Le vicende storiche del restauro de L`ultima cena leonardesca
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Le vicende storiche del restauro de L`ultima cena leonardesca
© e ® 2005, http://www.scanzo.altervista.org Le vicende storiche del restauro de L’ultima cena leonardesca Il restauro dell'Ultima Cena di Leonardo è già oggetto di "culto" e di dibattito tra addetti ai lavori. Una giornata di studi è stata promossa dall'Accademia dei Lincei a Roma, un'altra dalla Harvard University Center for Italian Renaissance Studies a Firenze. Dopo ventun'anni di lavori l'opera vinciana "adorata" dai milanesi fin dal Cinquecento e osannata in tutto il mondo sta per essere restituita nel suo splendore, almeno in quello umanamente possibile. La conclusione dei lavori assomiglia ad un bollettino di guerra con tanti vittoriosi strateghi, 35 per l'esattezza, tra restauratori, università, sovrintendenze, Istituto centrale di restauro e sponsor Olivetti. Sui 45 metri quadrati di dipinto vinciano e sulla struttura che lo ospita, l'ex refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano, si sono consumate negli anni tra il '77 e il '99, 50.000 ore di lavoro, sono servite almeno 60 indagini scientifiche con monitoraggi, che si annunciano permanenti, sulla statica della parete su cui è dipinta l'Ultima Cena, miracolosamente scampata ma resa fragile dal bombardamento del '43, sul microclima e la qualità dell'aria che respirano Gesù e i suoi apostoli. La restauratrice dell'opera, Pinin Brambilla Barcilon, ha più volte ripetuto: «E' stato un privilegio unico lavorare sul dipinto di Leonardo, una conquista lenta, severa per recuperare frammento dopo frammento, ciò che dell'originale era sopravvissuto ad almeno sette restauri, alcuni dannosissimi, con strati di colle, stucchi e pitture che offuscavano irrimediabilmente il "Cenacolo"». La relazione dei lavori di Pinin Brambilla Barcilon verrà pubblicata dalla casa editrice Electa. Il risultato di quest'opera, unica al mondo, è la restituzione della forma, dei colori, dell'intensità dei volti e della modernità di Leonardo. Tra le tante vittorie che il lungo lavoro sull'opera vinciana comporta c'è anche quella della scuola italiana di restauro, il cui primato internazionale riceve una nuova conferma. Il restauro del "Cenacolo" non sarebbe stato possibile fuori dall'Italia. E' il primo intervento al mondo che si rivolge in modo massiccio anche all'ambiente circostante invertendo l'iter normale dei restauri che sino ad oggi ha considerato l'opera senza valutare le conseguenze dell'ambiente sul manufatto. Questa cura per l'ambiente dovrebbe essere una prassi normale in un paese come l'Italia dove la maggior parte delle opere stanno fuori dai musei. L'altra grande novità del ventennale restauro è l'essere riusciti ad individuare con esattezza la tecnica impiegata da Leonardo, premessa essenziale per restituire una leggibilità dell'opera il più vicina possibile all'originale. Sino ad oggi si sapeva che il "Cenacolo" era dipinto a secco. Oggi, grazie a sofisticate indagini scientifiche, sappiamo anche che l'artista impiegò una tempera grassa fatta di olio e uovo e non colla come si pensava. Questa tecnica era sconosciuta ai tempi di Leonardo che stese anche, sull'ultimo strato di intonaco, della biacca, che è il bianco più luminoso che esista in pittura, in grado di dare quella particolare e inimitabile luminosità ai volti e alle figure dell'Ultima Cena. Quanto alla linea seguita di "intervento critico", tipica della tradizione italiana, sarebbe stato sbagliato seguire le due opposte tendenze, entrambe "estremiste", che prevalgono all'estero. L'una "ricostruttiva", anche a rischio di falsificare e deformare il tutto, punta al rifacimento di ciò che manca per restituire un'immagine fisicamente integra dell'opera. L'altra, opposta, è quella "filologica"; preservare solo i frammenti dell'originale buttando tutto il resto. Nel caso dell'Ultima Cena ciò avrebbe significato cancellare d'un colpo arazzi e soffitto del Seicento e del Settecento, praticamente il 40 per cento della pittura. La tecnica italiana, difficile, e per questo poco seguita, è invece quella di "suggerire" le figure mancanti senza agganci tonali o neutri, ma intervenendo ricostruendo la trama mancante con leggeri tratti reversibili di acquerello (rigatino), evitando così alle figure originali di navigare nel vuoto. Le polemiche che provenivano dall'estero erano quasi tutte da non addetti ai lavori, per lo più da artisti o storici dell'arte. Critiche ormai alle spalle, forse suggerite da invidia per la solida posizione italiana in un mercato internazionale che fa gola a molti. Il 27 maggio 2000 a Milano c'è stata l’apertura del cenacolo: successivamente sono cominciate le visite, rigorosamente programmate per gruppi di 25 persone alla volta che dovranno passare attraverso camere-filtro aspirapolvere. All'interno sensori, luci fredde, controllo dell'umidità e della temperatura garantiranno la longevità dell'opera attraverso il monitoraggio dell'ambiente ormai bonificato C:\Documents and Settings\francesco\Desktop\testi_04_05\IV_L_arte\leonardo_cenacolo.doc pag 1 di 4 © e ® 2005, http://www.scanzo.altervista.org L'ultimo restauro Iniziato nel 1978 e terminato nel 1999, il recente restauro ha inteso recuperare la pittura originale di Leonardo completamente alterata dai precedenti interventi: si trattava quindi di affrontare le numerose problematiche relative al dipinto, da quelle puramente estetiche a quelle strettamente connesse all'ambiente per preservarlo da un degrado futuro, proteggendolo dalle polveri, dai vapori e dall'umidità che risultavano essere le cause principali del continuo degrado. Per raggiungere tale scopo è stato installato un sofisticato sistema di filtraggio dell'aria che impedisce l'entrata e di conseguenza l'accumulo di tutte le sostanze inquinanti nel Refettorio. Il restauro ha coinvolto i due organismi istituzionali milanesi responsabili della conservazione del Cenacolo: la Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Milano, che si è occupata del museo e dell'ambiente e quellaper il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico cui è stato affidato il restauro della pellicola pittorica. Entrambe le Soprintendenze hanno operato in stretta collaborazione con l'Istituto Centrale del Restauro e con istituzioni straniere, cercando di utilizzare le conoscenze e gli strumenti messi a disposizione della cultura scientifica più avanzata nel settore. Il delicatissimo intervento pittorico, sostenuto economicamente dalla società Olivetti, ed eseguito da Pinin Brambilla Barcilon è stato preceduto da ricerche filologiche e storiche oltre che da approfonditi studi e analisi che permettessero di mettere a punto il giusto sistema operativo in grado di effettuare la completa pulitura del dipinto senza intaccare la fragile pellicola pittorica. I risultati sono straordinari: sono riemersi brani pittorici originali che, se pur frammentari, permettono di avvicinarci al vero Leonardo e in particolare al suo colore e al suo disegno. Di impressionante bellezza i profili e le mani di Giacomo, Filippo e Matteo. Vicende storiche Il Cenacolo fu probabilmente iniziato nel 1494 e in mancanza di documenti (gli archivi del convento sono andati distrutti) si è portati a considerare che nel 1497 l'opera era quasi terminata. Infatti Luca Pacioli, nella lettera dedicatoria della sua "Divina Proportione" in data 9 febbraio 1498, informa che il Cenacolo è finito e che costituisce una delle massime espressioni artistiche di Milano. Ben presto però, a venti anni circa dall'ultimazione, il dipinto comincia a mostrare segni evidenti di degrado legati in parte alla tecnica adottata da Leonardo: la tempera, se da un lato gli aveva permesso di lavorare con la massima libertà, dall'altro risultava un materiale molto fragile in presenza di umidità. Le testimonianze sul degrado del celebre dipinto iniziano nel 1517 con Antonio De Beatis e si susseguono ininterrotte fino all'intervento del pittore Michelangelo Bellotti nel 1726 con cui ha inizio una lunga serie di restauri o meglio dei tentativi di porre rimedio ai problemi della celebre opera. Interventi di consolidamento furono quelli di Luigi Cavenaghi eseguiti nel 1901 e nel 1908 e di Oreste Silvestri, nel 1924, che fissa tutti i bordi pericolanti con stucchi nerastri. Tra il 1951 e il 1954 il dipinto viene restaurato da Mauro Pelliccioli che consolida ancora una volta la superficie e ripristina la cromia senza però rimuovere le antiche ridipinture. Il degrado però non si arresta, anzi inquinamento e smog provocano l'annerimento della pittura. Dal 1978 al 1999 viene eseguito da Pinin Brambilla Barcilon il lungo e delicato restauro. L'Ultima Cena di Leonardo La realizzazione dell'Ultima Cena si inserisce nell'ambito dell'ampio rinnovamento artistico e culturale, patrocinato da Ludovico il Moro, che dal 1490 si sviluppa a Milano coinvolgendo in pieno il Convento di Santa Maria delle Grazie. Nel 1495, mentre Donato Montorfano sta ultimando la Crocifissione nel Refettorio, Leonardo riceve l'incarico dal Duca di decorare la parete di fronte con l'Ultima Cena; commissione documentata dagli stemmi che compaiono all'interno di ghirlande vegetali nelle quattro lunette al di sopra della "Cena" e che ricordano appunto i nomi di Ludovico, Beatrice e dei loro figli. L'elaborazione del Cenacolo è abbastanza lenta, nonostante le sollecitazioni del Moro e del priore: Leonardo impiega, infatti, circa quattro anni (1494-1498) utilizzando una tecnica a secco, cioè a C:\Documents and Settings\francesco\Desktop\testi_04_05\IV_L_arte\leonardo_cenacolo.doc pag 2 di 4 © e ® 2005, http://www.scanzo.altervista.org tempera, come se si trattasse di una grande tavola (4,60x8,80m). Per prima cosa decide di non affidarsi alla consolidata tecnica dell'affresco, che pur offrendo garanzie per la conservazione, impone il rispetto del tempo nella stesura; ha invece bisogno della massima libertà nella fase esecutiva per correggere, modificare e ottenere particolari effetti cromatici. Inoltre la tecnica dell'affresco non si concilia con il suo bizzarro temperamento che lo porta ad alternare periodi di intensa attività ad altri di completo riposo, come testimonia il racconto di Matteo Bandello che è ospite dei padri al convento e lo vede spesso al lavoro. Benché il tema del Cenacolo fosse raffigurazione tradizionale dei refettori conventuali ed in particolare quelli fiorentini (da ricordare i capolavori di Taddeo Gaddi, di Beato Angelico, di Andrea del Castagno e del Ghirlandaio) l'Ultima Cena è presentata da Leonardo in forma completamente innovativa: non solo è modificata radicalmente l'impostazione della scena, ma la novità più assoluta è data dall'impressionante realismo con cui è narrato l'episodio evangelico. In quest´opera Leonardo rappresenta le emozioni dei protagonisti della storia, Gesù e gli Apostoli. Sappiamo che per il pittore è molto importante illustrare i ”moti dell'animo”: nel suo Trattato della Pittura scrive che il bravo pittore deve saper rappresentare non solo l'aspetto esteriore dell'uomo ma anche i suoi pensieri, le sue emozioni; la prima cosa non è difficile da fare, ma la seconda sì, perché pensieri ed emozioni si devono rendere con i gesti e gli atteggiamenti (Lo bono pittore ha da dipingere due cose principali, cioè l∋homo e il concetto della mente sua. Il primo è facile, il secondo difficile perché s∋ha a figurare con gesti e movimenti delle membra). Per questo motivo Leonardo decide di rappresentare il momento successivo alle parole di Gesù "Uno di voi mi tradirà". È il momento più drammatico della Cena: ogni apostolo si domanda, e domanda agli altri, chi può essere il traditore. Leonardo si concentra sull'effetto che le parole di Gesù provocano sugli apostoli, sulla loro reazione: proprio per questo cambia il modo di rappresentare la scena rispetto agli artisti precedenti. Prendiamo ad esempio l'Ultima Cena di Andrea del Castagno (1450): Giuda, il traditore, è rappresentato, da solo, davanti alla tavola mentre gli altri apostoli, e Gesù, sono tutti dall'altro lato, uno accanto all'altro. La scena è solenne, ma non particolarmente drammatica. Invece Leonardo rappresenta Giuda in mezzo agli altri apostoli e organizza quattro gruppi di tre figure ai lati di Gesù, che sta al centro. Gesù e Giuda sono gli unici immobili e calmi, diversamente dagli altri che sono agitati e sconvolti: solo loro due sanno la verità. Giuda è anche l'unica figura del dipinto in ombra. La scena è molto drammatica. Per la descrizione ci aiutiamo con una copia del Cenacolo dipinta nel 1520 dal Giampietrino. Cominciamo da sinistra. Il primo gruppo è formato da tre personaggi in piedi: Bartolomeo, Giacomo Minore e Andrea. Bartolomeo ha le mani poggiate sul tavolo e si tende con il corpo verso Cristo: dà l'impressione non voler credere alle terribili parole che ha sentito e chiede come una conferma. Giacomo Minore poggia una mano sul braccio di Andrea, e con l'altra tocca la spalla di Pietro, nel gruppo successivo. Andrea sta fermo al suo posto e solleva in alto le mani con i palmi rivolti all'esterno, come per allontanare da sé i sospetti. Nel secondo gruppo troviamo Pietro, Giuda e Giovanni. Giovanni, uomo di carattere tranquillo, ascolta in silenzio le parole che Pietro sussurra nel suo orecchio; Pietro ha in mano un coltello e reagisce con rabbia alle parole di Cristo. Giuda è isolato, con il gomito destro poggiato sul tavolo. C:\Documents and Settings\francesco\Desktop\testi_04_05\IV_L_arte\leonardo_cenacolo.doc pag 3 di 4 © e ® 2005, http://www.scanzo.altervista.org Il terzo gruppo è composto da Tommaso, Giacomo Maggiore e Filippo. Giacomo è seduto ed allarga le braccia: con il suo gesto vuole dimostrare che non ha niente da nascondere. Tommaso, con il dito teso, si piega verso Cristo: la sua caratteristica è quella di mettere sempre in dubbio le parole degli altri. Filippo è in piedi, con le mani sul petto in segno di innocenza. Nel quarto gruppo ci sono Matteo, Simone e Taddeo. Matteo tende le braccia verso Cristo, ma il busto ed il viso sono rivolti all'indietro, verso Simone e Taddeo, come per comunicare la sua angoscia; Taddeo è rappresentato con le mani aperte verso l'alto, per manifestare la sua meraviglia. Leonardo fa capire il carattere di ogni apostolo e come ognuno di loro reagisce alla stessa situazione emotiva in modo diverso, in base al suo diverso carattere: è veramente l'applicazione della sua teoria dei moti dell'animo. C:\Documents and Settings\francesco\Desktop\testi_04_05\IV_L_arte\leonardo_cenacolo.doc pag 4 di 4