scarica la sentenza - Giurisprudenza delle imprese

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Firmato Da: GIANI SILVIA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: d1ef9 - Firmato Da: MARANGONI CLAUDIO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: c211e - Firmato Da: GAROFALO CARMELO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: deee
Sentenza n. 6397/2015 pubbl. il 21/05/2015
RG n. 2525/2013
Repert. n. 5373/2015 del 21/05/2015
N. R.G. 2525/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE di MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA D’IMPRESA - A Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Claudio Marangoni
Presidente
dott.ssa Silvia Giani
Giudice Relatore
dott. Pierluigi Perrotti
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n.r.g. 2525/2013 promossa da:
MAX MARA FASHION GROUP SRL (C.F. 00678310350), in persona del legale
rappresentante e da
MAX MARA SRL (C.F. 01397620350), in persona del legale rappresentante,
entrambe rappresentate e difese dagli avv.ti FLORIDIA GIORGIO e CAVALLARO PAOLA
FRANCESCA, elettivamente domiciliate in Via Freguglia, 10 - 20122 MILANO presso lo
studio del difensore avv. FLORIDIA GIORGIO;
ATTRICI
contro
LIU JO SPA, in persona del legale rappresentante,
rappresentata e difesa dagli avv.ti GAVUZZI ELISABETTA e RONCAGLIA PIER LUIGI,
elettivamente domiciliata in VIA CARDUCCI, 8 20123 - MILANO presso lo studio del
difensore avv. GAVUZZI ELISABETTA.
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RG n. 2525/2013
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CONVENUTA
OGGETTO: modello comunitario non registrato; diritto d’autore; marchio di fatto;
concorrenza sleale.
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle
conclusioni
Per l’attore:
- respinta ogni contraria e diversa domanda, eccezione e deduzione;
- emesse tutte le opportune pronunce, condanne e declaratorie;
- rifiutato il contraddittorio su domande ed eccezioni nuove che dovessero essere inserite dalla
convenuta in sede di precisazione delle conclusioni, così provvedere:
- in principalità:
A) accertare e dichiarare che con i comportamenti di cui in atti la convenuta si è resa
responsabile di violazione del diritto d’autore, del marchio tridimensionale di fatto, del
modello comunitario non registrato e di concorrenza sleale;
B) accertare e dichiarare che la convenuta si è resa responsabile dell’imitazione dell’ideazione
pubblicitaria;
C) inibire la prosecuzione e la ripetizione di tali illeciti e segnatamente la produzione,
commercializzazione e pubblicizzazione di “Les Plumes” e/o di qualsiasi altra collezione,
comunque denominata, rientrante nell’ambito dell’esclusiva conferita alle attrici dal diritto
d’autore, dal diritto sul marchio non registrato, dal diritto sul modello comunitario di fatto e
dal dovere della lealtà della concorrenza;
D) inibire la prosecuzione e la ripetizione degli illeciti pubblicitari consistenti nell’attuazione
della stessa idea promozionale e nell’imitazione confusoria dei relativi mezzi espressivi;
E) ordinare alla convenuta il ritiro definitivo dal commercio dei prodotti contraffattori e
concorrenzialmente illeciti in questione e dei materiali pubblicitari abusivi;
F) condannare la convenuta al pagamento di una penale per ogni violazione successivamente
constatata e per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti contenuti
nell’emananda sentenza;
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RG n. 2525/2013
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G) ordinare la distruzione a spese della convenuta e sotto il controllo delle attrici delle cose
costituenti contraffazione, comprese quelle oggetto del ritiro dal commercio e dei materiali
pubblicitari abusivi per se stessi ed anche perché imitativi e confusori;
H) condannare la convenuta a risarcire alle attrici i danni patiti e patiendi cagionati alle
medesime con gli illeciti di cui ai precedenti punti A) e B) inclusa la retroversione degli utili
da liquidarsi anche con valutazione equitativa;
I) disporre la pubblicazione della sentenza, a spese della convenuta ed a cura delle attrici, per
due volte a caratteri doppi del normale e con i nomi delle parti in grassetto, sui quotidiani
“Corriere della Sera”, “La Repubblica” e “Il Sole 24 Ore” e per due volte, a pagina intera e
con i nomi delle parti in grassetto sui periodici della moda nonché nella pagina iniziale del
sito della convenuta;
L) respingere tutte le domande formulate dalla convenuta;
M) condannare la convenuta alla refusione delle spese processuali comprensive di I.V.A. e
C.P.A..
- In via istruttoria:
N) ammettere consulenza contabile sul fatturato realizzato da Liu.Jo S.p.A. con la produzione
e commercializzazione dei prodotti per cui è causa e sul fatturato presuntivo che Max Mara
Fashion Group S.r.l. e Max Mara S.r.l. avrebbero potuto realizzare vendendo i propri prodotti
in luogo di quelli oggetto di contestazione nonché sul lucro cessante e sul danno subito dalle
attrici. Si chiede che al C.T.U. designando si rivolga il seguente quesito:
“Dica il C.T.U., esaminati gli atti ed i documenti di causa, acquisita in copia la
documentazione contabile di Liu.Jo e delle attrici utile all’espletamento dell’incarico e
compiuto ogni ulteriore indagine necessaria, valendosi se necessario di un esperto di sua
fiducia: a) quale sia, sino all’attualità, il numero dei prodotti Liu.Jo per cui è causa venduti e
l’utile lordo e netto dalla stessa conseguito a seguito di dette cessioni; b) se e quale influenza
dette vendite della società Liu.Jo abbiano determinato negli utili lordi e netti conseguiti dalle
attrici in relazione alla vendita dei piumini «The Cube»; c) se siano configurabili, sulla base
dei riscontri e delle valutazioni contabili, altri danni subiti dalle attrici in conseguenza dei
fatti di causa, determinandone l’ammontare”;
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O) ammettere una consulenza tecnica di stima sulla perdita di valore del piumino “The Cube”,
la cui unicità e peculiarità è stata fortemente diluita dalla concorrenza illecita della convenuta.
2. Conclusioni per la convenuta:
in via principale, il rigetto delle domande proposte dall’attrice;
in via riconvenzionale, la condanna delle attrici al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. ed,
in ogni caso, la condanna delle stesse al risarcimento delle spese.
***
MOTIVAZIONE
1. Le società attrici hanno citato in giudizio la società Liu.Jo S.p.A., allegando che:
-
il Gruppo Max Mara, che rappresentava una delle più importanti fashion house internazionali
per abbigliamento femminile, aveva creato nell’autunno/inverno 2008/2009 la collezione di
piumini “The Cube”, caratterizzata dalla c.d. “modularità”, ossia dalla possibilità di
arricchire, modulare a piacimento il piumino di base con diversi accessori, come ad esempio
colli, polsini e manicotti da applicare ai capi stessi, ovvero parti attaccabili/staccabili vendute
anche autonomamente ;
-
per effetto della “modularità”, la collezione di “The Cube” aveva avuto uno straordinario
successo commerciale e di critica;
-
il carattere distintivo della collezione “The Cube” consisteva nel “modular design”, ossia
nella creazione di un piumino accessoriato, la cui novità poteva costituire appropriazione
della singola azienda che l’aveva ideata;
-
il modello “The Cube” di MaxMara non era stato oggetto di registrazione perché
“l’invenzione stilistica non poteva rispecchiarsi nei singoli elementi compositivi, bensì
nell’interazione tra gli accessori e l’idea creativa del piumino modulare”;
-
la collezione “The Cube” era riconducibile all’ambito del design industriale e, in mancanza di
registrazione, ai modelli di fatto;
-
MaxMara aveva introdotto sul mercato con la stagione primavera/estate 2011 i polsini con
pietre, per arricchire la collezione “The Cube”;
-
Max Mara intendeva “beneficiare dell’esclusività del piumino accessoriato”;
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-
Liu Jo, diretta concorrente di MaxMara, nel 2012, aveva presentato la collezione “Les Plumes
A/I 2012-2013”, caratterizzata dalla possibilità di accessoriare il piumino, attraverso bottoni,
fibbie, cinture, polsini e colli staccabili ;
-
Liu Jo aveva anche imitato il motivo ornamentale dei polsini con pietre, rendendosi
responsabile della contraffazione del modello comunitario di fatto;
-
attraverso la collezione Les Plumes, LiuJo aveva imitato il “modular design” di “The Cube”
integrando le fattispecie illecite della concorrenza sleale per imitazione servile e della
concorrenza parassitaria;
-
Liu Jo non solo si era appropriata del modular design creato da MaxMara, ma aveva copiato
le modalità pubblicitarie e le relative strategie di marketing.
2. La società convenuta si è costituita nel presente giudizio, deducendo che:
- i piumini MaxMara non presentavano alcun valore artistico, requisito necessario per tutelare
un oggetto di design attraverso il diritto d’autore;
- i piumini della linea Les Plumes di LiuJo erano del tutto diversi rispetto a quelli di Max
Mara, con specifico riguardo al tessuto, al taglio e a tutte le altre caratteristiche esteriori; ne
era esempio il fatto che i piumini di Max Mara presentavano un aspetto minimalistico,
avevano un tessuto in piuma d’oca, erano racchiusi in un contenitore che aveva dato il nome
alla stessa linea (appunto, The Cube);
-
i polsini con gli strass, asseritamente copiati, non rappresentavano un elemento di novità sul
mercato;
-
le campagne pubblicitarie delle due linee erano nettamente diverse tra loro sicché non poteva
essere accolta la domanda di accertamento d’ imitazione pubblicitaria servile .
3. Sul Marchio di fatto. Le attrici hanno contestato alla società convenuta di avere posto in
essere atti in violazione del diritto d’autore, del marchio tridimensionale di fatto, del modello
comunitario non registrato e, infine, di avere perpetrato atti di concorrenza sleale.
Incominciando dal marchio di fatto, esso è
identificato dall’attrice nella modularità del
piumino accessoriato della collezione “The Cube”.
L’esclusiva invocata non riguarda uno specifico prodotto,
ma un’idea, quella della
“modularità”. Essa non può essere protetta come marchio, trattandosi di un elemento che non
rappresenta esteriormente il prodotto, ma una sua caratteristica, il concetto della modularità.
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Tenuto conto dell'esclusività inerente al diritto dei marchi, il titolare di un marchio avente un
oggetto così indeterminato, che verte su un concetto, otterrebbe un vantaggio concorrenziale
indebito, in contrasto con lo scopo dell’art. 2 della direttiva.
L'art. 2 della Direttiva n 95/08/CE, rubricato «Segni suscettibili di costituire un marchio di
impresa», così dispone: «Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere
riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le
lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni
siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese».
Nel caso di specie “la modularità”, anche se applicata ai piumini, non è un segno suscettibile
di essere riprodotto graficamente.
Tutti i segni sono idonei a costituire marchi di impresa a condizione che, da un lato, possano
essere riprodotti graficamente e che, dall'altro, siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi
di un'impresa da quelli di altre imprese ( CGCE 12 dicembre 2002, causa C-273/00,
Sieckmann, punto 39).
Il marchio, per potere essere registrato, deve soddisfare, invero, tre condizioni. In primo
luogo, esso deve costituire un segno. In secondo luogo, tale segno deve poter essere oggetto di
rappresentazione grafica. In terzo luogo, il segno medesimo deve essere idoneo a distinguere i
prodotti o i servizi di una determinata impresa da quelli di altre imprese (v., in tal senso,
CGCE 6 maggio 2003, caso Libertel, punto 23; CGCE 24 giugno 2004, caso Heidelberger
Bauchemie; CGCE 25 gennaio 2007 caso Dyson).
Il concetto della “modularità”, in conclusione, non soddisfa i requisiti richiesti dall’art. 7 CPI
e dall’art. 2 Direttiva cit., non essendo un segno suscettibile di essere rappresentato
graficamente, ma un’entità indeterminata, non proteggibile come marchio.
4. Sul diritto d’autore. Max Mara ha chiesto a questo Tribunale di accertare che la sua linea
di piumini “The Cube” sia tutelata sulla base del diritto d’autore, quale opera del design dotata
di “carattere creativo” e “valore artistico” protetta dall’art. 2, n. 10, L. 633/1941.
La domanda non è fondata, in quanto:
- La protezione del diritto d’autore ha ad oggetto la forma espressiva dell’opera e non il
contenuto di informazioni e di idee (ex plurimis, Cass. 23 aprile 2013, n 9757; Cass 28
novembre 2011, n 25173). La creatività non è costituita dall’idea, ma dalla sua espressione,
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tanto che la tutela del diritto d’autore può essere invocata anche nel caso di idee non nuove,
allorché sia nuova la forma espressiva.
L’elemento del modular design, inteso quale creazione di un prodotto modulare, caratterizzato
dalla presenza di un oggetto principale alla quale possono aggiungersi o togliersi una serie di
elementi accessori, non è autonomamente tutelabile dal diritto d’autore perché rappresenta un
concetto.
- La linea “The Cube” è, altresì, priva di quella particolare valenza artistica che connota le
opere del design industriale tutelabili con il diritto d’autore, in presenza della quale
solamente si giustifica un diritto di privativa tanto esteso nel tempo. Per soddisfare tale
requisito non è sufficiente che l’opera sia espressione di una personale rappresentazione
dell’oggetto da parte dell’autore che si risolva in un mero abbellimento del prodotto cui si
riferisce, ma essa deve rivestire l’ulteriore caratteristica di essere un oggetto artistico avente
un valore autonomo nell’ambito del separato circuito degli oggetti d’arte. Possono assumere
la rilevanza di indizi della qualità artistica di un’opera del design i riconoscimenti espressi da
diverse istituzioni culturali
del contenuto artistico, quale capacità rappresentativa ed
evocativa specifica (T. Milano, 29 dicembre 2006, T. Torino, 5 novembre 2013 ).
Le tre lettere di musei della moda prodotti dall’attrice non sono idonee a provare l’esistenza
di un oggetto di design il cui valore artistico sia universalmente noto e apprezzato.
5. Sul modello comunitario di fatto. L’attrice ha altresì chiesto la protezione, come modello
comunitario di fatto, dei “polsini con pietre brillanti ” staccabili, diffusi tra il pubblico da Max
Mara a partire dal settembre 2010, presentando, a sua detta, i requisiti della “novità” e del
“carattere individuale”. L’esclusiva rivendicata, così individuata, non riguarda un modello
determinato, come richiesto dagli artt. 3 Reg 6/2002 e 31 CPI, ma una caratteristica generale,
quella dei polsini staccabili impreziositi da strass.
Ed invero dall’atto introduttivo risulta una certa ambiguità circa il modello che l’attrice allega
essere contraffatto, poiché non ben delimitato, essendo evidente la volontà della parte di
chiedere una tutela volta, in realtà, a monopolizzare l’idea di “modularità”.
Lo svolgimento delle trattative, per come emerso dalla lettera prodotta dalla medesima
attrice, sub doc. 36- palesa tale intendimento, essendosi rifiutata l’attrice a restringere
l’ambito di tutela a un modello per un periodo temporale ridotto, poiché tale soluzione
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“frusterebbe in maniera inaccettabile le prerogative della ricorrente sulla modularità della
linea the cube”.
Si è già visto che la tutela non può avere ad oggetto un concetto generale, e suscettibile di
indefinite specificazioni, perché ci si assicurerebbe un vantaggio concorrenziale indebito. Nel
caso, poi, di modelli non registrati gli oneri
di allegazione e di prova sono stringenti,
dovendosi tutelare l’affidamento dei terzi, impossibilitati, con una semplice ricerca, a
verificare l’esistenza dell’esclusiva.
Chi invoca la tutela deve allegare il modello asseritamente contraffatto, la novità, il carattere
individuale e la riproduzione del modello.
Nel caso di specie, quand’anche si ritenesse di adottare un orientamento massimamente
liberale, e si superassero i profili circa l’insufficiente individuazione del modello “polsini
con pietre brillanti”, la parte attrice non avrebbe provato, e in verità neppure allegato,
l’assoluta sovrapponibilità delle forme di modello, essendosi limitata a dedurre la sola
imitazione.
Ritiene il tribunale che solamente la sovrapponibilità dei modelli consenta l’accesso ai rimedi
accordati ai modelli non registrati: depone in tale senso il tenore dell’art. 21 del considerando
del regolamento n 6/02/CE, secondo cui “ la protezione del disegno o modello comunitario
non registrato dovrebbe concretarsi unicamente nel diritto di vietare la riproduzione del
disegno o del modello”. L’ambito dell’esclusiva riconoscibile al modello muta a seconda che
il medesimo sia stato registrato o meno e ciò si spiega ragionevolmente con la mancanza di
forme di pubblicità nei modelli non registrati. L’assenza di un sistema formale, volto a
consentire di verificare con semplicità ciò che è oggetto di esclusiva, trova nel sistema un
correttivo nella minore estensione del diritto sul design non registrato ( T Milano 6/5/2011).
6. Va altresì osservato che i rimedi richiesti, di natura inibitoria e risarcitoria, non
potrebbero comunque trovare accoglimento, poiché:
- l’ambito temporale di proteggibilità del modello di fatto - di tre anni- è scaduto e ciò
preclude qualsiasi inibitoria;
- non sono stati forniti elementi per l’accertamento e la quantificazione del danno:
 non vi è prova che l’attrice abbia subito un danno economico in conseguenza della
commercializzazione da parte della convenuta dei capi accessoriati da “polsini con
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strass”. Nessun rilievo a tale fine avrebbero i soli dati prodotti dall’attrice –sub doc. 32relativi all’intero fatturato della collezione fino all’anno 2012, poiché:
 da essi non emerge la prova della contrazione del fatturato successivamente alla
commercializzazione della collezione della convenuta;
 i detti dati non sono significativi non solo sotto il profilo temporale, ma anche con
riguardo a quello quantitativo, poiché riguardano tutti i capi della collezione e non quelli
accessoriati da “polsini con strass” ;
 non
vi
è
prova
degli
utili
conseguiti
dalla
controparte
grazie
alla
commercializzazione del modello asseritamente contraffatto – ripetesi, piumini con
polsini con strass- né rientrava nei poteri del giudice disporre l’ordine di esibizione in
assenza di relativa richiesta.
 Le attrici non hanno fornito alcuna prova di danno emergente.
7. Sulla concorrenza sleale per imitazione servile. L’attrice ha allegato l’ illiceità della
concorrenza sleale con riguardo a due profili:
- imitazione da parte della convenuta del “modular design” di “The Cube”, agganciandosi
parassitariamente alla fama dell’attrice come promotrice del “piumino accessoriato” e
riprendendone la “versatilità e adattabilità sociale”;
- imitazione di modalità pubblicitarie confondibili.
Sulla base di tale prospettazione, ha concluso chiedendo
l’inibitoria del “piumino
accessoriato.”
La domanda non è fondata perché:
o non è configurabile l’appropriazione di un concetto indeterminato come quello di “modular
design”;
o non vi è pericolo di confusione tra i modelli delle due collezioni di piumini provenienti
dalle due società: i piumini della collezione dell’ attrice hanno caratteristiche completamente
diverse da quelli della convenuta con riguardo al taglio, alla foggia e ai materiali. Quelli della
collezione “The Cube” sono connotati dalla leggerezza e dalla ripiegabilità in un cubo; sono
soffici e imbottiti con piuma d’oca siberiana molto leggera. Quelli della convenuta sono molto
più pesanti e rigidi e, per l’ingombro e la diversa qualità del materiale, non possono essere
chiusi in un piccolo accessorio a forma di cubo.
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o i piumini dell’ attrice di per sé non hanno alcuna capacità distintiva.
o Non vi è pericolo di confusione neppure tra gli accessori in quanto quelli commercializzati
dalla convenuta non sono venduti separatamente rispetto al capo principale.
o Non vi è ripresa pedissequa delle modalità pubblicitarie. Dal confronto delle immagini
pubblicitarie di Max Mara e di Liu Jo le due campagne risultano dissimili. La campagna
pubblicitaria di MaxMara si basa innanzitutto sul concetto del cubo, ossia rimarca la
possibilità di racchiudere il piumino in una piccola borsa, ideata ad hoc dalla fashion house
attrice per conservare e trasportare il piumino. A livello grafico, le modelle di MaxMara sono
rappresentate in ambienti moderni e futuristici in cui il design del piumino è evidenziato dalle
linee precise e spigolose degli spazi architettonici circostanti. Al contrario, la campagna
pubblicitaria di LiuJo è improntata a diverse caratteristiche, apparendo più informale e
colorata, con le immagini di numerosi oggetti intorno al piumino, anche non relativi ad
elementi “staccabili” del piumino, quali spazzole, trucchi, scarpe, braccialetti, cuffie, dolcetti
etc.. La strategia di marketing messa in atto dalla convenuta è in effetti distante dalla
campagna pubblicitaria di MaxMara.
8. Sulla concorrenza sleale parassitaria. Esclusa la concorrenza sleale per imitazione servile,
va altresì esclusa la concorrenza parassitaria.
L’attrice non ha provato e, per la verità, neppure specificamente allegato -attesa la duplice
prospettazione relativa solo alla appropriazione del concetto del “modular design” e a quella
dell’imitazione pubblicitaria-
che la convenuta abbia posto in essere una condotta di
imitazione di tutte le iniziative della controparte. Se da un punto di vista teorico è ammissibile
la configurabilità della concorrenza parassitaria sincronica quando sia posta in essere
un’attività che, in un unico momento, imiti tutte le iniziative del concorrente, nel caso di
specie manca la prova della ripresa pedissequa di tutte le iniziative commerciali-pubblicitarie
della controparte
( cfr. Cass n. 13423/2004). Ed invero,
esclusa la possibilità di
monopolizzare un’idea, si ribadisce che:
- i piumini della collezione dell’ attrice hanno caratteristiche completamente diverse quanto
a tessuto, foggia e taglio; sono ripiegabili in un cubo, nota distintiva della collezione;
- hanno accessori che sono vendibili dall’attrice separatamente, a differenza della convenuta,
che li vende solo unitamente ai capi principali;
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- le campagne pubblicitarie, ben lungi dall’essere sovrapponibili, sono sufficientemente
differenziate.
9. In conclusione le domande delle attrici vanno rigettate.
10. Sulle spese. Alla soccombenza delle attrici segue la loro condanna alla rifusione integrale
delle spese che, in applicazione del DM n 50/14 ratione temporis vigente, sono liquidate in
complessive euro 13000 per compensi, euro 1100,00 per spese, oltre spese generali, iva e
cpa.
PQM
Il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia d’Impresa –A-, definitivamente
pronunciando sulle domande proposte da MAX MARA FASHION GROUP SRL e da
MAX MARA SRL nei confronti di LIU JO SPA, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o
assorbita, così dispone:
-
Rigetta le domande proposte dalle attrici
-
Condanna le attrici a rifondere integralmente le spese di lite, che si liquidano in
euro 13000 per compensi, euro 1100,00 per spese, oltre spese generali, iva e cpa.
Milano, così deliberato nella Camera di Consiglio del 19 marzo 2015
Il Giudice Relatore
Il Presidente
dott.ssa Silvia Giani
dott. Claudio Marangoni
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http://bit.ly/1O3I3uj
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http://bit.ly/1O3I3uj
Firmato Da: GIANI SILVIA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: d1ef9 - Firmato Da: MARANGONI CLAUDIO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: c211e - Firmato Da: GAROFALO CARMELO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: deee
Sentenza n. 6397/2015 pubbl. il 21/05/2015
RG n. 2525/2013
Repert. n. 5373/2015 del 21/05/2015

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