dal mosto, non solo vino anche il balsamico

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dal mosto, non solo vino anche il balsamico
DAL MOSTO, NON SOLO VINO ... ANCHE IL BALSAMICO !
di Costanza Fregoni
Anno 1999 n. 3
Q
uando si parla semplicemente di "balsamico", ci si riferisce all'aceto balsamico tradizionale di Modena Doc, prodotto secondo regole precise, imposte da un disciplinare di
produzione, a partire da mosto d'uva cotto. Il riconoscimento legislativo della Denominazione d'Origine risale al 1983.
Attenzione, dunque: il balsamico è un prodotto ben diverso dal semplice aceto balsamico di
Modena, prodotto con mosto crudo e caratterizzato da un ciclo produttivo ben più breve (due
- tre anni, contro i dodici, come minimo, del balsamico tradizionale). Ed è ovviamente diverso
dal semplice aceto, prodotto a partire da vino.
Il balsamico vanta origini antichissime, se si considera che già i Greci ed i Romani facevano
uso di prodotti di sapore agrodolce ottenuti dalle più svariate fermentazioni di mosti cotti.
Tuttavia i documenti che per primi testimoniamo l'esistenza di una tradizione dell'aceto balsamico a Modena risalgono alla fine del XVI secolo, quando a Modena si stabilì , proveniente
da Ferrara, la Corte Ducale Estense, che apprezzò questo prodotto e fece in modo che ne venisse incrementata la produzione. L'aggettivo "balsamico" comparve per la prima volta nel
1747 nei registri ducali delle vendemmie e delle vendite di vini. Il Re Vittorio Emanuele II, in
occasione di una visita a Modena nel 1860, fu talmente colpito da questa delizia del palato da
dare ordine che i barilotti migliori venissero trasferiti nel castello di Moncalieri, in Piemonte. A
sostegno delle veridicità di questa notizia vi sarebbe il fatto che, proprio negli anni immediatamente successivi, l'enologo piemontese Ottavio Ottavi inviò al modenese Francesco Aggazzotti uno scritto in cui chiedeva lumi circa la corretta gestione di un'acetaia. La risposta che
l'Aggazzotti inviò all'Ottavi divenne la più importante testimonianza scritta della tradizione
dell'aceto balsamico a Modena. Essa è inoltre ritenuta, a tutti gli effetti, la prima descrizione
completa della metodologia di produzione dell'aceto balsamico tradizionale.
Da allora, grazie al contributo della ricerca scientifica ed all'avanzamento della tecnologia, il
processo produttivo è stato affinato e sicuramente migliorato sotto il profilo igienico - sanitario, ma certamente non stravolto. Vediamo dunque di descrivere brevemente le fasi di lavorazione che attualmente conducono alla produzione di questo condimento, non senza qualche
riferimento al passato.
Il mosto viene ottenuto con una pigiatura soffice dei grappoli. Il vitigno principlamente utilizzato è il Trebbiano di Romagna, le cui uve devono essere raccolte ben mature, o addirittura
allo stadio di surmaturazione. Si utilizzano tuttavia anche alcuni Lambruschi (L. Grasparossa,
L. Salamino, L. di Sorbara, L. Marani). L'Aggazzotti consigliava l'uso di sola uva bianca Trebbiana, che prosperava sulle coline di Solignano, Castelvetro e Levizzano.
Dopo alcune ore, il mosto viene separato dalle vinacce e sottoposto a lenta cottura (15 - 18
ore) a fuoco diretto, fino ad ottenere un calo del volume iniziale pari ad oltre il 50% (20 30% in passato). Tale cottura ha essenzialmente due scopi: concentrare gli zuccheri, creando
così un ambiente favorevole alla successiva fermentazione, ed abbattere la flora microbica
presente in partenza, che potrebbe generare prodotti indesiderati. La temperatura di cottura
si deve aggirare intorno ai 90°C. Temperature superiori potrebbero provocare la caramellizzazione degli zuccheri, il che li renderebbe inappetibili per i lieviti che intervengono successivamente.
Una volta raffreddato, il mosto cotto viene trasferito in botticelle di legno ("vaselli") riunite in
gruppi detti "batterie". Ciascuna batteria consta di 5 - 7 - 10 elementi (nei secoli scorsi si
arrivava ad avere anche 40 unità per batteria) di capacità diversa e variabile da 10 a 75 litri.
In passato si usava "purgare" o "rabbonire" tali contenitori prima dell'uso mediante lavaggi
con acqua salata o aceto bollente. La moderna versione di queste operazioni di pulizia prevede l'uso di getti di vapore in pressione.
All'interno delle botticelle avvengono le trasformazioni chimico - fisico - microbiologiche che
danno origine all'aceto balsamico, le quali possono essere ricondotte a tre fasi: fermentazione, maturazione e invecchiamento.
Nel corso della fase fermentativa si compiono due processi fondamentali: la trasformazione
degli zuccheri del mosto cotto in alcool etilico da parte di lieviti osmofili (cioe' che "gradiscono" la concentrazione zuccherina elevata del mosto stesso) appartenenti al genere Zygosaccharomyces, e la biossidazione, in rapida successione, dell'alcool etilico ad acido acetico, effettuata da acetobatteri appartenenti alla classe Schizomycetes, aerobi obbligati e pertanto in
grado di lavorare solo in presenza di ossigeno (per questo le botticelle vengono sempre mantenute scolme).
Non tutto l'alcool etilico viene trasformato in acido acetico. Esistono anche metabolismi paralleli che portano alla formazione di prodotti secondari, in gran parte volatili, anch'essi assai
importanti ai fini del profilo organolettico finale del balsamico.
Lo svolgersi dei processi fermentativi ed ossidativi di cui sopra porta ad un mutamento dell'ambiente in cui essi avvengono, per cui ad un determinato stadio lieviti e batteri cessano di
vivere e rilasciano, per lisi spontanea delle proprie cellule, gli enzimi in esse contenuti. Inizia
così la fase di maturazione del mosto, cui farà seguito quella finale di invecchiamento, nel
corso del quale una serie di modificazioni chimico - fisiche porta all'affinamento dei caratteri
organolettici dell'aceto balsamico. Il disciplinare stabilisce che il periodo minimo di invecchiamento sia pari a 12 anni, ma l'affinamento della tipologia "extravecchio" dura anche piu' di 25
anni.
Le batterie devono essere collocate in ambienti ventilati, dove l'umidità sia ridotta al minimo e
dove il mosto - aceto possa beneficiare delle temperature tipiche delle diverse stagioni dell'anno. Le elevate temperature estive favoriscono le attività microbiologiche, mentre le basse
temperature invernali consentono l'illimpidimento del prodotto. Per questo motivo le acetaie
in passato venivano poste all'ultimo piano delle abitazioni, nel sottotetto.
Le tre fasi descritte avvengono normalmente in vaselli di dimensioni diverse: la fermentazione si svolge nelle botticelle di dimensioni maggiori, la maturazione in quelle intermedie e l'invecchiamento in quelle più piccole.
Diverse possono essere anche le essenze legnose: rovere di Slavonia, castagno, gelso, ginepro, frassino, robinia, ciliegio. Le prime quattro sono le più tradizionali, le ultime tre sono di
più recente introduzione.
Barili di dimensioni diverse (a scalare) consentono di effettuare, ad ogni stagione invernale, i
necessari travasi. Col tempo infatti il liquido nei vaselli tende a diminuire per evaporazione,
per cui il livello di ciascun barile viene riportato all'optimum mediante l'aggiunta di un certo
quantitativo prelevato dal barile leggermente più grande, che si trova immediatamente a
monte nell'ambito della batteria. L'ultima botticella, la più grande, verrà rincalzata con mosto
cotto dell'ultima stagione, spesso conservato in barili destinati esclusivamente a tale uso.
Sarà dunque dal vasello piu' piccolo che, dopo anni ed anni di invecchiamento, si preleverà
aceto maturo.
Questo, secondo la definizione fornita dai Maestri Assaggiatori della Consorteria dell'aceto
balsamico tradizionale di Modena, l'Ente che dal 1967 si occupa della tutela e valorizzazione
del balsamico, si presenta <<di colore bruno scuro, carico e lucente, e manifesta la propria
densità in una corretta, scorrevole sciropposita'. Ha un profumo caratteristico e complesso,
penetrante, di evidente ma gradevole ed armonica acidita'. Di tradizionale ed inimitabile sapore dolce e agro ben equilibrato, si offre generosamente pieno, sapido, con sfumature vellutate, in accordo con caratteri olfattivi che gli sono propri>>.
Dunque condimento pregiato per piatti di alta gastronomia, ma anche raffinato prodotto da
gustare da solo. E' noto che il sapore di bolliti, insalate, fragoline e zabaglione viene esaltato
dall'aggiunta di poche gocce di balsamico. Pochi sanno tuttavia che mettendo a mollo per una
notte scaglie di grana nel balsamico si ottiene un gustosissimo accompagnatore da aperitivo.
Costanza Fregoni
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