12 luglio 2016 - Leggere Donna

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12 luglio 2016 - Leggere Donna
12/07/2016
Pag. 23 N.172 - lug/ago 2016
Leggere Donna
soltanto in traduzione si snatura il titolo a favore di un personaggio ben più inquietante, ma le viene cambiata anche l’origine. Nel romanzo, infatti, la donna che porta al disastro i Soleyman è chiamata la Strega Nera di Bushir, dalla città sul Golfo
Persico dalla quale essa proviene. Una scelta perlomeno bizzarra, che ha il sapore di un, pur riuscito, espediente di marketing editoriale.
Tornando al romanzo, è difficile a classificarlo tra i gialli o i
thriller fine a loro stessi, il cui intento principale è intrattenere,
tessendo e svelando un mistero o un crimine, con una scrittura
tesa e godibilissima. Questo perché, disseminati nel testo e ancorati saldamente alla trama, troviamo almeno tre elementi
fuori contesto nei generi citati: il primo è una critica al capitalismo, che avviene tramite il successo del Figlio di Raphael nell’esecuzione di un suo personale, famigerato schema Madoff; il
secondo è un’incursione nella differenza tra la condizione della
donna in Iran e negli USA; la terza sono i riferimenti storici e
culturali all’Iran antico e moderno, con la spiegazione dei concetti sui quali si fonda la sua cultura di origine, come quello di
aberù (che possiamo tradurre con “dignità”), ancora capisaldi
delle popolazioni emigrate e talvolta fonte di difficoltà di integrazione.
Due, dunque, le chiavi di lettura: “social thriller” colto e ben orchestrato, o romanzo che si avvale di un genere accattivante
per parlare della differenza tra due culture opposte che, però,
si troveranno riunite in un paragone assai riuscito, quando Gina
Nahai scrive: «Ecco cosa avevano in comune Teheran e Los Angeles: entrambe erano costruite su grosse linee di faglia». E poiché la frase precedente getta luce sul mistero del libro, non
conviene spingersi oltre.
Manuela Bonfanti Bozzini
Katia Ricci
Séraphine
de Senlis
artista senza rivali
La donna che scriveva racconti
pp. 91 + ill.
€ 14
Lucia Berlin, La donna che scriveva racconti, traduzione
di Federica Aceto
Bollati Boringhieri, Torino 2016
pagine 464, € 18,50
Luciana Tufani Editrice
Ass. Cult. Leggere Donna
In una collezione di racconti Lucia Brown Berlin svela l'universo
quotidiano e la sua instancabile osmosi con i sentimenti, il disagio, il tormento, la fragilità, la dolcezza. Buona parte della produzione letteraria della scrittrice americana è contenuta in que-
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
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sto volume di quarantatré storie, sobri tasselli di vita, alcuni contraddistinti da un nesso di continuità, altri da un' attinenza all'inquietudine. Con una scrittura limpida di suggestioni, Berlin
esplora il proprio vissuto con una visione realistica e spietata.
Storie minimaliste ambientate a El Paso, Albuquerque, Oakland.
Setting in cui la scrittura si nutre dell'intimità, della debolezza e
della fragilità che scaturiscono dalla dipendenza dall'alcool o dai
vecchi rancori familiari.
Nata a Juneau in Alaska, terra che abbandonò quando il padre
fu richiamato per la guerra, Lucia si trasferì con la madre e la
sorella dapprima in Texas, dove risiedeva il nonno materno dentista e alcolizzato, poi in Cile. Negli anni seguenti al 1955 si laureò all'università del New Mexico, si sposò ed ebbe due figli.
Dopo poco tempo divorziò e andò a vivere a New York col pianista jazz Race Newton, divenuto nel frattempo suo secondo
marito e in questi anni iniziò a scrivere i primi racconti firmandosi Lucia Newton. L'intesa con il musicista non durò e poco dopo si sposò per la terza volta con Buddy Berlin con cui ebbe altri
due figli. Nel 1968 divorziò nuovamente e nel ventennio successivo per sopravvivere, mantenere i figli e continuare a scrivere,
fu costretta a svariati lavori: insegnante, telefonista, infermiera,
donna delle pulizie. Dai trascorsi personali e dall'inferno autolesionista dell'alcolismo nascono le trame dei racconti e gli stravaganti personaggi. Le sue storie sono ispirate anche all'infanzia
e alle città minerarie dell'ovest dove il padre lavorava come ingegnere, all'adolescenza a Santiago nel Cile, agli anni tormentati
dei tre matrimoni. Protagonisti aspri e spietati, diversi per sesso,
colore, etnia, censo che Berlin delinea con sfumature lessicali arricchite di contaminazioni spagnole. Le storie affondano quasi
sempre nella desolazione quotidiana, nella fragilità della malattia, nel dolore dell'isolamento e della morte.
Scrive Lydia Davis che con Stephen Emerson ha curato la raccolta
pubblicata da Farrar Straus and Giroux: «La maggior parte di noi
ha conosciuto solo una parte di ciò che Lucia ha attraversato:
bambini in difficoltà, molestie precoci, una storia d'amore estatica, la lotta contro la dipendenza, una malattia difficile, la disabilità, un legame inaspettato con un fratello, un lavoro noioso o
compagni di lavoro difficili, un boss esigente, un amico ingannevole, per non parlare della soggezione davanti alla natura
come un campo di lupini o un fiore di hesperis rosa che cresce
in un vicolo dietro l'ospedale».
Forse con questa raccolta Lucia Berlin inizierà a guadagnare l'attenzione che merita poiché in vita, nonostante qualche riconoscimento letterario, le sue storie non raggiunsero mai il grande
pubblico e la fama. E se Paul Metcaf afferma che i suoi «racconti
sono uno dei segreti meglio conservati d’America», la critica l'ha
già accostata ai grandi nomi di Alice Munro, Grace
Paley, Raymond Carver.
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Patrizia Lungonelli
Nadia Lucchesi
Anna.
Una differente
trinità
pp. 192 + ill.
€ 13
Luciana Tufani Editrice
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