Bruno Benini DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA

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Bruno Benini DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Bruno Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO
DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Con la collaborazione di
B. Truosolo, C. Ceribelli, S. Manfroni
Con la partecipazione di
E. Adami, R. Bertolini, E. Cingolani, G. Natuzzi,
M. Tomassetti, R. Piagnerelli, G. Raselli, T. Mastropietro
Info Stampa
Bruno Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO
DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Con la collaborazione di
S. Manfroni e B. Truosolo
Con la partecipazione di
E. Adami, R. Bertolini, C. Ceribelli, E. Cingolani, G. Natuzzi,
M. Tomassetti, R. Piagnerelli, G. Raselli, T. Mastropietro
Ad Alessio
“...Il mondo è tuo, con tutto ciò che ha dentro e,
ancor di più, ragazzo mio, sei Uomo!”
R. Kypling
Indice
Presentazione ....................................................................................................................... Pag. 5
R. Tersigni
Prefazione ................................................................................................................................. » 7
B. Benini
CAP. I
Ergonomia in chirurgia laparoscopica e patologie professionali correlate ....... » 9
B. Benini, C. Ceribelli
CAP. I.II Malattie professionali correlate alla chirurgia laparoscopica .............. » 15
B. Benini
CAP. II
Strumentario per chirurgia laparoscopica ......................................................... » 19
B. Benini, R. Piagnerelli
CAP. III Acquisizione ed elaborazione delle immagini .................................................. » 29
G. Natuzzi
CAP. IV Fisiopatologia dello pneumoperitoneo ............................................................... » 37
M. Tomassetti, T. Mastropietro
CAP. V
Risposta sistemica ed immunitaria alla chirurgia laparoscopica .................... » 45
B. Benini, C. Ceribelli
CAP. VI Anestesia in laparoscopia ...................................................................................... » 51
E. Cingolani, G. Raselli
CAP. VII Complicanze ............................................................................................................ » 57
B. Truosolo, B. Benini
CAP. VIII Norme di sicurezza ................................................................................................. » 65
B. Truosolo, B. Benini
CAP. IX Open Laparoscopy .................................................................................................. » 73
B. Benini, B. Truosolo
CAP. X
Hand assisted laparoscopic surgery ..................................................................... » 79
B. Benini
CAP. XI Emostasi in chirurgia laparoscopica .................................................................... » 83
B. Benini, R. Piagnerelli
CAP. XII Sintesi tissutale laparoscopica .............................................................................. » 95
B. Benini
CAP. XIII Setup della sala operatoria ................................................................................. » 113
B. Benini
CAP. XIV
Trattamento perioperatorio ..................................................................... Pag. 123
B. Benini, S. Manfroni
CAP. XV
Bedside Laparoscopy ....................................................................................... » 129
B. Benini
CAP. XVI
Internet e chirurgia laparoscopica ............................................................... » 133
B. Benini
CAP. XVII
La chirurgia robotica ...................................................................................... » 139
R. Bertolini, G. Natuzzi
LAPAROSCOPIA NEL …
CAP. XVIII
Paziente pediatrico ......................................................................................... » 145
B. Benini, C. Ceribelli
CAP. XIX
Paziente in gravidanza ................................................................................... » 151
B. Benini, C. Ceribelli
CAP. XX
Paziente con shunt ventricolo peritoneale ................................................. » 157
B. Benini
CAP. XXI
Paziente obeso ................................................................................................. » 161
B. Benini, C. Ceribelli
APPUNTI DI TECNICA
CAP. XXII
Laparoscopia esplorativa ............................................................................... » 165
B. Benini, C.Ceribelli, B.Truosolo
CAP. XXIII
Colecistectomia ............................................................................................... » 171
B. Benini, B.Truosolo, S. Manfroni
CAP. XXIV
Ernioplastica inguinocrurale ......................................................................... » 191
S. Manfroni, B. Benini
CAP. XXV
Plastica del laparocele .................................................................................... » 207
B. Benini
CAP. XXVI
Plastiche antireflusso ..................................................................................... » 217
B. Benini
CAP. XXVI.II Plastiche per ernia iatale ............................................................. » 230
B. Benini
CAP. XXVII Cardiomiotomia esofagea extramucosa (Intervento di Heller) ............... » 239
B. Benini, B.Truosolo
CAP. XXVIII Surrenalectomia .............................................................................................. » 247
B. Benini, B.Truosolo
CAP. XXIX
Splenectomia ................................................................................................... » 261
B. Benini
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche ..................................................... Pag. 271
B. Benini, B.Truosolo, S.Manfroni, E. Adami,
CAP. XXXI
Varicocelectomia ............................................................................................. » 297
B. Benini
URGENZE
CAP. XXXII Trauma ............................................................................................................... » 303
B. Benini, E. Adami
CAP. XXXIII Appendicectomia ............................................................................................. » 309
B. Benini, B. Truosolo, S. Manfroni
CAP. XXXIV Perforazioni viscerali ....................................................................................... » 319
B. Benini
CAP. XXXV Occlusioni intestinali ....................................................................................... » 325
B. Benini
CAP. XXXVI Urgenze ginecologiche per il chirurgo generale......................................... » 333
B. Benini
Presentazione
È con vivo piacere che ho accolto l’invito di Bruno Benini ad introdurre e presentare il suo Manuale pratico di chirurgia laparoscopica.
Dopo un lungo periodo contrassegnato da profonda curiosità e vitalità scientifica, la laparoscopia diagnostica degli anni 80 si è inevitabilmente, anche per la spinta dell’industria medicale, trasformata in laparoscopia operativa, modificando attitudini ed esperienze personali consolidate.
A venti anni circa dalla prima colecistectomia , dopo innumerevoli confronti e discussioni, è
emersa con assoluta chiarezza la assoluta insussistenza di artificiose dissonanze tra chirurgia
laparatomica, intesa come chirurgia tradizionale, e chirurgia laparoscopica, vista come tecnica
di avanguardia con potenzialità illimitate.
Oggi appare evidente la possibilità di perseguire, nel periodo formativo e professionale dei giovani Chirurghi, l’integrazione di tutte le tecniche disponibili.
La Chirurgia è, infatti, un’arte,indipendentemente dalle tecniche utilizzate, che deve avere come
obiettivi indicazioni e tecniche chiare, lineari, semplici, standardizzate, riproducibili, innovative,
sintesi e sedimento di tutte le esperienze. In nessun caso la Chirurgia può essere autoreferenziale,
azzardata o sperimentale.
In questa ottica, il libro appare strutturato con chiarezza di indirizzo, ispirato ad una solida
esperienza personale, anche nel campo dell’urgenza chirurgica, rivolto prevalentemente ai chirurghi in formazione, concentrato su temi essenziali e divulgativi, ricco di immagini operatorie
estremamente efficaci e didattiche, utilissime per il lavoro quotidiano anche di Chirurghi più maturi.
Non posso, quindi, che complimentarmi con gli Autori del libro, sottolineando l’elevato livello qualitativo che la chirurgia laparoscopica ha raggiunto in questi anni nell’Ospedale S.Camillo di
Roma.
Prof. Roberto Tersigni
Presidente della Società Italiana di Chirurgia
Prefazione
Se incontrerai qualcuno persuaso di sapere tutto e di essere capace di fare tutto
non potrai sbagliare, costui è un imbecille!
Confucio
Queste note sono nate alcuni anni or sono, in forma di breve linea guida, ad uso interno
del reparto; il loro compito era quello di standardizzare le procedure per affrontare con
maggior sicurezza gli interventi laparoscopici, specie in urgenza.
Sono poi state estese, quasi in un gioco, per riordinare il flusso continuo di dati provenienti dalla letteratura e dalla nostra personale esperienza. Infine, sono diventate, grazie all’aiuto di colleghi entusiasti, un breve manuale.
Questo handbook nulla quindi ha a che vedere con i trattati dei maestri della Chirurgia
Laparoscopica, ma semmai vuole fornire le basi di questa disciplina permettendo al lettore ulteriori approfondimenti.
Si è solo cercato di riassumere in forma schematica i rudimenti della chirurgia laparoscopica di interesse per il chirurgo generale, tralasciando gli interventi meno comuni o
molto specialistici. In particolare si è cercato di standardizzare l’organizzazione della
sala operatoria e la gestione perioperatoria dei pazienti .
Si è prestata molta attenzione alle procedure di sicurezza che possono ridurre l’incidenza di complicanze, anche gravissime, specie nel periodo di training.
Si è infine scelto uno stile schematico e ripetitivo per favorire la comprensione ai neofiti,
cui sostanzialmente questo handbook è dedicato.
Bruno Benini
Ringraziamenti
Questo manuale non avrebbe visto la luce senza il contributo di molti colleghi ed amici.
Ringrazio pertanto i coautori che hanno contribuito con entusiasmo a scrivere e correggere i testi e tutti i colleghi del reparto di Chirurgia generale e d’Urgenza dell’Ospedale S.Camillo de Lellis di Roma per le lunghe ore passate pazientemente davanti al
monitor: Sabrina Casale, Carlo Cataldi, Renato Mancini, Domenico Paolicelli,
Luigi Papa, Cesare Pirozzi, Mario Pistocchi, Antonietta Roveran, Maura Salvatelli, Pietro Sciacca, Francesco Scocchera, Patrizia Staltari, Giovanna Trezza,
Beniamino Verde.
Altrettanti ringraziamenti vanno alla caposala, alle strumentiste, agli infermieri ed
al personale ausiliario della Camera Operatoria DEA e del reparto di degenza, non
solo per le indubbie capacità tecniche ed umane ma anche per l’entusiasmo con cui
hanno partecipato all’allestimento dei “set fotografici”.
Ringrazio il Prof. Roberto Tersigni per i consigli che mi ha sempre dato oltre ad aver
scritto la presentazione di questo testo, ed il Prof. Donato Antonellis, direttore dell’U.O. in cui lavoro, per la simpatia e fiducia che mi ha sempre dimostrato.
E, “last but not least”, ringrazio il Prof. Giorgio Massi per avermi spinto ad iniziare e
proseguire l’attività di “laparoscopista” e per avermi insegnato molto di quello che so
in chirurgia tradizionale.
Un pensiero particolare va a Claudio Marinelli, che ci ha lasciato, di cui non dimenticherò l’onestà e le capacità, più volte espresse nelle lunghe giornate di guardia trascorse insieme.
Ringrazio infine Elisa, mia moglie, per avermi sopportato e, spero, per continuare a
farlo in futuro.
Bruno Benini
CAP. I
Ergonomia in chirurgia laparoscopica
e patologie professionali correlate
B. Benini - C. Ceribelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
I.I - Ergonomia in chirurgia laparoscopica
B. Benini - C. Ceribelli
“The most important result of
any surgical procedure is a live patient.”
C.H. Mayo 1865-1939
L’ergonomia in sala operatoria è lo studio scientifico della “coreografia” del gesto chirurgico con
l’intento di migliorare la performance; si ottiene attraverso il design dello strumentario, la distribuzione spaziale della strumentazione, la coordinazione del team di sala operatoria.
Attualmente, nonostante la tecnologia a disposizione, l’ergonomia degli strumenti e del
materiale di sala operatoria è molto bassa; ciò influisce negativamente sull’equipe chirurgica,
provocando un aumento dello stress fisico e mentale.
La performance chirurgica viene condizionata, anche se in parte, dalla postura dell’operatore; questo avviene soprattutto nei chirurghi in training o che praticano solo saltuariamente le procedure laparoscopiche o, di contro, in chi effettua un elevato numero di
prestazioni.
La postura del chirurgo negli interventi laparoscopici è influenzata da:
• posizione del monitor
• altezza del tavolo operatorio
• forma e posizione del pedale
• impugnatura e disposizione degli strumenti
• livello di training
• destrezza manuale
I monitor, dovrebbero essere sempre due: uno per l’operatore ed uno per gli aiuti. La posizione migliore del monitor è di fronte al chirurgo, per aumentare la coordinazione occhimano che raggiunge il massimo quando la linea occhi-mano-strumento è retta.
Posizione del monitor
Non essendo questo allineamento sempre possibile si cercherà quello più ergonomico;
per ridurre i problemi legati all’ingombro della colonna video è ideale che sia sospesa al
soffitto.
È importante ricordare che la visione in laparoscopia è bidimensionale.
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CAP. I.I
Ergonomia in chirurgia laparoscopica
L’altezza dello schermo
deve essere uguale o possibilmente inferiore a quella dell’operatore al fine di ridurre la
cervicalgia ed i dolori articolari
associati ad un’erronea posizione del rachide cervicale durante l’intervento operatorio
(fig. 1.1).
Il posizionamento non corretto
di monitor ed ottica può porFigura 1.1 Una posizione del monitor non corretta provoca
tare al “disorientamento
algie cervicali.
spaziale” dell’operatore con
una conseguente riduzione delle performances. Questo avviene soprattutto nel’esecuzione
di manovre endoaddominali con la telecamera rivolta in senso opposto allo strumento. La
dissociazione visivo-motoria, necessaria per la corretta esecuzione di queste manovre,
è frutto di esperienza ed esercizio.
Zucker, pioniere della chirurgia laparoscopica, sosteneva che in questa tecnica fosse
facilitato il chirurgo che avesse dimestichezza con i videogiochi, quella che definiva la
Nintendo-generation.
Altezza del tavolo operatorio
L’altezza del tavolo operatorio è un’altra variabile che influenza la corretta postura del chirurgo. È dimostrato che,
prendendo come punto
“zero”
l’impugnatura
degli strumenti all’altezza
del gomito dell’operatore, l’altezza ideale è tra
0 e -10 cm; quindi il letto
operatorio dovrebbe essere posto normalmente
ad un’altezza da terra
compresa tra 64 e 77
cm ed anche più bassa
nei casi in cui il teatro
operatorio sia prossimo
alla parete addominale
anteriore (fig. 1.2).
Figura 1.2 Altezza corretta del tavolo operatorio.
11
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Posizione dei trocar
I trocar vengono posizionati a formare un semicerchio intorno alla proiezione cutanea dell’organo da
operare, rispetto al quale il chirurgo si trova sempre
dal lato opposto.
È fondamentale che i trocar siano distanziati tra loro
per evitare che gli strumenti interferiscano (tricotage).
È altrettanto importante che siano disposti secondo
uno schema fisso e preciso in base alla procedura da
effettuare.
Figura 1.3 I trocar vanno disposti in
Per eseguire correttamente e con facilità una sutura
modo da formare un anfiteatro rivolto
laparoscopica gli strumenti devono raggiungere il
verso l’organo da operare.
campo d’azione senza intralciare la visione e con un
angolo tale da poter passare il punto perpendicolarmente alla linea di sutura stessa.
La sutura verticale è più semplice di quella orizzontale in quanto il portaghi è in linea con
l’asse longitudinale avambraccio-mano e può essere eseguita senza flessioni eccessive del
polso; quando la linea di sutura è verticale è anche più facile far penetrare l’ago con l’angolatura ideale di 80°-100°.
Nel confezionamento della sutura, è preferibile iniziare distalmente, nell’angolo più lontano
dall’ottica, e proseguire avvicinandosi; si evita così di coprire con gli strumenti la visione.
Tip: La miglior ergonomia viene raggiunta quando gli strumenti sono per metà all’interno del paziente e metà all’esterno, funzionando così come una leva di primo tipo.
Trick: Aiutano ad aumentare il proprio skill anche manovre semplici di uso quotidiano
condotte allo specchio (visione bidimensionale) e l’aumento dell’esercizio della mano
non dominante (ad.es. provate a lavare i denti di vostro figlio con la mano sinistra
guardando nello specchio del bagno di casa).
Il Pedale
Il pedale ideale, dovrebbe soddisfare le seguenti caratteristiche:
•
•
•
•
design tale da evitare una posizione statica forzata del chirurgo
attivazione con una flessione del dorso del piede inferiore a 25°
essere posto vicino al piede del chirurgo in una posizione ergonomica
avere ridotte possibilità di attivazione accidentale della funzione sbagliata, mediante forme
differenti dei pedali riconoscibili anche dal piede calzato
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CAP. I.I
Ergonomia in chirurgia laparoscopica
• disporre di piedini od altri fermi che ne impediscano il movimento accidentale o lo spostamento durante l’ utilizzo
Una cattiva conformazione del pedale od un suo malposizionamento possono essere causa
di imprecisione nell’utilizzo dello strumento ad esso collegato (fig. 1.4).
Nella pratica intensiva della chirurgia laparoscopica la cattiva ergonomia delle pedaliere può
essere causa di lombalgie o talloniti nell’operatore. Alcuni dispositivi, come l’harmonic-ace,
dispongono di manipoli ad attivazione manuale per ridurre tali
sollecitazioni.
Figura 1.4 Altezza corretta del pedale.
Caratteristiche dello strumento ideale
Le caratteristiche che uno strumento laparoscopico, ed in particolare il portaghi, dovrebbe
avere, sono:
• utilizzabile con una sola mano
• adatto sia a destrimani che a mancini
• angolo tra l’impugnatura ed il corpo compreso tra 40-50°, al fine di permettere una posizione neutra del polso
• impugnatura che permetta una stretta forte e precisa
• forma tale da non esercitare pressione contro il palmo della mano o il I metacarpo, per
evitare dolorose aree di pressione
• avere un’impugnatura che per essere utilizzata richieda uno sforzo ridotto (inferiore a 15
Newton per la chiusura e 14 per l’apertura)
• impugnatura utilizzabile senza sforzo da mani molto grandi o molto piccole
• possibilità di rotazione della punta
Attualmente le impugnature più utilizzate dai chirurghi in Europa soddisfano meno del 50%
dei suddetti criteri.
In determinate procedure l’operatore è costretto ad addurre il braccio, deviare all’esterno
l’avambraccio e piegare il polso per lungo tempo: per compensare la fatica muscolare assumerà con il tronco posizioni non corrette e quindi fonte di dolore da stress muscolare.
Team
Il concetto di ergonomia deve essere esteso anche allo stato mentale del team, includendo
alcune considerazioni sulla riduzione delle performance legata allo stress ambientale.
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Tale stress è dovuto a:
•
•
•
•
eccessivo rumore in sala operatoria
eccessiva illuminazione della sala operatoria
scarsa “compliance” o preparazione dell’intero team
erroneo posizionamento della strumentazione
Il set-up della sala operatoria ed il valersi di personale addestrato e disponibile sono requisiti indispensabili per ridurre la fatica mentale dell’operatore e dell’intera equipe migliorandone le prestazioni. Tale risultato si ottiene più facilmente con flussi di pazienti elevati e con
l’adozione di linee guida standardizzate.
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CAP. I.II
Malattie professionali correlate alla chirurgia laparoscopica
I.II - Malattie professionali correlate
alla chirurgia laparoscopica
B. Benini
La pratica della chirurgia laparoscopica, soprattutto nella fase di training o quando il chirurgo la esegue saltuariamente, ha talvolta alcune ripercussioni sulla salute dell’operatore.
Laparoscopic surgeon’s thumb (pollice del laparoscopista)
Si tratta di una sintomatologia
parestetico-algica a carico della
parte esterna del pollice, dovuta ad una neuroprassia per
compressione del nervo digitale
laterale. È molto frequente ed in
qualche caso è accompagnata
da lesioni da pressione della
cute. Alcuni riferiscono lesioni
cutanee da pressione in prossimità della regione tenare.
Figura 1.5 Area della compressione nervosa da parte di strumento male impugnato.
La sindrome è dovuta all’inserimento del pollice nell’anello della pinza associata ad una
iperflessione e rotazione ulnare del polso.
Si può prevenire impugnando gli strumenti all’esterno degli anelli. Tale impugnatura in realtà non è sempre possibile, in quanto le dimensioni dell’impugnatura mal si adattano a
mani piccole, inferiori alla misura di guanto 7. Può anche essere utile rivestire gli anelli degli
strumenti con un supporto di silicone.
Artromialgie
Dolore e rigidità del collo sono lamentati rispettivamente dal 19% e 23% dei chirurghi, rigidità e dolore alla spalla si manifestano nel 20% dei casi, mentre dolore e rigidità articolare di mano e polso sono riportati nel 45% e 37% rispettivamente.
Le cause più comuni sono:
• posizione fissa in iperestensione di testa e collo, per parecchie ore, durante l’intervento
• postura globale del corpo non ergonomica
• eccessiva lunghezza degli strumenti laparoscopici che comportano una maggiore applicazione di forza per maneggiarli
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• alto grado di precisione, necessario durante l’intervento operatorio, che aumenta la fatica
muscolare
• eccessiva adduzione delle braccia per maneggiare gli strumenti laparoscopici
• posizione fissa del braccio durante l’intervento responsabile di danni ischemici e biomeccanici.
• molti strumenti laparoscopici determinano lo spostamento forzato del polso dalla posizione di base, causando un’eccessiva flessione, supinazione e deviazione ulnare e radiale
Prevenzione:
• il monitor dovrebbe essere basso, posto di fronte al chirurgo, all’altezza compresa tra la
testa ed il gomito, in modo tale che il capo sia flesso tra 15o- 45o
• posizionare il monitor molto vicino al campo operatorio
• l’esperienza del chirurgo può ridurre lo stress muscolare attraverso una migliore coordinazione del gesto
• un costante esercizio al simulatore costituisce un’ottima palestra
• regolare l’altezza del tavolo operatorio al 70-80% della distanza del piede del chirurgo dal
suo gomito
• progettazione di strumenti migliori, basati sui principi ergonomici, in modo tale che, durante l’intervento, il polso rimanga leggermente esteso, le giunture metacarpofalangee ed
interfalangee prossimali siano flesse tra 30o e 50o, le giunture interfalangee distali estese
ed il pollice si opponga all’indice
Trick: Alcuni consigliano due monitor vicini per l’operatore, lievemente sfalsati e con diverse inclinazioni, per consentire al chirurgo di cambiare posizione durante le procedure
di lunga durata
Stress mentale
Studi condotti per quantificare e descrivere lo stress mentale nei chirurghi laparoscopisti,
hanno dimostrato che la riduzione dell’ammiccamento e l’aumento della frequenza cardiaca sono segni indiretti della maggiore concentrazione necessaria all’esecuzione di interventi laparoscopici.
Lo stress mentale che ne consegue si manifesta con episodi di cefalea, mancanza di attenzione e bruciore agli occhi, tanto più intensi quanto più lunga è la durata dell’intervento.
L’eccessiva rumorosità ambientale, le interferenze che interrompono l’esecuzione del lavoro
o un pessimo rapporto con i colleghi determinano un maggiore affaticamento mentale,
comportando, in alcuni casi, anche disturbi psico-somatici (insonnia, colon irritabile, ulcera
gastroduodenale, ecc.).
È interessante notare come queste variabili dipendano molto dall’esperienza dell’operatore.
Un confronto tra esperti e novizi nell’abilità manuale su simulatore è stato effettuato di-
16
CAP. I.II
Malattie professionali correlate alla chirurgia laparoscopica
straendo gli operatori durante gli esercizi (dovevano ad esempio eseguire addizioni a 2 colonne). Il test ha dimostrato come gli esperti, al contrario dei neofiti, anche se distratti, mantengano un livello di performance quasi invariato.
Disturbi visivi
Durante la laparoscopia, l’accomodamento diventa più difficile e fastidioso quando l’intensità luminosa dello schermo è insufficiente; inoltre, se in sala operatoria vi sono oggetti lucenti o immagini riflesse che entrano nel campo visivo, anche periferico, si determina una
diminuzione dell’acuità visiva.
Molto sollecitata è anche la capacità di adattamento a variazioni di intensità luminosa soprattutto con l’impiego di sistemi video antiquati in cui la correzione di luminosità non è
pronta ed il sistema facilmente sovraespone le immagini.
Come negli addetti ai videoterminali si osserva rarità nell’ammiccamento, un’evaporazione
più rapida del filtro lacrimale ed occhi secchi ed arrossati. Il microclima della sala operatoria, caldo ed asciutto, aggrava questi disturbi.
La somma delle situazioni sopradescritte è responsabile della sintomatologia di arrossamento e bruciore oculare, facilmente descritta dai laparoscopisti.
Prevenzione:
• regolare bene, prima di incominciare l’intervento, il contrasto e la luminosità dello
schermo attraverso gli appositi comandi, per creare le condizioni di esposizione ottimali
• evitare la presenza, nel campo visivo dell’operatore, di zone a luminosità molto diverse,
di superfici riflettenti lucide e di fonti luminose o dei loro riflessi
• aumentare il training al simulatore, con gradualità e continuità, aiuta il chirurgo a raggiungere livelli di concentrazione adeguata, riducendo lo stress
• addestrare il cameraman ad evitare movimenti bruschi e continui, a mantenere un campo
visivo fisso con la punta degli strumenti al centro. Altrettanto importante è il mantenimento di un orizzonte costante; in caso contrario l’equipe intera fletterà il capo involontariamente, per correggere la visione
Infezioni
Sebbene nei fumi e nell’aerosol che si ottengono durante le fasi di desufflazione dell’addome siano presenti sia carcinogeni che particelle batteriche e virali, non è descritto in letteratura maggior pericolo di contagio o di incidenza di neoplasie per l’equipe chirurgica che
abitualmente conduce interventi in laparoscopia, rispetto alle equipe tradizionali.
Va comunque sottolineato come si debba disporre di sistemi di insufflazione-desufflazione
chiusi, dotati di filtri.
17
CAP. II
Strumentario per
chirurgia laparoscopica
B. Benini - R. Piagnerelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Strumentario per
chirurgia laparoscopica
“A little look saves a lot of talking.”
I. Lewis 1895-1982
La chirurgia mini-invasiva è fortemente condizionata da attrezzature dedicate, dall’elettronica e dai sistemi complessi per la visione.
Sistemi video
Telecamera
Le telecamere, negli ultimi anni, hanno subito uno sviluppo tecnico che ne ha migliorato
le caratteristiche di magnificazione delle immagini, miniaturizzazione, bilanciamento del
colore e della luce.
Se prima erano costituite da un obiettivo che veniva connesso all’oculare dell’ottica laparoscopica attualmente la tendenza è quella di montare gli elementi sensibili della telecamera direttamente sulla punta dello strumento.
La qualità dell’immagine è detta risoluzione ed è in relazione al chip o CCD (charged couple device) (vedi capitolo III “Acquisizione ed elaborazione dell’immagine”).
La risoluzione delle telecamere varia tra 450 e 1080 linee per pollice, ma la visione è sempre bidimensionale.
Sono in sviluppo, ma non ancora diffusi, sistemi di visione tridimensionale (3D) che si ottiene con la stereoscopia, ovvero la proiezione di immagini ottenute da due telecamere con
punti di osservazione diversi: ogni immagine deve andare ad un occhio.
Monitor e sistemi si display
Il monitor impiegato per la chirurgia videoassistita deve avere la migliore risoluzione possibile in modo da garantire immagini nitide. È ora possibile avvalersi di monitor ad alta definizione (HDTV) a 1080 linee, quattro volte più definiti di un comune televisore.
Tip: Una volta che il monitor sia stato regolato non dovrebbe essere più toccato.
Per aumentare la percezione visiva si sta ora sperimentando la visione immersiva, attraverso
l’avvicinamento del monitor all’occhio del chirurgo, che non verrà distratto dall’ambiente.
20
CAP. II
Strumentario per chirurgia laparoscopica
Esistono, ma ancora in fase di sviluppo, sistemi a due display, che vengono montati sul capo
del chirurgo e sono comunemente denominati HMD (Head Mounted Display).
Per quanto la visione immersiva prodotta dall’utilizzo del sistema HMD risulti essere vantaggiosa in termini di concentrazione (il campo visivo del chirurgo è limitato), il sistema
HMD può risultare stancante, specie durante interventi di lunga durata, ed accentuare problematiche legate a posture poco ergonomiche.
Altri tipi di visione immersiva dual-screen tridimensionale utilizzano due piccoli schermi,
uno per ogni occhio, montati su una consolle su cui il chirurgo appoggia la testa. È il sistema di visione tipico del robot chirurgico da Vinci (Intuitive Surgical, Inc., Sunnyvale, CA,
USA).
Altri sistemi di visione più innovativi, attualmente in fase di sviluppo, prevedono la proiezione dell’immagine operatoria direttamente sulla retina dell’operatore tramite un laser a
bassa intensità.
Fonte di luce e cavo a fibre ottiche
La fonte di luce è lo strumento che genera e veicola, attraverso le fibre ottiche, la luce attraverso il laparoscopio nella cavità nella quale si sta operando.
In commercio sono disponibili tre tipologie diverse di
fonti di luce: alogene, a vapori di metallo ed allo
xenon. Si differenziano per spettro cromatico ed il rendimento.
Le luci alogene producono una luce giallastra mentre quelle a vapori di metallo una luce bianca e sono
accomunate dal basso rendimento, mentre quelle allo
xenon hanno la caratteristica di avere una luce più
bianca ed una costanza di rendimento migliore.
Figura 2.1 Fascio di fibre ottiche.
Le luci bianche hanno il vantaggio di trasmettere un
calore minimo al laparoscopio evitando così lesioni termiche viscerali.
La maggior parte delle fonti di luce in commercio sono dotate di un sistema di regolazione dell’ intensità sia manuale che automatico, permettendo una corretta
esposizione dell’immagine a qualsiasi distanza dal soggetto.
Maggiore è il volume della cavità da illuminare maggiore è
la potenza della lampada da usare.
Le lampade hanno una durata limitata nel tempo e debbono essere sostituite non appena l’indicatore od il display
posto sulla fonte luminosa stessa lo indichi.
21
Figura 2.2 Particolare di una
fibra ottica.
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
La presenza di sangue abbassa la luminosità perchè il colore rosso (670-760nm) essendo
complementare al verde, aumenta i contrasti e riduce la visibilità. È utile in questi casi introdurre una longhetta (ovviamente bianca) per ripristinare la luminosità.
Le fibre ottiche sono soggette ad usura e si rompono. Quando la percentuale di fibre rotte
raggiunge il 35% della totalità del cavo, questo deve essere sostituito affinché si ottenga una
qualità della visione sufficiente.
Insufflatore
Gli insufflatori sono regolatori di pressione che
permettono la creazione della camera di lavoro ed il
suo mantenimento, oltre a provvedere al controllo
della pressione del gas insufflato ed al rinnovo dello
stesso. Sono collegati con tubi ad alta pressione ad
una bombola di CO2.
Figura 2.3 Insufflatore per pneumopeL’insufflatore
controlla in modo dinamico la pressione,
ritoneo.
immettendo o meno il gas nella cavità, al fine di mantenere la pressione stabilita; una volta stabilito lo pneumoperitoneo, si attiva fornendo nuova
CO2 quando la pressione endoaddominale del gas scende al di sotto del limite stabilito.
La pressione endoaddominale può variare da 0 a 30 mmHg.
Il flusso di gas può essere stabilito dall’operatore in un range variabile tra 0-30 l/min.
Durante la maggior parte degli interventi il limite pressorio deve essere regolato tra i 12-15
mmHg.
Laparoscopio
I laparoscopi sono strumenti metallici che hanno all’interno due
canali, uno che da spazio alle fibre ottiche ed un altro che ospita
una serie di lenti.
Nei laparoscopi tradizionali le lenti sono disposte secondo il sistema Hopkins, meglio descritto nel capitolo “Acquisizione ed
elaborazione dell’immagine”.
Sono disponibili in commercio laparoscopi di diverso diametro
variabile da 2,5 ai 12mm.
Un laparoscopio da 10mm veicola una luce dalle 4 alle 10 volte
maggiore di uno da 5mm o da 2,5 fornendo, quindi, una visione migliore.
Sono disponibili in commercio dei laparoscopi da 10 mm con
“canale operatore” attraverso il quale si può introdurre
Figura 2.4 Ottiche per lapauna pinza; hanno però lo svantaggio di una visione più riroscopia.
22
CAP. II
Strumentario per chirurgia laparoscopica
stretta e la difficoltà tecnica nell’utilizzo dello strumento introdotto nel canale operatore.
In relazione allo sviluppo tecnico, i laparoscopi più moderni dispongono di una telecamera montata sulla punta, evitando quindi che l’immagine passi attraverso un sistema
di lenti e permettendo l’acquisizione di immagini adatte all’HDTV.
I più recenti inoltre dispongono della possibilità di angolare la punta, come in un endoscopio.
Sistema suzione/aspirazione
La suzione/aspirazione può essere ottenuta con un’apparecchiatura apposita o semplicemente collegando la cannula di aspirazione al sistema di vuoto della camera operatoria e
l’irrigazione a sacche installate in alto od inserite in uno spremisacca.
Otre ad avere la funzione di detersione, può essere usato come “dissettore ad acqua” per
facilitare il clivaggio dei piani anatomici.
Ago di Veress
Consiste in una cannula metallica con
una punta acuminata, al cui interno
scorre un mandrino fenestrato, contrastato da una molla.
La punta taglia i tessuti attraverso cui
Figura 2.5 Ago di Veress.
è sospinta ed al momento in cui i tessuti non offrono più resistenza, cioè,
all’avvenuta penetrazione della cavità addominale, il mandrino sporge a proteggere i visceri.
Il foro, che si trova lateralmente alla punta della cannula, serve a portare la CO2 all’interno
della cavità addominale.
L’ago di Veress è stato il primo metodo usato per la creazione dello pneumoperitoneo.
È di fondamentale importanza verificare, ad ogni utilizzo, il corretto funzionamento della
lama e della molla.
In commercio esistono aghi di Veress da 80, 100, 120 mm di lunghezza.
Gli aghi più moderni, monouso, sono dotati di un sistema di verifica dell’avvenuta penetrazione in peritoneo.
Sono descritti in letteratura numerosi episodi di lesioni viscerali e vascolari anche gravi. Per
tale motivo l’uso dell’ago di Veress è stato abbandonato da molte scuole (vedi capitolo complicanze).
Trocar
Cannule per l’introduzione di strumentario o dell’ottica laparoscopica, dotate di sistemi di
tenuta per evitare la fuoriuscita del gas, possono essere mono o poliuso.
23
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Si compongono generalmente di una camicia esterna ed un mandrino. Dispongono di un
sistema di tenuta con valvola attraverso cui creare, mantenere o ridurre lo pneumoperitoneo.
Le dimensioni della camicia esterna rispecchiano le dimensioni degli strumenti più comuni
(2, 3, 5, 10 o 12 mm), ma per lo più sono dotate di riduttori valvolati per consentire l’impiego anche di strumenti di minore calibro.
La punta del mandrino permette l’ingresso nella parete addominale. Può essere tagliente,
appuntita o smussa, con differenti forme; se è presente una lama questa si retrae o viene coperta una volta superata la resistenza della parete muscolare.
Il mandrino senza lama, di contro, si crea spazio divaricando i tessuti con delle alette; i
più recenti sono trasparenti e consentono di osservare la dissociazione dei tessuti attraverso
l’ottica introdotta all’interno.
Trick: Il trocar per l’ottica deve essere fissato il più superficialmente possibile, per permettere anche visioni panoramiche, molto utili in situazione di difficoltà anatomiche.
Trocar di Hasson
È lo strumento più sicuro per creare lo pneumoperitoneo, soprattutto in pazienti già sottoposti a chirurgia addominale e quindi ad alto
rischio di aderenze.
È costituito da tre elementi: la cannula-rubinetto, il distanziatore conico con due punti di
ancoraggio per i fili o con un rivestimento a filettatura destrorsa, ed un coperchio-valvola. Il
mandrino od introduttore ha punta smussa.
Viene inserito con tecnica open (vedi capitolo)
e fissato alla parete addominale con dei fili di
sutura; il distanziatore permette, inoltre, di stabilire quanto debba essere lunga la porzione
endo addominale del trocar.
Trocar ottico
Figure 2.6-7-8 Vari tipi di trocar disposable
24
CAP. II
Strumentario per chirurgia laparoscopica
Mono o poliuso?
La scelta tra materiale mono o poliuso è lasciata al singolo gruppo od al
singolo operatore. Va da sè che se il materiale monouso non richiede
impegno da parte del personale nel backstage della sala operatoria, richiede però spazio per il suo stoccaggio ed impegno per un corretto
smaltimento; è inoltre più costoso, ma al maggior costo si contrappone
il risparmio nella manutenzione e sterilizzazione. Di contro è più affidabile,
rispetto al poliuso, soprattutto per quanto riguarda i trocar e le forbici.
Non tutti gli strumenti sono stati prodotti anche in versione monouso; ad
esempio le pinze da presa più utilizzate (Johann) esistono solo totalmente
metalliche.
Alcuni strumenti, invece, come le suturatrici od alcuni applicatori di clip
esistono solo in versione monouso.
Sicuramente la scelta migliore consiste in una commistione tra i due sistemi, creando un compromesso tra efficacia ed affidabilità, da un lato, e
risparmio, dall’altro.
Figura 2.9 Trocar bladeless.
Strumenti da presa, dissezione e taglio
Gli strumenti monouso non possono essere riutilizzati perchè non completamente smontabili e costruiti con materiali che, se alterati, possono provocare dispersione elettrica e
danno termico ai tessuti.
• Gli strumenti laparoscopici attualmente in commercio hanno un diametro che varia dagli
1,8 ai 12 mm, ma la maggior parte di questi sono realizzati per essere utilizzati con trocar da 5 e da 10 mm
• Posseggono, inoltre, lunghezze differenti (da 18 a 45 cm): 28 e 36 cm sono le dimensioni
consigliate rispettivamente per il bambino e per l’adulto. Gli strumenti da 45 cm sono impiegati nella chirurgia bariatrica od in pazienti molto alti
• Molti strumenti sono disponibili nelle versioni mono e poliuso
• Gli strumenti poliuso possono essere personalizzati ed adattati alle esigenze dell’operatore,
cambiando l’impugnatura, il sistema di bloccaggio, la lunghezza od altro
25
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• La maggioranza degli strumenti è dotata di punta ruotante a 180° (sistema di Cuschieri)
• Tre sono le parti che compongono uno strumento:
a) L’ impugnatura
Alcune sono progettate con un sistema di blocco per mantenere un morso costante,
caratteristica molto utile quando è necessario effettuare la trazione di una struttura
per lungo tempo evitando inutili affaticamenti delle mani.
In alcuni manipoli è contemplata la connessione per il bisturi mono o bipolare.
L’impugnatura può essere “ad anelli” o a “pistola” con varie ripercussioni sull’ergonomia del lavoro (v. capitolo “ergonomia”)
b) Il corpo o stelo dello strumento di lunghezza e diametro variabile, completamente rivestito da materiale elettricamente isolante.
c) La punta o inserto
Caratterizza il tipo di strumento e la sua funzione; può essere a “singola azione” (apertura della punta di minore ampiezza ma maggiore forza di presa: es. portaghi) o a
doppia azione (maggiore apertura e minor forza di presa: es. grasper, forbici).
Figura 2.10 Strumenti da dissezione e presa.
26
CAP. II
Strumentario per chirurgia laparoscopica
Applicatori di clip
Gli applicatori di clip emostatiche possono essere sia mono che poliuso, costruite sia con materiale riassorbibile che
metallico.
Le clip sono di misure diverse a seconda
dell’impiego ed il materiale che le compone è compatibile con la RMN.
Il sistema di serraggio delle clip monouso rende più agevole il loro utilizzo
ed il loro posizionamento.
Figura 2.11 Applicatore di clip.
Sistemi di estrazione dei pezzi chirurgici
L’estrazione di organi si esegue prevalentemente in sacchetti di plastica
per ridurre la contaminazione della cavità peritoneale o della parete addominale. Questi sacchetti sono di varie dimensioni e dispongono di un
introduttore ad asta che ne semplifica l’utilizzo attraverso un trocar.
Quando si esegue la minilaparatomia per l’estrazione di organi voluminosi, la parete deve essere protetta. A tal fine si impiegano appositi sacchetti come protettori di parete od il lap-disc (vedi cap X).
Trick: Se non si dispone di sacchetti da estrazione si può
impiegare un dito di guanto repertato con un filo.
Figura 2.13 Si introduce un dito di guanto, repertato con un filo, attraverso il trocar da 12
mm dell’ottica.
Figura 2.12 Dispositivo
per estrazione di organi.
Figura 2.14 Introduzione del pezzo nel sacchetto
che verrà fatto fuoriuscire, una volta estratta l’ottica, facendo trazione sul filo.
27
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Sistemi di fissaggio delle reti
Si tratta di strumenti con un lungo stelo che contengono dei dispositivi di fissaggio che penetrano nella parete muscolare e vi si ancorano. I più diffusi sono a forma di spirale e possono essere metallici (PROTACK - Covidien™) o riassorbibili (ABSORBATACK - Covidien™).
Questi ultimi hanno dimensioni minori e non sono in grado di fissare protesi in PTFE.
Figura 2.15 Dispositivo di fissaggio delle reti e spiralina
riassorbibile.
Suture Passer
Dispositivo che permette di introdurre od estrarre fili di sutura attraverso la parete addominale, è indispensabile per procedure come l’applicazione di reti per laparocele.
È altresì utile per l’apposizione di punti emostatici
transparietali in caso di sanguinamento di vasi
della parete, per sollevare il legamento rotondo o
gli annessi.
Figura 2.16-17 Ago di Berci o Suture Passer.
28
CAP. III
Acquisizione ed elaborazione
delle immagini
G. Natuzzi
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Acquisizione ed elaborazione
delle immagini
“In the art of surgery, error is more likely
to occur than in almost any other line
of human endeavor.”
Acquisizione dell’immagine
Le Ottiche
• L’ottica laparoscopica tradizionale è costituita da un tubo metallico dotato di 2 canali
contenenti fibre ottiche: uno per il trasporto della luce e l’altro dell’immagine.
Nel 1966 il Prof. Harald Hopkins si associò al Dott. Karl Storz ed insieme svilupparono il
primo sistema di lenti ad asta.
Figura 3.1 Ottiche con sistema di lenti Hopkins.
• La maggior parte delle ottiche tradizionali si basano su di un sistema di lenti ideato e brevettato dall´inglese Hopkins; esso è formato da una serie di lenti cilindriche separate da
camere aeree dove avviene la rifrazione della luce. Il mezzo aereo agisce come lente negativa permettendo di ridurre il calo della luminosità e la distorsione dell’immagine, mantenendo al contempo il fuoco e l’ampiezza del campo visivo.
Proprio la condensa dell’aria all’interno dell’endoscopio ne provoca l’appannamento;
per prevenirlo è necessario riscaldare le ottiche
30
CAP. III
Acquisizione ed elaborazione delle immagini
• Le ottiche laparoscopiche hanno un diametro che va da 3 a 12 mm.
• La lente dell’obiettivo può essere angolata da 0° a 30°; lenti con angolatura superiore od
addirittura a retrovisione sono ormai in disuso.
• Attualmente sono di impiego comune le ottiche integrate, in cui l’elemento sensibile della
telecamera (CCD) è contenuto nella punta. Questo sistema permette l’acquisizione diretta di immagini digitali in alta definizione (HD).
Codifica del segnale video
e conversione analogico-digitale
La telecamera contiene al suo interno, oltre alle
lenti ed al dispositivo per la messa a fuoco, il CCD.
PIXEL: contrazione della locuzione inglese picture element che indica ciascuno degli elementi
puntiformi che compongono la rappresentazione di una immagine nella memoria di un
computer. Maggiore è il numero dei pixel, più
elevata è la qualità dell´immagine.
Figura 3.2 Schema di funzionamento di
telecamera a 3 CCD.
• La conversione analogico-digitale è un procedimento che associa ad un segnale analogico (tempo continuo e continuo nei valori) un segnale numerico (tempo discreto e discreto nei valori). Questo procedimento, oggi, è effettuato esclusivamente tramite circuiti
integrati dedicati (CCD).
• Il CCD (Charge Coupled Device) è l’elemento indispensabile per la cattura e l’elaborazione
delle immagini. È formato da un circuito integrato rivestito di silicio e materiali fotosensibili in grado di trasformare la luce in elettroni.
DIGITALIZZAZIONE: dall’inglese digit (cifra). Consiste in un processo di trasformazione
di un segnale audio o video in una catena di numeri che lo rende riproducibile da un computer o da un altro elaboratore digitale.
• Esistono videocamere a singolo CCD (attualmente non più in uso) ed a 3 CCD alle quali
si sono di recente affiancate le rispettive forme ad alta definizione (HD-TV).
• Nelle telecamere a 3 CCD la luce viene scomposta da un prisma nei 3 canali RGB (rosso,
verde e blu), ciascuno dei quali viene analizzato da uno specifico chip.
31
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Ciascun Chip elabora il segnale trasformandolo in Pixel.
Visualizzazione delle immagini
• Dopo essere state digitalizzate, le immagini vengono trasferite al monitor. Le consolle
video sono dotate, nella parte posteriore, di svariate uscite a seconda del tipo di collegamento con la periferica video in uso.
• Esistono uscite sia analogiche che digitali
• I monitor di vecchia generazione usano uscite analogiche (generalmente cavi coassiali), mentre i monitor
lcd (cristalli liquidi) utilizzano uscite digitali (dvi).
• La consolle video dispone di alcune regolazioni che
spesso sono ripetute sul manipolo della telecamera
con una pulsantiera sterile. Le regolazioni ed i filtri
sono riportati nella tabella 1.
Figura 3.3 Schema di CCD.
Tabella 1 - Principali regolazioni
FILTRO
CARATTERISTICHE
Gain
Filtro per l’aumento automatico del segnale video, migliora la nitidezza dell’immagine nelle aree sottoesposte. Aumenta però il cosiddetto “rumore”, ovvero la granulosità dell’immagine
Enhancement
Filtro per l’aumento del contrasto, rende le immagini più nitide ed
i piani più evidenti. Di contro l’immagine appare artificiale.
Shutter
Sistema di riduzione del tempo di esposizione. Va regolata quando
vi sia una tendenza all’abbagliamento od alla sovraesposizione nelle
riprese ravvicinate.
White balance
Sistema automatico di settaggio della telecamera per ottenere colori aderenti a quelli reali.
Filtri colore
Sopprimono selettivamente uno dei colori (RGB) ed esaltano alcuni
contrasti (ad. es. vascolarizzazione).
Zoom digitale
Permette di visualizzare dettagli senza avvicinare la telecamera.
Corrisponde però ad un perdita del dettaglio.
32
CAP. III
Acquisizione ed elaborazione delle immagini
Acquisizione delle immagini
• Al pannello posteriore della consolle può essere collegato un sistema per la registrazione
delle immagini, anche in questo caso analogico (videoregistratore) o digitale (dvd recorder).
• Il filmato, per essere elaborabile da un computer, deve essere ovviamente in formato digitale. A seconda dell’impiego esistono vari tipi di elaborazione digitale di un segnale
video che hanno caratteristiche differenti e sono definiti codec.
• Un codec è un programma o un dispositivo che si occupa di codificare e/o decodificare
digitalmente un segnale (audio o video) perché possa essere salvato su di un supporto di
memorizzazione, richiamato per la sua lettura od elaborato.
Un semplice lettore dvd infatti può consentire di rivedere l’intero contenuto del disco mentre, grazie al pc ed a particolari programmi il video può essere modificato ed elaborato.
Trick: Se il filmato che avete preparato non funziona su di un computer o lettore diverso
da quello che avete usato per la sua realizzazione (evento non raro), significa che il dispositivo non è dotato del codec giusto. È generalmente sufficiente scaricare da internet
i codec per il programma che volete usare per la riproduzione o, più semplicemente, un
programma totipotente quale VLC (disponibile gratuitamente).
• Il codec è per lo più già presente nei riproduttori di DVD e nei personal computer ma, in
alcuni casi, è necessario eseguire un aggiornamento del codec stesso.
• Nel digitalizzare il segnale, i codec effettuano anche una compressione/decompressione dei dati in modo da poter ridurre lo spazio di memoria necessario alla registrazione
ed agevolarne trasporto e trasmissione.
• Per realizzare la compressione si fa ricorso alla riduzione della precisione dei colori dei singoli pixel (codec video) o delle frequenze da riprodurre (in alcuni codec audio vengono
soppresse le frequenze non udibili dall’orecchio umano), alla eliminazione delle ridondanze o alla scrittura delle sole differenze (codec video) rispetto ad una immagine di riferimento.
• Nel sistema operativo Microsoft Windows i codec sono delle librerie con estensione .dll
che i vari player audio e video gestiscono come dei plug-in.
• Nel sistema operativo Mac OS X i codec sono gestiti dal sistema QuickTime che li utilizza
come plug-in con estensione .component e vengono memorizzati nella cartella QuickTime
che si trova nella cartella Libreria.
33
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Come già accennato in precedenza, i video-recorder adottano come standard di codifica
l’MPEG-2.
I DVD-Video sono supporti digitali in grado di contenere indicativamente fino a 240 minuti
di materiale video in formato MPEG-2. È buona norma non spingersi mai al limite ma è meglio utilizzare 2 dvd che perdere la registrazione.
Con il termine di finalizzazione si intende un processo di ulteriore scrittura del disco grazie
al quale esso sarà leggibile da qualsiasi lettore e non solo da quello che lo ha generato.
Al termine della registrazione di un DVD sarà necessaria la FINALIZZAZIONE.
Elaborazione delle immagini
Il filmato acquisito può essere montato utilizzando programmi appositi.
Esiste un’ampia scelta, ma i due più impiegati sono Pinnacle Studio ed Adobe Premiere Pro:
il primo estremamente intuitivo e semplice da usare, il secondo caratterizzato da notevole
versatilità ma con un taglio più professionale.
La prima fase consiste nell’importazione del filmato da parte del programma di video-editing. Il programma stesso frammenterà il video in tante sequenze (in genere uniformi per
inquadratura) per agevolarne la gestione.
Sarà sufficiente trascinare le sequenze prescelte nello storyboard, tagliarle ad hoc, ed inserire le transizioni ed i file musicali per ottenere un filmato di buona qualità.
Il programma provvederà da solo, poi, ad assemblare questo insieme di informazioni ottenendo un filmato finale (rendering).
Entrambi i programmi citati sono poi in grado di elaborare il filmato in formato differente,
in relazione all’utilizzazione richiesta (DVD, internet, streaming video).
HDTV (High Definition TV)
Acronimo che definisce uno standard televisivo con elevata qualità di immagine, proveniente esclusivamente da fonte digitale. Se l’immagine televisiva convenzionale ha una risoluzione di 720 x 576 pixel, quella HDTV di 1920 x 1080.
34
CAP. III
Acquisizione ed elaborazione delle immagini
Tabella 2 - Caratteristiche dei principali formati video
FILTRO
CARATTERISTICHE
MPEG-1, MPEG-3
Abbandonati.
MPEG-2
Standard ideale - usato da tutti i dvd recorder/player in commercio.
MPEG-4
È la somma dei precedenti, permette una elevata compressione. È
attualmente molto in uso nei dispositivi portatili.
DivX
È attualmente uno standard di riferimento che permette una elevata qualità video con un uso limitato della memoria. Un DVD di 6
GB viene ridotto a 700 Mb.
Avi
Formato non compresso, nessuna perdita di definizione, molto ingombrante. Il video viene abitualmente registrato su nastro Mini
DV.
Mov
Wmv
Formato video impiegato prevalentemente nei sistemi Mac OS X,
letto da molti programmi, è adatto al programma Quick Time.
Formato MPEG-4 modificato dalla Microsoft, adatto allo streaming
video (trasmissione via internet).
35
CAP. IV
Fisiopatologia
dello pneumoperitoneo
M. Tommasetti - T. Mastropietro
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Fisiopatologia
dello pneumoperitoneo
The operating room
is the surgeon’s laboratory.
W.S. Halsted 1852-1922
L’induzione dello pneumoperitoneo con CO2 determina una serie di effetti meccanici che
alterano l’omeostasi circolatoria del paziente con sensibili ripercussioni su molti apparati. Le
posizioni assunte sul letto operatorio ed il riassorbimento della CO2 stessa aggravano tali
modificazioni.
È bene che il chirurgo conosca tali meccanismi nel porre indicazione ad una procedura laparoscopica.
Tali modificazioni fisiopatologiche, se adeguatamente corrette, non hanno influenza nei pazienti a basso rischio (ASA I-II).
Alterazioni della gittata cardiaca
L’aumento della pressione intra-addominale provoca la compressione della Vena Cava Inferiore cui consegue:
•
•
•
•
Riduzione del ritorno venoso al cuore destro
Tachicardia compensatoria da riflesso simpatico
Riduzione del flusso renale ed attivazione del sistema renina angiotensina
Aumento delle resistenze vascolari periferiche
L’ipercapnia è causa di aumento della frequenza cardiaca.
La vasocostrizione compensatoria indotta dallo pneumoperitoneo determina sia un’ulteriore incremento dell’ipercapnia che una maggiore diminuzione del ritorno venoso.
Questi elementi hanno come conseguenza una riduzione della gittata cardiaca oltre che un
aumento del consumo di O2.
Il ritorno venoso viene ostacolato anche dalle posizioni fatte assumere al paziente sul letto
operatorio (antiTrendelemburg, decubito laterale destro).
38
CAP. IV
Fisiopatologia dello pneumoperitoneo
Alterazioni della frequenza cardiaca
In pazienti ASA I e II gli effetti emodinamici di un capnoperitoneo (pneumoperitoneo con
CO2) di 12-14 mmHg non sono in genere clinicamente rilevanti.
Nei pazienti ASA III e IV è consigliato il monitoraggio cruento della PA e del volume circolante (CO - PICCO) poiché permettono un rilievo precoce ed un adeguato trattamento
delle severe modificazioni emodinamiche che possono verificarsi in tali pazienti.
Devono inoltre ricevere un riempimento volemico preoperatorio (10-20 ml/kg), beta bloccanti e, nelle procedure di lunga durata, la compressione pneumatica intermittente sequenziale degli arti inferiori per aumentare il ritorno venoso.
• Una laparoscopia gasless o a bassa pressione può essere utile nei pazienti con limitata funzionalità cardiaca.
• L’utilizzo di altri gas non ha dimostrato vantaggi emodinamici significativi.
La presenza di patologie cardiache non costituisce una controindicazione assoluta alla chirurgia laparoscopica.
Fisiologia polmonare e scambio dei gas
• In laparoscopia il monitoraggio della EtCO2 è obbligatorio ed il volume minuto di ventilazione dovrebbe essere aumentato al fine di conservare la normocapnia.
• L’aumento della pressione intra addominale (IAP) e la posizione di Trendelenburg riducono
la compliance polmonare e provocano l’alterazione del rapporto ventilazione/perfusione
alveolare.
Nei pazienti con funzione polmonare nella norma non si verificano conseguenze cliniche rilevanti.
Nei malati con limitate riserve polmonari vi è un incremento del rischio di ritenzione di
CO2, specie nel postoperatorio; in questi casi quindi si raccomanda il monitoraggio intra e
postoperatorio dell’emogasanalisi.
• La diminuzione della IAP e la ventilazione meccanica con iperventilazione riducono l’acidosi respiratoria durante il capnoperitoneo.
• La tecnica gasless o a bassa pressione o l’uso di altri gas (elio) possono essere alternative
utili per i suddetti pazienti con limitate riserve polmonari.
La chirurgia laparoscopica preserva la funzione polmonare postoperatoria in modo migliore rispetto alla chirurgia open.
39
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Ritorno venoso
• In laparoscopia l’antiTrendelenburg ed un’elevata IAP riducono il ritorno venoso dagli arti
inferiori.
• La compressione pneumatica sequenziale intermittente delle estremità inferiori si oppone
efficacemente alla stasi venosa ed è raccomandata nelle procedure di lunga durata.
• L’incidenza di complicanze tromboemboliche dopo pneumoperitoneo non è conosciuta.
Perfusione degli organi intraaddominali
Effetti renali:
• Lo pneumoperitoneo, con l’incremento della IAP, provoca la diminuzione del flusso plasmatico renale (FPR), del tasso di filtrazione glomerulare e della diuresi con un meccanismo di compressione diretta del parenchima e del circolo renali, associato a diminuzione
della gittata cardiaca.
Effetti sul circolo epatoportale:
• L’incremento della IAP causa una graduale diminuzione della circolazione epatoportale,
misurata con laser Doppler.
• Procedure prolungate con elevate IAP possono determinare l’aumento degli enzimi epatici plasmatici.
Effetti splacnici:
• Elevate IAP provocano compressione del letto capillare splancnico, deprimendone la microcircolazione e diminuendo il trasporto di ossigeno agli organi intraaddominali.
• Nei soggetti ASA I e II una IAP sino a 12-14 mmHg viene adeguatamente compensata e
non determina effetti clinici rilevanti a carico della funzione degli organi intraaddominali.
• Nei pazienti con alterate funzioni epatiche, renali o con aterosclerosi, la IAP deve essere
mantenuta al minor livello pressorio utile, evitando procedure di lunga durata per ridurre
le alterazioni a carico del microcircolo.
• I malati con funzione renale alterata dovrebbero essere sottoposti ad adeguato riempimento volemico prima e durante la procedura.
La risposta da stress ed i parametri immunologici
• Le modificazioni degli indici di risposta infiammatoria sistemica e degli indicatori di reazione
da stress sono meno pronuciate in chirurgia laparoscopica che in chirurgia open.
IAP e peritonite:
• Rispettando un adeguato preriempimento volemico, in pazienti che conservino una sta-
40
CAP. IV
Fisiopatologia dello pneumoperitoneo
bilità emodinamica, non vi sono controindicazioni nel procedere allo pneumoperitoneo
in caso di peritonite.
Rischio di diffusione tumorale:
• Non vi sono evidenze cliniche sufficientemente valide che dimostrino che lo pneumoperitoneo in pazienti con patologie maligne intraaddominali incrementi il rischio di diffusione
tumorale.
• Non vi sono controindicazioni alla laparoscopia nei suddetti pazienti purché venga adottata un’appropriata tecnica chirurgica.
Lo pneumoperitoneo
La creazione dello pneumoperitoneo:
• L’inserzione del primo trocar con la tecnica open è più veloce di quella con ago di Veress.
• L’utilizzo dell’una o dell’altra tecnica può essere di vantaggio in particolari sottogruppi di
pazienti.
L’embolia gassosa e la sua prevenzione:
• L’incidenza di embolia gassosa clinicamente rilevante è approssimativamente dello 0.6 %
e si verifica, in genere, per insufflazione di gas in un vaso intraddominale lacerato.
• Un basso valore di IAP, basse veolocità del flusso d’insufflazione ed un’attenta tecnica chirurgica potrebbero ridurne l’incidenza.
• Un improvviso decremento della EtCO2 e della PA dovrebbero essere considerati segni
clinici di embolia gassosa.
• A causa della bassa incidenza del problema non è possibile raccomandare l’uso routinario di un monitoraggio avanzato invasivo (ecodoppler transesofageo).
Scelta della pressione d’insufflazione:
• Si raccomanda l’utilizzo della minore IAP che permetta un’adeguata esposizione del
campo operatorio, piuttosto che la scelta di una pressione di routine.
• Una IAP minore di 14 mmHg è considerata sicura nel paziente sano.
• I dispositivi per sollevare la parete addominale non consentono vantaggi clinici rilevanti
rispetto ad uno pneumoperitoneo con IAP 5-7 mmHg.
Il riscaldamento e l’umidificazione del gas insufflato:
• Il mantenimento di una normotermia diminuisce la morbilità cardiovascolare postoperatoria.
• Gli effetti clinici del riscaldamento ed umidificazione della miscela insufflata sono scarsi se
paragonati alle metodiche di riscaldamento esterno che vanno applicate prima che si verifichi la perdita di calore.
41
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Negli interventi di lunga durata ricordarsi di prevenire l’ipotermia:
• riscaldare il gas (controllare la spia)
• monitorizzare la temperatura esofagea del paziente
• irrigare il cavo peritoneale con soluzioni riscaldate
• applicare materassini riscaldati
Dispositivi di sollevamento della parete addominale:
• Il sollevamento della parete addominale provoca minori modificazioni dell’emodinamica,
delle funzioni polmonare e renale rispetto allo pnemoperitoneo.
• Nei pazienti ASA I e II il vantaggio clinico, tuttavia, è troppo scarso per raccomandarne
l’uso mentre potrebbe essere consigliato,combinato con una tecnica di bassa IAP, per i pazienti con limitate funzionalità cardiaca, polmonare o renale.
La suddetta tecnica comporta più elevate difficoltà di tecnica chirurgica e di visualizzazione
del campo operatorio.
Calibro dei dispositivi di accesso:
• L’utilizzo di strumenti di calibro più piccolo (minore di 5 mm) è possibile solo in alcuni pazienti ma non migliora in modo significativo l’outcome della chirurgia laparoscopica: è dimostrato soltanto un modesto vantaggio estetico e sul dolore postoperatorio.
Aspetti perioperatori
Aderenze postoperatorie:
• Le procedure laparoscopiche causano una minore incidenza di aderenze postoperatorie
a causa del minor danno peritoneale.
• Le caratteristiche specifiche di uno pnuemoperitoneo (tipo di gas, pressione, temperatura
ed umidità) non hanno effetti significativi sulla formazione di aderenze postoperatorie.
Dolore, nausea e vomito:
• Il dolore dopo laparoscopia (viscerale, incisionale e dolore alla spalla) è di origine multifattoriale e deve essere trattato con approccio multimodale.
Tutte le seguenti misure sono in grado di ridurre il dolore postoperatorio:
• riduzione della IAP
• gas d’insufflazione diversi dalla CO2 (N2O, elio, argon)
• diminuzione della velocità d’insufflazione
42
CAP. IV
•
•
•
•
•
•
Fisiopatologia dello pneumoperitoneo
riscaldamento ed umidificazione del gas
rimozione del gas residuo al termine dell’intervento
immissione in addome di fluidi o di anestetici locali
riduzione del calibro dei trocar
infiltrazione con anestetico delle sedi di introduzione dei trocar
omissione dei drenaggi.
Pressione intracranica (PIC):
• Un’elevata IAP, il Trendelenburg ed un’ipoventilazione aumentano la PIC ed andrebbero
evitati in tutti i pazienti, se possibile.
CAVEAT
Nel paziente traumatizzato che abbia anche un trauma cranico minore è preferibile astenersi da procedure di lunga durata.
• Nei pazienti con grave trauma cranico o condizioni associate ad elevata PIC, la IAP va
mantenuta a valori minimi, vanno evitati bruschi picchi di IAP e va considerata la necessità del monitoraggio della PIC.
Trauma addominale:
• Non esistono studi controllati sulle caratteristiche delle varie tecniche di installazione dello
pneumoperitoneo nel trauma addominale; non è quindi possibile avanzare raccomandazioni in tal senso.
• Non vi sono ragioni per controindicare la laparoscopia in un paziente traumatizzato che
sia stabile.
43
CAP. V
Risposta sistemica ed immunitaria
alla chirurgia laparoscopica
B. Benini - C. Ceribelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Risposta sistemica ed immunitaria
alla chirurgia laparoscopica
“Laparoscopy has a definitive role
in cases where the trauma of incision
is greater than that of excision”
M. Schein
La chirurgia laparoscopica è caratterizzata dall’elevato livello di “compliance” da parte dei
pazienti, non solo per i migliori effetti estetici, ma anche per la minore incidenza di compli-canze e la più rapida ripresa funzionale.
Questi dati sono legati a più fattori:
• Il trauma parietale è ridotto e conseguentemente il dolore postoperatorio è minore.
• Di conseguenza la quantità di analgesici somministrati è minore, rispetto alla chirurgia “open”, con minima interferenza sull’ attività respiratoria legata all’uso di oppiacei.
• Il minor dolore postoperatorio permette al paziente di ridurre i tempi di allettamento, con benefici circolatori e respiratori.
• L’ileo paralitico postoperatorio è ridotto o quasi assente, e la distensione addominale, che limita le escursioni respiratorie diaframmatiche, è minima.
• La ricomparsa precoce della peristalsi, consentendo la rialimentazione per os già
dopo 12-24 ore, facilita il ripristino dell’equilibrio idroelettrolitico e calorico, e permette
l’applicazione di protocolli fast-track.
• Il miglior risultato estetico, dato evidente, è un altro aspetto da non sottovalutare
nell’odierna società dell’immagine. La cenestesi di un paziente migliora anche per questo.
• L’elevata compliance, da parte dei pazienti, per le procedure laparoscopiche è spesso
sproporzionata alla severità degli interventi praticati. La sensazione di benessere o di minor
malessere generale, riferita dai pazienti, è conseguente ad una diversa interferenza sui
meccanismi dell’infiammazione rispetto alla chirurgia “open”.
Più in dettaglio, ecco gli aspetti che differenziano la chirurgia laparoscopica da quella
“open” sul piano immunitario.
46
CAP. V
Risposta sistemica ed immunitaria alla chirurgia laparoscopica
Reazione infiammatoria acuta
Il meccanismo precoce di risposta al trauma inizia con l’attivazione di mediatori proinfiammatori a partire dal sito di incisione chirurgica.
Qui avviene la stimolazione delle citochine, il richiamo di cellule del sistema reticoloendoteliale e la promozione dei meccanismi di riparazione cicatriziale.
Alcune citochine, che hanno un effetto benefico di immunomodulazione a livelli sierici
contenuti, a livelli elevati, provocano il deterioramento delle condizioni del paziente e pongono le basi per l’insorgenza della MOF
L’elevazione di IL-1, IL-6, TNF-α è proporzionale all’entità del trauma e la chirurgia provoca
un aumento entro 3 ore di IL-6, che rimane elevata per 2-3 gg.
Il valore dell’IL-6 è correlato alla durata dell’intervento, alla perdita di sangue ed all’estensione del trauma tissutale.
Un prolungato ed eccessivo rialzo di IL-6 corrisponde ad una peggiore prognosi e ad un aumento della mortalità.
I valori di IL-1 e TNF dopo un intervento convenzionale sono triplicati rispetto alla medesima procedura condotta in laparoscopia: quando lo stesso confronto sia effettuato in presenza di contaminazione batterica, la differenza sale a 18 volte.
In chirurgia laparoscopica l’IL-6 è notevolmente più bassa rispetto a quella rilevabile in chirurgia convenzionale in caso di colecistectomia o funduplicatio, ma non altrettanto in altre
procedure come l’ernioplastica o le colectomie.
Anche la produzione di proteine di fase acuta è differente in laparoscopia.
la PCR, che attiva la cascata del complemento e stimola la fagocitosi da parte dei neutrofili
e dei macrofagi tissutali, dopo un intervento chirurgico si eleva tra la 4ª e la 12ª ora , raggiunge un picco tra 24 e 72 ore,e torna ai valori di base dopo 2 settimane.
La PCR, che aumenta di circa 20 volte dopo colecistectomia “open”, in caso di VLC aumenta solo 5 volte.
Immunità cellulo-mediata
La risposta immunitaria all’insulto chirurgico consiste in difetti di chemiotassi ed in produzione di enzimi lisosomiali e di respirazione cellulare, la cui entità ha correlazione diretta
con ll’entità del trauma e con a prognosi.
47
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
In laparoscopia i livelli di acido cloroso, che è alla base dell’attività antimicrobica di elastasi
e collagenasi, sono immutati mentre sono molto ridotti in chirurgia open.
I livelli di elastasi si riducono significativamente dopo chirurgia, ma se la procedura è stata
miniinvasiva questa riduzione dura solo tre giorni.
La titolazione dell’anione superossido, indicatore di attivazione dell’immunità cellulo mediata, ha un andamento analogo ed una correlazione diretta con la comparsa di infezioni
postoperatorie.
La chirurgia produce anche un’alterazione dei rapporti tra linfociti T e NK, in particolare
quelli tra helper e suppressor, ma, anche in questo caso, l’alterazione è meno significativa
in seguito a chirurgia laparoscopica.
Immunità peritoneale
In seguito al trauma chirurgico c’è un’alterazione della capacità di difesa contro l’ospite
anche da parte del peritoneo. Una iper attivazione dell’immunità peritoneale può determinare una immunosoppressione locale, che induce una inefficace clearance batterica ed una maggior incidenza di infezioni.
Non è noto se sia l’incisione peritoneale o l’esposizione all’aria a determinare questa risposta.
Gli studi sperimentali dimostrano che la cavità peritoneale libera più citochine durante una
laparotomia che durante uno pneumoperitoneo con CO2 e che vi è un aumento della conta
batterica sensibilmente maggiore a 24 e 72 ore; tale dato sarebbe correlabile ad un aumento della traslocazione batterica stimolato da una iperincrezione di citochine.
la minor esposizione ai patogeni solubilizzati nell’aria ambiente durante la laparoscopia con
aria o CO2 rispetto ad una laparotomia in ambiente con aria pressurizzata sterile, conferma
i benefici dell’approccio mini invasivo ed è inoltre stato dimostrato come l’insufflazione con
CO2 , rispetto all’aria ambiente, inibisca la iperstimolazione immunitaria.
È stato anche dimostrato sull’animale che l’inoculazione batterica intraperitoneale è seguita
da una colonizzazione minore durante procedure laparoscopiche rispetto a quelle laparatomiche.
48
CAP. VI
Anestesia in laparoscopica
E. Cingolani - G. Raselli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Anestesia in laparoscopica
“It is usually a bad sign if
the anesthesiologist is asking you
if you are losing a lot of blood during
a case, especially when your not.”
M. Hoffman
Valutazione preoperatoria del paziente
Le controindicazioni assolute all’anestesia per chirurgia laparoscopica sono rare. Lo pneumoperitoneo è da evitare in pazienti con incrementi della pressione intracranica (tumori,
idrocefalo, trauma cranico), ipovolemie severe, shunt ventricolo-peritoneali, e shunt ventricolo-giugulari. In quest’ultimo caso lo pneumoperitoneo può essere comunque effettuato
in sicurezza se lo shunt viene clampato prima dell’insufflazione peritoneale.
In pazienti cardiopatici la funzione cardica deve essere valutata alla luce delle alterazioni
emodinamiche prodotte dallo pneumoperitoneo e dalla posizione del paziente. I pazienti
con scompenso cardiaco congestizio e con valvulopatie severe sono quelli a maggior rischio di complicanze intra e post operatorie; i pazienti con cardiopatia ischemica possono
invece affrontare la laparoscopia senza aggravio di rischio rispetto alla chirurgia “open”. In
questi pazienti vanno confrontati i rischi intraoperatori con i marcati benefici postoperatori
della metodica laparoscopica.
Controindicazioni assolute
• Aumenti della pressione intracranica (tumori, idrocefalo, trauma cranico).
• Ipovolemie severe (traumi, shock emorragici).
• Shunt ventricolo peritoneali, shunt ventricolo giugulari non clampati.
Controindicazioni relative
• Pazienti cardiopatici con frazione di eiezione < 30% all’ecocardiogramma.
Nel cardiopatico è una controindicazione relativa all’induzione dello pneumoperitoneo una
frazione di eiezione < 30% all’ecocardiogramma.
La valutazione preoperatoria del paziente con cardiopatia non può prescindere dalla valutazione ecocardiografica. Se la frazione di eiezione è superiore al 30% la laparoscopia è affrontabile; se la frazione di eiezione è invece inferiore al 30% la laparoscopia deve essere
evitata o affrontata con opportune precauzioni:
• potenziamento del monitoraggio (ecocardiografia transesofagea, linea arteriosa in-
52
CAP. VI
Anestesia in laparoscopica
vasiva, catetere di Swan-Ganz, analisi continua del tratto ST) precauzioni nella tecnica
chirurgica (insufflazione lenta dello pneumo, limitazione della pressione intraddominale,
evitare posizioni estreme, riduzione dei tempi chirurgici)
• adattamenti nella tecnica anestesiologica (ottimizzare la volemia prima dello pneumoperitoneo, uso intraoperatorio di vasodilatatori, risveglio lento e sotto controllo pressorio).
Nei pazienti nefropatici va ottimizzata l’emodinamica durante lo pneumoperitoneo e
vanno evitati farmaci nefrotossici.
JOKE - “The definition of an anesthesist by surgeons: a half-asleep doctor who is taking
care of a half-awake patient! The definition of surgeons by anesthetists: “Someone trying
to disturb the sleep of the patient.”
Ahmad Assalia
In pazienti con malattie respiratorie la laparoscopia appare preferibile alla laparotomia
per il minor effetto sulla funzionalità diaframmatica postoperatoria.
Per le posizioni intraoperatorie richieste dalla tecnica chirurgica va posta particolare attenzione alla prevenzione delle trombosi venose profonde prevedendo sia il posizionamento di
calze elastiche sia una profilassi farmacologica prima dell’intervento.
Tra i farmaci utili in premedicazione va considerata la clonidina, capace di ridurre la risposta allo stress intraoperatorio e migliorare la stabilità emodinamica.
Posizione del paziente e monitoraggio
Il paziente deve essere posizionato con attenzione per evitare lesioni nervose: le articolazioni
devono poggiare su imbottiture e le spalle non devono essere iperestese.
Le posizioni inclinate non dovrebbero eccedere i 30° e dovrebbero essere raggiunte gradualmente per evitare eccessivi impatti emodinamici e respiratori. La posizione del tubo
orotracheale deve essere rivalutata dopo ogni movimento.
L’induzione ed il rilascio dello pneumoperitoneo devono essere graduali. Il sondino naso
gastrico deve essere posizionato prima dell’inserimento dei trocar per minimizzare i rischi
di perforazione gastrica, soprattutto in chirurgia sopramesocolica. La vescica deve essere
vuotata in laparoscopia pelvica.
Durante la laparoscopia devono essere continuamente monitorizzati pressione arteriosa,
elettrocardiogramma, capnometria e pulsossimetria.
Il monitoraggio emodinamico invasivo può essere necessario in pazienti con malattie cardiache in cui va tenuto conto dell’impatto dello pneumoperitoneo sulle pressioni intratoraciche, sulla pressione venosa centrale e dell’ arteria polmonare. Molto utile, ma raramente
applicabile, è l’ecocardiogramma transesofageo intraoperatorio che permette una valutazione continua e diretta della funzionalità cardiaca durante l’intervento.
53
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Monitoraggi e presidi indispensabili
• ECG, SatO2, CO2 espirata (EtCO2), pressione arteriosa non invasiva (NIBP)
• Emogasanalisi intraoperatoria
• Sondino naso gastrico
• Catetere vescicale (in chirurgia pelvica)
Monitoraggi da riservare a casi selzionati
• Linea arteriosa invasiva
• Swan-Ganz
• Ecocardio transesofageo intraoperatorio
Le variazioni di anidride carbonica espirata (ETCO2) vanno osservate attentamente per cogliere i segni di ipercapnia ed embolia gassosa ma occorre sottolineare come il Δ tra CO2
arteriosa e CO2 espirata può variare sia da paziente a paziente sia durante il corso della procedura nello stesso paziente; può quindi essere necessario verificare il reale valore di PaCO2
tramite frequenti rilievi emogasanalitici.
Tecniche anestetiche
L’anestesia generale con intubazione endotracheale e ventilazione controllata è la tecnica anestesiologica raccomandata per la chirurgia laparoscopica.
Durante lo pneumoperitoneo la ventilazione deve essere regolata per mantenere l’EtCO2 intorno al valore di 35mmHg. Non dovrebbe essere necessario un incremento del volume
minuto superiore al 15% - 25%; in caso siano necessari incrementi superiori si deve sospettare una complicanza (es. enfisema sottocutaneo).
L’incremento della frequenza respiratoria, piuttosto che del volume minuto, potrebbe essere
preferibile in pazienti broncopneumopatici con storia di enfisema bolloso o pneumotorace
spontaneo, per minimizzare l’inflazione alveolare.
L’infusione di agenti vasodilatatori come la nicardipina o la clonidina può ridurre l’impatto
emodinamico dello pneumoperitoneo e facilitare il trattamento di pazienti con funzionalità
cardiaca ridotta.
L’impatto dell’uso di N2O sulla nausea e vomito postoperatorio è ancora controverso.
L’uso del protossido d’azoto nella colecistectomia è privo di complicanze ma dovrebbe essere evitato nella chirurgia intestinale ileo-colica. La scelta del tipo di anestetico non ha un
ruolo nell’outcome del paziente.
La pressione intra addominale deve essere attentamente monitorata e tenuta più bassa possibile per minimizzare le ripercussioni respiratorie ed emodinamiche. Incrementi di pres-
54
CAP. VI
Anestesia in laparoscopica
sione intra addominale possono essere evitati anche mantenendo una corretta profondità
del piano anestetico. Per la frequenza di reazioni vagali durante la laparoscopia, l’atropina
deve sempre essere preparata in anticipo.
La maschera laringea è stata usata frequentemente in anestesia per laparoscopia con
bassa incidenza di complicanze e potrebbe essere considerata un’alternativa al tubo oro-tracheale anche se non protegge del tutto le vie aeree da un’eventuale aspirazione di materiale gastrico. Permette, di contro, la ventilazione controllata ed il monitoraggio dell’ EtCO2.
Poiché la diminuzione della compliance toraco-polmonare durante laparoscopia determina
incrementi della pressione delle vie aeree al di sopra di 20 cm H2O, e la maschera laringea
non può garantire una corretta tenuta al di sopra di tale valore, l’uso di tale presidio deve
essere riservato unicamente a pazienti sani e magri.
La tecnica in respiro spontaneo va quindi riservata a procedure di breve durata, effettuate
con bassa pressione intraddominale e minima inclinazione. In tali casi è comunque sempre
raccomandato l’uso della maschera laringea.
CAVEAT
L’anestesia generale può anche essere effettuata in pazienti in respiro spontaneo senza
intubazione e senza uso di miorilassanti. Occorre però ricordare che un terzo delle morti
durante anestesia laparoscopica sono avvenute durante anestesie senza intubazione.
L’anestesia locoregionale offre numerosi vantaggi teorici: migliore stabilità emodinamica, veloce recupero, minor incidenza di nausea e vomito. Tuttavia la manipolazione di organi intraddominali può determinare elevato fastidio nel paziente aumentando ansia e
dolore. L’anestesia locoregionale deve perciò essere spesso associata a sedazione endovenosa. La combinazione di sedazione e pneumoperitoneo può però determinare ipossia ed
ipoventilazione.
Solo la laparoscopia pelvica può essere una buona indicazione all’anestesia locoregionale
(spinale e peridurale). Le altre procedure che richiedono multipli siti di inserzione di trocar,
considerevole manipolazione intestinale ed elevate inclinazioni, rendono molto spiacevole
il respiro spontaneo per il notevole disagio del paziente; richiedono inoltre che il livello del
blocco sia esteso fino a T4.
Monitoraggio
Il monitoraggio deve essere continuato nell’unità post anestesia. Infatti le variazioni emodinamiche indotte dallo pneumoperitoneo, con particolare riferimento all’aumento delle
resistenze vascolari sistemiche, permangono per circa un’ora oltre la normalizzazione della
pressione intraddominale. I pazienti con funzione cardiaca ridotta vanno quindi attentamente sorvegliati nelle prime ore del postoperatorio.
55
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
La PaO2 diminuisce nell’immediato postoperatorio laparoscopico ed è associata ad aumento
della domanda di ossigeno. Un supplemento di ossigeno deve quindi essere somministrato
nell’immediato postoperatorio a tutti i pazienti.
Prevenzione e trattamento di nausea e vomito sono importanti in tutti i pazienti dopo procedure laparoscopiche e vanno iniziati già all’induzione.
CORREZIONE DEI PARAMETRI NELL’IMMEDIATO POSTOPERATORIO
• Incremento Pa -------- > clonidina
• Incremento Fc -------- > analgesia, volemia
• Diminuzione PaO2 ---------> ossigeno
• Aumento frequenza respiratoria ------- > analgesia
• Nausea vomito ---------- > ondasetron / ganisetron
56
CAP. VII
Complicanze
B. Truosolo - B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Complicanze
Je me suis trompe, mais j'ai trompe
moins que les autres chirurgiens.
Guillaume Dupuytren 1777-1835
In chirurgia laparoscopica le complicanze sono mediamente più gravi che in chirurgia aperta,
sia per la complessità delle lesioni che per la possibilità che siano misconosciute durante l’intervento. È quindi importante che siano prevenute con l’impiego di un’accurata preparazione del paziente e della sala operatoria, oltre che con l’impiego di una tecnica accurata e
prudente. Sono particolarmente temibili e frequenti quelle legate all’introduzione dei trocar.
La conversione laparatomica, in presenza di una complicazione, è una soluzione tecnica
e quindi non deve essere considerata un insuccesso.
Lesioni vascolari
L’incidenza di lesioni vascolari maggiori riportata in letteratura è dello 0.04% (1/ 2272 per accessi “closed” - casi complessivi 760000 - mentre sarebbe di 0 /22000 per “open laparoscopy”).
In realtà sono descritti 2 casi di lesione aortica da trocar durante “open laparoscopy”: il primo è
stato provocato dalla punta del bisturi durante l’incisione della cute periombelicale in una paziente
di magrezza estrema ed il secondo da una scheggiatura del metallo della cannula di Hasson.
Tip: Per rendersi conto di quanto sia facile una lesione a carico dell’aorta o del carrefour
iliaco basta introdurre un dito nell’ostio per il trocar ombelicale e verificare quanto siano
palpabili i vasi!!!
Sono per lo più prodotte dalla incauta introduzione dei trocar
Possono spesso non essere riconosciute durante la procedura in quanto:
a) La raccolta ematica è declive rispetto all’area di lavoro, specialmente quando si impieghino posizioni di Trendelemburg o di anti-Trendelemburg o decubiti laterali.
b) La raccolta si sviluppa nel retroperitoneo e quindi non è immediatamente visibile.
58
CAP. VII
Complicanze
CAVEAT
Un’emorragia da lesione vascolare deve essere sempre sospettata quando l’anestesista segnala un quadro di instabilità emodinamica.
Prevenzione:
1. uso corretto dei trocar (vedi capitolo)
2. impiego di trocar a punta smussa per gli accessi secondari
3. controllo attento di eventuali raccolte
4. incisione cutanea sufficientemente ampia
Correzione:
Conversione laparatomica immediata in caso di dubbio.
Emorragie nelle sedi di inserzione dei trocar
L’emorragia da lesione dei vasi epigastrici è un evento piuttosto frequente e può dar luogo
ad anemia importante che in molti casi richiede il reintervento o ripetute trasfusioni di emoderivati.
I vasi epigastrici profondi si trovano tra i 4 e gli 8 cm lateralmente alla linea mediana, area
in cui non andrebbero inseriti trocar.
Nei pazienti magri i vasi possono essere individuati per transilluminazione o direttamente
attraverso il peritoneo.
Prevenzione:
1. estrarre sotto visione tutti i trocar ed attendere qualche attimo per verificare l’avvenuta
emostasi.
2. impiegare trocar senza lama (bladeless).
Correzione
1. emostasi diretta per coagulazione: in molti casi è possibile raggiungere e coagulare il
vaso con uno strumento a punta curva.
2. sutura a tutto spessore della parete, su di uno gnocchetto di garza, impiegando un ago
retto od un ago curvo di grande diametro. Ancora più efficace è l’ago di Reverdin od un
suture-passer.
3. allargamento dell’incisione e sutura emostatica.
4. introduzione di un plug di fibrina.
Lesioni viscerali
Complicazioni relativamente frequenti, da mettere spesso in relazione al primo accesso. La
loro incidenza in relazione alla introduzione dei trocar è dello 0.067%. Spesso sono misconosciute
59
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
durante la procedura e danno luogo ad un quadro peritonitico dopo 6-24 ore.
In caso di lesioni termiche l’evento perforativo è ancora più tardivo, anche oltre le 48 ore.
Le cause più comuni sono dovute a:
• Introduzione incauta dei trocar che possono ledere un viscere sottostante
• Manipolazione traumatica di segmenti intestinali
• Danno termico accidentale di visceri
• Strumenti acuminati mantenuti in addome senza visione diretta
• Abbandono di strumenti in addome durante manovre di desufflazione
• Dissezioni difficili, specie in presenza di peritoniti plastiche
Prevenzione:
1. Evitare la coagulazione se non necessaria in prossimità di visceri cavi
2. Impiegare correttamente i trocar (vedi)
3. Non manipolare l’intestino dilatato (occlusioni) afferrandone la superficie sierosa ma
piuttosto il meso
4. Manipolare l’intestino con pinze da presa delicate e poco traumatiche (es. pinza di Johann)
5. Non abbandonare strumenti (soprattutto se collegati al coagulatore) in addome e non
effettuare manovre senza visione
6. Mantenere un adeguato valore di pneumoperitoneo
7. Effettuare l’adesiolisi in prossimità delle anse con le forbici, senza coagulare
Correzione:
1. Conversione minilaparatomica
2. Sutura laparoscopica
Trick: È molto utile, dopo un’adesiolisi difficile, praticare una minilaparatomia sotto ombelicale di 3 cm e far scorrere all’esterno le anse del tenue tra le dita per verificarne l’integrità.
Lesioni della VBP
Si tratta di lesioni estremamente frequenti in laparoscopia rispetto a quanto osservato nella
pratica della chirurgia tradizionale.
Prevenzione:
1. Esercitare una trazione laterale (verso destra) dell’infundibolo durante la dissezione e
non verso l’alto
2. Dissezione completa dell’ilo della colecisti aprendo tutto il peritoneo del triangolo di
Calot
60
CAP. VII
Complicanze
3. Dissezione dell’inserzione del cistico sulla VBP fino a scoprire l’epatico comune
4. Dissezione dell’inserzione del cistico sulla colecisti
5. Clippage alto, verso la colecisti, del cistico
Correzione:
1. Conversione laparatomica
Lesioni uretrali e vescicali
Statisticamente piuttosto rare, complicano per lo più procedure avanzate di chirurgia resettiva colica o ginecologica. Sono più frequenti in presenza di esiti di isterectomia o di resezioni condotte per patologie infiammatorie (diverticoliti, M. di Crohn). Spesso non sono
lesioni dirette ma sono provocate dal calore. Le lesioni vescicali possono essere causate dal
mancato svuotamento della vescica.
Trick: Controllate sempre che il tubo di deflusso del catetere sia aperto prima di introdurre un trocar sovrapubico.
Prevenzione
1. Mantenere la dissezione su di un piano superiore alla fascia di Gerota
2. Inserire uno stent ureterale se si prevede una dissezione difficile
3. Riconoscere l’uretere e possibilmente seguirlo
4. Ricordarsi che a sinistra, sotto il legamento di Gruber, l’uretere è molto superficiale ed
adeso al mesosigma
5. Eseguire lo scollamento uterovescicale per via smussa, mantenendosi vicino all’utero
stesso
6. In caso di dubbio somministrare bleu di metilene endovena e ricercare un eventuale
spandimento
Correzione
1. Le lesioni vescicali, riconosciute durante la procedura, possono essere riparate agevolmente con sutura della soluzione di continuo in duplice strato e catetere a permanenza
per 7-10 gg
2. Le lesioni ureterali sono di più difficile riscontro intraoperatorio. Nel dubbio è bene far
posizionare uno stent intraoperatoriamente
3. Nei casi di riscontro tardivo la correzione richiede il reintervento
Pneumotorace
È legato ad una soluzione di continuo iatrogena del diaframma od all’apertura della pleura
61
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
in corso di dissezione dello iato esofageo. In assenza di iatrogenia può essere legata alla
ventilazione meccanica.
La sintomatologia, se la lesione pleurica è significativa, è gravemente ingravescente ed ha i caratteri dello pneumotorace iperteso con brusco calo della saturazione ed ipotensione.
Prevenzione:
1. Evitare coagulazioni in prossimità del diaframma
2. Evitare di abbandonare strumenti in addome che non siano sotto visione
3. Cautela nella dissezione dello iato esofageo
Correzione:
1. Interruzione dello pneumoperitoneo
2. Se di piccola entità rx torace ripetuti nel postoperatorio (la CO2 si riassorbe rapidamente)
3. Se maggiore drenaggio pleurico
4. Eventuale riparazione del diaframma
L’intervento, una volta corretto il pnx, può essere generalmente proseguito in laparoscopia.
Ipercapnia
È legata ad interventi di lunga durata, ad insufflazione in spazi extraperitoneali, a pneumotorace, ad errori nell’intubazione. Se di lieve entità può essere corretta dall’anestesista con
appropriata ventilazione.
Prevenzione:
1. Bassa pressione dello pneumoperitoneo (max 12-14 mmHg)
2. Evitare insufflazione properitoneale (trocar malposizionato)
Correzione:
1. Rx torace ed eventuale drenaggio del pnx
2. Riduzione della pressione dello pneumoperitoneo
3. Conversione laparatomica
Infezione della parete nei punti di inserzione dei trocar
Non è un evento molto frequente. Si verifica durante l’estrazione di un pezzo anatomico infetto senza la dovuta protezione o per inondamento dei tramiti da pus (peritoniti). Può determinare una complicanza molto grave (cellulite necrotizzante)
Prevenzione
1. Estrarre i pezzi, se infetti, con l’impiego di un sacchetto (endobag)
62
CAP. VII
Complicanze
2. Utilizzare sempre protettori di parete per i pezzi anatomici di dimensioni maggiori
3. In caso di peritonite, detergere i tramiti con Betadine e lasciare aperta la cute
4. Antibioticoprofilassi all’induzione
Correzione:
1. Apertura della ferita e drenaggio
2. Antibioticoterapia
Embolia gassosa
Complicanza estremamente rara dovuta alla presenza di un vaso venoso beante (letto della
colecisti, superficie di sezione del fegato, vene presacrali). Altra causa di una certa importanza è l’insufflazione con ago di Veress dello properitoneo durante la closed laparoscopy.
Deve essere sempre sospettata quando, in un paziente stabile emodinamicamente, si osservino, specialmente in occasione di un cambiamento posturale, significative e gravi variazioni della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e del valore end-tidal CO2 e della
compliance toracica.
Ricordarsi che la CO2 si scioglie rapidamente nel sangue.
La sua incidenza è valutata in 15 casi per 100.000 procedure.
Diagnosi:
• Rx torace
• Ecocardiografia transesofagea
Prevenzione:
1. Preparare anatomicamente le strutture venose, effettuare un’emostasi accurata senza
mai lasciare strutture venose beanti, anche se non sanguinano
Correzione:
1. Interruzione della procedura chirurgica
2. Procedure rianimatorie
3. Aspirazione intracardiaca del gas tramite un catetere di Swan-Ganz
Lesione del diaframma
È una complicazione non molto frequente che è stata descritta soprattutto in corso di interventi di colecistectomia o di nefrectomia. Determina uno pneumotorace acuto iperteso
e deve essere sempre sospettato quando si osservino sensibili variazioni nella dinamica respiratoria.
63
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Prevenzione
1. Cauta dissezione con il coagulatore in prossimità del diaframma
2. Non abbandonare strumenti in addome, specie durante la desufflazione
3. Eseguire le manovre sempre sotto visione
Correzione
1. Desufflazione immediata
2. Drenaggio toracico
3. Se possibile, sutura laparoscopica della lacerazione con filo non assorbibile
Ipotermia
È una complicanza legata ad una serie di fattori:
• Fuga di gas attraverso un trocar in procedure molto lunghe (il calo termico è stimato in
0.3 C° ogni 50 lt di CO2)
• Evaporazione peritoneale (il peritoneo ha una superficie equivalente a quella cutanea di
1-2 mq)
• Alterazioni metaboliche indotte dall’anestesia
• Somministrazione di fluidi freddi
Le conseguenze dell’ipotermia sono:
• Aumento delle infezioni
• Ischemia miocardica
• Ritardo di canalizzazione
• Sanguinamento (disfunzione piastrinica da freddo)
Prevenzione
1. Controllare la tenuta dei trocar
2. Monitorizzazione della temperatura esofagea o vescicale
3. Impiego di materassini od altri dispositivi riscaldanti
Correzione
1. Infusione di soluzioni calde
2. Lavaggio peritoneale con soluzioni calde
64
CAP. VIII
Norme di sicurezza
B. Truosolo - B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Norme di sicurezza
What we call “experience” is often a
dreadful list of ghastly mistakes.
J C. Da Costa, 1863-1933
Troppo spesso abbiamo visto in televisione o letto sui giornali articoli su drammatiche complicanze dopo un “semplice” intervento laparoscopico. Al fine di ridurre al minimo tali
eventi, riteniamo indispensabile che si attuino una serie di semplici procedure di sicurezza
che, ripetute meccanicamente nel tempo, diventano parte integrante del modus operandi.
Si tratta di piccoli gesti, spesso esagerati, che permettono al neofita di lavorare con maggior tranquillità, senza comportare, di contro, ritardi nelle procedure eseguite dai più esperti.
Prevenzione delle lesioni da trocar
• Inserimento del primo trocar preferibilmente con tecnica
“open” (vedi capitolo IX).
• Inserimento dei trocar successivi con pressione graduale,
senza scatti o forza eccessiva; eventuale dissezione della parete
con una pinza di Crile o Kelly, incisione cutanea sufficientemente
ampia.
• Dare la preferenza ai trocar bladeless, che permettono di dissociare i tessuti anzichè tagliarli con una lama od una punta. Nell’impiego di quelli dotati di alette è necessario esercitare più
energia nel movimento rotatorio di dissezione che pressione;
una volta familiarizzato con la tecnica, la loro applicazione è veloce come con quelli dotati di lama.
• Controllare la velocità di inserimento dei trocar trattenendo lo strumento con due dita della mano non dominante.
• Inserimento solo dopo aver raggiunto la piena distensione dell’addome con pneumoperitoneo a 12 mmHg (controllare
sul display).
• Controllare che vescica e stomaco siano vuoti.
• Inserimento sempre sotto visione.
Figura 8.1 Trocar senza lama.
66
CAP. VIII
Norme di sicurezza
Figura 8.2 Manovra per controllare la penetrazione del trocar.
• Qualora il peritoneo si scolli dalla parete addominale, come accade frequentemente nella
pelvi, è consigliato perforare il peritoneo coagulandolo con uno strumento inserito nel
trocar stesso.
• Per introdurre un trocar con maggior sicurezza, far effettuare dall’aiuto una controspinta
con la mano aperta sulla parete addominale dal lato opposto.
• Nel caso di pazienti pediatrici od adulti di piccole dimensioni, l’introduzione dei trocar successivi al primo può essere resa sicura facendone penetrare la punta nel trocar ombelicale,
una volta ritirata parzialmente l’ottica (trocar nel trocar). Una volta superato il piano
aponeurotico si indirizza la punta del trocar verso l’ombelico e si introduce la punta, ancora rivestita dal peritoneo, dentro al trocar ottico.Tale tecnica è indispensabile nel neonato.
Figura 8.3 La punta viene fatta penetrare nel trocar che contiene l'ottica.
67
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
CAVEAT
L’incisione cutanea insufficiente può creare un aumento della resistenza all’ingresso
del trocar; il chirurgo, specie se poco esperto, aumenterà la pressione sul trocar per superare l’ostacolo. L’improvviso cedimento della resistenza offerta dalla cute può causare la
brusca penetrazione del trocar nell’addome con conseguenze disastrose.
Prevenzione dei danni termici
• Non abbandonare strumenti in addome fuori dal campo visivo.
• Disattivare la funzione di taglio del bisturi elettrico.
• Impiegare coagulazioni alternative come bipolare.
Ricordare che tutti gli strumenti da coagulazione o dissezione, dopo l’uso, raggiungono,
a livello della punta, temperature altissime; fare attenzione al contatto accidentale con i
visceri.
• Ridurre l’impiego della coagulazione ricordandosi che lo pneumoperitoneo determina un’emostasi spontanea maggiore che a cielo aperto (baroemostasi).
• Ricercare accuratamente i piani di dissezione che sono quasi esangui.
• La punta del laparoscopio è calda e può provocare lesioni termiche se abbandonata a
contatto con un viscere.
CAVEAT
Non coagulate se tutta la parte metallica dello strumento non è visibile e se non siete sicuri che non sia a contatto con altri visceri.
• Il dorso degli strumenti non è isolato; è consigliabile coagulare solo quando si abbia
completamente sotto visione lo strumento e si sia controllato che non sia a contatto con
altri tessuti limitrofi.
• Usare l’emostasi per compressione, ove possibile, con l’impiego di piccole garze o di
spugne in fibrina (Tabotamp™).
Prevenzione dei danni fisici
• Non abbandonare strumenti in addome, soprattutto se desufflato.
68
CAP. VIII
Norme di sicurezza
• Non manipolare l’intestino con strumenti traumatizzanti ma dare la preferenza a
pinze fenestrate, tipo Johann.
Figura 8.4 La manipolazione dei visceri con strumenti non adatti è pericolosa.
• Manipolare le anse intestinali preferibilmente facendo trazione sul meso o su frange
epiploiche.
• Durante l’adesiolisi verificare che l’aderenza non nasconda un’ansa intestinale che potrebbe essere lesa.
Figura 8.5 Pinze fenestrate adatte alla presa delle anse.
69
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Non forzare l’ingresso degli strumenti se offrono una sensazione di ostacolo, ma controllare contro cosa sta urtando la punta.
• Essere certi che lo strumento inquadrato sia quello che sta usando l’operatore.
Indispensabile sempre registrare l’intervento su dvd.
...A fine intervento
• Controllare la desufflazione, che deve essere lenta e graduale.
• Controllare eventuale emorragia dagli orifizi dei trocar o da lesioni apparentemente non
sanguinanti a pneumoperitoneo pieno (ad es. lacerazione epatica in prossimità dell’inserzione del legamento rotondo).
Trick:
Se sanguina la breccia del penultimo trocar rimosso può essere utile, sempre sotto visione:
• ricreare lo pnp e reintrodurre il trocar
• introdurre una pinza di Maryland nel trocar
• sfilarlo lentamente e coagulare mantenendo la punta della pinza a contatto con la
parete
• Evitare il possibile spostamento dei drenaggi mantenedoli in posizione e/o modificando la lunghezza della porzione addominale.
Figura 8.6 Coagulazione di vaso muscolare della breccia del penultimo trocar.
70
CAP. VIII
Norme di sicurezza
• Evitare l’erniazione di epiploon negli orifizi dei trocar, che facilita la formazione di
ernie.
• Controllare la pervietà del drenaggio ed il suo buon funzionamento mantenendolo
temporaneamente aperto.
• Emostasi accurata della parete.
71
CAP. IX
Open laparoscopy
B. Benini - B. Truosolo
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Open laparoscopy
Surgeons believe that anything
with fiber optics on one end should
have a surgeon on the other.
E. Thompson
L’induzione dello pneumoperitoneo attraverso un accesso “open” all’addome è ormai considerato la tecnica di scelta, in quanto gravata da un esiguo numero di complicanze perforative viscerali e vascolari (vedi cap. VIII).
Tra le varie tecniche descritte viene illustrata quella utilizzata dagli autori.
Tecnica
• Con l’impiego di pinze da presa di Bernarde si afferra la cute all’interno della cicatrice
ombelicale e la si mette in tensione evertendola.
Figura 9.1 Eversione della cicatrice ombelicale.
• Si pratica un’incisione sottombelicale trasversa curvilinea di 1-2 cm.
• Dissociazione smussa del sottocutaneo fino ad esporre l’aponeurosi sulla linea mediana ed
il residuo del dotto onfalomesenterico, con l’ausilio di due piccoli divaricatori di Farabeuf.
74
CAP. IX
Open laparoscopy
Figura 9.2 Incisione curvilinea sotto ombelicale.
• Il dotto viene afferrato ed attratto verso l’alto con pinze di Kocher. Con le forbici si incide
l’aponeurosi in corrispondenza dell’inserzione del dotto sul piano fasciale, fino a penetrare nello spazio properitoneale. Si incide il peritoneo sottostante, direttamente o dopo
averlo sotteso con 2 pinze di Kelly.
• È importante restare sempre sulla linea mediana per evitare di entrare nelle guaine dei retti
dove spesso si determina un fastidioso gemizio ematico.
Figura 9.3 Esposizione della base della cicatrice ombelicale.
• Verificare l’avvenuta penetrazione in peritoneo, in quanto l’insufflazione properitoneale
provoca un rigonfiamento della parete addominale che, ostacolando notevolmente la visione, può compromettere l’esito dell’intera procedura.
75
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 9.4 Incisione del piano aponeurotico alla base della cicatrice ombelicale.
• Prima dell’introduzione del trocar deve essere verificato che non vi siano epiploon od anse
adese alla parete. Nel caso vi fossero, è possibile liberarle per via smussa con un dito fatto
ruotare a 360° fino ad ottenere uno spazio sufficiente all’introduzione del trocar.
• Si introduce il trocar da 10 mm disarmato e si controlla la tenuta al gas. Si inizia l’insufflazione di CO2.
Figura 9.5 Inserimento del trocar senza mandrino.
• Per evitare squilibri emodinamici l’insufflazione deve essere effettuata lentamente regolando il flusso del gas a 1,5-2 l/min.
76
CAP. IX
Open laparoscopy
CAVEAT
La distanza tra piano cutaneo all’ombelico e grossi vasi oscilla tra 0,5 ed 1,5 cm. Per rendersene conto basta introdurre un dito nella ferita del trocar ombelicale ad addome desufflato ed apprezzare palpatoriamnte la distanza cui è posta l’arteria iliaca destra.
• In alternativa a questa procedura si può indurre lo pneumoperitoneo inserendo un ago
di Veress in ipocondrio sinistra, area normalmente sgombra da processi aderenziali.
• Se l’apertura fasciale fosse troppo grande per evitare la perdita di gas, si impiegano alcuni
punti in ac. poliglicolico per ridurne l’ampiezza ed eventualmente ancorare il trocar stesso,
secondo la tecnica originale di Hasson.
• Per inserzioni del primo trocar al di fuori della cicatrice ombelicale, come nelle procedure
sul giunto gastroesofageo, si prepara per piani la parete fino a raggiungere il peritoneo.
Si applicheranno due punti di sutura per esercitare una trazione verso l’alto, facilitando l’inserimento ed il fissaggio del trocar. Durante la dissezione i vari piani incontrati devono essere afferrati con pinze di Kocher ed esteriorizzati per trazione rispetto al piano cutaneo.
Chiusura della parete
L’esiguità dello spazio richiede alcuni accorgimenti, soprattutto nei soggetti obesi.
Si introduce nella ferita, a contatto con il peritoneo, il dorso di una pinza, mentre il piano
fasciale viene esposto con un divaricatore di Farabeuf o con delle pinze di Bernarde.
Figura 9.6 Il piano peritoneale ed aponeurotico vengono trasfissi in sicurezza con ago da 5/8 od a J.
77
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Si appone un punto ad U che comprenda anche il peritoneo stesso. Ideali per questa tecnica sono i punti di sutura in ac. poliglactinico od in polidiossanone, dotati di aghi da 5/8
di cerchio o di aghi a J.
Prima di serrare il nodo si controlla che non vi siano epiploon od anse affioranti. Qualora si
usino trocar ottici o ad espansione, non sarà necessaria la sintesi del difetto fasciale, escluso,
naturalmente, quello ombelicale. Le sedi di inserzione dei trocar da 5 mm non richiedono
riparazione.
Figura 9.7 Sintesi cutanea con colla in cianoacrilato.
Miglior risultato estetico si ottiene senza l’impiego di punti di cute. Questi possono essere
sostituiti da punti sottocutanei introflettenti e da colla in cianoacrilato.
78
CAP. X
Hand Assisted Laparoscopic Surgery
(HALS)
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Hand Assisted Laparoscopic Surgery (HALS)
La mano pigra fa impoverire,
la mano operosa arricchisce.
Salomone
Per HALS si intendono quegli interventi in cui viene utilizzato un dispositivo che permetta
l’introduzione della mano non dominante dell’operatore nell’addome del paziente, senza
che venga perso lo pneumoperitoneo.
• Questa tecnica permette di mantenere i benefici della laparoscopia ed al contempo di
utilizzare una mano per effettuare divaricazioni di anse od organi voluminosi; il dispositivo per hals è utile anche nella protezione della parete durante l’estrazione di organi. In
alternativa si possono impiegare dei protettori di parete costituiti da sacchetti in plastica
dotati all’estremo di un supporto tubulare ad anello.
Interventi comunemente praticati con tecnica HALS
•
•
•
•
•
Resezioni coliche
Splenectomia
Nefrectomia
Interventi sull’aorta
Chirurgia dell’obesità
Tecnica
• Esistono dispositivi per HALS di vari diametri ma, il più utilizzato, è quello da 7.5 cm.
• L’incisione di 7.5 cm deve essere praticata lontano dall’area anatomica dell’intervento per
evitare che la mano inserita interferisca con la visione.
• La sede dell’incisione, date le sue ridotte dimensioni, va pianificata accuratamente.
LAPDISC
È uno strumento costituito da un anello deformabile e da un anello rigido esterno dotato
di una ghiera regolabile; tra gli anelli è posta una membrana in silicone che, una volta ruotata la ghiera, forma un diaframma a valve contrappposte, analogamente a quello della
macchina fotografica.
80
CAP. X
Hand Assisted Laparoscopic Surgery (HALS)
• Le dimensioni dell’incisione devono essere precise ed interessare, in egual modo, tutti gli
strati fino al peritoneo per garantire la tenuta pneumatica del dispositivo. Il device per
HALS più impiegato è il lap-disc.
Figura 10.1 Lap disc.
Inserimento del LAP-DISC:
L’anello interno del lapdisc è deformabile
e di forma circolare. Deve essere introdotto all’interno dell’addome a contatto
con il peritoneo. Per fare questo si introduce una mano nel diaframma aperto, si
afferra una porzione dell’anello deformabile e lo si estrae retraendo la mano.
L’anello subirà una deformazione, diventando ovale. Si introduce la parte opposta
dell’anello in addome facendola calzare e
Figura 10.2 Applicazione del dispositivo alla parete
si spinge, facendolo scorrere, il resto deladdominale.
l’anello all’interno dell’addome. L’anello riprenderà la sua forma circolare e stabilizzerà il dispositivo.
• Il dispositivo ed il guanto devono essere cosparsi con apposito gel per prevenire l’attrito
e la lacerazione della membrana che è estremamente fragile.
• È possibile, quando si rendesse necessario, ridurre il diametro del diaframma fino a chiuderlo ed inserire un trocar. Il dispositivo permette inoltre, una volta aperto completamente, di essere usato per proteggere la parete addominale dalla contaminazione durante
l’estrazione di un organo.
81
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 10.3 Visione endoscopica durante una procedura hals sull’aorta.
• È preferibile usare guanti di colore scuro per evitare l’abbagliamento della telecamera.
• I dispositivi per HALS sono ergonomicamente sfavorevoli e provocano, nell’impiego protratto, dolori al braccio ed alla spalla e dolore alla mano per disturbi del circolo.
• Esistono altri dispositivi per HALS: pneumosleeve e portgel. Il primo è costituito da due
anelli semirigidi che si introducono allo stesso modo del lap-disc. I due anelli sono uniti
da un sacchetto collegato ad una piccola pompa, simile a quella degli sfigmomanometri.
Gonfiando il sacchetto si ottiene la tenuta pneumatica attorno al guanto. Il portgel è costituito sempre dai due anelli di fissazione alla parete uniti da una membrana siliconica
spessa attraverso la quale è possibile inserire sia la mano guantata che trocar o strumenti.
82
CAP. XI
Emostasi in chirurgia laparoscopica
B. Benini - R. Piagnerelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Emostasi in chirurgia laparoscopica
Best transfusion
is the avoided one
W. Schmitt
In chirurgia laparoscopica, ancor più che in quella tradizionale, l’emostasi gioca un ruolo
fondamentale nel successo della procedura. Infatti, la scarsa cura dell’emostasi, provoca un
abbattimento della qualità dell’immagine, sia per l’assorbimento della luce da parte del colore rosso che per la mancanza di visualizzazione dei piani di dissezione.
Emostasi meccanica
In laparoscopia lo pneumoperitoneo stesso riduce il sanguinamento delle piccole strutture
vascolari sia per la vasocostrizione indotta dalla CO2 che per effetto pressorio diretto sulle
venule (Baroemostasi).
La baroemostasi, che viene sfruttata nella ricerca di piani di dissezione esangui, deve essere verificata al termine dell’intervento con l’abbassamento della pressione endoaddominale per alcuni minuti e la revisione successiva del campo operatorio.
Molto utili nel controllo dell’emostasi sono piccoli tamponi di garza o longhette tagliate
in 4-5 porzioni.
• Il loro colore bianco rischiara un campo operatorio reso buio dall’assorbimento della luce
da parte del colore rosso del sangue
• Si possono impiegare per eseguire una compressione, in attesa di gesti emostatici definitivi
• Permettono di aspirare i liquidi senza che i fori dell’aspiratore siano ostruiti da frange epiploiche
Sono impiegate anche clip metalliche e suture (vedi capitolo XI).
Emostasi da fonti di energia
“It is not the wand, but it is the
magician who makes the difference”
R. Sinha
84
CAP. XI
Emostasi in chirurgia laparoscopica
ELETTROCHIRURGIA
In laparoscopia la dissezione tissutale non viene eseguita con strumenti taglienti, come in chirurgia “open”, ma con tecniche elettrochirurgiche. Questo consente di ottenere piani di clivaggio pressoché esangui; la pulizia del campo operatorio, importante anche in chirurgia
“open”, è fondamentale nelle procedure mini invasive. Infatti, l’esiguità del campo visivo, è
facilmente compromessa anche dal minimo sanguinamento e la visione è ostacolata dalla diminuzione della luminosità provocata dall’assorbimento della luce da parte del sangue.
Tutti i tessuti, se riscaldati, subiscono delle modificazioni istologiche che variano al variare
della temperatura:
Fino a 60° non vi sono modificazioni visibili ad occhio nudo.
Oltre i 60° inizia la coagulazione che è visibile per l’accartocciamento e lo sbiancamento del
tessuto ed in particolare della quota di collagene.
Quando la temperatura raggiunge i 100° l’acqua cellulare va in ebollizione ed il vapore
rompe le membrane cellulari.
Il tessuto, così disidratato, sale rapidamente di temperatura fino a 200-300°, momento in
cui inizia la carbonizzazione ed il tessuto inizia a fumare; oltre i 500° brucia ed evapora.
Naturalmente non è solo la temperatura in sé a determinare le modificazioni istologiche
ma anche il tempo per cui viene applicata; oltre i 2 secondi di applicazione, il riscaldamento
si diffonde ai tessuti circostanti.
Alla base del funzionamento dei dispositivi per elettrochirurgia vi è sempre il concetto che
la somministrazione di qualsivoglia energia ad un tessuto determina la collisione tra elettroni
e molecole tissutali, con il conseguente riscaldamento.
Il contenuto in elettroliti dei tessuti determina la conduttività di un tessuto che è migliore,
ovviamente, nel sangue e peggiore nell’osso.
COAGULAZIONE MONOPOLARE
Nella comune coagulazione monopolare l’applicazione di energia provoca la comparsa di
un arco elettrico che raggiunge temperature di 4000-5000°C.
Nel comune bisturi elettrico la funzione di taglio è data dal rapido incremento di temperatura che provoca l’esplosione delle cellule senza che vi sia contatto con il tessuto ma la diffusione termica laterale è minima e quindi anche l’effetto coagulante.
Tip: Perchè l’applicazione della corrente elettrica ai tessuti in chirurgia non è mortale,
come avviene con quella domestica?
L’elevata frequenza della corrente elettrica impiegata in chirurgia non provoca alterazioni ioniche e la conseguente depolarizazzione delle placche neuromuscolari. Al contrario, l’elettricità per uso domestico che è a bassa frequenza (60MHz), depolarizzando
la membrana neuromuscolare, è in grado di provocare una fibrillazione ventricolare.
85
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Esistono due modi per ottenere la coagulazione: folgorazione ed essiccazione. La prima (SPRAY MODE) avviene
senza contatto tra elettrodo e tessuto
mentre la seconda prevede il contatto
ma con valori di energia inferiori.
Gli svantaggi dell’elettrochirurgia in laparoscopia sono il fumo e la possibilità
di danni termici a tessuti circostanti.
L’utilizzo dell’elettrochirurgia in laparoscopia è complicato dalla scarsa capacità di riscaldamento del gas
utilizzato per lo pneumoperitoneo; infatti gli strumenti non si raffreddano con la stessa velocità che in
chirurgia open e l’elevata umidità
del gas contenuto nel peritoneo aumenta la capacità di conduzione.
Figura 11.1 Coagulazione monopolare.
I principali danni secondari all’utilizzo del bisturi elettrico sono:
1. Malfunzionamento dell’elettrodo di terra:
La mancata uniforme adesione della piastra alla cute del paziente espone la zona di contatto ad ustioni, anche se i moderni elettrobisturi hanno dispositivi di verifica del corretto
isolamento dell’impianto.
2. Diffusione del calore ai tessuti limitrofi: Può essere causa di danni a visceri che generalmente non sono immediatamente evidenti ma si manifestano dopo ore o giorni.
3. Correnti demodulate: I moderni generatori hanno dei filtri
che permettono il passaggio solo
delle correnti comprese tra i 250 e
i 2000 kHz. Frequenze al di fuori
di questo range sono dette correnti demodulate. Sono provocate
dall’uso a vuoto dell’elettrobisturi,
perlopiù non provocano altro che
fascicolazioni muscolari ma, se dovessero venire trasmesse ad un dispositivo a contatto con il
miocardio (ad es. pacemaker),
possono provocare una fibrillazione ventricolare.
Figura 11.2 Diffusione dell’energia ai tessuti limitrofi.
86
CAP. XI
Emostasi in chirurgia laparoscopica
4. Malfunzionamento dell’isolante degli strumenti: Può provocare danni a tessuti
generalmente fuori del campo visivo del chirurgo.
5. Scintille: Il propagarsi è favorito dall’atmosfera dello pneumoperitoneo ricca di fumo.
6. Contatti diretti: Dovuti alla presenza di aree non isolate nell’asta dello strumento; anch’essi spesso provocano danni termici al di fuori dell’area visiva del chirurgo.
Figura 11.3 Coagulazione indiretta di tessuti distanti.
7. Contatti da capacitanza: Accade quando la carica elettrica passa a distanza tra due
conduttori separati da un isolante.
8. Ferite da “guanto bucato”: Perdita del potere isolante o lesione dell’isolante dovuto
ad alta tensione. Danno solo per il chirurgo.
9. Esplosioni: Il 43% dei colon non preparati contengono miscele di gas potenzialmente
esplosivi e l’idrogeno, già a concentrazioni dal 4 al 7%, è esplosivo.
87
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
HOOK, LOOK, COOK!!
Figura 11.4-5-6 Impiego corretto della coagulazione monopolare: hook, look and cook.
88
CAP. XI
Emostasi in chirurgia laparoscopica
COAGULAZIONE BIPOLARE
Tale modalità si serve di “pinze o forbici coagulanti” le cui estremità sono isolate tra loro e
sono elettrodi di polarità opposta. Con questa modalità il paziente non diventa parte del circuito elettrico ma l’energia viene applicata solo al tessuto incluso tra le due estremità dello
strumento. La coagulazione si ottiene così a potenza ridotta rispetto
alla monopolare.
Non necessità di piastra perché
l’energia elettrica passa solo nel tessuto compreso tra le due punte
della pinza. L’impiego di pinze bipolari permette un’emostasi molto
precisa, senza diffusione ai tessuti
circostanti. Di contro la coagulazione bipolare non ha capacità di
taglio e non permette quindi la dissezione; il tessuto coagulato richiede di essere tagliato con le
forbici e questo spiega la diffusione
limitata della coagulazione bipolare.
Figura 11.7 Coagulazione bipolare.
Trick: Qualora si preveda un uso intenso della bipolare, come nella chirurgia ginecologica,
per guadagnare tempo si possono adottare pinze da presa bipolari da impiegare con la
mano sinistra e le forbici nella destra.
A margine va segnalato come nell’impiego della pinza bipolare questa non vada mai serrata troppo e gli elettrodi solo accostati altrimenti non si avrà alcun effetto sui tessuti ma solo
la trasmissione diretta dell’elettricità da un polo all’altro.
ULTRASUONI (HARMONIC ACE™)
I dispositivi da emostasi e dissezione basati sugli ultrasuoni ad alta potenza sono ormai divenuti parte integrante della strumentazione standard per la
chirurgia laparoscopica e sono considerati un’evoluzione dell’elettrochirurgia.
Rispetto a quest’ultima, infatti, non producono fumo
e ad una buona capacità di taglio abbinano ottime caratteristiche di emostasi.
Figura 11.8 Harmonic-Ace®
(Ethicon Endo-Surgery).
Il funzionamento è basato sull’invio di un impulso elettrico al manipolo dove è presente un elemento cera-
89
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
mico piezoelettrico che vibra alla frequenza di 55 kHz trasmettendo il movimento al tessuto
contenuto tra le branche dello strumento. La frizione sul tessuto ne determina il riscaldamento che causa la denaturazione del collagene.
Figura 11.9 Particolare della punta
dell’Harmonic-Ace® (Ethicon Endo-Surgery).
Non produce fumo ma solo una nubecola di vapore acqueo perchè non c’è carbonizzazione del
tessuto; la diffusione termica laterale è minore
rispetto alla coagulazione monopolare. Infatti il
riscaldamento del tessuto non supera i 150°
mentre con la coagulazione monopolare raggiunge rapidamente i 350° ed analogamente la
diffusione laterale si estende per 10 mm contro
i 22 mm dell’elettrochirurgia.
La vibrazione della lama attiva induce sui tessuti un fenomeno di cavitazione. La cavitazione consiste nella formazione di bolle e vapore senza ebollizione, come nelle eliche dei
motori marini. Infatti l’applicazione del dissettore ad ultrasuoni su di una superficie peritoneale provoca la cavitazione del tessuto adiposo sottostante eseguendo una predissezione.
Questa tecnica si rivela molto utile nella ricerca dei piani di clivaggio e nella preparazione
delle strutture vascolari.
Gli strumenti ad ultrasuoni, se usati a bassa potenza, hanno un ottimo potere coagulante
sulle strutture vascolari di diametro fino a 3,5 mm anche se vi sono studi sul maiale che
hanno dimostrato la possibilità di trattamento di arterie fino a 5 mm.
Il principale difetto dei dispositivi ad ultrasuoni è costituito dalla lentezza di utilizzo che è
stata però ridotta dall’introduzione sul mercato dell’Harmonic Ace.
CAVEAT
Per evitare che la punta del manipolo si riscaldi troppo, non attivare mai l’Ultracision a
branche serrate senza tessuto interposto.
Non scostare visceri immediatamente dopo aver effettuato una coagulazione; raffreddare
la punta toccando un lobulo di tessuto adiposo.
RADIOFREQUENZA
Si tratta di altri dispositivi per emostasi che somministrano corrente elettrica bipolare ad alto
amperaggio e bassa potenza. Provocano la denaturazione parziale del collagene e dell’elastina delle pareti vasali ed il tessuto, al termine dell’applicazione, appare semitrasparente.
90
CAP. XI
Emostasi in chirurgia laparoscopica
Il dispositivo è in grado di effettuare l’emostasi di vasi fino a 7,5 mm di diametro ma richiede più applicazioni perché l’area sigillata sia realmente sicura.
I dispositivi più recenti (Ligasure Atlas) sono dotati di una lama per sezionare il tessuto precoagulato.
A differenza degli apparecchi ad ultrasuoni, gli strumenti a radiofrequenza, non hanno nessuna capacità di dissezione; il loro uso è quindi esclusivamente di emostasi di peduncoli vascolari; ne è stato proposto anche l’uso in assoluta assenza di legature o clip nell’emostasi
dei vasi splenici (staplerless splenectomy).
Il Ligasure, però, è molto lento nella sua azione, richiedendo tra i 2 ed i 10 sec. per applicazione. Inoltre, come tutti i dispositivi a corrente bipolare, coartando i tessuti, non ne permette la dissezione.
Figura 11.10 Ligasure Atlas® (Covidien)
Emostasi farmacologica
COLLE DI FIBRINA
La “colla di fibrina” é un adesivo a 2 componenti composto da un concentrato di fibrinogeno ottenuto con varie modalità (concentrato che contiene anche altri fattori attivi nei
processi emostatici quali il fattore XIII, la fibronectina e l’aprotinina) e da soluzioni di trombina.
Al momento dell’utilizzo i 2 componenti vengono miscelati in presenza di ioni calcio, riproducendo così le fasi finali del processo della coagulazione.
La colla di fibrina é priva di tossicità per i tessuti su cui viene applicata, promuove la for-
91
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
mazione in pochi secondi di un coagulo ben adeso ai tessuti, é completamente riassorbita
in qualche giorno ed appare in grado di stimolare i processi riparativi e la crescita dei tessuti lesi su cui é applicata.
Il fibrinogeno é estratto da pool di un elevato numero di unità di plasma utilizzando prevalentemente il processo di frazionamento di Cohn.
Attualmente in Europa sono disponibili in commercio diversi prodotti identificati come colla
di fibrina tra i quali i più comunemente utilizzati sono noti con il nome commerciale di
Quixil™ e Tissucol™/Tissell™.
Il Tissucol, capostipite delle colle di fibrina ed in commercio da oltre 20 anni, presenta il limite di non poter essere conservato una volta scongelato e di avere una scarsa adesività.
Il Quixil, di recente introduzione, rappresenta un’evoluzione del prodotto; infatti, una volta
preparato, può essere conservato per 30 gg in frigorifero, riducendo i costi in caso di mancato utilizzo.
Il Quixil inoltre non coagula immediatamente permettendone una miglior distribuzione ed
allo stesso tempo ha maggiori proprietà adesive, al punto da venir impiegato per l’applicazione di protesi.
Nel corso del processo di preparazione, tutti i prodotti attualmente in commercio sono sottoposti ad uno o più processi di sterilizzazione ed inattivazione virale che variano da prodotto a prodotto.
I rischi di trasmissione di agenti virali attraverso questi prodotti sono da ritenersi oggi superati.
TROMBINA (FloSeal Matrix™ - Baxter)
Matrice gelatinosa bovina + Trombina + Calcio cloridrato
FloSeal Matrix non dovrebbe essere usato in presenza di infezioni. FloSeal Matrix non dovrebbe essere usato insieme a colle chirurgiche a base di metilmetacrilato.
La procedura corretta per l’applicazione consiste nel tamponare il sito del sanguinamento
con un tampone bagnato con soluzione fisiologica (non eparinizzata) ed applicare il prodotto tra il tampone e la superficie sanguinante. Rimuovere il tampone dopo due minuti.
Se una volta fermato il sanguinamento è presente un eccesso di prodotto, questo può essere rimosso con un’irrigazione con soluzione fisiologica.
CELLULOSA OSSIDATA RIGENERATA (Tabotamp™)
Questo prodotto, derivato dalla lavorazione della cellulosa estratta dal cotone, agisce creando un ambiente acido che facilita l’emostasi, denaturando le proteine plasmatiche.
92
CAP. XI
Emostasi in chirurgia laparoscopica
La sua acidità possiede anche azione
battericida.
È indicato per l’emostasi di superfici
cruentate in cui non sia possibile agire
con emostasi mediante fonti di energia,
come nei sanguinamenti a nappo.
La cellulosa ossidata rigenerata si applica asciutta ma ha la caratteristica di
diventare nerastra dopo essere venuta
a contatto con liquidi biologici.
Ne esistono tre tipi, differenti per manifattura ed impiego:
Figura 11.11 Emostasi splenica con tabotamp fibrillare
• TABOTAMP™, con tessitura simile ad una garza a maglie strette.
• TABOTAMP FIBRILLARE™, con l’aspetto del cotone idrofilo, molto adesivo, anche
adatto a riempire piccole cavità.
In laparoscopia viene introdotto a piccoli batuffoli, attraverso un trocar da 10 mm.
• TABOTAMP KNU-NIT™, un vero e proprio tessuto che può essere impiegato per trattare superfici estese. Ha una certa resistenza che gli permette di essere suturato, come ad
esempio nella riparazione delle lesioni spleniche. Costituisce un ottimo supporto su cui effettuare una divaricazione di un fegato con una glissoniana molto fragile, come avviene
ad esempio negli obesi.
93
CAP. XII
Sintesi tissutale laparoscopica
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Sintesi tissutale laparoscopica
Only two ways for a knot:
or perfect or totally wrong
M. Thorek, 1880-1960
L’esecuzione delle prime suture endoscopiche risale agli anni ’70, tuttavia l’esplosione della chirurgia mininvasiva, a partire dagli anni ’90 ne ha inevitabilmente aumentata la diffusione e
l’importanza.
L’esecuzione di suture, annodamenti ed anastomosi in chirurgia laparoscopia è più complessa,
rispetto a quella “open”; queste procedure, infatti, richiedono un know-how specifico, una scelta
precisa di materiali e strumenti, una corretta coreografia del movimento.
Le difficoltà sono dovute ad una serie di fattori:
1. Visione bidimensionale con assenza della profondità di campo.
2. Riduzione od assenza del feed-back tattile.
3. Campo visivo ridotto.
4. Limitata possibilità di angolazione degli strumenti dovuta alla fissità dei trocar.
5. Amplificazione del movimento dovuto alla lunga leva degli strumenti.
Principi di base
Strumentario per le suture laparoscopiche:
• Il porta-aghi deve rispondere a precisi criteri: branche sottili con micro-seghettatura ed
impugnatura facilmente bloccabile. L’impugnatura può essere di vario tipo: classica, a pistola od a compasso in relazione alla preferenza dell’operatore
• il trocar: per la sutura il chirurgo deve prestare attenzione ad alcuni particolari quali
l’apertura manuale della valvola ed il sistema di controllo della stessa per evitare la perdita eccessiva di CO2 al momento dell’annodamento o ancora la presenza del riduttore a
scatto o il manicotto riduttore
• Passafili e spinginodi
• Pinze da presa, che alcuni sostituiscono con un secondo porta-aghi, spesso sono curve
in punta.
96
CAP. XII
Sintesi tissutale laparoscopica
Nodi
The knot tied by a wiseman
cannot be undone by a fool
Proverbio Ashanti
NODO INTRACORPOREO
L’annodamento intra-corporeo riprende la tecnica utilizzata in microchirurgia col vantaggio che
i nodi risultano piatti e senza tensione alle estremità. La lunghezza del filo da sutura varia da
15 a 20 cm a seconda che si debba eseguire un solo punto o una sutura continua.
Tecnica di annodamento
1. Dopo aver passato il punto da destra a sinistra si dispone il capo con ago a formare
un’ansa a C, la cui concavità è rivolta a destra, mentre il porta-aghi ne sostiene un’estremità afferrando la punta dell’ago.
Figura 12.1 Preparazione dell’annodamento: il filo forma un’ansa con convessità a destra.
97
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
2. Si esegue un doppio avvolgimento dell’ ansa con lo strumento di sinistra (porta-aghi o
strumento di assistenza).
Figura 12.2 Primo avvolgimento, duplice del capo dormiente.
3. Lo strumento di sinistra afferra la coda della sutura che deve essere lunga 15-20 mm,
massimo.
Figura 12.3 Trazione in senso opposto dei due capi e creazione della prima semichiave.
98
CAP. XII
Sintesi tissutale laparoscopica
4. Trazione dei due capi in senso opposto e formazione del primo nodo, a frizione.
Figura 12.4 I fili sono adesso invertiti.
5. Si dispone il filo a formare un’ansa a forma di C, usando il capo opposto, la cui concavità è rivolta a sinistra.
Figura 12.5 Avvolgimento in senso opposto e creazione della seconda semichiave.
99
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
6. Lo strumento di sinistra, afferrando la punta dell’ago esegue un avvolgimento del filo attorno al porta-aghi, che invece afferra la coda.
7. Trazione dei due capi in senso opposto
8. Ripetizione dei punti 1-4
ENDO SUTURE SYSTEM™
Figura 12.6 Estremità di trazione
dell’endo suture system.
Per poter “sentire” i nodi come se fossero realizzati
con le dita e spingerli in cavità si impiega un o strumento che abbinato ad un apposito filo costituiscono l’Endo Suture System.
Questo è costituito dall’Endo-Holder, un asta poliuso per lo scorrimento dei nodi e dei seminodi attraverso il trocar e dai sistemi di sutura dedicati.
Questi sono costituiti da filo da sutura, ago o cappio, mini spingi-nodo e piastrina di scorrimento da
alloggiare nell’Endo-Holder. I principali
vantaggi sono in termini di:
• Sicurezza di esecuzione e tenuta del
nodo, per i trocar operativi che rimangono tali fino ad annodamento
completato
• Ergonomia: l’Endo-Holder opera
come un’estensione del dito dell’operatore
Figura 12.7 Annodamento con endo suture system.
NODO EXTRACORPOREO
Si impiegano preferibilmente il
nodo di Roeder o quello di Meltzer
Nodo di Roeder (1918)
• Con i due capi asimmetrici si
confeziona un nodo a frizione
(nodo piano con doppio avvolgimento), conformando
un’ansa.
Figura 12.8 Nodo di Roeder: seminodo iniziale.
100
CAP. XII
Sintesi tissutale laparoscopica
• L’ansa viene tenuta aperta dal dito indice della mano sinistra dell’operatore
Figura 12.9 Nodo di Roeder: primo avvolgimento.
• Il capo corrente del filo viene avvolto tre volte attorno all’ansa
Figura 12.10 Nodo di Roeder: secondo avvolgimento.
• Il capo corrente viene avvolto una
volta attorno ad uno dei due fili
• Il nodo deve essere compattato e le
sue spire allineate con l’aiuto del dito
tenuto all’interno dell’ansa
• Si introduce il nodo in addome e lo si
serra con uno spinginodo facendo trazione sul capo dormiente.
• Il bloccaggio avviene eseguendo una
trazione sul capo corto del filo che rovescia parte del nodo e ne impedisce
lo scorrimento.
Figura 12.11 Nodo di Roeder: terzo avvolgimento.
Figura 12.12 Nodo di Roeder: esecuzione del
seminodo di fissazione.
101
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Scivola bene ed ha ottima tenuta. I cappi preconfezionati sono annodati con un nodo di Roeder.
Il nodo di Meltzer è una modifica del precedente che consiste in un triplo avvolgimento
del nodo a frizione iniziale ed in una doppia ansa finale. È particolarmente indicato con
l’uso dei fili in polidiossanone.
Suture
• Il filo ideale nelle suture laparoscopiche deve essere scorrevole, con poca memoria,
ben visibil
• Sono da preferirsi le suture di colore nero o bianco perché più visibili in laparoscopia.
• Anche gli aghi per le suture laparoscopiche devono essere di colore nero od aver subito
trattamenti di brunitura antiriflesso
• I trocar devono essere disposti in modo da formare con la sutura un angolo di 60-90°.
• L’altezza del tavolo operatorio deve essere tale che l’operatore possa tenere le braccia vicino al corpo e che gli strumenti entrino con un angolo di 30-60° rispetto ad un piano
orizzontale
• la triangolazione tra le due mani e l’ottica deve essere sempre tenuta in mente nella disposizione dei trocar
• l’ago va introdotto nel trocar afferrando il filo con il porta aghi
• i fili intrecciati sono più facili da annodare rispetto al monofilamento
• Il monofilamento è più scorrevole nell’esecuzione di suture continue
• Il nodo iniziale di una sutura continua può essere sostituito da un cappio preconfezionato
attraverso cui viene fatto passare il filo una volta apposto il 1° punto
• Curare la tensione della sutura ad ogni passaggio; correggerne la tensione alla fine può
essere impossibile
• Esercitare una controspinta con il tessuto verso l’ago per favorirne la penetrazione.
• Le suture perpendicolari all’operatore sono più facili e devono essere condotte dalla parte
più lontana dall’ottica a quella più vicina.
Scelta dell’ago
La scelta dell’ago dipende principalmente:
• Dal tipo di tessuto. Come nella chirurgia a cielo aperto, la scelta della forma
dell’ ago e del tipo di punta è effettuata
in base al tessuto: gli aghi tapercut (con
punta tagliente) sono più adatti per tessuti di difficile penetrazione, i cilindrici
per i tessuti fragili, gli aghi surf laddove si
richieda maggiore precisione. In laparoscopia spesso si prediligono gli aghi tapercut perché si attribuisce molta
importanza alla facilità di penetrazione.
Figura 12.13 Ago tapercut.
102
CAP. XII
Sintesi tissutale laparoscopica
• Dall’angolo di penetrazione nel tessuto. In laparoscopia gli angoli di penetrazione
dei tessuti sono limitati e dipendono principalmente dalla posizione del trocar e dalla
forma del porta-aghi. Come regola generale, se l’angolo di accesso ai tessuti è acuto, si
sceglie un ago curvo, se invece l’angolo è ottuso, si deve necessariamente utilizzare un ago
retto, a slitta o mezzo curvo.
Esistono più tipi di aghi specificamente disegnati per la chirurgia laparoscopica:
Ago curvo
(curvatura 1/2)
ago classico con curvatura più
ampia
Ago curvo
(curvatura 5/8)
Ago robusto adatto per la chiusura
degli orifizi dei trocar
J needle
Ago con la forma di un amo da
pesca è adatto alla chiusura delle
brecce del trocar
Ago retto
O di Keith
Analogo ad un ago retto convenzionale è più corto e quindi manovrabile in laparoscopia
Ago a slitta (ski shape)
o Dundee
Estremamente maneggevole nelle
suture laparoscopiche
Ago ski invertito
Poco usato, analogo al precedente
ma meno ergonomico
Ago di Szabo-Gardiner
(3/8)
Ideato specificamente per uso laparoscopico unisce lunga rastrematura a corpo piatto per miglior
presa del porta-aghi
Composite shape
Ha una curvatura irregolare, è
spesso malleabile
103
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trick: La lunghezza del filo di sutura deve essere compresa tra i 10 e i 20 cm max
(se la sutura sembra lunga è lunga, se sembra giusta è lunga, se sembra corta è giusta).
TECNICA
• La sutura viene introdotta in addome attraverso un trocar da 10-12 mm impiegando un
porta aghi ed afferrando il filo in prossimità dell’ago.
• I porta aghi per suture laparoscopiche hanno spesso la punta con curvatura a sinistra, al
contrario dello strumento di assistenza alla sutura, per favorire l’ergonomia sia durante
l’annodamento che durante il passaggio del punto.
Figura 12.14 Sutura continua con capo fissato da Lapra-ty.
• Fondamentale per la sutura è che l’ago si trovi a 90° rispetto al morso, ma questo non è
facile da ottenere per via della visione bidimensionale. Per disporre l’ago in questo modo
lo si appoggia contro un viscere e lo si afferra oppure lo si sospende con una pinza tenendolo per il filo e lo si afferra ritrovandolo direttamente ortogonale al morso.
• La distanza ideale tra i trocar operatori, in una sutura è di 20 cm, mentre la distanza dall’oggetto è di 15 cm.
• La abilità nel suturare in laparoscopica è proporzionale al tempo di esercizio, alla concentrazione del chirurgo ed alla sua pazienza. Il movimento nella sutura laparoscopica
deve essere lento e la coreografia del gesto armoniosa.
104
CAP. XII
Sintesi tissutale laparoscopica
Cushing
1889
Sutura continua introflettente sieromuscolare
Connel ME
1888
Sutura continua introflettente a tutto
spessore fuori-dentro dentro-fuori
Lembert
1826
Sutura a punti staccati siero-muscolari introflettenti
Halstead
1887
Sutura a punti staccati siero muscolare orizzontale
Lapra-ty™
Oggi è possibile beneficare di vantaggi e semplificazioni tecniche
grazie alla disponibilità di nuovi prodotti che consentono al chirurgo
laparoscopico di eseguire agevolmente la sutura ed allo stesso tempo
di avere la garanzia assoluta della sua tenuta.
In particolare le suture continue intracorporee risultano di particolare
semplicità con l’uso del Lapra-Ty, un sistema costituito da un applicatore poliuso di clip del diametro di 10mm e da clip assorbibili
in polidiossanone. Il sistema consente il serraggio di suture intrecciate assorbibili 2/0, 3/0 e 4/0 con la prima clip serrata sulla coda
della sutura dallo strumentista e la seconda serrata dall’operatore tenendo il filo nella giusta tensione una volta completata la sutura con-
105
Figura 12.15 Coda di
sutura con Lapra-ty.
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 12.16 Applicatore per Lapra-ty.
tinua o semicontinua. La manovra è particolarmente semplice e rapida grazie alla possibilità di rotazione di 360° dell’asta dell’asta dell’applicatore.
Trick: Nei pazienti magri la sutura può essere fatta passare direttamente attraverso la parete addominale pungendola ed allo stesso modo può essere estratto l’ago. Questo può
essere molto utile quando si impieghino solo trocar da 3-5 mm.
Colle
Sono impiegate per permettere l’adesione di protesi al tessuto, ma non tra due tessuti, almeno al momento.
Perché una colla sia efficace la protesi deve essere macroporosa, molto leggera e flessibile.
Le colle si usano anche per risparmiare il numero di clip che possono danneggiare strutture
sottostanti, favorire adesioni di visceri od erosione degli stessi e provocare dolore anche
grave per intrappolamento di strutture nervose (ad es. pain triangle nell’ernia inguinale).
Le colle sono applicate con un apposito introduttore per uso laparoscopico; in assenza di
questo si può usare una sonda di Nelaton di calibro 8 avendo cura di insufflare una bolla di
aria al termine per recuperare tutto il materiale rimasto nel tubo.
Alcune colle hanno lo scopo di aumentare l’impermeabilità delle anastomosi viscerali anche
se il vero beneficio in questo utilizzo deve essere ancora dimostrato. Il loro impiego come
sigillanti è limitato alla chirurgia vascolare.
I dettagli della loro composizione e delle loro caratteristiche sono esposti nel capitolo dedicato all’emostasi.
106
CAP. XII
Sintesi tissutale laparoscopica
Sintesi della cute
Anche le incisioni cutanee per il passaggio dei trocar possono essere chiuse in maniera sicura, semplice e veloce con l’impiego di
adesivi cutanei in cianoacrilato.
Il risultato estetico è senza dubbio sovrapponibile ad una sutura
intradermica.
Figura 12.17-18 Colla cutanea e sutura intradermica.
107
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Suturatrici meccaniche
"Staplers are not a quick road to surgery
for the untrained and will not turn
a neophyte into a virtuoso."
M. Ravitch 1910-1989
Principi e vantaggi:
Lo stapler è lo strumento utilizzato in chirurgia per apporre graffette in titanio (RM compatibile) sui tessuti allo scopo di realizzare suture semplici e anastomosi come alternativa alla
sutura manuale.
I vantaggi provenienti dall’uso di tali presidi sono:
1. Confezionare suture/anastomosi uniformi, ben funzionanti e impermeabili.
2. Ridurre le complicanze immediate e a distanza.
3. Trattare monconi anastomotici in zone anatomicamente poco agevoli (ex: anastomosi
esofagodigiunale alta, colorettale bassa).
4. Uniformare le tecniche di anastomosi.
5. Ridurre i tempi tecnici di esecuzione dell’interveto chirurgico.
I principi base della sutura meccanica sono:
•
•
•
•
Compressione del tessuto
Sutura con punti metallici
Configurazione punto chiuso a “B”
Posizionamento di due linee di punti sfalsate per la sutura.
Figura 12.19 Diverso tipo di punto in relazione allo spessore del tessuto da suturare.
Tre sono le attuali categorie di suturatrici meccaniche:
108
CAP. XII
Sintesi tissutale laparoscopica
1. Circolari - Applicano una doppia fila di punti sfalsati disposta circolarmente, con contemporaneo taglio di un bisturi circolare al centro. Sono disponibili suturatrici di diverso
calibro per diverse misure intraluminali: 21- 25 –29 –33 mm
Figura 12.20 Suturatrice circolare.
2. Taglia e cuci – applicano due doppie file di punti sfalsati e paralleli con taglio al centro.
sono disponibili suturatrici di diversa lunghezza e soprattutto con altezza del punto diversificata.
Al momento oltre alle ordinarie altezze vascolari (chiusura a 1 mm) piuttosto che tessuti
standard (chiusura 1,5 mm) e spessi (chiusura 2,0 mm) vi si aggiunge il punto gold che
chiude alla misura di 1,8 mm e che sicuramente ottimizza le scorte perché valido sia per
tessuti standard che spessi
Figura 12.21 Suturatrice lineare taglia e cuci.
109
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
3. Lineari - applicano una doppia fila di punti sfalsati (Chirurgia Open)
Figura 12.22 Suturatrice lineare senza dispositivo di taglio.
I punti applicati:
I punti sono contenuti in cartucce monouso che sono caricate sul manipolo.
Il punto metallico ha forma rettangolare che si trasforma a “B” dopo compressione sull’ incudine della suturatrice.
Esistono punti di dimensioni diverse a seconda dello spessore di tessuto da suturare, scelta
in base ai parametri:
• Altezza gamba del punto
• Altezza punto chiuso
• Corona del punto
Nelle suturatrici lineari e taglia e cuci, in generale, le ricariche sono di tre tipi:
• Per tessuti sottili o vascolari (bianco): altezza punto chiuso 1,0 mm, altezza gamba 2,5 mm
• Per tessuti “standard” (blu): altezza punto chiuso 1,5 mm, altezza gamba 3.5mm
• Per tessuti spessi (verde): Altezza punto chiuso 2,0 mm, altezza gamba 4,8 mm
Con la suturatrice circolare la scelta dell’altezza del punto chiuso da applicare al tessuto
da suturare non è predeterminata da una tipologia di punto.
La regolazione dell’altezza del punto chiuso viene regolata dal chirurgo a seconda di quanto
si “avviti” il pomo di regolazione ovvero di quanto si avvicini l’alloggiamento dei punti all’incudine.
Altezza punto chiuso variabile da 2,5 a 1,0 mm.
Figura 12.23 Meccanismo di funzionamento delle suturatrici circolari.
110
CAP. XII
Sintesi tissutale laparoscopica
Fra le suturatici meccaniche vi è da menzionare anche la suturatrice taglia e cuci curva denominata “Contour™”.
Figura 12.24 Suturatrice lineare “contour”con profilo curvilineo e dispositivo di taglio.
La suturatrice Curved Cutter CONTOUR™ è uno strumento ad azionamento multiplo, monopaziente con testina curva e funzione di sutura e transezione.
Applica quattro file sfalsate di punti in titanio con una linea di sezione nel mezzo di 40 mm.
Lo strumento è dotato di un esclusivo design curvo della testina che permette un accesso
nella vera pelvi più profondo di una suturatrice lineare da 30 mm apponendo una linea di
sutura di 40 mm.
È uno strumento utilissimo nella resezione del retto basso e facilita l’accesso nelle pelvi più
stretti e difficili.
Visto il campo di applicazioni sono prevaricate con sole 2 tipi di cartucce, blu e verdi.
SUTURATRICI LAPAROSCOPICE “taglia e cuci”
In chirurgia laparoscopica le suturatici “taglia e cuci” dovrebbero rispettare le seguenti caratteristiche:
•
•
•
•
•
•
•
•
Punti da 35 - 45 - 60 mm
Ricariche intercambiabili: vascolari, tessuti normali, gold (Echelon™ 60), tessuti spessi
Articolabile e retta, compact e long
Ricariche, tutte con diametro da 12 mm.
Stelo in acciaio antiriflesso
Impugnatura ergonomica a doppio grilletto
Utilizzo con una sola mano
Elevata compressione del tessuto da trattare.
111
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
45
60
Trick:
• Bisogna fare attenzione che lo strumento sia
completamente fuoriuscito dal trocar, altrimenti le ganasce non si aprono.
• Anche la giunzione degli steli articolabili può
essere attivata solo quando completamente
fuoriuscita dal trocar.
• Quando lo spazio è ridotto o quando si
usano suturatrici da 15 mm di diametro e si
dispone solo di trocar da 10-12 mm è possibile estrarre il trocar stesso ed introdurre lo
strumento direttamente attraverso l’incisione
della parete senza perdita sensibile dello
pneumoperitoneo.
Figura 12.25 Suturatrici laparoscopiche.
112
CAP. XIII
Set-up della sala operatoria
e del paziente
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Set-up della sala operatoria
e del paziente
“A poor assistant is better than
a talented opponent.”
R. Paul
Il miglioramento dei risultati e la riduzione degli errori in chirurgia è legata, oltre che alle capacità del singolo operatore, all’accurata pianificazione del gesto chirurgico da parte di
un’intera equipe.
In chirurgia laparoscopica contribuiscono in maniera ancor più determinante la distribuzione ergonomica dell’attrezzatura di sala operatoria, la corretta preparazione del paziente,
la ripetizione di procedure standard, la rapida correzione degli inconvenienti tecnici.
Sala operatoria
La sala operatoria adibita alla chirurgia laparoscopica deve possedere alcuni requisiti standard:
•
•
•
•
•
•
dimensioni adeguate ad accogliere anche l’attrezzatura laparoscopica
permettere lo spostamento del monitor
possibilità di un secondo monitor
permettere l’accesso all’apparecchio radiologico
consentire il cambio di posizione dell’equipe chirurgica
disporre di sostegni aerei per attrezzatura (pavimento sgombro da cavi)
Dotazioni standard
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Tavolo operatorio con possibilità di cambiare decubito
Accessori di fissaggio del malato: cosciali, spallacci, farfalle e fissatori laterali
Rack dell’attrezzatura video e monitor accessorio
Impianto di aspirazione ed irrigazione
Elettrobisturi con relativi pedali e cavi sia per mono che per bipolare
Dissettore ad ultrasuoni con pedale e cavi
Bisturi a radiofrequenza con pedale e cavi
Dispositivo per il riscaldamento di liquidi
Tavolo di Mayo e tavolo madre equipaggiati già per una conversione laparatomica d’urgenza
114
CAP. XIII
Set-up della sala operatoria e del paziente
Figura 13.1 Disposizione della strumentazione
115
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Check list infermiere del reparto
1. Mantenere il paziente a digiuno dalla mezzanotte
2. Preparazione intestinale con microclistere
3. Controllare che il consenso informato sia stato firmato dal paziente e dal chirurgo
4. Controllare che gli esami preoperatori siano in ordine e che sia stata eseguita la valutazione anestesiologica
5. Praticare la profilassi tromboembolica (vedi schema pag. 128)
6. Eseguire eventuale preparazione intestinale
7. Tricotomia estesa a tutto l’addome (dalla regione mammillare all’inguine)
Check list infermiere di sala
1.
2.
3.
4.
5.
Far indossare le calze elastiche
Sistemare fissatori per le spalle (spallacci) se è prevista la posizione di Trendelemburg
Preparare i fissatori per le gambe
Applicare la piastra dell’elettrobisturi
Applicare le imbottiture dove la compressione può provocare lesioni, in particolare
quando sia previsto l’uso di cosciali, nei decubiti laterali, se è prevista una procedura con
l’uso del Trendelemburg
6. Controllare il funzionamento delle apparecchiature (video, elettrobisturi, ultrasuoni, radiofrequenza, argon, ecc.)
7. Somministrare l’antibiotico per la profilassi
8. Controllare che vi sia spazio a sufficienza per l’anestesista, il movimento dei chirurghi,
l’attrezzatura radiologica
9. Verificare che cavi e pedali siano tali da non impedire ai chirurghi di cambiare posizione
od al letto di cambiare decubito
10. Porre cavi e pedali nella posizione corretta e controllarne connessione e funzionamento
11. Programmare le linee di infusione in modo tale che non ostacolino la posizione dei chirurghi (la posizione del chirurgo è generalmente opposta alla sede dell’intervento)
12. Disporre il tavolo operatorio ed il paziente in modo da rendere possibile una indagine
radiografica. Allertare la radiologia e preparare il mezzo di contrasto
13. Controllare il funzionamento del tavolo basculante prima e dopo il posizionamento del
paziente
14. In sala devono essere presenti due bombole per la CO2 di cui una deve essere collegata
all’apparecchio di insufflazione con la valvola aperta
15. Inserire il catetere vescicale ed il sondino naso gastrico (se previsti)
116
CAP. XIII
Set-up della sala operatoria e del paziente
16. Controllare che sia disponibile un supporto di videoregistrazione
17. Controllare le sacche per l’irrigazione e metterle in pressione con l’apposito spremisacca
Check list della strumentista
• Disporre sempre di tre tavoli portastrumenti:
1. servitore per l’intervento laparoscopico
2. servitore per l’eventuale conversione laparatomica, che comprenda i ferri vascolari
3. servitore con strumenti convenzionali per l’introduzione del primo trocar, la chiusura
della parete ed eventuale minilaparatomia di servizio.
•
•
•
•
•
•
Controllare il materiale laparoscopico (vedi schema per intervento)
Controllare che tutti gli strumenti funzionino e siano montati correttamente
Controllare cavi e tubi
Controllare che vi sia soluzione fisiologica calda
Chiudere i rubinetti dei trocar
Riscaldare la punta dell’ottica
1) tavolo portastrumenti di Mayo
2 pinze di Bernarde
2 pinze di Durante
Pinza schermata da coagulazione
Forbici di Mayo
Forbici di Metzembaum
Porta aghi corto
Divaricatori di Farabeuf
Divaricatori di Matieu
4 pinze di Crile
2 pinze di Kocher
Bisturi con lame
Suture
4 Pinze fermateli
Pinza portatampone
2) Tavolo madre
Valve di Mickulitz lunghe e corte 4
Valve tipo Doyen 1
Valve tipo Fritsch 1
Divaricatori da parete tipo Matieu 2
Divaricatori da parete tipo Farabeuf 2
117
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Divaricatore autostatico
Pinze anatomiche o tipo DeBakey corte, medie e lunghe
Pinze schermate da coagulazione
Cannula di aspirazione tipo Yankauer
Clamp vascolari di Satinsky rette e curve
Clamp vascolari autostatici tipo Bulldog
Clamp vascolari tipo Debakey
Porta aghi corti e lunghi robusti
Porta aghi corti e lunghi intestinali
Porta aghi corti e lunghi vascolari
Figura 13.2 Servitore standard
Enterostati curvi e retti
Pinze ad anello od a cuore
Pinze emostatiche tipo Bengolea
Pinze emostatiche tipo Crile lunghe
Pinze emostatiche tipo Crile corte
Dissettore tipo Finocchietto
Pinze angiostatiche tipo Klemmer
Forbici tipo Metzembaum lunghe e medie
Forbici di DeBakey
Forbici di Potte
Pinze fissateli
Arcelle di varia forma e misura
118
CAP. XIII
Set-up della sala operatoria e del paziente
3) Tavolo standard per laparoscopia
Cavo elettrobisturi
Copritelecamera (se necessario)
Trocar
Tubo per insufflazione
Aspiratore-irrigatore e relativi tubi
Uncino da dissezione
Pinze di Johann, clinch, forbici, grasper
Applicatore di clip
Figura 13.3 Servitore standard per laparoscopia
119
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Problemi di malfunzionamento dell’attrezzatura video
PROBLEMA
CAUSA
SOLUZIONE
Bassa pressione di
insufflazione o
perdita di pressione
dello
pneumoperitoneo
Rubinetto del gas chiuso
Controllare rubinetteria
Perdita dalle connessioni o dalla
rubinetteria
Controllare e sostituire la
rubinetteria, stringere i raccordi
Suzione eccessiva
Reinsufflare
Perdita attorno ad uno dei trocar
Serrare la ferita cutanea con una
sutura
Disconessione del tubo
dell’insufflatore
Controllare e riconnettere
Bombola CO2 vuota
Sostituire la bombola
Valore del flusso troppo basso
Regolare
Pressione eccessiva
richiesta per
l’insufflazione o
valore di
pneumoperitoneo
raggiunto troppo
rapidamente
Illuminazione
inadeguata
La punta dell’ago di Veress o della Riposizionare
cannula non sono in cavità
peritoneale
Occlusione dei tubi (piegatura,
torsione)
Ispezionare il tubo
Rubinetti dei port chiusi
Aprire i rubinetti
Paziente non sufficientemente
curarizzato
Chiedere all’anestesista un’altra
dose di miorilassante
Perdita di connessione della fibra
ottica dalla fonte luminosa
Riconnettere
La luce è stata messa
manualmente sul minimo
Posizionarla su automatico o
regolarla
La lampada si è bruciata
Sostituire
Fibre ottiche danneggiate
Sostituire
La luminosità del monitor è stata
abbassata
Regolare
120
CAP. XIII
Set-up della sala operatoria e del paziente
PROBLEMA
CAUSA
SOLUZIONE
Luminosità eccessiva
Regolazione luce su massimo
Regolare
Attivazione di fonte luminosa
supplementare
Regolare
Eccessiva brillantezza del monitor
Regolare
Non è stata effettuata la
regolazione del bianco
Effettuare il bilanciamento
Uno degli apparecchi (monitor,
telecamera, VCR) sono spenti
Controllare che i cavi siano
correttamente connessi. Dalla
telecamera il segnale video deve
raggiungere prima il VCR ( se
presente) attraverso la porta
video IN e successivamente il
monitor uscendo dalla porta
video OUT del VCR
Nessuna immagine
sul monitor
Il cavo di connessione telecamera
monitor o telecamera VCR
monitor non è collegato
Scarsa qualità video
a) appannamento
b) sfarfallio,
interferenze elettriche
c) distorsione o
deformazione
dell’immagine
Condensa sulle lenti dell’ottica
Riscaldare l’ottica o su una
superficie peritoneale (fegato)
viscere o con una soluzione calda
Condensa sulla lente della
telecamera
Disconnettere la telecamera e
pulire
Umidità sullo spinotto di
connessione della telecamera
Asciugare con aria compressa
Schermatura dei cavi insufficiente
Posizionare l’elettrobisturi
lontano dal monitor e su di un
altro circuito elettrico
Spinotto dei cavi male inserito
Controllare
Camera fuori fuoco
Regolare
Rottura delle lenti
Ispezionare/sostituire
Troppa grana
Regolare (sull’unità centrale)
121
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
PROBLEMA
CAUSA
SOLUZIONE
Suzione/Irrigazione
insufficienti
Tubo piegato, ostruito ecc..
Ispezionare, pulire o sostituire il
tubo
Valvole del sistema di aspirazione
ostruite, aspiratore troppo pieno
Ispezionare / pulire
Aspiratore non connesso
Ispezionare
Liquido di irrigazione non sotto
pressione
Gonfiare lo spremisacca
122
CAP. XIV
Trattamento perioperatorio
B. Benini - S. Manfroni
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trattamento perioperatorio
“Antibiotics may convert a third class
surgeon into a second class surgeon,
but never a second class surgeon into
a first class one”
O.H. Wangensteen 1898–1981
Esami preoperatori
Rx Torace
Esami ematochimici compresa la coagulazione
ECG
Se anamnesi positiva per cardiopatia
1. V. cardiologica
2. Ecocardiogramma
Se anamnesi positiva per patologia respiratoria
1. Prove Funzionalità respiratoria
2. Emogasanalisi
3. Videat broncopneumologico
4. Preparazione con aereosol medicati
Se anamnesi positiva per epatopatia:
1. Test coagulazione
2. ecodoppler circolo portale
Se anamnesi positiva per patologie neurologiche:
1. TC o RM brain per escludere ipertensione endocranica non trattata
Tip: Nei pazienti destinati a chirurgia colorettale od a chirurgia maggiore, la preparazione sarà costituita da:
• dieta senza scorie per 7 giorni
• polietilenglicole (SELG od ISOCOLAN) (2-8 buste) due giorni prima dell’intervento (opzionale)
• 12-30 cpr di Mylicon il giorno prima
• Antibioticoprofilassi il giorno prima
• Dieta liquida 1 giorno prima
N.B. la preparazione meccanica intestinale non è più considerata il gold standard ma
si rileva molto utile in chirurgia laparoscopica per ridurre la distensione delle anse e migliorare l’operatività.
124
CAP. XIV
Trattamento perioperatorio
intervento
Profilassi
Antibiotica
In caso di Allergia
APPENDICECTOMA
Amoxicillina + acido
clavulanico 2,2 g e.v.
Ciprofloxacina 200 mg
COLECISTECTOMIA
ELETTIVA
(e/o rottura intraoperatoria)
Amoxicillina + acido
clavulanico 2,2 g e.v.
Ciprofloxacina 200 mg
V.L. COLECISTECTOMIA
D’URGENZA
(e/o rottura intraoperatoria)
Amoxicillina + acido
clavulanico 2,2 g e.v.
Ciprofloxacina 200 mg
PERITONITE
Meropenem 1 g e.v.
Ciprofloxacina 400 mg +
Metronidazolo 500 mg
COLEDOCOLITOTOMIA
e ANASTOMOSI
BILIODIGESTIVA
Cefazolina 2g e.v.
Ciprofloxacina 200 mg
Cefazolina 2g e.v.
Claritromicina 500 mg e.v.
ERNIE e LAPAROCELI
con PROTESI
Claritromicina 500 mg e.v.
GASTRECTOMIA
(totale o parziale),
GASTROSTOMIA, PEG
CHIRURGIA
COLORETTALE
ELETTIVA
Giorno precedente: h13,
h14, h22
Cefazolina 2g e.v.
Claritromicina 500 mg e.v.
Eritromicina 1g per os
+ Paromomicina 250
mg per os
Ciprofloxacina 200 mg
+ Amoxicillina + acido
clavulanico 2,2 g e.v.
CHIRURGIA
COLORETTALE IN
URGENZA
Meropenem 1 g e.v.
Ciprofloxacina 200 mg
Classe
Definizione
PULITO
Intervento in cui non si incontra infiammazione e non si penetra nelle vie respiratorie, nel
tubo digerente e nelle vie urinarie. Non si interrompe l’asepsi in sala operatoria
PULITOCONTAMINATO
Intervento in cui le vie respiratorie, il tubo digerente o le vie urinarie sono aperte, ma
senza significativa fuoruscita del loro contenuto
CONTAMINATO
Intervento in cui si incontra infiammazione acuta (senza pus) o vi è una visibile
contaminazione della ferita, come per fuoruscita grossolana del contenuto di un viscere
cavo o trauma aperto operato entro le 4 ore.
SPORCO
Intervento in presenza di pus, dove vi sia una precedente perforazione di viscere cavo, o
trauma aperto da più di 4 ore.
125
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Classe
Definizione
ASA 1
Paziente con normale stato di salute
ASA 2
Paziente con malattia sistemica lieve
ASA 3
Paziente con malattia sistemica severa, che limita l’attività ma non è invalidante
ASA 4
Paziente con malattia sistemica invalidante, che è una minaccia costante alla vita
ASA 5
Paziente moribondo, con aspettativa di vita inferiore a 24 ore, indipendentemente
dall’intervento chirurgico
Indice di rischio
0
ASA 1 o 2 e durata intervento< 1h:35’ (75° percentile)
1
ASA>2 o durata intervento> 1h:35’ (75° percentile)
2
entrambi i fattori
% Infezioni attese
CLASSIFICAZIONE
DELL’INTERVENTO
INDICE DI RISCHIO
0
1
2
Pulito
1.0%
2.3%
5.4%
Pulito-contaminato
2.1%
4.0%
9.5%
Contaminato
3.4%
6.8%
13.2%
Trattamento postoperatorio
Il postoperatorio del paziente sottoposto a chirurgia mini invasiva è caratterizzato da una
ridotta componente dolorosa , da scarsa distensione addominale e da una ripresa dello stato
generale estremamente rapida. Questi fattori hanno consentito di eseguire interventi di chirurgia laparoscopica con dimissione nelle 24 ore che in alcune casistiche viene ulteriormente
anticipata a 4-6 ore. Si tratta comunque di esperienze numericamente limitate ed attuate
in nazioni in cui l’organizzazione del sistema sanitario prevede un’assistenza domiciliare capillare.
TRATTAMENTO POSTOPERATORIO STANDARD
• Prevenzione del vomito con pre-empting intraoperatorio di ondasetron e/o ganisetron
126
CAP. XIV
Trattamento perioperatorio
• Prevenzione del dolore postoperatorio con:
1. somministrazione intraoperatoria di FANS e ropivacaina nella sede di inserzione dei
trocar
2. Rimozione del sondino nasogastrico e del catetere vescicale già al risveglio in sala operatoria.
•
•
•
•
•
Il paziente viene invitato ad alzarsi già la sera dell’intervento
Assunzione di liquidi per os la sera stessa dell’intervento
Assunzione di una dieta semiliquida già dal giorno successivo all’intervento
Rimozione precoce dei drenaggi
Dimissione precoce , generalmente in POD II, quando non siano presenti anastomosi
Nei paziento sottoposti a resezione colica si sta valutando , anche in laparoscopia, l’impiego
di un protocollo aggressivo , detto FAST-TRACK , che ha dato già ottimi risultati in chirurgia tradizionale.
Solo l’applicazione della dimissione precoce permette di conseguire i benefici economici
della laparoscopia, che altrimenti risulterebbe una tecnica chirurgica estremamente costosa.
PROTOCOLLO FAST TRACK
Intraoperatorio
Premedicazione (valecoxib), catetere epidurale,
rimozione SNG al termine intervento
Giorno 0
Fluidi (max 500), analgesia senza oppiacei (inibitori
COX2), ossido di magnesio 300*3/die fino a
canalizzazione, tea (1500 cc max), yogurt (1*2), breve
passeggiata, 2 ore seduto
Giorno 1
Continua epidurale, inibitori COX2, alimentazione
solida, toglie CV e drenaggi, liquidi per os (max1500),
mobilizzazione 8 ore fuori dal letto e 2 passeggiate
fuori della stanza
Giorno 2
Interrompe epidurale, prosegue inibitori COX2, si
alimenta e si mobilizza
Giorno 3
Dimissione, terapia idem
127
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
PROFILASSI DELLA TVP E DELLA EP
PROFILASSI
BASSO RISCHIO
Procedure minori in pazienti sotto i 40
anni, senza fattori di rischio addizionali
Basso rischio
Mobilizzazione precoce
RISCHIO MODERATO
Procedure minori in pazienti con fattori di
rischio, o chirurgia media in pazienti tra i
40 ed i 60 anni senza fattori di rischio
aggiuntivo
Medio rischio
Mobilizzazione precoce
Nadroparina 0.4 ml 2 ore prima
dell’intervento 0.4 ml/die per 7 gg
(0.5 ml se peso corporeo > di 70 kg)
RISCHIO ELEVATO
Chirurgia media in pazienti >60 anni o
con altri fattori di rischio
Chirurgia maggiore in pazienti <40 anni o
con addizionali fattori di rischio
Rischio elevato o molto elevato
Mobilizzazione precoce
Nadroparina 0.4 ml 2 ore prima
dell’intervento + 0.4 ml/die per 7 gg
(0.5 ml se peso corporeo > di 70 kg)
Elastocompressione
RISCHIO MOLTO ELEVATO
Associazione di più fattori di rischio
Vedi sopra
FATTORI FAVORENTI LA TVP
CONTROINDICAZIONI
ALLA PROFILASSI DELLA TVP
Coagulopatie congenite
• Deficit ATIII
• Deficit proteina S
• Mutazioni del fattore V
• Anomalie del plasminogeno o del fibrinogeno
• Disreattività piastrinica
• Deficienza del fattore XII
Condizioni acquisite
• Malnutrizione
• Età oltre 40 a.
• Gravidanza e/o trattamento con estroprogestinici
• Obesità
• Pregresse TVP od EP
• Varici arti
• Poliglobulia
• Trauma
• Anticorpi antifosfolipidi
128
• Alterazione grave della coagulazione
• Gravi epatopatie
• Ulcera gastroduodenale attiva
• Stato di shock
CAP. XV
Bedside Laparoscopy
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Bedside Laparoscopy
Never scope tomorrow
what you can scope today.
Anonimo
Le complicanze addominali nel paziente traumatizzato o con degenza protratta in terapia
intensiva (ICU) sono di difficile valuatazione.
Le condizioni cliniche legate alla patologia di base, la sedazione farmacologica e la difficoltà
tecnica ad eseguire una diagnostica di immagine, specie di tomografia assiale, ostacolano
la precoce identificazione di patologie ischemiche intestinali, di colecistiti od ulcere perforate che sono le più frequenti complicazioni digestive di pazienti ricoverati in ICU.
Quanto detto ha reso di attualità la bedside laparoscopy (BL). Tale metodica consiste
nell’eseguire una laparoscopia esplorativa direttamente al letto del paziente, sia in anestesia locale che in narcosi.
La BL permette una diagnosi accurata con una specificità ed una sensibilità superiori alle tecniche di imaging attualmente in uso; consente anche, seppure in casi selezionati, di eseguire
semplici manovre terapeutiche.
Indicazioni:
• Paziente in terapia intensiva con alterazione dei parametri emodinamici e/o acidosi
• Sospetto di sepsi addominale: colecistite acuta, ulcera peptica perforata, pancreatite acuta,
ascessi, altre peritoniti.
• Sospetto di ischemia intestinale.
• Stati emorragici: valutazione della presenza di emoperitoneo, lesioni spleniche ed epatiche, lesioni diaframmatiche.
• Altre: dislocazioni di cateteri da PEG o digiunostomie., posizionamento di cateteri per dialisi peritoneale, confezionamento di digiunostomia.
Controindicazioni:
•
•
•
•
•
•
•
Coagulopatie severe
Ipertensione endocranica non trattata e non monitorizzata con PIC
Cirrosi epatica
Angina instabile od infarto in atto, altre cardiopatie da valutare con il rianimatore
Obesità patologica (relativa)
Addome ostile
Instabilità di circolo
130
CAP. XV
Bedside Laparoscopy
Setup della SALA OPERATORIA
•
•
•
•
•
•
•
Paziente in decubito dorsale-gambe unite
Linee di infusione a sinistra
Sondino naso gastrico e catetere vescicale
Cambiamento della posizione nelle varie fasi dell’esplorazione
Chirurgo ed aiuto inizialmente a destra
Strumentista a destra dell’operatore
Monitor mobile
Strumentario
•
•
•
•
•
Ottica 30° gradi
Trocar da 10 mm (1)
Trocar da 3-5 mm (2)
Materiale per es colturale
Aspiratore
Tecnica chirurgica
• Al letto del paziente viene approntato un piccolo set chirurgico e collocato il trolley
laparoscopico.
• Dopo opportuna preparazione
sterile del campo si procede ad
anestesia locale (se il paziente è
cosciente) associata ad opportuna sedazione ed analgesia endovenosa.
• L’accesso transombelicale con
trocar da 10 mm deve essere
tassativamente “open”.
Figura 14.1 Bedside laparoscopy in esecuzione
• Si induce uno pneumoperitoneo a bassa pressione (8-10 mmHg) e se ne valutano gli effetti sull’emodinamica.
• Si esegue poi un’esplorazione di tutta la cavità peritoneale, cambiando il decubito del paziente (letto basculante) per ottenere l’esposizione dei visceri. Vanno ricercate: presenza
di versamento libero (biliare, enterico, ematico, ecc…), o fibrina.
131
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Nel caso di instabilità legata a sepsi in un paziente degente in ICU è consigliabile eseguire
la BL precocemente, in alcuni casi anche come alternativa alla diagnostica di immagine;
sono considerati indicazione alla diagnostica aggressiva la somma di alcuni di questi fattori: contrazione della diuresi, peggioramento degli scambi respiratori, movimento enzimatico, alterazioni dell’equilibrio acido-base.
• Qualora non fosse possibile avere una piena esposizione dei visceri, si può inserire un trocar operatore da 5 mm in cui inserire un ferro da presa delicata (Johann) od un aspiratore,
per sollevare l’omento ed osservare le anse sottostanti.
• È utile effettuare prelievi per esami colturali od eventuali esami istologici
• In alcuni casi è possibile eseguire semplici manovre terapeutiche (colecistostomia, posizionamento di drenaggi). Per manovre chirurgiche più complesse si deve trasportare il paziente in CO.
Figura 14.2 Reperto di ischemia intestinale
132
CAP. XVI
Internet e chirurgia laparoscopica
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Internet e chirurgia laparoscopica
"One machine can do the work of fifty
ordinary men. No machine can do the work
of one extraordinary man."
E. Hubbard 1859-1915
L’avvento di internet ha permesso scambi di informazioni sempre più veloci ed ha spinto lo
sviluppo di tecnologie di compressione dei file che hanno reso questo scambio estremamente agevole.
Si possono classificare queste risorse in statiche e dinamiche.
Le prime comprendono contenuti depositati nella rete, come articoli od intere riviste, video,
supporti multimediali.
I contenuti dinamici consistono invece in trasmissioni video ed audio in diretta: questa possibilità permette, ad esempio, di poter seguire interventi chirurgici eseguiti in altra sede.
TELETUTORING: termine anglosassone con il significato di assistenza ed insegnamento a
distanza. Il chirurgo in fase di training viene aiutato nelle scelte e nella conduzione di un intervento da un trainer che si trova altrove. Ipoteticamente può venire applicato anche per
l’assistenza a chirurghi o comunque medici che si trovino in condizioni estreme (campi di
battaglia, navi, stazioni spaziali).
TELEMENTORING: il méntore consiglia e guida, generalmente per e-mail, lo studente nelle
scelte delle letture o nelle scelte tecniche. Si impiegano anche videoconferenze, chat o blog.
TELEMONITORING: monitoraggio del paziente
o dell’andamento di una procedura chirurgica a
distanza da parte di un supervisore: ad. Esempio
stabilizzazione di un traumatizzato in un pronto
soccorso periferico in attesa del trasferimento di
un trauma center.
MAILING LIST: si tratta di una vera e propria
bacheca elettronica in cui si inviano per e-mail
messaggi ad una comunità di chirurghi discutendo casi clinici o problemi organizzativi.
BLOG: letteralmente diario, ovvero note su argomenti vari scritte da un blogger (generalmente
il creatore del diario stesso), cui tutti gli iscritti
possono inviare commenti.
134
CAP. XVI
Internet e chirurgia laparoscopica
CHAT: forma di messaggistica istantanea che ancora è limitata a chiacchiere per il tempo
libero, ma viene talvolta impiegata su dispositivi portatili per la comunicazione tra elementi
dello stesso gruppo. In questo caso richiede l’impiego di push-mail e di dispositivi in grado
di gestirla (Blackberry o simili).
Società scientifiche
url
descrizione
Society of
laparoendoscopic surgeons
www.sls.org
Accessibile completamente ai
soli iscritti. contiene un ottimo
manuale
European association of
endoscopic surgeons
www.eaes-eur.org/site/index.php
Aggiornamenti su congressi ed
altre iniziative
Society of american
gastrointestinal and
endoscopic surgeons
www.sages.org
Utili informazioni anche per i
pazienti da allegare al
consenso informato
Società italiana di chirurgia
endoscopica
www.siceitalia.com
Aggiornamenti su congressi
Riviste online per gli iscritti
International society of
laparoscopic colorectal
surgeons
www.islcrs.org/index.php
Congressi
Forum
Società italiana di chiurgia
www.sichirurgia.org
Grande portale
omnicomprensivo con
utili riferimenti a società minori
ed una biblioteca video in fase
di costruzione
ACOI
www.acoi.it
Portale ospedaliero contiene
piccola videoteca
Università di Strasburgo
EITS european institute of
telesurgery
www.websurg.com
Il migliore e più completo sito
dedicato alla laparoscopia con
decine di video e descrizioni di
tecniche
Laparoscopy hospital
www.laparoscopyhospital.com
Sito indiano con alcuni video e
descrizioni tecniche
Didattica
135
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Società scientifiche
url
descrizione
Università di Strasburgo
EITS european institute of
telesurgery
www.websurg.com
Oltre 100 video di varie
tecniche dalla pediatrica alla
toracica, passando per
ginecologia e digestiva,
tutto in laparoscopia
OR Live
www.or-live.com/index.cfm
Alcuni interessanti video
Laparoscopy hospital
www.laparoscopyhospital.com
Alcuni video di qualità media
Royal college of surgeons
of edimburg
www.edu.rcsed.ac.uk/video_albu
m_menu.htm
Miscellanea di video, alcuni di
laparoscopia
National institute of healt
www.nlm.nih.gov/medlineplus/su
rgeryvideos.html
Miscellanea di video
You tube
www.youtube.com
Video, anche di laparoscopia,
per lo più di qualità bassa.
www.laparoscopy.net
Buon atlante di tecnica
sponsorizzato dalla USSC,
incompleto ed abbandonato
da alcuni anni
Scottish intercollegiate
guidelines
www.sign.ac.uk
Ottime e per patologie
disparate
Cochraine library
www.cochrane.org
Attente e severissime revisioni
Clearing house
www.nice.org.uk
Buone ed attente
National institute of health
www.guideline.gov
Ottime line guida per varie
patologie
Video on line
E books
Laparoscopic atlas
Linee guida
136
CAP. XVI
Società scientifiche
Internet e chirurgia laparoscopica
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Surgical Endoscopy
www.springerlink.com/content/1
00368
La migliore e più letta. A
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Asian Journal of Surgery
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6568/journals/pubid1464112796
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gli endoscopisti
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www.surgical-laparoscopy.com
Endoscopy, & Percutaneous
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Laparoendoscopic &
Advanced Surgical
Techniques
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137
CAP. XVII
Chirurgia Robotica
R. Bertolini - G. Natuzzi
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Chirurgia Robotica
A robot may not injure a human being or,
through inaction, allow a human being
to come to harm. 1st law of robotics
I. Asimov 1920-1992
La Chirurgia Videolaparoscopica, diffusasi ampiamente ed universalmente a partire dagli
anni 90, si è oggi arricchita di un ulteriore ed importante sviluppo tecnologico rappresentato dalla applicazione in laparoscopia della tecnologia robotica. Tale tecnologia consente
di superare alcune delle limitazioni intrinseche alla metodica laparoscopica estendendo altresì la possibilità di effettuare interventi mini-invasivi su un maggior numero di pazienti e
per una maggiore varietà di patologie.
Si è ampliato quindi il numero dei pazienti che possono beneficiare di una “Chirurgia altamente tecnologica“ che, a parità di risultati in confronto alla Chirurgia tradizionale, offre:
• riduzione del dolore post operatorio
• riduzione della degenza
• migliori risultati cosmetici
• più rapida ripresa della efficienza fisica.
140
CAP. XVII
Chirurgia Robotica
L’operatore, seduto alla consolle, grazie alla magnificazione dell’immagine ed alla visione
tridimensionale può, mediante l’utilizzo di strumenti fisiologicamente articolabili, eseguire
movimenti precisi, accurati, privi di tremori trasmessi, compiendo manovre fino ad oggi
ritenute impossibili. E’ in grado pertanto di eseguire una fine dissezione, suture intracorporee e microanastomosi non altrimenti eseguibili con la tecnica laparoscopica tradizionale.
Componenti del sistema
1. Consolle Chirurgica
2. Carrello visione
3. Strumenti Endowrist
4. Carrello robotico
5. Telecamera ad alta definizione
3d
141
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Consolle chirurgica
• Precisione di movimento
• Possibilità di demoltiplicare il movimento fino a 5 volte
• Eliminazione dei tremori fisiologici
Carrello
• Monitor
• 2 Camera Control Unit
• 2 Fonti luminose (Xenon)
• 2 Sincronizzatori
• Controllo messa a fuoco
• Telecamera PAL
• 3CCD
Strumentario
1. Sistema ottico (specifico e dedicato al robot)
2. Sistema Endo-Wrist
3. Strumentazione di base
4. Strumentazione avanzata
1) Sistema Ottico: Endoscopi
• Due tipi di ENDOSCOPI (0°- 30°)
• Due CANALI separati occhio destra/sn
• Due PUNTI LUCE per una perfetta illuminazione
del campo operatorio
• Immagine a 2D o 3D
• Risoluzione superiore ai sistemi ottici
per la VLS convenzionale
• Sterilizzabili in EtO o Sterrad
142
CAP. XVII
Chirurgia Robotica
2) Strumenti Endowrist
Il sistema da Vinci utilizza degli strumenti
dedicati prodotti dalla stessa INTUITIVE
• Progettati per riprodurre fedelmente
i movimenti della mano umana
• Garantiscono completa libertà
nei movimenti (7 gradi di libertà: 6+la presa)
Strumenti Endowrist
• Guidati via cavo
• Riproducono i tendini della mano
• Precisione assoluta
• Eliminazione dei tremori
• Movimenti graduabili
• Grande libertà di movimento
• Risposta immediata
• Autoclavabili/sterilità garantita
• Riutilizzabili per 8-10 interventi
• Diametro stelo di 8 mm
Sono disponibili 17 diversi strumenti
a) 9 Pinze (1 bipolare)
b) 2 Forbici
c) 1 Applicatore di clip piccole
d) 1 Ultrasonic Shears
e) 2 Elettrocautery (spatola-uncino)
f) 2 Bisturi
Applicazioni
• Chirurgia generale
• Chirurgia toracica
• Cardiochirurgia
• Urologia
• Chirurgia ginecologica
• Chirurgia vascolare
• Otorinolaringoiatria
Chirurgia Mininvasiva
Vantaggi
• Minor dolore postoperatorio
• Diminuzione della degenza post-operatoria
• Pronta ripresa della canalizzazione
• Minore impatto sulla parete addominale
• Diminuzione delle perdite ematiche
• Minore compromissione del sistema immunitario
• Minore morbilità
143
Svantaggi
• Aumento dei tempi operatori
• Risultati oncologici da verificare
• Inadeguata linfoadenectomia
• Difficoltà nell’eseguire suture
• Alti costi
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Chirurgia robotica
• Migliora la dissezione chirurgica
• Supera le limitazioni della laparoscopia
• Permette suture di alta precisione
• “Solo Surgery”
Possiamo, in ultima analisi suddividere gli interventi chirurgici in interventi che non hanno
risentito sensibilmente della chirurgia robotica, interventi che si possono considerare migliorati grazie alla tecnologia robotica ed interventi fattibili esclusivamente con tecnologia
robotica.
Interventi non migliorati dalla tecnologia robotica
• Colecistectomia
• Funduplicatio sec. Nissen
• Adrenalectomia
• Resezioni coliche
• Sebbene tali interventi siano da considerarsi non migliorati dalla tecnologia robotica è
imprescindibile il fatto che servano al chirurgo per acquisire manualità e dimestichezza con
la metodica robotica
Interventi migliorati dalla tecnologia robotica
• Epatectomie Maggiori
• Duodeno-pancreasectomie
• Esofagectomie
• By-pass Gastrici
• Gastrectomie
• Nefrectomie
• Prostatectomie
• Pancreatectomie con preservazione della Milza.
• Miotomia sec. Heller
• Resezioni Polmonari
• Splenectomie difficili
• Resezioni rettali con tecnica TME
• Per quanto riguarda queste ultime i vantaggi sono indiscussi.
• Infatti grazie alla tecnologia robotica è possibile
• Accurata Dissezione del Mesoretto
• Nerve sparing
• Minor tasso di conversione
• Minore morbilità
• Maggiore sicurezza nella dissezione dei vasi
Chirurgia eseguibile solo con assistenza robotica
• Chirurgia degli aneurismi delle arterie viscerali
• Microsuture
• Anastomosi bilio digestive su via biliare di piccolo calibro
• Linfoadenectomie complesse
144
CAP. XVIII
Laparoscopia nel paziente pediatrico
B. Benini - C. Ceribelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Laparoscopia nel paziente pediatrico
Big mistakes are made
through small holes.
R. Paul
Il diffondersi della laparoscopia ha portato, per la prima volta nel 1990, al suo utilizzo anche
in chirurgia pediatrica. Inizialmente era utilizzata solamente per la diagnostica addominale
o per trattare un numero molto limitato di patologie (criptorchidismo ed appendicopatie).
Successivamente l’impiego è stato esteso, come nell’adulto, a molte patologie addominali
sia malformative che acquisite.
Lo sviluppo della laparoscopia nei pazienti pediatrici è stata inizialmente ostacolata dalla
mancanza di strumenti idonei, specialmente nel neonato.
Vantaggi
•
•
•
•
•
cicatrici molto piccole
minima formazione di cheloidi
ridotto dolore postoperatorio
eliminazione dell’ileo post-operatorio e alimentazione precoce
rapido ritorno del bambino alla vita quotidiana
Nei bambini più piccoli il normale difetto di parete a carico dell’ombelico può essere utilizzato facilmente come sito di accesso alla cavità addominale.
Pneumoperitoneo e sue conseguenze
• Nel neonato il forame ovale o il dotto arterioso possono riaprirsi durante la procedura laparoscopica.
• Al di sotto dei 6 mesi di età è fondamentale mantenere una pressione addominale non superiore ai 6 mmHg in quanto un suo aumento provocherebbe la riduzione del ritorno venoso e dell’output cardiaco. C’è inoltre la possibilità della riapertura di shunts
destro-sinistri, dello sviluppo di una insufficienza cardiaca e di emboli gassosi all’interno
del circolo sistemico con il conseguente sviluppo di un’ischemia cardiaca e di danni neurologici.
• L’assorbimento di CO2 da parte dei visceri può indurre ipercapnia, soprattutto nei neonati con patologie croniche polmonari come la displasia broncopolmonare
Lo pneumoperitoneo nei neonati e nei bambini deve essere compreso tra 4 e
14 mmHg.
146
CAP. XVIII
Laparoscopia nel paziente pediatrico
Trick: Nel neonato è possibile eseguire procedure con la tecnica “gasless” per evitare complicazioni legate allo pneumoperitoneo.
Indicazione alla laparoscopia diagnostica
•
•
•
•
•
•
•
criptorchidia
biopsia epatica
dolori addominali ricorrenti
trauma non penetrante dell’addome
biopsia sieromuscolare intestinale
studio degli stati di intersessualismo
staging di neoplasie digestive e ginecologiche
Indicazioni alla laparoscopia terapeutica
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
orchidopessi sec. Stephen-Fowler per testicoli intraaddominali
colecistectomia
fundoplicatio antireflusso
resezione di tumori benigni dell’ovaio
gonadectomia per disgenesia gonadica
resezioni del tenue
nefrectomia
surrenalectomia
appendicectomia
trattamento del varicocele
shunt ventricolo-peritoneale
cisti epatiche non complicate
splenectomia per splenomegalia minima o moderata
diverticolo di Meckel
pull-trought colico per m.di Hirchsprung
Posizione
La posizione dei pazienti pediatrici è prevalentemente:
• litotomica sopra i 2 anni
• supina, a ranocchia, se di età < 2 anni
147
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
In caso di procedure a carico della porzione superiore dell’apparato digerente, anche nel
bambino, viene utilizzato l’anti-Trendelemburg.
È necessario:
• svuotare lo stomaco con sondino naso/oro-gastrico
• svuotare la vescica con catetere in caso di interventi sulla pelvi e nei bambini più grandi
mentre negli altri casi viene effettuata la manovra di Credè
Strumenti
• I trocar utilizzati hanno un diametro variabile tra 2 e 12 mm (i più utilizzati sono quelli da
3 mm).
• Gli strumenti più piccoli oggi in commercio hanno un diametro di 1.7 mm
• Gli strumenti da 1.7 - 2 mm o “knife-like”, hanno una punta talmente sottile ed allungata
da provocare facilmente perforazioni accidentali.
• Gli strumenti da 3 mm, invece, consentono una presa più sicura. Comunque di molti strumenti non esistono misure inferiori ai 5 o 12 mm.
“Needleoscopy” o minilaparoscopy: laparoscopia effettuata con strumenti del diametro simile a quello di un’agocannula di grosso calibro
Suturare diventa molto difficile con gli strumenti da 1.7-2 mm, mentre questi possono essere agevolmente impiegati per stringere i nodi.
Esistono ottiche da 10, 5 e 3 mm, ma la svantaggio nella visione al diminuire
del calibro è tale che non conviene scendere al di sotto dei 5 mm.
Complicanze
La laparoscopia pediatrica richiede particolare attenzione in quanto la cavità addominale è
ridotta rispetto a quella di un adulto.
La parete addominale è molto meno spessa e più elastica quindi maggiore attenzione va posta
nel posizionamento dei trocar per evitare danni a carico degli organi endoaddominali.
Questo è il motivo per cui è preferibile utilizzare la tecnica di Hasson per l’inserimento del
primo trocar anziché l’ago di Veress.
Nei bambini molto piccoli sono frequenti i danni agli organi intraaddominali poiché:
• il campo operatorio è molto ristretto
• la preparazione preoperatoria è ridotta a causa dell’aerofagia infantile
148
CAP. XVIII
Laparoscopia nel paziente pediatrico
• la parete gastrointestinale è più sottile e delicata rispetto all’adulto
Nei neonati e nei bambini più piccoli si possono sviluppare complicanze legate all’ipotermia intraoperatoria che deriva dalla perdita continua ( e dalla continua reinsufflazione) di
gas freddo attraverso accessi non perfettamente a tenuta; questa può essere prevenuta insufflando CO2 più calda ma soprattutto con l’impiego di materassini riscaldanti.
CAVEAT
I danni da inserimento dei trocar successivi a quello ombelica-le vengono prevenuti se si
introduce la punta tagliente del tro-car all’interno della camicia del trocar ombelicale dopo
aver retratto la telecamera (trocar in trocar).
149
CAP. XIX
Laparoscopia in gravidanza
B. Benini - C. Ceribelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Laparoscopia in gravidanza
Pregnancy is a disease from which you
recover in 18 years and 9 months.
Carrie Latet
La gravidanza, agli esordi della chirurgia laparoscopica era considerata una controindicazione assoluta, ma attualmente ha perso questa limitazione pur restando una situazione
estremamente delicata da affrontare in laparoscopia.
Premesse di fisiologia
I cambiamenti fisiologici e metabolici che si presentano in gravidanza e di cui bisogna tener
conto in caso di intervento chirurgico laparoscopico sono:
cambiamenti a carico dell’apparato cardiovascolare
• aumento della volemia materna (soprattutto nel II trimestre)
• aumento della frequenza cardiaca e delle resistenze periferiche
• stato di ipercoagulabilità ed aumento della stasi venosa
cambiamenti meccanici e metabolici
•
•
•
•
•
•
•
•
riduzione del volume respiratorio a causa dell’elevazione del diaframma
aumento della capacità di trasporto dell’O2
aumento del consumo di O2
rapida diffusione della CO2 nel circolo materno-fetale
potenziale acidosi fetale se la PCO2 raggiunge i 40 mmHg
ridotta motilità gastrointestinale per cambiamenti ormonali
predisposizione al reflusso gastroesofageo con rischio di inalazione
modica immunosoppressione
Gli effetti dello pneumoperitoneo sono:
• Aumento della CO2 nella madre e nel feto
• Se viene associata la posizione in Trendelemburg aumenta la pressione intratoracica, predisponendo alla ipercapnia ed all’ipossiemia
• La posizione di Trendelemburg inversa , invece, associata all’anestesia generale ed all’insufflazione intraperitoneale, può portare alla riduzione dell’indice cardiaco fino al 50% ed
ad una ipotensione importante dovuta alla ulteriore compressione pneumatica della v.cava
inferiore, già compressa dall’utero aumentato di volume
152
CAP. XIX
Laparoscopia in gravidanza
Vantaggi
• Riduzione delle complicanze di parete
• Minor depressione fetale per minor consumo di oppioidi
• Ridotta irritabilità uterina, e quindi meno aborti, dovuti alla mancanza di manipolazione
dell’utero
• Ridotte complicanze tromboemboliche per la precoce mobilizzazione
Le patologie che, in gravidanza, sono trattate più frequentemente in laparoscopia sono:
• appendicite e colecistite acuta che complicano 1 gravidanza su 500
• lesioni annessiali espansive torte od a rapido accrescimento
• splenectomia per sindrome antifosfolipidica, porpora trombocitopenica autoimmune
e sferocitosi ereditaria
Oltre alle patologie acute sopradescritte in letteratura sono menzionati interventi di surrenectomia, nefrectomia, resezione epatica.
Linee guida
• Nell’addome acuto in gravidanza le indicazioni all’intervento non cambiano , rispetto
alla chirurgia open
• L’approccio laparoscopico può essere effettuato in maniera sicura in tutti i trimestri
• È indispensabile l’accesso open (Hasson) in quanto l’impiego dell’ago di Verres potrebbe
danneggiare utero ed intestino
la posizione della paziente deve essere sul fianco sinistro e con un anti-Trendelemburg
minimo per ridurre la compressione cavale. In posizione supina la riduzione del ritorno venoso arriva al 30% prima dell’induzione dello pneumoperitoneo.
• La pressione dello pneumoperitoneo è sempre di 12 mmHg, tale da permettere un’adeguata visualizzazione
• Deve essere, come sempre, monitorizzata la CO2 con la capnografia perioperatoria
• Deve essere utilizzata la compressione pneumatica degli arti inferiori intra e postoperatoria come profilassi delle TVP vista l’ipercoagulabilità indotta dalla gravidanza
stessa
• È indispensabile il monitoraggio del battito fetale nel pre e postoperatorio
• Non utilizzare agenti tocolitici come profilassi ma solo dopo prescrizione ostetrica
153
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Posizione dei trocar
• Patologia biliare
Impiegando la posizione di Reddick si pone il trocar di Hasson in ombelico o sopraombelicale e gli altri raccolti più cranialmente che di norma, in relazione alle dimensioni dell’utero.
• Appendicite acuta/laparoscopia esplorativa
I trocar saranno disposti a triangolo come di norma, due sulla linea mediana ed uno a sinistra, ma la loro posizione sarà spostata in epigastrio (vedi fig.1).
Per qualsiasi intervento i trocar vengono posizionati sempre più in alto, rispetto alla posizione normale, con l’avanzare della gravidanza.
Figura 19.1 - Volumi dell'utero e disposizione dei trocar nell’apendicectomia
Timing operatorio
Benché la chirurgia laparoscopica possa essere effettuata in maniera sicura in tutti e tre i tri-
154
CAP. XIX
Laparoscopia in gravidanza
mestri, il periodo migliore è il II trimestre in quanto:
• L’incidenza di aborto o di parto pretermine è molto bassa
• Le dimensioni dell’utero sono tali da non ostacolare completamente la visione intraaddominale come avviene nel III trimestre
• Il rischio ipotetico di teratogenesi è molto basso
Figura 19.2 - Peritonite alla XII settimana
Quando possibile è preferibile effettuare un trattamento medico e cercare di procrastinare
l’intervento al raggiungimento del II trimestre o, se la paziente è già nel III trimestre, attendere fino a dopo il parto.
Alternative allo pneumoperitoneo
Può essere effettuata la “gasless laparoscopy” che presenta
Vantaggi
• Evita gli effetti della CO2 e dell’aumento della pressione intraaddominale
• Può essere effettuata in anestesia peridurale permettendo alla madre di mantenere una
normale attività respiratoria
Svantaggi
• Minore spazio intra addominale
• Dolore postoperatorio legato alla trazione sulla parete
• Ssimmetria del campo operatorio con visione ridotta verso le pareti laterali dell’addome
155
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 19.3 - Rottura tubarica alla IX settimana
156
CAP. XX
Laparoscopia e shunt
ventricolo-peritoneale
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Laparoscopia e shunt ventricolo-peritoneale
When in doubt, you take it out,
and if you can’t wait, you operate.
E. Palanca
Lo shunt ventricoloperitoneale (SVP) consiste in un lungo
tubo valvolato il cui estremo prossimale è posto in un ventricolo cerebrale mentre quello distale raggiunge la cavità
peritoneale dopo un tragitto sottocutaneo. Viene impiegato nel trattamento dell’idrocefalo.
Come tutti i dispositivi impiantabili è estremamente suscettibile alla contaminazione batterica. Lo pneumoperitoneo può aggravare tale contaminazione.
Sebbene i dispositivi per SVP siano dotati di valvole che resistono a pressioni fino a 300 mmHg, ben superiori rispetto
a quelle endoperitoneali in uso in laparoscopia, sono stati
segnalati in letteratura casi di gravi sindromi da ipertensione endocranica o di sepsi endocraniche secondarie a
contaminazione retrograda.
Nell’esecuzione di una procedura laparoscopica è bene procedere come segue:
• Prima dell’induzione dello pneumoperitoneo si raggiungerà il punto, generalmente in
epigastrio, dove il catetere penetra in peritoneo e, mediante una piccola incisione cutanea, se ne estrae la porzione intraperitoneale, introducendola poi in un sacchetto sterile,
ove si raccoglierà il liquor.
• Completata la procedura laparoscopica, se non si è riscontarta contaminazione peritoneale, si reintroduce in addome il catetere stesso.
• Di contro, se il cavo addominale è contaminato, è possibile mantenere il cateterino all’esterno, introdotto nel tubo di un sacchetto sterile di raccolta per le urine, per il tempo
necessario alla bonifica del peritoneo stesso. In alternativa si può procedere all’impianto
dell’estremo distale nella vena giugulare.
Il liquor ha un effetto irritante sul peritoneo, facilitando in questi pazienti la formazioni di
aderenze e di raccolte pseudocistiche (fig 19.2). In questi casi l’impiego della laparoscopia
158
CAP. XX
Laparoscopia e shunt ventricolo-peritoneale
nel liberare le aderenze e creare un nuovo spazio o nel riposizionare direttamente il catetere è un dato acquisito.
Altra evenienza è la necessità di asportare un tratto di catetere rotto e perduto in addome.
Questo può essere effettuato facilmente in laparoscopia (fig 19.3).
159
CAP. XXI
Chirurgia laparoscopica nell’obeso
B. Benini - C. Ceribelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Chirurgia laparoscopica nell’obeso
The number of supplies and instruments
a surgeon says he’ll need is inversely related
to the amount he will ultimately require.
P. Swenson
Sebbene il paziente obeso si giovi particolarmente della chirurgia mini invasiva le variazioni
fisiopatologiche e morfologiche che lo contraddistinguono meritano alcune considerazioni.
Per obesità si intende un aumento del BMI (body mass index = peso/m2) oltre 30.
L’aumento del BMI oltre 50 definisce l’obesità come patologica (morbid obesity).
Fisiopatologia
Nell’obeso sono presenti alcune variazioni fisiopatologiche:
•
•
•
•
Aumento della volemia
Diminuzione dell’espansibilità toracica
Aumento dello sforzo cardiaco
Aumento del fabbisogno di ossigeno
Queste alterazioni fisiopatologiche sono aggravate dall’induzione dello pneumoperitoneo
e dalle posizioni necessarie allo svolgimento di alcune procedure, in quanto determinano:
• Innalzamento del diaframma che determina una riduzione della capacità polmonare
residua ed uno squilibrio perfusione-ventilazione
• Aumento della pressione addominale che provoca una riduzione del ritorno venoso
con riduzione dell’indice cardiaco e della gittata
• Acidosi respiratoria da riassorbimento della CO2
• Compressione sulla VCI
È quindi necessario:
• ridurre i tempi operatori
• ridurre il tempo di permanenza in posizione di Trendelemburg
• limitare la pressione del PNP
162
CAP. XXI
Chirurgia laparoscopica nell’obeso
• attuare una opportuna profilassi tromboembolica
• controllare l’ossimetria e la paCO2 anche nel postoperatorio.
Di contro nell’obeso l’impiego della VLS, riducendo i tempi di allettamento, il dolore postoperatorio e le infezioni a livello delle ferite chirurgiche, può contribuire a limitare il numero delle complicanze postoperatorie.
Difficoltà intraoperatorie
• Il primo accesso è difficile per lo spessore del pannicolo adiposo sottocutaneo e properitoneale. Si consiglia quindi di procedere rimanendo aderenti alla cicatrice ombelicale,
dopo averla preparata ed attratta in alto con un ferro da presa
• Il fegato è ipertrofico ed ostacola l’esposizione del campo operatorio
• L’abbondante tessuto adiposo ostacola la dissezione delle strutture ed il reperimento dei
piani e rendono la dissezione stessa meno esangue, per cui è essenziale l’impiego di un
dissettore ad ultrasuoni
• Lo spessore della parete ostacola l’induzione dello pneumoperitoneo ed il valore segnalato inizialmente non è attendibile, per cui è consigliato sollevare la parete fino alla stabilizzazione del PNP
• Lo spazio di lavoro risulta ridotto dal volume degli organi per cui sono più facili le lesioni termiche
• Lo spessore della parete e la grande distanza tra gli strumenti e l’area di lavoro determina da parte dell’operatore l’uso di forza sugli strumenti che rende meno precisi i
movimenti
• Facilità di lesioni dei vasi epigastrici che non sono visibili per trasparenza. Si consiglia
quindi l’inserzione dei trocar secondari ad almeno 8 cm dalla linea mediana, in quanto i
vasi epigastrici si trovano tra 4 ed 8 cm dalla linea mediana
• Il mesentere è spesso retratto ed il tenue si disloca con difficoltà con la semplice rotazione del tavolo. Può essere utile, specie nelle procedure sul colon l’impiego di un trocar
aggiuntivo. Attraverso questo si introduce una pinza tipo Johann per divaricare la matassa intestinale, che si mantiene nella posizione voluta facendo trazione sul peritoneo del
mesentere
• Spesso il legamento rotondo è ridondante ed ostacola la visione. Lo si può retrarre con
l’impiego di una sutura transparietale
163
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Manovre che facilitano la creazione di una camera di lavoro
• Trocar aggiuntivo per l’inserimento di un retrattore epatico
• Uso della posizione di anti-Trendelemburg, che può essere molto spinta (fino a 60°),
avendo cura di immobilizzare bene il paziente e di usare dei poggiapiedi
• L’epiploon, essendo molto pesante si disloca con difficoltà. Si può quindi usare per effettuare una trazione, una sutura (anche transparietale) od un trocar aggiuntivo per l’inserimento di una pinza da presa fenestrata
• Il volume del colon può ostacolare l’esposizione del triangolo di Calot; è conveniente
quindi usare un’ottica da 30° ed inserirla sulla linea mediana 5 cm cranialmente all’ombelico
• Impiego della rotazione laterale del letto operatorio per dislocare visceri che impediscono la visione
• Impiego di dispositivi per hand assisted, che permettono divaricazioni efficaci
164
CAP. XXII
Laparoscopia esplorativa
B. Benini - C. Ceribelli - B. Truosolo
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Laparoscopia esplorativa
“Pathologists are always right,
just one day too late!”
W.E. Miles 1869-1947
Indicazioni
• Stadiazione e definizione istologica di alcune patologie neoplastiche
• Addome acuto
• Dolore addominale cronico
• Endometriosi
• Infertilità, stati di intersessualità, criptorchidia
Controindicazioni
• Generiche alla laparoscopia
• Sindrome compartimentale
• “Addome ostile”
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente supino con gambe unite
• Linee di infusione a sn, braccia abdotte
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
• Inclinazione del tavolo variabile
Equipe
• Chirurgo a destra ed aiuto a sn del paziente
• Strumentista a fianco dell’operatore
• Monitor a sn all’altezza della fossa iliaca sn
Alcuni suggeriscono, nella donna, l’uso della
posizione litotomica per favorire eventuali
procedure sulla pelvi.
Chirurghi e monitor si sposteranno in relazione alla regione da esplorare.
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Figura 22.1 Disposizione dell’equipe
166
CAP. XXII
Laparoscopia esplorativa
La laparoscopia esplorativa può essere effettuata in ane-stesia generale o, in casi particolari, in anestesia locale.
Strumentario
1. Standard
2. Aperto sul tavolo
• Trocar da 10 mm (1)
• Trocar da 3-5 mm (1)
3. Pronti in sala
• Endobag
• Pinza bipolare
• Aghi true-cut
• Pinza da biopsia
• Dissettore di Maryland “endodissect”
• Porta-aghi
• Sutura 3-0 vicryl
• Trocar 5-10 mm (2)
• Se disponibile ecografo con sonda laparoscopica
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” transombelicale e creazione
del PNP (trocar A)
• Esplorazione della cavità addominale estesa agli
ipocondri
• Introduzione di 1 o 2 trocar da 5 mm in relazione
alla regione da esaminare.
• Esecuzione di prelievi citologici e/o colturali
del liquido presente in addome, valutandone la
quantità e le caratteristiche. Eventuale lavaggio
o brushing peritoneale in assenza di liquido.
Attenzione ai danni da schiacciamento o termici
del pezzo istologico.
Figura 22.2 Disposizione dei trocar
• Le anse intestinali vanno esplorate sia variando il decubito che facendole scorrere tra due
pinze da presa fenestrate. Per evitare lesioni della parete intestinale è bene fare trazioni sul
meso o sulle appendici epiploiche.
167
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• L’esplorazione, soprattutto se limitata alla pelvi, può essere eseguita in anestesia locale, associata a sedazione, avendo cura di non superare la pressione endoperitoneale di 6-8
mmHg
• Nelle sindromi dolorose addominali, con una precisa localizzazione si evidenza la proiezione cutanea del dolore con una matita dermografica
• La semplicità della procedura permette di eseguirla a letto del paziente, in terapia intensiva. (vedi capitolo XV)
Nello staging delle neoplasie è necessario esplorare tutti i recessi peritoneali, ed eseguirne prelievi bioptici, variando il decubito.
Trick: Per l’estrazione di pezzi istologici in alternativa ai sacchetti da estrazione si può
adoperare un dito di guanto sterile (n°8) repertato con un filo; il sacchetto può venir
spinto nel trocar ombelicale dall’ottica ed estratto facendo trazione sul capo del filo rimasto all’esterno.
a) Nelle neoplasie del distretto sovramesocolico viene esplorata anche la retrocavità degli
epiploon, cui si accede abitualmente incidendo la pars flaccida del piccolo epiploon
b) Nel caso all’imaging radiologico sia presente una adenopatia sospetta, si effettuerà una
biopsia linfonodale
c) Nelle neoplasie esofagee in cui non possa essere effettuata una gastrostomia endoscopica
percutanea (PEG) ed il paziente sia candidato a RT-CHT neoadiuvante si può procedere
al posizionamento di un accesso gastro o digiunostomico, per nutrizione enterale
d) Molto utile è lo studio ecografico intraoperatorio, soprattutto nelle localizzazioni parenchimali
e) Nei linfomi, anche se attualmente
con indicazioni limitate, può essere
eseguita contemporaneamente la
splenectomia
f) Nelle donne fertili con indicazione
alla radioterapia sulla pelvi, si esegue l’ovariopessi
Nel dolore addominale cronico
l’Indicazione elettiva è soprattutto nel
dolore pelvico. La L.E. è in grado di
Figura 22.3 Noduli endometriosici responsabili di una
sintomatologia algica
168
CAP. XXII
Laparoscopia esplorativa
visualizzare la presenza di s. aderenziali (vedi capitolo XXXIV), e di endometriosi nelle sue
varie localizzazioni.
Utile anche nell’individuazione della s. di Fizz-Hugh-Curtis (periepatite secondaria ad annessite), di patologie infettive o parassitarie, specie nei pazienti provenienti da paesi tropicali.
Figura 22.4 Ascesso pelvico responsabile di sintomatologia dolorosa e febbre
Negli stati di sepsi cronica
la L.E. è in grado di dimostrare la presenza di patologie
difficilmente evidenziabili con
la diagnostica d’immagine,
quali la colecistite alitiasica e
le ischemie mesenteriche.
Nell’infertilità, che è stata
una delle prime indicazioni (e
tuttora è molto impiegata)
permette di valutare lo stato
degli annessi, la pervietà tubarica, la morfologia dell’apparato genitale, eseguendo al
contempo prelievi bioptici, lisi
di aderenze, determinazione
di stati di intersessualità.
Figura 22.5 Peritonite cronica asettica in dialisi peritoneale
169
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Infine La laparoscopia esplorativa è indicata anche nell’esplorazione del paziente
traumatizzato, del paziente in terapia intensiva con quadri non facilmente identificabili e nell’addome
acuto.
Per questi argomenti si rimanda ai capitoli specifici.
Figura 22.6 Metastasi epatiche
170
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
B. Benini - B. Truosolo - S. Manfroni
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
XXIII.I - Colecistectomia laparoscopica
When in doubt, you take it out,
and if you can’t wait, you operate.
E. Palanca
Indicazioni:
•
•
•
•
Calcolosi colecisti sintomatica
Colecistite acuta litiasica ed alitiasica
Colecistite cronica e/o riacutizzata litiasica
Poliposi della colecisti
Controindicazioni:
Assolute
• Colangiti con shock settico
• Cirrosi Child C
• Cancro colecisti accertato
Relative
• Peritoniti diffuse
• Pancreatite acuta severa
• Fistola colecisto-enterica
• Gravidanza al I e III trimestre
Prima colecistectomia laparoscopica Muhe 1985
Setup della Sala Operatoria
Figura 23.1 Disposizione dell’equipe
Operatore
Assistente
Aiuto
Strumentista
172
G
G
G
G
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
Europea (Dubois)
Paziente
• Paziente supino con gambe divaricate
• Braccia abdotte
• Sondino nasogastrico
• Posizione anti-Trendelemburg (rotazione verso sinistra opzionale)
Equipe
• Operatore tra le gambe del paziente
• Aiuto al fianco sinistro del paziente
• Assistente al fianco destro del paziente (non indispensabile)
• Strumentista vicino al piede destro del paziente all’altezza dell’operatore
• Monitor alla testa del paziente sul lato destro
Americana (Reddick)
Paziente
• Paziente supino
• Braccia abdotte
• Posizione di antiTrendelemburg e rotazione verso sinistra
• Sondino nasogastrico
Equipe
• Operatore al fianco sinistro
• Aiuto al fianco destra
• Assistente al fianco sinistro distalmente all’operatore
• Strumentista al fianco destro distalmente all’aiuto
Strumentario
1. Standard
2. Aperto sul tavolo
• Ottica 0° 30° gradi
• 2 Trocar 10 mm
• 1-2 Trocar 5 mm
• Applicatore clip 5-10 mm (medie)
• Pinza da estrazione colecisti
3. Pronti in Sala
• Pinza bipolare
• Dissettore di Maryland
• Harmonic Ace
• Strumenti per colangiografia
• Endobag
173
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Antibioticoprofilassi
• Profilassi TVP
Postoperatorio
POD 0
• Rimozione sng
• Fluidoterapia
POD1-2
• Aimentazione e mobilizzazione dopo 12-24 ore.
• Rimozione drenaggio e dimissione dopo 24 ore
RICHIAMI ANATOMICI
174
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” transombelicale e creazione dello PNP (trocar A).
• Si esegue una prima esplorazione della cavità addominale e si introduce sotto visione il secondo trocar
(B) sulla linea ascellare anteriore destra, a livello dell’ombelicale traversa, o, meglio, 10-15 cm distalmente ad essa.
• L’aiuto introduce un trocar da 10 mm (D) sulla linea
pararettale sn 10-15 cm cranialmente all’ombelicale
trasversa. Si utilizza un trocar da 10 mm per potervi
inserire l’ottica durante la fase di estrazione della colecisti.
Figura 23.4 Disposizione dei
trocar
• Un ultimo trocar da 5 mm (C) viene inserito in epigastrio al di sotto dell’arcata costale destra evitando il legamento falciforme.
• L’aiuto, con una pinza da presa introdotta dal trocar C, afferra il fondo della colecisti e la
solleva verso il diaframma; l’operatore con una seconda pinza da presa introdotta dal tro-
175
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
car B afferra l’infundibolo e lo attrae
lateralmente. Nel paziente magro,
la semplice esposizione del Calot
permette già di individuare sotto la
sierosa gli elementi anatomici da
isolare.
• Una volta esposto il triangolo di
Calot si iniziano a preparare il dotto
e l’arteria cistica incidendo il peritoneo in prossimità dell’infundibolo
della colecisti, lontano dalla via biliare principale.
Figura 23.5 - Trazione ed esposizione della colecisti
• Medialmente è buona norma mantenenersi molto superficiali per evitare lesioni dell’arteria cistica o di
suoi rami che possono compromettere, con il sanguinamento, la
visione.
• Analogamente si incide il peritoneo
posteriormente
all’infundibolo
della colecisti e si prepara lo spazio
compreso tra colecisti e fegato
• Inciso, così, il peritoneo, la CO2 penetra nel tessuto connettivale lasso
facilitando la preparazione e l’isolamento degli elementi.
Figura 23.6 - Trazione corretta sulla tasca di Hartmann
• La preparazione deve permettere di
circondare entrambe le strutture
mettendo in evidenza l’origine del
cistico dall’infundibolo colecistico.
Ottenuto uno spazio sufficiente (di
almeno 1 cm) si posizionano 2 clips
distali ed una prossimale su arteria
e dotto cistico; si seziona preferibilÈ utile ruotare la punta dell’applicatore di clip fino a vederne entrambe le branche, per avere la
certezza di aver incluso completamente la struttura da chiudere.
Figura 23.7 - Sezione del peritoneo a livello del triangolo
epato-cistico
176
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
mente, prima l’arteria cistica e poi il
cistico.
• La colecisti viene quindi scollata dal
letto epatico. La giusta tensione
delle pinze da presa, che a questo
punto possono essere invertite
(aiuto sostiene l’infundibolo ed
operatore il fondo) permette quasi
sempre di individuare con facilità il
piano di dissezione. Si evita di
perforare la colecisti ed inquinare
così il campo operatorio con bile e
calcoli o di penetrare e lacerare il
parenchima epatico, con conseguente sanguinamento. La liberazione della colecisti avviene per via
retrograda, iniziando dall’infundibolo per risalire fino al fondo.
• La colecisti, libera, viene abbandonata momentaneamente nello spazio interepatodiaframmatico e,
sollevato il fegato con la pinza nel
trocar C, si procede ad un’attenta
revisione dell’emostasi ed al lavaggio della cavità peritoneale introducendo la cannula di aspirazione
e lavaggio nel trocar D.
Figura 23.8 - Sezione del peritoneo posteriore
Figura 23.9 - Dotto cistico ed arteria cistica preparati
• Qualora il sanguinamento del letto
fosse significativo è indicato introdurre una longhetta ed esercitare
una compressione sul letto. In molti
casi la sola compressione è sufficiente
ad ottenere l’emostasi, altrimenti è
possibile utilizzare la coagulazione
monopolare in modalità spray o bipolare. Al termine si possono applicare delle spugne emostatiche.
• E’ buona norma lasciare nelle prime
24 ore un drenaggio sottoepatico
24 French. Per introdurlo si fa fuoriuscire dal trocar B una pinza inse-
Figura 23.10 - Clippage delle strutture
177
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 23.11 - Errori nel clippage
rita dal trocar D: sfilato il trocar di
destra si afferra il drenaggio con la
pinza e lo si introduce in cavità posizionandolo nella tasca di Morison
o nel letto colecistico.
• La colecisti viene estratta dal trocar
ombelicale. Per far questo si sposta
l’ottica nel trocar D e si introduce
dal trocar A la pinza da estrazione o
l’endobag.
• Qualora vi fosse il rischio di contaminazione per lacerazioni della colecisti o per presenza all’interno di
calcoli di diametro superiore a due
cm, si impegherà per l’estrazione
un endobag. All’interno del sacchetto sarà anche possibile frantumare calcoli di grandi dimensioni.
• L’estrazione dei trocar è sotto visione, controllando eventuali sanguinamenti nelle sedi di inserzione.
Quindi si procede all’evacuazione
Figura 23.12 - Dissezione della colecisti su di un piano sottosieroso
Figura 23.13 - Dissezione al termine
178
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
dello pneumoperitoneo, alla sintesi del piano fasciale nel solo accesso ombelicale ed all’accostamento cutaneo delle altre brecce.
• Per diminuire il dolore postoperatorio si può eseguire un infiltrazione con anestetico locale nella sede delle ferite.
Colangiografia
In presenza di vie biliari dilatate o di dubbi anatomici è necessario eseguire una colangiografia intraoperatoria.
Tecnica
Una volta isolato il cistico si pone una clip sul versante colecistico e, tenendolo teso, lo si incide subito al di sotto della clip quanto basta per far passare un catetere da colangiografia
o una pinza di Olsen per colangiografia, inseriti dal trocar C. Si gonfia quindi il palloncino
che si trova all’estremità o si afferra il cistico con la pinza e si inietta il contrasto.
Vie biliari con calcoli o dilatate con stenosi:
1. si prosegue l’intervento lasciando inserito all’interno del cistico un catetere di Nelaton
n°8-12 F fissato con un nodo intracorporeo in filo riassorbibile.
Si rinvia qualsiasi trattamento della via biliare ad una CPRE postoperatoria. La presenza
del catetere transcistico permette di detendere la via biliare e fornisce all’endoscopista una
via su cui poter accedere alla via biliare attraverso un filo guida.
2. se è disponibile un equipe endoscopica, si esegue la procedura endoscopica nel corso dell’intervento stesso (rendez-vous endo-lapascosopico)
3. se non si è certi della riuscita della procedura endoscopica si procede con l’esplorazione
delle vie biliari per via open
4. coledocolitotomia laparoscopica: opzione discussa, limitata a centri selezionati; necessita di strumentazione apposita
come il coledocoscopio, un sistema piezoelettrico per la litotripsia, cateteri per il recupero dei
frammenti.
W. Traverso semplifica l’aspetto radiologico delle vie biliari descrivendole come una curva sigmoidea
costante formata da epatico sinistro,
epatico comune e coledoco, mentre l’inserzione del dotto cistico e
dell’epatico destro variano nel 12%
dei casi. In proiezione anteroposteriore il dotto cistico si inserisce sul
versante destro dell’epatico comune
con un’angolazione di 45°.
Figura 23.14 - CPRE
179
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
XXIII.II - Colecisti difficile e complicanze
della colecistectomia laparoscopica
La colecistectomia laparoscopica può presentare difficoltà per anomalie anatomiche od anatomopatologiche, che richiedono particolare attenzione nell’esecuzione dell’intervento.
1) Cirrosi epatica
Un tempo era considerata una controindicazione assoluta alla laparoscopia; attualmente
tale limitazione è riservata al solo stadio Child C. La difficoltà è sostanzialmente sostenuta
dalla presenza di ectasie venose nel letto della colecisti, che possono rendere estremamente
difficile l’emostasi. In letteratura sono riportati casi di emorragie intrattabile, con esito infausto. La tecnica più sicura è quella di evitare la dissezione del letto colecistico, abbandonando la muscolare della parete posteriore dell’organo adesa al fegato. Molta attenzione va
posta anche alla presenza di circoli neoformati dell’epiploon o dell’ombelico (s. di Cruveilhier-Baumgarten).
2) Obesità
Nel paziente obeso lo spessore della parete addominale rende difficile l’inserimento dei trocar. Gli strumenti possono risultare corti e la parete può fornire una notevole resistenza ai
movimenti. All’interno dell’addome il legamento rotondo ridondante può ostacolare la visione. Lo stesso peduncolo colecistico circondato da abbondante tessuto adiposo rende più
indaginosa la dissezione.
3) Addome ostile
Interventi eseguiti nei quadranti superiori dell’addome (resezioni coliche destra, resezioni gastriche, interventi sul duodeno) possono creare processi aderenziali che, coinvolgendo la colecisti, rendono difficile il riconoscimento dei reperi anatomici.
In questi casi è necessaria una cauta dissezione soprattutto per via smussa limitando l’utilizzo di dissettore ad ultrasuoni o dell’uncino in prossimità dei visceri, per evitare lesioni termiche per contiguità. E’ anche bene curare l’emostasi dell’omento dopo averlo distaccato.
4) Ipertrofia IV lobo
La presenza di un parenchima epatico di aumentata consistenza con un IV lobo che nasconde il campo chirurgico può costringerci ad utilizzare la pinza da presa nel trocar D non
per prendere la colecisti ma per sollevare il fegato. In alcuni casi, specie nei pazienti obesi,è
necessario aggiungere un quinto trocar per introdurre un palpatore e sostenere il parenchima epatico.
5) Cistico dilatato
In presenza di un cistico ectasico si deve sospettare la presenza di una litiasi dello stesso. Inciso, quindi, il cistico, prima di eseguire la colangiografia, si cerca di evacuare eventuali calcoli contenuti all’interno di esso spremendo il moncone distale con una pinza. Eseguita la
colangiografiai, se le clips non sono sufficienti, si può chiudere il moncone distale con un
180
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
endo-loop o con un nodo intracorporeo. In alternativa si possono utilizzare una serie di clip
sovrapposte come a formare una scaletta.
6) Coleciste idropica
La presenza di una colecisti distesa può impedire la presa da parte delle pinze. In questi casi
è preferibile svuotarla parzialmente del suo contenuto. Per evitare qualsiasi inquinamento
della cavità, si può aspirare direttamente all’esterno la bile tramite un’agocannula od un
ago da spinale infissi nella colecisti per puntura diretta dell’ipocondrio destra. In alternativa
si può eseguire sul fondo una piccola breccia con l’uncino o il dissettore ad ultrasuoni, in
cui introdurre l’aspiratore; la breccia verrà poi chiusa con la pinza da presa che afferrerà in
quel punto la colecisti.
7) Colecistite acuta
L’intervento, se possibile, non deve essere procrastinato oltre 72 ore dall’insorgenza dei sintomi per evitare che, trascorso tale periodo, la colecisti distesa e con pareti ispessite si trovi
all’interno di una inestricabile massa flogistica, adesa ai visceri limitrofi.
Quanto più è recente l’insorgenza del quadro clinico tanto più sarà semplice eseguire la
dissezione, da condurre il più possibile per via smussa, semplicemente allontanando le strutture. Risulta molto efficace, in questi casi, la dissezione con la cannula da irrigazione-aspirazione. Una volta resa visibile la colecisti per permetterne la presa da parte delle pinze è
necessario svuotarla. Va posta attenzione a non contaminare la cavità addominale con il
materiale biliare settico. Se ciò avviene, evitare lo spandimento ed eseguire abbondanti lavaggi della cavità.
In prossimità dell’ilo colecistico è spesso necessario sezionare le aderenze che si sono prodotte con il ginocchio duodenale superiore. Nella sezione di esse si avrà cura di mantenersi
in prossimità della parete colecistica, distanti dal duodeno, facendo attenzione alla propagazione del calore da parte degli strumenti.
L’estrazione dovrà avvenire utilizzando l’endobag.
Figura 23.15 - Colecistite acuta
181
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
COLECISTECTOMIA PARZIALE
Nelle colecistectomie acute o difficili, gli autori anglosassoni, e quelli americani in particolare, consigliano il ricorso alla colecistectomia parziale. Essa consiste nella semplice
asportazione della parete anteriore della colecisti e nella causticazione della mucosa della
parete posteriore. Nessun tentativo di legatura del cistico, che viene risparmiato sino all’infundibolo. Un drenaggio viene posto in prossimità dell’infundibolo beante e, se non vi
sono ostacoli nella VBP, il leak biliare si risolverà in pochi giorni; in caso contrario si potrà
eseguire una CPRE ed apporre un sondino naso-biliare.
Figura 23.16 - Empiena della colecisti
8) Colecistite cronica
Nella colecistite cronica le difficoltà sono rappresentate da:
• dimensioni estremamente ridotte della colecisti (scleroatrofica)
• ispessimento della parete della colecisti
• tenaci aderenze con gli organi viciniori con formazioni di fistole colecistocoliche o colecistoduodenali
• sclerosi flogistica dell’ilo colecistica con sovvertimento della normale anatomia (cronica riacutizzata).
La dissezione delle aderenze deve essere condotta con la medesima cautela utilizzata per le
forme acute. E’ importante verificare, al termine della dissezione, l’integrità della parete del
colon e del duodeno, per escludere la presenza di fistole spontanee o di lesioni iatrogene.
La colecisti di dimensioni ridotte e la flogosi cronica, che determina spesso una fusione del
cistico con l’epatico comune, può confondere l’operatore che, costruendosi un “falso triangolo di Calot”, finisce per preparare il coledoco invece del cistico.
In questi casi l’esecuzione di una colangiografia (eventualmente anche per puntura diretta
della colecisti) è indispensabile prima di effettuare qualunque sezione.
182
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
9) S. di Mirizzi
E’ provocata dalla presenza di un voluminoso calcolo infundibolare che comprime l’epatico
comune fino al decubito ed alla formazione, nei casi più gravi di una fistola tra colecisti e
VBP. Per lo più il trattamento laparoscopico è poco indicato, sia per le difficoltà di dissezione che per la necessità di sostenere la parete malacica della VBP con un tutore (tubo di
Kehr).
183
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
10) Fistola colecisto-duodenale o colecisto-colica
E’ una rara entità nosologica che può complicare le colecistiti croniche. Se asintomatiche il
riconoscimento avviene intraoperatoriamente e spesso richiede la conversione laparatomica. E’ però possibile trattarle con successo in laparoscopia obliterando il difetto, nel caso
del duodeno, con un patch epiploico alla Graham (vedi Cap. XXXV). Nel caso la fistola sia
colica, dopo aver mobilizzato ampiamente la flessura epatica e preparato la parete del viscere è possibile trattarla con una sutura meccanica trasversale.
11) Cistico difficile
Il dotto cistico può risultare di difficile dissezione per:
1. Colecisti distesa con infundibulo che protrude e che impedisce l’isolamento del cistico.
Può risultare utile detendere la colecisti
2. Voluminoso calcolo nell’infundibolo.
La sua presenza oltre ad ostacolare la visione, impedisce la presa. Anche in questo caso
può risultare utile detenere la colecisti per cercare di mobilizzare il calcolo
3. Voluminoso linfonodo di Mascagni flogistico e facilmente sanguinante.
La sua presenza può rappresentare un importante punto di repere, può essere rimosso
ed esporre così le strutture del peduncolo.
184
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
12) Anomalie biliari
A)Varianti anatomiche del cistico
Impianto basso del
cistico
Cistico posteriore
Impianto a sinistra
del cistico
Cistico con origini
anomale
Agenesia
dell’epatico destra
Assenza del cistico
ed origine dall’epatico della colecisti
Origine del cistico Dotti di Luschka
dall’epatico sinistra
B)Anomalie della VBP
Comprendono lo scivolamento verso il basso, al di fuori dell’ilo epatico, del dotto paramediano (16%) e del posterolaterale (4%). Lo scivolamento verso il triangolo di Calot dei dotti
di destra può causare la loro legatura accidentale soprattutto quando la confluenza del
dotto cistico avviene sugli stessi. La legatura in prossimità, anzi in continuità visiva con l’infundibolo, può prevenire possibili danni alla via biliare principale.
185
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
13) Sanguinamento
• Omentale in presenza di aderenze
Evitare una dissezione per trazione; lo scollamento delle aderenze omentali deve avvenire
prevedendo un accurata emostasi dei vasi omentali soprattutto in presenza di flogosi e ricercando un piano di clivaggio, che è sempre aderente alla parete della colecisti.
L’emostasi con il “cauterio” deve avvenire a debita distanza dai visceri, preferibilmente con pinza bipolare che riduce la dispersione laterale di energia.
• Dal triangolo di Calot
Di solito l’origine è da vasi pericistici, dall’arteria cistica o dai suoi rami.
E’ necessario incidere il più ampiamente possibile la sierosa peritoneale del Calot per aprire
lo spazio sottosieroso dove si trovano le strutture del peduncolo colecistico. Evitare coagulazioni alla cieca soprattutto medialmente e prediligere la via di dissezione smussa.
• Se il sanguinamento non è pulsante
Comprimere con tampone e contemporaneamente pulire il campo operatorio con la cannula d’irrigazione-aspirazione. In molti casi è sufficiente mantenere la compressione per
1-2 minuti per ottenere l’emostasi. Se ciò non avviene, individuata la fonte, si coagula
con bisturi ad ultrasuoni o pinza bipolare.
• Se il sanguinamento è pulsante
Comprimere con tampone, individuare la fonte e clamparla temporaneamente con le pinze.
Questa manovra può prevedere l’inserimento di un quinto trocar da utilizzare per inserire la
pinza da emostasi o la cannula di irrigazione-aspirazione necessaria a mantenere la visibilità
del campo operatorio. Se si riesce a bloccare il sanguinamento, recuperata una visione adeguata, si individua anatomicamente la fonte del sanguinamento preparandola meglio e, se
di pertinenza dell’arteria cistica o di rami ad essa triburatari, si applicano delle clip.
Anatomia normale
a.cistica duplice
a. cistica originante dal tri- a. cistica duplice
pode celiaco
186
a.cistica anteriore alla VBP con
origine da a. epatica comune
a. cistica da a. epatica sinistra
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
Se viceversa non si riesce a controllare il sanguinamento o se, una volta controllato, vi sono dei dubbi anatomici è IMPERATIVO eseguire una laparotomia.
• Letto epatico
Evitare trazioni eccessive soprattutto in colecisti indovate. Non stancarsi mai di ricercare
con la giusta esposizione il piano di clivaggio costituito da connettivo lasso che mantiene
adesa la colecisti al proprio letto.
Il più delle volte lo si può temporaneamente ignorare aspettando l’effetto prodotto dalla
compressione dello pneumoperitoneo o di un tampone messo a comprimere.Se ciò non è
sufficiente, si può utilizzare l’elettrobisturi, meglio se in modalità spray o bipolare.
In ultimo, per perfezionare l’emostasi, soprattutto in presenza di problemi di coagulazione,
si possono apporre nel letto toulle di Tabotamp fibrillare.
14) Lesioni vie biliari
Nonostante la diffusione della metodica laparoscopica presentano ancora un’incidenza
elevata (1,4%), con importanti conseguenze sulla salute del paziente, ricadute economiche per l’aumento della degenza e delle procedure chirurgiche necessarie e, non
ultimo, importanti sequele medico-legali.
Si verificano soprattutto per errori nell’interpretazione dell’anatomia in presenza di tessuti
flogistici o particolarità anatomiche. Sono frequenti in un campo operatorio con la visione
ostacolata da una fonte emorragica.
Le lesioni iatrogene sono direttamente proporzionali al numero di clips applicate!
Come già descritto, è indispensabile eseguire la preparazione degli elementi del Calot mantenendosi aderenti alla colecisti ed isolarli completamente prima del loro clippage e sezione.
Ancora una volta si sottolinea l’importanza di l’esporre il Triangolo di Calot con una trazione della colecisti verso l’esterno e non craniale, per allontanarla dalla via bilare principale.
La presenza di un cistico di dimensioni aumentate o, durante la dissezione, di
strutture tubulari impreviste
devono indurre a riconsiderare la propria percezione dell’anatomia. La valutazione
anatomica, in questi casi, sarà
completata dalle immagini
della colangiografia intraoperatoria.
Si deve sempre sospettare la
presenza di una lesione
quando, una volta isolata la
colecisti e sezionato il cistico,
sia presente bile nel campo
operatorio.
187
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Non indugiare a convertire in accesso open se non vi è una chiara identificazione delle vie biliari.
Le lesioni delle vie biliari sono descritte dalla classificazione di Strasberg:
Tipo A- B – C Lesioni di dotti aberranti (dotti di Luskha)o del cistico
Tipo D Lesione parziale della VBP
Tipo E Stenosi VBP
188
CAP. XXIII
Colecistectomia laparoscopica
Riconoscimento intraoperatorio
La inattesa presenza di bile o la presenza di un numero anomalo di strutture clippate deve
far sospettare una lesione della VPB.
Per definire il tipo di lesione è necessaria la conversione laparatomica.
Una piccola lacerazione laterale può essere suturata proteggendola con un drenaggio a T.
Una transezione completa può richiedere una riparazione con epaticodigiunostomia su ansa
all Roux. La riparazione primaria della via biliare espone al rischio elevato di deiscenza e stenosi.
Se l’operatore ha una scarsa confidenza con la chirurgia epatobiliare è più corretto che dreni
la via biliare e trasferisca il paziente in un centro specializzato.
15) Leak biliare e biloma
Un leak biliare che si sviluppi nel postoperatorio, dando segno di sè dal drenaggio o, più tardivamente, per il formarsi di una raccolta sottoepatica, necessita di studio eco e tac. Il paziente sarà sottoposto a CPRE: se l’esame dimostrerà trattarsi di una piccola lesione del
cistico sarà sufficiente l’introduzione di un sondino naso-biliare e l’eventuale drenaggio percutaneo della raccolta, altrimenti sarà necessaria la laparotomia.
Il biloma, una volta che si infetti, può essere responsabile della formazione di pseudoaneurismi del ramo destro dell’arteria epatica. Questi sono il frutto dell’azione combinata tra la
bile infetta e corpi estranei (clip) che provocano un danno alla tonaca media arteriosa.
L’aneurisma dell’epatica destra è causa di emorragie intraperitoneali devastanti il cui trattamento è preferibilmente endovascolare, per la facilità di recidiva dopo legatura chirurgica.
ANATOMIA
Non proseguire l’intervento in presenza di dubbi sui riferimenti anatomici
SANGUINAMENTO
Non tentare di fermarlo con clippaggi ripetuti ed alla cieca
COAGULAZIONE
Controllare sempre il dorso dello strumento e la sua vicinanza
ai visceri. Evitare coagulazioni prolungate
TRAZIONE ECCESSIVA
Può provocare disinserzioni dell’infubdibolo o sanguinamenti
TRAZIONE
ERRATA
Verso l’alto e contro il fegato, porta ad un pericoloso allineamento del cistico e della vbp
CLIPPAGGIO DISTALE
Del dotto cistico con possibile coinvolgimento della VBP
PERFORAZIONE CISTICO o VBP
Soprattutto durante le manovre per eseguire la colangiografia
LACERAZIONE PARENCHIMA EPATICO
Da dissezione su di un piano sbagliato o per manovre di divaricazione inappropriate
E
V
I
T
A
R
E
KEY POINTS
189
CAP. XXIV
Ernioplastica laparoscopica
S. Manfroni - B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Ernioplastica laparoscopica
I know more than a hundred surgeons
from which I would immediately remove
the gallbladder but only one from which
I would operate inguinal hernia
W.H. Ogilvie 1887-1971
Indicazioni:
• Ernie inguinali bilaterali
• Ernie inguinali monolaterali recidive dopo plastica anteriore
• In associazione ad altre procedure laparoscopiche
• Necessità di rapido ritorno ad attività fisico-sportiva
Prima ernioplastica laparoscopica Schultz L 1990
Controindicazioni:
Assolute
• Bambino e adolescente
Relative
• Ernie strangolate
• Pregressi interventi nello spazio di Retzius (prostata vescica)
• Pelvi irradiata
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Supino con braccia lungo il corpo
• Catetere vescicale e sondino naso gastrico
• Posizione di Trendelemburg 30° gradi
dopo aver posizionato i trocar
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Figura 24.1 Disposizione dell’equipe
192
CAP. XXIV
Ernioplastica laparoscopica
Equipe
• Operatore al fianco del paziente dal lato opposto alla patologia erniaria
• Assistente di fronte
• Strumentista accanto all’operatore, distalmente
• Colonna ai piedi del paziente
Strumentario
1. Standard
2. Aperto sul tavolo
Ottica 0°
1 Trocar 10 mm
2 Trocar 5 mm
Porta-aghi 5 mm
Spiral Tacker
Rete in prolene 10x15
3. Pronti in Sala
Figura 24.2 Disposizione dei trocar
Harmonic Ace da 5 mm
Spinginodo
Pinza bipolare
Quixil 2 ml con applicatore laparoscopico
Filo PDS 2-0 per spinginodo Ethicon
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Profilassi antibiotica e TVP
Postoperatorio
POD 0
Fluidoterapia postoperatoria 1000 cc
Dieta idrica dopo 4-8 ore
Si alza dopo 4-8 ore
POD 1
Alimentazione leggera
Dimissione
193
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Principali reperi anatomici
Fossette inguinali
Sono tre aree anatomiche in cui si divide la faccia posteriore della parete della regione inguinale:
1) fossetta inguinale laterale, all’esterno della plica
ombelicale laterale (ernie oblique esterne)
2) fossetta inguinale mediana, tra plica ombelicale
laterale e media (ernie dirette)
3) fossetta inguinale interna, tra plica ombelicale
mediale e mediana (ernie oblique interne).
Plica ombelicale laterale
Plicatura peritoneale formata dai vasi epigastrici.
Plica ombelicale mediale
Plicatura peritoneale formata dal residuo embrionario
dell’arteria ombelicale.
Plica ombelicale mediana
Plicatura peritoneale formata dal residuo dell’uraco, teso
tra l’apice della vescica e l’ombelico.
Legamento inguinale
o di Poupart
Tratto inferiore dell’aponeurosi del m.obliquo esterno, ripiegato a doccia, si estende dalla spina iliaca anteriorsuperiore al tubercolo del pube.
Vasi epigastrici inferiori
Rami dei vasi ipogastrici che attraversano lo spazio miopettineo per raggiungere il ventre del m.retto addominale e decorrere in senso craniale fino ad inoscularsi con
i vasi mammari.
Vasi iliaci esterni
Decorrono nello spazio miopettineo al di sotto del legamento inguinale, superiormente alla branca orizzontale
del pube, in corrispondenza della lacuna vasorum. Sono
contenuti nel triangolo del disastro.
Corona mortis
Ramo anastomotico tra a.epigastrica profonda ed a. otturatoria, oltre ad un reticolo venoso anastomizzato con
il plesso prevescicale di Retzius. Decorre posteriormente
al pube, nello spazio di Bogros.
Spina iliaca anterior
superiore
Spina ossea del bacino, punto di inserzione laterale del
leg.inguinale.
Ligamento di Cooper
Ispessimento fibroso del periostio della cresta pettinea,
di aspetto madreperlaceo, sede di inserzione del m.petineo, del m.trasverso abdominis e del legamento riflesso
di Gimbernat.
194
CAP. XXIV
Ernioplastica laparoscopica
Triangolo dolore
(pain triangle)
Sede di decorso dei nn.crurale, femorocutaneo laterale,
ileoinguinale e genitofemorale, è delimitato dal tratto
ileopubico lateralmente e dai vasi spermatici medialmente.
Triangolo disastro
(doom triangle)
Sede di decorso dei vasi iliaci, è delimitato lateralmente
dai vasi spermatici e medialmente dal dotto deferente.
Spazio di Bogros
Spazio preperitoneale retropubico, che si continua medialmente e superiormente con lo spazio prevescicale di
Retzius.
Orifizio miopettineo
di Fruchaud
Area anatomica da cui originano tutte le ernie. E’delimitata da: arco dei mm. obliquo interno e trasverso (sup),
m. ileopsoas (lat), margine lat del m retto (med), legamento di Cooper (inf). Il legamento inguinale attraversa
orizzontalmente l’area dividendola in 2 porzioni. La superiore che contiene l’anello inguinale interno mentre
quella inferiore l’anello crurale.
Tratto iliopubico
o benderella iliopettinea
di Thompson
Ispessimento della fascia trasversalis, corrispondente al ligamento inguinale sul versante profondo della parete addominale.
195
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
196
CAP. XXIV
Ernioplastica laparoscopica
Tecnica chirurgica
• accesso VLS “open” transombelicale e creazione dello pneumoperitoneo (trocar A)
• Esplorazione della cavità addominale estesa
agli ipocondri
• Si introduce un trocar da 5 mm sulla linea
mammaria a livello dell’ombelicale traversa dal
lato dell’ernia ed un terzo trocar da 5 mm
nella fossa iliaca controlaterale
• Nell’ernia bilaterale il trocar per l’ottica potrà essere posto 2 cm sopra l’ombelico ed i
due trocar da 5 mm saranno posti entrambi sull’ombelicale trasversa, all’incrocio con la
linea mammillare
• Si traccia la linea di incisione del peritoneo eseguendo coagulazioni sullo stesso.
Figura 24.3 Incisione del peritoneo
• Si incide quindi il peritoneo con le forbici, 2 cm sopra l’orifizio inguinale interno, e si prosegue lateralmente fino alla proiezione della spina iliaca anterior-superiore.
• Medialmente l’incisione peritoneale continua fino al legamento ombelicale mediale, dove
per qualche centimetro assume un’andamento verticale, per meglio esporre il sottostante
legamento di Cooper.
197
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 24.4 Inizio della creazione del lembo peritoneale
• Si prepara il lembo peritoneale distaccandolo per via smussa dalla parete, prima ai lati dei
vasi epigastrici e poi nella parte che li riveste facendo attenzione a non lederli.
Figura 24.5 La dissezione viene condotta rasente al peritoneo
• Si mette in evidenza così medialmente la sinfisi pubica ed il legamento di Cooper. L’emostasi dei piccoli sanguinamenti dei vasi parietali deve essere accurata per non alterare la
visione. In presenza di un tessuto adiposo preperitoneale ben rappresentato, questo deve
essere lasciato adeso alla parete addominale. La dissezione deve essere condotta rasente
al piano peritoneale, ed, in ogni caso, si deve evitare la dissezione in mezzo al tessuto adiposo. Qui infatti si perdono facilmente i landmark anatomici.
198
CAP. XXIV
Ernioplastica laparoscopica
Figura 24.6 La fascia urogenitale adrisce al peritoneo
• Nella dissezione dello spazio di Bogros va posta attenzione a non ledere i vasi della corona mortis che sono posti superficialmente al legamento di Cooper.
Figura 24.7 Gli elementi funicolari parietalizzati
• Il peritoneo del sacco erniario, afferrato con una pinza fenestrata, viene introflesso in cavità. Durante questa manovra, nelle ernie oblique esterne, il sacco ed il lipoma pre-erniario devono essere dissociati dagli elementi del funicolo (o dal legamento rotondo nella
donna) che di solito decorrono posterlateralmente.
199
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 24.8 Completamento della preparazione dello spazio di Bogros
• In alcuni casi il peritoneo aderisce tenacemente alla fascia uro-genitale (duplicatura della
fascia trasversalis che riveste gli elementi del funicolo) e tali aderenze necessitano di essere distaccate con le forbici. Al termine di questo tempo si otterrà la “parietalizzazione”
dei vasi spermatici e del funicolo.
Figura 24.9 Sono visibili in trasparenza il leg. di Cooper ed legamento inguinale
• Nelle ernie con sacco voluminoso si può incidere il peritoneo del sacco abbandonando la
porzione distale adesa agli elementi del funicolo per evitare lesioni durante la dissezione
(tecnica di Ombredanne). La soluzione di continuo del peritoneo andrà però chiusa con
un loop o con una sutura.
200
CAP. XXIV
Ernioplastica laparoscopica
Figura 24.10 Disposizione della rete
• Nella preparazione del lembo, inferiormente, bisogna avere estrema cautela, nelle aree denominate triangolo del dolore e triangolo del disastro e la dissezione va condotta inferiormente fino al punto in cui il deferente si porta medialmente
Figura 24.11 Fissazione della rete con colla di fibrina (Quixil)
• Il margine superiore del peritoneo deve essere mobilizzato per 2-3 cm per meglio posizionare la rete
201
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 24.12 Riposizionamento del lembo peritoneale e fissazione con spiralette
• Al termine della preparazione sarà possibile vedere preparati lungo il margine inferiore
del flap peritoneale il legamento di Cooper ed il sottostante spazio di Bogros, il vaso deferente, i vasi iliaci e, proseguendo lateralmente, il tratto ileopubico.
Figura 24.13 Intervento al termine
• Per la plastica si impiega una protesi sagomata in materiale non riassorbibile, delle dimensioni di 15 x 10 cm.
202
CAP. XXIV
Ernioplastica laparoscopica
• Si introduce la protesi dal trocar ombelicale dopo averla arrotolata lungo il suo asse maggiore. Afferrandola con una pinza la si spinge verso la regione inguinale e la si srotola
nello spazio preperitoneale, andando a ricoprire tutta la regione miopettinea con un angolo posto nello spazio di Bogros.
• La migliore garanzia di fissaggio della rete è data dalle sue dimensioni e dal suo corretto
posizionamento. Comunque, per evitare migrazioni o retrazioni, si preferisce assicurarla
al piano sottostante.
• Esistono vari mezzi per fissare la rete:
1) Spiral Tracker Device
Le spiralette si posizionano lungo il margine superiore della rete iniziando dalla regione
mediale: Cooper, retto addome, fascia trasversalis, tenendosi almeno 2 cm al di sopra del
difetto erniario. Sono state attualmente commercializzate spiralette in materiale riassorCAVEAT
Attenzione ai vasi epigastrici ed ai “triangoli” del dolore e del disastro.
bibile, sicuramente da preferirsi.
Il posizionamento delle spiralette avviene con manovra bimanuale: una mano spinge il device e l’altra effettua una pressione sulla parete addominale dall’esterno contro l’estremità dello strumento.
2) Colle biologiche
Sono sufficienti 2 ml per lato. Si distribuiscono in piccole dosi sulla parete distendendoci
sopra la rete. Nelle rete a maglie larghe, una volta che sia aderente alla parete, la colla può
essere distribuita direttamente tra le maglie.
• La chiusura del peritoneo deve essere accurata per evitare che la rete, a contatto con le
anse, provochi aderenze o fistolizzazioni. Detta sintesi può essere eseguita con colla biologica, con una sutura continua o con le spiralette.
• Durante la sutura, per facilitare l’avvicinamento dei lembi peritoneali, è necessario diminuire la pressione endoaddominale a 6-8 mmHg.
• Nella ernie bilaterali si utilizza la medesima tecnica. Si preferisce eseguire prima la preparazione dello spazio preperitoneale su entrambi i lati e successivamente il posizionamente
delle reti.
203
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Condizioni particolari
• Addome operato
Interventi precedenti condotti nella pelvi possono richiedere una liberazione del campo
operatorio da possibili aderenze visceroparietali.
Interventi che hanno interessato lo spazio di Retzius aumentano la probabilità di lesioni
della vescica durante la preparazione del lembo peritoneale.
Complicanze
Sanguinamento
Come in tutti gli interventi di laparoscopia si possono avere fonti di sanguinamento nella
sede di inserimento dei trocar.
Nel corso della preparazione del lembo peritoneale ed isolamento del sacco erniario si possono produrre lesione dei vasi epigastrici inferiori o gonadici. La lesione dei vasi epigastrici
può richiedere una loro legatura da effettuare con clips o punti. Si possono usare anche
punti trasfissi transparietali.
CAVEAT
Tutti i vasi della regione inguinale possono essere legati eccetto i vasi iliaci esterni che devono essere riparati.
Lesioni viscerali
Sono facilitate dalla presenza di aderenze da pregressi interventi sulla pelvi. Richiedono una
pronta riparazione dell’enetrotomia e controindicano il contemporaneo posizionamento
della protesi.
Se la mesh non è perfettamente ricoperta dal foglietto peritoneale può creare aderenze con
anse intestinali ed essere causa, a distanza di settimane od anni dall’intervento, di crisi occlusive o di erosioni di un viscere, con conseguente formazione di fistole enterocutanee. In
questi casi il trattamento d’obbligo è la riparazione viscerale per via laparotomica e la rimozione della rete.
Lesioni della vescica
Prodotte durante la preparazione mediale del lembo peritoneale, soprattutto se vi è un’obliterazione dello spazio di Retzius per precedenti interventi (es. prostatectomia), richiedono
una riparazione immediata ed impongono il mantenimento del catetere vescicale nel postoperatorio.
Possono talora passare inosservate nel corso dell’intervento soprattutto se situate posteriormente; vanno sospettate se, nel postoperatorio, insorge dolore nei quadranti inferiori
dell’addome, versamento addominale, disuria e/o ematuria. Il trattamento può essere limitato al matenimento del catetere vescicale per qualche giorno, se non è presente uroperitoneo. Al contrario, lo spandimento intraperitoneale necessita di trattamento laparoscopio
o laparotomico.
204
CAP. XXIV
Ernioplastica laparoscopica
Testicoli
L’assenza di manipolazione del funicolo minimizza le lesioni dei suoi elementi, in special
modo quelle del plesso venoso, che sono la causa più frequente di complicanze a questo livello (dolore, edema, orchiti, idrocele, atrofia). Il rischio di lesioni del dotto deferente in laparoscopia risulta sovrapponibilie a quello con la tecnica open.
205
CAP. XXV
Plastica del laparocele
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Plastica del laparocele
Surgery is not difficult,
nor scary, it is fun.
H.C.Warren 1889-1990
Indicazioni:
• Ernia incisionale di dimensioni superiori ai 3 cm di diametro
• Laparocele intasato senza segni di strangolamento
• Difetti multipli di parete (swiss-cheese hernia)
Controindicazioni:
• Età pediatrica
• Addome ostile
• Difetto di parete superiore a 7 cm
Primo trattamento laparoscopico di ernia incisionale LeBlanc e Boot 1993
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale-gambe unite
• Linee di infusione a destra
• Braccia abdotte
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
• Possibilità di mutare posizione durante
l’intervento
Equipe
• Chirurgo ed aiuto a sinistra
• Strumentista a sx dell’operatore
• Monitor a sinistra
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Figura 25.1 Disposizione dell’equipe
208
CAP. XXV
Plastica del laparocele
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Ecografia o TC addome
• Dieta senza scorie per 7 giorni
• Preparazione intestinale (vedi cap. XIV)
• Profilassi antibiotica e TVP
Postoperatorio
POD 0
Rimozione sng e cv
Assunzione liquidi dopo 6-8 ore
Deambulazione dopo 6-8 ore
POD I
Alimentazione semiliquida
Interruzione infusioni
Figura 25.2 Disposizione dei trocar
POD II-III
Dimissione
Strumentario
1. strumentario standard
2. aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Trocar da 10 mm (1)
• Trocar da 5 mm (2)
• Applicatore di clip a spirale
• Suture-passer
• Protesi Proceed
3. Pronti in sala
• Pinza bipolare
• Porta-aghi
• Sutura 2-0 3-0 PROLENE
• Harmonic Ace
• Colla di fibrina Quixil
• Trocar 10mm supplementare
Trick: Il paziente deve essere posizionato sul margine laterale sinistro del letto operatorio per permettere di abbassare molto l’applicatore di clip nel posizionare quelle più vicine all’operatore.
209
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” in fianco sinistro, dove le
aderenze sono meno frequenti. Impiego tassativo di trocar bladeless o di Hasson (Trocar A).
• Esplorazione della cavità addominale ed eventuale lisi di aderenze lasse con la sola telecamera.
Fig. 25.3 Lisi delle aderenze.
• Introduzione di altri 2 trocar disposti a circondare il difetto e posti alla maggior distanza
possibile dal difetto di parete (Trocar B- C).
• Eventuale inserimento di un quarto trocar da 10 mm (Trocar D) sul fianco controlaterale
per poter introdurre l’ottica e verificare il posizionamento della protesi.
• Adesiolisi fino ad esporre ampiamente il difetto e la parete sana.
• L’adesiolisi sarà facilitata da manovre di controtrazione o pressione esercitate sul sacco o
sulla parete dall’aiuto.
• Una volta liberata la porta erniaria se ne disegneranno i margini sulla cute; si procederà
quindi alla misurazione del difetto per poter procedere alla scelta della protesi. La protesi
deve sopravanzare il difetto di almeno 4 cm.
210
CAP. XXV
Plastica del laparocele
• Per effettuare una misurazione esatta della porta erniaria, i margini della soluzione di continuo possono essere repertati sia palpatoriamente (individuando la punta di uno strumento attraverso la parete) che visivamente (introducendo degli aghi dall’esterno).
Fig. 25.4 Visione endoscopica del difetto di parete.
• Ai 4 angoli della protesi vengono ancorati dei fili in materiale non assorbibile.
Trick: Si consiglia di impiegare fili di colore diverso, appaiati, per riconoscere, e quindi
orientare, i lati della rete.
È anche utile identificare gli angoli numerandoli con una penna dermografica sterile.
• La protesi viene arrotolata in maniera da poter essere introdotta facilmente in addome.
• Si sconsiglia di introdurla attraveso il trocar da 10 mm perché, nell’impiego di protesi
composite, si possono provocare danni al film che ne compone uno strato.
• Si introduce quindi la protesi dall’orifizio cutaneo del trocar ottico, dopo averlo temporaneamente rimosso.
• Una volta introdotta in addome la protesi viene orientata con l’impiego dei fili e del differente colore ed aspetto delle due superfici.
• Si effettuano 4 piccole incisioni di 2 mm ai punti cardinali, scelti in precedenza sul disegno cutaneo; attraverso questi si introduce un suture-passer e si estraggono i fili, sotto
guida video.
211
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Si portano all’esterno i fili posti agli angoli della rete con l’impiego di un suture-passer e
li si mettono in tensione.
Trick: Se non ho il suture-passer?
Attraverso le piccole incisioni si introduce un uncinetto in accaio od un ago di Reverdin.
È anche possibile afferrare i fili con una Crile retta.
• Desufflazione dell’addome fino a 6 mmHg per detendere la parete addominale.
• Annodamento nel sottocute dei fili esteriorizzati.
• Fissazione della protesi alla parete addominale con l’impiego di spiralette che si fissano alla
parete addominale e si appongono facendo contropressione con la mano dall’esterno.
Fig. 25.5 Misurazione della soluzione di continuo.
• Le spiralette vanno poste a corona e la loro distanza non deve superare il centimetro. A
totale obliterazione dell’eventuale spazio morto si inietta, con l’apposito applicatore laparoscopico, colla di fibrina ad alto potere adesivo.
• È necessario applicare una doppia corona di spiralette.
• Disponendo del suture passer è altresì utile applicare alcuni punti di sutura transfasciali per
fissare ulteriormente la protesi.
• Chiusura con sutura degli orifizi dei trocar da 10 mm.
212
CAP. XXV
Plastica del laparocele
Fig. 25.6 Applicazione delle suture cardinali.
Nuovi sviluppi dei materiali:
Physiomesh (in commercio dal 2011)
Rete composita macroporosa di polipropilene e polidiossanone rivestiti da poliglecaprone.
Questo abbinamento consente di unire alla robustezza tensile del polipropilene alcuni vantaggi: possibilità di aderire alla parete addominale per via della propria tensione superficiale
e, quindi, non necessita di punti di ancoraggio transparietali per il posizionamento. Presenta inoltre un disegnoper il corretto orientamento spaziale e non ha verso di impiego, in
quanto entrambe le superfici sono antiaderenziali.
Complicanze
Recidiva
È la complicanza più frequente (4%), spesso, ma non sempre, legata a difetti di tecnica. È
molto frequente con l’uso di protesi di dimensioni ridotte, per l’infezione della protesi, per
l’ancoraggio insufficiente.
Il trattamento può essere effettuato con relaparoscopia ed overlapping con una nuova protesi.
CAVEAT
Una enterotomia non riconosciuta o sviluppatasi tardivamente porterà a complicanze settiche estermamente gravi, anche per la consensuale cellulite dell’adipe sottocutaneo, nelle
sedi di inserzione dei trocar.
213
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Enterotomia
Complica l’1,9-2,9% delle procedure. Deve essere prevenuta con la dissezione effettuata a
distanza dalla parete intestinale, per via tagliente, senza l’uso di coagulazione, afferrando
solo mesi od appendici epiploiche e non direttamente le anse.
Un’enterotomia riconosciuta durante la procedura può essere riparata ma il posizionamento
della protesi sarà rinviato.
Fig 25.7 Fissazione della protesi alla parete con protack.
Sieroma
Complica il 12% delle procedure ed è più frequente con l’impiego delle protesi in pTFE. Generalmente non richiede trattamento e si risolve spontaneamente. Alcuni ne consigliano la
prevenzione con la cauterizzazione della parete del sacco. Se molto sotto tensione o molto
voluminoso è bene evacuarlo.
Dolore parietale
Complica il 2% delle procedure ed è legato ai punti di sutura od all’applicazione di tacks
metalliche. Si può prevenire con l’impiego di spirali riassorbibili.
Infezione protesica
È presente nel 2% degli interventi ed è più frequente con l’uso del pTFE che ha una scarsa
resistenza alle infezioni. La protesi in pTFE infetta va spesso rimossa. Le protesi in monofilamento sono sensibilmente più rsistenti.
L’infezione della protesi deve essere prevenuta evitando il contatto tra cute e protesi, usando
un telo adesivo (sterildrape).
214
CAP. XXV
Produttore
Plastica del laparocele
Nome
Materiale
Caratteristiche
Physiomesh
Polipropilene+ polidiossanono (PDS)
rivestiti da poliglecaprone 25 (mnocryl)
Macroporosa, modellabile, aderisce per tensione superficiale
alla parete addominale, non
ha un verso, ridotto shrinking
PROCEED
ePTFE
a doppia porosità
(viscerale 3 μm –
parietale 22 μm)
Effetto memoria, lento assorbimento, leggera, macroporosa, buona incorporazione
tissutale, resistente alle infezioni, può essere tagliata.
DUALMESH
Polipropilene +
Polidiossanone +
rivestimento
interno cellulosa
ossidata rigenerata
(OCR)
Pesante, scarsa incorporazione nei tessuti, scarse adesioni, Può essere tagliata, ne
esiste un tipo con trattamento
antimicrobico (Ag).
PARIETEX
COMPOSITE
Poliestere tridimen- Buona incorporazione tissusionale + lamina
tale, non può essere tagliata,
leggera, macroporosa.
collagene peg e
glicerolo
SEPRAMESH
Polipropile + barManeggevole, macroporosa,
riera antiaderente
buona incorporazione, breviszuccheri modificati simo effetto antiaderente
(7gg), può essere tagliata.
COMPOSIX
Polipropilene +
ePTFE
DULEX
ePTFE macroporoso Pori di 200 μm (20 volte sup.
alla dualmesh) sempre inferiore come incorporazione al
PP, può essere tagliata.
215
Microporosa, buona antiaderenza, scarsa colonizzazione
fibroblastica, può essere tagliata.
CAP. XXVI
Plastiche antireflusso per GERD
ed ernia iatale
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
XXVI.I - Plastiche antireflusso per GERD
Esophagus: as a result of the muscle
being loosely knit, anastomosis implies
suturing the unsuturable….
I. Lewis 1895-1982
Indicazioni:
Reflusso gastroesofageo accompagnato da:
•
•
•
•
esofagite severa od esofago di Barret
complicazioni respiratorie (tosse cronica, asma, broncopolmoniti o bronchiectasie)
sintomatologia extradigestiva.
Pazienti giovani sottoposti con successo a terapia con inibitori di pompa che recidivino alla
sospensione della terapia o che non vogliano sottostare a terapia cronica.
N.B. I pazienti che ricevono maggior beneficio sono quelli che rispondono meglio alla terapia con inibitori di pompa protonica.
Controindicazioni
• Generali alla laparoscopia
• Discinesie esofagee
Prima fundoplicatio laparoscopica sec Nissen Dallemagne 1992
218
CAP. XXVI
Plastiche antireflusso per GERD
REPERI ANATOMICI
DEL GIUNTO GASTRO-ESOFAGEO E DELLO IATO
Pilastri diaframmatici
Digitazioni muscolo aponeurotiche del diaframma che si inseriscono a livello dei corpi vertebrali di L1-2. I pilastri diaframmatici destro e sinistro sono uniti distalmente da un
inspessimento della fascia endoaddominale, il legamento arcuato, che è a diretto contatto con il tripode celiaco.
Hiatus oesofagi
o iato esofageo
Tunnel muscolare, di forma ellittica e di 2 cm di lunghezza
formato dai pilastri diaframmatici o, più spesso, dalla divisione
delle fibre del pilastro diaframmatico destro che fondendosi
alle fibre del sinistro ne costituiscono un insieme. Lo iato esofageo è posto all’altezza della X vertebra toracica. I due pilastri diaframmatici altro non sono che digitazioni muscolari del
diaframma, che si inseriscono distalmente e posteriormente
sulla colonna all’altezza delle prime vertebre lombari.
Membrana
di Bertelli-Laimer
Membrana sierosa tesa tra lo iato esofageo ed esofago.
Pars condensa
del piccolo epiploon
Porzione craniale del legamento gastro-epatico costituita da
sola sierosa e quindi trasparente.
Legamento
gastro-frenico
Ispessimento del peritoneo posteriore a sinistra del pilastro
diaframmatico omolaterale, che fissa il fondo gastrico al diaframma.
Nervi vaghi
X paio dei nervi cranici. Formano due tronchi, che decorrono
aderenti all’esofago, ai suoi lati; il sinistro si dirige verso la piccola curva ed il destro posteriormente.
Arteria epatica
sinistra accessoria
o di Hyrtl
Presente nel 25% dei casi, nasce dall’a.gastrica sinistra ed irrora il fegato sinistro dopo averlo raggiunto a livello del solco
trasverso di Haller.
Arteria di Belsey
Ramo anastomotico tra a. frenica inferiore ed a. gastrica sinistra, decorre in prossimità del pilastro diaframmatico sinistro.
Vasi brevi
Piccoli vasi che originano dall’ a. splenica, decorrono nel legamento gastro-splenico e si anastomizzano con i vasi gastroepiploici sinistri.
219
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
220
CAP. XXVI
Plastiche antireflusso per GERD
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale-gambe divaricate
• Linee di infusione a sn o destra indifferentemente
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale(opzionale)
• Posizione di Trendelemburg invertita (30°)
Equipe
• Chirurgo tra le gambe ed aiuto a sinistra
• Assistente a destra
• Strumentista a destra dell’operatore.
• Monitor alla testa del letto.
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Figura 26.1 Disposizione dell’equipe
221
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Esofagogramma
• pH manometria esofagea
• Esofagogastroscopia con biopsie
• TC torace
• Digiuno per almeno 6 ore.
• Antibioticoprofilassi
Postoperatorio
Rimozione sng e cv al risveglio
POD I
Assunzione liquidi
Deambulazione
POD II
Alimentazione semiliquida (da continuarsi per 7-15 gg)
Rimozione drenaggio e dimissione
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Harmonic Ace
• Trocar da 10 mm (2)
• Trocar da 5 mm (3)
• Porta-aghi
• Sutura 2-0 non assorbibile
• Uncino da dissezione
3. Pronti in sala
• Dissettore di Maryland “endodissect”
• Lapra-tye
• Endoclip
• Divaricatore laparoscopico
222
CAP. XXVI
Plastiche antireflusso per GERD
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” sovraombelicale ad un
terzo della distanza tra ombelico e xifoide
(10-15 cm sopra l’ombelico) e creazione
dello pneumoperitoneo (trocar A). L’accesso,
specie negli obesi, è bene sia eseguito per
via transrettale per evitare il legamento rotondo.
• Esplorazione della cavità addominale
• Introduzione di trocar epigastrico da 5 mm (trocar C) per lo strumento che solleverà il fegato.
Figura 26.2 Posizione del paziente
• Introduzione di 2 trocar 10 cm sopra la linea
ombelicale in pararettale destra (5mm) e sinistra (10-12 mm)
• Introduzione di un quinto trocar (5 mm)in
ipocondrio sinistro all’altezza della linea ascellare anteriore (trocar D)
• Con l’aspiratore od un palpatore od un divaricatore laparoscopico malleabile, introdotto nel
trocar B, si solleva il lobo sinistra del fegato
mettendo in evidenza lo iato esofageo e mettendo in tensione la pars flaccida del piccolo
epiploon.
Figura 26.3 Disposizione dei trocar
• La pinza fenestrata introdotta nel trocar di sinistra, facendo presa sul peritoneo, mette in
tensione ulteriore la pars condensa del piccolo
epiploon che viene aperta con l’uso dell’uncino coagulatore o con il dissettore ad ultrasuoni, introdotti nel trocar di destra.
Negli obesi il fegato è particolarmente fragile
e sanguinante. Spesso il divaricatore può ferirlo. Si consiglia allora di proteggerlo inserendo un tampone di fibrina quale il Nu-Knit
su cui esercitare la divaricazione. Può essere
lasciato in sede al termine dell’intervento.
Figura 26.4 Incisione del piccolo epiploon
223
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Particolare attenzione va posta al risparmio dell’arteria epatica sinistra accessoria (arteria
di Hyrtl), che nasce dall’a. gastrica sinistra nel 25% dei pazienti, e che attraversa la pars
condensa accompagnata dalle branche epatiche del vago.
• La sezione della pars condensa
permette di esporre il pilastro
destro del diaframma ed il lobo
caudato del fegato che costituiscono i primi punti di repere.
• La dissezione viene condotta seguendo il pilastro destro del diaframma verso lo iato esofageo.
Tale manovra, che deve essere
molto delicata ed attenta, è facilitata dalla trazione verso il
basso, esercitata dall’assistente;
egli afferra con un grasper il cuscinetto adiposo presente in
corrispondenza della giunzione
Figura 26.5 Esposizione del pilastro destro del diaframma
gastroesofagea ed esercita una
trazione verso il basso e verso sinistra. Questa presa è utile anche in altre fasi. Si apre così
la membrana di Leimer- Bertelli permettendo al gas di penetrare nel mediastino
• La sezione della membrana
viene condotta in direzione craniale fino a raggiungere l’apice
dello iato esofageo e prosegue,
poi, verso il pilastro sinistro. Con
dissezione smussa si procede
poi ad isolare l’esofago dai pilastri diaframmatici.
• La dissezione della membrana di
Bertelli è più difficile in corrispondenza del pilastro sinistro,
perchè la sua esposizione è più
complessa. Risulta utile invertire
la trazione dell’assistente (verso
destra) ed incidere il legamento
Figura 26.6 Sezione della membrana di Bertelli
freno-gastrico, che spesso mantiene il fondo gastrico bloccato. La liberazione del pilastro sinistro deve essere completa
per facilitare la creazione di una ampia finestra retroesofagea.
• Qualora si scelga di eseguire una “floppy” Nissen si procede alla sezione dei vasi gastrici
224
CAP. XXVI
Plastiche antireflusso per GERD
brevi. Tale sezione si esegue sollevado e retraendo il fondo gastrico. Il tessuto così messo in
tensione viene sezionato e coagulato con il dissettore ad ultrasuoni fino a raggiungere la
retrocavità degli epiploon. La liberazione del fondo gastrico
viene quindi estesa fino al pilastro sinistro.
• L’aiuto esercita ora una trazione
del fondo gastrico verso la parete addominale anteriore ed allontana l’esofago dai pilastri
diaframmatici. Ruotando la telecamera è possibile avere una visione frontale dello spazio
retroesofageo ed eseguire così,
per via smussa, con strumenti a
punta arrotondata (Johannes,
aspiratore), una dissociazione
del cellulare lasso retroesofageo
fino ad esporre il bordo superiore del pilastro diaframmatico
di sinistra.
Figura 26.7 Sezione del legamento freno-gastrico
• I nervi vaghi sono riconosciuti
ed assolutamente rispettati,
senza manovre di dissezione che
ne possano compromettere la
funzionalità.
Figura 26.8 Sezione dei vasi brevi
• Si introduce una sutura 2-0 di
prolene, od altro materiale non
riassorbibile, di lunghezza pari o
superiore a 90 cm, per consentire l’annodamento extracorporeo. In alternativa, se si predilige
l’annodamento intracorporeo, si
può usare una sutura di 10-15
cm.
Figura 26.9 Creazione della finestra retroesofagea
225
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Tip: La valva, una volta fuoriuscita dalla finestra retroesofagea deve rimanere morbidamente in questa posizione , senza necessità di essere trattenuta. Solo in questo modo
si potrà confezionare una plastica corretta.
• Molto utile, per velocizzare la
procedura è l’impiego dell’endo-suture system (vedi cap.
XII)
• Si suturano i pilastri diaframmatici con 1-2 punti, che includano
una buona quantità di tessuto.
Per meglio esporre lo iato esofageo si deve retrarre anteriormente ed a sinistra la giunzione
esofagogastrica, con una fettuccia, un divaricatore od una
pinza.
Figura 26.10 Cruroplastica
• La sutura garantirà una miglior
tenuta se eseguita su pledget di teflon. La cruroplastica non deve essere troppo stretta,
pena la disfagia, e può essere calibrata con l’uso di una “Bougie“ da 60 Fr o più semplicemente inserendo uno strumento da 10mm tra esofago e pilastri ed aprendolo.
Plastica di Nissen (Floppy-Nissen)
• Per la sua esecuzione è necessario eseguire la sezione dei vasi
brevi ed eseguire una completa
mobilizzazione del fondo gastrico.
• Una volta eseguita la manovra
di dissezione retroesofagea si afferra il con la pinza di Johannes
il fondo gastrico, in corrispondenza della sua parete posteriore e lo si attrae dietro
all’esofago.
Figura 26.11 Il fondo gastrico viene posto in posizione
retroesofagea
• Fatta fuoriuscire la valva gastrica
alla destra dell’esofago si calibra la dimensione della finestra in modo tale che la porzione
di fondo rimanga in posizione senza bisogno di trazione.
226
CAP. XXVI
Plastiche antireflusso per GERD
• Si considera corretto il posizionamento solo quando appaiano
a destra dell’esofago alcuni dei
vasi brevi legati.
• Si appongono solo due punti di
sutura tra le due valve gastriche.
Si controlla che la valva sia estremamente morbida, e che tra
essa e lo stomaco si possa introdurre un “ferro” da 10 mm e lo
si possa aprire.
Figura 26.12 Fundoplicatio al termine
Plastica di Nissen-Rossetti
• La tecnica non prevede la sezione dei vasi brevi.
• Dopo aver provveduto alla creazione della finestra retroesofagea si afferra con una pinza
parte del fondo gastrico, per lo più la superficie anteriore e lo si attrae a destra dell’esofago. Si procede poi alla sutura, come nel caso precedente, delle due cuffie di tessuto fundico. I punti di sutura sono più di due, generalmente 4-5. Il più craniale deve includere
anche la parete anteriore dell’esofago. Per evitare lo slippage della valva viene posto un
punto di ancoraggio tra la valva gastrica sinistra e la piccola curvatura (punto di Rossetti).
Plastica sec Toupet
• La preparazione della finestra retroesofagea è uguale ed analoga è la trasposizione del
fondo, che non richiede sezione dei vasi brevi. Le cuffie di stomaco saranno suturate simmetricamente con alcuni punti sia ai pilastri diaframmatici che alla muscolare esofagea,
nella sua porzione laterale.
• Questa tecnica trova la sua indicazione nelle discinesie esofagee in quanto non è quasi mai
complicata da disfagia o quando la fundoplicatio a 360° non sia agevole.
• Si associa alla plastica dei pilastri.
Plastica sec Dor
• Non richiede creazione di finestra retroesofagea.
• La parete anteriore del fondo gastrico viene suturata ai pilastri diaframmatici ed alla muscolare dell’esofago.
• Si impiega abitualmente in associazione alla esofagomiotomia sec. Heller.
227
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Non esistono studi controllati sull’utilizzo di questa tecnica nella malattia da reflusso o
nell’ernia iatale.
Plastica sec Hill mod.
•
•
•
•
Apertura dello iato esofageo e della membrana frenoesofagea.
Dissezione dell’esofago nel mediastino e suo retrazione in addome per 2-3 cm.
Si esegue una sutura continua tra la parete esofagea destra ed il pilastro omolaterale.
Si esegue una sutura continua tra fondo gastrico e parete laterale sinistra dell’esofago, al
fine di ricreare l’angolo di His ed all’interno del viscere la “flap valve” descritta da Hill.
• L’intervento viene completato con un’ulteriore sutura continua tra fondo gastrico, pilastro
diaframmatico destra e la fascia che ricopre il diaframma.
• I risultati funzionali sembrano sovrapponibili a quelli delle plastiche a 360°, con minori esiti
disfagici, anche se l’esperienza in letteratura è limitata.
Plastica sec Collis mod.
• Indicata esclusivamente nel brachiesofago
• Dopo la consueta mobilizzazione dell’esofago distale e l’esposizione della faccia posteriore dello stomaco si procede ad introduzione di “bougie” da 52Fr in esofago; Si introduce in addome una stapler circolare da 25mm senza incudine; con la punta si perforano
entrambe le pareti del fondo gastrico, cercando di mantenersi in vicinanza del calibro introdotto in esofago. Si riconnette l’incudine. Azionata la stapler si ottiene così una soluzione di continuo circolare attraverso cui si introduce una endostapler lineare diretta verso
l’angolo gastroesofageo. Avvenuta la sutura si ottiene una tubulizzazione della piccola
curva, di fatto un neoesofago.
• Il neofondo gastrico, così creato, viene utilizzato per il confezionamento di una valva a
360°, tipo Nissen.
• Questa procedura, tecnicamente difficile, è gravata da molte possibili complicanze: deiscenze della linea di sutura e fistole, difficile reintervento, neoesofago con mucosa secernente, stenosi dovute ad eccessivo modellamento del tubulo.
Più frequenti errori di tecnica
Dissezione retroesofagea alla cieca, senza
reperi anatomici
Possibile perforazione esofagea
Valva eseguita con il corpo gastrico
Disfagia
Plastica dello iato troppo larga
Recidiva
Finestra retroesofagea troppo stretta
Disfagia
Plastica dello iato troppo stretta
Disfagia
Manicotto troppo lungo o troppo stretto
Disfagia
Valva eseguita con la parete anteriore del
fondo gastrico (twisting gastrico)
Torsione gastrica - disfagia
228
CAP. XXVI
Eponimico
Plastiche antireflusso per GERD
caratteristiche
Nissen- Rossetti
Plastica a 360° confezionata con il
fondo gastrico, senza mobilizzazione dei vasi brevi, con 4-5 punti
di fissazione gastro-gastrici ed un
punto antislippage tra porzione sinistra della valva e piccola curva.
Toupet
Plastica posteriore a 270° confezionata con valva passata posteriormente e fissata ai pilastri
diaframmatici ed all’esofago. E’
ideale nelle discinesie esofagee.
Hill mod
Plastica verticale che viene confezionata dopo aver riportato in addome il LES, fissando complesso
esofagocardiale al pilastro destra
ed il fondo ad esofago e pilastro sinistra al fine di ricreare la “flap
valve” di Hill.
Collis
Indicata solo nel brachiesofago
consiste nel confezionamento di
un tubulo gastrico sulla piccola
curva e in una plastica a 360° attorno al neoesofago.
229
schema
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
XXVI.II Plastiche per ernia iatale
Every surgeon should himself supervise
the postoperative treat-ment.
J. Deaver - Blair Deaver
Indicazioni:
Ernia iatale associata a:
• Sanguinamento con esofagite severa od esofago di Barret
• Ulcera esofagea di Cameron
• Complicazioni respiratorie
• Sintomatologia extradigestiva (dispnea, episodi broncopneumonici recidivanti, asma,
tosse cronica,aritmie cardiache non cardiogene)
• Episodi di torsione o volvolo.
• Disfagia
Controindicazioni:
• Generiche per la laparoscopia
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale-gambe divaricate
• Linee di infusione a destra
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
• Posizione di Trendelemburg invertita
(30°)
Equipe
• Chirurgo tra le gambe ed aiuto a sinistra
• Assistente a destra
• Strumentista a destra dell’operatore
• Monitor alla testa del letto
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Figura 26.13 Disposizione dell’equipe
230
CAP. XXVI
Ernia iatale
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Harmonic Ace
• Trocar da 10 mm (2)
• Trocar da 5 mm (3)
• Porta-aghi
• Sutura 2-0 non assorbibile
• Uncino da dissezione
3. Pronti in sala
• Divaricatore esofageo (endoretract I)
• Dissettore di Maryland “endodissect”
• Lapra-tye
• Pledget di teflon
• Divaricatore laparoscopico
• Protesi in materiale composito
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
Esofagogramma
pH manometria esofagea
Esofagogastroscopia con biopsie
TC torace
Digiuno per almeno 6 ore.
Profilassi antibiotica e TVP, inibitori di pompa
Postoperatorio
Rimozione sng e cv al risveglio
POD I
Assunzione liquidi
Deambulazione
POD II
Alimentazione semiliquida per7-15 gg
Rimozione drenaggio e dimissione
231
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” sovraombelicale ad un
terzo della distanza tra ombelico e xifoide (1015 cm sopra l’ombelico) e creazione del PNP
(trocar A). L’accesso, specie negli obesi à bene
sia eseguito per via transrettale.
• Esplorazione della cavità addominale
• Introduzione di trocar epigastrico da 5 mm
(trocar C) per lo strumento che solleverà il fegato.
Figura 26.14 Disposizione dei trocar
• Introduzione di 2 trocar in pararettale destra e
sinistra 10 cm sopra la linea ombelicale trasversa. Il trocar sinistra da 12 mm (trocar E) e
quello destra da 5 mm (trocar B)
• Introduzione di un trocar da 5 mm in regione sottocostale sinistra lungo l’ascellare anteriore per lo strumento da presa dell’aiuto (trocar D)
• Con l’aspiratore od un palpatore introdotto nel trocar B si solleva il lobo sinistra del fegato
mettendo in evidenza lo iato.
Tip: Negli obesi il fegato è particolarmente fragile e sanguinante. Spesso il divaricatore
può ferirlo. Si consiglia allora di inserire un tampone in fibrina (tabotamp knu-nit) su cui
esercitare la divaricazione. Può essere lasciato in sede al termine dell’intervento.
Classificazione delle ernie iatali
Tipo I
Ernia da scivolamento con migrazione della giunzione gastroesofagea.
Tipo II
Ernia paraesofagea isolata, giunzione gastroesofagea in sede, lo stomaco protrude in mediastino attorno all’esofago.
Tipo III
Ernia mista con scivolamento della giunzione gastroesofagea in torace e lo stomaco in posizione paraesofagea.
Tipo IV
Analoga alla precedente con associata la dislocazione di altri organi (milza,
colon).
232
CAP. XXVI
Ernia iatale
• L’aiuto, con la pinza da presa introdotta nel trocar di sinistra (Trocar D), mette in ulteriore
tensione la pars condensa del piccolo epiploon, facendo presa sul peritoneo in prossimità
della piccola curva. Tale membrana verrà aperta con l’uso dell’uncino coagulatore o con
il dissettore ad ultrasuoni, introdotti nel trocar di destra.
• Particolare attenzione va posta al risparmio dell’arteria epatica sinistra accessoria, che
nasce dall’a.gastrica sinistra nel 25% dei pazienti, e che attraversa la pars condensa accompagnata dalle branche epatiche del vago.
• L’apertura del piccolo omento permette di
esporre il pilastro destro del diaframma ed il
lobo caudato del fegato che costituiscono i
primi punti di repere.
• Facendo trazione con pinze fenestrate si riduce
in addome lo stomaco che viene mantenuto in
posizione endoaddominale dall’aiuto. La trazione in senso distale del fondo gastrico mette
in tensione la membrana frenoesofagea e permette di esporre il colletto del sacco, in corrispondenza dello iato diaframmatico.
Figura 26.15 Posizione del paziente
Figura 26.16 Linea di incisione nelle ernie permagne
• Il colletto viene inciso in corrispondenza del margine dello iato esofageo, visibile in trasparenza; si permette così al gas di esporre un piano di dissezione tra il sacco e la fascia
endotoracica, inizialmente, e le pleure ed il pericardio successivamente.
233
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• La manovra di scollamento e riduzione in addome del sacco viene condotta inizialmente
con l’impiego del dissettore ad ultrasuoni o delle forbici. Successivamente la dissezione avverrà per via smussa con l’aiuto della pneumodissezione e con un ridotto uso della coagulazione.
• Raggiunta la sommità del sacco si procede ad effettuare la dissezione laterale di questo e,
successivamente, sempre facendo trazione su di esso, a distaccarlo posteriormente dall’esofago e dai nervi vaghi.
• La dissezione è considerata ultimata quando tutto il sacco è ridotto in addome e la giunzione gastroesofagea esposta e distaccata dai pilastri diaframmatici lateralmente.
Complicanze delle ernie iatali
Sintomi
Sanguinamento da erosioni
(ulcera di Cameron), esofagiti od ulcere
Anemizzazione cronica, disfagia
Volvolo gastrico
Triade di Borchard
• Dolore toracico
• Impossibilità al passaggio del SNG
• Impossibilità al vomito
Incarcerazione
Comparsa acuta di dolore toracico
retrosternale e vomito, richiede intervento
d’urgenza
Gangrena
Ai sintomi precedenti si associa
stato settico
• Il sacco, se di piccole dimensioni, può essere abbandonato; se di grandi dimensioni, può
essere resecato senza problemi, facendo attenzione ai nervi vaghi sottostanti.
• Il sacco costituisce, una volta ridotto in addome, un’ottima presa per le successive manovre, e quindi conviene resecarlo ad intervento quasi ultimato.
• La dissezione viene estesa seguendo il pilastro destro del diaframma verso lo iato esofageo. Tale manovra, che deve essere molto delicata ed attenta, è facilitata dalla trazione dall’aiuto; egli afferra con un grasper il sacco ed il cuscinetto adiposo presente in
corrispondenza del legamento frenoesofageo ed esercita una trazione in senso caudale ed
verso sinistra.
• L’isolamento del pilastro sinistra è la fase di dissezione più difficile, soprattutto in corrispondenza della porzione più distale, dove la riflessione peritoneale riveste pilastro sinistro, giunzione e fondo gastrico. In questo punto la visione è ostacolata da frange omentali
e dalla distensione aerea del fondo gastrico, soprattutto nei pazienti obesi.
234
CAP. XXVI
Ernia iatale
• La preparazione estesa del pilastro sinistro consente poi l’agevole e sicura preparazione
della finestra retroesofagea.
• Per favorire la dissezione, l’aiuto solleva il fondo gastrico, sempre afferrandolo per il sacco;
in questo modo allontana l’esofago dai pilastri diaframmatici. Ruotando la telecamera è possibile avere una visione frontale dello spazio retroesofageo ed eseguire così, per via smussa,
con strumenti a punta arrotondata (Johannes, aspiratore) una dissociazione del cellulare lasso
retroesofageo, fino ad esporre il bordo superiore del pilastro diaframmatico di sinistra.
• Si ribadisce il concetto che la dissezione vada condotta per via smussa, con ridotto uso
della coagulazione, in quanto la perforazione dell’esofago è possibile, spesso non riconoscibile intraoperatoriamente, di difficile riparazione e dalle conseguenze disastrose.
• I nervi vaghi saranno riconosciuti ed assolutamente rispettati senza manovre di dissezione
o coagulazione che ne possano compromettere la funzionalità.
• Una volta terminata la dissezione, l’esofago viene circondato da una fettuccia che, messa
in tensione dall’aiuto, permette di esporre adeguatamente lo iato esofageo.
• Si introduce una sutura 2-0 di prolene od altro materiale non riassorbibile, di lunghezza
pari o superiore a 90 cm, per consentire l’annodamento extracorporeo o l’impiego dell’endo-suture system. In alternativa, se si predilige l’annodamento intracorporeo, si può
usare una sutura di 10-15 cm di lunghezza.
• Si suturano i pilastri diaframmatici con 1-2 punti che includano una buona quantità di tessuto e possibilmente anche la fascia endoaddominale. Per meglio esporre lo iato esofageo
si deve divaricare a sinistra la giunzione esofagogastrica.
• La sutura garantirà una miglior tenuta se eseguita su “pledget” di teflon con punti ad U.
La cruroplastica non deve essere troppo stretta, pena la disfagia, e può essere calibrata con
l’uso di una “Bougie“ da 60 Fr introdotta in esofago o più semplicemente inserendo uno
strumento da 10mm tra esofago e pilastri ed aprendolo. Far eseguire l’introduzione della
sonda per calibrazione da una mano esperta ( la maggioranza delle perforazioni avvengono nell’introduzione della “bougie”).
• L’uso di una protesi, di cui sono disponibili in
commercio vari modelli, diversi per forma e materiali, se garantisce una maggior tenuta della plastica, espone però ad un elevato rischio di
erosione dell’esofago e di stenosi. Il suo impiego
è quindi limitato e riservato alle recidive.
• L’esecuzione di una delle plastiche antireflusso
è abitualmente consigliata. La tecnica più indicata
è la fundoplicatio di Nissen-Rossetti, senza quindi
235
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
sezione dei vasi brevi; questi ultimi sono stati stirati dalla dislocazione dello stomaco e
non ostacolano la creazione della valva a 360°.
• La fissazione del corpo gastrico alla parete addominale anteriore con punti in materiale assorbibile è buona norma sia per ridurre l’incidenza di volvolo gastrico endoaddominale che per limitare la possibilità di recidiva ed è consigliato da molti autori.
Complicanze
• Sanguinamento
Per lo più origina da lesione della milza, dei vasi brevi, di vasi diaframmatici (specie a sinistra), di vasi della piccola curva.
Controllare l’emostasi con coagulazione bipolare od ad ultrasuoni (vedi capitolo XI), eventuale conversione laparatomica.
CAVEAT
In letteratura sono descritti casi di lesione aortica durante fundoplicatio, a causa della vicinanza tra iato aortico ed esofageo.
Pneumotorace (capnotorace)
Complica il 4% delle procedure. Si previene con un’accurata dissezione della pleura. Il pneumotorace si riassorbe rapidamente in modo spontaneo. E’ utile che l’anestesista proceda ad
includere nell’assistenza respiratoria la PEEP (positive end expiratory pressure). Qualora il
pneumotorace fosse di estensione tale da dare una compromissione dell’emodinamica o
della respirazione può essere drenato con l’introduzione di un piccolo catetere vascolare, che
sarà rimosso al termine della procedura, una volta eseguito il controllo rx
Perforazione esofagea
Abbastanza rara (1%). E’ per lo più associata all’introduzione transorale di una sonda di
grosso diametro per la calibrazione ma anche a lesioni della parete durante la preparazione
dell’esofago. Deve essere prevenuta dalla dissezione su di un piano corretto e dall’impiego
limitato della coagulazione. Deve essere riconosciuta intraoperatoriamente. In caso contrario può essere seguita da una mediastinite con una mortalità superiore al 40-50%. Se individuata, la perforazione deve essere suturata con punti 4-0 in materiale riassorbibile. La
fundoplicatio deve completare la riparazione, coprendola.
Pneumomediastino ed enfisema sottocutaneo
Secondari a prolungata dissezione mediastinica si risolvono spontaneamente e rapidamente.
Gas bloating sindrome e sindrome da rapido svuotamento
Dovute entrambe alla eccessiva denervazione o devascolarizzazione del fondo gastrico. La
236
CAP. XXVI
Ernia iatale
prima è spesso collegata anche alla eccessiva tensione della plastica che impedisce al paziente di eruttare.
Disfagia
Complicanza presente precocemente nel 30% dei pazienti. E’ per lo più funzionale, di lieve
entità e si risolve spontaneamente entro 30gg. Qualora fosse persistente il paziente deve essere rivalutato e trattato secondo lo schema della tabella sottostante.
Cause nelle forme
di disfagia persistente
Trattamento
Acalasia non riconosciuta
Infiltrazione endoscopica con tossina botulinica - reintervento
Stenosi peptica preesistente
Dilatazioni – inibitori di pompa
Iatoplastica troppo stretta
Dilatazioni (efficaci nel 50% dei pazienti). Se
dopo 3 sedute il quadro non si risolve rioperare e considerare il confezionamento di
una fundoplicatio parziale (Toupet-Dor)
Valva troppo lunga o troppo stretta
Valva confezionata con corpo gastrico
Twisting del fondo gastrico
Reintervento
Dislocazione intratoracica della valva
Reintervento
Recidiva
Dovuta ad incompleta resezione del sacco o mancata tenuta della iatoplastica. E’ abbastanza frequente.
Immagine mediastinica di livello idroaereo
Dovuta alla mancata resezione del sacco. Si risolve spontaneamente dopo qualche mese.
237
CAP. XXVII
Cardiomiotomia esofagea extramucosa
(Intervento di Heller)
B. Benini - B. Truosolo
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Cardiomiotomia esofagea extramucosa
(Intervento di Heller)
On esophageal perforations: When it [occurs]
it can be recognized but it cannot be remedied
by the medical profession.
H. Boerhaave 1688-1738
Indicazioni:
• Acalasia esofagea fino al III grado
• Non responder a dilatazione pneumatica o tossina botulinica
• Diverticolo epifrenico (associata alla diverticulectomia)
Controindicazioni:
• Acalasia esofagea di IV grado
Primo intervento di Heller laparoscopico - Shimi S, Nathanson LK, Cuschieri A. 1991
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale-gambe divaricate
• Linee di infusione a destra
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
• Posizione di Trendelemburg invertita (30°)
Equipe
• Chirurgo tra le gambe ed aiuto a sinistra
• Assistente a destra
• Strumentista a destra dell’operatore
• Monitor alla testa del letto.
Operatore
Assistente
Aiuto
Strumentista
G
G
G
G
Figura 27.1 Disposizione dell’equipe
240
CAP. XXVII
Cardiomiotomia esofagea extramucosa (int. Di Heller)
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Esofagogramma
• pH manometria esofagea
• Esofagogastroscopia con biopsie
• TC torace
• Digiuno per almeno 8-12 ore e sondino naso gastrico per la detersione dell’esofago dilatato che
può contenere residui alimentari che potrebbero
essere inalati all’induzione dell’anestesia. Alcuni autori preferiscono un’esofagoscopia subito prima
dell’intervento.
• La facilità alla colonizzazione da parte della candida
albicans e di altre specie fungine della porzione distale dell’esofago consigliano l’uso di una profilassi
antimicotica.
• Profilassi antibiotica e TVP
Figura 27.2 Disposizione dei trocar
Postoperatorio
POD 0
Rimozione sng al riveglio
Terapia infusionale
POD 1
Transito gastroesofageo con gastrografin
Se transito negativo alimentazione liquida e sospensione fluidoterapia
POD 2
Alimentazione semiliquida
Dimissione
Il paziente continuerà a domicilio alimentazione semiliquida per 20 gg
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30°
• 2 Trocar 10 mm
• 2 Trocar 5 mm
• Porta-aghi 5 mm
• Filo non assorbibile 2-0
3. Pronti in Sala
241
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Armonic ace da 5 mm
• Spinginodo
• Pinza bipolare
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” sovraombelicale mediano (10 cm
sopra l’ombelico) e creazione del PNP (trocar A)
• Esplorazione della cavità addominale
Figura 27.3 Posizione del paziente
• Introduzione di trocar epigastrico da 5 mm (trocar B) per lo
strumento che solleverà il fegato.
• Introduzione di 2 trocar in pararettale destra e sinistra 10 cm
sopra la linea ombelicale trasversa. Il trocar sinistro, per la
pinza da presa, può essere da 5
mm (trocar C) mentre quello
destro deve essere necessariamente da 10-12 (trocar D)
• Con l’aspiratore od un palpatore
introdotto nel trocar B si solleva
Fig. 27.4 Preparazione dello iato esofageo
il lobo sinistro del fegato mettendo in evidenza lo iato esofageo e mettendo in tensione la pars flaccida del piccolo epiploon.
• La pinza da presa introdotta nel trocar di sinistra (Trocar C) facendo presa sul peritoneo
metterà in tensione ulteriore la pars flaccida del piccolo epiploon che verrà aperta con l’uso
dell’uncino coagulatore o con il dissettore ad ultrasuoni, introdotti nel trocar di destra.
• Tale gesto permette di esporre il pilastro destro del diaframma ed il lobo caudato del fegato che costituiscono i primi punti di repere.
• La dissezione prosegue con l’incisione della membrana di Bertelli e viene condotta seguendo il pilastro destro del diaframma verso l’apice dello iato esofageo. Tale manovra,
che deve essere molto delicata ed attenta, è facilitata dalla trazione verso il basso, esercitata dall’aiuto; questi afferra con una pinza di Johann il cuscinetto adiposo presente in
corrispondenza del legamento frenoesofageo e lo attrae distalmente.
242
CAP. XXVII
Cardiomiotomia esofagea extramucosa (int. Di Heller)
• Completata la sezione del Bertelli, si procede con dissezione
smussa ad isolare l’esofago mediastinico.
• Non è necessaria la creazione di
una finestra retroesofagea. In
caso di flogosi, come si osserva
nei pazienti che abbiano subito
più dilatazioni, la liberazione posteriore può rendersi necessaria
per una completa mobilizzazione dell’esofago.
• La manovra di dissezione
smussa procede sino a liberare il
connettivo lasso che circonda
l’esofago mediastinico per circa
10-12 cm; tale dissezione è facilitata dalla dissociazione provocata dall’ingresso del gas in
mediastino
(pneumodissezione).
• Attenzione va posta, in questa
fase, al rispetto delle due pleure.
La loro interruzione provoca la
comparsa di un capnotorace
che spesso diviene rapidamente
iperteso e può provocare disturbi acuti dell’emodinamica e
della meccanica respiratoria.
Fig. 27.5 Fase iniziale della miotomia
Fig. 27.6 Calibrazione della miotomia
• Una volta completata l’esposizione prossimale dell’esofago può iniziare la miotomia; questa si esegue ad ore 11. Essa
è iniziata circa 3 cm sopra alla giunzione esofagogastrica.
• Dopo aver ottenuto un’immagine ingrandita e definita si affronta la parete muscolare , divaricando prima le fibre longitudinali. Al di sotto di queste le fibre circolari verranno sezionate cautamente fino a poterle divaricare ed esporre la sottomucosa, che protruderà
nello spazio così creato.
• Individuato così il “golden plane”, tra muscolare e sottomucosa, si permette al gas di penetrarvi.
243
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Gli strati muscolari vengono quindi sezionati. Non esiste uno strumento ideale per eseguire la miotomia ma la scelta è dettata dalle preferenze dell’operatore. Un atteggiamento
eclettico è sicuramente consigliato. Molto sicura è la precoagulazione delle fibre muscolari con una pinza bipolare e la successiva sezione con le forbici. Anche Harmonic-Ace
permette un taglio netto ed esangue, ma è necessario fare attenzione che la lama vibrante
non tocchi la sottomucosa, pena la perforazione della stessa. L’uncino permette di eseguire una sezione fibra per fibra, ed è utile soprattutto per completare la miotomia sezionando i tralci residui.
• La miotomia viene estesa per almeno 7 cm sull’esofago e 2-3 sullo stomaco. La effettiva
estensione della miotomia, deve essere misurata con un filo di giusta lunghezza.
• La giunzione esofagogastrica è il punto di maggior adesione tra le fibre muscolari e la sottomucosa in corrispondenza della “cravatta svizzera di Helvetius” ed è la zona in cui la perforazione è più facile. Qui si
consiglia di utilizzare il crochet e
di procedere con molta pazienza
• Al termine della procedura si verifica la completezza della miotomia
introducendo
un
endoscopio od insufflando con
aria il viscere ed osservando
l’omogenea protrusione della
sottomucosa. Ogni residua fibra
muscolare dello strato circolare
deve essere sezionata.
• Si instillano in esofago 100 ml di
Fig. 27.7 Confezionamento della plastica di Dor
sol. fisiologica in cui è diluita
una fiala di bleu di metilene per
mettere in evidenza eventuali perforazioni.
• L’intervento termina con Il confezionamento della plastica antireflusso sec. Dor; si avrà
cura di mantenere aperta la miotomia solidarizzando la la muscolare esofagea di ogni lato
alla valva gastrica ed al pilastro diaframmatico omolaterale .
• Drenaggio non indispensabile
Trick: Per una corretta calibrazione della miotomia è utile introdurre un filo di sutura di
8 cm di lunghezza, in intrecciato riassorbibile.
244
CAP. XXVII
Cardiomiotomia esofagea extramucosa (int. Di Heller)
Complicazioni
Perforazione mucosa
Abbastanza frequente. Deve essere prevenuta dalla dissezione su
di un piano corretto e dall’impiego limitato della coagulazione.
Deve essere riconosciuta intraoperatoriamente. In caso contrario
può essere seguita da una mediastinite. La fundoplicatio anteriore
di Dor previene questa complicanza. Se individuata, la perforazione deve essere suturata con
punti 4-0 in materiale riassorbibile.
Fig. 27.8 Plastica di Dor al termine
Pneumotorace
Complica il 4% delle procedure. Si previene con un’accurata dissezione della pleura. Lo
pneumotorace si riassorbe rapidamente in modo spontaneo. Qualora fosse di estensione tale
da dare una compromissione dell’emodinamica o della respirazione può essere trattato con
l’introduzione di un piccolo catetere vascolare, che sarà rimosso al termine della procedura,
una volta eseguito il controllo rx.
245
CAP. XXVIII
Surrenalectomia
B. Benini - B. Truosolo
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Surrenectomia
Everything in surgery is complicated
until one learns to do it well, then it easy
R.E. Condon
Indicazioni:
•
•
•
•
Neoformazioni surrenaliche con dimensioni massime di 10-12 cm.
Incidentalomi (neoformazioni surrenaliche non funzionanti di oltre 4 cm)
Mielolipomi, cisti, esiti emorragici, ganglioneuromi
Neoplasie secernenti:
- Sindrome di Cushing sostenuta da adenoma surrenalico
- Morbo di Cushing dopo fallimento della chirurgia ipofisaria
- Iperaldosteronismo (m. di Conn)
- Feocromocitoma benigno a localizzazione surrenalica
- Tumori virilizzanti o femminilizzanti
• Costituiscono indicazioni relative il neuroblastoma, le iperplasie congenite, le metastasi
isolate e le masse di dimensioni superiori ai 12 cm.
Controindicazioni
• Carcinomi surrenalici primitivi (il trattamento laparoscopico è riservato solo a centri specializzati)
• Feocromocitoma con metastasi ai linfonodi periaortici
• Controindicazioni alla chirurgia laparoscopica (vedi)
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito laterale, con spezzatura
lombare (separando il più possibile la cresta
iliaca dal margine costale).
• Gambe unite, separate da cuscini, l’inferiore
flessa.
• Arti superiori su sostegni abdotti in avanti.
• Il paziente è solidarizzato al letto con cerotti
fissati al torace ed al bacino.
• La stabilità del paziente deve essere controllata
con il variare del decubito prima dell’inizio dell’intervento.
248
Fig. 28.1 Posizione del paziente
CAP. XXVIII
Surrenectomia
• Verificare che non vi siano elementi di fissaggio che ostacolino la conversione in laparotomia.
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
Equipe
• Chirurgo ed aiuto ventralmente al paziente
• Strumentista a destra dell’operatore
• Monitor dorsalmente al paziente all’altezza
del torace
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Fig. 28.2 Disposizione dell’equipe
N.B. il decubito laterale, a differenza della posizione lombotomica classica, può essere ottenuta con una posizione semilaterale a 45° associata ad una rotazione del letto. Questa
posizione permette una rapida conversione in caso di lesione vascolare, senza compromettere la divaricazione per gravità del complesso spleno-pancreatico e dei visceri.
In realtà la surrenalectomia può essere eseguita in 3 differenti posizioni: anteriore, laterale
e retroperitoneale; di seguito sono elencate le caratteristiche:
ACCESO
VANTAGGI
SVANTAGGI
Laterale
transaddominale
Dissezione ridotta
Ottima esposizione
Adatta a lesioni voluminose
Approccio più utilizzato
Permette il trattamento di lesioni
associate
Non permette la surrenectomia bilaterale
Può essere difficile nell’addome “ostile”
Anteriore
transaddominale
Possibile l’approccio bilaterale
Permette il trattamento di lesioni
associate
Adatta a lesioni voluminose
Richiede maggior dissezione,
permette una esposizione peggiore, comporta maggiori perdite ematiche
Retroperitoneale
Vantaggi nell’addome operato,
nell’obeso
Adatta solo a tumefazioni inferiori a 6 cm
Difficile riconoscimento dei reperi anatomici
249
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trattamento perioperatorio
Trattamento preoperatorio
• Dieta povera di scorie nei giorni precedenti
• Profilassi antibiotica e TVP
• SNG e CV
Nel feocromocitoma
Da almeno 15 giorni prima dell’intervento:
FENOSSIBENZAMINA 5 mg x 2 die
(PA stabile a 90-100/60-70)
ATENOLOLO 25 mg/die
(FC media = 60 bpm)
• Ultima dose di Fenossibenzamina: sera prima dell’intervento
• Ultima dose di Atenololo: mattino del giorno precedente l’intervento
• Durante la notte precedente l’intervento: 500 cc Emagel + 500 cc SF (per la prevenzione dell’ipotensione intraoperatoria)
Durante l’intervento
• in caso di crisi ipertensiva FENTOLAMINA
5-10 mg in bolo + infusione continua ev 0.1-1 mg/min
• in caso di crisi ipotensiva dopo la legatura delle vene surrenaliche NORADRENALINA
0.1-0.5 g/Kg/min in glucosata al 5%
Nel m.di Cushing
Idrocortisone 10 mg/h (o bolo di 80-100 mg ogni 8 ore) nell’immediato preoperatorio e nelle
24-48 ore successive, da diminuirsi lentamente fino ad una terapia orale a scalare.
Trattamento postoperatorio
POD 0
Controllo per 24 ore delle perdite, della diuresi, monitoraggio pressorio, rimozione SNG
POD I
Rialimentazione e mobilizzazione
Rimozione CV
POD II
Somministrazione di terapia sostitutiva
Dimissione
250
CAP. XXVIII
Surrenectomia
251
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Trocar da 10 mm (2)
• Trocar da 3-5 mm (2)
• Applicatore di clip
• Dissettore di Maryland
• Pinza bipolare
• Endobag
• Harmonic-ace
• Divaricatore laparoscopico (solo per surrenectomia destra)
3. Pronti in sala
• Porta aghi
• Sutura laparoscopica assorbibile e non assorbibile
• Clamp vascolari laparoscopici
Surrenalectomia sinistra
• Accesso “open” sottocostale sinistra all’incrocio tra linea ascellare anteriore
e margine costale, induzione dello
pneumoperitoneo, introduzione di un
trocar smusso (10 mm) e dell’ottica ed
esplorazione della cavità addominale.
• Gli altri trocar saranno posti lungo
una linea curva che circonda il margine
costale, che è conveniente disegnare
prima di porre il paziente in decubito laterale.
Fig. 28.3 Disposizione dei trocar
• Inserzione di un secondo trocar sottocostale a livello dell’ascellare media (10
mm), un terzo (5 mm) 10 cm posteriormente verso l’angolo costovertebrale.
• Il quarto trocar (5mm)sarà inserito 10
cm superiormente al trocar dell’ottica,
verso l’epigastrio.
Fig. 28.4 Sezione del legamento freno-lienale
252
CAP. XXVIII
Surrenectomia
• Usando l’uncino da dissezione ed una
pinza di Johann si procede alla sezione
del legamento freno-lienale e splenorenale restando ben aderenti alla parete
addominale e lasciando un piccolo margine peritoneale aderente alla milza. La
manovra (m.di Jinnai) va eseguita con
estrema precisione coagulando ogni piccolo vaso per evitare che il sanguinamento possa confondere i piani.
Fig. 28.5 Mobilizzazione del blocco
spleno-pancreatico (Manovra di Jinnai)
• La manovra andrà estesa fino alla visualizzazione della vena splenica, posteriormente al pancreas e sarà completata
dall’abbattimento dei legamenti tra
fondo gastrico e diaframma, fino all’esposizione posteriore dei vasi brevi.
• La milza, che, per gravità, tende a disporsi medialmente, se necessario,
andrà divaricata con una pinza fenestrata ed un tamponcino.
Fig. 28.6 Mobilizzazione del fondo gastrico
• Il blocco splenopancreatico al termine della manovra cadrà medialmente
senza bisogno di divaricazione e permetterà di visualizzare i reperi anatomici: vena renale ed aorta.
• Nell’angolo tra queste strutture vascolari la dissezione proseguirà, con l’uso
ancora dell’uncino e del dissettore ad
ultrasuoni, senza che venga fatta alcuna
presa sulla ghiandola. E’ sufficiente divaricarla per mettere in evidenza il connettivo fibrillare che la circonda e
permettere al gas di tracciare il piano di
clivaggio corretto.
Fig. 28.7 Preparazione della v.renale sin.
e della v.surrenalica principale
• Si scoprirà quindi la vena surrenalica
principale che, una volta circondata e
preparata, sarà sezionata tra clip. In
prossimità è presente anche una vena
accessoria che sarà trattata come la precedente.
Fig. 28.8 Sezione tra clip della v.surrenalica
253
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Le arterie surrenaliche, generalmente in numero di tre, saranno repertate più posteriormente e sezionate sempre tra clip.
• L’esposizione del pilastro sinistro del diaframma indicherà il raggiungimento del piano
corretto che verrà seguito dissecando con gli ultrasuoni la ghiandola dal diaframma posteriormente e lateralmente, ed inferiormente dal polo superiore del rene.
• Il pezzo, inserito in un sacchetto da estrazione, sarà asportato dopo aver allargato un
foro di trocar o attraverso un’incisione di Pfannenstiel.
• Controllo dell’emostasi, irrigazione e drenaggio.
• Nelle masse surrenaliche di grandi dimensioni può essere preferibile iniziare la dissezione
dall’alto e lateralmente.
Surrenalectomia destra
• Accesso “open” sottocostale destra all’incrocio tra linea ascellare anteriore e margine costale, induzione
dello pneumoperitoneo, introduzione di
un trocar smusso (10 mm) e dell’ottica
ed esplorazione della cavità addominale.
• Gli altri trocar saranno posti lungo una
linea curva che circonda il margine costale, che è conveniente disegnare
prima di porre il paziente in decubito laterale.
Fig. 28.9 Disposizione dei trocar
• Inserzione di un secondo trocar sottocostale a livello dell’ascellare media (5
mm), un terzo (5 mm) 10 cm posteriormente verso l’angolo costovertebrale.
Fig. 28.10 Sezione del peritoneo sovrastante
la v.cava inf.
• Il quarto trocar (10mm) sarà inserito
10 cm superiormente al trocar dell’ottica, verso l’epigastrio.
• Attraverso il trocar superiore sarà introdotto un divaricatore con lo scopo di
sollevare il fegato esponendo totalmente il peritoneo che forma la tasca di
Morrison e la vena cava inferiore.
• Con l’uncino si apre longitudinalmente il
Fig. 28.11 Preparazione del margine mediale della
v.cava alla ricerca della v. surrenalica media
254
CAP. XXVIII
Surrenectomia
peritoneo subito lateralmente alla vena
cava, fino al margine epatico ed ancora
trasversalmente lungo il margine del fegato.
• Con una gentile dissezione con l’uncino
si esporrà, tra vena cava e surrene, la v.
surrenalica media che sarà sezionata
tra clip. Posteriormente stessa sorte per
le arterie surrenaliche, spesso minute ed
incostanti nel numero.
Fig. 28.13 Distacco della ghiandola dalla v.cava
• L’esposizione del diaframma indicherà il raggiungimento del piano corretto, che verrà seguito dissecando con
gli ultrasuoni la ghiandola dal diaframma (posteriormente e lateralmente) ed inferiormente dal polo
superiore del rene.
• Il pezzo, inserito in un sacchetto da
estrazione, sarà asportato dopo aver
allargato un foro di trocar od attraverso
un’incisione di Pfannenstiel.
Fig. 28.14 Distacco della ghiandola
dalle inserzioni diaframamtiche
• Controllo dell’emostasi, irrigazione e
drenaggio.
Fig. 28.15 Dissezione superiore, sottoepatica
Fig. 28.12 Esposizione della v. surrenalica media
• Nelle masse surrenaliche di grandi dimensioni può essere preferibile iniziare
la dissezione dall’alto e lateralmente
Fig. 28.16 Campo operatorio al termine
255
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Complicazioni
Emorragia
Da lesioni di v. cava, v. renale, v. surrenalica, v.splenica, della milza, del fegato.
Se il sanguinamento appare copioso conviene procedere subito alla conversione in laparotomia.
Per evitare di ledere una vena accessoria renale controllare, prima del clippage, che si tratti
della v. surrenalica.
I sanguinamenti del fegato possono essere controllati con l’apposizione di una lunghetta e
la pressione con il divaricatore. Si consiglia comunque di prevenirli interponendo tra fegato
e divaricatore una lunghetta od un tampone di fibrina.
Lesioni della coda del pancreas
Sono prevenibili con una dissezione accurata; piccoli sanguinamenti debbono essere trattati con estrema gentilezza mediante la compressione ed eventualmente l’apposizione di un
emostatico locale (colla, fibrina, ecc.), senza mai ricorrere alla cauterizzazione.
È comunque possibile una pancreatite postoperatoria.
Lesioni del diaframma (v. cap XVII)
CAVEAT
Nel feocromocitoma si deve legare come prima cosa, la vena surrenalica, per evitare che
le manipolazione della ghiandola possano dar luogo a crisi ipertensive.
256
CAP. XXIX
Splenectomia laparoscopica
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Splenectomia laparoscopica
The only weapon with which the unconscious
patient can immediately retaliate upon the
incompetent surgeon is haemorrhage
W.S. Halstead
Indicazioni:
Le indicazioni sono le stesse della splenectomia laparatomica
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Porpora trombocitopenica idiopatica od AIDS correlata
Sferocitosi, anemia falciforme
Talassemia
Sindrome di Felty
Anemie emolitiche autoimmuni e non
Sarcoidosi e m.di Gaucher
Aneurismi dell’arteria splenica
Cisti spleniche congenite o post-traumatiche
Ascessi splenici
Rottura in più tempi od ematoma intrasplenico
Linfoma di Hodgkin e non Hodgkin
Prima splenectomia laparoscopica - Delaitre 1992
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito laterale, con spezzatura. Gambe unite, separate da cuscini, l’inferiore
flessa.
• Arti superiori su sostegni abdotti in avanti.
• Il paziente è solidarizzato al letto con cerotti fissati al torace ed al bacino.
• La stabilità del paziente deve essere controllata con il variare del decubito prima dell’inizio
dell’intervento.
• Verificare che non vi siano elementi di fissaggio che ostacolino la conversione in laparotomia.
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale.
• Letto in posizione di anti-Trendelemburg.
262
CAP. XXIX
Splenectomia laparoscopica
Equipe
• Chirurgo ed aiuto ventralmente al paziente
• Strumentista a destra dell’operatore
• Monitor dorsalmente al paziente all’altezza del
torace
Tip: il decubito laterale, a differenza della
posizione lombotomica classica, può essere
ottenuta con una posizione semi-laterale a
45° associata ad una rotazione del letto.
Questa posizione permette una rapida conversione in caso di lesione vascolare, senza
compromettere la divaricazione per gravità
del complesso splenopancreatico e dei visceri.
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Fig. 29.1 Disposizione dell’equipe
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Predeposito trasfusionale
• Richiesta di piastrine se <50 000
• Profilassi vaccinale preoperatoria (vedi al lato),
specie nei bambini.
• Eventuale clistere evacuativo la sera prima
• Antibioticoprofilassi
• Trattamento con steroidi se porpora trombocitopenica idiopatica
• Profilassi TVP
Postoperatorio
POD
Controllo dei parametri vitali per le prime 24 ore,
emocromo ogni 6 ore.
Rimozione sng e cv
POD1
Aimentazione e mobilizzazione tra 12-e 24 ore.
POD2
Rimozione drenaggio e dimissione
263
Prevenzione dell’OPSI
Vaccini antipneumococco
- Pneumo 23 per adulti
e bambini oltre 5 aa
(Sanofi Pasteur MSD snc-F)
- Prevenar sotto i 5 aa
(Wyeth Leder.Vac.-B)
Vaccini anti Haemophilus
influenzale tipo B
- Acthib (MSD)
- Hiberix (Smithline Beecham)
- Hibtiter (Wyeth Lederle)
- Vaxem (Chiron)
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Trocar da 10 mm (2)
• Trocar da 3-5 mm (2-3)
• Applicatore di clip
• Dissettore di Maryland “endodissect”
• Pinza bipolare
• Endobag
• Harmonic ace 5 mm
Fig. 29.2 Posizione del paziente
3. Pronti in sala
• Endostapler 30
• Ricariche vascolari (cartuccia bianca)
• Endoloop
• Clamp vascolari laparoscopici
• Porta aghi laparoscopico
• Suture laparoscopiche assorbibili e
non
Tecnica chirurgica
Fig. 29.3 Disposizione dei trocar
• Accesso VLS “open” transombelicale e creazione del PNP (trocar A). Il primo trocar
può essere posizionato più lateralmente, anche sulla linea ascellare anteriore, ma, specie
nelle milze voluminose, la posizione transombelicale risulta la migliore.
• Esplorazione della cavità addominale e ricerca di milze accessorie.
• Gli altri trocar (tre o quattro) sono introdotti lungo la linea sottocostale, a dieci-quindici
cm di distanza, a partire dallo xifoide (trocar B-C-D-E).
• Il trocar più posteriore sarà da 12 mm, per consentire l’accesso alla stapler.
• Mobilizzazione della flessura sinistra del colon attraverso la dissezione del legamento spleno-colico. La dissezione è facilitata dalla posizione di Trendelemburg invertita
e dalla trazione verso destra dell’angolo colico per mettere in tensione il peritoneo della
doccia parietocolica. La mobilizzazione sarà completata una volta esposto completamente
il polo inferiore della milza.
264
CAP. XXIX
Splenectomia laparoscopica
• Dopo aver divaricato verso destra lo stomaco si mette in tensione il legamento gastrosplenico. Procedendo dal basso
verso l’alto nello spazio tra milza
e stomaco si procede alla sezione del legamento stesso ed
all’apertura della retrocavità
degli epiploon.
• Si incontreranno prima i vasi gastroepiploici di sinistra e successivamente i vasi brevi.
• Per la sezione dei vasi suddetti è
ideale l’impiego del dissettore
ad ultrasuoni.
Fig. 29.4 Sezione dei vasi gastroepiploici sinistra.
• Saranno così esposti la coda del
pancreas e l’ilo splenico.
• Si preparano vena ed arteria
splenica e si procede a sezione
delle stesse (separatamente) con
una endo-gia 30 mm (punti vascolari).
• La prelegatura dell’a.splenica è, soprattutto nelle milze
molto voluminose, una valida
soluzione. In questo caso l’arteria splenica viene raggiunta
dopo l’apertura della retrocavità
degli epiploon e clippata subito
cranialmente al pancreas. Tale
gesto, oltre a permettere di lavorare sull’ilo in maggior sicurezza, decongestiona e riduce di
volume l’organo e fornisce una
sorta di autotrasfusione.
• Alcuni autori propongono la
staplerless splenectomy ovvero il trattamento di a. splenica
e vena splenica con l’impiego
Fig. 29.5 Sezione dei vasi brevi
Fig. 29.6 Preparazione dell'ilo
265
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
della radiofrequenza. Tale metodica prevede l’uso del Ligasure
per ottenere l’emostasi senza
l’impiego di clip o di legature.
• Una volta ottenuta l’emostasi si
procede al distacco della milza
dal diaframma.
• Si pone l’organo in un sacchetto da estrazione (large).
Il sacchetto richiede l’allargamento del foro di un trocar a 18
mm, od in alternativa può essere introdotto senza trocar, direttamente attraverso la parete.
Fig. 29.7 Sezione della vena con stapler
• L’estrazione può avvenire sia allargando il foro di un trocar che,
con migliore effetto cosmetico,
con una mini-laparatomia di
Pfannenstiel.
• Nelle milze voluminose, per evitare eccessive soluzioni di continuo della parete, sezionare la
vena all’interno del sacchetto da
estrazione ed aspirare il sangue.
Se necessario tagliare l’organo
in pezzi con forbici di Mayo ed
estrarli con una pinza di Duval.
Fig. 29.8 Clippage dell'arteria
• Nell’effettuare queste manovre
attenzione deve essere posta a
non rompere il sacchetto da
estrazione, per evitare la contaminazione peritoneale con successivo reimpianto (splenosi)
e quindi la vanificazione dell’intervento.
• Nelle milze estremamente
voluminose può essere utile la
tecnica hand assisted (HALS). Il
posizionamento del dispositivo
Fig. 29.9 La milza viene inserita in un sacchetto
266
CAP. XXIX
Splenectomia laparoscopica
per l’introduzione della mano
sarà scelto dal chirurgo in relazione all’abitus del paziente, alle
dimensioni dell’organo ed alla
propria preferenza ergonomica.
Le sedi di inserzione sono: ipocondrio destra, sotto-obelicale
mediana, sovrapubica trasversa.
• Nelle milze voluminose può
essere ergonomicamente più
conveniente disporre diversamente i trocar, a maggior distanza dalla linea sottocostale
Fig. 29.10 Preparazione dell'ilosplenico (splenectomia parziale)
• Un’opzione possibile è la splenectomia parziale, per lesioni
cistiche congenite o post traumatiche, oltre che per lesioni parassitarie. L’intervento viene
condotto inizialmente come nella
splenectomia convenzionale.
• Aperta la retrocavità degli epiploon la dissezione dell’ilo splenico viene condotta rasente al
parenchima dividendo singolarmente le branche afferenti al
polo interessato, con l’uso di
clip. Una volta ottenuta la demarcazione del tratto devascolarizzato si può procedere al
trattamento della lesione.
Fig. 29.11 Demarcazione del polo devascolarizzato
• Nelle cisti congenite il trattamento più corretto è l’asportazione in blocco della lesione, in
quanto è presente un piano di
clivaggio tra polpa splenica e
parete cistica, cosa che non avviene nelle forme post traumatiche.
• La semplice marsupializzazione
può essere soggetta con facilità
Fig. 29.12 Sezione parenchimale con dissettore ad ultrasuoni
267
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
a recidiva, soprattutto se non si
provvede all’elisione del cavo
con l’applicazione di un patch
omentale.
• La sezione del parenchima deve
essere effettuata nella porzione
ischemica a circa 1 cm dalla
linea di demarcazione. La sezione può essere effettuata con
il dissettore ad ultrasuoni o la radiofrequenza. Molto utile è
anche il controllo con coagulazione bipolare della trancia di
Fig. 29.13 Aspetto al termine della procedura
sezione. Il parenchima può venir
suturato e le suture annodate su
pledgets. Le Tecniche come il wrapping o l’applicazione di suture sono poco proponibili
in laparoscopia.
• Se nella porpora trobocitopenica idiopatica si osservasse una recidiva dopo splenectomia
il paziente sarà sottoposto alla ricerca scintigrafica di milze accessorie ed alla revisione laparoscopica.
• Tutti i pazienti sottoposti a splenectomia devono essere sottoposti a vaccinazione antipneumococcica ed antimeningococcica per la prevenzione della OPSS od OPSI. La OPS
(overwhelming post spenectomy sindrome od infection) è una forma infettiva iperacuta
con un andamento drammatico ed una mortalità dal 50 al 70%. Può insorgere a distanza
dalla splenectomia; sono stati segnalati casi anche a 20 anni di distanza anche se generalmente si presenta entro 5 anni. L’incidenza globale è di 1 caso su 300 nei bambini e di
1 caso su 800 negli adulti. L’incidenza è maggiore nelle splenectomie per linfoma (711.6%) rispetto a quelle per trauma (1.5%).
Complicazioni
EMORRAGIA INTRA o post OPERATORIA
Dovuta a lesioni di strutture vascolari dell’ilo o del parenchima splenico. Sono la principale
causa di conversione e solo una buona dose di esperienza ed una buona capacità tecnica
ne permettono il controllo. Infatti, come primo effetto, si avrà la riduzione della luminosità,
perché la lunghezza d’onda del colore rosso è in grado di assorbire la luce. Nelle lesioni vascolari il primo gesto da eseguire è la compressione della fonte di emorragia con una lonnghetta. Si procederà all’aspirazione ed eventualmente al lavaggio. Si introdurrà un trocar
supplementare, se necessario, per lasciare libere le mani dell’operatore. In queste situazioni
i gesti devono essere particolarmente cauti e delicati, evitando che la fretta e la concita-
268
CAP. XXIX
Splenectomia laparoscopica
zione estendano le lesioni vascolari, obbligando alla conversione rapida. Una volta completata l’emostasi con clip si consiglia, ultimato l’intervento, di perfezionare ulteriormente
le legature vascolari, eventualmente con l’applicazione di clip o lacci prossimali.
Nel postoperatorio l’emorragia è un evento raro, legato ad un difetto dell’emostasi.
Va seguita monitorizzando i parametri vitali e l’emocromo, ma nel caso di un brusco calo
dell’emoglobina, non si deve esitare a procedere chirurgicamente, per via laparatomica.
Pancreatite e Fistola pancreatica
Complicano la splenectomia laparoscopica quando sia effettuato un danno termico alla
coda del pancreas, hanno generalmente un decorso benigno ma possono contribuire allo
sviluppo di un ascesso in ipocondrio sinistro. Richiedono il trattamento di inibizione della
secrezione pancreatica, antibioticoterapia, drenaggio.
Lesioni di organi cavi
Più frequenti a carico di colon e stomaco, sono legati a danno termico, si presentano spesso
a distanza di tempo e si manifestano con perforazioni libere e/o ascessi. Richiedono un trattamento chirurgico laparatomico tempestivo, in quanto le peritoniti secondarie a enterotomie effettuate in corso di interventi laparoscopici sono severe, difficili da riconoscere e
sono, inoltre, gravate da un’alta incidenza di celluliti sottocutanee.
269
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
B. Benini - B. Truosolo - S. Manfroni - E. Adami
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
All postoperative complications
begin in the operating room
J.L. Carey
Indicazioni:
• Polipi non resecabili endoscopicamente
• Malattie infiammatorie intestinali
• Colite ischemica
• Endometriosi intestinale
• Diverticolosi o diverticolite
• Neoplasie maligne
Controindicazioni:
• Generiche per la laparoscopia
• Neoplasie di grandi dimensioni
• Infiltrazione neoplastica della parete o di visceri adiacenti
• Occlusione intestinale con sovradistensione del colon
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Dieta senza scorie per 7 gg
• Preparazione meccanica (PEG) 2 gg prima (opzionale)
• Simeticone 12-30 compresse il giorno prima
• Antibioticoprofilassi
• Profilassi TVP
Postoperatorio
POD I
Togliere SNG e CV
Mobilizzazione
Dieta idrica
Profilassi TVP
POD II
Dieta semiliquida
Sospendere antibiotici
Profilassi TVP
POD III-VI
Dieta semiliquida
Profilassi TVP
272
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
Richiami anatomici
FASCE E LEGAMENTI
Fascia di Toldt
Lamina costituita embriologicamente dalla faccia posteriore del mesocolon trasverso. Si estende per tutta la regione sottomesocolica posteriormente alle strutture vascolari coliche. Si continua lateralmente con
il peritoneo parietale e cranialmente con la lamina retropancreatica di
Treitz.
Fascia di Gerota
Lamina sierosa che costituisce la faccia anteriore della loggia renale, si
estende distalmente fino alla pelvi ricoprendo ureteri e vasi gonadici.
Lateralmente si fonde alla lamina di Toldt da cui è ricoperta.
Lamina di Fredet
Ispessimento sieroso formato dall’accollamento dei due foglietti del mesocolon trasverso, che ricopre il blocco pancreatico duodenale e lo mantiene separato dalla fascia di Toldt sovrastante.
Fascia presacrale
Ispessimento fibroso che ricopre la faccia anteriore del sacro.
Fascia mesorettale
Lamina sierosa che riveste posteriormente e lateralmente il mesoretto.
Legamento
di Gruber
Inspessimento peritoneale coloparietale che sostiene il sigma e gli conferisce un aspetto convoluto
White line di Toldt
Inspessimento peritoneale presente bilateralmente a livello docce parietocoliche, formato dalla fusione della fascia di Gerota con quella di
Toldt; indica il livello ideale di sezione nelle dissezioni iniziate lateralmente
Aponeurosi
di Denovilliers
Prolungamento del cul-de-sac peritoneale che dirigendosi caudalmente
si inserisce sulla fascia endopelvica. Separa anteriormente il mesoretto
dal complesso vescicolo-prostatico e dalle strutture nervose.
Peduncoli
di Jonnesco
Corrispondenti alle “ali del retto”, sono una struttura molto discussa sul
piano anatomo-chirurgico; si tratta di ispessimenti fibrosi all’interno dei
quali decorrono i vasi emorroidari medi.
Fascia di Waldeyer
Fascia profonda, fibrosa che ricopre la faccia profonda del sacro, rivestendo le strutture nervose del plesso ipogastrico inferiore.
Legamento
retto-sacrale
Prolungamento fibroso della fascia presacrale, che si inserisce sulla lamina propria del retto all’altezza di S4. Necessita di essere sezionato
nelle procedure sul retto distale.
Legamento di Tuffier Ispessimenti peritoneali che costituiscono gli elementi di fissità del cieco;
e membrana
se assenti determinano una malrotazione, se troppo lassi possono dare
paracolica di Jackson origine ad ernie paraciecali.
273
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
STRUTTURE VASCOLARI
Arteria mesenterica
inferiore (A.M.S.)
Ultimo ramo dell’aorta addominale, si stacca da essa poco sopra la biforcazione.
Arteria mesenterica Ramo dell’aorta, da cui si distacca ad angolo acuto a livello delle a.resuperiore (A.M.I.)
nali, dirigendosi in basso ed a dx. Contrae ampie anastomosi sia con il
tripode celiaco attraverso i vasi duodeno-pancreatici che con l’A.M.I.
Arteria ileocolica
Ramo terminale della a.m.s. destinato al cieco ed al colon destro ed al
tratto terminale dell’ilio. È ben individuabile attraverso il peritoneo mesenteriale mettendo in tensione l’ultima ansa.
Arcata di Drummond
Arcata vascolare che decorre dal cieco alla giunzione rettosigmoidea in
corrispondenza del margine mesenteriale del colon.
Arcata di Riolano
Ramo anastomotico tra a.colica media ed a. colica sinistra.
Tronco di Henle
Ramo di confluenza tra v.colica media, gastroepiploica destra e vena
pancreatico-duodenale antero-inferiore; si getta nella v. mesenterica superiore.
Vena Mesenterica
Inferiore
Decorre nel contesto del mesentere, a destra e superiormente all’arteria, per raggiungere, posteriormente al pancreas il tronco spleno-meseraico.
Vena Mesenterica
Inferiore
Decorre lungo l’angolo duodeno-digiunale di Treitz per unirsi alla v.splenica e forma il tronco spleno-meseraico.
Vasi gonadici
Provenienti da ovaie o testicoli decorrono in direzione della v.cava a dx
e della v.renale a sin, al di sotto della lamna di Gerota.
Ureteri
Decorrono al di sotto della lamina di Gerota, adagiati sul connettivo adiposo che ricopre il m. psoas, incrociano i vasi iliaci per dirigersi lateralmente nella pelvi fino alla porzione posterolaterale della vescica, dopo
essere passati al di sotto delle arterie uterine. A sinistra presentano una
stretta contiguità con il mesosigma.
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Trocar da 10 mm (3)
274
CAP. XXX
•
•
•
•
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
Trocar da 5 mm (2)
Endo-Gia 45-60 (carica bianca e bleu)
Harmonic Ace
Sacchetto per protezione della parete
3. Pronti in sala
• Ligasure atlas
• divaricatore laparoscopico
• Suturatrice circolare 28-31 mm
EMICOLECTOMIA DESTRA
Fig. 30.1 Posizione del paziente
Setup della sala operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale
• Gambe divaricate su cosciali (posiz di Lloyd-Davies)
• Linee di infusione a dx
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
• Posizione di anti-Trendelemburg (30°) e rotazione
verso sin
Fig. 30.2 La posizione varia in relazione
alle fasi dell’intervento
Equipe
• Chirurgo tra le gambe
• Aiuto a sin cameramen a dx
• monitor a dx
• strumentista a dx dell’operatore
• In alternativa chirurgo ed aiuto a sin e cameramen
tra le gambe
Nella chirurgia del colon la posizione del paziente,
dei chirurghi e dei trocar è estremamente variabile
in rapporto a scelte personali, all’habitus del paziente stesso, al tipo di patologia da affrontare ed
alla fase dell’intervento.
Operatore
Aiuto
Assistente
Strumentista
G
G
G
G
Fig. 30.3 Disposizione dell’equipe
275
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Tecnica chirurgica
• Accesso “open” transombelicale e creazione dello pneumoperitoneo (trocar A).
• Esplorazione della cavità addominale estesa agli ipocondri
• In relazione alla morfologia del paziente il trocar A può
essere pararettale sinistro.
• Introduzione di 2 trocar da 10-12 mm in pararettale sin
(trocar B e C).
• Introduzione di 1 trocar da 10-12 mm in fossa iliaca dx
(trocar D)
Fig. 30.4 Disposizione dei trocar
Fig. 30.5 Landmark anatomici nell’emicolectomia dx.
• La matassa tenuale viene dislocata in fianco e fossa iliaca sinistra con il decubito. Il successo
della manovra di divaricazione e
la sua efficacia sono legate alla
corretta preparazione intestinale
preoperatoria.
• L’omento viene ribaltato cranialmente dopo essere stato liberato
da
duplicazioni
ed
aderenze, esponendo così
anche il mesocolon trasverso.
Fig. 30.6 L’intervento inizia con l’esposizione dei vasi ileocolici e la sezione del peritoneo sottostante
276
CAP. XXX
• Una volta disposti correttamente intestino tenue e colon si
potrà procedere alla dissezione
che, nella tecnica classica, inizia
dalla preparazione vascolare. Al
fine di mettere in evidenza l’arteria ileocolica si solleva, la giunzione ileo ciecale e la si mette in
tensione con una trazione in
alto e verso destra. Allo stesso
tempo l’aiuto sospende il colon
trasverso facendo trazione sul
mesocolon. Attraverso il peritoneo del mesentere apparirà la
salienza costituita dai vasi ileocolici.
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
Fig. 30.7 Creazione di un piano di dissezione
Fig. 30.8 Piano di scollamento corretto e reperi anatomici in corrispondenza della flessura
277
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Fig. 30.9 Disposizione dei piani di dissezione nella chirurgia laparoscopica del colon
• Una volta identificato questo repere anatomico si procede alla
sezione del peritoneo, un centimetro medialmente ai vasi ileocolici. Esposta la parete
vascolare, la dissezione deve
proseguire per via smussa al di
sotto delle strutture vascolari
stesse, fino a raggiungere un
piano avascolare, compreso tra
la fascia di Toldt e quella di Gerota.
• La dissezione avviene per via
smussa lungo tale piano e si
Fig. 30.10 Dissezione dell’angolo colico destro
mantiene al di sotto del colon
ascendente fino a raggiungere lateralmente il peritoneo della doccia parietocolica.
• Durante la dissezione si esporranno cranialmente il duodeno e la testa del pancreas (ricoperti dalla lamina di Fredet), caudalmente l’uretere ed i vasi gonadici (ricoperti dalla fascia di Gerota). In caso di neoplasie la preparazione dei vasi sarà condotta fino a
raggiungere la confluenza tra vena ileocolica e vena mesenterica superiore, ove si effettuerà la linfectomia.
278
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
Fig. 30.11 Rapporti posteriori del colon destro
CAVEAT
Durante la dissezione pre duodeno-pancreatica si deve aver cura di evitare le lesioni del
tronco di Henle, che spesso avvengono per una eccessiva trazione e che determinano sanguinamenti anche copiosi.
• Si procede alla sezione dei vasi
ileocolici e colici destri tra clip o
con endostapler (carica bianca –
vascolare).
• Si espone il mesocolon trasverso
mediante una trazione dello
stesso in senso craniale; lo si seziona estendendo in alto la linea
di dissezione già praticata. Si
deve avere cura di mantenersi a
destra della a.colica media. Si
apre così la retrocavità degli epiploon.
Fig. 30.12 Sezione dei vasi ileocolici
279
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• La liberazione del tratto da resecare prosegue con la sezione del
grande omento, in corrispondenza dell’incisione già effettuata sul mesocolon trasverso.
• Il tempo successivo consiste
nella liberazione del colon trasverso dai mezzi di fissazione
che lo solidarizzano alle strutture della regione sovramesocolica. Quindi l’aiuto solleva lo
stomaco, mettendo in tensione
il legamento gastrocolico che
viene sezionato con il dissettore
ad ultrasuoni, da sinistra a destra, fino a raggiungere l’angolo
Fig. 30.13 Sezione del mesocolon trasverso
colico destro. La liberazione
completa di quest’ultimo si otterrà dopo la lisi dei legamenti epato-colici e freno colici, oltre ad eventuali aderenze con
la colecisti.
Fig. 30.14 Rapporti anatomici del colon destro
280
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
• Si procede alla liberazione della doccia parietocolica destra, iniziando dalla sezione del
peritoneo che fissa il cieco e l’ultima ansa di tenue alla parete addominale posteriore.
• Il colon destro è così completamente mobilizzato; se si intende procedere in laparoscopia
alla resezione si sezionerà con una endo-GIA 45 il colon trasverso (carica bleu – viscerale).
• Allo stesso modo proseguendo la dissezione del mesentere verso il tenue si seziona il meso,
rispettando le strutture vascolari limitrofe alla linea di sezione viscerale; si effettua la sezione del tenue stesso con endo-GIA.
• Si esegue l’apertura di servizio
che potrà essere mediana epigastrica, sottocostale destra od
ipogastrica tipo Pfannenstiel. La
sede della laparatomia di servizio è in funzione delle preferenze di ogni singolo operatore
e delle modalità dell’anastomosi
(intra od extra corporea).
• In ogni caso la laparatomia di
servizio deve essere protetta da
un sacchetto in materiale plastico per evitare contaminazioni
batteriche od impianti neoplastici della parete.
• E’ anche possibile eseguire laparoscopicamente la sola mobilizzazione del tratto da resecare
eseguendo la preparazione dei
mesi e la sezione viscerale all’esterno. Nel caso si opti per quest’ultima tecnica, molto usata
anche nelle malattie infiammatorie
intestinali, converrà effettuare la
mobilizzazione ileocolica in senso
latero-mediale, iniziando la dissezione dalla doccia parietocolica.
• Si esegue l’anastomosi con tecnica intracorporea od extracorporea, sempre dopo aver
allineato i monconi con due
punti di sutura.
Fig. 30.15 Liberazione dell’ultima ansa
Fig. 30.16 Anastomosi extracorporea
281
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• In questi casi l’anastomosi più impiegata è la LL meccanica sia iso che antiperistaltica.
Nelle anastomosi extracorporee molto indicata è anche l’anastomosi manuale LL in duplice piano.
• Si esegue la solidarizzazione della breccia dei mesi, indifferentemente con sutura continua
od a punti staccati
• Drenaggio para anastomotico.
Tip: L’impiego della posizione di Trendelemburg nell’emicolectomia destra è utile quando
si inizi la dissezione dalla doccia parietocolica e si proceda solo successivamente all’approccio del peduncolo vascolare altrimenti il decubito andrà variato durante l’intervento.
EMICOLECTOMIA SINISTRA
Setup della sala operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale
• Gambe divaricate su cosciali (posiz di Lloyd-Davies)
• Linee di infusione a sin
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
• Decubito variabile (Trendelemburg, antiTrendelemburg) sempre con rotazione a sinistra
Fig. 30.17 Posizione del paziente
Equipe
• Chirurgo e cameramen a dx
• Aiuto tra le gambe
• Monitor a sin
• Strumentista a dx dell’operatore.
Operatore
Aiuto
Assistente
Strumentista
G
G
G
G
Fig. 30.18 Disposizione dell’equipe
282
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
Tecnica chirurgica
• Accesso “open” transombelicale o sovraombelicale (5
cm cranialmente) in relazione alla morfologia del paziente. Creazione dello pneumoperitoneo (trocar A).
• Introduzione di 4 trocar:
B fossa iliaca dx (12 mm)
C fianco sin (5 mm)
D ipocondrio dx (5mm)
E epigastrio (10 mm)
• L’intervento prevede un’ampia esposizione delle strutture mediante la divaricazione delle anse del tenue.
Tale manovra è possibile solo se la preparazione inteFig. 30.19 Disposizione dei trocar
stinale è adeguata. La posizione del paziente e la divaricazione delle anse verrà cambiata (antiTrendelemburg ed anse in basso a destra nella
preparazione della flessura sinistra e Trendelemburg ed anse in alto a destra nella dissezione pelvica).
• Si solleva il grande epiploon e lo si ribalta cranialmente mentre, sfruttando il decubito laterale, si dislocano le anse di tenue verso destra sino ad esporre il legamento di Treitz. Il
mesocolon trasverso ed il mesocolon sinistro vengono messi in tensione dall’aiuto che fa
trazione sul peritoneo o su di una frangia epiploica.
Fig. 30.20 La dissezione inizia dalla vena mesenterica inferiore
283
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Si incide il peritoneo che ricopre
la vena mesenterica inferiore,
ben visibile in trasparenza; la sezione verrà poi estesa tra questa
e l’arteria mesenterica inferiore,
intuibile poco al di sopra della
biforcazione iliaca.
A
• Facendo trazione sulla vena, che
inizialmente non viene sezionata, si ricerca, anche con l’impiego della pneumodissezione,
lo spazio tra le fascie di Toldt e
di Gerota. La dissezione procede
prevalentemente
per
via
smussa, su di un piano avascolare, in direzione dell’angolo colico sinistro.
B
Fig. 30.21 A-B dissezione sotto la vena nel piano tra lamina
di Toldt e di Gerota
Fig. 30.22 A Disposizione dei piani di dissezione in corrispondenza della radice del mesocolon trasverso e
della retrocavità degli epiploon
• Il piano di dissezione deve essere mantenuto superficiale, in modo che, a ridosso del margine inferiore del pancreas, si scivoli in uno spazio compreso tra la radice del mesocolon
trasverso e la fascia preduodenopancreatica di Fredet, che ricopre il pancreas.
284
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
• Giunti a livello del mesocolon trasverso si pone una longhetta come repere, per orientare
la dissezione nella fase successiva.
Fig. 30.22 B Disposizione dei piani di dissezione in corrispondenza della radice del mesocolon trasverso e
della retrocavità degli epiploon
• Si pone il paziente in antiTrendelemburg, mantenendo la rotazione verso dx.
• Lo scollamento colo-epiploico,
che è la fase successiva, deve essere eseguito con molta attenzione per evitare lesioni
accidentali del colon trasverso;
tale manovra, che viene condotta dalla linea mediana verso
sinistra, apre la retrocavità degli
epiploon. Quando la manovra è
completata sono esposti: la parete posteriore dello stomaco, la
faccia superiore del mesocolon
trasverso, il pancreas e la faccia
convessa della milza.
• In alcuni casi in cui sia difficile lo
scollamento coloepiploico e,
Fig. 30.23 Scollamento colo-epiploico
285
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
sempre, quando si affronta una neoplasia del trasverso o dell’angolo colico sin, si può accedere direttamente alla borsa omentale, sezionando il legamento gastrocolico. Si impiega il dissettore armonico per sezionare il legamento, partendo dal punto in cui esso è
più sottile (area traslucida di Bouchet).
• Facendo trazione su di una frangia epiploica in corrispondenza
dell’angolo colico sin, si mette
in tensione la doccia parietocolica e la si incide, ricongiungendosi con il piano di dissezione
precedentemente preparato, tra
fascia di Toldt e di Gerota.
• Tornati all’interno della retrocavità si incide quindi il peritoneo
che ne costituisce il pavimento,
posteriormente alla radice del
mesocolon trasverso (in corrispondenza della longhetta lasciata precedentemente come
repere); si raggiunge così il
piano di clivaggio già preparato.
Fig. 30.24 Scollamento parietocolico sinistro
• Per via tagliente si continua la liberazione della flessura sin, coagulando e sezionando il legamento colo-lienale e colo-frenico.
• Come in chirurgia “open” la liberazione dell’angolo colico sinistro, pur essendo generalmente semplice, può essere
ostacolata dall’obesità, da duplicazioni epiploiche o da particolari configurazioni anatomiche.
• Il paziente viene nuovamente
posto in posizione di Trendelemburg e la VMI sezionata con endoGIA (cartuccia bianca) o tra clips.
• Si prosegue distalmente la dissezione fino a preparare l’ A.M.I.
che viene sezionata con endoGIA (cartuccia bianca) a circa 1
cm dalla sua emergenza dall’aorta, per rispettare il plesso
nervoso ipogastrico.
Fig. 30.25 Clippage della V.M.I.
286
CAP. XXX
• L’aiuto, facendo presa sul moncone dell’arteria, effettua una trazione
verso
la
parete
addominale. Si apre così, in prossimità del promontorio sacrale,
un piano di dissezione tra fascia
presacrale e fascia mesorettale ;
questo spazio, occupato da tessuto connettivale lasso, sarà rapidamente insufflato dal gas e
potrà essere agevolmente ampliato distalmente per via
smussa, con un ridotto impiego
della coagulazione.
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
Fig. 30.26 Sezione con stapler della A.M.I.
• Si incide circonferenzialmente il
peritoneo in corrispondenza
della riflessione e si procede alla
dissezione distale secondo i principi di Heald. I vasi emorroidari
medi (le ali del retto) saranno
coagulati con bipolare o direttamente con il dissettore ad ultrasuoni.
• Si conduce la dissezione distalmente, secondo i criteri della chirurgia colorettale. Nel caso di
una lesione benigna od extrarettale il mesoretto verrà dissecato
circonferenzialmente con l’Harmonic Ace fino ad esporre la parete del viscere ; nel caso di
lesioni del retto la dissezione sarà
invece condotta distalmente fino
ad esporre il piano degli elevatori
(vedi pag. 291).
Fig. 30.27 Il gas insuffla il connettivo lasso che separa fascia
presacrale dalla fascia mesorettale
• Dal trocar in fossa iliaca dx si introduce una endoGIA 45 o 60
(cartuccia bleu o verde). Nel caso
la testa della suturatrice fosse da
15 mm è possibile estrarre il trocar ed introdurre lo stapler direttamente attraverso la parete.
Fig. 30.28 Sezione del moncone distale
287
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Sezione del retto.
• Esecuzione di una minilaparatomia di servizio ipogastrica medianaod
in
fossa
iliaca;
attraverso essa, opportunamente protetta con una bag in
plastica, si estre il moncone colico prossimale.
• Il colon esteriorizzato viene sezionato dopo aver confezionato
una borsa di tabacco, all’interno
della quale viene introdotta la
testina di una suturatrice circolare (29-31mm)
Fig. 30.29 Introduzione transanale della stapler e
preparazione dell’anastomosi
• La minilaparatomia viene chiusa
od in alternativa il sacchetto di
protezione viene annodato, e,
una volta ripristinato lo pneumoperitoneo, si procede all’anastomosi
colorettale
secondo Knight e Griffen.
• Test pneumatico e/o con colorante di tenuta dell’anastomosi,
irrigazione del cavo peritoneale,
controllo dell’emostasi e drenaggio.
Fig. 30.30 Anastomosi al termine
Tip: Al metodo classico di Knight e Griffen (double stapled tecnique) molti sostituiscono
un confezionamento di due borse di tabacco a livello dei due monconi, colico e rettale,
ottenendo il vantaggio di una sutura termino-terminale e di non effettuare due suture
meccaniche sovrapposte.
288
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
SIGMOIDECTOMIA
Per l’inadeguatezza della resezione, sotto il profilo oncologico, la sigmoidectomia ha come scopo
esclusivo il trattamento della malattia diverticolare o la palliazione di neoplasie occludenti metastatizzate.
Il setup della sala operatoria, la disposizione dei trocar e la posizione del paziente seguono il medesimo schema dell’emicolectomia sinistra.
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” transombelicale e creazione
del PNP (trocar A). In alternativa è corretto eseguire un accesso sovraombelicale.
• Introduzione di 3 trocar:
B fossa iliaca dx (12 mm)
C fianco sin (5 mm)
D ipocondrio dx (5mm)
E epigastrio (5 mm) opzionale
• Si solleva il grande epiploon ribaltandolo cranialFig. 30.31 Disposizione dei trocar
mente e sfruttando il decubito laterale si dislocano le anse di tenue verso destra sino ad esporre il legamento di Treitz.
• L’aiuto solleva e mette in tensione il sigma che viene spinto medialmente fino a tendere
il peritoneo della doccia parietocolica. Ad iniziare dal legamento di Gruber si incide il peritoneo parietale in direzione craniale, mobilizzandolo ampiamente fino in prossimità dell’angolo colico sinistro.
• Con manovre di dissezione smussa vengono scollati il sigma ed il colon sinistro, mantenendosi tra le fasce di Gerota e Toldt. Si avrà cura, soprattutto se si tratta di una patologia infiammatoria di ricercare accuratamente questo piano, rimanendo più superficiali
rispetto all’uretere ed ai vasi gonadici. L’uretere va in ogni caso identificato. E’ buona
norma, quando si affrontino flogosi severe, inserire preoperatoriamente uno stent.
• La dissezione viene condotta distalmente fino alla riflessione peritoneale, comunque qualche centimetro più in basso della giunzione rettosigmoidea.
• Una volta eseguito lo scollamento sarà possibile creare una finestra nel mesosigma. Attraverso questo spazio l’operatore effettua le legature dei vasi sigmoidei. Il rispetto dell’arteria emorroidaria superiore, garantisce una ricca irrorazione del retto prossimale.
• L’emostasi dei vasi può essere eseguita con clip, con suturatrici, ma attualmente il dispo-
289
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
sitivo più pratico è il Ligasure Atlas.
• Il mesoretto viene interrotto alcuni centimetri sotto la riflessione peritoneale, mediante
coagulazione con dissettore armonico od a radiofrequenza. Si seziona la parete viscerale
con l’impiego di una suturatrice endo-GIA (carica bleu/verde).
• Il resto della procedura è identica all’emicolectomia sinistra.
RESEZIONI DEL RETTO
Setup della sala operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale• Gambe divaricate su cosciali (posiz di Lloyd-Davies)
• Linee di infusione a sin
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
• Posizione di Trendelemburg (30°) e rotazione
verso dx
Equipe
• Chirurgo e cameramen a dx
• Aiuto tra le gambe
• Monitor a sin
• Strumentista a dx dell’operatore
Operatore
Aiuto
Assistente
Strumentista
G
G
G
G
Fig. 30.32 Disposizione dell’equipe
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Trocar da 10 mm (3)
• Trocar da 5 mm (2)
• Endo-Gia 45-60
• Suturatrice circolare 28-31 mm
• Harmonic Ace
Fig. 30.33 Posizione del paziente
290
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
• Sacchetto per protezione della parete
3. pronti in sala
• Ligasure Atlas
• Divaricatore laparoscopico
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” transombelicale e creazione del
PNP (trocar A). In alternativa è corretto eseguire un
accesso sovraombelicale.
• Introduzione di 4 trocar:
B fossa iliaca dx (12 mm)
C fianco sin (5 mm)
D ipocondrio dx (5mm)
E epigastrio (10 mm)
Fig. 30.34 Disposizione dei trocar
• Per preparazione del colon sinistro e della flessura si rimanda al
paragrafo dell’emicolectomia sinistra.
• Una volta che la dissezione sia
giunta a livello della riflessione
peritoneale l’aiuto, facendo trazione sul sigma distale, lo indirizza a destra, mentre l’operatore
lo verticalizza avvicinandolo alla
parete addominale anteriore.
Fig. 30.35 Dissezione tra fascia di Waldeyer e fascia
mesorettale
• Questo gesto mette in trazione il
connettivo lamellare che riempie,
nello scavo sacrale, lo spazio tra
mesoretto e fascia di Waldeyer.
• La dissezione viene poi condotta,
prevalentemente per via smussa,
lungo questo piano, facendo attenzione ad evitare interruzioni
della fascia mesorettale.
• La liberazione del retto viene poi
estesa lateralmente ed eseguita
con l’impiego dell’Harmonic
Fig. 30.36 Rami del plesso ipogastrico
291
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Ace.
• Il mantenimento della dissezione
sul piano corretto permette di rispettare il ricco plesso nervoso
ed in particolare i nervi erigentes.
• Procedendo in profondità nella
dissezione, lo spazio si rende più
ristretto e la manovra di verticalizzazione del retto può non essere più sufficiente a permettere
una visione ottimale. E’ allora
utile introdurre un palpatore o
una pinza di Johann nel trocar
sovrapubico ed effettuare un’ulteriore divaricazione.
Fig. 30.37 La dissezione viene estesa dal piano posteriore ai
lati del retto
• Nella dissezione laterale la liberazione dei piani non è sempre
possibile per via smussa ma richiede la sezione del tessuto e la
coagulazione delle ali del retto ; il
piano deve essere sempre quello
compreso tra fascia mesorettale
e la fascia pelvica per non ledere
il plesso anastomotico tra parasimpatico sacrale ed ipogastrico.
• Terminata la preparazione laterale si procede alla dissezione anteriore. Il retto viene orizzontalizzato e l’aiuto esegue una
controtrazione su vescica od
utero con un palpatore.
Fig. 30.38 Inizia la dissezione anteriore
• Nel caso di utero di grandi dimensioni può essere presa in
considetazione l’opzione dell’isterectomia associata, qualora
la divaricazione dell’utero o la
sua sospensione alla parete addominale con punti trasfissi non
sia sufficiente.
• Nella donna la dissezione ante-
Fig. 30.39 Dissezione anteriore all’aponeurosi di
Denonvilliers
292
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
Fig. 30.40 Disposizione delle strutture nervose pelviche
riore del retto non comporta particolare difficoltà e viene condotta nel collettivo lasso tra
vagina e fascia mesorettale. Solo nelle neoplasie anteriori, con infiltrazione della vagina,
può essere necessario estendere la resezione a quest’ultima.
• Nell’uomo, la dissezione della parete del retto, quando sia condotta per neoplasie posteriori o posterolaterali, non presenta particolari difficoltà in quanto la lamina di Denonvilliers viene rispettata.
• Di contro nelle neoformazioni anteriori la fascia di Denonvilliers deve essere in parte sacrificata. Nell’eseguire la dissezione anteriore, una volta allontanata la parete posteriore
della vescica dalla fascia mesorettale, si incontrano vescichette seminali e postata; l’aponeurosi di Denonvilliers può a questo punto essere sacrificata totalmente o, se oncologicamente corretto, solo in parte. Si tenga conto che le suture nervose (n.erigentes) sono
adese alla parte laterale della fascia stessa.
• La dissezione deve essere condotta distalmente fino al legamento retto-sacrale, dove le
due fasce sono fuse
• Dal trocar in fossa iliaca dx si introduce una endoGIA 45 o 60 (cartuccia bleu o verde). Nel
caso la testa della suturatrice fosse da 15 mm è possibile estrarre il trocar ed introdurre lo
stapler direttamente attraverso la parete.
293
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Fig. 30.41 Disposizione dei piani fasciali nella pelvi maschile
• Sezione del retto.
• Esecuzione di una minilaparatomia di servizio ipogastrica od indifferentemente nelle due fosse
iliache; attraverso questa, opportunamente protetta con un sacchetto di plastica, si estre il
moncone colico prossimale, sezionandolo poi ed introducendovi la testina di una suturatrice
circolare (29-31mm)
Fig. 30.42 La dissezione distale viene estesa fino all’area
nuda del retto, corrispondente al canale anale chirurgico,
esponendo il piano dei m. elevatori dell’ano.
• La minilaparatomia viene chiusa
od in alternativa il sacchetto di
protezione viene annodato, e,
una volta ripristinato lo pneumoperitoneo, si procede all’anastomosi colorettale secondo Knight
e Griffen.
• Test pneumatico e/o con colorante di tenuta dell’anastomosi,
irrigazione del cavo peritoneale,
controllo dell’emostasi e drenaggio.
Fig. 30.43 Sezione distale del retto
294
CAP. XXX
Resezioni colo-rettali laparoscopiche
Complicanze
Leak
La deiscenza anastomotica incide in misura uguale rispetto alla chirurgia “open” ed è legata
ai fattori noti (tensione della sutura, vascolarizzazione, correttezza della tecnica impiegata).
Nel caso non vi sia certezza della buona esecuzione dell’anastomosi è conveniente riconfezionarla. Invece qualora essa sia eseguita in sede molto distale od in pazienti con comorbilità importanti è doveroso eseguire una ileo o colostomia a monte, anche solo virtuale.
Occlusione postoperatoria
Incide meno dopo una procedura laparoscopica, in quanto la formazione di aderenze è
ostacolata dalla rapida ripresa della peristalsi. Al verificarsi di questa complicanza è possibile
eseguire una relaparoscopia ed un’adesiolisi. Nel caso di resezioni ileocoliche la breccia mesenteriale deve essere sempre chiusa con una sutura o con clip
Stenosi
Complica generalmente una filtrazione anastomotica sub clinica od un’anastomosi su tessuto non ben vascolarizzato. Il trattamento consiste in dilatazioni pneumatiche endoscopiche od in una nuova resezione.
Lesioni ureterali
Sono complicanze così frequenti che alcuni autori suggeriscono lo stenting preventivo di entrambi gli ureteri. La lesione degli stessi è facile, soprattutto quando si affronti la resezione
passando su un piano anatomico sbagliato. Infatti, mantenendosi nell’”holy plane” compreso tra la fascia di Toldt e quella di Gerota, non si incontrerà mai l’uretere. Quest’ultimo
può essere anche leso dal calore di uno strumento da dissezione (coagulatore, dissettore ad
ultrasuoni o a radiofrequenza) usato in sua prossimità. In questo caso sarà possibile la stenosi a distanza.
Emorragia
Lesioni della milza
Possibile nella dissezione dell’angolo colico sinistro. Si previene con la posizione di Trendelemburg inversa che mette in tensione il legamento spleno-colico e facilita la dissezione. E’
possibile ripararla con l’impiego di un collante di fibrina (Quixil), con una spugna di fibrina
o con la coagulazione bipolare.
Lesioni di vasi retroperitoneali
In particolare sono frequenti le lesioni dei vasi spermatici, specie venosi; danno origine ad
un fastidioso ma continuo gemizio, che se non riconosciuto per tempo può portare nel postoperatorio a perdite cospicue ed in qualche caso al reintervento. Non si eve esitare a coagulare i vasi, a monte ed a valle con pinza bipolare o con Harmonic Ace.
La lesione di altre strutture venose minori, specie nella pelvi o nello scavo sacrale può essere
gestita con la prolungata pressione con un tampone e la stabilizzazione con colla di fibrina.
295
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Lesioni dei grossi vasi
Descritti in letteratura ma di scarsa frequenza sono le lesioni dell’arteria iliaca destra o sinistra sezionate tra clip perchè identificate come l’a.mesenterica inferiore. Sono descritte
anche lesioni della cava per un errore di dissezione, che è stata condotta su di un piano retroduodenale. Più frequente, ma temibile, è la lesione del tronco di Henle, durante l’emicolectomia dx. La vena, ramo anastomotico tra colica destra, pancreaticoduodenale
anteriore inferiore e gastroepiploica destra si getta nella vena mesenterica superiore in prossimità della confluenza con il tronco splenomeseraico. La sua lesione richiede una pronta
conversione.
296
CAP. XXXI
Varicocelectomia
B. Benini - E. A. Adami
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Varicocelectomia
A surgeon is sometimes right,
sometimes wrong, but never uncertain.
Anonimous
Indicazioni:
•
•
•
•
Varicocele di II-III grado se:
Bilaterale
Fallimento della chirurgia sottoinguinale
Reflusso reno-spermatico dimostrato con ecodoppler o flebografia
(N.B. la legatura alta in caso di reflusso iliaco-spermatico è seguita da una recidiva)
• Trattamento di patologia addominale concomitante
Controindicazioni:
• Generiche alla laparoscopia
Prima varicocelectomia laparoscopica - Hagopod 1992
298
CAP. XXXI
Varicocelectomia
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Supino con braccia lungo il corpo
• Catetere vescicale
• Posizione di Trendelemburg 30° gradi dopo aver
posizionato i trocar
Equipe
• Operatore al fianco del paziente dal lato opposto
alla patologia
• Assistente di fronte
• Strumentista accanto all’operatore, caudalmente
• Colonna video ai piedi del paziente
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Fig. 31.1 Disposizione dell’equipe
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30°
• 1 Trocar 10 mm
• 2 Trocar 5 mm
3. Pronti in Sala
• Pinza bipolare
• Porta-aghi 5 mm
• Filo non assorbibile 3-0
• Harmonic ace da 5 mm
• Protack
Fig. 31.2 Posizione del paziente
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” transombelicale e creazione del PNP (trocar A)
• Esplorazione della cavità addominale estesa
agli ipocondri
Fig. 31.3 Disposizione dei trocar
299
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Introduzione di 2 trocar da 3-5 mm
(trocar B e C) in corrispondenza dell’incrocio tra liniea ombelicale trasversa e
linea mammillare da entrambi i lati.
• Esposizione dell’anello inguinale interno
facendo scorrere le anse di tenue cranialmente, senza afferrarne la parete,
ma solo dislocandole per via smussa o
con prese sul meso.
• Piccola incisione del peritoneo sovrastante i vasi spermatici, che sono visibili
in trasparenza, all’altezza dell’emergenza dall’orifizio inguinale interno
Fig. 31.4 Anello inguinale interno.
Vasi spermatici in trasparenza
In letteratura è descritto il trattamento del
varicocele con l’impiego di un solo trocar
usando un laparoscopio dotato di canale
operatore.
• Liberazione dei vasi gonadici dal cellulare lasso che li riveste. Identificazione
dell’arteria spermatica e separazione dal
plesso venoso.
• Sezione delle vene dopo coagulazione
bipolare, clippage o trattamento con ultrasuoni.
• È possibile eseguire l’intervento anche
con due soli trocar.
Complicanze ed avvertenze
Fig. 31.5 Incisione del peritoneo e liberazione vasi
• La complicanza più frequente è l’idrogonadici
cele , che generalmente si risolve spontaneamente e solo in pochi casi richiede l’eversione della vaginale.
• Recentemente è stato dimostrato come l’incidenza dell’idrocele sia minimizzata dalla tecnica laparoscopica, se si procede al risparmio dei linfatici; vista la magnificazione dell’immagine offerta dalla metodica, questo gesto non è difficile.
• Questa tecnica comporta risultati sovrapponibili alla microchirurgica sottoinguinale ma
con notevole risparmio di tempo.
• Il risparmio dei linfatici può essere facilitato dall’iniezione di un colorante vitale in sede sot-
300
CAP. XXXI
Varicocelectomia
todartoica alcune ore prima dell’intervento.
• È dimostrato come il risparmio dell’arteria spermatica comporti un miglior risultato sulla qualità del liquido
seminale.
Fig. 31.6 Sezione delle vene gonadiche
301
CAP. XXXII
Trauma
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trauma
The fourth dimension in
surgical management is time.
I. Lewis 1895-1982
Trauma chiuso
Indicazioni:
• Perfezionamento dell’emostasi di parenchimi con sanguinamento minore o dopo embolizzazione
• Valutazione della natura di un versamento
• Valutazione dell’integrità viscerale
• Riparazione di lesioni intestinali o vescicali
• Riparazione di lesioni del diaframma
• Quando la diagnostica per immagini non è sufficiente
• Trattamento delle sequele tardive (ascessi, colecistiti, ischemia intestinale)
Controindicazioni:
• Instabilità emodinamica
• Trauma cranico anche minore (la CO2 potrebbe contribuire allo sviluppo od all’aggravamento dell’edema cerebrale)
• Grave trauma toracico (difficoltà alla gestione respiratoria da parte dell’anestesista)
Tali controindicazioni impongono il ricorso ad una laparotomia esplorativa.
Applicazioni avanzate nel traumatizzato,
quali splenectomia, pancreasectomia caudale,resezioni intestinali, sono descritte in
numero crescente in letteratura ma non
hanno ancora uno standard codificato.
ATTENZIONE
Il paziente traumatizzato è estremamente
sensibile all’ipotermia. Impiegare gas riscaldato e soluzioni di irrigazioni calde.
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale-gambe divaricate
• Linee di infusione a destra ed a sn, braccia addotte
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
304
CAP. XXXII
Trauma
Equipe
• Chirurgo inizialmente a destra poi si sposta in relazione alla
patologia riscontrata dall’esplorazione; si pone tra le gambe
per lesioni sovramesocoliche. Aiuto ed Assistente di conseguenza.
• Strumentista a destra dell’operatore.
• Monitor mobile
MACCHINA RECUPERO
SANGUE IN SALA
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• 1 Trocar da 10 mm
• 2 Trocar da 3-5 mm
• Pinza bipolare
3. Pronti in sala
• Endoloop (5)
• Applicatore di clip
• Dissettore di Maryland “endodissect”
• Porta-aghi
• Sutura 3-0 vicryl
• Endo-GIA 30-45
• Colla di Fibrina Quixil
• Colla di trombina Floseal
Fig. 32.1 Disposizione dei trocar
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” transombelicale e
creazione del PNP (trocar A)
• Si introducono 2 trocar ulteriori da 5
mm in posizione ergonomica per
l’esplorazione dell’addome
• Esplorazione della cavità addominale
estesa agli ipocondri
• Valutare la presenza di un sanguinamento attivo. Inizialmente si aspira
Fig. 32.2 Emoperitoneo post-traumatico
da rottura di milza
305
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
senza irrigare, il sangue presente, rimuovendo i coaguli. Questa manovra è agevolata da
un aspiratore da 10 mm o di una sonda tipo Nelaton di grandi dimensioni cui sia stata tagliata la parte terminale, quella dotata di fori laterali.
CAVEAT
Se il paziente presenta una certa instabilità emodinamica ridurre la pressione di insufflazione a 8-9 mmHg già all’inizio dell’intervento
• Inizialmente si esplorano gli ipocondri
alla ricerca di lesioni a carico di fegato e
milza. Una volta trovata una soluzione
di continuo si applica una compressa di
garza e si esegue una compressione,
mentre si aspira attorno. Si effettua
l’emostasi con l’impiego di elettrobisturi
in modalità spray o con l’apposizione di
Tabotamp fibrillare e colla di fibrina
(Quixil). Nei sanguinamenti più abbondanti è estremamente efficace l’uso del
Floseal.
Fig. 32.3 L’aspirazione è facilitata da un tampone
• Si deve considerare, nell’emostasi della
milza, che, spesso, il sanguinamento
può provenire da lesioni dei vasi brevi,
su cui è agevole praticare l’emostasi con
l’Harmonic Ace.
• Si devono sempre ricercare eventuali lesioni diaframmatiche, che raramente
vengono dimostrate preoperatoriamente dall’imaging radiologico. Se presenti vanno riparate con sutura diretta
in materiale non assorbibile, a punti
staccati.
Fig. 32.4 Rottura di milza
• Si espongono per trasparenza le strutture retroperitoneali variando il decubito, spostando le anse e sollevando il
colon trasverso.
• Controllare la colecisti, spesso contusa
o parzialmente disinserita.
Fig. 32.5 Emostasi con Tabotamp fibrillare
di piccola lacerazione splenica
306
CAP. XXXII
Trauma
• Esplorare il mesentere facendo scorrere,
dopo averle sollevate, le anse intestinali
tra due pinze. In caso di lacerazione del
meso, tale da avere effetto ischemizzante sul corrispondente intestino, si
procede a mini-laparatomia e resezione
del tratto interessato.
• Valutare la pelvi e la vescica.
• Riparare le lesioni riscontrate anche con
l’aiuto di una minilaparatomia.
• Irrigare abbondantemente, solo dopo
aver consolidato l’emostasi.
Fig. 32.6 Si controlla l’efficacia dell’emostasi
• Drenare sempre.
Ferite penetranti
• Le lesioni penetranti della cavità addominale sono un‘indicazione ormai consolidata della laparoscopia che ha
sostituito sia la specillazione del tramite
che la laparatomia; la prima per l’alto
tasso di lesioni viscerali o diaframmatiche misconosciute, la seconda per l’elevato numero di laparatomie inutili
(30-50%).
• L’esplorazione laparoscopica deve determinare la presenza di versamento
(ematico, enterico, urinoso), lo stato
degli emidiaframmi ed eventuali lesioni
minori dei parenchimi. Sebbene alcuni
autori abbiano praticato suture viscerali,
tale tecnica non è consigliabile, almeno
allo stato attuale della metodica.
• Per la valutazione dell’effettiva penetrazione in addome è sufficiente insufflare
l’addome e ricercare perdite di gas dalla
ferita. Qualora non vi siano, l’intervento
è concluso.
Fig. 32.7 Ferita penetrante l’emidiaframma destro
Fig. 32.8 Sutura della ferita diaframmatica
307
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Si procede all’emostasi come indicato precedentemente.
• Eventuali lesioni viscerali possono essere trattate con minilaparotomia.
CAVEAT
Le ferite posteriori sono una controindicazione all’accesso laparoscopico per l’eccessivo
numero di lesioni non riconosciute a carico del retroperitoneo.
308
CAP. XXXIII
Appendicectomia laparoscopica
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Appendicectomia laparoscopica
The physician treats appendicitis,
the surgeon cures it.
Kummel
Indicazioni:
• Sindrome dolorosa in fossa iliaca destra particolarmente nel sesso femminile
• Appendicite acuta, anche se con peritonite.
• Appendicite in obesi o malposte o con diagnosi incerta
Controindicazioni:
• Generiche per la laparoscopia
Prima appendicectomia laparoscopica - Semm 1983
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale-gambe unite
• Linee di infusione a destra
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
• Posizione di Trendelemburg (30°) e rotazione
verso sinistra
Equipe
• Chirurgo ed aiuto a sinistra del paziente
• Strumentista a sinistra dell’operatore
• monitor a destra all’altezza della fossa iliaca destra.
Alcuni suggeriscono, nella donna, l’uso della posizione litotomica per favorire eventuali procedure sulla pelvi.
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Fig. 33.1 Disposizione dell’equipe
310
CAP. XXXIII
Appendicectomia laparoscopica
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Trocar da 10 mm (2)
• Trocar da 3-5 mm (1)
• Endoloop (5)
• Pinza bipolare
3. Pronti in sala
• Dissettore di Maryland “endodissect”
• Endobag
• Porta-aghi
• Sutura 3-0 vicryl
• Endo-gia 30-45
• Applicatore di clip
• Trocar 5 mm
• Endobabcock o grasper
Fig. 33.2 Disposizione dei trocar
Tecnica chirurgica
Fig. 33.3 Posizione del paziente
• Accesso VLS “open” transombelicale e creazione del PNP
(trocar A)
• Esplorazione della cavità addominale estesa agli ipocondri
• Introduzione di un trocar sovrapubico da 10-12 mm in pararettale sinistra (trocar B).
• In alternativa è possibile, per un
miglior risultato estetico, disporre due trocar in sede ipogastrica pararettale.
Fig. 33.4 Coagulazione del mesenteriolo con la pinza
bipolare
• Si espone l’appendice dislocando le anse del tenue cranialmente e verso sinistra; la manovra va eseguita senza afferrrarne la parete ma solo accompagnandole per via smussa con un aspiratore o con prese
delicate sul meso.
311
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Si introduce un terzo trocar
da 3 o 5 mm al fianco sinistro
(trocar C).
• Qualora la flogosi non permetta
l’identificazione immediata dell’appendice, si procederà alla
dissezione smussa con aspiratore e pinza di Johann. Si identificheranno così il fondo ciecale
e l’ultima ansa, che, costituiscono i reperi per identificare la
base dell’appendice.
• Si afferra con una pinza da presa
la punta dell’appendice, facendo trazione verso l’alto fino
ad esporre il mesenteriolo.
Qualora l’appendice fosse particolarmente infiammata e quindi
fragile alla presa, si potrà sollevare dopo averla circondata con
un endoloop.
Fig. 33.5 Sezione del mesenteriolo
• Con la pinza bipolare si esegue
la coagulazione del mesenteriolo in prossimità del viscere
fino alla sua base.
• Sezione del mesenteriolo con
forbici ed eventuale legatura
con endoloop.
Fig. 33.6 Applicazione e serraggio degli endoloop
• Si introducono in successione due cappi preannodati di PDS o Vicryl e si serrano attorno
alla base dell’appendice ad un cm distalmente. Sezione dei fili.
• Coagulazione dell’appendice tra le legature e sezione del viscere. La coagulazione ha la
funzione di evitare la formazione del mucocele ed allo stesso tempo la sterilizzazione della
mucosa; è una procedura alternativa alla borsa di tabacco che ha la stessa funzione.
• Introduzione dell’appendice nel trocar da 10-12 mm sovrapubico ed estrazione del trocar e dell’appendice in esso contenuta.
312
CAP. XXXIII
Appendicectomia laparoscopica
• Controllo dell’emostasi, ripetute irrigazioni della fossa iliaca destra e del
cavo di Douglas, eventuale drenaggio.
• Può essere impiegata una suturatrice lineare (GIA 30-45) per mesenteriolo ed appendice.
• Nelle forme con peritonite diffusa è
indispensabile eseguire una minuziosa
toilette della cavità peritoneale
con grandi quantità di soluzione salina (6-12 lt); tale toilette deve essere
estesa agli spazi subfrenici.
Fig. 33.7 Coagulazione della mucosa del moncone
appendicolare
• Nelle forme gangrenate o flemmonose si apporrà un drenaggio che verrà tenuto per 24 ore.
• E’ inoltre preferibile irrigare con soluzione iodata l’orifizio dei trocar, valutando anche la
possibilità di non eseguire le suture cutanee in prima istanza.
• Nelle forme retrociecali andrà eseguita, come primo tempo, l’incisione della “white
line” di Told per mobilizzare il cieco ed il colon destra.
• L’esplorazione degli ultimi 50 cm di tenue andrà sempre effettuata alla ricerca del diverticolo di Meckel; esso sarà resecato solo se francamente patologico, senza ricorrere alla
conversione laparatomica, con l’impiego di una suturatrice lineare (GIA 45).
Nelle sindromi dolorose della fossa iliaca destra, se l’appendice è indenne ed è presente
un’altra patologia che la giustifichi, l’appendice va risparmiata. Qualora l’esplorazione fosse
negativa, l’appendice va rimossa (linee guida EAES).
Trick: IL TROCAR VIRTUALE
Se il fondo ciecale o l'appendice fossero fissate da aderenze od ispessimenti del peritoneo,
che ne limitano la mobilizzazione, senza introdurre un terzo trocar è possibile fare trazione sull'organo ed esporlo impiegando un loop artigianale: si introduce un'ansa di un
monofilamento 3-0 in un'agocannula da 14G e si sostituisce il mandrino con uno di misura inferiore 16G. Si punge la parete addominale in ipocondrio destra e si introduce l'appendice nell'ansa che verrà serrata dall'esterno e fissata con una pinza angiostataica
(Crile - Kelly). Con le forbici introdotte in ipogastrio si eseguirà la liberazione del viscere.L'esito cicatriziale sarà uguale ad una venipuntura (fig. 33-6).
313
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Nel sospetto di una lesione neoplastica si dovrà sempre procedere ad una conversione in
laparatomia mediana.
• Nelle forme ascessualizzate,
dopo aver effettuato la lisi per via
smussa con una pinza fenestrata
(Johan) od un aspiratore metallico, si dovrà effettuare un prelievo
per esame colturale.
• Esiste la possibilità di eseguire l’appendicectomia con l’impiego solamente del trocar ombelicale.
Tale tecnica, in uso specialmente
in chirurgia pediatrica, richiede la
disponibilità di un’ottica con canale operativo. Attraverso questo
si fa trazione sulla punta del viscere e la si estrae attraverso l’ombelico.
• Per ridurre il danno estetico al
minimo, nelle appendiciti con
flogosi limitata, è possibile, nei pazienti magri, eseguire l’appendicectomia extracorporea. Dopo
quello ombelicale si introduce un
trocar da 2-3 mm in sede sovrapubica. Esponendo con il decubito l’appendice, se ne afferra la
punta con una mini-Johann introdotta nel trocar sovrapubico e la si
porta all’esterno dopo averla introdotta nel trocar ombelicale.
Esteriorizzato il viscere, eventualmente incidendo la fascia sulla
linea mediana, si desuffla l’addome e si esercita una leggera trazione fino ad esporre una cuffia
del fondo ciecale. Si esegue l’appendicectomia con tecnica tradizionale e si reintroduce il cieco in
addome.
Fig. 33.8 Trocar virtuale: estrazione del cappio
Fig. 33.9 Trocar virtuale: esposizione dell'appendice
Fig. 33.10 Gangrena appendicolare
314
CAP. XXXIII
Appendicectomia laparoscopica
Fig. 33.11 Appendicite flemmonosa
Fig. 33.12 Appendicectomia con stapler
• L’appendicectomia laparoscopica è più costosa rispetto a quella aperta, richiede più tempo
nella sua esecuzione e non ha una significativa riduzione della degenza. Di contro presenta
un sensibile beneficio cosmetico ed una elevata compliance da parte dei pazienti, ed il suo
impiego viene oramai considerato routinario da parte dei chirurghi con esperienza laparoscopica.
Trick: IL SACCHETTO DA ESTRAZIONE “HOME MADE”
Nelle appendiciti flemmonose troppo grosse per entrare nel trocar ombelicale, per evitare
la contaminazione della parete, si deve usare un sacchetto da estrazione; in commercio
esistono solo con diametro minimo da 12 mm. Per evitare di allargare il diametro di un
foro da 3-5 mm si può inserire il dito di un guanto n°8 od un sacchetto liberato dal suo
supporto metallico, il cui filo, lasciato fuoriuscire dal trocar ombelicale, sarà comodo per
l’estrazione (fig. 33-10/11).
315
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• L’appendicectomia laparoscopica trova maggior indicazione nei pazienti obesi, se si sospetta una malposizione dell’organo, se la diagnosi non è chiara.
Fig. 33.13 Sacchetto da estrazione “home made”
Fig. 33.14 Sacchetto da estrazione “home made”
Complicanze
Oltre alle complicanze comuni alla tecnica videolaparoscopica in generale è da porre particolare attenzione a:
• Lesioni vascolari maggiori
L’appendicectomia viene eseguita prevalentemente in soggetti giovani e magri, spesso in
età pediatrica, la cui distanza tra cute e grossi vasi è inferiore al centimetro. Porre attenzione particolare nell’introduzione dei trocar.
• Sanguinamento
Si può evitare con la dissezione smussa di aderenze periciecali e con la coagulazione bipolare preventiva del mesenteriolo. Si ricorda che il sanguinamento dal mesenteriolo, come
anche in chirurgia convenzionale, è un evento grave che può portare alla necessità di trasfusioni e di un reintervento. E’ possibile controllare l’emorragia con la pinza di Johann che
afferra il tessuto sanguinante e la bipolare che lo coagula.
• Contaminazione peritoneale da pus o fecaliti
È dimostrato che la formazione di ascessi è in relazione alla caduta ed all’abbandono di fecaliti in peritoneo. Si previene evitando di esercitare pressione eccessiva con le pinze da
presa sull’appendice infiammata, evitando di serrare troppo i cappi preannodati ed estraendo il pezzo con un sacchetto. E’ anche importante non contaminare il sottocute delle ferite dei trocar, e nel dubbio è preferibile non suturare la cute.
Sicuramente l’applicazione routinaria dello stapler riduce queste complicanze, ma il prezzo
dello strumento è ancora elevato.
316
CAP. XXXIII
Appendicectomia laparoscopica
• Appendicectomia incompleta
Evento non infrequente nelle forme particolarmente infiammate; si previene con un’accurata dissezione della base fino alla sua completa esposizione. Si riconosce tardivamente e
solo dopo un nuovo episodio di appendicite, spesso a distanza anche di anni. Il nuovo episodio spesso si presenta con gravità maggiore rispetto al primo e costituisce una vera sfida
diagnostica.
• Lesioni della vescica
Dovuta all’introduzione del trocar sovrapubico a vescica piena. Si evita con l’applicazione
routinaria del catetere vescicale. Qualora si dovesse provocare una lesione vescicale è preferiribile convertire in laparatomia e riparare la lesione con sutura in duplice piano, lasciando
un catetere a permanenza per 7-10 gg.
317
CAP. XXXIV
Occlusione intestinale
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Occlusione intestinale
Sounds that might shock a duchess
are music of the spheres to the surgeon
W. H. Ogilvie 1887-1971
Indicazioni:
•
•
•
•
Occlusioni recenti (max 48 ore)
Distensione delle anse non superiore a 4 cm di diametro
Occlusioni di tenue
Non più di 2 procedure chirurgiche addominali precedenti
Controindicazioni:
•
•
•
•
Occlusioni di colon
Distress respiratorio
Addome ostile
Distensione intestinale oltre 4 cm
Il trattamento laparoscopico delle occlusioni intestinali è una procedura delicata, con un
elevato tasso di conversione, che richiede una discreta esperienza con la metodica.
Primo trattamento laparoscopico di occlusione intestinale - Silva 1991
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale con le gambe unite e le braccia addotte per lasciare maggior spazio agli operatori.
• Linee di infusione poste indifferentemente a destra o sinistra.
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale.
Equipe
• Chirurgo a sinistra od in posizione opposta alla sospetta sede della lesione
• L’aiuto e la telecamera saranno sullo stesso lato dell’operatore.
• Assistente (quando necessario)in posizione controlaterale
320
CAP. XXXIV
Occlusione intestinale
• Srumentista ai piedi del letto.
• Monitor a livello del fianco del paziente, mobile
(molto utile l’impiego di un secondo monitor).
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Fig. 34.1 Disposizione dell’equipe
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Terapia infusionale fino al ripristino preoperatorio dell’equilibrio idroelettrolitico (se occlusione).
• Antibioticoprofilassi
• Profilassi TVP
Postoperatorio
POD I
Rimozione sng e cv in
mobilizzazione
POD II
Rialimentazione liquida (se canalizzazione)
Dimissione in PODIII -V
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Trocar da 10 mm (2)
• Trocar da 5 mm (2)
3. Pronti in sala
Fig. 34.2 Disposizione dei trocar
321
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
•
•
•
•
•
•
•
Harmonic Ace
Porta-aghi laparoscopico
Sutura 3-0 non assorbibile
Endoloop (4)
Pinza bipolare
Dissettore di Maryland “endodissect”
EndoGIA 30-45
Fig. 34.3 Posizione del paziente
Tecnica chirurgica
• La sede del primo accesso viene scelta in posizione opposta al presunto teatro chirurgico,
o, in caso di dubbio, è possibile effettuare l’accesso ombelicale tenendo presente che le
aderenze sono sempre più dense e maggiormente presenti sulla linea mediana.
Tip: L’induzione dello pneumoperitoneo può essere effettuata per puntura con ago di
Veress in corrispondenza dell’ipocondrio sinistra che raramente è sede di fenomeni aderenziali.
• Accesso, tassativamente open, alla cavità peritoneale (vedi cap. VIII), con particolare attenzione all’eventuale presenza di anse aderenti alla parete.
• E’ utile introdurre un dito, una volta superato il piano peritoneale, per creare una piccola
camera di lavoro in cui possa penetrare il gas; si ottiene, così, uno spazio sufficiente alla
gestione del fuoco della telecamera.
• La sede in cui effettuare il primo
accesso sarà dettata dalla verosimile sede delle lesioni aderenziali
(es. a sinistra se pregressa appendicectomia).
• Introdotta l’ottica (30°) si procede
all’esplorazione della cavità addominale.
• Può essere utile usare la punta dell’ottica per effettuare una cauta
dissezione delle aderenze velaFig. 34.4 Ernia interna
322
CAP. XXXIV
Occlusione intestinale
mentose e creare uno spazio sufficiente all’introduzione di un trocar operatore.
• Introduzione di un trocar da 5 mm “à la demande”, comunque nei quadranti laterali. Lisi per via tagliente delle aderenze fino a permettere l’introduzione di un secondo trocar operatore per una pinza da presa.
• La sezione delle aderenze deve avvenire sempre sotto visione, possibilmente con
le forbici, con un uso ridotto della coagulazione per limitare le possibilità di danni alle
strutture viscerali.
CAVEAT
È da proscrivere assolutamente l’uso di energia durante l’adesiolisi per la possibilità che si
creino lesioni termiche nella parete dei visceri, che daranno luogo, in 24-48 ore, a perforazioni tardive.
• La variazione del decubito permette di esporre al meglio le aderenze; la dislocazione
delle anse intestinali, infatti, mette in tensione le bande aderenziali viscero-parietali od
epiploiche.
• L’intestino deve essere svolto nella
sua totalità, passo a passo, avendo
cura di afferrare il mesentere con
pinze da presa fenestrate (Johann). Evitare, se possibile, la trazione direttamente sulle anse
distese.
• In alcuni casi può essere utile procedere ad una controtrazione sulla
parete addominale, effettuata dall’esterno con una pinza fissateli
(tipo Bernarde).
• In caso di occlusione intestinale da
Fig. 34.5 Volvolo di tenue con sofferenza ischemica
briglia, è bene repertare visivamente l’ansa vuota e, seguendola a ritroso, raggiungere e sezionare il cingolo strozzante.
• La presenza di un’occlusione intestinale con anse sovradistese e con la parete sottile, può
controindicare la procedura laparoscopica.
• L’uso della forbice ad ultrasuoni può in alcuni casi facilitare le manovre di dissezione, ma
va tenuta presente l’elevata temperatura che raggiunge lo strumento e la possibilità di
danni termici sulla parete delle anse, se usato maldestramente.
323
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Nel dubbio di una speritoneizzazione o di una piccola enterotomia, può essere utile eseguire
una minilaparatomia di servizio
(allargando a 3-4 cm il foro del
trocar ombelicale) per esteriorizzare l’ansa ed eseguire una raffia
extracorporea. In questo modo si
mantengono quasi invariati i benefici della procedura laparoscopica.
• Alcuni consigliano di irrigare la
cavità addominale con sol.di RinFig. 34.6 Occlusione da briglia
ger (2 lt) senza riaspirare il liquido,
al fine di ridurre la formazione di
aderenze (idroflottazione sec. Mouret).
• Nel caso si effettui una laparoscopia per sindromi dolorose addominali ricorrenti è utile
marcare la cute dell’addome in corrispondenza dell’area dolorosa.
• Qualora si renda necessario effettuare una resezione intestinale, senza ricorrere ad elaborati artifici per l’esecuzione di un’anastomosi intracorporea, si potrà procedere alla resezione extracorporea dell’ansa interessata semplicemente ampliando la incisione
ombelicale (proteggere la parete con sacchetto!).
• Non è necessario lasciare un drenaggio.
324
CAP. XXXV
Perforazioni viscerali
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Perforazioni viscerali
I recognize a good surgeon not for the
way he cuts but for the way he sews
J.Mikulicz-Radecki 1850-1935
Indicazioni:
•
•
•
•
Peritoniti con dimostrazione di aria libera
Pneumoperitoneo in corso di endoscopie
Pneumoperitoneo post-traumatico
Pneumoperitoneo idiopatico
Controindicazioni:
• Addome ostile
• Stato ipotensivo
Primo trattamento laparoscopico di ulcera duodenale perforata - Mouret 1991
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Non esiste una posizione ed un setup standard per il trattamento delle peritoniti da perforazione viscerale, ma conviene adattare la posizione alla sede della patologia, una volta eseguita l’esplorazione iniziale.
• Paziente in decubito dorsale, gambe divaricate
• Linee di infusione indifferentemente a destra o sinistra.
• Braccia addotte
• SNG, catetere vescicale
Equipe
• Operatore a sinistra o destra (sul lato opposto rispetto alla sospetta sede della lesione). Se la
perforazione risulta essere sovramesocolica si porrà tra le gambe
• Aiuto di conseguenza. Strumentista ai piedi del paziente
326
CAP. XXXV
Perforazioni viscerali
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Trocar da 10 mm (2)
• Trocar da 5 mm (2)
• Porta-aghi laparoscopico
• Sutura 3-0 non assorbibile
• Endo-suture system
Fig. 35.1 Disposizione dei trocar
3. Pronti in sala
• Harmonic Ace
• Endoloop (4)
• Pinza bipolare
• Dissettore di Maryland “endodissect”
• Applicatore di clip
• EndoGIA 30-45
Tecnica chirurgica
ULCERA PEPTICA PERFORATA
Fig. 35.2 Posizione del letto variabile
• Accesso VLS “open” e creazione del
PNP
• Esplorazione della cavità addominale per la valutazione dell’estensione della peritonite e la
dimostarzione effettiva di una perforazione peptica (liquido biliare,
raccolte di fibrina maggiori nella
regione sovramesocolica)
• Introduzione di 3 trocar (5 mm
epigastrico, 10-12 mm sull’ascellare anteriore sinistra, 5 mm sull’ascellare anteriore destra)
Fig. 35.3 Sutura diretta di piccola perforazione duodenale
• Dopo aspirazione ed irrigazione
del cavo si introduce dal trocar epigastrico un divaricatore malleabile o la cannula di un
aspiratore per sollevare il fegato.
327
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Si mobilizzano i depositi di fibrina lungo il duodeno e lo stomaco fino a dimostrare la
perforazione. L’esplorazione va condotta lungo tutto il viscere per evitare di tralasciare lesioni multiple.
• Qualora la perforazione non fosse
visibile è necessario procedere all’esplorazione della superficie posteriore dello stomaco. Si solleva la
grande cuva e si incide il legamento gastrocolico quel tanto che
sia sufficiente all’introduzione del
laparoscopio.
• In alcuni casi, se l’intervento è
condotto con precocità la perforazione può essere puntiforme e la
fibrina circostante assente. Per
poter localizzare la lesione si può
insufflare lo stomaco con aria, attraverso il sondino naso-gastrico,
dopo aver irrigato l’addome con
liquido. Analogo risultato può essere ottenuto introducendo nello
stomaco una soluzione diluita di
bleu di metilene. Questa seconda
soluzione ha lo svantaggio di colorare i tessuti rendendo più difficile
l’identificazione
delle
strutture.
• Si procede alla sutura della perforazione con alcuni punti in materiale non assorbibile, eseguendo i
nodi indifferentemente con tecnica intra od extracorporea.
• Se la perforazione dovesse essere
molto ampia una soluzione possibile è l’esecuzione di un patch con
epiploon (Graham); si introduce
nella soluzione di continuo un
lembo di epiploon molto mobile e
lo si sutura ai margini della perforazione, con 4-5 punti.
Fig. 35.4 La perforazione può essere riparata con la sola
sutura diretta
Fig. 35.5 Vasta perforazione duodenale che richiede l’obliterazione del difetto con un patch alla Graham , senza affrontamento dei margini duodenali.
Fig. 35.6 Controllo della tenuta del patch
328
CAP. XXXV
Perforazioni viscerali
• Al termine della sutura si procede a test idropneumatico di tenuta od eventualmente con
colorante.
• L’intervento viene concluso con l’irrigazione del cavo peritoneale con 5-10 litri di cristalloidi ed il posizionamento dei drenaggi.
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Terapia infusionale fino al ripristino preoperatorio dell’equilibrio idroelettrolitico.
• Antibiotici (secondo protocollo)
• Inibitori di pompa protronica per e.v. (omeprazolo 40 mg)
• Profilassi TVP (nadroparina 0.3 ml)
Postoperatorio
POD 0
Fluidoterapia: Soluzione Glucosalina 3000 cc
Antibioticoterapia Carbopenemico 3g/die
Antiemetici Ondasetron o Ganisetron 1 f/die
Inibitori di pompa protronica 80 mg/die
Terapia antalgica con morfina 30mg/die (NO FANS)
POD I-III
Terapia immodificata
Riduzione progressiva degli oppiacei e sostituzione con paracetamolo
Mantiene il SNG, rimuove il CV
Mobilizzazione
POD IV
Antibioticoterapia
Transito con contrasto idrosolubile
Rimozione del SNG
Assunzione di dieta liquida
POD V-VI
Progressiva rialimentazione e dimissione
Tecnica chirurgica
PERFORAZIONI INTESTINALI E VESCICALI
• Accesso VLS “open” e creazione del PNP
• Esplorazione della cavità addominale
329
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Introduzione di un trocar operativo su di un fianco (opposto alla zona da esplorare)
• Ricerca di raccolte (purulente, enteriche, fecali)
• La mobilizzazione di eventuali sbarramenti (omento, anse adese) si effettua con l’impiego
di un aspiratore metallico.
• Valutazione della presenza di una peritonite diffusa, di una forma localizzata od ascessualizzata.
Perforazione colica iatrogena:
• Se scoperta immediatamente durante una colonscopia od una polipectomia, quindi ad intestino
preparato, è possibile eseguire
un’affondamento in duplice piano
ed il semplice drenaggio od un affondamento con stapler disponendo la linea di sutura
trasversalmente al viscere.
• Il confezionamento di una colostomia a monte non è indispensabile.
• È opportuno eseguire una derivazione intestinale qualora la perforazione non sia recente e si ritenga
opportuna la sua sutura diretta. In
alternativa una volta effettuata la
mobilizzazione del tratto interessato è possibile esteriorizzarlo allargando una delle ferite dei
trocar.
Fig. 35.7 Perforazione iatrogena del sigma
Fig. 35.8 Riparazione della lacerazione con suturatrice lineare
Perforazione di un diverticolo del colon:
• Affondamento della perforazione
se recente e con margini netti e
confezionamento di colostomia a
monte
• Esteriorizzazione del tratto perforato previo scollamento della
white line di Toldt
• Mobilizzazione del tratto perforato, affondamento dello stesso
con suturatrice meccanica (EndoGIA) e confezionamento di colostomia terminale (Hartmann)
Fig. 35.9 Ascesso pelvico da diverticolite perforata
330
CAP. XXXV
Perforazioni viscerali
• Resezione sigmoidea in un tempo
con anastomosi colorettale; a discrezione dell’esperienza dell’operatore, può essere eseguita con
risparmio dell’a.mesenterica inferiore è attualmente la soluzione di
scelta, compatibilmente con gli
skill dell’operatore, il livello di contaminazione e le condizioni generali del paziente.
Perforazione diverticolare del
colon destra:
Fig. 35.10 Diverticolite perforata
• Affondamento della perforazione con sutura in duplice piano (sconsigliata)
• Mobilizzazione del cieco attraverso la sezione della riflessione peritoneale e della doccia
parietocolica destra e resezione del tratto perforato con suturatrice meccanica.
• Nel dubbio che la perforazione sia su base neoplastica esecuzione di una emicolectomia
destra tipica laparoscopica con anastomosi extracorporea.
Perforazione del tenue:
• Dopo liberazione e mobilizzazione del segmento perforato, si allarga l’ostio del trocar
ombelicale in minilaparatomia ed si esegue la resezione extracorporea con tecnica convenzionale. Una volta chiusa la minilaparatomia si effettuano ripetuti lavaggi e si controllano tutti i segmenti intestinali facendoli scorrere tra due pinze.
Perforazione vescicale:
• Nelle perforazioni traumatiche è possibile eseguire una sutura diretta in continua a 2 piani.
Nelle perforazioni diverticolari o neoplastiche è preferibile la conversione laparatomica.
Tips:
Non preoccuparsi se si deve eseguire un’incisione di servizio in quanto i benefici della miniinvasività sono mantenuti.
Nelle peritoniti controllare bene che i trocar siano a tenuta in quanto la contaminazione
del sottocutaneo può determinare delle gravissime celluliti, anche gangrenose. Ricordarsi comunque di irrigarli con povidone iodico al termine della procedura e non esitare
a lasciarli aperti fino alla avvenuta detersione (delayed primary suture).
Nelle perforazioni, come in tutte le peritoniti , è indispensabile eseguire un accurato lavaggio peritoneale con almento 10 litri di soluzione fisiologica.
331
CAP. XXXVI
Addome acuto pelvico
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Addome acuto pelvico
Surgery is the red flower that blooms
among the leaves that are the rest of medicine
R. Selzer
Indicazioni
•
•
•
•
Sindromi dolorose ipogastriche e delle fosse iliache.
Versamento pelvico con febbre
Cisti ovariche complicate
Emoperitoneo
Controindicazioni
• Addome ostile
• Stato ipotensivo
Setup della Sala Operatoria
Paziente
• Paziente in decubito dorsale-gambe divaricate
• Linee di infusione a destra
• Sondino naso gastrico e catetere vescicale
• Posizione di Trendelemburg (30°) e rotazione verso sinistra
Equipe
• Chirurgo a destra del malato
• Aiuto a sinistra del paziente
• Assistente tra le gambe
• Strumentista a destra dell’operatore.
Operatore
Aiuto
Strumentista
G
G
G
Fig. 36.1 Disposizione dell’equipe
334
CAP. XXXVI
Addome acuto pelvico
Strumentario
1. Standard
2. Aperti sul tavolo
• Ottica 30° gradi
• Trocar da 10 mm (1)
• Trocar da 3-5 mm (2)
• Harmonic Ace
• Pinza bipolare
Fig. 36.2 Posizione di Trendelemburg
3. Pronti in sala
• Endoloop (5)
• Ligasure ATLAS 10 mm
• Applicatore di clip
• Trocar da 10 mm (1)
• Manipolatore uterino
• Endobag
• Porta-aghi
• Sutura 3-0 vicryl
• Endo-gia 45
Fig. 36.3 Disposizione dei trocar
335
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” e creazione del PNP
• Esplorazione della cavità addominale, eventuale prelievo di liquido peritoneale per citologia
• Introduzione di 2 trocar da 5 10 mm
a) fossa iliaca sinistra
b) fossa iliaca destra
c) eventuale trocar sovrapubico
CISTI OVARICA ROTTA
• Le patologie acute della pelvi nelle giovani donne sono di comune riscontro nella pratica
chirurgica e la chirurgia laparoscopica trova la sua migliore espressione nella diagnosi e
nel trattamento delle stesse.
• Nella rottura di cisti ovarica è spesso presente un abbondante emoperitoneo. L’intervento
può essere affrontato in laparoscopia solo se le condizioni emodinamiche della paziente
sono stabili.
336
CAP. XXXVI
Addome acuto pelvico
• Evacuazione dell’emoperitoneo e
dei coaguli mediante aspiratore
possibilmente da 10 mm dopo
abbondante e ripetuta irrigazione.
• Esposizione degli annessi che in
qualche caso può essere facilitata
dalla introduzione di un manipolatore uterino.
• La parete della cisti viene afferrata
da un grasper ed attratta verso
l’alto. Con le forbici, ma senza
coagulare, si seziona parzialmente
la parete della cisti ricercando il
piano di clivaggio con la corticale
dell’ovaio. Una volta repertato
questo piano si dissocia la parete
cistica interamente e la si invia per
esame istologico.
Fig. 33.4 Cisti ovarica rotta
• Il piano ottenuto è quasi esangue;
in ogni caso l’emostasi può essere
ottenuta con coagulazione bipolare o con una sutura riassorbibile
intraovarica.
• Ripetute irrigazioni di tutto il cavo
peritoneale fino alla completa detersione da ogni traccia di sangue.
• Drenaggio nello scavo di Douglas.
Fig. 36.5 Stripping della parete cistica
Tip: Se l’emoperitoneo supera i 1000 cc è posssibile effettuare il recupero intraoperatorio del sangue ed evitare alla pazienti trasfusioni di emazie
CISTI OVARICA TORTA O TORSIONE TUBARICA
• Se le dimensioni della cisti lo consentono sarà opportuno esporla con l’uso di un palpatore evitandone la rottura. Altrimenti si dovrà ricorrere alla puntura della stessa con ago
da spinale introdotto direttamente attraverso la parete.
337
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Il liquido deve essere inviato per
esame citologico.
• Una volta esposta la base d’impianto torta si procede alla sua
coagulazione con pinza bipolare o
con l’Harmonic Ace.
• Sezione della base ed introduzione
in una endobag. Qui verrà punta,
il contenuto inviato per citologico
e la sua parete estratta senza contaminazioni della parete addominale.
Fig. 36.6 Torsione tubarica dx
CAVEAT
Nelle cisti ovariche va sempre sospettata la natura neoplastica.
La società canadese di ginecologia consiglia un algoritmo, sulla base dei reperti ecografici
e laparoscopici, per valutare il rischio di malignità di una formazione espansiva ovarica. Va
ricordato che la rottura di una neoplasia maligna ovarica fa passare lo stadio da 1A ad 1C.
La variazione di stadio non comporterebbe variazione nella sopravvivenza ma solo la necessità di eseguire una chemioterapia sistemica (vedi tabella seguente).
CLASSIFICAZIONE CANADIAN SOCIETY OF GYNECOLOGIST
Aspetto laparoscopico
Rischio basso
Lesione
Singola
Parete
Sottile
PID - PELVIC INFECTIVE
DISEASE
• La Pelvic infective disease (PID) è
un’infezione ascendente sostenuta
da più agenti tra cui spicca la N.
Gonorree e la Clamydia tracomatis. Simula clinicamente il quadro
di appendicite e deve essere sempre sospettata nelle giovani
donne. Il quadro è composto da
flogosi annessiale intensa fino alFig. 36.7 Pelviperitonite
338
CAP. XXXVI
Addome acuto pelvico
l’ascesso tubarico associata alla
sindrome di Fitz-Hugh-Curtis
(periepatite associata a PID).
• Il trattamento chirurgico consiste
nello sbrigliamento delle raccolte
ascessuali, nella loro irrigazione ed
aspirazione e nel posizionamento
di un drenaggio.
• Il “debridement” delle cavità
ascessuali deve essere eseguito per
via smussa e senza l’uso del coagulatore per evitare danni ai visceri che sono intimamente adesi.
Gli annessi devono essere completamente liberati per ridurre l’incidenza di sterilità.
• Fondamentale è il trattamento antibiotico che deve essere protratto
per almeno sette giorni e comprendere anche farmaci attivi sulla
Clamydia.
• Nel caso sia associato un ascesso
tubarico, specialmente a tuba
chiusa (sactosalpinge), si può rendere necessario il suo drenaggio.
Si esegue mediante incisione della
tuba con forbici elettrificate; l’incisione sarà longitudinale ed eventualmente sarà associata ad alcuni
punti che la mantengano aperta.
Fig. 36.8 Altro quadro di pelviperitonite
Fig. 36.9 Ascesso tubarico
Fig. 36.10 Sactosalpinge
GRAVIDANZA TUBARICA
• Se non vi è emoperitoneo massivo e la tuba non è rotta si può tentare il salvataggio della
stessa.
• Si procede ad incisione della tuba con forbici monopolari e, una volta aperta, si impiega
l’idrodissezione per staccare il prodotto del concepimento dalla mucosa tubarica. Il materiale ottenuto viene inviato per esame istologico.
339
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Il margine di sezione tubarico, se
sanguinante, viene coagulato con
pinza bipolare.
• Nel caso di emorragia imponente
o di estesa distruzione della tuba
si procede ad annessectomia.
Questa può essere eseguita con
coagulazione bipolare o con dissettore ad ultrasuoni restando su
di un piano molto aderente alla
tuba stessa per evitare un danno
vascolare all’ovaio.
Fig. 36.11 Emoperitoneo da rottura di gravidanza tubarica
• In alternativa è possibile impiegare
una endo-gia 45 (carica bleu),
avendo cura di rivedere l’emostasi con pinza bipolare.
• Abbondante irrigazione ed aspirazione. Posizionamento di un drenaggio.
340
Ringraziamenti
Questo manuale non avrebbe visto la luce senza il contributo di molti colleghi ed
amici.
Ringrazio pertanto i coautori che hanno contribuito con entusiasmo a scrivere e
correggere i testi e tutti i colleghi del reparto di Chirurgia generale e d’Urgenza
dell’Ospedale S.Camillo de Lellis di Roma per le lunghe ore passate pazientemente
davanti al monitor: Sabrina Casale, Carlo Cataldi, Renato Mancini, Luigi Papa,
Domenico Paolicelli , Cesare Pirozzi, Mario Pistocchi, Antonietta Roveran,
Maura Salvatelli,Pietro Sciacca, Francesco Scocchera, Patrizia Staltari, Giovanna Trezza, Beniamino Verde.
Altrettanti ringraziamento vanno alla caposala , alle strumentiste , agli infermieri
ed al personale ausiliario della Camera Operatoria DEA e del reparto di degenza,
non solo per le indubbie capacità tecniche ed umane ma anche per l’entusiasmo
con cui hanno partecipato all’allestimento dei “set fotografici”.
Ringrazio il Prof. Roberto Tersigni per i consigli e per la generosa presentazione a
questo testo.
E, “last but not least”, ringrazio il Prof. Giorgio Massi per avermi spinto ad iniziare
e proseguire l’attività di “laparoscopista” e per avermi insegnato molto di quello che
so in chirurgia tradizionale.
Un pensiero particolare va a Claudio Marinelli, che ci ha lasciato, di cui non dimenticherò l’onestà e le capacità, più volte espresse nelle lunghe giornate di guardia trascorse insieme.
Ringrazio infine Elisa, mia moglie, per avermi sopportato e, spero, per continuare
a farlo in futuro.
Bruno Benini
343