Approfondimenti Mod. 1

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Approfondimenti Mod. 1
MODULO 1
I metodi della ricerca
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Il presente testo fa riferimento a quanto esposto nel Modulo 1, I metodi della ricerca, in particolare all’unità didattica 3, I tipi di osservazione, tuttavia può collegarsi anche alle tematiche affrontate nel Modulo 2, Il comportamento, in particolare all’unità didattica 2, Il comportamento umano e il comportamento animale.
L’etologia e la morale
L’etologia ha esercitato un’influenza notevole sul
panorama scientifico contemporaneo. Assumendo
come base la teoria evoluzionista di Darwin, per
cui sul piano biologico e dei comportamenti non
c’è una separazione netta tra il mondo animale e
quello umano, quanto emerge dallo studio etologico degli animali può, almeno in parte, essere generalizzato al comportamento umano. Inoltre, è
possibile studiare l’uomo usando gli stessi metodi e
principi teorici.
Scienziati come Konrad Lorenz (1903-1989),
Nikolaas (Niko) Tinbergen (1907-1988), Irenäus
Eibl-Eibesfeldt (Vienna, 1928), Hugo van LawickGoodall (1937-2002), hanno effettuato importanti scoperte relative al rapporto tra madre e
cuccioli, alle forme di corteggiamento, alle modalità di procurarsi il cibo, alla cooperazione e alla gerarchia nelle società animali, all’aggressività
intra-specifica, alle varie forme di comunicazione. Da tali studi è emerso che gli animali più evoluti sono capaci di apprendere comportamenti
complessi che trasmettono al resto del gruppo e
alla prole. I comportamenti di natura istintiva sono comunque prevalenti e rendono abbastanza
prevedibile il comportamento dei soggetti appartenenti alle varie specie.
Anche i comportamenti umani hanno una matrice istintiva e risultano finalizzati alla conservazione della specie. L’uomo ha sviluppato anche forme culturali complesse che esercitano un’enorme
influenza sul suo comportamento, tuttavia per gli
etologi, in particolare per Lorenz, solo la consapevolezza, libera da pregiudizi ideologici, della
propria “animalità” consente all’uomo di sviluppare la propria “umanità”.
La conoscenza delle proprie caratteristiche biologiche, dei propri limiti, diviene un importante
mezzo per riuscire canalizzare gli istinti in comportamenti sociali accettabili. Lo stesso comportamento aggressivo, analizzato in base alla sua fun-
zione biologica, perde le proprie caratteristiche di
“male” e sembra contenere un’intrinseca saggezza. Nel testo intitolato Il cosiddetto male, Lorenz
tratta il tema dell’aggressività, in particolare dell’aggressività tra i soggetti appartenenti alla stessa specie e nota che essa comporta assai raramente esiti mortali.
Gli animali entrano in contrasto per il territorio,
per la gerarchia o per l’accoppiamento, ma tali
conflitti non sempre richiedono scontri aperti e,
quando questi avvengono, hanno la caratteristica di essere “ritualizzati”, il che ne limita notevolmente la pericolosità.
Lorenz descrive il combattimento dei daini, altamente ritualizzato. Dopo aver scosso le corna in
un determinato modo, i daini marciano affiancati con un passo svelto da parata, per impressionarsi. Poi, improvvisamente si fermano come per
un comando, abbassano le teste e fanno collidere
le loro corna che si incastrano. Segue una lotta innocua che termina con la vittoria dell’animale che
resiste più a lungo. Se casualmente uno dei due
daini abbassa la testa prima dell’altro, quello con
la testa ancora in alto lascia il suo fianco scoperto: allora, il daino che ha attaccato immediatamente frena il suo slancio e aspetta che anche
l’altro sia pronto per la lotta.
Nikolaas Tinbergen insieme a Konrad Lorenz.
Esercitazione
Dopo aver letto attentamente il testo, rispondi ai seguenti quesiti.
– Da cosa è possibile dedurre che anche i comportamenti umani hanno una radice istintiva?
– Perché non è detto che il comportamento aggressivo sia sempre un “male”?
– Che cosa si intende per “combattimento ritualizzato”?
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Luigi D’Isa, Franca Foschini - Corso di scienze umane e sociali
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MODULO 1
I metodi della ricerca
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Il presente testo fa riferimento a quanto esposto nel Modulo 1, I metodi della ricerca, in particolare all’unità didattica 3, I tipi di osservazione, tuttavia può collegarsi anche alle tematiche affrontate nel Modulo 8, L’interazione individuo, gruppo e società, in particolare all’unità didattica 3, Gruppi e istituzioni.
Qual è il padre migliore?
Nel saggio Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi, Malinowski descrive, tra l’altro, il ruolo del
padre nelle società P patrilineari e nelle società
P matrilineari così come l’ha potuto osservare
tra i Melanesiani delle isole Trobriand. Le famiglie dei Melanesiani non sono basate su un sistema di discendenza paterna, ma su un sistema di
discendenza materna: i figli appartengono alla
famiglia, al clan e alla comunità della madre, e il
maschio più importante nelle relazioni economiche e familiari è il fratello della madre che mantiene i figli della sorella e, alla propria morte, trasmette loro le proprie sostanze.
Presso i Melanesiani, inoltre, esiste la credenza
che i figli vengano introdotti nell’utero sotto forma di spiriti piccolissimi dallo spirito di un avo
materno. Il padre biologico è ritenuto solo un
compagno della madre che amerà lei e i suoi figli, ma che non avrà su di loro l’autorità che viene invece esercitata, nella società patrilineare,
dal coniuge sulla moglie e sui figli.
Malinowski è consapevole che le trasformazioni
già in atto all’epoca nel mondo occidentale cominciano a mettere in crisi il potere del padre
nella famiglia; tuttavia ritiene il modello patriarcale prevalente sia presso le classi agiate sia presso gli strati più poveri.
Nella società patriarcale il padre è il capo della
famiglia e l’unico sostegno economico. Quale capo assoluto della famiglia, egli è portato a diventare un tiranno: nel qual caso attriti di ogni sorta sorgono tra lui, la moglie e i bambini, la cui
portata dipende dall’ambiente sociale. Nelle classi ricche della società occidentale, il figlio è ben
separato dal padre: il bambino viene in genere
accudito e controllato dalla madre, che in tali casi prende il posto dominante fra gli affetti del
bambino. Il padre, d’altra parte, è introdotto ra-
ramente nel mondo del bambino e se lo è rimane uno spettatore estraneo, innanzi al quale il
bambino deve comportarsi in modo compito,
mettere in rilievo le sue qualità e rappresentare
bene la parte. Il padre è la fonte dell’autorità, il
somministratore di punizioni.
“Il quadro è differente, benché i risultati non siano dissimili nelle famiglie dei contadini poveri
dell’Europa Centrale e Orientale, o delle classi
più basse di lavoratori, che hanno una casa di
una sola stanza e con un solo letto. Il padre è a
stretto contatto con il bambino, fatto che in rare
circostanze provoca un affetto maggiore, ma in
genere suscita attriti più acuti e cronici. Quando
un padre torna a casa stanco dal lavoro, o ubriaco dall’osteria, naturalmente dà sfogo al suo cattivo umore sulla famiglia e tratta duramente moglie e figli. […]
La parte del padre melanesiano in questo stadio
è molto differente da quella del patriarca europeo: […] un uomo delle Trobriand raramente litigherà con la moglie, quasi mai si proverà a essere brutale con lei, e non sarà mai capace di esercitare una tirannia permanente. […] Nella prima
infanzia del bambino il padre ne è il governante
tenero e amoroso; poi nella sua prima fanciullezza gioca con lui, lo porta in giro e gli insegna
quei giochi e quelle occupazioni divertenti, che
gli possano piacere”.
(Tratto da: B. Malinowski, Sesso e repressione
sessuale tra i selvaggi, Boringhieri, Torino, 1969,
pp. 74-75).
patrilineari
che discendono per via maschile
matrilineari
che discendono per via femminile e materna
Esercitazione
Dopo aver letto attentamente il testo, rispondi ai seguenti quesiti.
– Quale effetto esercita la società patrilineare sull’educazione del bambino?
– Quali differenze vi sono nelle società patrilineari, tra le classi agiate e quelle più povere?
– Quale ruolo ha il padre nelle società matrilineari delle isole Trobriand?
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MODULO 1
I metodi della ricerca
La presente applicazione fa riferimento a quanto esposto nel Modulo 1, I metodi della ricerca, in particolare all’unità didattica 5, L’inchiesta, l’intervista e l’uso dei questionari, tuttavia può collegarsi anche alle tematiche affrontate nell’unità didattica 4, Il metodo sperimentale, il metodo clinico e l’esame dei documenti.
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Applicazione
La ricerca “Quali giovani a Firenze nel terzo millennio?”
La presente applicazione prende spunto da una ricerca basata sul metodo autobiografico. Si tratta di un
lavoro di ampio respiro, ma è possibile prendere
spunto da alcune sue fasi (per un ulteriore approfondimento si può consultare la pubblicazione citata alla
fine dell’applicazione) per realizzare, nelle ore di laboratorio, un lavoro autobiografico con la classe.
L’idea di questa ricerca nasce nel dicembre 1997
nel corso di un incontro tra un dirigente dell’amministrazione comunale di Firenze e alcuni rappresentanti degli studenti dell’Istituto Professionale per i
Servizi Sociali “E. Morante” di Firenze, con l’intenzione di realizzare una ricerca sulla condizione giovanile nella quale i giovani non fossero solo oggetto
di indagine ma anche soggetti attivi. Infatti i ragazzi,
dopo aver sperimentato su loro stessi una metodologia di ricerca, in questo modo l’avrebbero potuta
proporre ad altri coetanei.
L’idea viene raccolta e il progetto viene promosso
dal “Punto Giovani” del Comune di Firenze in collaborazione con l’istituto “E. Morante” e un’apposita
convenzione con il Dipartimento di Studi Sociali dell’Università di Firenze.
Viene proposto il metodo autobiografico (storie di
vita), molto efficace per mettere in risalto l’evolversi
temporale degli atteggiamenti sociali, dei comportamenti e dei rapporti interpersonali.
Il progetto articolato si sviluppa in varie fasi. Gli scopi di tale ricerca possono essere così riassunti:
– ripercorrere in modo critico, tramite la stesura
delle autobiografie, storie di vita;
– analizzare i condizionamenti socio-familiari, sia
negativi sia positivi;
– raccogliere informazioni sulla condizione giovanile sul territorio fiorentino;
– rendere gli studenti protagonisti attraverso l’acquisizione di varie metodologie di lavoro finalizzate all’autobiografia.
Nel 1998 viene scelta una quarta classe dell’istituto
come protagonista di un progetto pilota.Vengono effettuati una serie di incontri con gli studenti sotto la
guida di un educatore professionale. Attraverso l’utilizzo di giochi specificamente studiati allo scopo, si
instaura una reciproca conoscenza e collaborazio-
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ne. Sono poi svolte delle dinamiche di gruppo sul
tema “vantaggi e svantaggi di essere giovani oggi”,
finché gli studenti non arrivano a definire gli effetti in
base ai piani emersi nel corso del lavoro comune: il
piano fisico, il piano del sé, il piano relazionale e sociale. Viene così “disegnato” un identikit del giovane-tipo.
Dopo questa prima fase di lavoro, viene proposto
agli studenti di realizzare delle autobiografie scritte
ma, nonostante le garanzie di tutela della segretezza, nascono delle resistenze. Si evidenziano anche
paure e conflittualità latenti nel gruppo. La crisi diviene però un’importante occasione per il ricercatore e gli insegnanti per un coinvolgimento personale.
In una serie di incontri con gli studenti, gli insegnanti hanno modo di fornire un’immagine di adulti anch’essi in crescita e bisognosi di confronto per poter
svolgere il proprio lavoro. Superati gli ostacoli, gli
studenti e il ricercatore mettono a punto quattro griglie che servono da guida per altrettanti componimenti in cui ogni studente possa descrivere aspetti
significativi del propria vita. La prima composizione
riguarda l’infanzia, la seconda il periodo della scuola elementare, la terza il periodo della scuola media
e l’ultima il periodo della scuola superiore fino al
momento presente. Inoltre, viene compilato un questionario su cui i ragazzi riportano notizie sui propri
familiari, compresi i nonni paterni e materni.
Firenze, Piazza della Signoria.
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Le griglie, pur differenti a seconda del periodo considerato, toccano molte aree: la famiglia, la scuola, le
amicizie e gli amori, i luoghi di incontro, le riflessioni su se stessi e il proprio futuro.
La stesura dei temi avviene nel corso dell’anno scolastico e si conclude con il suo termine. I dati così ricavati sono analizzati e rielaborati dal ricercatore
che, l’anno scolastico successivo, li ripropone agli
allievi sotto forma di una raccolta antologica di frasi
e brani particolarmente significativi riferiti al periodo dell’infanzia. Vengono poi discussi anche alcuni
dati quantitativi. Questo procedimento ha rinvigorito l’interesse degli alunni che hanno potuto così
esprimere la proprie considerazioni e riflessioni,
prima in forma orale e poi in forma scritta, attraverso la compilazione di un questionario. Oggetto di
analisi e discussione sono stati anche i cambiamenti determinati, all’interno della classe, da questa
esperienza autobiografica svolta in comune.
Nell’ultimo mese dell’anno scolastico 1999-2000, il
gruppo si prepara a spiegare il proprio lavoro ad altri coetanei. Vari gruppetti formati da due allievi, in-
sieme al ricercatore e a un insegnante, ripropongono alle classi di vari istituti della città la stessa esperienza, sia pure in forma abbreviata. Gli allievi cercano di suscitare l’interesse dei loro coetanei che
svolgono il lavoro autobiografico.
Da una prima analisi sono emersi dati particolarmente interessanti, sia sul piano sociale sia su quello psicologico. In questa sede ci preme però mettere in risalto gli aspetti metodologici.
Il lavoro autobiografico svolto presenta le caratteristiche della “ricerca-intervento”, in quanto gli studenti
vi partecipano in duplice veste, sia perché condividono gli scopi della ricerca, sia perché realizzano un
percorso formativo che li vede protagonisti.
A scopo esemplificativo, riportiamo in basso la griglia del terzo componimento.
(La finestra è stata realizzata sulla base di dati inediti forniti dagli insegnanti e dagli studiosi che hanno
partecipato alla ricerca. Per approfondire: Lorenzo
Porta, Autobiografie a scuola, Franco Angeli, Milano,
2004).
ASPETTI SIGNIFICATIVI DELLA MIA VITA NEL PERIODO DELLA SCUOLA MEDIA
a la famiglia:
n mutamenti nella composizione
n significatività delle figure
n relazioni con: genitori, fratelli, parenti
n tipo di educazione ricevuta
n avvenimenti importanti
c ambiti di socializzazione:
n amici dello stesso sesso
n amici dell’altro sesso
n amore
n luoghi di ritrovo
n modelli ideali
n avvenimenti importanti
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b la scuola:
n rapporto con la scuola
n rapporto con i professori
n con personale non docente, con i compagni
e le compagne
n con le autorità (preside, organi collegiali)
n la scelta delle superiori
d i cambiamenti:
riorganizzazione della propria vita
allargamento dello spazio sociale
livelli di responsabilità
esperienze di trasgressione
n
n
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MODULO 1
I metodi della ricerca
finestra
Il presente testo fa riferimento a quanto esposto nel Modulo 1, I metodi della ricerca.
Che cosa fanno gli antropologi
Fin dai suoi esordi, l’antropologia si presenta come una scienza ricca di risvolti applicativi. Essa
può essere vista come una scienza utile per combattere i pregiudizi verso le altre culture, ma, da
un altro punto di vista, le conoscenze acquisite
possono essere utilizzate dalle culture egemoni
per esercitare il proprio dominio senza ricorrere
alla repressione violenta (per esempio, in questo
senso è stata utilizzata dai governi coloniali).
In tempi recenti, gli studi antropologici sono la
base per avviare l’intesa tra vari gruppi etnici e
avviare programmi di sviluppo di varia natura:
economici, educativi, sanitari.
Le acquisizioni antropologiche sono molto utili
anche per favorire l’integrazione nei Paesi ospitanti (in genere, Europa e Stati Uniti) dei forti
flussi migratori provenienti da Paesi poveri o con
situazioni critiche. Attualmente in Italia non c’è
un albo professionale degli antropologi, anche
se esiste un progetto di legge per istituirlo, presentato in Senato nel 2006. I laureati in antropologia culturale, comunque, già da tempo svolgono importanti mansioni sia presso enti pubblici
sia presso enti privati che hanno bisogno di figure professionali capaci di comprendere le diversità delle culture ed elaborare progetti finalizza-
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ti al dialogo e alla cooperazione. I laureati in antropologia possono diventare operatori qualificati come:
1 professionisti in grado di analizzare problemi
e conflitti presenti nelle nuove realtà sociali e
culturali, dove confluiscono numerosi soggetti
di etnia e cultura diverse;
2 consulenti di istituzioni nazionali e internazionali in grado di programmare interventi di carattere socioculturale nel campo sanitario, della giustizia, dell’ambiente e della pubblica amministrazione;
3 formatori in grado di accrescere le competenze del personale insegnante in materia di educazione interculturale, ossia modalità educative capaci di trovare punti di incontro e di mediazione tra le varie culture;
4 dirigenti e funzionari in grado di formulare
politiche e progetti di cooperazione per i singoli Paesi;
5 professionisti in grado di elaborare progetti
che valorizzino il patrimonio antropologico
dei vari Paesi (documentazione storico-antropologica, materiale etnomusicale, conservazione di manufatti, parchi naturali a carattere
antropologico).
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