il giornalino di gian burrasca

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il giornalino di gian burrasca
IL GIORNALINO DI GIAN BURRASCA
Giamburrasca: dal libro alla TV, un’operazione riuscita
Dopo aver conosciuto il successo in seguito alla pubblicazione delle loro opere, autori di fama come
Vamba, Collodi e De Amicis, hanno subito un lungo periodo di emarginazione, restando confinati (nella
ipotesi più felice) nelle antologie scolastiche del secondo Novecento, mentre scompariva del tutto la lettura integrale o anche solo parziale delle loro opere.
Come avverrà per Cuore e Pinocchio, anche per Il giornalino di Gian Burrasca si registra una ripresa nella
lettura solo negli anni ’60 proprio grazie alla televisione che in quegli anni continuava a svolgere una
importante funzione educativa a cui più tardi avrebbe rinunciato in favore del semplice intrattenimento
scelto dalla televisione commerciale degli anni ‘80.
Nel 1964 Il giornalino di Gian Burrasca viene proposto dal programma nazionale della Rai (odierna Rai1)
nell’omonimo sceneggiato televisivo per la regia di Lina Wertmuller con la cantante Rita Pavone (in quegli
anni in testa alle classifiche) nei panni del protagonista Giannino Stoppani. Il grandissimo successo che
riscosse la trasposizione televisiva a puntate del romanzo di Vamba contribuì a far crescere vertiginosamente le vendite del libro, a riscoprirlo. Per la prima volta fu la scuola ad adeguarsi alla tv, mentre fino
a quel momento si era registrata l’operazione inversa. Il giornalino di Gianburrasca tornò così ad essere
letto a scuola e in famiglia.
Ma la riscoperta non avrà lunga durata. È con l’inizio del nuovo millennio che Giannino Stoppani ritorna
attuale, in alcuni casi viene addirittura presentato (del tutto arbitrariamente) come anticipatore della protesta no-global! Dapprima la produzione e la vendita di videocassette (2001) e di dvd (2003), quindi una
nuova versione televisiva, questa volta sulla rete Mediaset Canale5, a cura della stessa Rita Pavone. Da
ultimo, fra il 2005 e il 2006 viene proposto in teatro il musical con Marco Morandi.
Dalla prima versione della Wertmuller ad oggi Gianburrasca è molto cambiato, ma ha sempre conservato il
suo spirito ribelle. Nella versione televisiva della Wertmuller Giannino sembra un precursore del ’68, nel
2002 con la fiction per la regia di Pagnussat e in seguito con il musical di Marco Morandi si ha il Giannino
più moderno e attuale; in ogni caso queste
riletture offrono spunti interessanti che possono essere valorizzati dal momento che i ragazzi di ogni generazione sembrano sempre
incuriositi dalle birichinerie di Gian Burrasca.
Un ragazzo che frequenta la scuola media
vive un passaggio spesso contraddistinto
dalla ribellione, di nuovo oggi c’è che questa
ribellione si verifica all’interno di un mondo
multimediale. Lo sviluppo dei mass-media e
delle tecnologie informatiche ha provocato
oggi un radicale cambiamento dei modi di
percezione. La comunicazione è sempre più
veicolata dall’immagine. La visione cinematografica o televisiva di un’opera letteraria
può quindi stimolarne la lettura. Questo fu
l’effetto dello sceneggiato della Wertmuller
che portò alla lettura molti italiani, anche in
età non scolare. Certamente molte abitudini
degli adolescenti di oggi sono cambiate rispetto a ieri, basti pensare che Il Giornalino
di Gian Burrasca nel 1964 venne trasmesso
di sabato perché i bambini potessero dormire il giorno dopo. A quei tempi si andava “a
letto dopo”, la televisione era limitata a due
soli canali in bianco e nero, e dalle 17 alle
18.30, per poi interrompere le trasmissioni
che venivano riprese alle 20 e terminate entro la mezzanotte. Oggi i giovani invece possono vedere la tv 24 ore su 24, e passano
molte ore della giornata davanti al video.
Il Giornalino di Gian Burrasca © La Spiga Edizioni
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IL GIORNALINO DI GIAN BURRASCA
È bene ricordare che Il Giornalino televisivo non fu un programma solo per bambini, la sua collocazione
oraria (fuori dal programma della tv dei ragazzi) dimostrava, invece, la volontà di rivolgersi anche a un
pubblico adulto (per questo fu trasmesso in prima serata). Il Giornalino della Wertmuller diventa una sorta di rivista musicale che accompagna per otto settimane i
sabati sera degli italiani.
E la sua struttura è più solida, più impegnativa di quanto non fossero gli sceneggiati della tv dei ragazzi.
Il libro di Vamba viene immerso per essere riusato in un bagno di verità del tempo e gli episodi dell’esuberanza giovanile di Giannino Stoppani sembrano alludere, neanche troppo implicitamente, all’ansia di
liberazione che i giovani mostravano, nel crocevia della metà degli anni ’60: basti pensare ai liceali del
Parini e al loro giornalino La Zanzara.
La disciplina punitiva del collegio Pierpaolo Pierpaoli, i trucchi odiosi del potere repressivo, la loro bruttezza e volgarità, la cupezza dell’istituzione, raccontavano di quella “claustrofobia” giovanile che Vamba
aveva descritto ma che la Wertmuller rende, attraverso le immagini ancora in bianco e nero, più fisica,
più odiosa. Il collegio è scuro, Bice Valori (la Direttrice) cammina sulle ginocchia con le narici deformate.
Dal collegio si deve fuggire, e fuori dal collegio c’è la libertà. Va notato che nel 1964 da pochi mesi in
Italia è stato costituito il primo governo di centro-sinistra con la partecipazione dei socialisti al governo;
dei socialisti di inizio Novecento Vamba (e come lui la Wertmuller), rappresentano, attraverso l’avvocato
Maralli (un bravo Arnoldo Foà), un ritratto poco edificante. Giannino non capisce, ad esempio, perché
l’avvocato, candidato alle elezioni, dica di non essere mai andato in chiesa se lì si è sposato con sua sorella, perché mai racconti di avere rinunciato all’eredità di uno zio per darla ai poveri, quando lui ha visto
quanto avesse maledetto il defunto. Giannino non conosce il rapporto inquinato fra verità e politica, e
il suo amico del cuore, Gigi Balestra, gli descrive con grande capacità anticipatrice quel gioco di bugie,
l’avvocato lo faceva calcolando la pubblicità sull’elettorato. Espressione questa che anticipa di molti anni
la politica-spettacolo del nostro tempo.
Il Giornalino della Wertmuller è strutturato come un’opera cinematografica, per qualità e prestigio degli
attori, sono molto usati i “carrelli” e un’illuminazione intensa, espressiva. Ma ciò che non ha risentito del
passare del tempo è la colonna sonora di Nino Rota che arriva quasi a comporre una commedia musicale. La colonna sonora di Rota è al contempo popolare e raffinata: popolare come “Viva la pappa col
pomodoro”, che diventa così una hit parade, sarà in classifica per 15 settimane. Raffinata come la musica
struggente dei titoli del programma che viene eseguita per la Cetra da Anton Karas che aveva legato il suo
nome alle celeberrime, inquietanti, note del film “Il terzo uomo”. Quando Giannino sta per consegnare il
suo giornalino all’autorità giudiziaria, nell’ultima puntata, sfoglia per l’ultima volta il diario e i ricordi, in un
flash-back vengono racchiusi nelle canzoni di Rota. Così la Pavone canta canzoni stupende: “Ma questo
Salgari che passione” o “Tu sei la mamma, la mia mamma”. Una colonna sonora che non ha risentito del
passare del tempo, un po’ come il programma, che non per caso è stato più volte replicato. C’è un tenerissimo quanto indimenticabile attore del teatro italiano, Sergio Tofano (che ai bambini aveva regalato il
fumetto del signor Bonaventura), e c’è uno stuolo di magnifici caratteristi: Maranzana, Garinei, Bagnolini,
e, a un certo punto, compare perfino Lino Banfi (molto amato dai giovani, e oggi identificato come Nonno
Felice), ma questa è un’altra storia.
Il Giornalino della Wertmuller rende possibile in effetti una delle imprese più difficili: adattare un’opera
letteraria al linguaggio televisivo senza tradirne lo spirito autentico che l’autore le ha donato.
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Il Giornalino di Gian Burrasca © La Spiga Edizioni