Riassunto Eisenstein
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Riassunto Eisenstein
Eisenstein Il cinema, le arti, il montaggio Capitolo 1 La “contagiosità mimica” del movimento espressivo 1. Dal teatro agitrop a Maschere antigas Nei primi anni Eisenstein si dedica al teatro. La sua attenzione si concentra sull’organizzazione dei movimenti dell’attore sul palcoscenico al fine di renderli il più possibile espressivi. Si dedica alla preparazione di spettacoli teatrali AGITROP, ovvero di Agitazione e Propaganda, come scenografo. Nei primi anni ’20 entra in contatto con alcuni esponenti dell’avanguardia teatrale di Mosca e Pietrogrado. Frequenta i Laboratori Superiori di Regia nel 1921-1922, con Mejerchold dedicato all’elaborazione di un nuovo sistema di recitazione detto “biomeccanica”. Non va per niente d’accordo con il “metodo Stranislavskij”. Maschere Antigas del 1924; Eisenstein lo considera come tappa finale del suo percorso teatrale. Per Eisenstein comincia il cinema quando la realtà irrompe nello spazio convenzionale del teatro. 2. L’incontro con Mejerchold e la biomeccanica Incontro di importanza fondamentale. La “biomeccanica” di Mejerchold mirava a insegnare agli attori, facendo riferimento a una teoria generale del movimento del corpo umano e attraverso delle vere e proprie forme di allenamento, come gestire nel modo più consapevole e preciso possibile i propri movimenti nello spazio teatrale. Convergenza di tendenze: - l’entusiasmo costruttivista per il mondo delle macchine - la psicologia riflessologica che studiava le relazioni tra sollecitazioni, risposte fisiche del corpo e reazioni psichiche - la teoria delle emozioni di James - il convenzionalismo dei gesti nel teatro orientale - il taylorismo, lo studio scientifico dei processi lavorativi dei gesti connessi alla lavorazione industriale. Proposito = l’uomo moderno doveva conoscere con precisione le leggi del proprio movimento al fine di dominarlo e perfezionarlo. Attraverso la meccanica dell’educazione fisica dell’uomo, l’attore biomeccanico avrebbe potuto suscitare in sé qualsiasi tipo di emozione. L’emozione diventa il prodotto dei corrispettivi movimenti corporei. 3. Movimento espressivo e “ingegneria della psiche” Eisenstein formula l’idea che il gesto attoriale doveva essere un gesto espressivo, pianificato con precisione e soprattutto efficace, capace di produrre degli effetti calcolabili sul pubblico. La biomeccanica doveva trasformarsi in una teoria dell’espressività dell’opera d’arte in generale. Doveva sorgere una teoria del montaggio. La biomeccanica avebbe trasformato l’attore in “ingegnere della psiche” = lo scopo era quello di organizzare gli affetti, il comportamento ,i modi di pensare, le forme di vita dello spettatore, vale a dire del nuovo uomo sovietico. Produrre un nuovo essere umano attraverso l’arte, la cui psiche doveva essere trasformata per consentirgli di sentire il mondo in modo nuovo. Creare un’arte con l’obiettivo di riorganizzare la psiche umana organizzata da un artista che doveva proporsi come un vero psico-ingegnere. 4. Il corpo conflittuale dell’attore Nel 1923 Eisenstein scrive con Tetrjakov un testo intitolato “il movimento espressivo” in cui riassume le coordinate della biomeccanica prendendone però le distanze. 1 Victoria Tincati Critiche rivolte a Mejerchold = per Eisenstein il movimento espressivo non doveva richiamarsi agli studi sull’organizzazione scientifica del lavoro. Per Eisenstein il corpo deve essere considerato come un insieme di forze contrastanti in continuo conflitto le une con le altre; e ogni singolo movimento corporeo doveva coinvolgere il corpo nella sua totalità. Movimento fondato sul principio di totalità organizza del corpo umano, e idea di movimento fondata sul contrasto e sul conflitto. Al centro di questa diversa idea di movimento stava quella che i due autori chiamavano “qualità di attrazione” = attrazionalità del movimento stesso. Il movimento proveniente dal centro di gravità del corpo incontra una resistenza, entra in conflitto con un movimento contrario che lo contrasta producendo l’attrazionalità. Idea di corpo come luogo conflittuale e dialettico, i movimenti sono il risultato di una serie di tensioni che lo attraversano e devono essere in qualche modo sintetizzate. (Esempio in La Corazzata Potemkin: pellegrinaccio dei cittadini di Odessa per rendere omaggio alla salma del marinaio Vakulincuk. due mani stringono un cappello in segno di dolore e rabbia, una mano stringe il lembo di una giacca con energia, la stessa mano si stringe in un pugno che vince la resistenza che lo trattiene per levarsi infine al cielo in un gesto di rabbia e incitamento). Capitolo 2 “Modellare lo spettatore”: il montaggio delle attrazioni 1. “Montage”, “montaz” Il termine montaggio si diffuse precedentemente nel lessico artistico e cinematografico in Germania e Unione Sovietica. • Germania: Il fotomontaggio = vasta diffusione tra i dadaisti e coloro vicini al bauhaus, fino a penetrare nei campi della propaganda politica e nella grafica editoriale. Il primo utilizzo del termine “fotomontaggio” fu direzionato in senso antiartistico, proprio di un’idea di lavoro tecnico e meccanico. Il fotomontaggio era un modo di esprimere l’anarchia e il caos di un mondo appena uscito dai frantumi della Prima guerra mondiale. • Unione Sovietica: In Unione Sovietica si diffonde il termine montaggio all’inizio degli anni ’20 all’interno del movimento costruttivista che considerava l’artista come un ingegnere il cui compito era quello di organizzare la psiche dell’uomo moderno sovietico. In due saggi di Kulesov del 1917-18 appare la parola montaggio, il quale viene presentato come il procedimento in cui risiede la specificità del cinema in quanto arte; quindi il cinema viene considerato a tutti gli effetti come un’arte fondata sul montaggio. 2. Le attrazioni come “momento aggressivo del teatro” Eisenstein scrive il saggio “Il montaggio delle attrazioni” nel 1923. Qui il montaggio è concepito non come specificità del cinema ma una forma di composizione pensata proprio per il teatro, lo strumento fondamentale del teatro di agitazione-attrazione. Intende il montaggio come uno strumento con cui agire sullo spettatore. Le attrazioni sono definite da Eisenstein come un qualsiasi momento aggressivo del teatro, cioè qualsiasi suo elemento che eserciti sullo spettatore un effetto sensoriale o psicologico. Lo spettatore diviene il materiale che deve essere modellato, e lo strumento di questa azione sono le attrazioni. Qui è presente il principio della calcolabilità delle azioni, quello di poter misurare con esattezza le relazioni tra azioni e reazioni, impulsi e riflessi. Per Eisenstein qualsiasi azione, oggetto, soluzione di montaggio che sia in grado di agire in modo efficace sullo spettatore sullo spettatore può essere considerata a tutti gli effetti come un’attrazione. Tutta la storia delle arti doveva essere esplorata per cercare forme di montaggio efficaci. In questo modo Eisenstein abbandona il teatro, considerando il cinema come il modo più efficace e compiuto per praticare il montaggio. 3. “Un puro montaggio di associazioni” 2 Victoria Tincati Nel 1924 Eisenstein completa il suo primo film, Sciopero. Considerato come diretta conseguenza della sua ultima regia teatrale, Maschere antigas. Eisenstein parla del cinema come dello stadio odierno del teatro, la sua naturale fase successiva. Dal montaggio delle attrazioni si doveva passare al montaggio delle attrazioni cinematografiche. Scrive il saggio “Il montaggio delle attrazioni cinematografiche” nella quale spiega come il cinema avrebbe perseguito gli stessi obiettivi del teatro come forma di agitazione in modo più efficace. Attraverso il cinema le attrazioni possono essere interpretate in modo più vario ed efficace, sfruttando l’efficacia degli eventi registrati dal vivo e amplificandoli attraverso il montaggio. (Esempio nel finale di “Sciopero”: Nel momento culminante della repressione dello sciopero da parte della polizia zarista, anziché chiedere agli attori di recitare la propria morte sotto i colpi di fucile die militare, Eisenstein decide di intercalare le inquadrature degli spari dei militari e degli operai in fuga con le riprese dell’uccisione di un bue al macello. In questo modo inserisce un frammento di vita reale in un film interamente recitato) In questo modo lo spettatore è investito da una serie di scosse prodotte da associazioni che lo modellano orientandolo verso la conclusione ideologica che sta alla base del film. Qui viene presentato il principio del montaggio associativo, un cinema inteso come arte delle combinazioni. Le attrazioni cinematografiche diventano proiettili che squarciano l’occhio. 4. “Cine-pugno” contro “cine-occhio”: la polemica tra Eisenstein e Vertov Per Vertov l’obiettivo del cinema è quello di emancipare la cinepresa, un “cine-occhio” più perfetto di quello umano che permette di esplorare e riorganizzare tutti i fenomeni visibili, proponendo allo spettatore una cine-percezione del mondo. Concezioni contraria al cinema artistico. La strada da percorrere era quella della verità cinematografica, di mostrare ciò che l’essere umano non riesce attraverso la tecnologia del cinema. L’obiettivo è quello di registrare e osservare la vità così com’è. Un modo per esplorare una vita colta in flagrante, attraverso un cinema non recitato. Vertov mira a una decifrazione comunista del mondo visibile aderendo a un progetto di un’ampia rassegna di riprese realizzate in diverse parti dell’Unione Sovietica organizzata in serie da un cineorganizzatore. Per Eisenstein il cinema non poteva limitarsi al semplice far vedere, alla presentazione. Doveva esercitare sul pubblico un modello psicologico. Il compito del cinema è quello di rimanere sul terreno dell’arte, perché l’arte è il campo in cui il montaggio può essere praticato nella forma più compiuta, pervasiva ed efficace. L’operazione del montaggio ha come risultato ultimo quello di notare lo stesso spettatore. Per Eisenstein il cine-occhio era una forma d’arte sterile, contemplativa e politicamente inaccettabile. Di qui la necessità di sostituire al cine-occhio un cine-pugno, capace di penetrare nei crani del nuovo pubblico sovietico. Colpito da un montaggio di attrazioni come una forma di violenza. Capitolo 3 “L’arte è conflitto”: il montaggio, dialettica, cinema intellettuale 1. Il cinema sonoro e il Kabuki I primi film di Eisenstein (Sciopero, La Corazzata Potemkin, Ottobre e La linea generale) avevano affrontato in più punti il problema di come rendere delle impressioni acustiche attraverso un puro montaggio di immagini. Per Eisenstein c’era il pericolo che il cinema sonoro avesse potuto ostacolare lo sviluppo del cinema come forma d’arte, e annientarne la potenza espressiva. Per evitare ciò, il sonoro avrebbe dovuto essere considerato come un elemento di montaggio autonomo, non subordinato all’immagine, e quindi usato in modo contrappuntistico, lavorando sulla non coincidenza tra immagine visiva e immagine sonora. Scrive “Il legame inatteso” o “Fuori Campo” nel 1928 nella quale indica il teatro Kabuki come punto fondamentale per il futuro cinema sonoro. Eisenstein cerca di mostrare che il principio del montaggio costituisce il vero e proprio elemento originario della cultura giapponese. Il Kabuki era caratterizzato da un “monismo dell’insieme” in cui il suono, il movimento, lo spazio, la voce non si accompagnavano l’uno con l’altro, ma trattati come elementi autonomi di senso. 3 Victoria Tincati Solo attraverso il punto di vista del cinema era riconosciuta la forma di montaggio del Kabuki, come lente d’ingrandimento attraverso cui i metodi di tutte le arti diventano visibili. 2. Il montaggio e la “quarta dimensione” Scrive nel 1929 il saggio “La quarta dimensione del cinema”, nella quale utilizza una terminologia musicale per distinguere le diverse forme di montaggio: - montaggio tonale = un montaggio in cui è presente un elemento che ricorre nelle diverse inquadrature che compongono una sequenza e che funge da tratto dominante. - montaggio armonico = un montaggio in cui le inquadrature presentano parità democratica tra tutti gli eccitatori, considerati come una totalità. Ciò che cambia rispetto al saggio sul montaggio delle attrazione è che ora gli stimoli non sono più dei momenti aggressivi volti a investire lo spettatore, ma tutto un ampio spettro di qualità sensibili, di eccitatori, anche molto tenui e delicati. Nel montaggi ormonico Eisenstein parla di “quarta dimensione” per indicare un montaggio di stimoli che agiscono in modo quasi impercettibile, senza palesarsi in modo esplicito nelle immagini impresse sulla pellicola. Il montaggio armonico intellettuale = stimola il pensiero dello spettatore, invitandolo non solo a sentire ma a pensare in un certo modo: due livelli dell’efficacia inseparabili per Eisenstein. 3. “Ottobre”, un film sperimentale Dopo Sciopero e la Corazzata Potemkin, Eisenstein si concentra nella realizzazione di un film sperimentale, Ottobre. Eisenstein crea un nuovo tipo di cinema “intellettuale” capace di trasmettere idee astratte attraverso un linguaggio specifico. L’obiettivo del film era quello di insegnare all’operaio a pensare dialetticamente attraverso un montaggio concepito come un modo di pensare per immagini. Perché film sperimentale: - il film conteneva delle forme inedite di montaggio, fondate sulla manipolazione del tempo (ripetizione, dilatazione, inversione) o s improvvise associazioni tra immagini dietetiche e extradiegetiche che avevano come obiettivo quello di produrre dei concetti astratti (associazioni tendenziose). Scene del film dov’è presente un montaggio attrazionale: - mentre la folla fugge sotto i colpi delle mitragliatrici, un giovane bolscevico viene sorpreso e aggredito da un gruppo di donne borghesi. Le donne massacrano il giovano trafiggendolo selvaggiamente con la punta dei loro ombrelli. Scena incentrata sulla manipolazione del tempo: - Nella sequenza d’apertura del film una statua di Alessandro III viene legata da funi per farla cadere, ma nel momento in cui crolla le funi non ci sono più: il regime zarista rappresentato dalla statua cade da solo per le sue interne debolezze e contraddizioni. - Nella sequenza in cui Kornilov sta lanciando la sua offensiva su Pietrogrado per soffocare l’insurrezione, la sequenza della statua di Alessandro III in pezzi viene proiettata al contrario come se Kornilov stesse cercando di instaurare ile esime zarista. Queste scene sottolineano la capacità del cinema di manipolare il tempo. Non solo la manipolazione del tempo, ma anche la capacità di metter ein relazione elementi provenienti da contesti completamente diversi. Scene in cui sono presenti le associazioni tendenziose: - Nei minuti iniziali del film, nella quale è presentato un soldato in primo piano che guarda verso l’alto e si protegge il viso dalle bombe e un cannone nuovo di zecca appena uscito dalla fabbrica che viene fatto calare verso il basso: questo per indicare di come l’industria degli armamenti schiacci i soldati proletari al fronte. Attraverso queste associazioni tendenziose Eisensteincredeva di poter articolare ragionamenti e presentare concetti astratti. 4. “Una scala intellettuale discendente” La sequenza degli dei in Ottobre: Le statue e le maschere vengono montato lungo un percorso in cui esse entrano in conflitto temporale le une con le altre. 4 Victoria Tincati Un percorso straniante che dal vicino e familiare conduceva verso l’arcaico e deforme. Mantenendo l’idea di Dio, presenta immagini che non corrispondono alla nostra intuizione di tale concetto. Produce un discredito dell’idea cristiano-ortodossa di Dio. Procedimento in cui l’idea di Dio viene gradualmente separata dalle immagini a cui essa era tradizionalmente associata. Obiettivo = degradare l’idea di religione dimostrandone il relativismo. Le immagini sono correlate secondo una scala intellettuale discendente che riconducono l’idea di Dio fino alla sua forma più rudimentale. Questa è una scena che dimsotra la capacità del cine a di comporre ragionamenti attraverso le associazioni tendenziose di immagini in una forma di deduzione logica. 5. Marx e Joyce per un film sul “Capitale” Eisenstein formula il progetto di realizzare un film sul “Capitale” di Marx, che secondo le sue intenzioni avrebbe dovuto essere una funzione didattica. L’obiettivo del film era di insegnare all’operaio a pensare dialetticamente. Considerando la sequenza deli dei di Ottobre come modello da cui prendere le mosse. Proposito: trattare una serie di tematiche astratte attraverso degli esempi concreti, facilmente traducibili in immagini (l’automazione, il capitale nella guerra mondiale, la privatizzazione dei settori, le forme di speculazione). A sequenze dedicate agli effetti negativi dell’economica di mercato, si sarebbero alternate sequenze per la presentazione dei presupposti del materialismo storico marxiano, l’idea di materialismo e il metodo dialettico. La forma cinematografica deve essere essa stessa dialettica, ossia deve contenere al suo interno una serie di conflitti che cercano costantemente una sintesi rimanendo però sempre in tensione, dinamizzando il proprio spettatore e sollecitandolo a ricomporre lui stesso una sintesi. Si sarebbe fondato sul “montaggio di attrazioni intellettuali” capaci di generare pensiero attraverso associazioni complesse di stimoli eterogenei. Come punto di riferimento formale: Eisenstein poggia sull’Ulisse di Joyce, che aveva mostrato come una costruzione complessa potesse essere racchiusa nello spazio-temporale di un’unica giornata da cui nasceva una serie inesauribile di diramazioni. 6. La forma cinematografica e il “motore a scoppio” della dialettica Eisenstein scrive il saggio “Drammaturgia della forma cinematografica” nel 1929 in cui la dialettica è pensata come proprietà di processi storici e naturali in cui dominano il contrasto e il conflitto. Il saggio si apre con una serie di definizioni che presentano l’arte come un equivalente della filosofia, una filosofia fondata sul principio che ciò che esiste deve essere inteso come nascita continua dall’interazione di due opposte contraddizioni, come sintesi che nasce dalla contraddizione di tesi e antitesi. Se l’arte è conflitto, così anche la forma cinematografica deve fondarsi sul conflitto, quindi un montaggio che lavora sulla tensione tra tutti gli elementi di cui essa è costituita. In questo modo il cinema diventa intellettuale, filmando attraverso le immagini delle idee astratte, concretizzandole, trovando direttamente nell’immagine o nelle combinazioni di immagini il modo di provocare un movimento affettivo capace di risvegliare a sua volta tutta una serie di idee. Eisenstein paragona la serie delle inquadrature (pezzi di montaggio) con al serie di esplosioni di un motore a scoppio che si convertono negli impulsi che danno il movimento a un’automobile. 7. Intervallo, straniamento, shock Il montaggio è concepito come un’operazione mirante a produrre opere che non sono unità organiche ma piuttosto campi conflittuali, polarizzati, attraversati da contrasti e tensioni i ogni tipo. e perciò capaci di attivare il propri spettatore. Intervallo Il montaggio come organizzazione di intervalli è un concetto elaborato da Vertov nel primo testo che pubblica su Kino-fot nel 1922. Spazio e tempo perdono la loro assolutezza e diventano relativi nel momento in cui il cinema lavora come un medium sugli intervalli tra i frammenti di un’esperienza sensibile che è stata segmentata e riorganizzata. 5 Victoria Tincati Il momento dell’intervallo e del conflitto è il momento essenziale del montaggio, è lì che si fonda il suo potere dinamizzante e la sua capacità di creare tensione. Straniamento La concezione d’arte come straniamento; l’arte ha come obiettivo quello di contrastare tutti quegli automatismi percettivi che rendono la vita abituale una vita perlopiù inconsapevole e irriflessa. In Germania viene sottratto l’oggetto all’automatismo della percezione attraverso l’uso straniante della fotografia: l’obiettivo è quello di espandere il campo visivo e di far cogliere nuove relazioni tra le cose, mettendoci in posizione di fronteggiare in modo più consapevole gli shock percettivi provenienti da un mondo sempre più pervaso dalla tecnologia. Shock L’opera d’arte diventa per Benjamin un proiettile che investe il suo spettatore, assalendolo e distraendolo con tutta una serie di shock percettivi. Funzione distraente del montaggio che Benjamin trova anche nel teatro di Brecht. Capitolo 4 Il libro sferico 1. “Film und foto”, 1929 Nel 1929 Eisenstein fu invitato a partecipare a Film und Foto, evento che si inseriva in una serie di mostre realizzate in Germania nel corso degli anni ’20 che avevano come obiettivo quello di esporre le ultime tendenze nel campo della fotografia, del cinema e di analizzarne l’impatto sulla cultura visuale dell’epoca nei loro diversi usi sociali. Nelle diverse sezioni erano presenti esempi di fotomontaggio, dimostrando quanto fosse grande l’interesse nei confronti di un montaggio di immagini di cui la stessa Film und Foto era un esempio. Eisenstein per la mostra preparò una serie di fotogrammi tratti dai suoi primi 4 film, mentre per il catalogo scrisse il saggio “Drammaturgia della forma cinematografica”, tesi secondo cui l’obiettivo del montaggio doveva essere quello di dinamizzare lo spettatore emotivamente e intellettualmente attraverso forme di conflitto. 2. Scrivere libri “in forma di sfere rotanti” Eisenstein dopo la mostra iniziò a riflettere sulla possibilità di raccogliere in un volume i principali saggi sulla teoria del montaggio che aveva scritto nel corso degli anni ’20. Voleva dimostrare come tutti i concetti presentati nei saggi precedenti gravitassero attorno a un baricentro comune: il problema dell’efficacia del montaggio, intesa come capacità di modellare, colpire, organizzare, dinamizzare lo spettatore. Di qui l’idea di scrivere un “libro sferico” = un libro in cui i saggi che lo compongono sono considerati tutti insieme simultaneamente passando dall’uno all’altro con continui salti e integrazioni. Non deve essere presentato in un ordine, ma presentare un ordine di scrittura dinamico e interattivo. Una scrittura intesa come una serie di variazioni che ruotano attorno a temi ricorrenti, proprio come un procedimento di montaggio. Il suo contenuto avrebbe dovuto presentare riferimenti alla filosofia, alla psicologia, alla linguistica e alla storia delle arti, riconducendole tutte al problema centrale dell’efficacia del montaggio. In questo modo Eisenstein cercava di suscitare nello spettatore reazioni e indurlo a pensare, montare l’opera per montare lo spettatore. 3. Il montaggio come attività comparativa Eisenstein intende il montaggio anche come stile di scrittura, inteso come procedimento d’interruzione che permette a parti in precedenza molto distanti di intersecarsi, adottando il montaggio come forma espositiva. Nella “Drammaturgia della forma cinematografica” Eisenstein espone l’idea di montaggio conflittuale attraversa la messa in serie di forme artistiche che sono essere stesse in conflitto tra di loro in quanto distanti nel tempo e nello spazio. La teoria del montaggio conflittuale di traduce negli scritti di Eisenstein una pratica di scrittura conflittuale, invitando il lettore a trovare lui stesso il modo di collegare tutti gli intervalli. Così il montaggio è presentare anche come una attività comparativa, in quanto procede proprio come l’attività correlativo-comparativa che è l’attività mentale, il pensiero. 6 Victoria Tincati 4. Il “Typofoto” e il libro bioscopico: Moholy-Nagy ed El Lisickij Moholy-Nagy. Fin dal suo arrivo al Bauhaus si era concentrato nell’elaborazione di nuove forme di grafica e tipografia in quanto “ogni epoca ha le sue proprie forme visivo, e corrispondentemente una propria tipografia”. Così in “Pittura Fotografia Film” introduce il Typofoto: una forma di tipografia capace di superare la linearità della scrittura e di potenziarne l’efficacia attraverso l’immediatezza e l’oggettività dell’immagine fotografica. El Lisickij. Curatore di Film und Foto che nel corso degli anni ’20 aveva condotto una serie di ricerche sull’applicazione del montaggio alla grafica, agli allestimenti espositivi e alla forma libro. Una tipografia che avrebbe dovuto promuovere una configurazione dei concetti, un primato dell’ottica sulla scrittura, e la necessità di pensare un nuovo tipo di libro, il libro “bioscopico”, in cui le pagine scorrono in modo continuo come i fotogrammi di una pellicola. Capitolo 5 Glass House: cinema e trasparenza 1. In viaggio per studiare il cinema sonoro Nell’agosto del 1929 Eisenstein parte per un viaggio che lo avrebbe tenuto lontano dall’Unione Sovietica per quasi 3 anni. Il motivo ufficiale del viaggio era lo studio delle tecniche del cinema sonoro che il cinema sovietico voleva sviluppare per stare al passo con l’Occidente. Con il passare del tempo questo obiettivo perse importanza e ne subentrarono altri, quando nel 1932 dovette tornare in quanto accusato di essere un disertore dallo stesso Stalin. Berlino. Conobbe diverse personalità: Hans Richter = aveva curato la rassegna cinematografica di Film un Foto e aveva realizzato un film affine al Capitale di Eisenstein, Inflation. Erwin Piscator = protagonista di una serie di sperimentazioni sulla possibilità di fondere cinema e teatro. Hans Sachs = che invitò Eisenstein a tenere una conferenza all’Istituto di Psicoanalisi di Berlino. Parigi. Entrò in contatto con il movimento surrealista, principalmente il gruppo che si era distaccato da Breton per unirsi attorno alla figura di Bataille e la rivista “Documents”. Incontra James Joyce Svizzera. Qui partecipò al Congresso del cinema indipendente, confrontandosi direttamente con alcuni protagonisti del cinema d’avanguardia europeo. 2. Il confronto con il cinema astratto: “l’imitazione come dominio” Al Congresso del cinema indipendente, Eisenstein viene a conoscenza del cinema astratto di Richter che aveva realizzato una serie di cortometraggi di animazione intitolati Rythums, in cui venivano mostrate delle forme geometriche quadrate e rettangolari che cambiavano le proprie dimensioni sullo schermo entrando in relazione le une con le altre in configurazioni sempre diverse. In questo tipo di cinema, secondo Malevic, si potevano trovare le basi da cui pendere le mosse per realizzare un vero e proprio cinema suprematista, che da spettacolo bidimensionale si sarebbe trasformato in architettura tridimensionale. Così Eisenstein presenta il suo cinema realista come una forma particolare di mimesis. L’imitazione non deve essere considerata come mera riproduzione, ma coe un’operazione in cui a essere imitati sono quei principi che consentono di penetrare attraverso l’apparenza, nella materia, rendendo il visibile qualcosa di pienamente manipolabile. Il montaggio consente quindi il dominio di tutte le forme del mondo visibile. 3. Uno schermo dinamico Eisenstein lascia l’Europa nel 1930 per partire per gli Stati Uniti, subito dopo aver firmato un contratto con la Paramount. Qui conobbe altre due figure: Chaplin e Disney. Nessun progetto presentato alla Paramount fu mai accettato, date le incompatibilità tra il suo modo di pensare il cinema e gli obiettivi della grande casa di produzione. Nel settembre del 1930 Eisenstein tiene una conferenza chiamata “Il quadrato dinamico” nella quale espone come il cinema debba rivedere i propri presupposti e adottare uno schermo di forma 7 Victoria Tincati e dimensioni variabili, uno schermo concepito come “quadrato dinamico”. Eisenstein così dimostra la sua apertura nei confronti delle trasformazioni del dispositivo cinematografico. 4. “Glass House”: la vita nella casa di vetro In questo film Eisenstein si spinge oltre i limiti del cinema sperimentando un’idea completamente diversa di spazio cinematografico. Il film si basa su un mondo trasparente, dove le case sono trasparenti e non ci sono pareti nella quale nascondere gli eventi. Gli abitanti di questa casa di vetro non si accorgevano che le pareti erano trasparenti, e continuavano a condurre la propria vita come se fossero opache. Serie di scene sospese tra il comico e grottesco. In questo mondo trasparente vivono tutti come se ci fossero le pareti, ognuno per sé. Tutto cambia quando Eisenstein introduce un personaggio, indicato nelle sue note come “pazzo” “psicopatico” “Gesù” “idealista” “chiaroveggente” “poeta” che decide di mostrare a tutti che la trasparenza è qualcosa attraverso cui si può vedere. Il risultato non è armonia sociale, ma un mondo in cui regnano il voyeurismo e la sorveglianza, lo spionaggio e la delazione, l’invidia e la violenza. Il poeta-idealista-pazzo-Gesù-psicopatico si suicida, e così cominciano una serie di tragedie e catastrofi all’interno della casa che la porteranno a distruggersi. 5. Lo sguardo radiografico della cinepresa Glass House avrebbe dovuto sottoporre lo spettatore a una continua sensazione di straniamento, tanto che Eisenstein ne parla come un film “contro l’automatismo”. La cinepresa avrebbe sottoposto lo spettatore a un continuo cambio di punto di vista, vedendo ciò che i personaggi non vedono. Da qui la concezione che la cinepresa è un dispositivo radiografico. Il fulcro di questa visione radiografica sarebbe stato l’ascensore che attraversa verticalmente la casa. La casa sarebbe stata presentata come uno spazio fluttuante, sospeso, abitato da personaggi antigrav; il vetro è presentato nelle sue diverse variazioni proponendo diversi livelli e tipi di trasparenza. Eisenstein definisce Glass House come un film americano, una società capitalistica americana caratterizzata dall’individualismo e dalla competizione in cui l’ingresso della trasparenza provoca conseguenze disastrose. 6. Il confronto con l’architettura di vetro, fra utopia e distopia Eisenstein immagina di contrapporre gli esiti catastrofici della vita nella casa di vetro americana con il successo del collettivismo sovietico. Capitolo 6 Que viva Mexico! Il cinema e la “colonna verticale della storia” 1. Da Hollywood a Oaxaca Eisenstein parte nel dicembre del 1930 per il Messico, con l’idea di realizzare un film sulla cultura messicana intitolato Que viva Mexico!. Partì senza un progetto preciso, e cominciò a filmare ciò che più lo affascinava. Il film era finanziato da uno scrittore con simpatie socialiste Upton Sinclair, il quale il 21 novembre ricevette un telegramma da Stalin che accusava Eisenstein d’essere un disertore. Le pressioni per far ritornare Eisenstein in Unione Sovietica divennero insistenti fino a deteriorare i rapporti. Quando Eisenstein tornò in Unione Sovietica, Sinclair si rifiuta di inviare gli 80000 metri di pellicola incaricando un altro regista a realizzare il montaggio nel minor tempo possibile per acuire i danni economici. Nonostante questa delusione, i 14 mesi passati in Messico influenzarono radicalmente il modo di pensar di Eisenstein. 2. “Un intreccio della ragione lucida con le oscure profondità della psiche umana” Nella cultura messicana Eisenstein vedeva la coesistenza e l’intreccio di stratificazioni storiche diverse, e la possibilità di entrare in contatto con le oscure profondità della psiche umana. 8 Victoria Tincati Forme di pensiero buie e nascoste che pur provenendo dal passato erano in grado di riaffiorare nella ragione lucida del presente. Coesistenza del moderno con l’arcaico, della ragione con l’irrazionale. 3. Messico e New Mexico: da Warburg a Breton A partire dagli anni ’20, dopo la conclusione della guerra civile, il Messico cominciò ad attrarre tutta una serie di artisti e di intellettuali europei e americani che vi si recavano spinti da diverse motivazioni: chi per entrare in contatto con quel “primitivo” delle rovine, chi per conoscere il Messico post-rivoluzionario e il suo tentativo di ricostruire un’identità nazionale a partire dal recupero delle cultura precolombiane. Personalità che visitarono il Messico = Lawrence, Warburg, Jung, Ernst, Artaud, Breton. Temi che Eisenstein incontra nel viaggio = ritorno alle origini, riscoperta del primitivo, fascino per la cultura stratificata e ricca di contrasti in cui l’arcaico si mescola con il moderno, la sensualità con l’orrore, la violenza e la morte. Eisenstein sviluppa un nuovo modo di concepire le immagini, la loro efficacia e la loro storia = la consapevolezza che la natura, trasmissione nel tempo, efficacia e pathos delle immagini devono essere studiati secondo un prospettiva antropologica, prendendo in considerazione quelle pratiche simboliche arcaiche che sopravvivono ancora nella modernità. Da qui una storia non lineare, alla quale si pone il problema di capire quale sia lo strumento per ricostruirla = il montaggio, un montaggio che dall’ambito del cinema e delle arti viene trasposto sul piano della storia. 4. Il “pellerossa eternamente immutabile che vive nel desolato animo umano” Era necessario studiare le dinamiche della sopravvivenza dell’arcaico nel moderno e i processi di formazione e trasmissione dei simboli attraverso la memoria sociale. Il viaggio in Messico è come un viaggio indietro nel telo alla ricerca del “pellerossa eternamente immutabile che vive nel desolato animo umano”. 5. Il viaggio nello spazio come viaggio nel tempo Sul territorio messicano si intrecciavano una grande varietà di culture diverse, formando un paesaggio stratificato dall’intreccio di tempi e spazi diversi. Tra tradizioni indios e borghesia spagnola, paganesimo precolombiano e barocco cattolico. La cultura messicana è quindi presentata come una cultura segnata da contrasti e contraddizioni. 6. L’incontro con Diego Rivera e la cinematograficità dei murales Nel 1927 Eisenstein incontrò Diego Rivera a Mosca, grazie al quale Eisenstein entrò in contatto con l’arte dei murasti messicani. In murales come quelli realizzati da Rivera nel Ministero dell’Istruzione a Città del Messico, Eisenstein ebbe modo di osservare l tentativo di rappresentare una sintesi delle diverse componenti della società messicana uscita dalla tragedia della guerra civile. Colpito dalla capacità dei murasti messicani di integrare nelle stesse immagini l’iconografia cristiana e quella delle culture precolombiane, Eisenstein sottolinea la cinematograficità dei murales che invitano lo spettatore a seguire un vero e proprio percorso visivo di montaggio. 7. Diverse epoche sullo stesso territorio Eisenstein sosteneva che il Messico fosse un territorio ideale per l’osservazione dello sviluppo della civiltà umana, in quanto in esso coesistevano tutte le tappe diverse che ne hanno costituito la storia. Una cultura che era essa stessa montaggio, e che solo il montaggio cinematografico avrebbe potuto restituire in modo adeguato. 8. Il percorso a spirale di “Que viva Mexico!” Il film si articolare in un prologo, un epilogo e in mezzo quattro episodi. Obiettivo = montare insieme le diverse stratificazioni temporali della storia messicana Prologo Tema = il Messico primitivo precolombiano 9 Victoria Tincati Il tempo è come l’eternità. Eisenstein insiste sulla sensazione di immobilità e di eterno ritorno dell’identico. (fotogrammi di somiglianza tra i volti dei moderni abitanti dello Yucatan e quelli raffigurati nelle rovine precolombiane). La gente sembra pietrificata. Sandunga (primo episodio) Tema = il Messico tropicale, indigeno, fuori dal tempo. Anche qui ci troviamo in una condizione di sospensione del tempo, un tempo sospeso di un eden in cui uomini e donne convivono in una condizione di armonia assoluta con la natura a Tehuantepec. Fiesta (secondo episodio) Tema = il Messico del Porfiriato, momento in cui la relgione cattolica si innesta sulla tradizione dei culti precolombiani. L’episodio si sofferma in particolar modo sulla festa della Vergine di Guadalupe, al suo interno si mescolavano la devozione nei confronti di una Vergine cattolica di carnagione scura dietro la quale si intravedevano ancora i tratti dell’antica Madre degli dèi Tonantzin, la commemorazione della conquista del Messico da parte die conquistadores spagnoli, e lo spettacolo sanguinario della corrida. Da una parte la cultura oppressiva fondata sul timore della morte, dall’altra uno stato di frenesia, di estasi. Maguey (terzo episodio) Tema = quello della dominazione spagnola e della repressione delle prime rivolte dei peones durante la dittatura del Porfirio Diaz. La storia racconta la ribellione di un gruppo di peones in una hacienda. Sebastian, per vendicare lo turo di Maria da parte di un proprietario di hacienda, organizz una rivoluzione che culmina in una punizione terribile inflitta ai tre peones ribelli riprendendo il montaggio delle attrazioni presente nei primi film di Eisenstein. Sequenza che sarebbe stata montata con un montaggio alternato di scene di estati religiosa nelle processioni che ricordavano la Passione, conferendo lo statuto di martirio. Estati e sofferenza, sensualità e orrore. Soldadera (quarto episodio) Non fu mai girato. Tema = il Messico della rivoluzione e della guerra civile Epilogo Tema = il Messico contemporaneo Rappresenta una nazione appena ripresasi dal trauma della guerra civile e attraversata ad a un’energia elettrizzante e anarchica rappresentata dal Giorno dei Morti. Stesso tema della morte del prologo, ma se prima era intesa come il destino ineluttabile dell’umanità, ora la stesa umanità se ne prende gioco attraverso un’orgia di estasi carnevalesca. Un’estasi che rovesce dialetticamente la morte nel suo opposto, la vita. Qui Eisenstein vede anche un significato politico = la sopravvivenza alla morte dell’uomo come invidio con un’esaltazione della sopravvivenza dell’uomo come collettività. Capitolo 7 Stenogrammi dell’estati e della crudeltà. I disegni messicani. 1. La riscoperta del disegno La pratica del disegno ha accompagnato Eisenstein durante tutta la sua vita. I tipi di disegni realizzati da Eisenstein si possono suddividere in tre categorie: - i disegni realizzati nel contesto del lavoro alle regie teatrali e cinematografiche (il disegno diventa fondamentale nell’accompagnare in modo fluido e immediato il corso di un pensiero di montaggio) - i disegni realizzati con obiettivi didattici o teorici (le lezioni di regia al GIK del 33-34) - i disegni che furono realizzati all’interno di una sfera creativa autonoma (non destinati ad essere presentati pubblicamente Eisenstein crede di poter rendere attraverso il disegno ciò che va oltre i limiti del cinema, senza vincoli o censure. Nei suoi disegni dell’epoca messicana si manifesta qualcosa che solo attraverso il disegno poteva essere reso visibile. 2. Una linea “matematica”, “danzata”, “crudele” 10 Victoria Tincati Eisenstein riprende a disegnare dopo 8 anni nel 1931 in Messico. Concepisce il ruolo della grafica come complementare al cinema stesso, tant’è che in molte inquadrature dei suo film è presente una composizione che è spesso concepita in termini grafici. Questi disegni messicani erano il frutto di una febbrile meditazione privata, a seguito delle esperienze provate in Messico. Lo stile dei disegni messicani è profondamente diverso da quello utilizzato per i disegni dei periodi precedenti. - Disegni per regie e didattici = stile cubofuturista, caratterizzato dal ricorso a figure e volumi geometrici - Disegni messicani = linea netta e continua, fluida e ininterrotta come una pura e astratta linea matematica. Per Eisenstein l’atto di disegnare coinvolgeva tutta la gestualità del corpo. I tratti che colpirono Eisenstein: L’onnipresenza della crudeltà nella cultura messicana = Eisenstein descrive un paesaggio colmo di crudeltà, una crudeltà che sembra passare attraverso tutta la’rte figurativa messicana, dai tessuti all’architettura. Una crudeltà che viene infine teorizzata come un vero e proprio metodo creativo capace di produrre immagini attraverso il taglio; quindi attraverso la scomposizione e ricomposizione degli elementi. 3. “Mi interessa tutto tranne… il cinema” Per Eisenstein il cinema è un universo sperimentale in miniatura, attraverso il quale è possibile studiare le leggi dei fenomeni molto più interessanti e significativi di piccole immagini sfuggenti. Durante le riprese di Que viva mexico! Eisenstein si rese conto di star prendendo direzioni ancora tutte da scoprire. La permanenza in Messico si trasforma in un terreno sperimentale su cui condurre un’indagine più ampia anche attraverso mezzi diversi dal cinema. Per Eisenstein il viaggio si rivela un’occasione per esplorare fino in fondo la propria sessualità, tanto da innamorarsi per 10 giorni di un altro uomo. Come se la scoperta della stratificazione spazio-temporale della cultura messicana si fosse prolungata alla scoperta di una stratificazione interiore, la propria capacità di muoversi tra il polo della razionalità e della lucidità analitica e quello dell’abbandono estatico ai sensi e del pensiero prelogico. 4. Alla scoperta dell’estasi e del pensiero prelogico La scoperta degli scritti di Levy-Bruhl portò Eisenstein a interessarsi sia alla mistica cattolica che alle forme di pensiero e di espressione delle società arcaiche. L’etnologo francese vedeva negli stati di estasi comuni nelle forme di religiosità tipiche delle culture arcaiche una delle principali manifestazioni di quel pensiero “prelogico”, fondato sulla legge di partecipazione e sul venir meno delle distinzioni tra individuo e gruppo, soggettivo e oggettivo, che caratterizzava la mentalità primitiva, mentre i cattolici descrivevano le diverse fasi di avvicinamento estatico all’unione con Dio come una forme di progressivo annullamento di sé. Eisenstein attribuisce alla realizzazione di Que viva Mexico! il significato di un’esplorazione delle come dell’estati. Ed è appunto attraverso il disegno come strumento conoscitivo privato che Eisenstein studierà tutte le manifestazioni della condizione dell’estasi. 5. “Un bardo dell’orgasmo nelle sue variazioni visto e non visto” Lo stato di estasi = uno stato che comporta una regressione verso forme di pensiero che precedono lo stadio logico-razionale e la netta differenziazione tra soggetto e oggetto, in cui la struttura dialettica della realtà non viene compresa intellettualmente, bensì esperita, sentita. Assume un ruolo conoscitivo. Attraverso il disegno l’estati può essere vissuta e resa produttiva, in quella che chiama dialettica estatica. Per Eisenstein l’arte nasce dall’estasi, e il disegno diventa strumento con cui inoltrarsi in una forma privata, intima, soggettiva e immediata. 11 Victoria Tincati I disegni sorgono da Eisenstein come una sorta di “scrittura automatica” prodotta in uno stato di trance, di estasi. La crudeltà e sensualità assorbite dalla cultura messicana vengono esplorate nelle forme più estreme, trasformando il corpo umano e animale in un territorio si cui sperimentare le forme più diverse di taglio, smembramento e ricomposizione: di montaggio. Questo processo produce una corporeità estatica, sospesa tra godimento e supplizio. Alcuni disegni contenevano tratti pornografici, o addirittura blasfemi e antireligiosi. 6. Tori e toreri crocefissi Alcune delle serie più note del corpus dei disegni messicani sono quelle dedicate al tema della corrida. Eisenstein vedeva nelle corride il luogo di un intreccio indistricabile tra polarità opposte: cattolicesimo e paganesimo, misticismo e violenza, animalità del toro e umanità del torero. I disegni sulla cordai erano pensati sotto il segno della sintesi, una sintesi estatica capace di dinamizzare e intrecciare forme provenienti da iconografie diverse in modi sorprendenti. 7. La corrida come “spettacolo rivelatore” La corrida venne concepita da Eisenstein come spettacolo in cui erotismo e violenza si mescolavano indissolubilmente. Per Eisenstein la corrida era il teatro anatomico in cui studiare la condizione dell’estasi. Nella corrida coesistono due poli operanti come forze vive: la bellezza geometrica sovrumana dei movimento del torero e la catastrofe e distruzione introdotte dalla mostruosità del toro. Uno spettacolo rivelatore caratterizzato dall’intreccio di due polarità. Uno spettacolo estatico, con una forte dimensione attrazionale, a suo modo una forma di montaggio delle attrazioni attraverso momenti improvvisi di aggressione e shock. 8. La morte di re Duncan: tema con variazioni Realizza una serie di disegni dedicati alla “morte di re Duncan”. Un assassinio che nel dramma di Shakespeare avviene fuori scena, qui è presentato secondo diverse variazioni. Una vicenda intrisa di connotazioni sessuali: l’uccisione del re viene presentata come un atto di virilità. Questo tema viene intrecciato da Eisenstein con altri temi come quello del cannibalismo e dello smembramento del corpo sacrificale che provengono dalle letture etnologiche fatte in Messico. L’intera serie verte sul tema della lotta per la corona, che indica la virilità. I corpi vengono sottoposti a un continuo processo di deformazione, in una continua metamorfosi estatica delle forme alla ricerca delle variazioni pensate come flusso, come pulsazione. 9. Il corpo smembrato di Dioniso e la genesi estatica del montaggio Eisenstein sperimenta dunque il disegno concepito come spaio autonomo e protetto in cui pratica l’operazione del montaggio nella sua forma più libera e disinibita. Strumento essenziale per studiare il processo del montaggio nel suo graduale svolgimento nel tempo. Il tema della genesi estatica del montaggio = ripreso più volte nei suoi scritti teorici, Eisenstein vede nel mito di Dioniso, e in particolare nel Dioniso che viene smembrato prima che le sue membra vengano poi ricomposte in un Dioniso trasfigurato, la genesi di quel metodo dello smembramento e ricomposizione che è il montaggio. Quindi l’idea di ricondurre la genesi del montaggio allo smembramento e alla ricomposizione trasfigurata di un corpo sacrificale; quindi il montaggio artistico aveva le sue origini nel rito e nel mito. 10. Un emblema dell’estasi Eisenstein voleva fissare su carta il senso che aveva assunto per lui il concetto di estati in un concetto in cui ormai vedeva la genesi dell’idea stessa di montaggio Realizza una serie di disegni concepiti come variazioni sul tema dell’estasi, tutti accomunati dalle figure della X e del cerchio. 12 Victoria Tincati Il personale obiettivo di Eisenstein era stabilire quando di darete esaurita la possibilità compositiva e la possibilità di variazioni sul tema di una stessa situazione. Capitolo 8 La forma cinematografica e il pensiero prelogico 1. Ritorno a Mosca: il realismo socialista Il 9 maggio 1932 Eisenstein fece ritorno a Mosca. Nel febbraio 1930, con l’obiettivo di portare il cinema sotto il controllo del Partito, era stata creata la Sojuzkino, un conglomerato che riuniva tutti gli aspetti della produzione cinematografica: da quelli industriali, tecnici e finanziari, a quelli relativi alla scelta dei soggetti, dei registi e degli attori. A capo della nuova struttura era stato nominato Sumjackij. Sumjiackij promosse la linea di un cinema comprensibile alle masse, un cinema per i milioni, fatto di storie semplici e messaggi chiari, un cinema nominato come “realismo socialista”. La promozione di un universo visivo armonico, pacificato, ottimistico, univocamente orientato verso la celebrazione del socialismo trionfante e della sua guida, Stalin. Eisenstein ebbe grandi difficoltà ad adattarsi alla nuova situazione, e cominciò a dedicarsi profondamente all’attività didattica e alla riflessione teorica. 2. Una poetica della regia Nel 1932 Eisenstenin venne nominato titolare della cattedra di regia all’Istituto statale di cinematografia di Mosca, il GIK. Durante i corsi del primo anno, Eisenstein progettò un libro dedicato al tema della regia teatrale e cinematografica articolato in tre volumi e destinato principalmente agli studenti, “La regia”, che avrebbe avuto l’obiettivo di colmare un vuoto nella letteratura sull’arte. Nel trattato, Eisenstein sviluppa una vera e propria poetica della regia = una chiarificazione delle regole e dei principi che guidano l’attività della regia. Distingue le diverse fasi della regia: - la messa in scena - la recitazione - le scenografie - l’illuminazione - il montaggio Quello che viene descritto nei testi è il progressivo costruirsi del senso di una regia all’interno di uno spazio astratto, il luogo immaginario in cui si dispiegava gradualmente il processo compositivo della regia. Le diverse possibilità di regia dovevano fondarsi sulla variazione e permutazione degli elementi. Il progetto non fu mai portato a termine. 3. Alla ricerca di un metodo Eisenstein comincia uno studio assiduo alla ricerca di forme diverse di sopravvivenza del pensiero prelogico nella coscienza individuale e nella cultura; convinto che la chiave per realizzare opere veramente efficaci risieda nella capacità di recuperare e riattivare in campo artistico quelle che chiama le “forme primordiali del pensiero”. (Eisenstein ammirava la cultura cinese, in quanto in essa vedeva una cultura che progredendo nel tempo non cancellava gli stadi precedenti del proprio sviluppo ma piuttosto li conservava e li riattivava costantemente, canonizzandoli e mantenendoli vivi in tradizioni come quella del teatro). Studiando queste forme, Eisenstein giunge alla conclusione ch queste forme di pensiero prelogico provenienti dalle fasi iniziali dello sviluppo della coscienza individuale e della cultura non solo sopravvivono nelle fasi successive, ma sono sempre accessibili. L’obiettivo di tutte queste riflessioni era la definizione di un metodo capace di spiegare in modo argomentato le condizioni per cui un’opera d’arte poteva essere considerata come efficace. La strada da perseguire per spiegare l’efficacia dell’arte era quella della regressione verso il pensiero prelogico. 13 Victoria Tincati 4. “Viviamo facendo uso contemporaneo di tutti gli strati” Secondo Eisenstein, la coscienza individuale e la cultura erano qualcosa di stratificato, e il compito dell’arte doveva essere quello di attingere agli stadi più profondi di questa stratificazione per conferire il massimo dell’efficacia alle proprie opere. L’arte deve riattivare questi strati profondi e sintetizzarli dialetticamente con il pensiero logico proprio della cultura in cui le opere vanno a inserirsi nella contemporaneità. 5. Monologo interiore, linguaggio interno, pensiero prelogico: i “nuovi problemi” della forma cinematografica “La forma cinematografica: problemi nuovi” è il titolo della relazione che Eisenstein presenta nel 1935 al Congresso dei lavoratori della cinematografia sovietica indetto per celebrare il quindicesimo anniversario della nazionalizzazione dell’industria cinematografica e per estendere anche al cinema le direttive del realismo socialista. Nella relazione Eisenstein dichiara la propria adesione al realismo socialista, ma contemporaneamente espone alcune delle teorie sviluppate nel periodo messicano. Presenta quelli che sono a suo avviso i “problemi nuovi” con cui si deve confrontar ela forma cinematografica: - il monologo interiore - il linguaggio interno - il pensiero prelogico Uno degli obiettivi era quello di trovare un modo di interpretare il monologo interiore in termini di montaggio. Un monologo interiore inteso non come modo per rendere i conflitti interiori della coscienza, ma piuttosto come riserva di soluzioni formali con cui infonder e pathos nella rappresentazione. In una parte della relazione Eisenstein espone come ogni elemento della messa in scena debba contribuire a esprimere il senso della scena stessa. Le funzioni mentali delle società arcaiche vengono presentate come un’immensa riserva di forme efficaci che possono essere riattivate nel campo della regia. 6. “L’unità dualistica dell’arte” Il pensiero prelogico era quindi una fase originaria che continuava a coesistere con le fasi successive. Come un processo storico dialettico, in cui due poli finivano per integrarsi in una sintesi che li elevava a un livello superiore. Nella “Drammaturgia della forma cinematografica” la dialettica doveva basarsi sul conflitto, sulla tensione, mentre in questo caso viene evocata com forma capace di integrare in una sintesi gli strati temporali del logico e del prelogico. Quindi l’arte per essere efficace doveva sapersi calare nel presente del suo tempo riattivando gli strati profondi del passato che ancora sopravvivevano in esso. 7. Crisi e uscita dalla crisi Molte critiche furono rivolte a Eisenstein per essersi rinchiuso in un formalismo fine a se stesso. Agli occhi di tutti, Eisenstein sosteneva la necessità di una regressione nel contesto di un’ideologia interamente rivolta al progresso. Eisenstein stesso si spaventò al credere di star incentivando una regressione culturale nel pubblico, come un mezzo per allontanare la gente dalla logica della ragione. Questa sospetto lo gettò nella disperazione, intraprendendo una grave crisi interiore. L’uscita da questa crisi svenne grazie alla scoperta di alcuni passi di autori canonizzati dall’ideologia sovietica in cui il recupero del primitivo veniva giustificato. Per neutralizzare tutte le critiche Eisenstein ritenne l’arte come sintesi, non più come regresso. 8. “Rendere dialettica la non-contemporaneità”: Eisenstein e Bloch Tra i regimi che venivano giudicati “regressivi” vi era il Nazismo, su cui Eisenstein si sofferma in una parte della sua relazione. Presenta il nazismo come un regime interamente permeato da tensioni regressivo distruttive. 14 Victoria Tincati Ernst Bloch in “Eredità del nostro tempo” presenta la “non-contemporaneità” della Fermania degli anni ’20 e ’30 nelle classi sociali contadine e piccolo borghesi, una non-contemporaneità che non doveva essere condannata ma valorizzata negli elementi progressivi che contenevano. Bloch espone la necessità di recuperare la non-contemporaneità anche nel terreno dell’arte. Era assolutamente necessario comprendere e valorizzare il potenziale artistico e politico del noncontemporaneo, e lo strumento da operare era naturalmente il montaggio. Capitolo 9 Metod: le vie del regresso 1. Il metodo dell’arte e il confronto con le avanguardie Eisenstein difende la legittimità del proprio metodo contro le diverse forme di regressione praticate dalle avanguardie occidentali, che a suo parere commettevano l’errore di praticare una regressione fine a se stessa, improduttiva, perdendo gradualmente la forma e il riferimento con la realtà. La regressione presentata dalle avanguardie era di tipo disgregativo, individualistico e autoreferenziale, e non volgeva al costruttivo come Eisenstein credeva che dovesse essere. (Eisenstein attacca il surrealismo, ritenendo che avrebbe degradato l’arte ad automatismo inconscio, insensato e asociale.) 2. Parigi 1929-1930: il surrealismo, Bataille e “Documents” In “Documents” il primitivo era finalizzato a verificare l’efficacia critico-teorica dell’incontro della modernità con tutto ciò che il primitivo poteva rappresentare in termini di trasgressione, impurità, eterogeneità, sincretismo; così subentrava un uso dichiaratamente antiestetico. Bataille vede nell’arte primitiva e nei disegni infantili la manifestazione di un piacere di distruzione e alterazione; la logica degradante dell’informe. In Documents, Bataille fa riferimento a una scrittura di montaggio, che aveva una forte componente attrazione e conflittuale attraverso l’accostamento di archeologia, belle arti, etnografia e varietà; uno strumento con cui generare straniamento. Eisenstein risponde all’entusiasmo di Bataille e presenta gli obiettivi del cinema intellettuale preparando un montaggio di fotogrammi tratti direttamente dalla copia della Linea generale, un montaggio pensato come una vera e propria opera, mettendo in scena alcuni dei momenti portanti de film attraverso una sequenza di primi piani. Il pathos dei volti per sintetizzare il messaggio ideologico del film. L’obiettivo di Eisenstein era quello di mostrare tutta l’efficacia di un montaggio concepito come montaggio patetico, capace di conferire una forte carica emotiva a eventi che di per sé sembrando non averla. 3. Le “vie del regresso”: “Metod” come libro sferico La relazione al Congresso dei lavoratori della cinematografia fu accolta con ostilità e critiche, così Eisenstein si convinse di proseguire le ricerche teoriche in forma privata. Eisenstein cominciò a produrre una serie di saggi per “Metod” il libro in cui cercò di definire le diverse vie del regresso verso quegli strati profondi che avrebbero conferito all’arte un’efficacia altrimenti irraggiungibile. Un “metodo” fondato sul regresso e sull’estasi. Non fu mai portato a termine, come molti dei suoi progetti. Il centro di “Metod” è il “problema fondamentale” dell’arte, ovvero la necessità di operare un regresso verso il primitivo, il prelogico e l’originario, riattivandone le strutture e mettendole al servizio di una forma artistica calata nel presente. Eisenstein decide di esplorare le vie del regresso, individuandole, mettendole in sequenza e analizzandole, al fine di renderle disponibili per il cinema come arte del futuro. Il cinema diventa arte del futuro in quanto sia quella maggiormente capace di regredire verso il passato. 4. “Tamburo ritmico”, ipnosi, hashish, peyotl. Nel capitolo di Metod intitolato “Tamburo ritmico” Eisenstein espone l’idea che il cinema sia la forma d’arte maggiormente capace di esplorare le vie del regresso verso il pensiero prelogico. 15 Victoria Tincati Perché? Il suo stesso dispositivo tecnico è strutturato in modo tale da indurre nello spettatore, attraverso lo scorrere ritmico e ipnotico dei fotogrammi, una forma di regressione verso stati mentali pre-razionali. Lo spettatore comprende l’intero attraverso il parziale (pars pro toto). Nel ritmo dello scorrere dei fotogrammi Eisenstein foca la teoria per la quale dove vi è ritmo vi è radicamento negli strati profondi della vita organica, e quindi efficacia. Un cinema che grazie alla ritmicità del proprio stesso dispositivo meccanico riusciva a far scendere lo spettatore lungo la china del pensiero pre-logico, per poi agire su di esso nel modo più efficace possibile. Quindi il cinema riesce a produrre artificialmente la regressione. Si comporta come l’ipnosi, che era anch’essa in grado di produrre artificialmente la regressione. 5. Primo piano e “pars pro toto” In un capitolo di Metod intitolato ”Peripezie della pars pro toto” Eisenstein elenca forme diverse in cui di volta in volta la parte sostituisce il tutto. Si dedico a distinguere le diverse fasi di sviluppo storico che aveva attraversato il procedimento della pars pro toto in modo da creare nel suo cinema una vera tensione tra la parte e il tutto. Una sintesi dialettica carica di tensione, che costringe lo spettatore a riflettere sull’accostamento tra presente e passato, vicino e lontano. Così il primo piano si riconnette al progetto di riattivazione delle strutture più efficaci del pensiero pre-logico nel campo della creazione artistica. 6. MLB: sprofondare nel ventre materno In Metod Eisenstein affronta il tema del regresso verso l’utero materno. Eisenstein legge gli scritti di alcuni allievi di Freud che avevano sostituito al complesso di Edipo il trame della nascita. Ferenczi, uno degli allievi, sottolineava il parallelo tra il desiderio ritorno nel ventre materno e la pulsione di morte; un nuovo modo di pensare il regresso verso l’originario. La caratteristica della vita intrauterina è lo stato di sospensione di cui se ne trovano tracce nella storia delle arti. 7. Bisessualità e androginia Negli scritti raccolti in Metod Eisenstein dedica particolare attenzione al tema della bisessualità e dell’androgina, che si ricollega alla problematica del regresso verso l’utero materno, in quanto nelle prime fasi di sviluppo l’embrione non ha ancora assunto sembianze definite e di trova al di qua della distinzione tra maschile e femminile. Omosessualità e bisessualità si ricollegavano per Eisenstein al tema dell’androginia originaria, uno stadio di indifferenziazione che rimandava agli stadi iniziali dello sviluppo biologico. Una bisessualità all’origine della specie. Per Eisenstein era necessario reinterpretare la bisessuali come una forma di superamento dialettico della statica opposizione tra maschile e femminile. 8. Disney protoplasmatico In Metod Eisenstein scrive il saggio su Disney nella quale analizza i personaggi Disney secondo la loro caratteristica di “protoplasmaticità”, ovvero la loro condizione di organismi che non hanno ancora assunto una forma stabile, e che si trovano in uno stato di onnipotenzialità, di rifiuto di ogni forma fissa. L’intera produzione di Disney appariva a Eisenstein come radicata negli strati profondi de pensiero sensibile arcaico. I film di Disney son “estasi”, in quanto nell’estasi si ha la capacità di rivivere l’onnipotenza originaria. 9. La dimensione utopica del regresso Il metodo del regresso aveva un preciso significato politico progressivo. Nel corso della storia l’umanità aveva sempre sentito nostalgia di un regime fondato sulla libertà dalla violenza e dallo sfruttamento e sul superamento delle divisioni, questo perché nel fondo della e moria collettiva era rimasta una traccia della condizione paradisiaca in cui viveva il feto. “La condizione dell’androgino” rinviava a una società primitiva e al tempo stesso futura in cui non vigevano distinzioni tra le classi. Una condizione di libertà e uguaglianza al tempo stesso originaria e utopica. 16 Victoria Tincati Capitolo 10 Rappresentare lo “scarto” fra tempi diversi: da “Mosca nel tempo” a “Ivan il terribile” 1. Le “vie del regresso” e quelle della censura L’obiettivo di Eisenstein, sul piano della creazione artistica, era riuscire ad applicare le sue riflessioni teoriche nei suoi progetti. Un estetica fondata sull’estasi, sulla riattivazione delle forme di pensiero pre-logico e sulle altre vie del regresso. Tentò di dare una propria interpretazione del realismo socialista che era stato assunto come estetica ufficiale. 2. “Lo scarto primario della coscienza” In un capitolo di Metod Eisenstein si chiede quale sia la condizione che permette a un’opera di mantenere la sua forza nel tempo, e risponde che è il fatto di recare inscritte in sé la tensione, il conflitto tra stratificazioni storiche diverse. Questo intreccio viene mostrato in modi diversi a seconda dei film: - mostrando gli esiti comici dell’accostamento inaspettato di epoche lontane - ricostruendo grandi affreschi storici che si snodano in modo fluido attraverso i secoli - mettendo in scena ebeti che hanno unità di tempo attraverso immagini che presentano una grand densità e stratificazione Eisenstein metteva in scena lo scarto fra tempi diversi che costitutiva l’ingrediente fondamentale di un’opera d’arte veramente efficace. 3. “Mosca nel tempo” e “Mosca 800” Mosca nel tempo Nel 1933 Eisenstein iniziò a lavorare a un progetto di film di taglio epico e trionfale, che avrebbe dovuto celebrare “la nuova Mosca” progettata dal Piano generale avviato da Stalin nei primi anni ’30. Promozione di Mosca come modello di città socialista avanzata. La nuova Mosca doveva essere presentata come la capitale monumentale del mondo socialista. Il film doveva presentare una biografia cinematografica, attraverso immagini capaci di sintetizzare momenti diversi inserendo alcuni tratti della propria riflessione teorica. Il film sarebbe stato suddiviso secondo i quattro elementi naturali che avrebbero rappresentato una di quelle forme proprie del pensiero pre-logico conferendo maggiore pathos alla vicenda. Mosca 800 Il film ha come l’obiettivo di celebrare Mosca come salvatrice dell’Occidente ala fine della Seconda Guerra Mondiale. Subentra ora una complessa meditazione sulla funzione simbolica ed empatia dei colori; Eisenstein associa a ognuna delle tappe storiche della sceneggiatura un colore dominante. Il risultato era quello di fondare una narrazione non su la linearità del tempo ma sulla forza unificante del simbolismo dei colori. 4. Gli “errori” del “Prato di Bezin” Eisenstein ricevette l’incarico di girare un film sulla vicenda di Pavlik Morozov, in una testimonianza esemplare di fedeltà al partito. La vicenda di Pavlik era stata già celebrata in altri ambiti artistici perseguendo l’obiettivo di promuovere i valori dell’ideologia sovietica attraverso una sorta di opera d’art totale di stato. I valori che dovevano essere trasmessi erano quelli del primato dell’adesione al Partito, presentati in modo chiaro e semplificato. Eisenstein iniziò a lavorare al film in termini sperimentali, con l’intento di comporre il film attraverso un continuo scarto tra epoche diverse. Eisenstein voleva presentare il conflitto con il padre non solo in ferini politici ma anche psicologici, come un conflitto edipico. Questi contrasti vengono trasmessi attraverso l’espressività dei volti (pars pro toto, primo piano, profondità di campo). Esempio di una sequenza nella quale Eisenstein vuole mostrare gli effetti dell’estasi: I contadini entrano in una chiesa e iniziano a distruggere le iconografie sacre, finché l’azione cambia e si trasforma in un’autoiconizzazione che trasforma gli atteggiamenti in una furia estatica. 17 Victoria Tincati In questo stato di estasi i contadini si appropriano delle forme che li circondano fino a fondersi con esse (annullando se stessi e fondendosi nel tutto) I due poli in contrasto (contadini-chiesa) abbandonano la loro opposizione e di compenetrano. L’esito fu disastroso. Il film fu giudicato incomprensibile. Seondo Sumjiackij il film era una lotta tra il “bene e il male” che non aveva nulla a che fare con la costruzione del socialismo nelle campagne., Eisenstein fu chiamato a fare pubblicamente autocritica, facendo proprie tutte le critiche che gli erano state rivolte (più tardi nelle Memorie scriverà di questo filisteismo come forma di sopravvivenza). 5. Propaganda e sciamanismo nell’”Aleksandr Nevskij” Le autorità cominciano a pressionare Eisenstein per rientrare nei ranghi. Fu proposto ad Eisenstein di lavorare su un soggetto di argomento storico e patriottico intitolato Russia. Al centro della vicenda vi era il principe Aleksandr Nevskij che nel 1242 aveva sconfitto i Teutoni in una leggendaria battaglia sulle acque ghiacciate del lago Cudskoe. Il film aveva come l’obiettivo quello di esaltare il nazionalismo sovietico di fronte alla minaccia della Germania nazista, e il ruolo di Stalin come guida suprema in difesa della patria come Aleksandr. Il film si sviluppa lungo due linee formali ben distinte da una caratterizzazione e stilizzazione in modo che gli elementi fossero sempre schierati da una o dall’altra parte. Il film è pervaso da un senso di arcaicità propria delle riflessioni sul recupero del primitivo di Eisenstein. Questo elemento crea uno scarto rispetto al riferimento alla contemporaneità. Eiferimento alla dimensione erotica dell’estasi e al tema degli effeti estatici e ipnotizzanti del tamburo ritmico. (data l’efficacia del messaggio trasmesso dall’Aleksandr) 6. Il “legame dei tempi” nel Grande canale di Fergana Nel 1939 Eisenstein iniziò a lavorare a un progetto di film intitolato “Il grande canale di Fergana” che doveva celebrare una delle più straordinarie imprese portate a terrine negli anni ’30 in Unione Sovietica: lo scavo in soli 45 giorni del canale di 270km che avrebbe irrigato i campi di costone della valle di Fergana in Uzbekistan. Il film era strutturato come un trittico che avrebbe condotto lo spettatore attraverso tre epoche diverse. Epoche segnate da violenza e brutalità, coinvolte nella grande epica dell’acqua e della sabbia. L’obiettivo del progetto era proprio lavorare sulla composizione del tempo. Il film non fu mai portato a termine. 7. Animismo, comunismo primitivo e opera d’arte totale nella regia della “Valchiria” A seguito del patto Molotov-Ribbentrop l’Aleksandr Nevskij fu ritirato dalle sale e si decise di celebrare la nuova alleanza tra Unione Sovietica e Germania nazista attraverso una messa in scena della Valchiria di Wagner. Eisenstein affrontò questa nuova sfida, e come idea guida interpretò il mondo della Valchiria come un mondo arcaico, mitologico, pervaso da una forma di pensiero animista, caratterizzata dall’assenza di ogni differenziazione tra l’animato e l’inanimato, tra l’uomo e la natura. Un uomo che non si è ancora distinto dalla natura e dalla collettività. Questo si riferiva a un preciso messaggio politico, quello del ritorno a una mentalità che era espressione di una società che non conosceva ancora la distinzione in classi. Il mondo della Valchiria era una sorta di comunismo originario, su cui incombeva l’avvento della proprietà privata. Un mondo primitivo che stava transitando verso un altro ordinamento sociale e di pensiero, e in questo scarto sta tutta la forza e il pathos dell’opera. 8. Travestimento e drammaturgia del colore in “Ivan il Terribile” Stalin decise di celebrare Ivan il Terribile per giustificare, attraverso la sua vicenda, la violenza e il terrore che andava instaurando negli anni ’30. Per Eisenstein si presentò come l’occasione per comporre un film ricco di stratificazioni storiche diverse, tutte coesistenti, proponendolo come un’opera d’arte totale, espressione di un cinema inteso come sintesi ed erede della storia delle arti. La prima fase del film gli attribuì un Premio Stalin nel 1946, ma la seconda parte fu fortemente criticata. 18 Victoria Tincati Le immagini del film sono dense, composte e montate in tutti i loro aspetti, diventando un gigantesco esperimento compositivo. Fu disegnato per intero prima di iniziare le riprese. Eisenstein crea una fitta rete di motivi visivi e musicali creando delle rime visive. Ricorre spesso il tema dello sguardo, dell’occhio che sorveglia, come un “panottismo a cui nulla sfugge”. In una sequenza in cui un compagno di Ivan si mette una maschera da donna durante la festa che vedrò l’assassinio del suo nemico come un chiaro riferimento all’androginia come condizione di estatica fusione degli opposti. Capitolo 11 Il montaggio nella storia delle arti 1. In difesa del montaggio A partire dal 1934 il “formalismo” diventò il principale errore da combattere in tutti i settori dell’arte sovietica, tutto il cinema che aveva attribuito al montaggio un ruolo centrale. Eisenstein dovette dimostrare come le ricerche sul montaggio degli anni ’20 fossero o pienamente compatibili con la nuova estetica della cinematografia sovietica. Non si trattava di un procedimento “formalista” ma dell’unico metodo compositivo che avrebbe potuto rendere raggiungibili risultati. La vera forza produttiva ed espressiva del cinema è racchiusa nel confronto tra immagini, che solo un montaggio concepito come taglio è in grado di realizzare. Eisenstein dimostrò come La Corazzata Potemkin si basasse proprio sul montaggio per trasmettere pathos e forza espressiva. Scrive “Teoria generale del montaggio” nel 1937 per rispondere alle accuse. Eisenstein dimostrò che il montaggio non fu un’invenzione degli anni ’20, di un’avanguardia, a fosse radicato nella storia delle arti e nella stessa natura umana. 2. Il montaggio come produzione di “obraz” Obiettivo di Eisenstein era quello di mostrare come il montaggio fosse un procedimento dotato di un profondo radicamento antropologico, e come si manifestò e continua a manifestarsi lungo tutto l’arco della storia delle arti. Il cinema quindi non può fare a meno del montaggio in quanto è l’unico mezzo per confrontarsi con la natura umana. La tesi di “Teoria generale del montaggio” sta nel principio per la quale vede un’immagine (obraz) che è la somma di rappresentazioni, diventando sintesi e efficacia in quanto è in grado di influenzare lo spettatore. L’obiettivo del montaggio è quello di condurre lo spettatore ad afferrare pienamente il senso generale e la carica emotiva delle immagini sintetiche che gli vengono proposte. Nella “Teoria generale del montaggio” analizza tutta una serie di esempi di montaggio nella storia delle arti. 3. Il museo immaginario e il “valore espositivo” delle immagini: Eisenstein e Malraux 4. Il montaggi come strumento morfologico Eisenstein interpreta il montaggio come un sapere morfologico finalizzato allo studio delle forme nelle loro manifestazioni storiche. Secondo Goethe esistevano dei tipi universali che potevano essere colti solo osservando attentamente i fenomeni particolari. 5. L’”Urphanomen” cinematografico, il futurismo, la cronofotgrafia Eisenstein usa il termine tedesco “Urphanomen” per indicare un’impressione di movimento che nasce dalla capacità della mente di unire due fenomeni separati in un’immagine generalizzata. Ovvero il passaggio dal piano delle rappresentazioni al piano dell’immagine. Eisenstein indica questo fenomeno come lo stesso della mente umana, che attraverso la somma di ciò che guardiamo con due occhi elabora un’immagine. Relazione montaggio-pensiero. 19 Victoria Tincati Nella “Teoria generale del montaggio” Eisenstein fa riferimento alla dialettica, tralasciando i confitto e esaltando la sintesi. Tutte le forme di montaggio che vengono discusse nella “Teoria..” sono esaminate dal punto di vista della loro efficacia, della loro capacità di produrre un’immagine. Nel capitolo sull’Urphanomen, Eisenstein elenca quelli che sono gli antenati del cinema, indicando come il punto d’arrivo della storia delle arti che è al tempo stesso un’arte costretta a guardare continuamente indietro. Eisenstein fa riferimento a Tintoretto, Daumier, El Greco, Piranesi, Serov come coloro che produssero il canone delle forme efficaci di montaggio pre-cinematografico: essi riescono a montare le diverse parti del corpo rappresentate in diverse fasi del movimento in un’unica figura che non perde la propria integrità e che raggiunge un effetto di dinamismo. Eisenstein critica il futurismo per produrre delle rappresentazioni del movimento senza rendere il movimento in sé stesso, attraverso l’artificio messo a nudo. 6. e 9. Disegno, architettura, pittura: la ricerca degli antenati del cinema // il “montaggio verticale” e il film sonoro come “spettacolo sintetico” Eisenstein divide la storia del cinema in tre fasi con i rispettivi problemi fondamentali: 1) il cinema della ripresa da un unico punto (composizione dell’inquadratura) 2) il cinema della ripresa da diversi punti (messa in sequenza di inquadrature diverse) 3) il film sonoro (montaggio audiovisivo) Prima fase: Gli antenati della composizione dell’inquadratura vengono cercati nella storia del disegno, in tutti quei casi in ci la linea si è dimostrata capace di produrre delle immagini. Le idee astratte divengono plasticamente immaginabili. Seconda fase: Il punto di riferimento è l’architettura pensata come capacità di predisporre dei percorsi per lo sguardo; la progettazione di spazi che si rivelano progressivamente a uno spettatore in movimento. Il riferimento a uno sguardo mobile, proprio come nel montaggio. Anche al pittura in quanto composizione di elementi per produrre un’immagine in sequenza di movimento. Terza fase: Il montaggio verticale, ovvero montare verticalmente immagini e suoni come le diverse voci di uno spartito musicale. Il cinema sonoro viene presentato in quanto erede di tutti quei omenti storici in cui un bisogno di trasformazione sociale e di uguaglianza ha prodotto un tentativo di sintesi delle arti. Il montaggio verticale avrebbe offerto la possibilità di produrre una nuova opera d’arte totale, ricollegandosi a quell’idea di sintesi delle arti. 7. La “psicotecnica” di Stanislavskij e Ignazio di Loyola Le forme di montaggio sono diffuse per Eisenstein non solo nella storia delle arti ma anche in quella delle lingue e dei riti. Eisenstein guarda alla religione e alle forme del rito come una straordinaria riserva di tecniche di manipolazione della psiche e delle masse che il cinema avrebbe dovuto considerare come un modello, pur svuotandole di tutti i loro contenuti. 8. Centoni poetici, cinecentoni, “decoupage”, fotomontaggi Capitolo 12 La “formula del pathos” 1. Estasi e isteria in El Greco Eisenstein scrisse il saggio “El Greco e il cinema” esattamente tra la “Teoria generale del montaggio” e “La natura non indifferente”. Si propone di mostrare come nell’opera di El Greco siano presenti diverse manifestazioni dei due principi del montaggio e dell’estasi. 20 Victoria Tincati L’opera di El Greco è pervasa interamente dal montaggio. I corpi dipinti sono composti dalle parti immortalate in diversi momenti del movimento creando una figura dinamica ed evolutiva. Sono i gesti di un corpo che diventa espressivo grazie al montaggio. La stessa figura compositiva della rappresentazione diventa estatica. Una “rappresentazione estatica” dei personaggi. 2. Un principio “attivo ed efficace” Eisenstein scrisse “La natura non indifferente” nella quale espresse la concezione dell’estasi come esperienza sensibile, un libro incentrano sulla ricerca attraverso la storia delle arti delle diverse manifestazioni del principio dell’estasi. Eisenstein ritiene nel libro di poter riassumere la propria concezioni dell’estasi in una formula: la formula dell’estasi o formula del pathos. L’opera d’arte costruita secondo questa formula è un’opera attiva, dinamica, in quanto tutti i suoi elementi sono animati da una tensione che li spinge costantemente a uscire da sé. Davanti all’opera d’arte estatica lo spettatore è investito da trasformazioni qualitative e salti. L’opera estatica produce una forma id regressione in quanto conduce lo spettatore a entrare in una condizione di comunione, fusione, partecipazione emotiva e sensibile alla dialetticità della natura, perdendo il senso della propria distinzione. Nella “Natura non indifferente” Eisenstein considera l’opera d’arte estatica un’opera organica, e la natura a cui si apporta come una natura non indifferente, perché attraverso l’opera si rivela la comunanza esplicita tra individuo e leggi del mondo naturale. In conclusione, la sintesi è un momento in cui l’individuo è condotto a sentire la propria appartenenza al mondo naturale, grazie all’opera estatica riesce ad entrare in una relazione di empatia. 3. “Formula pafosa” (formula del pathos) e “Pathosformel”: Eisenstein e Warburg Anche “Natura non indifferente” è intesa come libro sferico, nella quale attraverso il montaggio Eisenstein cerca di rendere il concetto di estasi. Ciò che Eisenstein teorizza con la formula del pathos, è sorprendentemente vicino al Pathosformel di Warburg. 4. Figure del pathos e dell’estasi nella storia delle arti Per Eisenstein i tratti costitutivi dell’opera d’arte estatica sono individuati in una serie di opere i cui ricorrono le figure del: - rotolo = che si avvolge e si svolge - telescopio = fatto di parti che fuoriescono le une dalle altre - esplosione = come accumulo e poi rilascio di tensione - trama = che si intreccia e si scioglie - flusso = ch scorre mescolando le correnti Nei capitoli di “Natura non indifferente” questo repertorio di figure estatiche viene individuato in una serie di variazioni attraverso la storia delle arti. Un libro che studia le forme dell’estasi attraverso una scrittura essa stessa estatica, in cui gli esempi, i riferimento, fluiscono liberamente gli uni dagli altri in una sequenza di salti qualitativi e metamorfici. Quindi estatico è lo stile di pensiero e di scrittura. 5. Dal “pathos della centrifuga” al corpo estatico di Ivan il Terribile Eisenstein discute i principi che sono al centro della sua riflessione teorica anche tramite riferimenti ai suoi propri film, e avviene anche con i principi dell’estati e del pathos che secondo Eisenstein erano già al centro della “Linea generale”. Opera estatica in quanto capace di far uscire le forme da sé, di deformare l’aspetto abituale delle cose rendendo simultaneamente visibile l’estremamente lontano e l’estremamente vicino. 6. Sovraoggettività e sovrastoricità Alcune delle figure della formula del pathos finiscono quindi per ricomparire nei suoi stessi film. Quello che sta alla base di questa continua reinterpretazione sta, secondo Eisenstein, in quella che considera come la “sovraoggettività” e la “sovrastoricità” della stessa formula del pathos. 21 Victoria Tincati Cioè la sua capacità di manifestarsi in forme mediali e in contesti storici diversi, cercando continuante nuove vie attraverso cui rilasciare la propria energia. Il pathos e l’estasi sono condizioni trans-storiche, trans-culturali, che possono trovare di volta in volta canali mediali diversi con cui manifestarsi. L’idea che alla radice delle forme artistiche si trovano dei bisogni profondi che sopravvivono nel tempo e che devono essere indagati da un’estetica che è anche un’antropologia. Capitolo 13 “Lo storico delle Mille e una notte delle possibilità del cinema 1. Un “post scriptum” alla mia biografia Nel 1946 vinse il premio Stalin, e la sera stessa crollò a terra colpito da un infarto. Tra il 1946 e il 1948, quando il secondo infarto gli fu fatale, non poté più lavorare alla regia e si dedicò alla stesura delle sue “Memorie” e al progetto di scrivere una “Storia generale del cinema” per l’Istituto delle arti dell’Accademia sovietica; Eisenstein indicò questo periodo come un “post scriptum” alla sua stessa vita. La “Storia generale del cinema” avrebbe avuto come obiettivo quello di mostrare come il cinema era diventato cinema, ossia in che modo aveva trovato la propria collocazione nella storia delle arti e dei media che lo avevano preceduto. 2. “Girovagare per il mio passato”: le “Memorie” Nelle “Memorie” Eisenstein si mette in scena in prima persona attraverso una serie di testi brevi, autonomi, scritti seguendo un libro gioco di associazioni generando una forma di autoanalisi in cui chiarire a se stesso la genesi e lo sviluppo di determinate tendenze ricorrenti nella propria opera. Una scrittura di montaggio fatta di continui salti, intesa come disegno con cui catturare ricorri che scorrono veloci come una pellicola; un libero “girovagare” per il proprio passato. Scritte come un vero e proprio monologo interiore, nella quale presenta prospettive diverse su temi ricorrenti: l’incontro con la psicoanalisi e la genesi della prima infanzia. 3. “Obraz” e “immagine dialettica”: montaggio e storia in Eisenstein e Benjamin Iniziò a lavorare al progetto di scrivere una “Storia generale del cinema” nel corso del 1946. Il piano iniziale prevedeva la stesura di una storia del cinema sovietico (incentrata sul genere storico-commemorativo). Eisenstein voleva dividere il progetto in tre volumi, dei quali il primo sarebbe stato “introduttivo” presentando una vasta genealogia di tutte le forme di rappresentazione che avevano i qualche modo anticipato il cinema sovietico storico-commemorativo. Eisenstein scrive che sia nella creazione artistica che nella ricostruzione storica, l’esperienza che viene vissuta è quella di un incontro improvviso e pieno di pathos tra il presente il passato. Nella creazione l’incontro produce un’immagine. Concepisce la storia come tentativo di ripercorrere in slow motion l’incontro di presente e passato che si verifica come in un flash nell’immagine prodotta dal montaggio. 4. Le possibilità del cinema Tutta la sua riflessione teorica sul cinema e sull’arte ea sempre stata intrisa di storia: una storia non di fatti ma di possibilità. Le possibilità del cinema = per produrre delle opere efficaci, Eisenstein non esita a ripensare costantemente il cinema in tutte le sue componenti e le sue possibilità espressive. Il cinema inteso come medium instabile, aperto, estatico, un terreno aperto a continue sperimentazioni. L’esplorazione delle possibilità del cinema passa sempre per il ritrovamento nella storia non solo delle forme artistiche ma anche in quella delle religioni e dei riti, di tutte quelle forme di montaggio pre ed extra-cinematografico da cui il cinema stesso avrebbe potuto tratte ispirazione. Eisenstein non vuole individuare la specificità del cinema, ma documentare la presenza di elementi cinematografici nell’intera storia delle forme; come il montaggio al di là del cinema stesso. 22 Victoria Tincati 5. Taglio, manipolazione del tempo, comparazione L’uso del montaggio come procedimento con cui attraversare la storia delle forme per individuarvi quelle più efficaci, capaci di proporsi come modelli, si articola in tre momenti: - il taglio = determinate forme vengono estrapolate dal contesto storico a cui appartengono; come obiettivo la produzione di nuove configurazioni dialettiche. - la manipolazione del tempo = capacità di riorganizzare il tempo attraverso accelerazioni rallentamenti salti e inversioni fino a renderlo completamente plasmabile. - la comparazione = confronto morfologico tra le forme reperite nella storia. Eisenstein mette in pratica questo montaggio basato sul taglio, la manipolazione del tempo e la comparazione per ricostruire una vastissima genealogia di tutte le forme che hanno in qualche modo anticipato il cinema. 6. Elementi di un’antropologia dei media: “il bisogno di fissare i fenomeni” e il cinema come “mummificazione” Eisenstein cerca di ricostruire tutti i media che prima del cinema hanno risposto agli stessi bisogni profondi, alle stesse pulsioni a cui il cinema ha risposto. Bisogno ricorrente = il bisogno di fissare i fenomeni. Le forme di rappresentazione in cui la fissione dei fenomeni era stata interpretata di volta in volta in termini di registrazione conservazione, ripetizione, mummificazione. Espressione di un desiderio di immortalità. Ogni attività artistica può essere considerata come risposta a un bisogno originario di fermare lo scorrere del tempo, di eternità e di stabilità; secondo le leggi del pre-logico ogni riproduzione di un evento è considerata come una sua ripetizione. Il bisogno fondamentale della psicologia umana = la difesa contro il tempo. Attraverso le forme l’uomo salvava l’essere mediante l’apparenza. 7. Il cinema come “erede” e “sintesi” delle arti L’obiettivo della storia di Eisenstein sarebbe stato quello di stabilire il posto del cinema nella storia delle arti. Considerare il cinema erede e sintesi delle arti, in quanto punto d’arrivo finale della loro storia e piena realizzazione di tutte le loro potenzialità, opera d’arte totale che ha saputo rispondere a un bisogno di sintesi che si è ripresentato periodicamente nel corso della storia; si spinge verso il futuro in una serie di trasformazioni continue. Ciò che permane sono proprio i bisogni a cui il cinema continua a rispondere con quelle che sono le sue possibilità. 23 Victoria Tincati