Numero 8 - Liceo Classico «Pilo Albertelli

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Numero 8 - Liceo Classico «Pilo Albertelli
Lassù qualcuno mi ama
(Somebody up There Likes me)
USA 1956, 113'
Genere: Drammatico
Regia di: Robert Wise
Cast principale: Everett
Sloane, Paul Newman, Steve
McQueen, Pier Angeli, Eileen
Heckart
Tematiche: lotta, amore
Target: da 16 anni
http://www.youtube.com/watch?v=
4HgBwIOD_2k
Il rapporto tra pugilato e cinema è forte grazie a film quali Rocky di John G.
Avildsen, Toro scatenato di Martin Scorsese, Fronte del porto di Elia Kazan, Ali di
Michael Mann, Cinderelta Man di Ron Howard, Quando eravamo re di Leon Gast,
The boxer di Jim Scheridan, Million Doltar Baby di Clint Eastwood, The Hurricane
di Norman Jewison, il recente The Fighter di David O.Russel e molti altri. Noi
abbiamo scelto un classico per la simpatia che ci lega da sempre a Paul Newman.
Lassù qualcuno mi ama "E' la biografia romanzata di un vero campione, Rocky
Graziano. Il regista ha dato al racconto un ritmo energico e sobrio, anche se
talvolta s'attarda nel puntualizzare certe situazioni di carattere psicologico.
Hurricane
di Bob Dylan
Album: Desire
Anno: 1975
Casa discografica: Columbia
http://www.youtube.com/watch?v=IV9y
B5PyI1w&feature=related
Rubin Carter detto Hurricane (Uragano) era un pugile di colore che nella seconda metà degli anni '60
era destinato a diventare il campione mondiale dei pesi medi quando fu arrestato per un pluriomicidio
(per rapina in un bar) a Paterson nel New Jersey. Condannato a venti anni di galera si è sempre
dichiarato innocente e vittima di un processo-farsa; nel '75 Dylan viene a sapere della sua vicenda, va a
trovare Hurricane in carcere e poi scrive una canzone di 9 minuti e 11 strofe, già una perfetta
sceneggiatura, vibrante e intensa come il ritmo e le rasoiate del violino che gridano l'innocenza di
Hurricane. Durante il tour del '75 Dylan cantò spesso questa canzone creando un "movimento" a favore
del pugile, in particolare durante due serata "ad hoc" a Ney York nel tempio della boxe (il madison
square garden) che videro la presenza anche di pugili come Alì. Il processo fu riaperto, ma solo anni
dopo si arrivò alla svolta quando Hurricane fu dichiarato innocente. Ecco due strofe della canzone e
due tavole di un fumettista dedicate alla suddetta canzone.
Rubin avrebbe potuto far fuori un uomo con un pugno
ma non gli era mai piaciuto parlare troppo di questo
"E' il mio lavoro", diceva "E lo faccio per i soldi"
"E quando sarà finito me ne andrò veloce per la mia strada
su in qualche paradiso della natura
dove nuotano branchi di trote e l'aria è limpida
e dove si può fare una corsa a cavallo lungo i sentieri"
Ma poi lo hanno messo in prigione
dove cercano di trasformare un uomo in topo
Tutte le carte di Rubin erano segnate fin dall'inizio
il processo fu una farsa, egli non ebbe mai una sola possibilità
il giudice fece apparire ogni testimone a favore di Rubin come un ubriacone degli "slums"
per la gente bianca che osservava egli era un vagabondo rivoluzionario
e per i negri era solo un negro pazzo
nessun dubbio che fosse stato lui a premere il grilletto
e sebbene non fosse stato possibile produrre l'arma del delitto
il Pubblico Ministero disse che aveva compiuto lui l'omicidio
e la giuria composta esclusivamente da bianchi fu d'accordo
Gearge Bellows, Stag at Sharkey's, 1917
Possiamo inserire la lotta tra Giacobbe e
l’angelo tra i match di pugilato grazie a
una grande poetessa quale Emily
Dickinson, che nel 1886 definì Giacobbe
Pugilist and Poet (Audacia della
Beatitudine, disse Giacobbe all'Angelo
"Non ti lascerò andare se non ti avrò
benedetto" - Pugile e Poeta, Giacobbe era
nel giusto -), vedendo in lui il prototipo del
poeta in lotta pugilistica per l'ispirazione.
A little East of Jordan,
•
Evangelists record,
A Gymnast and an Angel
Did wrestle long and hard -Till
morning touching mountain And Jacob, waxing strong,
The Angel begged permission
To Breakfast - to return -
Poco a Est del Giordano,
Registrano gli Evangelisti,
Un Atleta e un Angelo
Lottarono a lungo e duramente -Finché il
mattino toccò la montagna E a Giacobbe, più in forze,
L'Angelo implorò il permesso
Di fare Colazione - per poi tornare -
Not so, said cunning Jacob! •
Certo che no, disse l'astuto Giacobbe!
"I will not let thee go
"Non ti lascerò andare
Except thou bless me" - Stranger!Salvo che tu non mi benedica" - Straniero!
The which acceded to Non appena accettato ciò Light swung the silver fleeces•
"Peniel" Hills beyond,
And the bewildered Gymnast
Found he had worsted God!
Lievi ondeggiarono i velli d'argento
Oltre i Colli di "Peniel",
E lo sconcertato Atleta
Scoprì d'aver sconfitto Dio!
SMOKIN’ JOE FRAZIER,
IL PUGILE
Di Andrea Monda
“C’è sempre qualcosa d’impuro nella riuscita, una volgarità nella vittoria [...] e che di
totalmente grande c’è solo la sconfitta” (Charles Peguy)
Joe Frazier è morto l’8 novembre scorso, a 67 anni, fulminato in poche settimane da un
tumore al fegato. Dodicesimo di 13 figli di Robin Frazier (e padre di 11 figli), nato a
Beaufort nella Carolina del Sud, da ragazzo Joe è apprendista macellaio a Philadelphia
prima di cominciare la carriera pugilistica: 37 incontri, 32 vittorie (27 per ko), 1 pareggio
e 4 sconfitte. Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokio nel ’64 (finale giocata con una mano
rotta, poi subito ingessata), nel 1968 diventa campione dei pesi massimi, titolo che
l’anno prima era stato tolto a Muhammad Alì per la sua renitenza alla leva. Di tutta la
sontuosa lista di successi, restano però più memorabili le quattro sconfitte, per mano di
Alì e di George Foreman: perchè Joe Frazier è un grande sconfitto, un gigantesco,
struggente, “numero due”. Che però ha vissuto la sua notte di gloria: la sera dell’8
marzo 1971 nel Madison Square Garden in 15 riprese sconfisse ai punti Alì, il suo rivale
di sempre. Grazie al suo infinito carisma quest’ultimo era riuscito, a livello psicologico e
mass-mediatico, ad invertire i ruoli dello scontro: anche se di fatto egli era lo sfidante,
colui che inseguiva il titolo che gli era stato tolto senza alcuna sconfitta sul ring quattro
anni prima, alla fine dei conti risultava che era Frazier a inseguire, a cercare di
legittimarsi sconfiggendo la fama e poi la persona che gli stava davanti, sempre
avanti. Alì e Frazier, come Mozart e Salieri, come Kennedy e Nixon, il Bello e la Bestia.
Come aveva fatto con Liston sette anni prima, Alì, con i suoi show da rapper ante
litteram (show paradossalmente ai limiti del razzismo, sia con Liston che con Frazier),
aveva cominciato a combattere il match già da settimane prima della data fissata,
aggredendo verbalmente il “brutto negro” Joe Frazier, bieco usurpatore del titolo che
spettava di diritto a lui, l’ottava meraviglia del mondo. E quella sera tutto il mondo era lì
al Madison Square Garden: Ted Kennedy e Aretha Franklin, Bing Crosby
e Frank Sinatra, e Burt Lancaster che commentando per una rete
televisiva ad un certo punto esclamò: “Frazier non è pugile, ma un
carroarmato Sherman!”.
(continua…)
(… segue)
Come aveva fatto con Liston sette anni
prima, Alì, con i suoi show da rapper ante
litteram (show paradossalmente ai limiti del
razzismo, sia con Liston che con Frazier),
aveva cominciato a combattere il match già
da settimane prima della data fissata,
aggredendo verbalmente il “brutto negro”
Joe Frazier, bieco usurpatore del titolo che
spettava di diritto a lui, l’ottava meraviglia
del mondo. E quella sera tutto il mondo era
lì al Madison Square Garden: Ted Kennedy
e Aretha Franklin, Bing Crosby e Frank
Sinatra, e Burt Lancaster che
commentando per una rete televisiva ad un
certo punto esclamò: “Frazier non è pugile,
ma un carroarmato Sherman!”.
Questo era lo stile, privo di stile, di Joe
Frazier: avanzare. Prendere i pugni
dell’avversario, anche tanti pugni, ma
riuscire a sferrarne uno, uno di quei sinistri
devastanti che “sembravano provenire dal
pavimento” come ebbe a dire Alì che al
quindicesimo round conobbe l’umiliazione
dell’essere contato, anche se per soli
quattro secondi. Due anni dopo in Jamaica
Frazier fu a sua volta umiliato per sei volte
dal tornado-Foreman che in due
brutalissimi round conquistò il titolo che poi
perderà nell’incontro più celebre e
incredibile della boxe, quello di Kinshasa
del ’74 con Alì (ko all’ottavo round). Un po’
come nella vita, le cose si combinano non
perfettamente ma misteriosamente: Frazier
aveva battuto Alì ma aveva perso da
Foreman, mentre Alì avrebbe battuto
Foreman in una performance
unica e irripetibile.
Invece tra Alì e Frazier
nacque un vero e proprio
lungo rapporto di rivalitàamicizia (accennato
efficacemente
dal film Alì, di Michael Mann), di stima e
contrapposizione profonda, un dualismo
fuori e dentro il ring che alimentava il mito
dell’epica della boxe. “Io senza di lui non
potrei essere quello che sono e viceversa”
dirà poi Alì, “insieme abbiamo fatto una
bella squadra”. I tre incontri della “squadra
Alì-Frazier” sono rimasti nella storia della
noble art che forse proprio il 30 settembre
del 1975, nelle Filippine, ha conosciuto il
suo canto del cigno. Il terzo, durissimo e
ultimo match si tenne infatti a Manila (“the
Thrilla in Manila”, secondo le filastrocche di
Alì che avrebbe dovuto “to beat the
Gorilla”) e finì con l’abbandono di Frazier
all’inizio dell’ultimo round. Furono i suoi
secondi a gettare la spugna perchè Joe
non l’avrebbe mai fatto: “Frazier è capace,
se lo butti giù, di rimettersi in piedi prima
ancora di toccare terra” pensava con
atroce timore Alì mentre cercava di sferrare
il colpo del ko a Foreman chiedendosi: “e
se George fosse simile a Joe?”. Ma Joe
era unico; egli era da un certo punto di
vista, il vero pugile. Con la sua incredibile
arte di incassatore e la tenace e
commovente furia che lo spingeva a
procedere sempre in avanti, noncurante
dei sacrifici da pagare pur di mantenere
questa tattica semplice quanto ostinata,
Frazier ha incarnato l’idea platonica del
pugile molto più dei suoi vincitori. Frazier è
molto “più pugile” di Alì, perchè Alì
appartiene ad un’altra sfera, quella del
genio, dell’arte, della bellezza, ma è
Smokin’ Joe Frazier (dai pugni fumanti) ad
appartenere alla boxe, a quello sport che
come ebbe a dire George Foreman, è “lo
sport verso cui tutti gli altri tendono”.
Vi segnaliamo inoltre:
 In libreria: Piffer T.; Zubok V.,
Società totalitarie e transizione alla
democrazia. Saggi in memoria di Victor
Zaslavsky, Il Mulino
 Al cinema: Real Steel, di Shawn
Levy (2011)
 Nei negozi di musica: Chris Cornell,
Songbook, 2011
Caro studente o sconosciuto internauta,
siamo capitati in una sacca di bonaccia per alcuni giorni, a bordo non
c’era gran che da fare. Ma d’improvviso ieri due degli uomini migliori si
sono trovati uno contro l’altro e per risolver la diatriba ci siam messi in
quadrato con loro al centro pronti a battersi. Lo scontro è stato duro, la
lotta lunga, nessuno dei contendenti disposto a rinunciare, entrambi
resistenti ai colpi scagliati con vigore dall’altro. Alla fine erano
esausti, sarebbero caduti al suolo se i loro corpi non fossero rimasti
aggrovigliati. In quel momento qualcuno a voce alta ha detto:
«Fratres!»
……………..................... Prof. Andrea Monda
…………………………………….… Prof. Mario Sissa
"È certo, come lo è sempre stato, che la vita è un dono di Dio
immensamente prezioso e immensamente apprezzato, e chiunque
può averne la prova puntando una pistola contro la tempia di un
pessimista. Solo certi nostri contemporanei non vogliono che gli si
punti contro nessuno problema ed evitano le semplici domande
quasi fossero pistolettate". (G.K. Chesterton, La mia fede)