NUOVE ACQUISIZIONI SUL CICLO BIOLOGICO DELLA
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NUOVE ACQUISIZIONI SUL CICLO BIOLOGICO DELLA
RICERCA/DIFESA VITE Le infezioni primarie (inoculo) sono molto importanti nell’epidemia della malattia NUOVE ACQUISIZIONI SUL CICLO BIOLOGICO DELLA PERONOSPORA DELLA VITE La peronospora è una delle più importanti malattie della vite e di conseguenza è stata oggetto di molti studi in passato. Grazie ai nuovi strumenti biotecnologici disponibili per la ricerca è stato possibile fare luce su alcuni aspetti non chiari dell’epidemiologia del patogeno. Grazie alle recenti scoperte potrebbero aprirsi nuove vie per migliorare il controllo della malattia. TERRA TRENTINA Introduzione 24 La peronospora della vite è causata dall’oomicete diploide biotrofo Plasmopara viticola (Berk. e Curt.) Berl. e de Toni. Quest’organismo non è un fungo vero e proprio, presenta caratteristiche biologiche più simili alle alghe e può sopravvivere solamente nei tessuti infetti della pianta ospite o, nei periodi in cui la vite non vegeta (in inverno nelle nostre regioni), mediante delle oospore molto resistenti, nei residui vegetali caduti a terra durante l’autunno. La peronospora della vite è comparsa in Europa verso la fine dell’ottocento, quasi sicuramente con i portainnesti americani che venivano importati dall’America per fronteggiare la filossera che aveva pesantemente limitato la viticoltura europea. I primi casi furono identificarti in Francia nel 1878, nello stesso anno anche in Italia e, rispettivamente nel 1880 e nel 1881, in Germania e Grecia. La rapida espansione della malattia in Europa fece pensare fin da subito ad una facile disseminazione del patogeno mediante il vento. Si ipotizzava che i numerosi sporangi (organi riproduttivi), prodotti sulle foglie e sugli organi infetti, fossero facilmente trasportabili dal vento e dalle correnti aeree nei bassi strati dell’atmosfera. Poiché fin dal suo primo apparire la malattia costituì, come per la peronospora della patata, un problema devastante per la vite, essa venne approfonditamente studiata, sia per quanto riguardava la sintomatologia, sia per quanto riguarda la biologia e le possibilità di lotta. A parte qualche goffo tentativo di controllare il patogeno con metodi per lo più fantasiosi, il rame si dimostrò fin dall’inizio l’unico sistema per prevenire le infezioni ed è tuttora utilizzato, oltre che in agricoltura biologica, sia come partner nelle miscele con altri principi attivi, sia in alcuni periodi del ciclo vegetativo. Fin dall’inizio fu chiaro che il patogeno svernava sotto forma di oospore nei resti delle foglie (Gregory, 1915) e si ipotizzò che queste germinassero solo all’inizio della primavera, rappresentando quindi il ponte tra due stagioni vegetative. Ilaria Pertot Davide Gobbin Cesare Gessler SafeCrop Centre, Istituto Agrario di S. Michele all’Adige Era quindi chiaro che dalle oospore svernanti si sviluppassero tra il mese di maggio ed il mese di giugno, i nuovi sporangi (fig. 1) che a loro volta, distribuiti dalle piogge, germinassero nelle condizioni favorevoli dando avvio, mediante le zoospore, alle infezioni sulle foglie e sugli organi verdi della pianta. Sembrava ovvio pensare che il ruolo delle infezioni primarie si esaurisse in un numero limitato di giorni e che la maggior parte delle infezioni estive fosse causato dagli sporangi secondari. Fig. 1 – Sporangi di P. viticola Materiali e metodi Lo studio sull’epidemiologia di P. viticola è stato svolto grazie alla collaborazione di numerosi istituti di ricerca in Europa, coordinati dall’Institute of Plant Sciences, Sezione fitomedicina / fitopatologia, del Politecnico Federale di Zurigo in Svizzera. I campioni sono stati raccolti da 39 diversi vigneti, non trattati nei confronti della malattia, in Svizzera, Italia, Francia, Germania e Grecia. Al fine di ottenere dati biologi- Fig. 2 – Lesione di peronospora su foglia di vite: una parte di ciascuna lesione è stata analizzata con l’uso di microsatelliti per ottenere una sua caratterizzazione genetica. ci di elevata qualità, per costruire un modello delle epidemie di peronospora, è sorta l’esigenza di quantificare il contributo delle infezioni oosporiche all’epidemia. In primo luogo era necessario poter distinguere le infezioni derivanti da oospore da quelle del ciclo agamico, derivanti dagli sporangi secondari. A tal fine si è utilizzato un approccio basato sull’analisi genetica: se il micelio, inclusi sporangi e zoospore, presente in una particolare lesione è geneticamente identico al micelio in un’altra lesione dobbiamo dedurre che essi derivino dalla medesima oospora. Invece se sono differenti, la conclusione è che derivino da due oospore differenti, cioè da due eventi di ricombinazione genetica diversi. Va infatti ricordato che l’oospora si forma dopo un evento di ricombinazione sessuata nel corso dell’estate precedente. Le analisi genetiche per verificare l’origine, ed in particolare l’uguaglianza o la differenza di un campione biologico con un altro, sono di routine nelle analisi criminologiche. Utilizzando lo stesso principio sono stati sviluppati dei marcatori molecolari del tipo “microsatelliti”. L’analisi con microsatelliti fornisce il profilo genetico che permette di identificare i ceppi (o individui) di P. viticola: ogni profilo genetico distinto costituisce un genotipo. Se quest’ultimo non muta nel corso dei cicli secondari, due campioni che mostrano lo stesso profilo genetico derivano necessariamente dalla stessa oospora; nel caso contrario, da due oospore diverse. Un ulteriore vantaggio dei microsatelliti è la loro elevata specificità: non è quindi necessario avere DNA “pulito”, e cioè isolare il patogeno dall’ospite, ma si può estrarre il DNA direttamente da un pezzetto di foglia lesionata contente in micelio del patogeno (fig. 2). I vigneti in analisi non sono stati trattati con fungicidi durante il corso dell’esperimento per permettere l’evoluzione naturale della malattia, sono stati raccolti i dati meteorologici (pioggia, temperatura, umidità relativa e bagnatura fogliare) ed ad ogni apparire di sintomi della malattia, è stata prelevata una porzione della macchia. Da ciascuna macchia è stata effettuata l’estrazione e l’analisi del DNA mediante microsatelliti (Gobbin et al., 2003a). Nel presente articolo si ripor- TERRA TRENTINA La rapida diffusione in Europa e l’importanza delle oospore nel perpetuare la malattia di anno in anno fece dunque pensare che le infezioni primarie avvenissero in tempo molto limitato ad inizio stagione e che gli sporangi delle infezioni secondarie avessero una grande capacità di diffusione nell’ambiente. Terminato il tempo di latenza delle infezioni primarie sarebbero quindi iniziati una serie di cicli secondari, il cui numero e gravità dipendevano dalle condizioni meteorologiche. Si assumeva perciò che le lesioni primarie portassero il loro contributo nell’avviare l’epidemia, ma non avessero alcuna importanza quantitativa nell’epidemia stessa. Nel corso degli anni però, soprattutto nei tentativi di produrre modelli previsionali della malattia, ci si è imbattuti in epidemie dalla dinamica poco chiara o nell’apparizione di macchie considerate secondarie senza aver visto prima alcuna macchia primaria. Il recente sviluppo di strumenti biotecnologici, basati sull’analisi del DNA degli organismi, ha permesso però di fare luce su alcuni aspetti poco chiari o incompresi dell’epidemiologia della malattia. 25 RICERCA/DIFESA VITE terà in particolare i risultati ottenuti in due siti in Trentino. In particolare un sito costituiva un tipico vigneto di una zona prettamente viticola nella località di Navicello, nel comune di Rovereto, mentre il secondo sito era costituito da un piccolo vigneto amatoriale in una zona dove la vite non è normalmente coltivata, sito in Val di Fiemme ad un’altitudine di circa mille metri, nel comune di Tesero. Il secondo sito è stato selezionato in particolare per la caratteristica di costituire una situazione modello per l’introduzione della vite in una zona nuova, quindi presumibilmente in assenza della malattia (Gobbin et al., 2003b). Durante la stagione è stato valutato anche lo stato delle oospore (fig. 3) ed in particolare il tempo minimo richiesto per la germinazione in condizioni ottimali, che rappresenta un indicatore della capacità intrinseca di germinazione delle stesse (Pertot e Zulini, 2003). Tutte le prove sono state effettuate nel corso del 2000. successivi sembrano sempre meno atte a germinare in funzione del passare del tempo di raccolta, probabilmente in seguito ad un decadimento fisiologico. L’eterogeneità nella germinazione non è ristretta all’anno successivo alla loro formazione, bensì si protrae fino ad almeno cinque anni. Questo implica che una proporzione sconosciuta di oospore prodotte ad esempio nel 2003 germinerà nelle stagioni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e forse anche oltre (Hill, comunicazione personale). Poiché la germinazione delle oospore è il passaggio antecedente alle infezioni primarie e visto il lungo periodo di germinabilità, allora è lecito attendersi delle infezioni primarie per un periodo prolungato a partire dalla primavera. Oltre alle attese infezioni primarie all’inizio dell’epidemia, lo studio mediante marcatori molecolari ha dimostrato che esse si protraggono per tutto il corso dell’epidemia. Ad esempio nella località di Navicello (Rovereto) ad ogni campionamento si sono riscontrati dei genotipi mai identificati nei campionamenti Risultati e discussione Fig. 3 Oospore di peronospora nel tessuto fogliare infetto 26 Le oospore prodotte l’anno precedente, che avevano svernato nel sito di Navicello, sono state in grado di germinare per un periodo molto lungo, presentando in alcune fasi una notevole variabilità nella prontezza di germinazione (Pertot e Zulini, 2003). La capacità di germinazione delle oospore è stata massima a partire da alcune settimane prima dello stadio di infettabilità della vite fino ad una fase avanzata della stagione (fig. 4). Le oospore raccolte dal vigneto in tempi Fig. 4 – Andamento del tempo necessario per la germinazione delle oospore nel corso del 2000. Minore è il tempo richiesto per la germinazione, maggiore risulterà la capacità di dare avvio alle infezioni primarie da parte delle oospore. giorni per la germinazione TERRA TRENTINA Infezioni primarie precedenti (genotipi “nuovi”), corrispondenti con buona probabilità a successive infezioni primarie. Le oospore espletano quindi una funzione molto più rilevante di quella imputata loro in passato. Un’epidemia di peronospora su vite è dunque costituita in buona parte da una moltitudine di infezioni primarie risultanti dalla continua germinazione delle oospore nel corso della stagione, anche se numericamente il ruolo delle infezioni primarie decresce rispetto a quello delle infezio- ni secondarie nel corso dell’avanzare della stagione. Infezioni secondarie Nella figura 5 è riportato l’andamento delle infezioni nel vigneto di Navicello e nella tabella 1 sono evidenti i rapporti tra infezioni primarie e secondarie nel corso dei campionamenti. Il punto saliente dello studio sulla moltiplicazione secondaria del patogeno consiste nello sbalorditivo fatto che tre quarti dei genotipi raccolti non sembrano moltiplicarsi in modo asessuato. La rimanente proporzione sembra generare, nella maggioranza dei casi, solamente una o due lesioni nel corso dell’epidemia. Una minoranza di genotipi (due genotipi su 15 totali a Tesero, nessuno su 370 a Navicello) invece sembrano dominare l’epidemia, costituendo almeno il 10% delle lesioni raccolte. In generale in Europa è stata evidenziata l’esistenza un genotipo dominante per ogni epidemia, an- Tab. 1 – Rapporto tra infezioni primarie e secondarie a Navicello nel 2001 (nel IV e V campionamento data l’elevta presenza della malattia si è effettuato un campionamento a random con una o due macchie per pianta; in questo caso le macchie geneticamente diverse non sono attribuibili con certezza ad infezioni primarie) TERRA TRENTINA Fig. 5 – Andamento delle infezioni a Navicello nel 2000: quantità di pioggia Rain (barre, mm), temperatura media Tm (linea rossa, °C) e bagnatura fogliare WL (linea verde, ore) registrati nel vigneto di Navicello dal 1 maggio al 6 luglio 2000. Le frecce verticali gialle indicano l’apparizione dei sintomi (macche d’olio), le stelle bianche indicano la presenza di sporulazione, le frecce verticali azzurre indicano la data delle infezioni, le frecce verticali rosse indicano la data di raccolta di campioni, le frecce nere orizzontali indicano il tempo di incubazione secondo Goidanich (1964). 27 RICERCA/DIFESA VITE TERRA TRENTINA che se alcune epidemie tuttavia sembrano esserne del tutto prive (ad esempio a Navicello) e altre invece ne posseggono due (Tesero). Al momento non è ancora chiaro se l’apparizione precoce di genotipi apparentemente competitivi sia dovuta a un vantaggio genetico (fitness) o se tali genotipi si moltiplichino più degli altri solamente perché si trovano in condizioni ambientali microclimatiche adatte per produrre numerosi cicli secondari. Qualora un genotipo dominante sia presente, i suoi cloni sono spesso altamente raggruppati: possono colpire intensamente una singola vite, oppure un gruppo di viti in vicinanza. Questo indica che, se un genotipo si moltiplica sessualmente, i suoi cloni sono raggruppati e non distribuiti in modo randomizzato nel vigneto (fig. 6). L’analisi di aggregazione ci suggerisce che tutti i cloni di un genotipo sono i discendenti di un’infezione primaria autoc- 28 tona e non sono introdotti nella parcella in seguito a una migrazione da distanze elevate. Questa affermazione si basa sui seguenti fatti: 1. i cloni di uno stesso genotipo sono altamente aggregati, 2. la velocità di dispersione di un genotipo attraverso successive lesioni secondarie è stata stimata attorno agli 1-2 m2/giorno, 3. i genotipi si moltiplicano raramente in modo massale e 4. i vigneti circostanti durante la sperimentazione erano visivamente liberi dalla malattia in seguito a ripetuti trattamenti chimici. Si può quindi ipotizzare che la fonte di inoculo esterna sia molto modesta. Inoltre questi quattro risultati fanno ritenere che esista un basso livello di migrazione di sporangi secondari tra vigneto e vigneto. Conclusioni I due vigneti oggetto della ricerca in Trentino hanno permesso di studiare l’evolversi della malattia in una zona Fig. 6 - Distribuzione spaziale dei 71 sintomi generati dai due genotipi più frequenti (genotipo 1 e 2) e dagli altri otto genotipi singoli a Tesero (TN). Le coordinate X e Y rappresentano rispettivamente la posizione dei filari (da 1 a 7) e delle piante (da 1 a 25). L’altezza della piramide indica il numero di lesioni raccolte per genotipo alla data coordinata spaziale. Questo vigneto costituiva l’unico impianto di vite (vigneto amatoriale) in una zona in cui, per le caratteristiche climatica, non è presente la viticoltura. dove essa è presente da diversi anni ed in una zona dove la malattia potrebbe rispecchiare le condizioni di una nuova introduzione in zona esente. Dando per assodato che le prime lesioni in un vigneto siano dovute esclusivamente ad infezioni primarie e non alla migrazione di sporangi secondari, si può concludere che l’inizio dell’epidemia è causato totalmente da infezioni primarie. In seguito queste diminuiscono in numero, ma sono presenti per un lungo periodo durante la stagione estiva. Successivamente a questo periodo in cui le infezioni primarie diminuiscono, si riscontra una stabilizzazione delle lesioni primarie che perdura almeno fino al mese di agosto. Questa stabilizzazione varia molto a seconda dell’epidemia: dal 20% al 90% di infezioni primarie. Il rapporto tra infezioni primarie e secondarie ed il loro andamento durante la stagione estiva però varia molto da vigneto a vigneto e non è possibile al momento correlare questi diversi andamenti a fattori definiti. Una grossa importanza potrebbe essere attribuita ai fattori ambientali, macro e microclimatici. Un altro aspetto da prendere in considerazione per ulteriori studi è la diversa fitness o capacità di moltiplicazione ed adattabilità dei diversi genotipi. Alcuni genotipi potrebbero cioè essere particolarmente efficaci nella produzione di sporangi o essere particolarmente adatti allo sviluppo in un particolare ambiente. Dal lavoro svolto risulta comunque evidente che le infezioni primarie, e di conseguenza l’inoculo primario, siano molto importanti nell’epidemia della malattia. A parità di condizioni ambientali si assistereb- be quindi ad una diversa incidenza della malattia secondo la quantità e qualità dell’inoculo svernante. Al pari d’altre malattie, come ad esempio la ticchiolatura del melo, risulterebbe quindi efficace una riduzione patogeno nella fase svernante (oospore). Ulteriori studi saranno ora necessari per determinare l’entità di riduzione della pressione della malattia con l’eliminazione dell’inoculo svernante e la quantificazione dell’apporto delle infezioni primarie sulla globalità dell’epidemia. Sono in corso presso il Centro SafeCrop studi per l’applicazione di agenti di biocontrollo della fase svernante di P. viticola di cui si spera i risultati positivi saranno disponibili a breve. Bibliografia citata: Gobbin D, Pertot I, Gessler C (2003a) Identification of microsatellite markers for Plasmopara viticola and establishment of high throughput method for SSR analysis. European Journal of Plant Pathology, 109:153164. Gobbin D, Pertot I, Gessler C (2003b) Genetic structure of a Plasmopara viticola popu- lation in an isolated Italian mountain vineyard. Journal of Phytopathology, 151(1112):636-646. Goidanich, G. (1964) Manuale di Patologia Vegetale, p. 333. Edizioni agricole Bologna, Italia. Gregory CT (1915) Studies on Plasmopara viticola. Official report of the session of the international congress on viticulture, P.P.I.E. San Francisco, California, July 12-13, pp: 126-150. Pertot I, Zulini L (2003) Studies on Plasmopara viticola oospore germination in Trentino, Italy. IOBC/WPRS Bulletin, 26(8):43-47. • Nel territorio agricolo che fa capo al comune di Pergine Valsugana gli addetti del Centro per l’assistenza tecnica dell’Istituto Agrario di S. Michele hanno censito tutti i frutteti abbandonati per una superficie complessiva di 18 ettari. Le piante lasciate senza trattamenti antiparassitari costituiscono altrettanti focolai di infezione non solo per il mal degli scopazzi ma anche per altri parassiti o patogeni quali il verme delle mele e la ticchiolatura. All’interno di un gruppo di lavoro che si occupa del rilancio integrato dell’economia perginese si stanno studiando modalità ed incentivi per convincere i proprietari dei frutteti abbandonati ad estirparli. • Il Tribunale di Trento ha condannato un commerciante di ortofrutticoli all’ingrosso per avere posto in vendita uva da tavola con- tenuta in cassette coperte da uno strato di materiale plastico impregnato di metabisolfito. Questa sostanza a contatto con l’umidità traspirata dai grappoli sviluppa anidride solforosa, vietata per legge quale conservante di ortofrutta fresca. L’ammenda inflitta è di 1700 euro più spese processuali. Il dr. Michele Lorenzin, responsabile dell’Unità operativa fitofarmaci del settore laboratorio e controlli dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente di Trento, dice che nonostante questa ed altre recenti condanne il predetto sistema di conservazione dell’uva da tavola non è stato dismesso. • Il periodo dei parti per le cavalle di razza avelignese è compreso tra marzo e maggio. In Trentino le fattrici iscritte all’albo genealogico sono 250. Solo la metà viene portata alla monta naturale, ma la fecondazione ha esito positivo solo per un centinaio di fattrici. Il numero di puledri che nascono ogni anno è di circa 100 unità. Le femmine vengono denunciate per l’iscrizione all’albo, i maschi, circa una trentina, sono invece destinati alla macellazione. Il parto gemellare è una rarità. • L’Ufficio proprietà diretto coltivatrice dell’Assessorato provinciale all’agricoltura di Trento ha registrato negli ultimi 5 mesi un aumento del 25% del numero di domande di finanziamento per acquisto di terreni agricoli. I prezzi pagati, informa il dirigente Tullio Zanoni, segnano un aumento generalizzato soprattutto nelle zone di fondovalle e nelle valli laterali vocate alla viticoltura. Il prezzo medio si attesta intorno a 50 euro a metro quadro. TERRA TRENTINA FATTI/PREVISIONI 29