Brano n°3 – Solo (di Hugo Van Lawick) I licaoni, che un tempo

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Brano n°3 – Solo (di Hugo Van Lawick) I licaoni, che un tempo
Il laboratorio di scienze naturali
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Brano n°3 – Solo (di Hugo Van Lawick)
I licaoni, che un tempo
popolavano tutte le savane
dell’Africa,
sono
oggi
piuttosto rari, a causa di una
politica di sterminio che li
ha decimati. I gruppi più
consistenti di essi si trovano
nel parco nazionale del Serengeti, in Tanzania. Tuttavia, la consapevolezza
del loro ruolo centrale nell’ecosistema della savana ha fatto si che ci
preoccupasse di tentare di arrestare la loro scomparsa e di favorirne il
ripopolamento. L’intervento però non è cosa facile: per salvare un animale
bisogna innanzitutto conoscerlo. Un gruppo di etologi ha seguito per lungo
tempo un branco di licaoni, studiandone a distanza tutti i comportamenti,
aiutati dal fatto che ogni esemplare di questa famiglia ha un mantello le cui
macchie bianche, gialle e nere, formano un disegno unico, tale cioè da
renderlo diverso da qualsiasi altro e perfettamente identificabile. Per la
sopravvivenza del gruppo è molto importante il sincronismo delle nascite,
che avvengono normalmente nella stagione delle piogge. In tale periodo le
prede sono facili e abbondanti e al termine di esso i piccoli sono
sufficientemente robusti da poter affrontare la vita nomade che devono
condurre nella stagione secca.
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Il brano che segue fa parte della storia di un cucciolo nato con 4 settimane
di ritardo e quindi non ancora pronto a sostenere le tremende fatiche degli
spostamenti notturni del branco, alla ricerca di una zona più favorevole
alla sopravvivenza.
… Parecchie volte nel corso di quella interminabile notte Solo corse
il rischio di essere attaccata da una iena. Quasi sempre uno o l'altro
degli adulti se ne accorgeva in tempo per correre a salvarla, ma in
varie occasioni fummo James ed io a proteggerla portando la
macchina tra il predatore e la vittima predestinata. Di norma,
rispettiamo scrupolosamente le regole: osserviamo la natura nella sua
bellezza nella sua tenerezza e nella sua crudeltà. Nostro compito è di
registrare il più fedelmente possibile episodi scelti di una storia senza
fine. Ma, a torto o a ragione, ci eravamo trovati immischiati nella vita
di quel minuscolo sgorbio di licaone. Non avevamo potuto fare a
meno di vedere le sue azioni da un punto di vista umano e di
ammirare in lei tratti del carattere che, se fosse stata un membro della
nostra specie, avremmo senz'altro definito determinazione, capacita
di ricupero e, soprattutto, coraggio. E così, quando le risorse della
sua natura le vennero meno, noi intervenimmo.
Ma col passare della notte ci convincemmo sempre più che avevamo
torto a proteggere Solo. Il branco, sebbene si preoccupasse di meno
del cuccioletto, era sempre consapevole della sua presenza. Ogni
tanto uno degli adulti tornava indietro ad aspettarla o a trasportarla
per un tratto. Così la marcia di tutto il branco veniva rallentata dalla
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nostra interferenza: se non fosse stato per noi Solo non sarebbe più
stata al seguito e i licaoni sarebbero stati liberi di procedere più
spediti alla ricerca di una contrada fertile dove le iene mezzo morte
di fame non minaccioso verso l automobile. Afferrò vita di tutti i
cuccioli di Furia.
I monti Gol erano aridi come le pianure. Faticosamente i licaoni
affrontarono una delle collinette ai piedi dei monti. Da quando
avevano lasciato la tana avevano viaggiato per circa sessantacinque
chilometri. Quando raggiunsero la cima della collina, Solo era
rimasta molto indietro, quasi ancora a valle. Allorché i licaoni
sostarono, si potevano udire i fiochi richiami del cucciolo smarrito ed
esausto. Angela si voltò indietro, poi, molto lentamente, si mosse
verso la figlioletta. Gli altri stavano a guardare. Angela chiamò Solo
e, circa dieci minuti dopo, Solo apparve. Avanzava in stato di
estrema spossatezza e quando si fermò per un momento vacillava.
Appena il branco si rimise in cammino Solo rimase lì, gridando,
incapace di muoversi. Questa volta fu Rasputin a tornare indietro. La
prese su e la trasportò per un tratto. Ma probabilmente era stanco
anche lui; poco dopo la mise giù ed essa avanzò barcollando dietro il
branco.
Era chiaro che non avrebbe potuto continuare a lungo. I licaoni
stavano aggirando le pendici orientali dei monti ed ora scrutavano le
pianure che si stendevano al di là dell'altro versante. C'era qualche
albero lì, tra i massi rocciosi. Sarebbe stato difficile per noi seguirli.
All'improvviso il branco affrettò il passo; noi scegliemmo di restare
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con Solo. Essa fece qualche altro passo barcollando, poi crollò
definitivamente. Emise qualche richiamo di soccorso ma poi tacque.
Eravamo certi che gli altri licaoni se ne erano andati, ed io scesi dalla
macchina per dare un’occhiata a Solo. Ma proprio mentre lo stavo
facendo, si udì un improvviso scoppio di latrati e, dall'ombra, sbucò
correndo un licaone. Quando mi ero avvicinato, Solo si era alzata in
piedi vacillante, e ora Pericolo Giallo corse da lei e si fermò latrando
minacciosamente verso l’automobile. Afferrò Solo e si avviò con lei
dove il branco aspettava.
Li seguimmo di nuovo, ma quasi subito Solo Su lasciata indietro.
Questa volta non chiamò nemmeno: si accasciò e stette immobile.
Nella luce lunare sembrava una cosetta da nulla. Dopo parecchio
tempo comparvero due forme che si muovevano nell'ombra verso
Solo. Immaginammo che fossero le iene, venute a reclamare alfine il
loro pasto, ma si allontanarono senza nemmeno accorgersi del
cuccioletto immobile. Con l'aiuto del binocolo potemmo vedere che
erano due licaoni adulti, evidentemente alla ricerca di Solo. Li
perdemmo di vista e non ricomparvero. Solo si era addormentata di
colpo. Probabilmente era nel coma che precede la morte.
James ed io avevamo guidato, dormendo a turno, per quattro notti e
tre calde, spossanti giornate ed eravamo stanchi quando tornammo a
casa, sobbalzando attraverso le pianure di Ndutu. quando finalmente
ci arrestammo davanti alla tenda, Jane, Grub e Mucharia ci vennero
incontro per salutarci. James scese con precauzione dalla macchina,
portando con la massima cura qualcosa avvolto in una coperta.
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Solo rimase immobile quando James si accoccolò per farla vedere a
Grub. Gli occhi del cucciolo erano spalancati, ma non cercò di
liberarsi. Né, con nostra sorpresa, tentò di morderci o azzannarci - né
allora né in seguito.
James ed io andammo a toglierci di dosso con una buona lavata gli
strati di polvere del Serengeti, e Jane, dopo essersi consultata con
George, si accinse a nutrire Solo. L'avevamo messa in una cassetta
profonda e giaceva lì tranquilla a riposare dopo l’ardua spedizione
insieme al branco e, in più, il terribile viaggio con due esseri umani
in una rumorosa e sobbalzante Land Rover.
Dapprima James tentò di dare a Solo del latte diluito in una bottiglia
con una tettarella per bambini, ma la tettarella era troppo grossa e
allora Jane le versò in bocca il liquido con un cucchiaio da tè. In
questo modo la quantità di nutrimento che Solo riusciva a ingoiare
era minima. Tagliammo perciò dei pezzetti di carne cruda, ma il
cucciolo non la toccò. Allora, la lasciammo di nuovo a se stessa.
A mezzogiorno, all'ora di colazione, scoprimmo, con nostra
meraviglia, che Solo era in grado di leccare da sé il latte da un
piattino, benché non fosse ancora svezzata e non avesse mai visto in
vita sua una pozza d'acqua. Questa volta facemmo intiepidire la carne
nell'acqua calda e, sia perché la trovò più simile a quella rigurgitata o
semplicemente perché si era un po' ripresa, Solo mangiò tutto quello
che le mettemmo davanti. Ma non osavamo darle troppo da
mangiare. Si acciambellò nella cassetta e, quando più tardi andai a
darle una cauta occhiata, stava dormendo profondamente.
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Eravamo naturalmente, molto desiderosi di sapere cosa ne era stato
dei branco di Gengis e dopo mangiato James ed io uscimmo di nuovo
a cercarli.
Mentre James ed io cercavamo, Jane si era occupava del cucciolo.
Mangiava bene, meglio di quanto avesse mai fatto nella sua breve
vita e la sua pancia era tonda e piena. Ma, vedendola in piedi
rimanemmo sconvolti; il fatto di aver partecipato a quella maratona
un mese prima d'essere in grado di lasciare la tana nativa le aveva
deformato le zampe anteriori che si erano piegate, quasi ad angolo
retto, proprio al disopra del piede. Decidemmo di tenerla in riposo il
più possibile per un po' di tempo, di nutrirla bene e di sperare che la
natura raddrizzasse e rafforzasse le articolazioni affaticate.
Fin dall'inizio, eravamo decisi a non tenere Solo come un cucciolo
domestico. Il destino dei piccoli animali selvatici tenuti come animali
domestici è sempre lo stesso: o fanno una triste fine perché costretti a
vivere una vita cui non si adatteranno mai, oppure, diventati più
grandi, forti e quindi pericolosi, devono essere mandati in un
giardino zoologico - o uccisi. Cosi progettammo di occuparci di Solo
il meno possibile: solo quel tanto che fosse sufficiente a darle
confidenza nei suoi salvatori umani. Facevamo in modo di renderle
la permanenza fra noi il più piacevole possibile, ma con lo scopo
ultimo, quando fosse stata abbastanza forte, di rimetterla in libertà,
nel branco in cui era nata.
Era un buon programma, ma presentava molti problemi e lacune.
Innanzitutto non avevamo modo di sapere se gli altri licaoni
l’avrebbero riaccettata dopo la sua forzata assenza. Forse l'avrebbero
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trattata come un'estranea, l'avrebbero cacciata via dalla comunità e
perfino uccisa. Da parte sua, poteva spaventarsi alla vista dei suoi
simili e scappare via. Ma a queste domande avremmo potuto
rispondere solo quando fosse giunto il momento. Prima dovevamo,
comunque, ritrovare il branco di Gengis.
Infine decidemmo arbitrariamente di prenderci cura di Solo per un
mese intero. Miravamo a liberarla quando la luna fosse di nuovo
piena, per essere in grado di seguire il branco e di osservare il corso
degli avvenimenti, dopo la liberazione, il più a lungo possibile.
A poco a poco il cucciolo riacquistava le forze. Aggiungevamo al
cibo calcio e vitamine ed essa passava molto tempo a riposare
tranquilla. Esaminandola per la prima volta da vicino, ci rendemmo
conto dei danni che le avevano causato i denti aguzzi dei cuccioli di
Furia. La coda era quasi completa mente spellata e così gli orecchi,
che erano sfrangiati lungo gli orli dove i morsi ne avevano staccato
dei pezzetti. Aveva il corpo coperto dalle croste delle trafitture in via
di guarigione e, a giudicare da quelle che aveva sugli orecchi,
sembrava che i denti li avessero trapassati da parte a parte. Ma ora
che non veniva più maltrattata, il pelo ricominciava a crescere e le
innumerevoli cicatrici stavano rapidamente richiudendosi. Jane
cosparse abbondantemente Solo anche di polvere contro le pulci, per
liberarla da quei parassiti che le si annidavano tra i radi peli.
George costruì per Solo una cuccia con davanti un recinto di rete
metallica per il giorno. Soltanto dopo due settimane osò gironzolare
spontaneamente nel recinto. Per lo più se ne stava accoccolata in un
angolo a riposare. Al nostro avvicinarsi ci guardava con gli occhi
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spalancati e si irrigidiva se la prendevamo in braccio. Evidentemente
non le faceva piacere.
Ciò nonostante, il riposo, il buon cibo e il calcio facevano il loro
lavoro; le zampe anteriori deformate si irrobustivano. Jane la portava
a spasso con un collare e un lungo pezzo di spago. Era con noi da due
settimane e si udiva sempre più di frequente il suo richiamo di
soccorso, il grido del licaone che ha perso il branco. Spesso gridava
così quando era fuori a passeggio, poi si fermava e sembrava
ascoltare attentamente. Ma non c'era mai risposta.
da “Solo”, Rizzoli