cui si fa il punto sulla loro diffusione e si pongono in evidenza le sfide da cogliere per consolidarne il ruolo.
Questo articolo presenta i principali risultati del documento del
2000 scritto in collaborazione con Filippo Martino, mentre è in
via di preparazione il documento per il 2001.
Il 2000 è stato l’anno dell’e-learning: un articolo della rivista
della Booz·Allen & Hamilton ha come titolo significativo “Eeducation is the New New Thing”.
Il 2000 ha mostrato come l’e-learning sia molto più che mettere
corsi sulla rete: è un fattore abilitante dei processi aziendali, è
una leva per il cambiamento e rientra nelle metodologie per
Docente Senior ISVOR Fiat
Ogni anno Isvor Fiat prepara un documento sullo stato della formazione manageriale negli Stati Uniti e in Europa per mettere in
evidenza tendenze, innovazioni, best practices. Il report viene
diffuso nel Gruppo Fiat al fine di fornire uno strumento di benchmarking ai responsabili sia di linea che ai responsabili della
formazione e sviluppo.
La ricerca è il risultato di un confronto con i centri di eccellenza
internazionali effettuato tramite il monitoraggio delle offerte formative, le riviste specializzate, la partecipazione alle attività promosse dalle associazioni professionali (ad esempio, ASTD,
ASFOR, AIF, EMFD), oltre che dal network – sia formale che
informale - creato da Isvor con aziende, business school e corporate university, centri di ricerca (ad es., ICEDR). Questa ricerca viene
completata con l’esame della letteratura manageriale per verificare
e confrontare l’emergere di temi, esperienze, casi aziendali.
43
SEZIONE 3 - RICERCHE
attuare il knowledge management, il “performance support”, il
coinvolgimento dei collaboratori.
Tutti gli studi mostrano in modo concorde la crescita dell’e-learning.
Le ricerche dell’ASTD e del Corporate University Xchange evidenziano entrambe come, ancora oggi, quasi l’80% delle attività
viene svolta in aula, mentre per il periodo 2002 e 2003 ci si aspetta una chiara inversione di tendenza: l’aula scenderà intorno al
60%, mentre le nuove tecnologie e l’ autoistruzione raggiungeranno quasi il 40%. I metodi di delivery da cui ci si attende maggiori
tassi di crescita sono Intranet, Internet, Extranet cioè quelli che
consentono la connessione in rete e l’interattività in tempo reale.
Sta aumentando anche il valore del mercato dell’e-learning:
l’International Data Corporation, stima che il valore della formazione in rete per le aziende sarà, nel 2003, di 11,4 miliardi di dollari e, sempre per quell’anno, per la prima volta i contenuti manageriali supereranno quelli concernenti l’Information Technology.
D’altro canto, le prime diffusioni significative dell’e-learning
hanno consentito di individuare i principali ostacoli all’implementazione su larga scala dei sistemi di apprendimento on-line:
In media, il numero di giornate dedicate alla formazione diminuisce,
passando da sei giornate (nel 1997 e nel 1998) a quattro nel 1999.
Questo dato può sembrare in contraddizione con le tendenze
segnalate in precedenza, ma a un più approfondito esame appare,
nella realtà, coerente con i trend della formazione manageriale:
oggi, alcuni indicatori che, per tradizione, costituivano parametri
essenziali di benchmark, devono essere riesaminati alla luce della
diffusione dell’apprendimento on-line.
L’ASTD conferma la correlazione tra investimenti in formazione
e redditività aziendale. Le aziende eccellenti sono quelle che
maggiormente investono nella crescita professionale dei loro collaboratori: uno studio su 575 aziende quotate in borsa mostra, in
modo evidente, la correlazione tra livelli di formazione e indicatori finanziari, quali il ROI, i margini di profitto, il reddito per
dipendente.
I primi dati del 2000 confermano ancora un leggero incremento
negli investimenti in formazione, mentre per il 2001 le attese
sono per una diminuzione.
Le linee di tendenza
•
•
•
•
•
gli standard non sono stati ancora definiti;
la disponibilità di bande adeguate è scarsa;
sono ancora poche le esperienze pilota e i test;
sono scarsamente diffuse le skill necessarie per realizzare programmi on-line (ad esempio, sono ancora poco numerose le
professionalità in grado di organizzare delle informazioni);
la capacità di gestire e implementare sistemi on-line è limitata.
Anche il 2000 è un anno di significativa importanza per la formazione come leva che il top management utilizza per raggiungere gli obiettivi aziendali.
In primo luogo, sono confermate le tendenze segnalate negli anni
precedenti:
•
È opinione diffusa che soltanto nei prossimi anni emergerà una
piattaforma e uno standard realmente comune. Oggi, numerose
aziende stanno sviluppando tecnologie per l’apprendimento, ma
nessuna pare avere ancora quei requisiti (il “Silver Bullet”) che
consentono di ottenere una piattaforma integrata per l’apprendimento e il knowledge management.
Come vedremo, sta emergendo, soprattutto tra le Corporate
University, un modello di utilizzo dell’e-Learning denominato
“blend”, che prevede in un medesimo percorso di apprendimento l’utilizzo combinato di metodologie tradizionali e innovative.
•
•
•
la formazione si trasforma da evento a processo per valorizzare le competenze professionali;
viene attribuita maggiore importanza, da parte delle aziende
e dei formatori, alla misurabilità dei ritorni in termini di
apprendimento e di trasferibilità e, quando possibile, alla
quantificazione dei benefici economici;
è confermata la necessità di ottenere un elevato coinvolgimento del senior management aziendale (come sponsor e
in qualità di docenti);
è rafforzata la crescente autonomia dei professional nella
scelta dei programmi e delle attività di formazione per sviluppare le competenze.
Un recente studio di Zenger, Ulrich, Smallwood1 pone in evidenza che la formazione manageriale – in particolare quella della
leadership - è sempre più caratterizzata per il forte collegamento
con i risultati di business. Pertanto, deve:
LO SCENARIO DELLA FORMAZIONE
I dati quantitativi
Tutti i report presentati nel 2000 hanno concordato nel sottolineare la costante crescita degli investimenti in formazione.
La rivista Training, che ogni anno presenta un importante
Industry Report segnala che gli investimenti in formazione nelle
aziende americane hanno raggiunto i 54 miliardi di dollari, con
un ulteriore incremento rispetto all’anno precedente.
Anche l’ASTD Benchmarking Forum (a cui partecipano soltanto
grandi organizzazioni americane ed europee) evidenzia che la
spesa media per la formazione sul totale del monte retributivo è
arrivata, nel 1999, al 3,2%, il livello più alto negli ultimi anni (nel
1998 era il 2,62%, mentre nel 1997 era del 2,83).
Per molte aziende eccellenti questi dati sono ben più elevato, così
da consolidare la tendenza all’aumento del divario con le aziende leader: ad esempio, alcune società quali la Ernst & Young, ma
anche General Electric e Hewlett-Packard si pongono in modo
netto al di sopra della media.
•
•
•
•
•
avere chiare finalità di business e consapevolezza dei
risultati attesi: ad esempio, contribuendo a produrre miglioramenti di performance misurabili facilitando e accelerando
importanti iniziative aziendali;
essere coerente con il sistema di sviluppo organizzativo;
collegare le competenze ai risultati: lo sviluppo delle competenze deve essere correlato ai risultati; ad esempio, il coaching deve tradursi in un aumento della fidelizzazione dei
collaboratori; ogni declaratoria di competenza deve essere
seguita da prassi e comportamenti così da avere un elenco di
benefici di business o risultati attesi;
utilizzare una pluralità di metodologie di apprendimento;
creare situazioni realistiche: simulare situazioni di pressione in cui imparare, fallire, provare ancora; i nuovi programmi devono preparare i partecipanti a saper accelerare rapida-
Zenger, J.; Ulrich, D.; Smallwood, N. “The new leadership development”. Training & Development, vol. 54 (March 2000), p. 22-27.
44
SEZIONE 3 - RICERCHE
vendere prodotti a un numero significativamente elevato di persone. Questo non è il business di Wharton….. C’è una metodologia appropriata per ciascun contenuto: certe cose si possono
apprendere soltanto discutendo i casi, altre utilizzando il computer. Noi dobbiamo rompere il nostro modo di vedere le cose, per
cui c’è un’unica metodologia che va bene per tutto”.
Una risposta sempre più frequente attuata dalle Business School
è la crescita – in alcuni casi veramente sostenuta - dei programmi personalizzati, non più riservati ai team di vertice, ma anche
ai livelli più operativi di management.
Per questo motivo non è più sufficiente avere i “guru”; ma si
ampliano le faculty per poter preparare un maggior numero di
ricerche e casi aziendali.
Le Business School stanno diventando snodi di un vero e proprio
sistema a rete intorno al quale gravitano altri soggetti.
Per la prima volta, si creano alleanze tra business school forti: ad
esempio, Insead e Wharton sono impegnate a sviluppare nuovi
corsi in cui saranno coinvolte entrambe le faculty e che avranno
un “co-branding”; sarà creato un nuovo centro di ricerca; si utilizzeranno le possibilità di cooperazione offerte dalle nuove tecnologie.
In questi ultimi tempi si accentua un fenomeno che era appena
visibile qualche tempo fa: le business school promuovono la
nascita di nuove società che operano sul mercato “esterno” dell’on-line, spesso con la collaborazione di partner forti dal punto
di vista delle tecnologie.
Tra i numerosi esempi possibili, la New York University ha creato la NYUonline, che ha, a sua volta, formato una serie di alleanze per creare software per l’e-learning. La Columbia ha creato la
Morning Ventures Inc., un’azienda a fini di lucro per sfruttare le
risorse accademiche dell’Università – dal business alle arti, alle
scienze e alla medicina – per creare e vendere corsi on-line.
Insead ha avviato la sua presenza sul mercato on-line.
Allo stesso modo, il Babson College sta creando la propria
società on-line anche per premiare con nuove modalità la faculty.
Alcune business school stanno cercando di agire in partnership
con le corporate university e le società di consulenza, in particolare, quando occorre lavorare in modo globale ed efficace con un
cliente internazionale.
Secondo gli studi del Corporate University Xchange, la collaborazione tra business school e corporate university è particolarmente forte negli USA, più difficile in Europa. Negli USA, le
corporate university hanno completamente accolto l’idea che le
business school debbano sviluppare i programmi necessari per
raggiungere gli obiettivi aziendali; in Europa, invece, spesso si
considerano potenziali rivali.
mente i ritmi di apprendimento e ad ottenere elevate prestazioni in situazioni sfidanti.
Altri autori2 mettono in evidenza l’emergere di un nuovo paradigma della formazione manageriale guidato dal cliente e dai partecipanti, così da renderli attivi nei processi di apprendimento e
cambiamento.
La formazione è spesso il primo passo nella creazione di un sistema di supporto delle decisioni che i manager potranno usare in
ogni luogo in una logica di just in time. La formazione diventa il
luogo che cattura la conoscenza all’interno dell’organizzazione e
la ridistribuisce in tempo reale:
• contribuisce a identificare i nuovi bisogni di conoscenza e i
requirement nei sistemi a supporto delle decisioni;
• è collegata in modo diretto alla creazione della conoscenza e
alla sua disseminazione all’interno dell’organizzazione;
• ha una forte integrazione con i sistemi informativi aziendali.
LE BUSINESS SCHOOL
ALLA RICERCA DEL BUSINESS
Gli ultimi anni del ’90 hanno segnato la fine del netto predominio
delle business school: la forte concorrenza da parte delle grandi
società di consulenza, il sorgere di nuovi competitori on-line, la
crescente globalizzazione della domanda, l’utilizzo diffuso delle
nuove tecnologie informatiche e – non ultimo – la diffusione delle
corporate university nelle principali aziende, hanno incrinato il
predominio delle business school e hanno profondamente mutato
i rapporti tra i soggetti impegnati nella formazione.
Le società di consulenza tendono anch’esse ad allungare la propria catena del valore, ma anche le società impegnate nei media
e nell’editoria (quali, McGraw Hill e Financial Time) hanno
ampliato la loro offerta nel campo della formazione manageriale
ritenendo di avere un’elevata rapidità di risposta e una forte capacità di svolgere attività su scala globale.
Si intensifica anche la concorrenza da parte delle Università che
– utilizzando le competenze in loro possesso e il know-how
acquisito con le sperimentazioni nel distance learning per i propri studenti – iniziano a offrire in modo più sistematico attività di
formazione per le aziende.
Le nuove società nate con l’e-learning, come è noto, acquistano
sempre maggiore spazio.
Di certo, le tradizionali linee di confine tra i settori stanno diventando meno marcate e più fluide (“blur”); tuttavia, entrare nel
business della formazione, vuol dire avere capacità di cambiare
in modo significativo le core competencies aziendali.
La situazione di grande cambiamento ha trovato riscontro nel
numero elevato di nomine di nuovi Dean sia in USA che in Europa
(ad esempio, London Business School, Wharton e Insead).
Il nuovo Dean di Wharton – Patrick Harker - ha così individuato
la priorità per il suo mandato: ripensare i processi di apprendimento alla luce della crescente diffusione delle nuove tecnologie:
“per Wharton, è un dato acquisito che occorra utilizzare le nuove
tecnologie per i processi di apprendimento, non è chiaro, invece,
come utilizzare la tecnologia per creare economie di scopo e non
già per ottenere economie di scala. Molte business school utilizzano le nuove tecnologie come nuovi canali di distribuzione per
I CONTENUTI EMERGENTI: L’ANNO DELL’E-TUTTO
Nel 2000 vi è stato un unico grande tema che, di fatto, ha monopolizzato l’innovazione nei contenuti dei programmi: l’e-business.
Tutte le business school in USA e in Europa hanno introdotto
nuovi programmi legati all’e-business: non c’è attività aziendale
(processi, “practices”, metodologie, metodi manageriali, strategia, organizzazione, leadership, gestione del personale ecc.), che
non sia stata esaminata e proposta in termini di new economy.
Connesso alla new economy è il tema dell’imprenditorialità.
Negli ultimi anni, le principali business school, hanno dedicato
crescenti risorse alla formazione dei nuovi imprenditori. Inoltre,
2 Wind, J.; Reibstein, D. “Reinventing training for the global information age”. Wharton Working Paper, March 2000.
45
SEZIONE 3 - RICERCHE
motori del cambiamento, diffondendo valori, politiche, metodologie aziendali.
Nel 2000 sono diventati ancora più forti i fattori che hanno sostenuto la crescita delle Corporate University:
sempre più svolgono una funzione attiva nella nascita di nuove
aziende innovative, promosse dai partecipanti.
Ad esempio, la London Business School e la Haas School of
Business di Berkeley hanno creato un incubator per le start-up
degli alunni degli MBA.
Tra gli altri temi a crescente rilevanza vi è il knowledge management; la leadership continua a costituire un altro dei pilastri della
formazione manageriale; sui temi degli economics, persiste la
forte presenza del Shareholder Value, della Balanced Scorecard,
in particolare, cresce l’attenzione verso la misurazione degli asset
intangibili, quali, ad esempio, il capitale intellettuale, il valore
della marca, ecc.
Nel marketing, rimangono centrali i temi della customer satisfaction e della fidelizzazione del cliente, mentre il customer relation
management è diventato una propria specifica disciplina di
marketing.
Costante è l’attenzione verso i temi del manufacturing e della
qualità. In particolare, l’applicazione delle nuove tecnologie per
la gestione dei processi produttivi costituisce una dei più significativi punti di focalizzazione, mentre, sulla qualità, la metodologia predominante è il Sei Sigma.
•
•
•
•
•
•
la crescente rilevanza del know-how per la competitività;
la presenza di obiettivi di business aziendali stringenti;
la necessità di accelerare la velocità con cui raggiungere i
risultati;
l’opportunità di creare allineamento tra valori, obiettivi
aziendali, persone;
l’ampliamento delle opportunità tecnologiche;
il persistere della guerra dei talenti.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, sono numerose le ricerche
che evidenziano il ruolo delle Corporate University nella retention
dei talenti: secondo Fortune, la possibilità di avere una formazione
continua è considerata uno dei principali fattori di attrattiva. In
numerose aziende, le attività di sviluppo manageriale sono componente essenziale del talent lifecycle: identificare > attirare > integrare
> sviluppare > motivare > trattenere. Per questi motivi, il modello di
definizione delle Corporate University presentato, negli anni scorsi,
dal Corporate University Xchange è confermato (figura 1).
Oggi, alla luce dell’andamento delle principali aziende americane è opportuno fare qualche altra considerazione.
La crescita delle Corporate University ha coinciso con il più
lungo periodo di espansione economica. Il rallentamento dei tassi
di sviluppo delle aziende –soprattutto nella fine del 2000 e nel
primo trimestre dell’anno in corso – potrebbe limitare la sfera di
azione delle Corporate University?
LE CORPORATE UNIVERSITY
Anche nel 2000 le Corporate University hanno confermato la
loro centralità nell’attuazione delle strategie delle grandi aziende.
Più in generale, le Corporate University hanno avuto la capacità
di confermarsi come una delle leve più efficaci sia per realizzare
iniziative strategiche sia – in molti casi – per diventare importanti
Figura 1 – Modello di corporate university
Modello di Corporate University
46
SEZIONE 3 - RICERCHE
Secondo il Financial Times, le Corporate University non entreranno in crisi.
Da un lato, la necessità di competere attraverso la conoscenza ne
rafforza il ruolo; dall’altro, le possibili difficoltà economiche che
numerose aziende dovranno affrontare spingeranno le Corporate
University:
ente burocratico, che fornisce formazione priva di rilevanza».
D’altro canto, l’importanza dei temi e la rilevanza degli investimenti richiesti per la diffusione delle nuove tecnologie spingono
in questa direzione.
In alcune aziende, la presenza è formalizzata in un “council” al
massimo livello.
•
•
•
LE ATTIVITÀ DELLE CORPORATE UNIVERSITY
a una più rigorosa gestione economica;
a recuperare spazi di efficienza;
a incrementare la propria presenza sul mercato esterno attraverso più incisive politiche di marketing e comunicazione (ad
esempio, attraverso la valorizzazione del marchio).
Riprendendo lo schema di una delle più note Corporate University
europee, l’attività di una Corporate University eccellente per il
mercato “interno” può essere così raffigurata (figura 2).
Nella mappa sono indicate le tre attività fondamentali svolte per la
Corporate: le iniziative di aula, i progetti di action learning, l’elearning.
L’impegno di numerose Corporate University consiste nell’implementare un sistema integrato di apprendimento orientato al
raggiungimento dei risultati aziendali. La validità e l’efficacia del
sistema dipendono, in buona misura dalla capacità di integrare, in
modo coerente, questa molteplicità di opportunità e situazioni di
apprendimento e finalizzarle all’attuazione dei valori e della realizzazione degli obiettivi strategici.
In definitiva, la necessità di gestire le Corporate University come
“service company” esce rafforzata e probabilmente accelerata.
Un recente studio del Corporate University Xchange mostra che
un numero crescente di Corporate University sarà gestita come
un business: entro il 2003, oltre il 50% diventerà un centro di profitto contro il 31% del 2000.
Rapidamente si stanno modificando anche le fonti di finanziamento: diminuisce l’apporto garantito dalla Corporate, mentre
aumentano i programmi per l’esterno, vengono offerti servizi di
consulenza, anche per aiutare altre aziende a creare la propria
Corporate University.
Probabilmente, i nuovi scenari che si vanno delineando renderanno ancora più forte il coinvolgimento del vertice aziendale nelle
attività delle corporate university migliorando l’integrazione dei
progetti di formazione con gli obiettivi strategici aziendali.
Come scrive l’ICEDR: «se una Corporate University non è collegata alle strategie e al team di vertice, può facilmente diventare un
L’ACTION LEARNING PER OTTENERE RISULTATI E
SVILUPPARE LA LEADERSHIP
Una parte crescente delle attività delle Corporate University, non
riguarda soltanto quelle di tipo esperenziale (quali casi, simulazio-
Figura 2 – La mappa delle attività
La mappa delle attività
47
SEZIONE 3 - RICERCHE
ni, outdoor), ma sono sempre più collegate alle iniziative che fanno
riferimento a specifiche e, spesso, urgenti attività di business.
I partecipanti a questi progetti sono i manager che, il più delle volte,
saranno chiamati ad attuare e gestire la fase di implementazione.
I temi sono identificati sempre e soltanto dai vertici aziendali o
comunque da importanti responsabili di business.
È significativo evidenziare che una buona parte delle attività di
action learning è parte integrante dei programmi di sviluppo della
leadership per le risorse considerate “core”.
È, quindi, un’action learning guidato dalle esigenze del business
e che, oggi, utilizza una pluralità di metodi di apprendimento:
individuali e in team, apporti consulenziali, benchmarking,
apprendimento a distanza (figura 3).
Un caso interessante di integrazione tra action learning, e-learning e knowledge management è quello di Siemens, che, negli
ultimi anni, ha fatto un significativo sforzo economico e professionale per utilizzare al meglio le nuove tecnologie dell’apprendimento progettando un sistema (piattaforma) chiamato marketplace che, tra le numerose funzionalità, ha anche i moduli a supporto dell’action learning.
In questa piattaforma vi sono: l’elenco dei progetti attivi di action
learning; i data base sui progetti svolti; le conoscenze necessarie
per lo svolgimento dei progetti; l’indicazione dei profili professionali utili allo svolgimento dei progetti; il virtual marketplace:
il sito su cui possono essere lanciate e raccolte idee per lo svolgimento di progetti.
panti e ridurre i costi connessi alla formazione in aula (spese di
viaggio, distacco dal lavoro ecc.).
Oltre ai casi storici di Dell (quasi il 100% delle attività sono svolte on-line), si amplia il numero di aziende che stanno espandendo velocemente le attività on-line o le stanno aprendo.
Il caso più significativo del 2000 è forse quello di Daimler
Chrysler che ha di recente avviato la propria corporate university
on-line (DCU-online) in collaborazione con l’IMD e Harvard in
cui uno dei target più significativi è costituito dal senior management ai quali fornirà non soltanto un continuo aggiornamento sui
più recenti trend di business, ma anche uno strumento di knowledge management. Il responsabile del knowledge management
del gruppo è contemporaneamente senior manager di DCU-online.
Gli esempi di maggiore successo mostrano in modo chiaro che
l’e-learning ha efficacia elevata quando è fortemente integrato
nel sistema e nei processi aziendali. E’ già stata segnalata l’esperienza di Dell. Tra le condizioni che hanno contribuito al diffondersi dell’e-learning in questa azienda, vi è, non soltanto l’elevato grado di virtualità del sistema aziendale (e-marketing, e-supply-chain ecc.), ma anche dell’intero sistema di gestione delle
persone. In Dell, il sistema di valutazione delle performance, i
piani di sviluppo, il sistema di compensation è su rete (figura 4).
L’importanza dell’integrazione dell’e-learning ha anche un’altra
valenza: oggi, sta crescendo in modo significativo il “learning on
demand”.
Il Learning on Demand (LoD) utilizza la tecnologia per consentire e incoraggiare le persone ad imparare e acquisire nuove skill
mentre sono impegnate nella soluzione di problemi aziendali o di
attività da svolgere. ll processo di apprendimento ha luogo nel
contesto operativo e dietro specifica richiesta formulata, quando
se ne ravvisa la necessità, nell’ambito delle attività di lavoro.
L’ANNO DELL’E-LEARNING
La seconda grande area di intervento delle Corporate University
è costituita dall’e-learning per aumentare il numero dei parteci-
Figura 3 – Metodologie di apprendimento nei programmi di action learning
48
SEZIONE 3 - RICERCHE
L’esperienza delle grandi aziende che stanno attuando significativi progetti di e-learning mette in evidenza i fattori critici di successo:
Una degli esempi più significativi di LoD è quello di Cisco
Systems che evidenzia anche le strette connessioni che si possono realizzare tra e-commerce, e-customer care, e-learning.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
LE SFIDE DELL’E-LEARNING PER LE CORPORATE
UNIVERSITY
Il diffondersi del learning on demand pone nuove aree di criticità
per le corporate university. Secondo Wiggenhorn, per Motorola
University, la maggiore sfida consiste nella capacità di gestire
l’interazione tra esperti di contenuto, esperti di packaging e
distributori. Ciò richiede un sistema gestionale che funziona
worldwide sia per i partecipanti che per i manager. È necessario
avere un team che abbia in sé diverse competenze e che lavori per
raggiungere un obiettivo comune, anche per IBM questo aspetto
è essenziale.La knowledge factory deve avere:
• un modello di produzione (chiara definizione di ruoli e
responsabilità delle persone; definizione di cicli di produzione);
• semplicità delle metodologie e degli strumenti di sviluppo dei
nuovi prodotti per ridurre il time to market;
• capacità di riutilizzare i “learning objects” per ridurre i tempi
e i costi.
A maggior ragione per le altre corporate university che operano
in settori distanti dall’information technology, questo tema è
ancora più stringente: spesso il team è composto da persone di
società diverse e quindi con profili professionali e culture organizzative da rendere compatibili.
Avere la capacità di guidare e gestire questi team costituirà una
delle competenze essenziali che le corporate university devono
possedere per poter svolgere con efficacia il proprio ruolo.
e-learning come priorità aziendale (“business imperative”);
elevata capacità di pianificare l’implementazione;
persistente e mirata comunicazione;
capacità di costituire “massa critica”;
elevata capacità di progettare i corsi;
competenza sui contenuti;
efficienza produttiva e capacità di controllo dei costi;
forte capacità di effettuare investimenti in infrastrutture;
capacità di utilizzare un mix di metodologie per l’apprendimento.
Un recente benchmark della PricewaterhouseCooper ha mostrato
che quasi tutte le attività di apprendimento sono fondate su budget
annuali. Poche aziende hanno investimenti a lungo termine: l’e-learning continua a esser considerato come un costo annuo sul budget.
Tutte le esperienze di successo, invece, mostrano un forte investimento finanziario che si prolunga negli anni e che non può
essere ristretto nell’ottica di budget.
Il diffondersi del modello dell’azienda rete spinge le corporate
university ad avere come interlocutori anche i partner, i canali di
distribuzione, i fornitori (la supply-chain) e, in generale, i principali stakeholder dell’azienda. Già oggi alcune società offrono
attività in e-learning per i clienti finali aziendali (ad esempio,
Schwab).
L’e-learning, pertanto, può costituire un importante fattore di
integrazione tra i diversi snodi della rete per diffondere valori,
conoscenze, metodologie comuni.
Figura 4 -
49
SEZIONE 4 - NOTIZIE ASFOR
Sezione 4
Notizie ASFOR
Protocollo d'Intesa tra
DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
E
ASFOR - ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE ALLA DIREZIONE AZIENDALE
IL DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA E
ASFOR RITENGONO
Qualità dei servizi formativi
delle scuole associate aderenti ad
ASFOR che svolgono
attività di formazione per la Pubblica
Amministrazione
•
che la condivisione di culture formative diverse e l’elaborazione e l’attuazione, da parte di ASFOR e degli Istituti associati, di una strategia coordinata di interventi operativi, in
coerenza con gli obiettivi in tale ambito indicati dalla
Direttiva sulla formazione del 13 dicembre 2001 del Ministro
per la funzione pubblica, consentirà di assicurare elevati standard di qualità dei servizi formativi da essi offerti, anche
attraverso lo scambio di buone pratiche, al fine di rafforzare
l’efficacia, l’efficienza e la economicità della gestione dell’offerta formativa per il personale della pubblica amministrazione;
•
che un tema di particolare interesse e meritevole di approfondimento sia quello relativo alla formazione dei formatori per
la Pubblica Amministrazione.
PREMESSO
– che l’attuale fase di significative trasformazioni organizzative e gestionali delle istituzioni pubbliche, necessita di un
approccio innovativo all’offerta formativa sul piano dei contenuti, dei metodi e delle tecnologie di supporto;
– che l’ASFOR associa le principali Scuole di Management e
Corporate University ed importanti Istituzioni formative pubbliche e private ed è impegnata a svolgere un ruolo di garante della qualità e della coerenza dei processi formativi, anche
attraverso la costruzione ed il rafforzamento di un sistema
formativo manageriale italiano che possa rispondere ai reali
bisogni sia delle Amministrazioni Pubbliche che delle
Organizzazioni private;
IL DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA E
ASFOR CONCORDANO CHE
– che l’ASFOR e gli Istituti associati aderenti a questo Protocollo intendono adottare analoghi standard di qualità nei
percorsi formativi realizzati per il personale della pubblica
amministrazione;
In una prima fase l’ASFOR e gli Istituti associati concentreranno
lo sforzo per una politica formativa di qualità per le pubbliche
amministrazioni sulla “formazione in presenza”, avendo però
attenzione in prospettiva alle altre forme evolute e innovative di
formazione (ricerca azione, action learning, mentoring, ricerca
formazione, out-door learning, ecc.), comprese quelle inserite in
progetti più ampi di sviluppo organizzativo e di internazionalizzazione.
Dal momento che il processo formativo può essere concettualmente scandito in quattro fasi
a) Analisi e diagnosi del fabbisogno;
b) Progettazione degli interventi;
c) Erogazione dei servizi formativi;
d) Monitoraggio e valutazione dei risultati
l’ASFOR e gli Istituti ad essa associati si impegnano a sviluppare azioni e a definire standard comuni misurabili e verificabili per
ognuna delle quattro fasi nelle quali si articola il processo formativo.
Le azioni comuni, che dovranno essere opportunamente documentate, potranno esprimersi, con modalità diverse, secondo le
peculiarità organizzative e le strategie specifiche di ciascuna
Scuola. In particolare, tali azioni sono:
– che tale impegno potrà favorire la realizzazione di un’azione
comune ed integrata tra il sistema di offerta formativa proposto dall’ASFOR ed il sistema delle Scuole nazionali pubbliche di formazione, pur nella diversità, originalità e creatività
delle soluzioni adottate;
Per la fase A – ANALISI E DIAGNOSI DEL FABBISOGNO
1. Sensibilizzazione/responsabilizzazione della committenza
2. Analisi dei fabbisogni formativi del target di riferimento,
intesa come lettura congiunta delle esigenze dell’unità orga-
– che la collaborazione tra l’ASFOR ed il Dipartimento della
funzione pubblica potrà favorire la realizzazione di sinergie
tra i diversi soggetti impegnati nella formazione del personale delle pubbliche amministrazioni, mirate al miglioramento
della qualità dei servizi formativi, attraverso la progettazione
e lo sviluppo di interventi specifici per il personale delle pubbliche amministrazioni;
– che il Dipartimento della funzione pubblica ha promosso un
Protocollo d’Intesa tra le Scuole nazionali pubbliche di formazione, siglato il 24 aprile 2002, che ha per oggetto lo sviluppo di una politica ed una cultura che assicurino elevati
standard di qualità dei servizi formativi offerti, in linea con lo
sviluppo professionale dei partecipanti e lo sviluppo organizzativo delle amministrazioni di provenienza;
50
SEZIONE 4 - NOTIZIE ASFOR
nizzativa di riferimento (committenza) e dei bisogni degli
individui
3. Realizzazione di data-base dei partecipanti (o potenziali
utenti), con esperienze, fabbisogni, attese
La segreteria del Comitato e le relative spese di funzionamento
saranno curate da ASFOR.
Le spese relative all’esperto componente del Comitato e alla
eventuale partecipazione alle riunioni di ulteriori esperti saranno
a carico di ASFOR.
Le spese per l’attività del rappresentante del Dipartimento della
Funzione Pubblica nel Comitato saranno a carico del
Dipartimento stesso.
Compito del Comitato sarà quello di svolgere un servizio di audit
presso le Scuole ASFOR che aderiranno individualmente al protocollo, e che si realizzerà anche con una visita annuale in data
concordata.
Più in generale, il Comitato avrà il compito di assicurare il necessario impulso e coordinamento ed il rispetto delle attività previste dal presente Protocollo.
Si riunirà almeno due volte nel semestre e comunque tutte le
volte che uno dei componenti ne faccia richiesta.
Eventuali costi relativi alle visite da parte di esperti designati dal
Comitato saranno equamente ripartiti tra le Scuole (cioè sostenute pro-quota dagli Istituti che ricevono la visita di verifica).
Le Parti auspicano l’attivazione, nel prossimo futuro, di un
Tavolo di analisi e confronto tra organismi pubblici e privati operanti nel settore della formazione per il personale della pubblica
amministrazione, al fine di codificare i tratti caratterizzanti di un
“Comune Sistema Formativo di Qualità”.
Il presente Protocollo ha la durata di tre anni e potrà essere rinnovato, per un periodo da concordare, su comunicazione di una
delle parti, con assenso scritto delle altre parti, entro tre mesi
dalla proposta di rinnovo.
Per la fase B – PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI
4. Definizione degli obiettivi di formazione e di apprendimento
5. Metodologia didattica, modulata sulla giornata formativa,
che privilegi la didattica attiva, basata su esercitazioni pratiche, lavoro di gruppo, casi di studio, simulazioni, role
playing, e uso di supporti multimediali
6. Individuazione del responsabile per ogni corso
7. Formazione e tenuta di un elenco docenti e fornitori, con specifica competenza
Per la fase C – EROGAZIONE DEI SERVIZI FORMATIVI
8. Monitoraggio costante del processo formativo tramite “professional” e adeguati “strumenti” di verifica in itinere dell’apprendimento
9. Standard di svolgimento (es. di regola, soglia massima di 30
allievi per corso o collegare il numero dei partecipanti alle
metodologie formative utilizzate)
10. Revisione (se necessario) di obiettivi didattici, di metodi, di
contenuti
Per la fase D – MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEI
RISULTATI
11. Valutazioni di feed-back (questionario di gradimento con elementi di valutazione/autovalutazione della didattica e dell’apprendimento)
12. Prove di verifica finali o d’esame (se previste)
13. Valutazione del processo
14. Valutazione dell’impatto organizzativo tramite questionario
(almeno annuale) di feed-back sui committenti e sugli stessi
ex allievi
15. Incontro annuale dei responsabili dei corsi sui temi della qualità della formazione.
Appendice I
I Soci ASFOR sottoscriveranno individualmente il Protocollo
d’Intesa, e conseguentemente tali documenti saranno parte integrante del presente Protocollo*.
Con l’intento di promuovere e verificare l’attuazione delle attività previste dal presente protocollo d’intesa, nello spirito di una
solidale cooperazione culturale e nella prospettiva di un miglioramento continuo dei servizi formativi, viene istituito un apposito Comitato per la verifica e lo sviluppo della qualità.
Il Comitato sarà costituito da tre rappresentanti di ASFOR, un
rappresentante del Dipartimento della Funzione Pubblica e da un
esperto in materia di qualità, per realizzare un servizio di audit
presso le Istituzioni individuate nel Protocollo, attraverso un’attività di monitoraggio annuale sul rispetto dei criteri di qualità.
I rappresentanti ASFOR verranno annualmente indicati dalla
Presidenza dell’Associazione.
Per l’ASFOR
Il Presidente
Dott. Claudio Poli
Per il Dipartimento della Funzione Pubblica
Il Capo Dipartimento della Funzione Pubblica
Dot. Carlo D’Orta
Roma, Palazzo Ghidoni, 28 giugno 2002
* Sul sito www.asfor.it potrete trovare l’elenco aggiornato dei soci che hanno sottoscritto l’accordo.
51
Gli Organi Istituzionali
Presidente
Claudio POLI
ISVOR FIAT S.p.A.
Consiglio Direttivo
Mauro BOATI
Elio BORGONOVI
Marco CASTELLETT
Dario GATTINONI
Daniele MOSCA
Vladimir NANUT
Vittorio PARAVIA
Costanza PATTI
Giuseppe PERRONE
Luigi PIERACCIONI
Claudio PITILINO
Antonio RUSSO
Roberto SUARES
Maurizio TARQUINI
Elio VERA
IF Italia Forma S.r.l.
SDA Bocconi
Gruppo Telecom Italia S.p.A.
Iref
Elea S.p.A.
MIB School of Management
Fondazione Antonio Genovesi Salerno-SDOA
Confindustria
Fondazione Giuseppe Taliercio
Istituto Guglielmo Tagliacarne
Profingest
SPEGEA
IBM Learning Services
LUISS
CESMA - Centro Esperienze e Studi di Management
Segretario Generale
Mauro MEDA
Revisori dei Conti
Claudio SALA - Presidente
Pierangelo CIGNOLI
Mario GOBBI
Collegio dei Probiviri
Gianfranco GAMBIGLIANI
Franco GIACOMAZZI
Gabriele MORELLO
Advisory Board
Piero BONTADINI
Silvio BRONDONI
Piergiorgio COIN
Riccardo PERISSICH
Roberto RUOZI
Giorgio SAMPIETRO
Sergio ZOPPI
Past President ASFOR
Ordinario di Marketing e Direttore dell’Istituto di
Economia d’Impresa all’Università degli Studi di
Milano-Bicocca e Coordinatore Advisory Board
Vice Presidente del Gruppo COIN S.p.A.
Consigliere di Pirelli S.p.A.
Direttore Istituto Economia degli Intermediari
Finanziari Università Bocconi
Presidente di Unilever Italia S.p.A.
Presidente CRA, Centro Nazionale
Ricerche dell’Agricoltura
52
ASSOCIATI ASFOR
Gli Associati
ACCADEMIA DI COMUNICAZIONE
Via Savona, 112 A
20144 MILANO
Tel.[02] 230061 - Fax. 23006200
Internet: http://www.hdemia.it
ASERI
Alta Scuola di Economia e Relazioni
Internazionali
Via San Vittore, 18
20123 MILANO
Tel. [02] 4693856 - Fax. 4694845
Internet: http://www.unicatt.it/aseri
ATENEO IMPRESA S.p.A
Corso Vittorio Emanuele II, 18
00186 ROMA
Tel. [06] 69920231- Fax. 69922515
Internet: http://www.ateneoimpresa.it
BERGAMO FORMAZIONE
Via S. Zilioli, 2
24121 BERGAMO
Tel. [035] 3888011 - Fax. 247169 Internet: http://www.bg.camcom.it
BIC CALABRIA
Businness Innovation Centre
Via Alberto Serra, 46
87100 COSENZA
Tel. [0984] 391455 - Fax.391507
Internet: http://www.biccal.it
BUREAU VERITAS ITALIA S.r.l.
Viale Monza, 265
20126 MILANO
Tel. [02] 27091227 - Fax. 27006815
Internet: http://www.bureauveritas.com
CE.RI.SDI
Castello Utveggio - Via Pietro Bonanno
90142 PALERMO
Tel. [091] 6391111 - Fax. 6372570
Internet: http://www.cerisdi.it
CENTRO DI FORMAZIONE
IMPRENDITORIALE
Via Cacciatori delle Alpi, 42
06100 PERUGIA
Tel. [075] 5997254 - Fax. 5999070
Internet: http://www.centroformazione.it
CESMA
Centro Esperienze e Studi di Management
Piazzale Giulio Cesare, 4
20145 MILANO
Tel. [02] 4694018 - Fax. 462990
Internet:http://www.cesma.org
CFMT
Centro di Formazione e
Management del Terziario
Via Stoppani, 6
20129 MILANO
Tel. [02] 29406640 - Fax. 29405329
Internet:http://www.cfmt.it
CIS
Scuola Aziendale di Formazione Superiore
Via Picard,18/9
42100 REGGIO EMILIA
Tel.[0522] 791963 - Fax. 307445
Internet:http://www.cis-formazione.it
CO.IN.FO
Consorzio Interuniversitario sulla formazione
c/o Università degli Studi di Torino
Via Verdi, 8
10124 TORINO
Tel.[011] 6702290 - Fax. 8140483
Internet:http://www.csiaunica.it/coinfo
COMERINT S.p.A.
Via Paolo Di Dono, 223
00142 ROMA
Tel. [06] 51990.1- Fax. 51990779
Internet:http://www.dietsmann.com
CONFINDUSTRIA
Viale dell'Astronomia, 30
00144 ROMA
Tel. [06] 59031 - Fax. 5903392
Internet:http://www.confindustria.it
CONSORZIO PAVESE PER STUDI
POST-UNIVERSITARI NELL’AREA
ECONOMIA AZIENDALE
Viale Cesare Battisti, 54
27100 PAVIA
Tel. [0382] 28097 - Fax. 20577
Internet:http://
www.consorziopaesestudipostuniversitari.it
CTC
Centro di Formazione Manageriale e
Gestione d’Impresa
Piazza Costituzione,8
40128 BOLOGNA
Tel.[051] 6093200- Fax. 6331294
Internet:http://www.ctcformazione.it
DIREZIONE CENTRALE FORMAZIONE
E SVILUPPO COMPETENZE - I.N.P.S.
Via Ciro il Grande, 21
00144 ROMA
Tel. [06] 59053989 Fax 59053993
Internet: http://www.inps.it
EBS MILANO S.c.a.r.l.
European Business School Milano
Viale Fulvio Testi, 223
20162 MILANO
Tel. [02] 66124342 - Fax. 66124316
Internet:http://www.ebs.milano.it
EUROS CONSULTING S.p.A.
Corso Magenta, 57
20123 MILANO
Tel. [02] 499011 - Fax. 49901612
Internet:http://www.euros.it
FONDAZIONE “GIORDANO DELL’AMORE”
Via San Vigilio, 10
20142 MILANO
Tel. [02] 8135341 - Fax. 8137481
Internet:http://www.fgda.org
FONDAZIONE ALMA MATER
Villa Gandolfi Pallavicini,
Via Martelli,22/24
40138 BOLOGNA
Tel. [051] 6024555 - Fax. 6024562
Internet:http://www.alma-mater.it
FONDAZIONE ANTONIO GENOVESI
SALERNO – SDOA
Via G. Pellegrino,19
84019 Vietri sul Mare (SA)
Tel. [089] 761166 - Fax. 210002
Internet:http://www.sdoa.it
FONDAZIONE CUOA
Villa Valmarana Morosini
36077 Altavilla Vicentina (VI)
Tel. [0444] 333711 - Fax. 333999
Internet: http://www.cuoa.it
FONDAZIONE GIUSEPPE TALIERCIO
Via IV Novembre, 152
00187 ROMA
Tel. [06] 6920971- Fax. 69209707
Internet:http://www.fondtaliercio.it
FONDAZIONE PER L’ISTITUTO
DIRIGENTI ITALIANI-I.D.I.
Corso Porta Romana, 51
20122 MILANO
Tel. [02] 54123001 - Fax. 54119604
Internet:http://www.fondazioneidi.it
FORMAPER
Via Camperio, 1
20123 MILANO
Tel. [02] 8515.5385 - Fax. 85155290
Internet:http://www.formaper.com
FORMEZ
Via Salaria 229
00199 ROMA
Tel. [06] 84891 - Fax. 84893269
Internet:http://www.formez.it
EF CORPORATE LANGUAGE TRAINING
Corso Vittorio Emanuele, 24
20122 MILANO
Tel. [02] 77891 Fax 782733
Internet: http://www.ef.com
www.englishtown.com
GRUPPO TELECOM ITALIA S.p.A
Viale PArco de’ Medici, 61
00148 ROMA
Tel. [06] 36899226 - Fax. 36872119
Internet:http://www.telecomitalia.it
ELEA S.p.A.
Corso Massimo D'Azeglio, 69
10015 Ivrea (TO)
Tel. [0125] 2599021 Fax 2599215
Internet:http://www.elea.it
IBM LEARNING SERVICES
Via Isimbardi, 10
22060 NOVEDRATE
Tel. [031] 796515 - Fax 796257
Internet:http://www.ibm.com/services/learning/it
ENI CORPORATE UNIVERSITY S.p.A. Scuola Enrico Mattei
Via S. Salvo, 1
20097 San Donato Milanese (MI)
Tel. [02] 520.1.57907 - Fax. 52057908
Internet:http://www.eni.it/scuolamattei
ICE
Istituto Nazionale per il Commercio Estero
Via Liszt, 21
00144 ROMA
Tel. [06] 59921 - Fax. 59926693
Internet:http://www.ice.it
53
ASSOCIATI ASFOR
IF ITALIA FORMA S.r.l.
Via Verdi, 46/A
29100 PIACENZA
Tel. [0523] 385246 - Fax. 337714
Internet:http://www.mete.it
ISVOR FIAT S.p.A
Corso Dante, 103
10126 TORINO
Tel. [011] 0065111 - Fax. 0065476
Internet:http://www.isvor.it
IFOA
Istituto Formazione Operatori Aziendali
Via Guittone D'Arezzo,6
42100 REGGIO EMILIA
Tel. [0522] 329111 - Fax 284708
Internet:http://www.ifoa.it
ITALIA LAVORO S.p.A
Via Ostiense, 131L
00154 ROMA
Tel. [06] 570121- Fax. 5757220
Internet:http://www.italialavoro.it
IL SOLE 24 ORE SPA
CENTRO DI FORMAZIONE
Via Brisa, 3
20123 MILANO
Tel. [02] 30223987-30223249 - Fax. 874370
Internet:http://www.ilsole24ore.com/formazione
INFOR
Scuola di Formazione S.p.A
Viale Milanofiori, Palazzo W.T.C.
20090 Assago (MI)
Tel. [02] 575571 - Fax. 57557915
Internet:http://www.inforscuola.it
IntesaBci Formazione S.C.P.A.
Via Mercato, 5
20121 MILANO
Tel. [02] 88661 - Fax. 88668247
Internet:http://www.intesaformazione.it
IREF
Istituto Regionale Lombardo di Formazione
per Amministrazione Pubblica
Via da Recanate, 1
20124 MILANO
Tel. [02] 675071 - Fax. 66711701
Internet:http://www.irefonline.it
IRI MANAGEMENT
Via Piemonte, 60
00187 ROMA
Tel. [06] 478031 - Fax. 4825546
Internet:http://www.irimanagement.com
ISFOR 2000
Istituto Superiore di Formazione e Ricerca
Via P. Nenni, 30
25124 BRESCIA
Tel. [030] 2426481 - Fax. 2426484
Internet:http://www.isfor2000.com
ISIDA
Via Ugo La Malfa,169
90146 PALERMO
Tel. [091] 6886805 - Fax. 6886812
Internet:http://www.isida.it
ISMO S.r.l.
Piazza S. Ambrogio, 16
20123 MILANO
Tel. [02] 72000497 - Fax. 89010721
Internet:http://www.ismo.org
LEARNING SYSTEMS S.p.A
Corso Italia, 47
20122 MILANO
Tel. [02] 58313255- Fax. 58313070
Internet:http://www.learningsystems.it
LIUC Ricerca e Formazione
Corso Matteotti, 22
21053 Castellanza (VA)
Tel. [0331] 572.1 - Fax. 483444
Internet:http://www.liuc.it
Luiss Guido Carli, Scuola di Management
Viale Pola, 12
00198 ROMA
Tel. [06] 85225.328 - Fax. 8413998
Internet:http://www.luiss.it
MASTER IN COMUNICAZIONE E
MARKETING di PUBLITALIA ’80
Viale F.Testi, 223
20162 MILANO
Tel. [02] 66100085- Fax.66100610 Internet: http://www.publitalia.it/servizi/master/master.html
MASTER UNIVERSITARIO IN GESTIONE
DEL RISPARMIO e-Mgierre
Università di Roma Tor Vergata
Facoltà di Economia dip. SEFEMEQ
Via Columbia, 2
00133 ROMA
Tel.[06] 72595930- Fax. 72595930
Internet:http://www.masternetwork.org
QUADRIFOR
Istituto per lo sviluppo della formazione
dei quadri del terziario
Via Alvise Cadamosto, 14
00154 ROMA
Tel. [06] 5744304- Fax. 5744314
Internet:http://www.quadrifor.it
SCUOLA DI AMMINISTRAZIONE
AZIENDALE - SAA
Via Ventimiglia, 115
10126 TORINO
Tel. [011] 63991 - Fax. 6399247
Internet:http://www.saa.unito.it
SCUOLA DI PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE S.p.A.
Viale San Concordio, 135
55100 LUCCA
Tel. [0583] 419600 - Fax. 419212
Internet:http://www.scuola.lucca.it
SCUOLA SCIENZE AZIENDALI
Via Tagliamento, 16
50126 FIRENZE
Tel. [055] 6820681 - Fax. 6820536
Internet:http://www.scuolascienzeaziendali.it
SDA BOCCONI
Via Bocconi, 8
20136 MILANO
Tel. [02] 5836.6606 - Fax. 5836.6638
Internet:http://www.sda.uni-bocconi.it
SFERA S.pA. - Gruppo ENEL
Via Tirso, 26
00198 ROMA
Tel. [06] 85097476 - Fax. 85092905
Internet:http://www.sfera.it
SMEA - Università Cattolica del Sacro Cuore
Via Milano, 24
26100 CREMONA
Tel. [0372] 499160 - Fax. 499191
Internet:http://www.unicatt.it\smea\
METE srl
Via G. Sirtori, 32
20139 MILANO
Tel. [02] 29404399- Fax. 29404798
Internet:http://www.mete.it
SOGEA s.c.p.a.
Scuola di Formazione Aziendale
Palazzo Pallavicino - Via Interiano, 1
16124 GENOVA
Tel. [010] 5767811 - Fax.532607
Internet:http://www.sogeanet.it
MIB - School of Management
Palazzo del Ferdinandeo
Via Carlo de Marchesetti, 6
34142 TRIESTE
Tel. [040] 9188111- Fax. 9188122
Internet:http://www.mib.edu
SPEGEA S.r.l. - Scuola di perfezionamento
in Gestione Aziendale
Via Amendola, 172/c
70126 BARI
Tel. [080] 5919411- Fax. 5919435
Internet:http://www.spegea.it
MIP-Politecnico di Milano
Viale Rimembranze di Lambrate,14
20134 MILANO
Tel. [02] 23992822 - Fax. 23992844
Internet:http://www.mip.polimi.it/mip
STOA' S.c.p.A. - Istituto Studi per la Direzione
e Gestione di Impresa
Corso Resina,283
80056 Ercolano (NA)
Tel. [081] 7882111- Fax. 7772688
Internet:http://www.stoa.it
ISTITUTO GUGLIELMO TAGLIACARNE
Via Appia Pignatelli 62
00178 ROMA
Tel [06] 780521 - Fax. 7842136
Internet:http://www.tagliacarne.it
POLIEDRA - Centri di conoscenza e formazione
del Politecnico di Milano
Via Fucini, 2
20133 MILANO
Tel. [02] 23992900- Fax. 23992901
Internet:http://www.poliedra.polimi.it
ISTUD
Corso Umberto I, 71
28838 Stresa (VB)
Tel. [0323] 933801 - Fax. 933805
Internet:http://www.istud.it
PROFINGEST
Via Buon Pastore, 2
40141 BOLOGNA
Tel. [051] 474782 - Fax. 482297
Internet:http://www.profingest.it
54
SUMMIT S.r.l.
Via Giulio Tarra, 1
20125 MILANO
Tel. [02] 66710332 - Fax. 66710613
Internet:http://www.summit-tmi.it
Telecom Italia Learning Services Spa
Strada Provinciale Km. 0,300
67010 Coppito (AQ)
Tel. [0862] 3361 - Fax. 336606
Internet:http://www.ssgr.it
ASSOCIATI ASFOR
AREE/SETTORI DI INTERVENTO
A
B
CE
eB
AMMINISTRAZIONE
BANCHE
COMMERCIO
e-BUSINESS
ENTE
ACCADEMIA DI COMUNICAZIONE
ASERI
ATENEO IMPRESA S.p.A.
BERGAMO FORMAZIONE
BIC CALABRIA
BUREAU VERITAS ITALIA S.r.l.
CE.RI.SDI
CENTRO FORMAZIONE IMPRENDITORIALE
CESMA, Centro Esperienze e Studi di Management
CFMT, Centro Formazione e Management Terziario
CIS, Scuola Aziendale di Formazione Superiore
CO.IN.FO. - Consorzio
COMERINT S.p.A.
CONFINDUSTRIA
CONSORZIO PAVESE per Studi post-Universitari
C.T.C. Centro Formazione Manageriale
DIREZIONE CENTRALE Formaz. e Svil. Comp. INPS
EBS MILANO S.c.a.r.l.
EF CORPORATE LANGUAGE TRAINING
ELEA S.p.A.
ENI CORPORATE UNIVERSITY E. MATTEI
EUROS Consulting S.p.A.
FONDAZIONE “GIORDANO DELL’AMORE”
FONDAZIONE ALMA MATER
FONDAZIONE A.GENOVESI Salerno – SDOA
FONDAZIONE CUOA
FONDAZIONE GIUSEPPE TALIERCIO
FONDAZIONE I.D.I.
FORMAPER
FORMEZ
GRUPPO TELECOM ITALIA S.p.A.
IBM LEARNING SERVICES
ICE, Istituto nazionale per il Commercio Estero
IF ITALIA FORMA S.r.l.
IFOA, Istituto Formazione Operatori Aziendali
IL SOLE 24 ORE S.p.A. - Centro Formazione
INFOR, Scuola di Formazione S.p.A.
INTESABCI FORMAZIONE S.C.P.A.
IREF
IRI MANAGEMENT
ISFOR 2000
ISIDA
ISMO
ISTITUTO GUGLIELMO TAGLIACARNE
ISTUD
ISVOR FIAT S.p.A.
ITALIA LAVORO S.p.A.
LEARNING SYSTEMS S.p.A.
LIUC Ricerca e Formazione
Luiss Guido Carli, Scuola di Management
MASTER COMUNICAZIONE E MARKETING
Master Universitario in Gestione Risparmio eMgierre
METE Srl
MIB School of Management
MIP- Politecnico di Milano
POLIEDRA
PROFINGEST
QUADRIFOR
S.A.A. Scuola di Amministrazione Aziendale
SCUOLA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
SCUOLA SCIENZE AZIENDALI
SDA BOCCONI
SFERA S.p.A. - Gruppo ENEL
SMEA, Università Cattolica del Sacro Cuore
SOGEA s.c.p.a. Scuola di Formazione Aziendale
SPEGEA S.r.l.
STOA’ s.c.p.a.
SUMMIT S.r.l.
TELECOM ITALIA LEARNING SERVICES S.p.A.
F
M
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FINANZA/CONTROLLO
MARKETING/COMUNICAZIONE
ORGANIZZAZIONE/
SVILUPPO ORGANIZZATIVO
PRODUZIONE/LOGISTICA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
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Impaginazione e realizzazione - FGP - Milano
Associazione per la Formazione alla Direzione Aziendale
Via Beatrice D’Este, 10
I 20122 Milano
Tel. 02 / 58328317
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