Branford Marsalis: ritorno a Ravello 18/07/2015

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Branford Marsalis: ritorno a Ravello 18/07/2015
18/07/2015
Branford Marsalis: ritorno a Ravello
Questa sera alle ore 21,45 i riflettori di Villa Rufolo si accenderanno sul sassofonista americano e sul suo quartetto
Di Olga Chieffi
Si potrebbe parlare all'infinito di Branford Marsalis, celebre sassofonista nero americano che negli ultimi 30 anni ha
dettato le leggi severe del jazz contemporaneo. Questa sera alle ore 21,45 il sassofonista cresciuto nel vivacissimo
ambiente musicale di New Orleans, figlio del pianista Ellis Marsalis, Branford è stato educato alla musica assieme ai
fratelli Wynton, Delfeayo e Jason, sarà sulla ribalta del Ravello Festival per ritrovare il suo pubblico dopo ben otto anni
da quel 2007 che lo vide un po’ criticato interprete del concerto di Glazunov per sax e orchestra op.109, in un fluire di
emozioni che stasera ci faranno attraversare in breve la storia di questo genere, dalle atmosfere free avvolte in una
patina groove dal suono eccellente, all’evocazione di grandi classici di Ellington e dei primordi della tradizione di New
Orleans che non mancano mai e giustamente nelle performance della famiglia Marsalis. Affiancato dai fidi Joey
Calderazzo (piano), Eric Revis (basso), Justin Faulkner (drums) il sassofonista macinerà musica, brani costruiti
sapientemente accostando il gusto per il suono neo bop afro-americano, per le architetture jazz-blues ed i ritmi
incalzanti, “quasi” sperimentali, che sanciscono il ritorno di uno dei migliori sassofonisti che la storia più recente del
jazz possa annoverare. Branford Marsalis è il jazz che si tramuta in persona, la password per entrare nell'olimpo della
musica nera: nato a New Orleans nel 1960 il giovane talento nei primissimi anni ottanta frequenta i gruppi di Art
Blakey, Miles Davis (con cui incide il mitico “Decoy”, 1984) Herbie Hancock e Sting, ma è con l'inizio della sua carriera
solista (“Scenes in the city”,1984) che Marsalis trasforma la musica in arte con ottimi dischi che interpretano l'archetipo
del musicista moderno, filtrandolo anche con l'hip-hop jazz nella seconda metà degli anni novanta, grazie al gruppo da
lui creato, Buckshot LeFonque, pura creatività musicale dove jazz, indie rap, alternative funk e melodie pop si fondono
in un concentrato di estasi suprema (“Buckshot LeFonque” '94, “Music Evolution” '97, tutti su Columbia, da avere). In
“Four MFs Playin' Tunes” del quale certamente proporrà qualche brano, lo ritroviamo puro, eclettico, tanto da
trasformare i nuovi linguaggi jazzistici in una nuova, unica sintesi dove confluiscono suoni estremi e contaminazioni
varie, come il jazz moderno vuole, dimostrando di amare il rischio e le combinazioni audaci, dando prova di
intelligenza strategica, di maestria sonora elevata e di grande pertinenza. Al tenore riesce contemporaneamente a
restituire il carattere precipuo rispettivamente di Rollins e Coltrane evitando però di cadere nella copia e evidenziando
un’originalità di approccio e una sincerità di sentimenti, magnificamente assecondato dal solido contrabbasso di Eric
Revis, dal suono pulito, preciso e presente, dal misurato e obliquo pianoforte di Joey Calderazzo e, soprattutto, dai
tamburi di Justin Faulkner.