La Rete Piemontese degli Ospedali per la Promozione della Salute

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La Rete Piemontese degli Ospedali per la Promozione della Salute
INDICE DELLE RELAZIONI
Jurgen M. Pelikan, Christina Dietscher, Karl Krajic, Peter Novak:
Strategie centrali per gli ospedali che promuovono la salute
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Svend Juul Jorgenesen, Oliver Grone:
Definizione di standard per la promozione della salute e loro valutazione pilota
14
Carlo Favaretti:
Il significato di hph nei piani sanitari nazionali/ regionali
17
Antonio Chiarenza:
L’ospedale competente e aperto alle culture diverse. Migrant-friendly hospital
come modello per gli ospedali della Rete italiana HPH
20
Marco Visentin, Simone Tasso:
Ospedale senza dolore: l’esperienza HPH veneta e prospettive in Italia
26
Luigi Robino:
HPH come strumento di equita’ e qualita’. Il ruolo della regione piemonte
29
Piero Zaina:
La rete piemontese degli ospedali per la promozione della salute. Cinque anni di
esperienza. Risultati e attese
33
STRATEGIE CENTRALI PER GLI OSPEDALI CHE PROMUOVONO LA SALUTE
Jurgen M. Pelikan, Christina Dietscher, Karl Krajic, Peter Novak
1. INTRODUZIONE
Sulla base della Carta di Ottawa (OMS, 1986) ,l’OMS-Europa ha dato inizio a tre filoni di sostegno per
riorientare gli ospedali verso il divenire più capaci di promuovere la salute:
• Sviluppo del concetto ( Workshop di Copenhagen dell’OMS vedi Milz/Vand 1988; Dichiarazione
di Budapest 1991; Raccomandazioni di Vienna 1997)
• Implementazione dell’esperienza (Progetto modello dell’OMS a Vienna 1988-1996; Progetto degli
Ospedali Pilota Europei 1993-97; ospedali nel quadro di reti nazionali e regionali dal 1992e in
modo più sistematico del 1995 – vedi Boltzmann Institute 1996; Pelikan et al. 1998; Pelikan/Wolff
1999),
• Documenti della rete (incontri di lavoro, conferenze internazionali annuali a partire dal 1993, lavori
di gruppo, newsletter, reti nazionali e regionali, database, siti web, ecc. – per ulteriori informazioni
visita il sito web dell’Ufficio Europeo dell’OMS per i Servizi Sanitari Integrati:
www.es.euro.who.int e del Centro di Collaborazione per la promozione della Salute negli Ospedali
e per le cure sanitarie: www.univie.ac.at/hph
Nel 2001, dopo oltre 10 anni di coinvolgimento nell’HPH, l’OMS ha attivato due gruppi di lavoro per
sviluppare un inquadramento strategico e di qualità aggiornato per HPH. Questa relazione presenta una
versione abbreviata a focalizzata dei principali risultati del gruppo di lavoro “Porre in azione la politica degli
Ospedali per la promozione della salute”
Per comprendere i rapporti degli ospedali con la promozione della salute e la potenzialità specifica degli
ospedali per promuovere la salute e della promozione della salute per gli ospedali, occorre chiarire alcuni
aspetti della situazione degli ospedali e alcuna caratteristiche specifiche della promozione della salute.
La situazione degli ospedali è caratterizzata da una continua e crescente pressione del loro ambiente rilevante
e alquanto dinamico. Gli ospedali devono adattarsi alle attese politiche, economiche, professionali e
dell’utenza che cambiano per quanto riguarda i servizi ospedalieri e il modo in cui essi esercitano la loro
azione essenziale.
Si possono distinguere due tendenze generali nelle tendenza di riforma permanente dell’ospedale:
1. Riposizionamento strategico dell’ospedale. Ciò riguarda la necessità di ridefinire continuamente
l’ambito specifico e la composizione dei servizi, cioè la distinzione fra compiti essenziali e altri
servizi, all’interno di un certo sistema sanitario ( servizi per degenti e pazienti ambulatoriali, servizi
acuti, cronici e riabilitativi; inclusione di servizi di formazione; ospedale come centro di salute;
integrazione con la medicina primaria, i servizi sociali e altri settori della società; specializzazione
dei tipi di ospedali e dipartimenti).
2. Garantire e migliorare la qualità dei servizi: Sicurezza, appropriatezza, efficienza ed efficacia dei
servizi offerti devono essere migliorati per il contenimento dei costi e la soddisfazione delle persone
interessate. Così, molti ospedali introducono sempre di più approcci specifici per la qualità quali
processi orientati alla gestione della qualità (TQM, EFQM, ISO ecc.) medicina/assistenza basata
sulle prove, diritti dei malati ecc.
Per essere capaci di delineare i contributi specifici della promozione della salute a tale
riposizionamento strategico e al miglioramento della qualità negli ospedali, il concetto di
promozione della salute deve essere spiegato in termini operativi.
Secondo la definizione della Carta di Ottawa, la promozione della Salute è il processo di rendere capace la
gente di aumentare il controllo e migliorare la qualità della propria salute. La Salute è così intesa come
assenza di malattie e salute positiva, ed entrambe sono intese nel loro aspetto tridimensionale (fisico,
psicologico e sociale). Gli interventi di promozione della salute comprendono il mantenimento e il
miglioramento della salute, fare ciò proteggendo e sviluppando la salute positiva o - nei riguardi di specifiche
malattie- la prevenzione, l’assistenza e la cura.
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Il termina “rendere capace” della Carta di Ottawa si riferisce al fatto che la salute deve essere prodotta dalla
gente stessa e perciò dipende dalla loro capacità, orientamento, opportunità e incentivazioni nella situazione
nella quale essi vivono ed operano. Solo in casi estremi, il controllo della salute sarà completamente affidato
ad esperti ( del sistema sanitario e di altri sistemi). Da questa prospettiva consegue che ha senso investire non
solo in interventi clinici ma anche in altri interventi per migliorare la salute: formare le persone
all’autogestione (stili di vita, approccio) e a sviluppare situazioni che rendono la “scelta sana quella più
facile” (stabilire un approccio, vedi anche OMS 1998)
Secondo la Carta di Ottawa, il termine “rendere capace” è stato sviluppato in un concetto più specifico di
valorizzazione, definito come il processo attraverso il quale la gente acquisisce un maggior controllo sulle
decisioni e azioni che influenzano la loro salute secondo il glossario della promozione della salute (OMS
1998a).
La valorizzazione si riferisce a individui, gruppi sociali o comunità, e combina misure mirate a potenziare le
capacità e le abilità vitali della persona ( per es. “manifestare i propri bisogni, presentare le proprie
preoccupazioni, individuare strategie per il coinvolgimento dell’assumere decisioni” (OMS 1998a) con
misure che creano condizioni ambientali di sostegno psichico, culturali e sociali che hanno un impatto sulla
salute. I processi per ottenere entrambi gli obiettivi possono essere sociali, culturali, psicologici o politici.
Questi concetti sono usati deliberatamente combinati, al fine di segnalare il traguardo complessivo e gli
strumenti specifici di potenziamento attraverso questo traguardo potrebbe o dovrebbe essere raggiunto.
Nella lista dei 7 principi o criteri guida per la promozione della salute , come definiti dal Gruppo di Lavoro
sulla Promozione della Salute dell’OMS-Europa (Rootman et al. 2001, p.4) il potenziamento è il primo,
seguito da:
partecipato (coinvolgere tutti gli interessati in tutti gli stadi del processo)
olistico (promuovere la salute fisica, mentale, sociale e spirituale)
intersettoriale (Coinvolgere la collaborazione della agenzie dei settori rilevanti)
equo ( guidato dalla preoccupazione per l’equità e la giustizia sociale)
sostenibile (producente cambiamenti che gli individui e le comunità possono mantenere una volta
esauriti i finanziamenti iniziali
multistrategico ( usare una varietà di approcci – compreso le sviluppo di politiche, il cambiamento
organizzativo, lo sviluppo comunitario, la legislazione, la tutela , la istruzione e la comunicazione- in modo
integrato).
Se la promozione della salute è applicata per migliorare la qualità negli ospedali, esso amplia il concetto di
esiti rilevanti e mirati ed ha implicazioni per le strutture e i processi degli ospedali.
Secondo la più esplicita filosofia della qualità degli ospedali, il concetto di esito degli ospedali è già stato
ampliato per includere –oltre agli esiti clinici (comprendendo ora anche gli effetti a medio e lungo termine)
anche la qualità di vita e la soddisfazione del paziente.
La promozione della salute fornisce alcuni argomenti specifici per l’inclusione della qualità di vita e della
soddisfazione del paziente negli esiti significativi. Essa sottolinea le dimensioni psicologiche e sociali degli
esiti di salute e aggiunge la conoscenza della salute ( vedi Nutbeam, Kickbusch 2000) come una dimensione
specifica misurabile del risultato del processo di potenziamento (educativo), per quanto riguarda i servizi.
Secondo l’approccio al contesto, la promozione della salute introduce l’impatto sulla salute nel contesto
come un effetto rilevante degli ospedali che deve essere osservato, controllato e migliorato.
Il guadagno di salute totale dell’ospedale deve perciò essere inteso come la somma di esiti di servizi e
dell’impatto - materiale e sociale- dell’ambiente clinico e alberghiero dell’ospedale.
L’ampliamento dei risultati attesi porta anche a una focalizzazione più ampia sul miglioramento della qualità
dei processi e delle strutture. Il gruppo di lavoro dell’OMS ha delineato 18 specifici strategie centrali della
promozione della salute per lavorare in tale direzione. Le distinzioni concettuali che sono più importanti per
distinguere fra differenti strategie di promozione della salute che devono essere implementate negli o dagli
ospedali per migliorare gli effetti di salute possono essere raggruppati come segue.
• Strategie orientate ai Servizi (strategie 1, 2, e 4, 5 nella tabella 1 qui sotto) verso strategie
orientate al contesto (strategie 3,6);
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• Riguardo ai servizi: strategie orientate al miglioramento della qualità di servizi clinici ed
alberghieri già esistenti ( strategie 1,2) verso strategie che introducono nuovi servizi
primariamente educativi con effetti sulla salute a medio o lungo termine (strategie 4, 5)
• Per entrambi i tipi di servizi, noi possiamo distinguere fra strategie orientate ai servizi per
trattare o gestire malattie specifiche (strategie 2, 4) e strategie orientate ai servizi per mantenere o
migliorare la salute positiva (strategie 1, 5)
• Per quanto riguarda il contesto, strategie che si sviluppano nell’ ambiente ospedaliero stesso
(No.3) possono essere distinte da strategie di partecipazione dell’ospedale nel promuovere l’
ambiente della comunità (no. 6) o altri specifici ambienti nella comunità ( luoghi di lavoro, scuole,
ecc. )
• Per essere orientate a migliorare il guadagno di salute e non solo l’esito clinico, queste sei
strategie non si riferiscono solo ai pazienti ( e ai loro famigliari) ma in modo alquanto modificato
anche al personale e ai membri della comunità che l’ospedale serve e in cui è collocato.
La tabella 1 raggruppa le 6 strategie generali di promozione della salute che saranno spiegate in dettaglio in
seguito.
Tabella 1: Sei strategie generali di promozione della salute per ciascun gruppo di interessati
nell’ospedale.
1. HP (health promoting - che promuove la salute) sviluppo di qualità delle cure e assistenza attraverso il
potenziamento dell’auto cura e auto promozione
2. HP sviluppo di qualità delle cure e assistenza attraverso la coproduzione di promozione della salute
3. HP sviluppo della qualità dell’ambiente ospedaliero che promuove la salute e rafforza
4. Fornitura di specifici servizi HP – che rafforzano la gestione della malattia (istruzione del paziente)
5. Fornitura di specifici servizi HP – che rafforzano la sviluppo degli stili di vita (educazione sanitaria)
6. Fornitura di attività specifiche HP – partecipazione nello sviluppo della comunità di promozione della
salute e potenziamento
Per ragioni di chiara descrizione analitica, le strategie sono state classificate e descritte separatamente.
Quando vengono implementate esse devono essere combinate ed equilibrate fra di loro
Ciò che sarà implementato saranno misura specifiche – sia nell’ambito di una singola strategia o per mezzo
di politiche più ampie che combinano misure di più di una strategia – per esempio una politica di ospedale
libero dal fumo o una politica di alimentazione sana, o una politica di comunicazione che promuove la salute.
La quantità e qualità delle prove disponibili per dimostrare la fattibilità, efficacia e la quantità di guadagno di
salute che può essere ottenuta è differente per queste strategie, ma esse costituiscono esempi e vi sono prove
dell’utilità di tutte.
2. STRATEGIE SINGOLE
2.1 Strategie orientate al paziente
2.1.1. Strategie HP per il miglioramento della qualità per i servizi degli ospedali per acuti
Percorso strategico 2
Il compito centrale di un moderno ospedale per acuti è offrire servizi diagnostici e terapeutici per
l’occorrenza di malattie acute ( di tipo piuttosto grave o con la necessità / opportunità di diagnostica
strumentale e trattamento) e di episodi acuti di malattie croniche – per pazienti interni ed esterni.
La prima strategie HP si riferisce alla lunga tradizione di garanzia della qualità e miglioramento della qualità
dei compiti essenziali - partendo dalla istruzione dei professionisti e negli ultimi 20 anni spostandosi verso
lo sviluppo di procedure e strutture organizzative e di sistemi più ampli.
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Come può HP contribuire al miglioramento della qualità dei processi centrali negli ospedali?
1. Il concetto di rafforzamento sottolinea la necessità che gli individui abbiano il controllo della loro salute,
il che significa nel contesto dell’ospedale che i pazienti non siano visti solo come oggetto di interventi, ma
come co-produttori di questi interventi – una idea che si accorda bene con altre tradizioni di analizzare i
servizi come co-prodotti .Dato che il co-produttore deve contribuire attivamente al processo lui/lei deve
essere attivamente rafforzato perché possa dare il suo contributo. Questo tipo di potenziamento non può
essere ottenuto da interventi clinici/tecnici stessi, ma attraverso interventi di comunicazione e istruzione
(DiBiasi et al. 2001)La medicina deve aprire se stessa all’istruzione. Istruzione si riferisce al trasferimento di
conoscenze (dati, informazioni) formazione di capacità e potenziamento delle motivazioni
2. Il concetto di guadagno di salute definisce l’esito significativo degli interventi dell’ospedale in un modo
più complesso: risultato clinico + qualità di vita + soddisfazione del paziente + conoscenza medica. Questi
esiti si riferiscono a tutti e tre gli aspetti della salute, fisico, psicologico e sociale.
3. Il processo di trattamento stesso deve divenire più complesso. L’attenzione va ad un trattamento efficace,
ma al fine di ottimizzare il guadagno di salute, aspetti di prevenzione della malattia, protezione della salute, e
sviluppo della salute devono ricevere la dovuta attenzione durante il trattamento ( evitare sistematicamente i
rischi, cogliere le opportunità di costruire risorse per la salute- fisica, psicologica e sociale).
Sulla base di queste assunzioni, il gruppo di lavoro propone come percorso strategico 2:
RAFFORZAMENTO DEL PAZIENTE PER LA PARTECIPAZIONE CHE PROMUOVE LA SALUTE E
LA COPRODUZIONE DI TRATTAMENTO E CURE
Un esempio pratico si rafforzamento del paziente per la coproduzione potrebbe essere l’informazione al
paziente relativa alla diagnosi e al trattamento, la formazione e il consiglio ( per es. informando il paziente su
come può contribuire al processo di ricupero; descrivendo alternative ed effetti collaterali) al fine di rendere
capace il paziente di:
• partecipare al processo diagnostico ( ad es. fornendo tutte le informazioni necessarie)
• partecipare nella decisioni relative al trattamento
• partecipare nei processi di trattamento e assistenza ( per es. aderendo alle prescrizioni)
Vi sono chiare prove che questo tipo di rafforzamento del paziente può, per es. per i pazienti chirurgici,
ridurre le complicazioni post operatorie e accelerare la guarigione (Johnson, Vogele 1992)
Percorso strategico 1
Anche se i pazienti non sono visti solo come oggetto di trattamenti , ma come coproduttori dei loro esiti di
salute, si deve considerare che essi possono solo compiere il loro ruolo di pazienti sulla base del loro essere
individui umani fisici, psicologici e sociali.
A seconda del loro stato di salute la loro esistenza può essere completamente mantenuta dall’auto attenzione
del paziente o parzialmente sostituita (sostenuta) da assis6tenza professionale, e addirittura da cure intensive
( macchina cuore-polmoni nei casi estremi) Secondo i quattro criteri del concetto complesso del guadagno di
salute, il mantenimento riguarda tutte le tre dimensioni della salute – quella fisica ( ad es. una nutrizione
adeguata). La psicologica (ad es. sufficiente riservatezza in ospedale) e quella sociale ( per es. possibilità di
contatto coi famigliari, sostegno dei pazienti).
Al fine di evitare il più possibile l’ospedalizzazione, dovrebbe essere adottato il principio di consentire la
massima auto-medicazione possibile, e fornire le massime cure professionali possibili ( il livello di automedicazione possibile può essere valutato, ad es. con la diagnosi assistenziale) Per rendere possibile
l’automedicazione nelle condizioni difficili di pazienti relativamente gravi al di fuori del loro ambiente
domiciliare abituale, e soggetti agli imperativi burocratici dell’organizzazione ospedaliera, l’assistenza
professionale deve essere potenziante al massimo e deve prendere in considerazione le differenze culturali
dei pazienti. Di nuovo potenziare comprende la dimensione fisica, psicologica e sociale, le conoscenze, le
capacità e le motivazioni. Di nuovo ciò può essere visto come uno specifico contributo della promozione
della salute.
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Pertanto, il gruppo di lavoro propone come percorso strategico 1:
POTENZIAMENTO DEL PAZIENTE PER L’AUTO CURA E L’AUTO MANTENIMENTO CHE
PROMUOVE LA SALUTE NELL’OSPEDALE
Gli effetti di questa strategia sono stati investigati in particolare nei rispetti dell’ospedalizzazione ( per es.
Vetter 1995). Esempi di interventi che sono stati implementati con successo in specifici ospedali sono:
¾ Servizi di sorveglianza per sostenere i bisogni psicologici dei pazienti (Ospedale della fondazione
Rodolfo a Vienna, Austria; vedi Novak el al. 1998);
¾ Informazione ai pazienti sulle caratteristiche generali dell’ospedale ( per es.dove trovare che cosa, ore di
visita) al momento dell’ingresso in ospedale ( un esempio di buona pratica è l’Ospedale Griffin, USA –
vedi www.greffinhealth.org)
¾ Offerte e opzioni per favorire attività e autoresponsabilità del paziente ( per es. attività fisiche e culturali,
biblioteche per i pazienti, discussioni, incontri internet per pazienti)
¾ Fornire assistenza psicologica per far fronte allo stress e all’ansia legati allo stare in ospedale o alla
malattia ( per es. cancro)
Percorso strategico 3
Piaccia o no, l’ospedale non consiste solo di procedure di servizio, ma anche di un contesto nel quale i
servizi sono forniti. Al pari di come i servizi producono esiti e risultati (salute) il contesto delle situazioni o
ambiente ha un impatto che è significativo per la salute. Vi sono impatti dell’ambiente materiale (infezioni
nosocomiali, qualità dell’aria, temperatura, sindrome del fabbricato malato ecc.) e anche impatti
dell’ospedale come ambiente sociale con la sua struttura e cultura organizzativa , che influenzano le
opportunità di co-produzione e di auto cura dei pazienti e, naturalmente, il trattamento e l’assistenza
professionale dei pazienti. Qual’è il contributo della promozione della salute sullo sviluppo dell’ambiente?
La promozione della salute pone una specifica attenzione all’ambiente che sostiene –sia fisico che sociale- e
estende l’attenzione ai risultati da quelli degli esiti clinici ad anche altre dimensioni del guadagno di salute.
Perciò viene proposto come percorso strategico 3
EVOLUZIONE DELL’OSPEDALE IN UN AMBIENTE CHE SOSTIENE, PROMUOVE LA SALUTE E
POTENZIA IL PAZIENTE.
Un esempio di questa strategia sarebbe la fornitura di una vista piacevole dalle finestre, che è stata
dimostrata avere un impatto positivo sulla salute (Beauchemin/Hays 1998).
Queste tre strategie orientate al paziente, mirate a migliorare la qualità dei servizi degli ospedali per acuti
attraverso la promozione della salute, hanno una notevole potenzialità nell’aumentare il guadagno di salute
degli interventi ospedalieri.
Ma dato che la durata della permanenza nell’ospedale in cui vengono attuati tali interventi diventa sempre
più breve,ci si attende che molti ospedali offrano altri tipi di servizi garantendo la sostenibilità e gli effetti a
lungo termine del trattamento ospedaliero.
2.1.2
Nuovi servizi HP per i pazienti ospedalizzati
Percorso strategico 4
Gli interventi esperti negli ospedali forniscono in generale solo una svolta nel processo morboso e la base per
la guarigione o per il trattamento efficace delle malattie croniche.
La maggior parte del processo di ricupero o della gestione giorno per giorno della infermità ( prevenzione
dell’aggravamento, effetti negativi a lungo termine, conseguenze sociali, ecc.) deve essere compiuto in primo
luogo dal paziente stesso- con un sostegno professionale specifico (riabilitazione, istruzione del paziente) o
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da servizi specializzati dell’ospedale ( ambulatori), il medico personale o di famiglia o altri servizi sanitari e
sostegni non professionali ( vi sono notevoli differenze fra i vari sistemi sanitari nazionali sotto tale aspetto).
Questa fase del decorso della infermità dura molto più a lungo ed è fuori dal diretto controllo dell’ospedale,
ma è cruciale per il risultato, per riguadagnare la salute e la qualità di vita, Il sostegno professionale for
questa fase è essenzialmente di istruzione: informazione di base, consultazioni, formazione.
Così gli ospedali devono tenere conto di tale prospettiva a medio termine del decorso dell’infermità sia
fornendo il necessario sostegno specifico per la malattia o loro stessi o inviando il paziente ad altri fornitori
specializzati nel sistema sanitario. Quanto più è rara e complessa la malattia e il suo trattamento, tanto più
resta di competenza dell’ospedale, ma ciò richiede naturalmente una adeguata regolamentazione legale e
finanziaria che consenta di fornire sistematicamente questi servizi.
Perciò il gruppo di lavoro ha proposto come percorso strategico 4:
POTENZIAMENTO DEL PAZIENTE PER LA GESTIONE CHE PROMUOVA LA SALUTE DELLE
INFERMITA’ CRONICHE (DOPO LA DIMISSIONE)
Nell’ambito della rete internazionale HPH, vi sono molti esempi di interventi efficaci di questo tipo di
servizi, per es. formazione sul diabete, formazione COPD
Percorso strategico n. 5
Vi sono chiare prove che stili di vita sani dipendono solo parzialmente dalle conoscenze, capacità e
motivazioni individuali, ma in larga parte dalle opportunità, strutture, risorse e incentivi culturali. Ciò si
riferisce anche all’area della gestione delle infermità come espansione degli stili di vita.
L’ospedale ha un ruolo in questa area? La risposta del gruppo di lavoro è: potenzialmente sì: l’ospedaleha
una grande conoscenza dei problemi della gestione adeguata dell’infermità e dei rischi specifici – può
utilizzare l’informazione proveniente dalle anamnesi per generale conoscenze epidemiologiche per riferire
sulla salute; si trova in posizione favorevole ( conoscenze, prestigio) per tutelare gli interessi di salute degli
individui o gruppi fra i pazienti nei differenti contesti della comunità.
Naturalmente l’ospedale deve sviluppare specifiche routine per tali compiti per avere risorse per
implementarle – ma è piuttosto difficile pensare a una sostituzione adeguata all’ospedale in questa area.
Pertanto, il gruppo di lavoro ha proposto come percorso strategico n.6:
PARTECIPAZIONE NELLO SVILUPPO CHE PROMUOVA LA SALUTE E RAFFORZI DI
INFRASTRUTTURE DELLA COMUNITA’ PER I BISOGNI SPECIFICI DEI PAZIENTI
Esempi per l’implementazione potrebbero essere il sostegno di gruppi di auto-aiuto dei pazienti, o il sostegno
alla fornitura di specifici beni o servizi sanitari nella comunità.
2.2
Promuovere la salute del personale
Anche se gli ospedali hanno il compito primario di assistere i pazienti e possono attraverso ciò influenzare la
salute di un gran numero di pazienti, essi comunque hanno un notevole impatto (continuo e di lunga durata)
sulla salute di un numero molto minore, ma comunque considerevole di membri del personale ( che
ammontano almeno al 3% della forza di lavoro in Europa).
Dal punto di vista della promozioni della salute, l’influenza dell’ospedale sul bilancio di salute del personale
deve essere presa in considerazione dalla politica generale della organizzazione ospedaliera. Ciò non è solo
nell’interesse del personale e della politica sanitaria generale, ma è anche di valore specifico per l’ospedale
come organizzazione in quanto la salute del personale è cruciale in una tale organizzazione esperta. In
principio, le stesse strategie dei pazienti devono essere implicate per contribuire alla salute del personale.
Di nuovo, vi sono tre strategie per sviluppare la qualità collegata alla salute dell’ospedale come luogo di
lavoro per il proprio personale, due di essi direttamente orientati ai singoli membri del personale, uno
orientato all’ospedale come ambiente di lavoro.
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Ciò che è valido per i pazienti vale anche per il personale:
• al fine di essere in grado di usare se stessi come strumento di lavoro, i membri del personale devono
rappresentare loro stessi come esseri umani individuali. Così il personale deve essere rafforzato come
mantenimento a auto cura che promuove la salute in quanto presenti nell’ospedale ( per es. per gli intervalli,
la nutrizione, l’uso dei servizi igienici, la comunicazione che rispetta e sostiene, altre misure per
incrementare il benessere come “l’arte in ospedale” reti di sostegno sociali ecc.) La strategie ATA-1 è così
chiamata “Potenziare il personale nel mantenimento a auto cura che promuove la salute”
• Il lavoro ospedaliero (trattamento, assistenza e servizi di sostegno) non ha solo effetti sulla salute dei
pazienti, ma anche un impatto sulla salute di coloro che forniscono tali servizi. Ciò è ben riconosciuto, ma
non sempre adeguatamente realizzato, nei regolamenti del lavoro, dalla medicina del lavoro, ecc. Il valore
aggiunto della promozione della salute è l’attirare l’attenzione sull’auto controllo dei determinanti della
salute nel processo lavorativo e quindi sul potenziamento del personale da parte della proprietà e la gestione
per i processi e i comportamenti che promuovono la salute. La strategia STA “ viene perciò chiamata “
Potenziare il personale per la co-produzione della salute sul lavoro”
• L’ospedale come ambiente materiale e sociale ha un impatto anche sulla salute del personale – e
probabilmente più intenso di quello sui pazienti. Vi sono luoghi di lavoro pericolosi negli ospedali in quanto
comportano rischi che riguardano la salute fisica, psicologica e sociale ( per es. esposizione a agenti
biologici, chimici, nucleari; stress, turni notturni, conflitti, ecc) la Strategia STA-£ viene perciò chiamata
“Evoluzione dell’ospedale in un ambiente che sostiene, promuove la salute e potenzia il personale”
La condizioni di lavoro hanno un immediato impatto sulla salute che deve essere affrontato nella situazione e
l’amministrazione ospedaliera è responsabile per tale impatto e dovrebbe usare queste tre strategie per
migliorare il bilancio di salute del personale.
Inoltre, l’ospedale ha, come per i pazienti, tre strategie opzionali per ottimizzare il suo effetto sulla salute del
personale:
• L’ospedale può sostenere il personale nel gestire le malattie e le infermità professionali, offrendo servizi
orientati ai singoli e ai gruppi, potenziandoli nella gestione che promuove la salute delle infermità ( per es. la
riabilitazione precoce a Linkoping, vedi Kristenson/Vang 1998, S341). La strategia STA-4 viene così
chiamata “Potenziare il personale per la gestione che promuove la salute delle infermità professionali”
• Come per i pazienti , l’ospedale ha anche la potenzialità di migliorare la salute del personale migliorando
gli stili di vita correlati alla salute, specialmente se questi sono correlati a specifici rischi legati al lavoro (
fuma, alcool, esercizio fisico, nutrizione sana) Questi servizi hanno specialmente senso se esse sostengono
gli individui a seguire politiche generali dell’ospedale che promuovono la salute, come l’ospedale libero dal
fumo, e rendono capace il personale di compiere il suo ruolo atteso come modello di buona pratica per un
comportamento sano. La strategia STA-5 viene perciò chiamata “ Potenziare il personale per la sviluppo
di stili di vita che promuovono la salute”.
• Per quanto riguarda gli stili di vita, anche per il personale questi non solo dipendono da caratteristiche
individuali, ma anche dalle condizioni di vita nella comunità. Perciò, l’ospedale può tentare di migliorare il
proprio potenziale impatto sulla salute del personale attraverso la partecipazione nello sviluppo della
comunità. Classici esempi potrebbero essere la fornitura di asili 24 ore su 24; la disponibilità di trasporti
pubblici e di abitazioni per il personale ospedaliero, orari di apertura dei negozi e di altri servizi della
comunità idonei per il personale. La strategia STA-& viene perciò denominata “Partecipazione nello
sviluppo nella comunità di infrastrutture che promuovono la salute e valorizzino per i bisogni specifici
del personale”.
2.3 Promuovere la salute della popolazione nella comunita’
Naturalmente l’ospedale influenza la salute nella sua comunità in primo luogo per gli effetti sui suoi pazienti
e sulla salute del personale. Ma l’ospedale ha anche (potenziali) effetti sul bilancio di salute di altre parti
della popolazione nei suoi dintorni e nel bacino di utenza che possono essere indirizzati e migliorati.
In primo luogo, deve essere introdotta una distinzione che è particolarmente rilevante per questa discussione:
coi pazienti e il suo personale l’ospedale ha una forte relazione attuale . Per alcuni aspetti, ciò è vero anche
per chi vive intorno. Per molti o tutti i membri della comunità, l’ospedale può o vuole essere in primo luogo
una potenziale fornitore di servizi.
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Di nuovo, vi sono tre strategie che possono migliorare la qualità dei rapporti dell’ospedale con la
popolazione nella comunità:
• Essere capaci di accedere a e usare i servizi dell’ospedale in modo appropriato a tempestivo è un
elemento importante per l’auto protezione . La promozione della salute attira la nostra attenzione sul fatto
che l’ospedale può contribuire attivamente a migliorare l’accesso ai suoi servizi. La Strategia COM-1 viene
perciò chiamata “ Potenziamento della comunità per l’auto cura che promuove la salute attraverso un
adeguato accesso ai servizi ospedalieri in caso di malattia”.
• Le degenze ospedaliere si fanno sempre più corte- perciò gli ospedali devono prendersi la responsabilità
di continuare le cure dopo la dimissione. In questo caso essi devono potenziare i fornitori professionali di
cure primarie/ servizi sanitari extra-moenia e i fornitori di assistenza non professionali per ottimizzare la
presa in carico dopo la dimissione. L’ospedale deve accettare la responsabilità di gestire l’interfacia con
coloro che si prendono cura del paziente dopo la dimissione. Lo specifico contributo della promozione della
salute in questo processo è la focalizzazione sul potenziamento. La strategia COM-2 viene chiamata “
potenziamento di coloro che forniscono assistenza, professionisti sanitari e non per la co-produzione
che promuove la salute nel trattamento e le cure post-dimissione dei pazienti”
• L’ospedale come ambiente materiale e sociale ha effetti sulla salute della gente non solo al suo interno,
ma anche per la gente che lavora e viva nella sue vicinanze. Dal punto di vista della qualità gli effetti
negativi primari degli ospedali sulla salute ( polluzione dell’aria, rifiuti, rumori, traffico) dovrebbero essere
affrontati. Dal punto di vista della promozione della salute, occorre focalizzare anche potenziali effetti
positivi. Le strutture ospedaliere possono essere rese disponibili anche per i circostanti e i vicini e l’ospedale
può servire come centro culturale ( ed es. l’ Ospedale Reply in Polonia vedi Eysymontt et al 1998) o per lo
sport e la forma fisica, ecc. Così la Strategia COM-3 viene detta “Evoluzione dell’ospedale in un ambiente
che promuove la salute e potenzia nella comunità”
Inoltre, l’ospedale ha, come per i pazienti e il personale , tre possibili strategie per ottimizzare i suoi effetti su
chi lo circonda nella comunità. L’ospedale può far ciò aprendo l’accesso a specifici servizi di promozione
della salute (in caso di bisogno) e impegnarsi nello sviluppo della comunità per la popolazione in generale.
Ciò dipende naturalmente dalla specifica situazione legale e dalle risorse finanziarie che facilitano o
impediscono l’impegno dell’ospedale in queste attività.
• L’ospedale può sostenere il trattamento delle infermità croniche anche per quelli che non sono suoi
pazienti aprendo i suoi servizi orientati alla persona o ai gruppi mirando a potenziarli per la gestione che
promuove la salute delle infermità. L’ospedale dovrebbe essere in una buona posizione per offrire gruppi
specialmente per malattie rare o piuttosto specifiche e quindi potenziare i pazienti a condividere le
prospettive ( gruppi di auto aiuto) La strategia COM-$ viene così chiamata “ Valorizzazione della
popolazione della comunità per la gestione che promuove la salute delle malattie croniche”
• Un simile ragionamento può essere fatto per l’educazione sanitaria negli stili di vita COM-5
“Potenziamento della popolazione della comunità per lo sviluppo di stili di vita che promuovono la
salute”.
• Ciò che è vero per la tutela nella comunità dei bisogni dei pazienti e del personale può essere
generalizzato per le condizioni di vita di tutti i membri della comunità. Così l’ospedale può fornire i propri
database epidemiologici alla pianificazione urbana, alla salute nei programmi di sviluppo dei luoghi di lavoro
delle compagnie di affari, tutelare le minoranze etniche, ecc. Così la strategia COM-6 è “Partecipazione
nello sviluppo di una comunità che promuove la salute per la popolazione in generale”
3. UNA RASSEGNA DELLE 18 STRATEGIE PER GLI OSPEDALI CHE PROMUOVONO LA SALUTE
Messe insieme , le strategie sopra descritte formano una matrice di 18 strategie centrali per gli Ospedali che
Promuovono la Salute che sono riassunte nella tabella seguente.
Alcune osservazioni generali:
- Le strategie in parte si sovrappongono.
- Le strategie in parte si costruiscono l’una sull’altra
- Le strategie è meglio che vengano pianificate in rapporto l’una con l’altra ( al fine di far uso delle
sinergie)
- E’ utile legare singole misure intorno a specifiche politiche tematiche ( ad es. il fumo)
9
- Sebbene le strategie siano correlate, esse non possono essere implementate in modo olistico, tutte
insieme, ma devono essere realizzate per un fine specificatamente pianificato.
Un ospedale che vuole essere qualificato come Ospedale per la Promozione della Salute deve investire nelle
strategie 1,2 e 3 per i suoi pazienti, personale e comunità e, a seconda della situazione degli altri servizi
sanitari nella comunità e della impalcatura legale e finanziaria dovrebbe investire nelle strategie 4-6 ( di
nuovo per i pazienti, il personale e la comunità)
Tabella 2 Strategie centrali di promozione della salute per gli Ospedali
HP PER :
PAZIENTI
PERSONALE
COMUNITÀ
HP sviluppo della qualità
delle cure e trattamenti
attraverso il potenziamento
degli interessati per
l’autosostegno che
promuove la salute
PAT-1
Potenziamento dei pazienti
per l’autosostegno che
promuove la salute
in ospedale
STA-1
Potenziamento del personale
per l’autosostegno che
promuove la salute
in ospedale
COM-1
Potenziamento delle comunità per
un accesso all’ ospedale adeguato
a promuovere la salute
HP sviluppo della qualità
delle cure e trattamenti
attraverso il potenziamento
degli interessati
per la coproduzione
che promuova la salute
PAT –2
Potenziamento dei pazienti
per la co-produzione
di cure e trattamenti
che promuovono la
salute
STA-2
Potenziamento del personale
per la co-produzione
di cure e trattamenti
che promuovono la
salute
COM-2
Potenziamento delle comunità
per la coproduzione di
cure e trattamenti i
che promuovono
la salute dopo la dimissione
HP sviluppo della qualità
di ambienti ospedalieri
per gli interessati
che promuovono la salute
e valorizza
PAT-3
Evoluzione dell’ospedale
in un ambiente che promuove
la salute e valorizza
per i pazienti
Fornitura di specifici
servizi HP che potenziano
la gestione delle malattie
da parte degli interessati
(istruzione dei pazienti)
PAT-4
Potenziamento dei pazienti
per il trattamento delle
malattie croniche con la
promozione della salute
Fornitura di specifici HP
servizi che potenziano
lo sviluppo di stili di vita
per gli interessati
(educazione sanitaria)
PAT-5
Potenziamento dei pazienti
per lo sviluppo di stili di vita
che promuovono la salute
Fornitura di specifiche
attività HP per la
partecipazione alla
promozione della salute
e potenziamento per
gli interessati
STA-3
Evoluzione dell’ospedale
in un ambiente che promuove
la salute e valorizza
per il personale
COM-3
Evoluzione dell’ ospedale in un
ambiente che promuove salute
e valorizza la comunità
STA-4
Potenziamento del
personale per il trattamento
delle malattie professionali
con la promozione della
salute
COM-4
Potenziamento della comunità
per le gestione
delle malattie croniche
STA-5
Potenziamento del personale
per lo sviluppo di stili di vita
che promuovono la salute
COM-5
Potenziamento
della comunità
per stili di vita
per promuovere la salute
PAT-6
STA-6
COM-6
Partecipazione al potenziamento Partecipazione al potenziamento Partecipazione
delle comunità e promozione
della comunità e promozione
alla promozione
della salute per i pazienti
della salute per il personale
della salute e
potenziamento
della popolazione
generale
10
4. METTERE LA POLITICA DI PROMOZIONE DELLA SALUTE IN AZIONE- IMPLEMENTAZIONE
La distinzione fra assicurazione della qualità HP e lo sviluppo della qualità e nuovi servizi di promozione
della salute come obiettivo della pianificazione è anche significativa per l’implementazione
Nel secondo caso, l’implementazione di ulteriori programmi di promozione della salute, soprattutto di
istruzione, collegati alle strategie 4-6 ( sia per pazienti, personale e comunità) deve essere fatta e ben
preparata al pari di ogni altro nuovo servizio ( basata sui principi delle gestione per progetti,ecc)
Ma lo sviluppo e l’assicurazione della qualità che promuove la salute in senso globale – un approccio all’
“ospedale che promuove la salute totale”- richiede ancora di più.
• proprio come la qualità, i principi della promozione della salute devono essere realizzati in tutte le
decisioni rilevanti dell’ospedale ( gestione e decisioni qualificate da parte di tutti i gruppi professionali
dell’ospedale) Per realizzare tale approccio totale HPH, HPH necessita un sistema di sostegno nello stesso
modo che è stato stabilito per la qualità già in molti ospedali. Il sistema di sostegno specifico HPH può
essere integrato nel sistema già esistente nell’ospedale per la gestione della qualità, o può essere sviluppato
come un sistema indipendente. Vi sono esempi di integrazione con sistemi di qualità esistenti ( per
l’integrazione con l’approccio EFQM vedi per es. Brandt 2001)
• Per implementare misure concrete. Sarà utile lavorare secondo specifiche politiche (per es. nutrizione,
fumo, gestione dello stress, continuità delle cure) Queste politiche devono essere ancorate alla pianificazione
strategica dell’ospedale ( basata su rilevanti problemi ed aspettative specifici nel contesto ospedaliero).
Così l’approccio totale HPH implica i seguenti sviluppi nell’ospedale:
Riguardo agli esiti
La più ampia definizione di guadagno di salute come discusso sopra, deve essere monitorata così che vi è
necessità di definire specifici indicatori per gli interventi di promozione della salute ( esiti clinici + salute
olistica, qualità di vita, soddisfazione del paziente, equità della salute e cultura medica specifica per la
promozione della salute)
Riguardo alle strutture e alle procedure rilevanti per produrre tali esiti:
Al fine di raggiungere il guadagno di salute nel senso proposto, le strutture e le procedure devono essere
ulteriormente sviluppate secondo i principi e i criteri della promozione della salute.
• La promozione della salute deve essere una aspirazione e un valore esplicito nello stabilire la missione
dell’ospedale ( dovrebbe comprendere riferimenti ai diritti del malato, salute dei pazienti, del personale e
della comunità, ecc)
• Deve essere chiaro l’impegno dei vertici della amministrazione verso la promozione della salute
• Dovrebbe esservi un documento politico strategico formulato per la promozione della salute che
specifichi le aspirazioni, gli obiettivi, i traguardi e le strategie di promozione della salute e le politiche per
realizzarle
• E’ utile specificare un piano d’azione annuale di promozione della salute
• Occorre uno specifico budget legato all’orecchio per la promozione della salute
• E’ necessaria l’inclusione nella struttura gestionale esistente di una struttura gestionale o di una
inclusione affidabile dei principi , obiettivi e traguardi della promozione della salute. Per esempio: un
comitato direttivo per la promozione della salute; un manager o gruppo per la promozione della salute
che fornisca un sostegno continuo agli interventi di HP ( professionisti, dipartimenti); una rete di punti focali
per la promozione della salute in tutte le sub-unità dell’ospedale; deve essere salvaguardata la
partecipazione del personale ospedaliero ad ogni livello (inter-professionale, inter-gerarchico, interdipartimentale) dei pazienti e dei famigliari e di ogni altro interessato di rilievo.
• un manuale organizzativo specifico per la promozione della salute sarebbe utile nella pratica quotidiana
• Al fine di influenzare la pratica clinica quotidiana l’HP deve essere integrato in standard specifici per
HP, linee guida e percorsi clinici per le decisioni e le azioni di routine
• Il personale deve essere informato e coinvolto regolarmente. Esempi potrebbero essere: circoli della
salute; sistemi di suggerimenti dei dipendenti; progetti di implementazione; newsletters; presentazioni
annuali; forum o sito web.
• Devono essere forniti istruzione e formazione per il personale e deve essere fornita una guida per
stabilire una agenda e creare risorse.
• Deve essere ricercata attivamente la messa in rete coi fornitori di servizi sanitari ( servizio di
collegamento) e altri protagonisti nella comunità
11
Perché un ospedale possa adottare un approccio totale alla promozione della salute, sarebbe naturalmente
molto utile se vi fossero anche cambiamenti nell’ambiente ospedaliero che sostengano lo sviluppo della
promozione della salute. Solo per nominare alcune di queste opzioni:
- un ruolo preminente per la promozione della salute – programmi, regolamentazione legale, rimborsi
economici- facilitati dal riferimento a Salute 21 , Salute Pubblica Europea
- un ruolo preminente per la promozione della salute nella istruzione medica e infermieristica
- un ruolo preminente per la promozione della salute nella formazione professionale continua
- un ruolo preminente per la promozione della salute nello sviluppo della qualità delle professioni sanitarie
(società mediche specializzate, ecc.)
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13
DEFINIZIONE DI STANDARD PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE E LORO
VALUTAZIONE PILOTA
Svend Juul Jorgenesen e Oliver Grone
L’evoluzione delle aspirazioni della rete HPH in programmi e linee guida pratiche ha reso sempre più chiaro
che devono essere identificati obiettivi, standard e indicatori per le attività rivolte al paziente, al personale e
all’ambiente. Gli standard sono potenzialmente strumenti potenti per il miglioramento della qualità e per
l’implementazione di un programma concreto per la promozione della salute negli ospedali. Il processo di
stabilire degli standard per la promozione della salute negli ospedali è stato avviato nel 2001. Si decise di
mirare a standard universali per tutti gli ospedali e non solo per gli ospedali membri della rete, poiché
l'educazione sanitaria, la prevenzione delle malattie e la riabilitazione dovrebbero essere offerte ai pazienti in
tutti gli ospedali, indipendentemente dalla loro affiliazione alla rete.
Processo di definizione
Un gruppo di lavoro ha preparato la definizione degli standard e si decise di seguire le raccomandazioni nel
programma alpha dell’ Istituto per la Qualità. La tappe in questo programma sono: dopo una iniziale
rassegna della letteratura viene formulata una proposta di standard. Gli standard proposti sono rivisti dopo
di che vengono definiti quali standard preliminari. Gli standard preliminari vengono sottoposti a test pilota e
considerati standard finali dopo una revisione in base ai risultati del test pilota. Essi sono ora pronti per
l’implementazione e essi saranno soggetti a ulteriori revisioni e aggiustamenti dopo l’impiego pratico.
Una rassegna critica della letteratura dimostrò che gli standard esistenti affrontano solo marginalmente il
tema della promozione della salute negli ospedali. Venne preparata una prima stesura di standard proposti e
venne costituito un gruppo di lavoro di esperti dell’OMS. Questo gruppo di lavoro rivide gli standard
proposti. Vennero forniti dopo questa rassegna importanti commenti e suggerimenti per migliorarli e vennero
definiti standard preliminari e un modulo di verifica per il test pilota. Gli standard preliminari vennero
mandati a agenzie di accreditamento e a altre organizzazioni interessate al miglioramento della qualità
dell’assistenza sanitaria per commenti e suggerimenti. Il test pilota degli standard in 36 ospedali di nove
Paesi Europei venne eseguito nel febbraio 2003 e i risultati di tale test pilota vennero analizzati e discussi nel
gruppo di lavoro nell’aprile 2003.
Dopo una revisione gli standard vennero definiti come standard finali ( sebbene soggetti a future revisioni) e
si decise di elaborare il modula di verifica in uno strumento di autovalutazione. Gli standard definitivi
vennero presentati all’ 11 Conferenza degli Ospedali per la Promozione della Salute a Firenze nel maggio
2003 e venne costituito un gruppo di lavoro dell’OMS per preparare uno strumento di autovalutazione
continua.
Gli Standard
Gli standard si riferiscono al percorso del paziente in ospedale e nel periodo post-ospedalizzazione. Vennero
definite le responsabilità e le attività relative alla promozione della salute come parte integrante di tutti i
servizi offerti ai pazienti in ogni ospedali come cinque standard, ognuno dei quali consiste nella
formulazione dello standard, descrizione degli obiettivi a definizione di standard secondari
14
Tabella 1: visione d’insieme degli standard
STANDARD
DESCRIZIONE
DELLO
OBIETTIVO
DELLO
STANDARD
SECONDARI
STANDARD
STANDARD
COMPRESI
1. POLITICA
GESTIONALE
Chiede se l’ospedale ha una
politica scritta per la salute.
Questa politica deve essere
implementata come parte del
sistema complessivo di
qualità dell’organizzazione ed
è mirata a migliorare gli esiti
di salute. Viene stabilito che
la politica è mirata ai pazienti
ai famigliari e al personale
Descrivere lo schema per la
salute dell’organizzazione
Le attività di promozione
della salute come parte
integrale del sistema di
gestione della qualità della
organizzazione
Sei standard secondari
chiariscono la responsabilità
dell’amministrazione
La responsabilità
dell’amministrazione per la
politica e la sua
implementazione per la
disponibilità delle strutture
necessarie, per l’allocazione
delle risorse per la
valutazione e
l’implementazione e per la
formazione del personale
nella promozione della salute
2.
VALUTAZIONE
Descrive gli obblighi della
organizzazione per la
promozione della salute, la
prevenzione delle malattie e
la riabilitazione da parte di
professionisti insieme al
paziente
Identificare specifici bisogni
di salute che sostengono il
trattamento e promuovono la
salute e il benessere del
paziente
Cinque substandard
descrivono in dettaglio le
richieste al processo di
valutazione dei bisogni,
compresa la disponibilità di
procedure, tempi e revisioni e
l’informazione compresa
nella valutazione
Stabilisce che
l’organizzazione deve fornire
informazioni al paziente sui
fattori significativi riguardanti
la malattia o le condizioni di
salute e che gli interventi di
promozione della salute
siano inclusi nel percorso di
tutti i pazienti
Garantire che il paziente sia
informato e valorizzato in una
compartecipazione attiva e
che la promozione sia
compresa nel percorso di ogni
paziente
Cinque sottostandard
descrivono come fornire
l’informazione le richieste di
materiale informativo di
valutazione, di
documentazione della
informazione e di intervento
Assegna all’amministrazione
la responsabilità di costruire
condizioni per lo sviluppo
dell’ospedale come luogo di
lavoro sano
Sostenere la costituzione
di posti di lavoro sani e
sicuri per il personale e per
sostenere le attività di
promozione della salute
Quattro sottostandard
descrivono la necessità di una
strategia delle risorse umane
che comprenda la salute
lavorativa del personale, il
coinvolgimento del personale
nelle decisioni che
influenzano le condizioni di
lavoro e la disponibilità di
procedure per sviluppare la
consapevolezza del personale
Affronta il tema della
continuità e cooperazione
richiedendo un approccio alla
collaborazione con altri
settori dei servizi sanitari e
con altre istituzioni
Garantire la collaborazione
coi partners significativi per
la continuità della assistenza e
per ottimizzare l’integrazione
delle attività di promozione
della salute nei percorsi dei
pazienti
Quattro sottostandard
richiedono all’organizzazione
di identificare partners e
organizzazioni di rilievo per
l’assistenza e la riabilitazione
del paziente e per comunicare
e collaborare con esse.
DEL PAZIENTE
3.
INFORMAZIONE
DEL PAZIENTE E
INTERVENTI
4.
PROMUOVERE
SANI LUOGHI DI
LAVORO
5.
CONTINUITÀ
E
COOPERAZIONE
15
Il test pilota
I Coordinatori nazionali di 9 Paesi identificarono da 2 a 4 ospedali di differenti dimensioni e con una
adeguata distribuzione geografica, identificarono una persona da contattare responsabile del test pilota e
istruirono le persona da contattare nelle procedure del test pilota. Il principale fine del test pilota era valutare
se gli standard per la promozione della salute venivano percepiti come significativi e applicabili da parte dei
professionisti sanitari in differenti tipi di ospedali nei Paesi Europei. Inoltre l’attuale soddisfacimento degli
standard fu valutato per identificarne il possibile impatto.
Gli ospedali pilota trovarono che gli standard erano significativi e applicabili in quanto 30 su 35 (86%) dei
criteri vennero valutati essere soddisfatti in> 60% dei moduli di revisione.
La maggior parte degli ospedali soddisfacevano gli standard solo parzialmente, indicando che gli standard
sono applicabili in linea di principio e che vi è spazio per un miglioramento per quanto concerne il
soddisfacimento degli standard. Le riserve espresse dalla istituzioni pilota sono più connesse al processo di
implementazione della promozione della salute come componente dell’attività clinica che agli standard di per
se stessi. I partecipanti sottolinearono che gli standard non dovrebbero essere impiegati per la valutazione
esterna delle attività dell’ospedale, ma soprattutto come autovalutazione.
Discussione
Gli ospedali che hanno preso parte al test pilota valutarono gli standard come comprensibili, significative e
applicabili. Tale risultato indica che l’attuale formulazione degli standard può soddisfare le aspirazioni:
stabilire standard per la promozione della salute, la prevenzione delle malattie e la riabilitazione negli
ospedali.
La ragione per focalizzarsi sul ruolo degli ospedali nel riconoscimento di uno specifico bisogno di
riorientare gli ospedali in una nuova direzione, nella quale l’assistenza specifica e professionale e la capacità
e il comportamento dei pazienti sono complementari e in cui il personale ospedalieri comprende
l’importanza di sostenere e dare un ruolo attivo al paziente. La nostra rassegna sugli standard esistenti per la
qualità dell’assistenza sanitaria ha reso chiaro che la promozione della salute, la prevenzione e la
riabilitazione non sono sufficientemente fornite. Gli standard per la promozione della salute sviluppati dalla
Rete Internazionale degli Ospedali per la Promozione della Salute sono basati sulle migliori prove disponibili
e sono sviluppati, strutturati e formulati secondo il programma ALPHA fornito da ISQua. Pertanto il
pacchetto nazionale e internazionale degli standard dovrebbe essere integrato da nuovi standard e la
promozione della salute dovrebbe essere valutata insieme ad altri aspetti importanti per la qualità.
16
IL SIGNIFICATO DI HPH NEI PIANI SANITARI NAZIONALI/ REGIONALI
Carlo Favaretti
Direttore Generale, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari - Trento
PREMESSA
Fino a pochi anni fa sarebbe stato difficile proporre una riflessione sul significato assunto dalla nuova
prospettiva della promozione della salute nella programmazione sanitaria nazionale e regionale. Questo
modo di intendere la salute e la sanità, disegnato e proposto all’attenzione internazionale
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha infatti trovato posto solo di recente nella riflessione e
nell’azione del nostro Paese, forse anche grazie all’impulso dato dalla costituzione di Reti di setting per la
promozione della salute (da Città Sane, agli HPH, alle Scuole per la promozione della salute).
Al fine di comprendere quale ruolo debba rivestire la promozione della salute e, più specificamente,
l’ospedale per la promozione della salute nella programmazione sanitaria, mi sembra importante fare alcune
precisazioni che chiariscano il contesto in cui le politiche pubbliche e le istituzioni sanitarie si trovano ad
operare.
Il movimento della promozione della salute matura al termine di una lunga riflessione teorica che, a partire
dalla definizione di salute proposta dall’OMS come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, ha
verificato l’inadeguatezza dei sistemi sanitari moderni nell’affrontare la questione della salute nella sua
globalità e complessità, essendo essi in larga parte orientati alla lotta alle malattie. In questa definizione
olistica di salute viene riconosciuto che essa non può essere interpretata come semplice assenza di malattia,
poiché lo stato di benessere delle persone e delle comunità è influenzato da numerosi fattori che solo in
minima parte sono riconducibili alla sfera biologica, al patrimonio ereditario e alle risposte che il sistema
sanitario è in grado di fornire: prove scientifiche hanno dimostrato come la longevità delle persone sia
determinata in larga parte dagli stili di vita, dalle condizioni socio-economiche e dal contesto ambientale.
Altre prove ci portano a tenere anche in considerazione i profondi cambiamenti a livello economico, sociale,
demografico e tecnologico che, rispetto al passato, richiedono risposte nuove e sempre più mirate: basti
pensare agli effetti che l’aumento della speranza di vita, la ridotta natalità, i fenomeni migratori, il progresso
medico-scientifico e tecnologico, i cambiamenti delle condizioni di vita e il cambiamento nelle cause di
perdita della salute, possono avere nella definizione di una politica pubblica per la salute.
Le nuove sfide poste dal mutamento sociale possono essere affrontate, così come ci propone l’OMS, con un
analogo cambiamento di prospettiva nell’approccio alla salute individuale e collettiva, qual è la promozione
della salute.
La promozione della salute rappresenta certamente una innovazione radicale, prima di tutto dal punto di
culturale: essa viene interpretata come processo che mette in grado le persone e la comunità di avere un
maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla. Essa rappresenta, quindi, un processo globale
orientato alla trasformazione in senso favorevole delle condizioni sociali, ambientali, culturali, economiche e
strutturali e al rinforzo delle capacità e dei livelli di autonomia delle persone nelle scelte che hanno un
impatto sulla salute individuale e collettiva; processo che riguarda tutti i livelli di governo delle comunità e
richiede un’azione integrata e intersettoriale di tutte le componenti della società.
Inoltre, la promozione della salute richiede una profonda revisione professionale e organizzativa nel modo di
operare delle strutture sanitarie. Spostare l’enfasi dalla malattia alla salute implica per le organizzazioni
sanitarie un profondo cambiamento della maniera stessa di strutturarsi e di operare: si tratta di passare dalla
valutazione delle prestazioni per singole persone malate alla valutazione degli esiti sulla salute dell’intera
popolazione servita; dalla cura della malattia all’assistenza centrata sui bisogni e sull’autonomia della
persona; dalla frammentarietà delle specializzazioni alla globalità dell’approccio; dalla produzione delle
singole prestazioni ai percorsi assistenziali integrati tra i diversi professionisti e con le altre componenti della
comunità.
Mi sembra che queste considerazioni siano fondamentali per comprendere il ruolo che l’ospedale per la
promozione della salute deve avere nei piani sanitari. In un contesto come l’attuale, l’ospedale è chiamato a
riorientare sé stesso in risposta alle nuove esigenze e ai nuovi di bisogni di salute, ad uscire dalla autoreferenzialità che l’ha caratterizzato per decenni ed operare sinergicamente con altre istituzioni per creare le
17
condizioni affinché i pazienti, il personale e la comunità in cui è inserito siano maggiormente in grado di
tutelare la propria salute, rafforzando le proprie capacità di esercitare un controllo su di essa. Un cambio di
prospettiva, questo, che aggiunge valore e integra le tradizionali funzioni dell’ospedale ma che traccia, allo
stesso tempo, un percorso di revisione dei servizi sanitari lungo e faticoso.
Ma l’attuale pianificazione sanitaria crea le condizioni affinché questo processo di revisione e di
riorientamento dei servizi sanitari possa verificarsi?
IL LIVELLO NAZIONALE
Negli ultimi anni questo processo di revisione si è esteso, pur tra contraddizioni e lentezze, anche all’ambito
normativo, nella consapevolezza che il difficile passaggio “dalla sanità alla salute”, il riorientamento dei
servizi sanitari e l’intersettorialità dell’azione debbano essere attivati e sostenuti anche dalla
programmazione sanitaria.
E’ indubbio che a livello nazionale si sia verificato un lento ma positivo allineamento delle politiche del
nostro Paese alle più moderne impostazioni di sanità pubblica e, conseguentemente, una presa di coscienza
dell’importanza di considerare la promozione della salute come una strategia politica specifica.
Tale allineamento alle impostazioni internazionali trova espressione nel Piano Sanitario 1998-2000, “Un
patto di solidarietà per la salute”, il quale rappresenta un cambio di paradigma nella visione del rapporto tra
sistema sanitario e salute poiché, facendo esplicito riferimento alla promozione della salute quale obiettivo
da perseguire, si differenzia profondamente dal piano sanitario precedente che si pone come strumento di
governo della transizione al nuovo Sistema Sanitario Nazionale conseguente ai riordini legislativi e
istituzionali della riforma del 1978.
Nell’impostazione del Piano Sanitario mi sembra importante alcuni elementi che identificano questo cambio
di paradigma e che, tra l’altro, costituiscono la mission del movimento degli Ospedali per la promozione
della salute.
Innanzitutto, il piano si prefigge come obiettivo principale «la promozione della salute, a cui finalizzare
l’organizzazione e l’erogazione di prestazioni e servizi sanitari». Con tale affermazione di principio, poi
sostenuta da una serie di argomentazioni e di strategie pratiche, viene operato uno spostamento di enfasi dal
concetto di malattia a quello di salute, dal concetto di sanità intesa come erogazione di prestazioni tecnicoprofessionali per prevenire e curare malattie, a quello di salute intesa come stato di benessere fisico, mentale
e sociale che richiede un riorientamento del modo di operare e di strutturarsi delle organizzazioni sanitarie.
In secondo luogo, il Piano Sanitario afferma l’imprescindibilità della responsabilizzazione dei soggetti
coinvolti e della loro capacità di collaborare per l’ottenimento di risultati di salute: “la promozione della
salute non può prescindere dalla maturazione di una coscienza civile e dalla assunzione da parte di tutti i
cittadini di una responsabilità personale diretta e consapevole nei confronti del proprio benessere fisico,
psichico e sociale, in termini di diritti così come di doveri”. Altrove, viene affermata l’importanza del
rinforzo dell’autonomia decisionale degli utenti, di favorire comportamenti e stili di vita salutari e di aiutare
a convivere con la cronicità, assumendole come linee strategiche del piano.
Inoltre, il piano fa esplicito riferimento alla necessità di politiche intersettoriali per promuovere la salute, e di
un coordinamento, a livello sia governativo sia regionale e locale, che si traduca in strategie condivise per
obiettivi comuni. La promozione della salute, dunque, diventa il risultato dell’azione intersettoriale tra tutte
le componenti della società, che deve essere orientata alla creazione delle condizioni favorevoli per
permettere ai singoli e alla comunità di acquisire un maggior controllo sui fattori determinanti la salute e fare
scelte che la migliorino; un patto di solidarietà per la salute, appunto.
IL LIVELLO REGIONALE
L’influenza che il Piano sanitario nazionale e, in generale, la teorizzazione sulla promozione della salute
effettuata a livello internazionale hanno esercitato sulla programmazione regionale è evidente e degna di
nota.
Vorrei citare, a titolo di esempio, la proposta di piano sanitario 2000-2002 per la Provincia di Trento
(attualmente all’esame del Consiglio Provinciale), più vicino alla realtà in cui mi trovo ad operare: essa
individua espressamente come linea strategica volta al miglioramento dello stato di salute della popolazione
“la definizione e l’adozione sistematica e continuativa dell’approccio della promozione della salute come
principale modalità di per affrontare i problemi della salute e della malattia” e, allo stesso tempo, come una
delle 4 aree di intervento entro cui collocare gli obiettivi di programmazione. Tale area di intervento propone
l’avvio di un processo di ampia portata attraverso il quale ogni settore della comunità possa giungere ad una
18
maggiore consapevolezza dei determinanti che influenzano il proprio di salute e di controllarli; considera
fondamentale la realizzazione di alleanze virtuose con tutti i settori politico-sociali al fine di aumentare i
guadagni in salute della popolazione, nella consapevolezza che i determinanti che hanno un impatto sulla
salute sono in minima parte legati alla sfera sanitaria; infine auspica che la promozione della salute venga a
costituire una prospettiva che attraversi l’intera organizzazione e venga interiorizzata a tutti i livelli di essa.
In linea generale, una simile prospettiva viene assunta da gran parte dei recenti piani sanitari e proposte di
piano di molte realtà regionali, dando l’idea di una rinnovata sensibilità e attenzione nei confronti della
nuova prospettiva proposta dalla Carta di Ottawa e dai successivi documenti dell’OMS, e cercando di
rispondere alle ormai note e ineludibili sfide poste dal cambiamento sociale.
Al di là delle diversità nelle soluzioni organizzative proposte, mi sembra di poter individuare nei piani
sanitari che ho avuto modo di valutare una specifica attenzione ad alcuni aspetti essenziali del riorientamento
delle istituzioni sanitarie:
1. la globalità e la multidimensionalità della salute (fisica, mentale e sociale), innanzitutto, insieme alla sua
promozione come specifica tecnologia sanitaria, vengono assunte come presupposti sulla cui base orientare
gli interventi conseguenti;
2. l’equità, che viene intesa come capacità di realizzare pari opportunità di sviluppo per tutti e rappresenta
il punto di partenza per consentire a ciascuno di esprimere il proprio potenziale di salute;
3. la responsabilità collettiva della salute e la partecipazione;
4. l’intersettorialità dell’azione, la costituzione di alleanze con i diversi settori della società, vengono
indicate come strategie precise di azione, secondo un modello “a rete” in grado di connettere tutti i livelli di
governo della comunità e con il fine quello di favorire il mutamento delle condizioni sociali, culturali e
politiche che hanno un impatto sulle condizioni di salute della popolazione ma anche diffondere e creare le
condizioni per il radicamento della cultura della salute. In alcuni casi, come per la Toscana, essa viene
declinata in forme di integrazione socio-sanitaria che valorizzano la globalità della persona e rispondono in
modo mirato ai bisogni di salute di alcune fasce di popolazione; in altri casi, viene sviluppata nella forma di
integrazione ospedale-territorio e di continuità assistenziale (come nel caso dell’Emilia Romagna);
5. la ricalibrazione dei servizi in relazione ai bisogni emergenti degli individui;
6. l’empowerment per la salute, descritto come processo sociale, culturale, psicologico, educativo e politico
attraverso cui gli individui e i gruppi diventano capaci di riconoscere i propri bisogni di salute, partecipano ai
processi decisionali e realizzano specifiche azioni per soddisfare tali bisogni assumendo un maggiore potere
sui fattori personali, socio-economici e ambientali che li influenzano (il ruolo dell’educazione sanitaria, della
prevenzione, dell’informazione e della comunicazione in questo processo viene esaltato in particolare dai
piani regionali del Piemonte e della Lombardia).
CONCLUSIONI
Nell’Intesa di Sanremo, che insieme abbiamo sottoscritto al termine dei lavori della 5° Conferenza Nazionale
degli Ospedali per la promozione della salute, si legge:
“Per ottenere in modo più efficace i risultati di promozione della salute per i cittadini, il personale
ospedaliero e la Comunità servita è necessario che i principi ispiratori, i criteri, le modalità di lavoro e le
attività sviluppate dalle Reti regionali HPH entrino a pieno titolo nella programmazione sanitaria nazionale
e regionale attraverso un esplicito riconoscimento del loro ruolo nell'ambito del Piano Sanitario Nazionale,
dei Piani Sanitari Regionali e dei documenti strategici di pianificazione di ciascuna azienda sanitaria.”
Le osservazioni sui piani sanitari che vi ho presentato mi sembrano andare nella direzione che ci siamo
augurati. All’inizio di questa riflessione ci siamo chiesti se la programmazione sanitaria nazionale e
regionale attuale crei le condizioni affinché il processo di riorientamento dei servizi sanitari possa attuarsi.
Ebbene, credo a questo punto di poter rispondere affermativamente: anzi, alcuni degli elementi individuati,
come la globalità dell’approccio, la centralità della persona, l’intersettorialità dell’azione sembrano
addirittura spingere in questa direzione.
Molto ancora rimane da fare e certamente i soli piani sanitari di per sé non sono ancora sufficienti a
modificare lo status quo, ma la presenza in essi della promozione della salute sta a significare che essa non
deve essere più lasciata all’iniziativa di singoli professionisti sanitari che operano isolatamente, ma
rappresenta un dovere per ogni operatore impegnato nelle istituzioni sanitarie.
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L’OSPEDALE COMPETENTE E APERTO ALLE CULTURE DIVERSE.
MIGRANT-FRIENDLY HOSPITAL COME MODELLO PER
GLI OSPEDALI DELLA RETE ITALIANA HPH
Antonio Chiarenza
Centro di Coordinamento regionale della rete HPH dell’Emilia Romagna
Responsabile del progetto europeo MFH per l’Italia
Premessa
I migranti, le persone che attualmente vivono fuori dal proprio paese d’origine sono all’incirca 130 milioni,
pari al 3 per cento della popolazione mondiale. Questo numero potrebbe essere raddoppiato se si
includessero le seconde e le successive generazioni all’interno di questa categoria. Fra di essi vi sono almeno
22 milioni di rifugiati, vittime di un esodo forzato causato da guerre, persecuzioni etniche e da regimi
oppressivi. Molti altri fuggono dalla condizione di degrado e di povertà dal Sud del mondo alla ricerca di un
futuro migliore nel Nord ricco ed industrializzato. La disparità nella distribuzione delle ricchezze è enorme:
si pensi che il 20% della popolazione del Nord del mondo dispone di oltre l’80% delle risorse del globo. Il
fenomeno migratorio ha assunto proporzioni preoccupanti a partire dalla metà degli anni ‘70 del XX° secolo
coinvolgendo l’Italia e gli altri paesi dell’Europa Occidentale, i quali, dal canto loro, per potere continuare a
produrre e a far funzionare le proprie economie hanno sempre più bisogno di manodopera straniera.
Quanti sono gli immigrati?
L’ultima ricerca effettuata da Eurostat, l’ufficio statistico della Comunità europea, ha evidenziato che nel
2002 sono arrivati in Europa un milione di immigrati, questi nuovi arrivi rappresentano i 3/4 della crescita
complessiva della popolazione europea (+1.290.000). In Italia, in particolare, la crescita della popolazione è
stata possibile esclusivamente grazie all’immigrazione. Se analizziamo lo sviluppo demografico naturale
dell’Italia (il saldo fra nati e morti) notiamo che nel 2002 il trend è stato negativo (-0,05%), mentre la quota
di immigrati ha portato un aumento di +0,19%, 78.000 persone in più rispetto all’anno precedente. La stima
del numero attuale dei lavoratori immigrati con permesso di soggiorno in Italia è di 2.395.000, cui vanno
aggiunti gli oltre 600.000 in attesa di regolarizzazione, portando il numero complessivo di immigrati a circa
3.000.000, con un incidenza sul resto della popolazione pari al 4% (inferiore solo di un punto alla media
europea), contro i il 2,8% del 2001. Secondo le stime della Caritas (2003) il numero di immigrati regolari in
Italia alla fine del 2002 erano 800.000 in più rispetto all’anno precedente.
Il flusso migratorio sembra inarrestabile e in continuo aumento, tuttavia le preoccupazioni per le società
europee non sono dovute solo al numero crescente di immigrati, ma anche alle diverse forme di
immigrazione e alle categorie di immigrati. La situazione appare diversa da paese a paese, in Italia il
fenomeno si è sviluppato in modo imprevisto ed ha colto impreparate le autorità che non sono state in grado
fino ad oggi di sviluppare politiche chiare di integrazione e di programmazione dei flussi. Questa situazione
è una delle cause principali del fenomeno dell’immigrazione clandestina e della presenza sul territorio
nazionale di un numero consistente di irregolari, con i conseguenti problemi di ordine sociale. Oggi, in Italia
sono presenti cittadini stranieri con diverso status giuridico: lavoratori inseriti stabilmente, irregolari in attesa
di permesso di soggiorno, lavoratori stagionali, profughi e rifugiati cui è stato riconosciuto il diritto di asilo
politico appartenenti a oltre 100 nazionalità diverse.
Dall’assimilazione alla società multiculturale
Si può dire che le migrazioni hanno ormai rimescolato completamente la geografia umana dell’Europa,
viviamo di fatto in una società multietnica dove convivono gruppi di persone con esperienze, lingua e valori
non necessariamente condivisi dalle persone esterne a quei gruppi. Questa situazione rappresenta
sicuramente una preoccupazione per le società europee, tuttavia si ritiene che, oggi, il problema reale non sia
tanto se accettare o rifiutare l’immigrazione, quanto decidere in che modo gestire la società multiculturale.
La compresenza di culture diverse, non necessariamente assimilabili ai modelli di vita e ai valori del paese
ospitante (melting-pot), richiede infatti lo sviluppo di risposte adeguate e di azioni specifiche a vario livello
che coinvolgono soprattutto i servizi sociali e sanitari. Gli ospedali, in particolare, se vogliono migliorare la
20
loro capacità di rispondere in modo adeguato e competente ai bisogni di un’utenza multietnica devono
cominciare a modificare la loro “cultura”, quindi il loro modo di comunicare, di organizzare e di fornire
attività di cura e servizi equi e di qualità per i propri pazienti.
La salute degli immigrati
È ovvio che esiste un collegamento stretto fra fenomeno migratorio e salute. I rischi di salute per gli
immigrati sono legati alle condizioni di povertà sperimentate nel paese di origine, alle vicissitudini che
hanno contrassegnato il viaggio di trasferimento e infine alla situazione di emarginazione e di precarietà
vissuta nel paese d’arrivo. Lo stress, le condizioni sociali e occupazionali incidono notevolmente sul livello
di salute degli immigrati, è evidente che vivere in condizioni disagiate, sentendosi rifiutati ed emarginati
produce una miscela di instabilità, ansia, frustrazione ed angoscia. Ciò che forse è meno ovvio è che,
diversamente da quello che comunemente si pensa, l’immigrato non è tanto portatore di patologie gravi di
natura tropicale o molto diverse dalla popolazione italiana, quanto di problemi di salute dovuti alla frequente
mancanza di tutela sanitaria di base e alla possibilità di accedere a cure adeguate a causa della difficoltà di
comunicazione, scarsa conoscenza del sistema sanitario e mancanza di competenze culturali da parte del
nostro personale sanitario. Uno dei pochi rapporti di ricerca sulla salute degli immigrati in Italia (F.
Carchedi, A. Piccolini, 1997), pubblicato verso la fine degli anni novanta, conferma questa tesi, mettendo in
evidenza che i pazienti immigrati e le minoranze etniche sono colpiti da tassi più alti della norma di malattie,
disabilità e morti e tendono a ricevere livelli qualitativi di cura inferiori rispetto al resto dei pazienti.
L’impatto sugli ospedali
Le disparità sul piano della salute e dell’accesso ai servizi possono essere alleviate creando dei sistemi di
cura in grado di superare le barriere linguistiche e culturali che possono precludere attività diagnostiche,
terapeutiche e di follow-up appropriate. Questa necessità risulta, oggi, essere particolarmente urgente per gli
ospedali che rappresentano il primo punto di accesso alle cure sanitarie da parte degli immigrati. Quando i
pazienti non capiscono ciò che gli operatori sanitari gli dicono e gli operatori non comprendono o sono
insensibili alle differenze culturali è, in primo luogo, la qualità delle cure ad essere compromessa. La
crescente diversità culturale della utenza pone, quindi, nuove sfide ai servizi sanitari, ma al tempo stesso
rappresenta un’opportunità per migliorare la qualità generale dei servizi e l’orientamento al paziente.
L’attenzione al paziente immigrato, infatti, va intesa come parte integrante del sistema della qualità poiché lo
scopo di rendere i servizi sanitari “culturalmente competenti” vuol dire innanzitutto aumentare l’efficacia e
la sicurezza delle cure e dell’assistenza, accrescere la soddisfazione del paziente e migliorare i risultati di
salute.
Il progetto europeo “Migrant-friendly Hospitals”
Si deve accettare l’idea che l’utenza degli ospedali non è più, se mai lo è stata, un’utenza omogenea essendo
ormai caratterizzata in modo sempre più crescente da pazienti appartenenti a diversi tipi di minoranze
etniche. Questa situazione pone gli ospedali davanti a nuove sfide:
1. Come organizzare ed erogare i propri servizi per una varietà di pazienti con differenti background
etnici e culturali e che parlano lingue diverse in modo da garantire a tutti un accesso e un trattamento
equo?
2. Come rispondere in modo appropriato ai bisogni specifici di cura e di assistenza di un’utenza
multiculturale che ha differenti concezioni di salute, di percezione della malattia, di aspettative di
cura, e specifici problemi di salute?
Il progetto europeo Migrant-friendly Hospitals si propone di rispondere a queste priorità mediante
l’implementazione e la verifica di una duplice strategia che è tipica della cultura HPH:
1. Migliorare l’organizzazione generale dei servizi ospedalieri per questi gruppi di pazienti:
• Mediante interventi specifici finalizzati a migliorare la qualità dei servizi e rendere il setting
ospedaliero “culturalmente competente” verso gli immigrati.
2. Rafforzare il ruolo degli ospedali nella promozione della salute e la relativa conoscenza e competenza
degli immigrati (health literacy) e delle minoranze etniche mediante misure efficaci di empowerment:
• Per migliorare l’accesso e l’utilizzo appropriato dei servizi;
21
•
•
Per accrescere la collaborazione efficace fra pazienti immigrati e il personale sanitario nella
gestione delle malattie acute e croniche;
Per favorire l’adozione di stili di vita sani.
Questi obiettivi sono affrontati attraverso la realizzazione di una Rete di Ospedali europei coinvolti in un
progetto di benchmarking, all’interno di un quadro programmatico sviluppato a livello europeo e coordinato
dall’Istituto Boltzmann dell’Università di Vienna. Ogni ospedale pilota aderente al progetto ha il compito di
attivare e valutare un processo generale di sviluppo organizzativo finalizzato a realizzare una struttura e una
cultura che lo renda accogliente e competente nei confronti degli immigrati e parallelamente di implementare
e valutare da 1 a 3 interventi basati su prove d’efficacia con cui affrontare specifici aspetti dei bisogni di
salute degli immigrati.
Generale sviluppo organizzativo dell’ospedale
Ciascun ospedale ha creato al suo interno una struttura specifica di conduzione e gestione del progetto allo
scopo di favorire l’inserimento del processo di cambiamento organizzativo all’interno del sistema di garanzia
della qualità dell’ospedale. Questa parte del progetto si propone di rendere i servizi e le strutture esistenti
maggiormente sensibili alle esigenze dei pazienti che hanno un diverso background etnico o culturale
intervenendo in tutti i processi fondamentali dell’ospedale creando:
1.
Specifiche attività e servizi
• Risorse generali per facilitare la comunicazione e il fluire delle informazioni, confort e
accoglienza, servizi alberghieri
2.
Specifiche procedure
• Programmi volti a migliorare l’accesso alle strutture, a garantire l’utilizzo adeguato dei servizi e
la continuità delle cure
3.
Specifiche infrastrutture di supporto:
• Sistema qualità, formazione del personale, assunzione di personale straniero
Interventi basati su prove d’efficacia
Dall’analisi comparata dei bisogni espressi dai pazienti immigrati e dal personale sanitario dei 12 ospedali
europei aderenti al progetto sono state individuate tre aree prioritarie su cui intervenire con azioni specifiche:
1.
L’area della comunicazione e della mediazione linguistica
2.
L’area dell’empowerment e della health literacy
3.
L’area della competenza culturale
Comunicare in modo appropriato
La comunicazione gioca più di ogni altra cosa un ruolo cruciale nell’erogazione di prestazioni sanitarie.
Barriere di tipo linguistico non solo producono effetti avversi sull’accessibilità e sull’uso dei servizi, ma
anche sulla qualità delle cure, sulla soddisfazione del paziente e sui risultati di salute. La mancanza di una
lingua comune fra paziente e operatore sanitario può portare a errori di tipo diagnostico e a trattamenti
inappropriati. Per questo motivo gli ospedali europei hanno deciso di affrontare questa priorità con un sottoprogetto specifico finalizzato a migliorare la comunicazione clinica fra paziente immigrato e personale
sanitario implementando e valutando l’efficacia di servizi specifici di mediazione linguistica.
Empowerment del paziente
Il coinvolgimento dei pazienti e delle comunità immigrate è un passo fondamentale e necessario per
identificare gli ostacoli, le potenzialità, le risorse relative ad una utenza multietnica. Incoraggiare la
partecipazione dei pazienti e delle comunità significa fare in modo che essi giochino un ruolo attivo nel
valutare i bisogni e nello sviluppare, implementare e valutare programmi di promozione della salute e di
miglioramento dei servizi. Mentre la comunicazione rappresenta un’area prioritaria d’intervento per superare
le barriere linguistiche e la comprensione culturale un passo importante per andare incontro ai bisogni della
popolazione immigrata, l’empowerment ci consente di fare un ulteriore passo avanti, nella direzione del
miglioramento della “health literacy” del paziente immigrato. Lo scopo è di rendere i pazienti più autonomi e
di metterli in grado di utilizzare in modo appropriato i servizi, di partecipare attivamente ai processi di cura,
di gestire in modo adeguato la propria malattia e di condurre stili di vita sani. All’interno di quest’area
prioritaria gli ospedali pilota hanno deciso di intervenire con un secondo sotto-progetto finalizzato a
migliorare la gestione di specifiche situazioni di salute implementando e valutando interventi di
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empowerment rivolti alle donne immigrate con particolare attenzione alla salute della madre e del bambino
nel periodo post-natale.
Sviluppare competenze culturali
La cultura e l’etnia di appartenenza creano specifici modelli di credenze e di percezioni sul significato di
salute e di malattia che influenzano il modo in cui i sintomi vengono riconosciuti e interpretati ed hanno un
impatto diretto sui tempi e le modalità d’accesso ai servizi sanitari. Acquisire competenze culturali significa
avere la capacità di agire efficacemente come professionista e come organizzazione all’interno di un contesto
di credenze, comportamenti e bisogni presentati dagli utenti stranieri e dalle loro comunità. Ciò significa, da
un lato, essere in grado di rispondere in modo appropriato e non discriminatorio ai bisogni dei pazienti
immigrati e, dall’altro, contribuire a garantire l’efficacia e l’efficienza delle cure, riducendo il numero di
errori clinici, di esami diagnostici non necessari e l’uso improprio dei servizi. Un ospedale competente e
aperto alle diversità culturali dovrebbe possedere una miscela appropriata della seguenti caratteristiche:
1.
Avere un personale che rispecchi la composizione etnica della comunità servita;
2.
Servirsi di un servizio di interpretariato linguistico;
3.
Formare e sensibilizzare il proprio personale sulle culture della popolazione servita;
4.
Predisporre segnaletica e materiale informativo nelle diverse lingue;
5.
Creare degli ambienti adeguati
All’interno di questa area problematica si è scelto di intervenire con un terzo sotto-progetto specifico
finalizzato a migliorare la consapevolezza, la conoscenza e la sensibilità del personale ospedaliero mediante
l’individuazione e la valutazione di specifici percorsi formativi.
La realizzazione dei tre sotto-progetti si avvale di un lavoro preliminare di revisione della letteratura (A.
Bischoff, 2003) finalizzato ad individuare dei modelli di buone pratiche ed è sostenuta dal supporto di esperti
che insieme al coordinatore europeo accompagnano l’attività di analisi, di confronto e di implementazione e
valutazione degli interventi individuati. I risultati delle sperimentazioni e gli esiti del processo di sviluppo
organizzativo complessivo verranno presentati alla Conferenza finale che si terrà ad Amsterdam nei giorni 911 dicembre 2004 sotto forma di raccomandazioni nazionali e per la Comunità europea.
Perché “Migrant-friendly Hospital”
Infine vorrei focalizzare l’attenzione sul concetto stesso di “Migrant-friendly”, che forse ha bisogno di alcuni
chiarimenti, per l’altro richiesti in maniera più o meno esplicita, sia nell’ambito della rete HPH italiana sia
nell’ambito del gruppo europeo. Il termine “MF” (migrant-friendly/migrant-friendliness) è utilizzato come
etichetta generale per definire la “diversità culturale” (migrant) e i servizi “culturalmente adeguati” (migrantfriendly). Letteralmente il termine “friendly” vuol dire “amichevole”, ma quando questa parola è associata
ad un’altra (es. user-friendly) il suo significato cambia e diventa: “adeguato”, “adatto”, “appropriato” a
qualcuno/qualcosa. Quindi l’espressione “migrant-friendly” si riferisce a qualcuno/qualcosa che è “adeguato
ai migranti”, di conseguenza MFH significa “ospedale adeguato ai migranti”. In realtà, MFH ha un
significato ancora più elaborato, che per essere compreso appieno ha bisogno che venga prima chiarito chi è
un “migrante” e poi rispondere alle domande cosa vuol dire “essere migrant-friendly” ed “essere un ospedale
migrant-friendly”. Per fare questo mi servirò in modo esplicito del materiale prodotto dal gruppo di
coordinamento europeo, riadattandolo comunque alle esigenze del mio discorso (J. Pelikan, K. Krajic,
B.Schulze, U. Trummer, 2002; 2003).
Chi è un “migrante”?
1. Il migrante è una persona appartenente a un gruppo di minoranza che vive all’interno di una
popolazione di maggioranza (più o meno omogenea) che domina la realtà sociale e culturale;
2. Lo status di gruppo di minoranza è determinato dalle differenze che vi possono essere: di etnia, di
lingua, di religione, di background storico e culturale,... – oppure dalle differenze nel possesso di
“competenze” e di “competenze connesse alla salute” (health literacy);
3. I migranti sono persone che potrebbero essere soggette a pregiudizi; o che potrebbero sentirsi “fuori
luogo”, come stranieri; e/o essere visti dall’ambiente sociale come stranieri;
4. Lo status di migrante è qui inteso come risultato di un processo migratorio abbastanza recente;
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Intendiamo, quindi, per “migranti” dei gruppi eterogenei di persone con differenti background etnici e
culturali, differenti status giuridici e differenti prospettive: lavoratori immigrati, irregolari, rifugiati, chiedenti
asilo, minoranze inserite stabilmente.
Cosa vuol dire “essere migrant-friendly”?
1. Accettare le persone con differenti background etnici e culturali innanzitutto come uguali componenti
della nostra società. - principio di eguaglianza formale
2. Essere attenti e sensibili ai bisogni di una popolazione con background diversi e allo sviluppo di servizi
che tengano conto di quei bisogni specifici connessi ai diversi background – principio di eguaglianza
sostanziale.
3. Riequilibrare le disparità (attraverso misure di empowerment) per quelle particolari differenze che
impediscono l’accesso e l’utilizzo equo dei servizi e ostacolano la partecipazione e l’integrazione – principio
della pari opportunità.
Quindi, “essere migrant-friendly” vuol dire qualcosa di più che “essere adeguato ai migranti”, vuol dire
riconoscere ai diversi gruppi di migranti e alle minoranze etniche pari dignità sociale (eguaglianza formale) e
in più il diritto che venga fatto qualcosa per rimuovere i possibili ostacoli che limitano la loro eguaglianza
(eguaglianza sostanziale) affinché abbiano le medesime opportunità degli altri cittadini.
Cosa vuol dire essere un “ospedale migrant friendly”?
1. Includere i principi che descrivono l’essere “migrant friendly” come parte fondamentale della politica
della qualità dell’ospedale;
2. Essere attento e sensibile nel rispondere ai bisogni di un utenza con background culturali ed etnici
differenziati;
3. Sviluppare competenze e capacità relazionali del sistema e degli operatori nei confronti delle preferenze e
delle aspettative dei pazienti e delle comunità di immigrati.
In definitiva, essere un “ospedale migrant-friendly” vuol dire soprattutto riconoscere la centralità della
persona, qualsiasi sia la sua appartenenza etnica, culturale e sociale. Ciò significa, da una parte, essere aperto
e rispondente alle differenze culturali garantendo a tutti eguale trattamento e pari opportunità e, dall’altra,
migliorare la qualità dei servizi creando un setting ospedaliero “culturalmente competente e sensibile” verso
i gruppi di migranti e di minoranza. In sintesi potremmo definirlo “un ospedale competente e aperto alle
diversità culturali”
Conclusioni
Vorrei concludere con un consiglio, che ritengo utile per quei colleghi ed organizzazioni che cominciano ora
ad occuparsi di interculturalità nei servizi sanitari. Chi si accinge a lavorare al miglioramento dei servizi
ospedalieri per un’utenza multietnica dovrebbe, a mio avviso, assumere sin dall’inizio un approccio globale e
strutturato al problema, e non accontentarsi di intervenire con soluzioni circoscritte volte a far fronte alle
emergenze. In questo senso, il modello proposto dal progetto europeo potrebbe essere di aiuto, in ogni caso è
consigliabile seguire un metodo che, da una parte, consenta di monitorare e valutare un processo di sviluppo
globale e, dall’altro, di individuare le priorità su cui intervenire con azioni specifiche efficaci. Da dove
cominciare? Concordo con l’autore della rassegna dei modelli di buone pratiche in letteratura (A. Bischoff,
2003) quando afferma che l’area della comunicazione è senza dubbio quella che necessità di interventi
prioritari, non solo perché l’introduzione di servizi di mediazione linguistica e di interpretariato produce
miglioramenti immediati, ma anche perché è la “condicio sine qua non” per l’attivazione di interventi
efficaci di empowerment, di sviluppo delle competenze culturali e di educazione del paziente.
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24
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25
OSPEDALE SENZA DOLORE. L'ESPERIENZA HPH VENETA E PROSPETTIVE IN ITALIA
Marco Visentin, U.O. Terapia del Dolore ULSS n.6 Vicenza, Rete HPH del Veneto, Responsabile
Regionale del Progetto
Simone Tasso, Direzione Medica Presidio Ospedaliero di Castelfranco Veneto ULSS n.8, Coordinatore
Rete Veneta HPH
Introduzione
Il miglioramento del trattamento del dolore è una tematica divenuta particolarmente importante da quando
vari studi (1,2,3) hanno messo in evidenza che il controllo del dolore è scarso nei pazienti ospedalieri, con
una percentuale di ricoverati con dolore che varia, a seconda dello studio, tra il 43 e 91 %.
Questa constatazione ha determinato l'elaborazione di standard e Progetti volti al miglioramento
dell'approccio a tale problema.
Questi dati hanno fatto riflettere soprattutto alla luce della affermazione dell'OMS che circa il 90 % del
dolore dei ricoverati è efficacemente trattabile .
Risalgono all'inizio degli anni novanta gli standard pubblicati dall'American Pain Society che sottolineavano
la necessità di:
•
riconoscere e trattare il dolore prontamente
•
diffondere le informazioni sull'uso degli analgesici
•
informare i pazienti sull'importanza e sulla possibilità di trattare il dolore.
Da allora Progetti con questa finalità sono stati intrapresi in diverse strutture ospedaliere, soprattutto
americane.
Nel 1992 presso l'ospedale St- Luc di Montreal (Canada) fu avviato un Progetto innovativo, finalizzato a
modificare le attitudini e il comportamento dei professionisti sanitari e nello stesso tempo dei malati
ricoverati (3). Questo progetto, denominato "verso un ospedale senza dolore", ha ricevuto l'appoggio
ufficiale della divisione panamericana dell'OMS e, dopo essere stato condotto all'ospedale di Montreal, è
stato "esportato" in altri Paesi: attualmente è in corso di realizzazione in Francia, Svizzera, Belgio, Spagna,
Stati Uniti ed in Italia, con la coordinazione dall'associazione internazionale "Ensemble contre la douleur"
(www.sans-douleur.ch).
In Italia tale progetto è stato condotto per la prima volta presso l'ospedale di Vicenza nel 1998 (4,5,6) . Nel
corso dell'anno 2000 si è costituito un gruppo di altri venti ospedali, situati in diverse regioni, che hanno
condotto la fase iniziale del progetto, consistente nelle rilevazioni di base e nella sensibilizzazione della
cittadinanza e degli operatori sanitari. Si è trattato della prima indagine multicentrica che rappresentava, pur
con limiti numerici, l'intero territorio nazionale. I dati ottenuti hanno tratteggiato un quadro di prevalenza
sorprendentemente elevata (91%) e di non ottimale terapia del dolore. In particolare è stato dimostrato che il
mancato trattamento analgesico provoca una frequenza molto elevata (46%) di dolore intenso. Inoltre si
evidenzia come la terapia del dolore non segua regole razionali, che pure sono state codificate in modo
semplice e lineare da alcuni decenni (OMS).
Rete HPH e "Ospedale senza Dolore"
Nell'ambito della Rete HPH il corretto trattamento del dolore è considerato un intervento di primaria
importanza per promuovere il benessere dei ricoverati.
L'interesse per l'argomento è presente sia a livello di singoli ospedali sia a livello di coordinamento HPH ed è
testimoniato dal fatto che numerosi sono gli ospedali che spontaneamente (ma talora anche con un
coordinamento regionale) hanno iniziato un Progetto contro il Dolore.
Inoltre vi è una sensibilità internazionale e nazionale al problema, testimoniata dal fatto che proprio ai
Progetti sul dolore è stato dato spazio in sessioni parallele in varie Conferenze sia nazionali che
internazionali HPH (Bratislava 2002, Castelfranco 2002, Firenze 2003).
Affrontare appropriatamente questo argomento significa mettere in moto le azioni previste dalla Carta di
Ottawa, perché proprio su questo argomento è importante "cambiare una cultura" che troppo spesso affronta
il dolore con un atteggiamento fatalistico, considerandolo per lo più come un fatto ineluttabile, come parte
integrante ed inevitabile della malattia.
Si tratta, come suggerisce la Dichiarazione di Budapest, di agire con azioni multisettoriali sul personale, sui
pazienti, sulla comunità.
26
I professionisti sanitari, ad esempio, mostrano spesso importanti carenze riguardo al dolore, al suo
trattamento e non lo considerano una priorità nella pratica medica attuale:
• È sempre forte la convinzione che l'unico compito della medicina sia quello di guarire le malattie
• Il dolore viene considerato solo come un sintomo, che è pericoloso occultare
• Se un dolore non dipende da una causa evidente, non ci si sforza di comprenderlo, ma piuttosto lo si
ignora.
Gli ostacoli non vengono solo da parte dei professionisti ma anche dai pazienti stessi. Da un'inchiesta
condotta presso l'ospedale S. Bortolo di Vicenza sulle convinzioni inadeguate dei malati riguardo al dolore è
risultato che:
il 46% dei pazienti temeva gli effetti collaterali dei farmaci analgesici
il 38% temeva di diventare tossicodipendente
un altro 38% temeva di disturbare lo staff riferendo il proprio dolore
il 16% desiderava mostrarsi stoico
E' naturale che con questi presupposti sia necessario intervenire anche sulla comunità per sensibilizzarla sul
problema e cambiarne credenze ed atteggiamenti.
L'esperienza della Rete Veneta HPH : il Progetto "Ospedale e Territorio senza Dolore"
L'esperienza HPH del Veneto è partita da questi presupposti, cercando di creare un Progetto che tenesse
conto delle Linee Guida Nazionali (7) e Regionali (8), della esperienza maturata dai colleghi che avevano
lavorato per la fase nazionale dei Progetto "Ensemble contre la douleur", dei fondamenti della promozione
della salute descritti nella Carta di Ottawa e nella Dichiarazione di Budapest.
Il primo passo del Progetto è stata uno studio policentrico condotto negli ospedali di 6 aziende sanitarie del
Veneto (ULSS n.1 Belluno, ULSS n.8 Asolo, ULSS n.16 di Padova, ULSSn.17 Este, ULSS n.18 Rovigo,
ULSS n.21 Legnago). Lo studio ha coinvolto complessivamente 1325 ricoverati (alcuni anche in
ospedalizzazione domiciliare) ed ha avuto fondamentalmente ì seguenti principali obiettivi:
1) Misurare la prevalenza e l'intensità del dolore che i pazienti dichiaravano di percepire ;
2) Misurare l'idea di dolore che, su tali pazienti, veniva registrata dagli operatori sanitari ;
3) Confrontare le due misurazioni, così da valutarne il grado di concordanza;
4) Valutare le conoscenze e gli atteggiamenti nei confronti del dolore da parte degli operatori sanitari (medici
ed infermieri).
Lo studio si è tenuto nell'ultimo trimestre del 2002 ed ha coinvolto, oltre ai suddetti pazienti anche 1636
operatori sanitari cui sono stati somministrati altrettanti questionari sulle conoscenze e sugli atteggiamenti
nei confronti del dolore.
I principali risultati possono essere così riassunti: prevalenza dei dolore tra i ricoverati pari a 51,5% con
valore medio del dolore pari a 2,50 (deviazione standard = 3,09) utilizzando la Numerical Rating Scale
(NRS) , una scala che prevede 11 livelli di intensità'dolorifica che vanno da 0 (assenza di dolore) a 10
(dolore massimo).
Il grado di concordanza tra dolore percepito dal paziente e dolore rilevato dall'operatore è stato calcolato
mediante coefficiente K di Cohen che tiene conto anche della concordanza casuale. La K di Cohen è risultata
0,3746: valori di questo parametro inferiori a 0,4 significano scarso grado di concordanza. I suddetti
questionari sulle conoscenze e atteggiamenti riguardanti al dolore hanno presentato una percentuale di
risposte esatte pari 51,2 % con un intervallo di confidenza (95%) compreso tra 50,5 % e 51,9%.
Contemporaneamente a questo studio policentrico si è svolta nelle aziende una azione di sensibilizzazione
della comunità sull'argomento: agli ingressi degli ospedali sono stati allestiti stand dove personale
appositamente istruito illustrava il Progetto ai passanti e consegnava materiale informativo. Al tempo stesso,
nella maggior parte delle aziende, sono stati predisposti comunicati stampa che hanno portato alla
pubblicazione di articoli sui quotidiani locali. Particolare attenzione è stata posta anche alla pubblicazione di
notizie sul giornali delle ULSS.
Sono state realizzate anche azioni rivolte al personale sanitario: il suddetto questionario cui hanno risposto
i 1636 operatori oltre che avere un significato di tipo "conoscitivo-osservazionale" è stato promosso anche
con l'intento di sensibilizzare gli operatori sull'argomento.
Per facilitare la realizzazione del Progetto e creare sinergie aziendali una delle prime azioni del
Coordinamento Regionale è stata quella di proporre la costituzione di Gruppi di Lavoro Aziendali HPH
(con un referente aziendale) che dovrebbero coincidere con i Comitati Aziendali per il Dolore previsti dalla
normativa vigente.
Questo, a grandi linee, quanto finora svolto. Le azioni previste per il prossimo sviluppo del Progetto sono: 1)
la realizzazione di corsi per il personale con l'obiettivo di formare operatori alla routinaria rilevazione del
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dolore in certe categorie di pazienti ospedalieri; 2) definizione dei criteri che individuano i pazienti su cui
effettuare routinariamente la rilevazione; 3) ripetizione dello studio osservazionale per valutare l'andamento
dei parametri analizzati nello studio iniziale.
Prospettive Future
Al di la della esperienza Veneta è da riconoscere che numerose e valide sono le esperienze sull'argomento da
parte di Ospedali della Rete HPH Italiana (9,10,11), presentate anche a livello internazionale (12,13,14,15).
Forse i tempi sono maturi per intraprendere se non un vero e proprio un Progetto Italiano HPH almeno azioni
comuni tra le diverse Reti HPH.
Bibliografia
1. Donovan M, Dillon P, McGuire L, Incidence and characteristics of pain in a sample of medical surgical
inpatients, Pain 1987 Jul ; 30 (1) : 69-78
2. Abbott FV et al, The prevance of pain in hospitalized patients and resolution over six month, Pain 1992
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3. Besner G, Rapin CH, The hospital creating a pain free enviroment : a program to improve pain control in
hospitalized patients, J Palliat Care 1993 Spring; 9 (1) :51-52.
4. Visentin M, Verso un Ospedale senza Dolore, Recenti Prog. Med 1999 Giugno ; 90 (6):321-4.
5. Visentin M, Trentin L, de Marco R, Zanolin E, Knowledge and attitudes of Italian Medical Staff towards
the approach and tratment of patients in pain, J Pain Symptom Manage 2001 Nov; 22(1):925-930
6. Trentin L, Visentin M, de Marco R, Zanolin E, Prevalence of pain in a public Hospital: correlation
between patients and caregivers, J Headache Pain 2001; 2: 73-78.
7. Linee Guida per la Realizzazione per un Ospedale senza Dolore del 24.5.2001. Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana del 29.6.2001, Serie Generale n. 149.
8. Delibera Giunta Regionale Veneta n. 309 del 14.2.2003 Documento di indirizzo e coordinamento alle
Aziende socio-saniatarie denominato "contro il dolore".
9. Zucco F, Sottili S, Jacquot L et al : Ospedale senza Dolore : la Rete Lombarda per sviluppare e
valorizzare i Progetti Aziendali. Atti 6° Conferenza Nazionale HPH: 55-57; Castelfranco Veneto 25-26
Novembre 2002.
10. Messeri A, Morello Marchese P: Progetto Ospedale senza Dolore nella Rete Toscana : stato di
avanzamento ad un anno dì attività. Atti 6° Conferenza Nazionale HPH: 57-58; Castelfranco Veneto 25-26
Novembre 2002.
11. Visentin M, Tasso S: Ospedale e Territorio contro il Dolore : il Progetto delle Aziende della Rete Veneta
HPH. Atti 6° Conferenza Nazionale HPH: 59-60; Castelfranco Veneto 25-26 Novembre 2002.
12. Visentin M, Trentin L, Selle V et al : Towards a pain free hospital; Abstract Book 10th International
Conference on HPH : 38; Bratislava, May 15-17, 2002.
13. Messeri A, Morello Marchese P: Pain-Free Hospital: Tuscany Experience, Abstract Book 11°
International Conference on HPH : 60-61; Florence, May 18-20, 2003.
14. Zucco F, Sottili S, Ripamonti C et al: Pain-Free Hospital: an advanced HPH Project in Regione
Lombardia Abstract Book 11th International Conference on HPH : 61; Florence, May 18-20, 2003.
15. Costantin M, Viterbori P, Flego G, Prevance of pain in Italian hospitals : results of a regional crosssectional survey, J Pain Symptom Manage 2002 Mar; 23 (3) :221-230.
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HPH COME STRUMENTO DI EQUITA’ E QUALITA’.
IL RUOLO DELLA REGIONE PIEMONTE
Luigi Robino
Direttore Controllo Attività Sanitarie – Assessorato alla Sanità – Regione Piemonte
L’ ospedale, come dice il termine stesso, è il luogo per eccellenza di ospitalità, di accoglienza. Ben prima che
il progresso scientifico mettesse a disposizione strumenti efficaci per la cura delle malattie, in tutta Europa
erano sorti i grandi ospedali che in gran parte ancora oggi sono pienamente funzionanti. Molti sono nati per
dare accoglienza ai pellegrini che lungo la via Francigena, la via romea, il Camino de Compostela, la via
Appia Traiana per Gerusalemme, la via Santa dei Longobardi, la via Lattea, si recavano ai santuari maggiori,
Roma, Santiago de Compostela, Gerusalemme, Monte Sant’Angelo, ed erano gestiti da specifici ordini
ospedalieri, di San Giovanni di Gerusalemme, del Tempio, del Tau di Altopascio, Antoniano di Vienne,
dell’Ordine di Santiago per citare solo i più famosi. Queste grandi case di accoglienza, col tramonto dei
grandi pellegrinaggi furono destinati a ospitare malati poveri in epoche in cui nessun ricco si sarebbe mai
fatto ricoverare in ospedale.
Con il progresso della medicina scientifica, delle tecniche diagnostiche strumentali e della chirurgia,
l’ospedale divenne il luogo in cui era possibile formulare diagnosi e fornire cure non eseguibili a domicilio
del malato , disponendo della strumentazione necessaria, di svariate e specifiche competenze e di un numero
sufficiente di medici ed infermieri per garantire la continuità delle cure e gli interventi di emergenza.
Se all’origine all’ospedale si chiedeva di essere accogliente verso i pellegrini e poi di offrire assistenza ai
malati con personale che improntava la propria opera all’amore, nel XIX e nel XX secolo sempre più si
chiese all’ospedale efficienza, efficacia ed economicità dei servizi in rapporto ai primi due elementi.
L’ospedale non è qualcosa di statico, di morto, ma è vivo e dinamico. Nei secoli si è adattato a diverse
esigenze: sarebbe grave errore pensare che la sua evoluzione si debba arrestare solo perché si sono raggiunti
livelli tecnologici elevati. Non deve perciò stupire che l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia sentito
il bisogno di “rifondare” gli ospedali, creando la rete degli Ospedali che promuovono la salute, rete alla quale
la regione Piemonte, molto attenta ai bisogni dei suoi cittadini, è stata fra le prime ad aderire in Europa.
L’Ospedale si è proposto nei secoli di offrire un tetto e un piatto di minestra ai pellegrini, un letto e
l’assistenza ai malati poveri, le diagnosi e la cura delle malattie. Oggi si propone di produrre salute nella
comunità in cui è collocato, salute per chi vi si rivolge spinto dalla malattia, per chi in esso svolge la propria
opera, per tutti coloro che vivono nel territorio su cui l’ospedale insiste. Ed è giusto che sia così perché si è
compreso che salute non è mancanza di malattia, ma è benessere fisico, psichico sociale e spirituale.
Il cambiamento culturale essenziale che è alla base da un lato della creazione della rete degli ospedali che
promuovono la salute e dall’altra della moderna visione della sanità è lo spostamento dell’attenzione
dall’erogatore del servizio alla persona sia che essa usufruisca attualmente del servizio, sia che essa possa
esserne un potenziale fruitore in futuro, sia ancora che essa operi e viva nell’ospedale o nel territorio in cui
l’ospedale stesso è collocato e nella quale l’ospedale esercita la sua funzione di promozione e tutela della
salute. In altre parole il concetto che per molti secoli è stato alla base del funzionamento degli ospedali,
quello di essere autocentrato come espressione in passato della benevolenza o della carità di chi lo gestiva o
di chi in esso operava e più recentemente della capacità professionale del personale ad ogni livello, è stato
finalmente sostituito da quello di essere centrato sulla persona della quale è necessario riconoscere i bisogni
e i desideri per cercare di soddisfarli, ma della quale occorre soprattutto tutelare e pienamente realizzare il
valore riconoscendole un ruolo attivo nella produzione del proprio benessere fisico, psichico, sociale e
spirituale.
Oggi un ospedale è ancora valutato in base ai criteri di efficienza, efficacia e produttività, al massimo con
una certa attenzione al bilancio costo/benefici dei servizi offerti in conseguenza dell’introduzione dei budget,
dei Centri di costo e dei DRG. Il guadagno di salute della persona non è considerato.
Orgoglio intellettuale dei medici, prestigio professionale, necessità di essere sempre all’avanguardia sia in
campo di ricerca che di diagnostica e terapia guidano l’operare degli ospedali spesso senza chiedersi quale
sia il reale beneficio per il paziente. Non sempre la guarigione della malattia significa benessere del paziente,
della sua famiglia, della comunità, non sempre tale risultato giustifica l’impiego di risorse che
necessariamente vengono sottratte ad altri impieghi forse meno gratificanti, ma in definitiva più vantaggiosi
29
per la comunità. Occorre ricordare che non è la malattia il target delle cure, ma lo è la persona che dalla
malattia è affetta. Che l’obiettivo non è una persona libera dalla malattia, ma una persona sana.
Non per nulla il Ministro Sirchia ha deciso di recepire il cambiamento culturale auspicato dall’OMS
cambiando la denominazione del suo ministero da quello della Sanità a quello della Salute.
Il decentramento delle competenze in campo di assistenza sanitaria dallo Stato alle Regioni ha fatto di queste
le protagoniste delle azioni attraverso le quali il cambiamento culturale promosso dall’OMS si realizza.
La Regione Piemonte è stata molto attenta nel recepire il messaggio della rete OMS degli Ospedali per la
promozione della Salute, aderendo, seconda regione italiana, alla rete stessa sin dal 1998 e affidando alla
sezione piemontese della Confederazione per la Promozione della Salute e l’Educazione Sanitaria (CIPES
Piemonte) il coordinamento della rete piemontese. Gli ospedali che aderiscono formalmente alla rete con la
sottoscrizione da parte del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria locale o dell’Azienda ospedaliera del
protocollo d’intesa con l’Ufficio Europeo dell’ OMS per i servizi sanitari integrati si impegnano a realizzare
almeno tre progetti nello spazio di cinque anni individuando come destinatari di questi l’organizzazione, gli
utenti, il personale e la comunità. In forza dei propri compiti istituzionali la Regione è stata molto attenta a
promuovere l’equità e la qualità degli Ospedali. Nella visione centrata sulla persona, equità significa offrire a
tutti le stesse possibilità di diagnosi, assistenza e cura indipendentemente dalla loro sede di residenza, che
non significa che tutti gli ospedali debbano fare le stesse cose, ma che in tutti vengano garantite la stessa
attenzione per la correttezza della gestione, il benessere e la sicurezza del personale, il benessere dei pazienti,
il sostegno dei famigliari l’integrazione fra attività ospedaliere e di medicina del territorio, riconoscendo la
specificità degli Ospedali con più elevata qualificazione e specializzazione l’accessibilità ai quali deve essere
garantita a tutti i pazienti che ne necessitano; qualità significa che i servizi offerti rispondano pienamente in
ogni sede agli standard che a livello internazionale sono stati individuati.
Non a caso l’ufficio Europeo dell’OMS che gestisce la rete degli ospedali per la promozione della salute è
quello per i servizi sanitari integrati che ha sede a Barcellona e che è diretto dalla Dr.ssa Milagros Garcia
Barbero. Il superamento della visione ospedalocentrica a favore di quella centrata sulla persona comporta la
necessità di una integrazione di tutte le attività sanitarie indipendentemente dalla sede in cui esse vengono
esercitate e la Regione Piemonte ha adottato come uno dei 4 progetti regionali a cui molte Aziende Sanitarie
e Aziende Ospedaliere collaborano quello dell’integrazione ospedale-territorio in modo da garantire la
continuità delle cure a tutti i pazienti. Ma la visione della salute come benessere non solo fisico ma anche
sociale della persona e l'osservazione che i problemi di ordine sociale sono una delle cause maggiori di
malattie richiedono ora di fare un passo in avanti e includere l’integrazione socio-sanitaria nei programmi
degli Ospedali per la promozione della salute , come ha già fatto la rete lombarda e come la Regione
Piemonte ha iniziato a fare promuovendo riunioni congiunte degli Enti gestori dei servizi socio-assistenziali
coordinati dall’Assessorato Regionale alle Politiche sociali con i Direttori dell’Assessorato alla sanità e coi
dirigenti dell’associazione dei medici di famiglia.
Va osservato che la povertà e la mancata istruzione e informazione occupano i primi due posti nella scala dei
determinanti della cattiva salute. Nonostante il budget maggiore venga oggi investito nelle cure sanitarie
queste occupano solo il decimo posto fra i determinanti della salute. E’ evidente la necessità di ripensare
l’intero capitolo dei servizi alla persona e l’ospedale, mantenendo il suo ruolo di riferimento dell’intero
sistema sanitario, deve farsi attento anche a problemi che in passato sono stati trascurati non ultimo quello di
richiedere a chi in esso opera di non considerare esaurita la propria azione al momento della dimissione del
paziente, ma di curare che venga stabilito un dialogo personale col medico di famiglia che dovrà continuare
le cure evitando di ricorrere alla burocratica lettera di dimissione che non solo non consente dialogo e ricerca
comune del bene del paziente, ma spesso non rappresenta neppure una efficace strumento di comunicazione
in quanto si limita generalmente a fornire istruzioni per la gestione della malattia, ma non esamina i problemi
del singolo malato che il medico di famiglia conosce ben meglio, né quelli assistenziali legati alla situazione
famigliare e sociale che il medico ospedaliero ignora del tutto. Il coinvolgimento dell’ assistente sociale che
opera nell’ospedale oggi si limita, nella migliore delle ipotesi, a trovare una sistemazione in struttura per
l’anziano non autosufficiente al momento della dimissione mentre sarebbe opportuno un maggiore
coinvolgimento nella valutazione dei bisogni sociali del malato, anche durante la degenza, anche per i
pazienti giovani, che magari hanno problemi per la gestione dei propri figli minori e per il lavoro.
Da tutto ciò appare chiaro il ruolo che la Regione Piemonte può giocare per fare della rete degli Ospedali per
la promozione della Salute uno strumento efficace per creare benessere in tutto il territorio della Regione.
Un altro progetto regionale della rete piemontese è quello degli ospedali liberi dal fumo che non significa
dare attuazione alle disposizione di Legge che vietano il fumo negli ospedali, ma nel fare degli ospedali il
punto di riferimento delle attività rivolte a tutta la popolazione per promuovere la libertà della persona, che è
un valore primario, libertà dalla dipendenza del fumo presa come paradigma di tutte le dipendenze comprese
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quelle dalla droga o dall’alcool, ma anche dai videogiochi e dai condizionamenti sociali. E’ ben lontano dagli
interessi della Regione, come lo è da quelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’imposizione di
divieti che non valorizzano la persona umana, ma semmai la deprimono. Vale anche in questo campo quanto
si è detto per la cura delle malattie: l’obiettivo non è la persona infelice sia pure libera dalla malattia o dalla
dipendenza, ma la persona felice perché si sente protagonista del proprio benessere e delle proprie scelte.
Altro progetto della rete regionale degli Ospedali è l’alimentazione corretta. Il costo rappresentato dalle
persone sovrappeso è superiore a quello di tutti i pazienti oncologici. E’ un peso sociale rilevante, un
drenaggio improprio di risorse che può essere evitato con una informazione corretta e col coinvolgimento di
tutti gli Ospedali oltre che di tutti i medici di famiglia. E anche in questo caso il coinvolgimento dei servizi
sociali può avere un gran peso dato che l’iperalimentazione incongrua assume spesso il significato
compensatorio della insoddisfazione sociale.
L’umanizzazione dei servizi ha certamente aspetti strutturali che richiedono impiego di risorse e
coinvolgimento di competenze architettoniche, ma in gran parte dipende dall’attenzione posta alla persona
messa al centro di ogni programmazione. Rispetto per il tempo della persona, per le esigenze famigliari, per
la dignità e per la cultura personale, per le convinzioni etiche e religiose sono essenziali perché l’ospedale
non sia un’officina di riparazione di malati, ma un luogo in cui si produce salute, ma anche perché l’ospedale
sia un luogo in cui chi lavora si senta utile e realizzato. Pur non avendo sinora attivato un progetto specifico
per l’interculturalità, la Regione Piemonte è molto sensibile a tale tema e in questa Conferenza Nazionale
una sessione è stata riservata a tale tema con particolare attenzione alle donne e ai bambini per i quali vi è già
da tempo un impegno profondo e condiviso per contrastare gli abusi e le violenze che sappiamo essere assai
più frequenti, anche in ambito domestico, di quanto non appaia attraverso i giornali.
Da due anni il Ministero della Salute insieme al Comitato Nazionale Gigi Ghirotti promuove la giornata
contro il dolore. Nel corso di questa Conferenza è stato riservata una relazione plenaria sul tema
dell’Ospedale senza dolore, un tema che la Regione intende promuovere per garantire l’equità nei confronti
di tutti i malati, in particolare oncologici a cui talora per malintesi scrupoli morali si fanno mancare gli
antalgici maggiori, ma che comunque non si può pensare di risolvere con una più facile somministrazione di
oppiacei. Anche in questo campo il coinvolgimento del Sociale è essenziale: la sensazione di perdita di
valore che si accompagna all’ allontanamento dal normale ambiente di vita e di lavoro in conseguenza della
malattia è spesso causa di sofferenza maggiore rispetto al dolore fisico e la medicalizzazione del problema
con la facile somministrazione di oppiacei non risolve il problema. Pensare alla qualità vuol anche dire
ricercare le alleanze che possono essere rilevanti per l’obiettivo che ci si prefigge.
La Regione Piemonte ha ben presente il problema della comunicazione come elemento di equità e di qualità.
Non è certo ignoto il fatto che ben raramente l’anatomo-patologo che esaminando una biopsia riscontra un
quadro indicativo di una neoplasia maligna, il laboratorista che rileva parametri patologici che possono
suggerire l’esistenza di una malattia grave o il radiologo che a una ecografia o una TAC riscontra segni di
interessamento di organi profondi da parte di una neoplasia si premura di cercare il contatto telefonico col
medico che ha inviato l’esame per richiamarne l’attenzione su un evento che può richiedere provvedimenti
urgenti. Il referto può essere letto in ritardo, può essere mal interpretato o sottovalutato. Scrivere non è
comunicare: è affidare un messaggio nella bottiglia alle onde del mare. Ormai tutti gli apparecchi fax al
termine della trasmissione del messaggio indicano che la trasmissione è stata O.K., ma nessuno si accontenta
di ciò se vuol. essere sicuro che il messaggio sia stato letto, ma telefona, contatta in qualche modo il
destinatario a meno che non si accontenti di aver compiuto burocraticamente il proprio dovere avendo in
mano la ricevuta della trasmissione. L’ azione corretta a favore del malato è segno di sapienza. Ma, denuncia
Eliott, abbiamo sostituito alla sapienza l’informazione e all’informazione la comunicazione.
Where is the wisdom we have lost in knowledge?
Where is the knowledge we have lost in information?
La Regione non può ritenersi soddisfatta da ciò e stimola tutti a cercare un contatto diretto che è il solo da
cui può nascere la sapienza che sola può far nascere la salute.
Abbiamo ascoltato ieri la relazione magistrale di Svend Juul Jorgensen sugli standard per la promozione
della salute e la loro valutazione. Proprio partendo dalla considerazione che un ospedale efficiente, efficace,
con un rapporto favorevole costo/benefici pur rispondendo ad alcuni requisiti fondamentali non è ancora un
ospedale per promuove la salute, l’Ufficio Europeo dell’OMS di Barcellona ha definito un insieme di
standard che permettono di valutare la politica gestionale, i bisogni dei pazienti e come l'ospedale operi per
soddisfarli, la qualità dell’informazione fornita al paziente e l’utilizzo di questa per rendere il malato capace
di fare le sue scelte e di restare sempre il protagonista della propria salute, l’attenzione alla salute, alla
sicurezza e alla soddisfazione del personale e la continuità delle cure e la collaborazione con tutti i partners
che possono avere rilevanza per costruire il benessere della persona. Il test pilota ha permesso di valutare gli
31
standard proposti come significativi e applicabili. Quello che ora pare necessario è valutare la capacità degli
operatori dei singoli ospedali ad applicarli e a valutare i risultati in modo che il dato possa essere
confrontabile con le valutazioni offerte da altri ospedali sia nella regione Piemonte che in altre Regioni
Italiana e in altri Paesi Europei.
L’impegno della Regione per garantire equità e qualità dovrà passare attraverso una distribuzione del
questionario di valutazione degli standard proposti a tutti gli ospedali, in ciascuno dei quali dovrà esser
costituito un nucleo di valutazione che si confronterà con quelli degli altri ospedali per concordare criteri
condivisi di valutazione.
Da questo impegno la Regione Piemonte si attende un duplice risultato: da un lato quello di abituare gli
operatori ospedalieri a verificare la capacità del loro ospedale di produrre salute, dall’altro quello di fornire
indicazioni importanti per le azioni che la Regione dovrà intraprendere per rendere gli ospedali sempre più
attenti al guadagno di salute che essi sono in grado di promuovere all’interno e all’esterno di esso. Il
guadagno di salute è certamente l’indice più significativo di qualità e provvedere a che tutti gli ospedali siano
in grado di produrre lo stesso guadagno di salute significherà aver realizzato l’equità che la Regione si
propone.
Il lavoro non finirà così. La necessità di un coinvolgimento del socio-assistenziale nelle politiche per la
salute richiederà in un prossimo futuro che gli standard, opportunamente modificati se del caso, vengano
applicati anche ai Consorzi socio-assistenziali e che una valutazione finale verifichi la qualità e l’equità
dell’integrazione socio-sanitaria.
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LA RETE PIEMONTESE DEGLI OSPEDALI PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE.
CINQUE ANNI DI ESPERIENZA, RISULTATI E ATTESE
Piero Zaina
Coordinatore Rete Piemontese HPH
L’avventura piemontese degli Ospedali per la Promozione della Salute (HPH), promossa dalla CIPES
Piemonte, ha preso l’avvio ufficiale nel giugno del 1997, formalizzato nel marzo 1998 durante la II°
Conferenza Nazionale degli HPH a Torino, con la firma dell’Accordo di Programma da parte dei
Coordinatori delle 2 reti regionali allora esistenti ( Veneta e Piemontese): tale accordo sanciva la costituzione
della Rete italiana degli HPH, aperta alla adesione di future Reti regionali interessate al Progetto. Nel giro di
pochi anni la carta geografica dell’Italia Settentrionale e Centrale era contrassegnata, nella quasi totalità, dal
logo di Reti regionali degli HPH.
L’avventura professionale e culturale in cui ci impegnammo con entusiasmo poteva avere, almeno all’inizio,
il sapore di una scommessa, consci delle difficoltà da affrontare, dalla perenne crisi di trasformazione del
S.S.N. e quindi dalla carenza di certezze, alla rigidità del sistema socio-sanitario caratterizzato da
incomunicabilità tra le varie strutture e i vari livelli operativi, all’enfasi sull’ efficienza economica nel
processo di aziendalizzazione con il rischio di dimenticare la ragion d’essere di una azienda sanitaria cioè
l’impatto sulla salute dei singoli e della comunità.
La Conferenza di Ottawa (1986), seguita dalla Dichiarazione di Budapest (1991) ha rappresentato un
profondo cambiamento nel campo della moderna Sanità pubblica, ponendo come obiettivo più avanzato la
“Promozione della Salute”: la salute definita come un processo che valorizza le risorse individuali e sociali,
per cui la sua promozione è legata solo in parte al sistema sanitario, in quanto mirando al benessere va al
di là delle cure.
Da questa impostazione ideologico-culturale si è passati alla sperimentazione prammatica del Progetto
Europeo degli Ospedali Pilota, (1992-1997) e per il successo ottenuto l’Ufficio Europeo dell’OMS ha dato il
via allo sviluppo anche di Reti regionali e nazionali.
È nata quindi per prima la Rete HPH veneta la cui attività propositiva e l’esperienza acquisita sono stati di
stimolo ed esempio per tutti noi neofiti ad organizzare le strutture di base di un Progetto così innovativo e nel
renderle operative attraverso il lavoro in rete.
A meno di un anno dall’avvio della nostra Rete, alla II° Conferenza Nazionale HPH di Torino il
Coordinatore nazionale, Dr. Carlo Favaretti, confessava (sia consentito il piccolo peccato di vanità!) di essere
“veramente impressionato dalla velocità del processo di costituzione e sviluppo della Rete piemontese: nel
giro di pochi mesi siete riusciti non solo a formalizzare la Rete, ma anche a darle una precisa organizzazione
e ad avviare progetti numerosi, significativi ed attivati in rete”.
Partenza… sprint dunque, determinata dall’adesione mediante delibera alla Rete piemontese HPH di tutte le
ASL e ASO della Regione compresi i Presidi Ospedalieri privati convenzionati: istituiti i Comitati
tecnici di ciascuna Azienda con il loro Coordinatore, in una “giornata di formazione” si è giunti alla scelta di
4 temi principali che hanno rappresentato i Progetti regionali in rete sviluppati nel quinquennio. Dei molti
Progetti locali almeno 2, avendo interessato numerose Aziende, saranno inseriti tra i Progetti regionali in rete
nel quinquennio 1993-1997.
Temi i più diversi hanno impegnato operatori di ogni qualifica e livello di quasi tutte le Aziende sanitarie del
Piemonte, gratificati (almeno all’inizio dell’avventura!) dal partecipare in prima persona e per la prima volta
ad una operazione collaborativa tra numerose Aziende che, superando i confini territoriali, ricercava
unificanti approcci alle diverse realtà aziendali, non solo per migliorare le tecniche professionali, per
assicurare un migliore trattamento ai pazienti riducendo le liste di attesa e la degenza media con la sicurezza
della continuità assistenziale, ma con l’obiettivo finale di favorire la trasformazione dell’intera struttura
ospedaliera in un ambiente organizzativo in grado di promuovere la salute, il benessere e la soddisfazione dei
pazienti, del personale e della comunità servita in linea con i più moderni orientamenti dell’OMS.
Con il passare del tempo (ecco le ombre del bilancio!) si è ridotta la capacità di attrazione dei gruppi di
lavoro, sono spesso cambiati gli operatori di riferimento delle singole Aziende, il cui disimpegno era
direttamente proporzionale al… disinteresse di molte dirigenze aziendali non sufficientemente partecipi a
problematiche estranee al vincolante compito di contenimento dei costi e non abbastanza supportate da
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messaggi anche culturali sia da parte del coordinamento della nostra Rete (doverosa autocritica!) sia dalla
iniziale ancora timida presenza della Regione.
Le prevedibili difficoltà emerse nel lungo cammino non hanno tuttavia impedito alla tenacia ed alla profonda
consapevolezza di partecipare allo sviluppo di un Programma a dimensione europea da parte di una
“minoranza” responsabile di attivare Conferenze regionali dei Progetti HPH in Rete presso le Aziende
sanitarie referenti di ciascun gruppo di lavoro.
A conclusione dell’impegno quinquennale (1998-2002) la CIPES Piemonte in accordo con la Regione
Piemonte ha presentato all’Ufficio Europeo dell’OMS la “Relazione di attività” della nostra Rete,
individuando ulteriori necessari sviluppi dei Progetti regionali per il prossimo quinquennio, a cui si
aggiungono alcune tematiche in stato di avanzata implementazione.
La progressiva presenza della Regione nell’attività del Progetto HPH, esplicitata soprattutto con il contributo
organizzativo e finanziario alle Conferenze regionali sui Progetti, si è ulteriormente consolidata per la
necessità, da tutti reclamata, di dare maggiore evidenza istituzionale al Progetto HPH mediante una più
proficua organicità dei rapporti tra CIPES e Regione Piemonte.
A tal fine in una “determina dirigenziale” la Regione ha confermato l’interesse a mantenere il sostegno alla
Rete HPH con un ulteriore impegno e corresponsabilizzazione per il prossimo quinquennio 2003-2007: per
rendere operativi i buoni propositi è stato costituito uno specifico Comitato Direttivo Regionale con
rappresentanti della Regione, della CIPES ed alcuni Direttori Generali di Aziende Sanitarie, in cui decisivo
diviene il ruolo della Regione quale stimolo nel favorire l’adesione delle Aziende al Progetto HPH, nel
sostenere la circolazione delle informazioni (Internet regionale), nel promuovere corsi di formazione su
l’organizzazione sanitaria, inserendo le attività HPH nel Piano Sanitario Regionale.
Il quinquennio 1998-2002 ha visto crescere nel nostro Paese ben 7 Reti HPH regionali a cui si è aggiunta la
USL della Valle d’Aosta che ha firmato una Convenzione di collaborazione con la Rete piemontese, per cui
si è avvertita la necessità di nuove forme di coordinamento tra le numerose Reti regionali e con i diversi
livelli istituzionali con l’impegno di mettere in atto strategie condivise (Intesa di San Remo – dicembre
2001): nella divisione dei compiti tra le varie Reti, quella piemontese si farà carico della Comunicazione ed
Informazione, mettendo a disposizione di tutti il Notiziario della CIPES Piemonte “Promozione Salute”,
mentre il nostro sito Internet si è organizzato per la raccolta di tutti i dati riguardanti la Promozione della
Salute (specie per gli HPH) che confluiranno nel sito nazionale gestito dalla Rete trentina.
Accenno ai Progetti regionali della nostra Rete che sono illustrati e discussi nelle sessioni parallele.
1. “INTEGRAZIONE OSPEDALE E TERRITORIO”
È un tema ormai divenuto centrale in tutta la Sanità Pubblica non solo piemontese, in cui lo svolgimento di 2
Conferenze regionali ha permesso il confronto di differenti esperienze, con la sperimentazione di alcune parti
del Progetto in contesti diversi e l’acquisizione di modelli
diffusi per via istituzionale in tutte le Aziende Sanitarie, il tutto facilitato dal lavoro in rete anche se con
risultati non omogenei.
L’integrazione Ospedale e Territorio come risposta obbligata al… dogma ormai acquisito della “Continuità
assistenziale” pone l’attenzione alla centralità del paziente, le cui necessità comportano la rottura dei rigidi
schemi settoriali di competenze e la sempre difficile collaborazione tra le varie professionalità dislocate in
ambiti territoriali diversi.
Il Progetto si è occupato dei 2 momenti critici dei rapporti tra Ospedale e Territorio: l’ammissione e la
dimissione del paziente.
La riduzione dei tempi di attesa è stato affrontato con la codificazione di accoglienza che ha comportato un
confronto tra il MMG (proponente) ed il Medico ospedaliero.
Esempio di modello di integrazione fornito dall’ASO San Giovanni Battista di Torino: coinvolgimento del
MMG nella diagnostica e nel follow-up del malato oncologico, Numero verde a disposizione dei medici del
territorio per situazioni di sospetta urgenza, informazioni cliniche tra medico ospedaliero e medico di
famiglia, inserimento del MMG nel Pronto Soccorso (DEA) cui vengono affidate le patologie “minori” dopo
l’effettuazione del triage.
Altro esempio di razionalizzazione dei tempi di attesa in Cardiologia (ASL 9-Ivrea) con linee guida
concordate tra Cardiologi e MMG. È risultata una riduzione delle richieste urgenti non codificate, un miglior
uso del DEA per le urgenze cardiologiche e volontà da ambo le parti di ottimizzare i percorsi diagnosticoterapeutici comuni.
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“La continuità assistenziale infermieristica” è stata affrontata dalla ASL 13-Novara, con l’obiettivo di
evitare la duplicazione dei trattamenti sanitari e di ridurre i tempi di degenza ospedaliera; ad una prima
valutazione dopo 6 mesi, mediante questionario, circa il 50% degli operatori ospedalieri e territoriali
coinvolti nell’assistenza ha dichiarato che la scheda ha facilitato la conoscenza delle condizione assistenziali
del paziente.
La “Dimissione protetta e ricoveri di sostegno in R.S.A.”: cito l’esperienza di una ASL di Torino (ASL 4)
con una R.S.A. operante in 2 distretti della Azienda, dotata di 15 posti letto (dei 90 in totale) per ricoveri
transitori (patologie eterogenee provenienti dell’Ospedale, pazienti terminali, pazienti con problemi psichici).
Presente una Unità di valutazione geriatrica in Ospedale, in R.S.A e a domicilio, in collegamento con gli
specialisti ospedalieri e con il Servizio di riabilitazione.
Un buon esempio di trasformazione di un Ospedale per acuti in una struttura socio-sanitaria assistenziale
come risposta non convenzionale e di qualità per anziani con deficit di autosufficienza è dato dal Country
Hospital di Santhià (ASL 11-Vercelli), anello di congiunzione tra ospedale e assistenza domiciliare e
supporto dell’Ospedale per le dimissioni precoci con ruolo centrale di M.M.G. volontari integrati con equipe
socio-sanitaria.
La sempre denunciata incomunicabilità tra operatori sanitari “intra moenia” e servizi socio-sanitari erogati a
livello territoriale ha posto il fattore “Comunicazione” come determinante nel Progetto: fornitura a tutte le
Aziende interessate di una “Guida ai Servizi Territoriali” con informazioni precise sui vari tipi di assistenza
domiciliare, sul servizio di riabilitazione, sui ricoveri in regime di lunga degenza, su presidi ed ausili. Sono
stati previsti canali preferenziali di comunicazione tra M.M.G. e Medici ospedalieri e predisposti questionari
a loro distribuiti per conoscere il reale bisogno di informazioni in termini di orari e di tipologia più frequente.
Nello sviluppo del Progetto HPH del quinquennio 2003-2007 nuove armi sono state approntate allo scopo di
rendere praticabile ed evidenziabile la sua attuazione: alla Conferenza Internazionale HPH di Firenze
(maggio 2003) è stata presentata la Carta degli Standards per la Promozione della Salute che
rappresentano un obiettivo qualitativo realistico e raggiungibile in favore di tutti i pazienti. I 5 Standards
proposti sono il risultato di uno studio pilota che ha interessato 37 Ospedali in 9 Paesi europei attraverso la
compilazione di questionari relativi a 5 temi prescelti: politica dell’organizzazione, valutazione dei pazienti,
informazione e interventi verso i pazienti, promozione di ambienti di lavoro sani e continuità e cooperazione.
Gli Standards proposti si sono dimostrati utili nel favorire la trasformazione di un Ospedale che faciliti
l’autovalutazione e l’integrazione della promozione della salute nelle sue attività.
Più identificabile diventa il percorso futuro del gruppo di lavoro, favorito dai numerosi progetti già avviati e
dall’esperienza acquisita nell’individuare gli standards necessari a garantire gli obiettivi prefissati. Lo
sviluppo del Progetto tende alla costruzione di un “Ospedale modello”, idoneo nel facilitare l’integrazione
attraverso il rispetto di specifici standards.
L’implementazione progressiva del Progetto è suscettibile di variabilità di scelte, dagli standards minimi
necessari per tutti gli Ospedali regionali alla creazione di più modelli adattabili a realtà diverse.
2. “OSPEDALI LIBERI DAL FUMO”
Il percorso del Progetto parte dall’indagine epidemiologica sul problema fumo rivolta 5 anni fa agli operatori
sanitari ed ai pazienti ricoverati negli Ospedali del gruppo e ripetuta nel giugno del 2003 (dopo la
Conferenza regionale ad Asti); continua con i corsi di formazione per
Promotori-Facilitatori e Conduttori di gruppo per la disassuefazione dal fumo (2 operatori in ogni Azienda in
grado di formare), con la “Mostra percorso del fumo” mediante posters periodicamente rinnovati in ogni
Azienda del gruppo,con l’introduzione nelle cartelle cliniche del test di Fagerström e infine con l’attivazione
di un “Ambulatorio per la disassuefazione dal fumo” rivolto ad operatori sanitari e cittadini con la
presenza di un medico e di un facilitatore.
Attualmente le Aziende interessate sono 14: si sono attivati 8 Ambulatori antifumo con un percorso
accreditato (9 incontri per ciascun fumatore) ed in 4 Aziende gruppi di terapia antifumo.
Il Programma futuro propone omogeneità per tutta la realtà piemontese, diffondendo il Progetto a tutte le
Aziende non ancora aderenti, ponendo come tappa fondamentale corsi di formazione per operatori
responsabilizzando specifiche figure in ogni U.O. (Promotori-Facilitatori e Conduttori di gruppo) utilizzando
l’esperienza maturata dal gruppo.
Tali iniziative si dovranno completare con quelle promosse dall’Assessorato alla Sanità con il “Piano
Piemonte libero dal fumo” in cui sono stati coinvolti studenti ed insegnanti di varie scuole ed associazione di
categoria e con corsi di formazione accreditati per M.M.G. da diffondere in ogni Azienda.
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Nel rilancio del Progetto viene ipotizzata la istituzione di un Centro Regionale Antifumo con sezioni
periferiche come necessario coordinamento: saranno definiti i criteri strutturali e funzionali omogenei.
3. “UMANIZZAZIONE DEI SERVIZI SANITARI”
Il Progetto ha specificato 2 obiettivi:
1.
riduzione dell’ansia del paziente durante la degenza
2.
contenimento del disagio degli operatori.
Per poter disporre di linee guida di comportamento comuni a tutti gli operatori si è svolto un corso di
formazione su la “Comunicazione come fattore di qualità”, in cui viene privilegiato il concetto di
“umanizzazione” nei rapporti tra malato ed operatore sanitario, superando la fredda oggettività della
medicina scientifica mediante un linguaggio comune con il paziente, non lasciandolo “solo” con la sua
malattia e le sue angosce. Il gruppo di lavoro ha in seguito provveduto ad elaborare un Protocollo di
accoglienza in ricovero programmato come obiettivo educativo rivolto agli operatori, mettendo in comune le
bozze costruite nelle diverse sedi ospedaliere.
Nell’aprile 2002 la Conferenza Regionale (partecipanti 15 Aziende) è stata una buona occasione per
socializzare il percorso del Progetto che con alterne vicende ha avuto applicazione a livello locale.
Elenco alcune esperienze presentate:
“Questionario come strumento di lavoro” sulla percezione dei rapporti interpersonali e sulla
comunicazione operatore-paziente presentato dalla ASO San Luigi-Orbassano: mentre le risposte dei pazienti
hanno evidenziato soddisfazione generale, più critici gli operatori sul proprio operato, accusando deficienza
di comunicazione.
Analoghi giudizi sull’accoglienza da parte dei pazienti nella ASL 11-Ospedale di Vercelli, mentre solo il
26% degli operatori dedica più tempo al paziente e la maggior parte delle informazioni al degente sono
richieste dai pazienti stessi.
“La Comunicazione come fattore di qualità” (ASL 7-Chivasso). L’informazione come componente
essenziale di soddisfazione dei bisogni. Mentre è buona la preparazione professionale si rivela debole
l’approccio al paziente: domina la mancanza di comunicazione, sopratutto la capacità di ascolto.
Viene presentato dall’Ospedale Gradenigo il Protocollo di accoglienza come proposta da sperimentare:
l’accoglienza non si esaurisce all’ingresso in Ospedale del paziente, che fino alla dimissione accusa ansia.
Vengono descritte le modalità di comportamento dell’operatore, dall’ingresso del paziente in ospedale fino
alla dimissione, specie la protetta, con i contatti programmati con i Servizi assistenziali territoriali.
Interessanti alcune “Esperienze di accoglienza”:
in chirurgia pediatrica (ASO OIRM-S. Anna-Torino) in cui viene presentato ai piccoli pazienti l’intervento
operatorio come gioco,
e per gli utenti stranieri schede di accoglienza in 4 lingue (oltre all’italiano): albanese, arabo, inglese,
francese.
Nella Dimissione protetta (ASL 4 Torino) determinante il contatto diretto tra la Caposala del reparto e
l’Infermiera del Servizio Territoriale, verificando la necessità della presenza del M.M.G. La scheda di
Dimissione protetta da parte dei Reparti ospedalieri li coinvolge anche dopo le dimissioni. Dopo 6 mesi di
sperimentazione la verifica ha dimostrato una positiva riduzione degli stati di ansia al momento della
dimissione.
La ASL 15-Cuneo, priva di ospedale, si è dotata di un Polo oncologico con l’Hospice Busca con l’obiettivo
di accompagnare il paziente nell’ultima fase della vita: la continuità assistenziale è garantita da M.M.G. e
ADI con presa in carico globale del paziente.
IL gruppo operativo, sperimentate le difficoltà incontrate, ha deciso di delimitare il mandato e di occuparsi
del “Miglioramento dell’accoglienza alla persona straniera afferente ai Servizi Sanitari”, essendo
divenuto emergente il teme dell’Interculturalità ed a cui sono sensibilizzate parecchie Aziende della Rete.
4. “ABUSO E VIOLENZA SULLE DONNE E SUI MINORI” (FASCE DEBOLI)
Supporto del Progetto è l’apertura (avvenuta recentemente) di un “Centro soccorso violenza sessuale”
presso l’ASO S. Anna di Torino, in cui accanto all’intervento ginecologico (turni di 50 ginecologhe
dell’ASO S. Anna e di diverse Aziende di Torino e Provincia) si pongono in relazione varie figure
professionali, quali operatori sanitari, psicologi, assistenti sociali in collaborazione con istituzioni ed
associazioni: polizia, M.M.G., Consultori, Associazioni di volontariato. Viene anche affrontato presso l’ASO
OIRM il problema delle fasce deboli, cioè della violenza sui minori con il medesimo modello
interdisciplinare.
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Attività svolta: dal maggio 2003 assistite 32 donne.
1. “ALIMENTAZIONE E SALUTE”
Il Progetto ha coinvolto 6 Aziende della Regione ed è stato presentato alla I° Conferenza Regionale sul
Progetto HPH “Ospedale e Territorio” (Ivrea – gennaio 2000) ed alla VI° Conferenza Nazionale HPH
(Castelfranco Veneto - novembre 2002).
Nell’attuale nuovo quinquennio viene incluso tra i Progetti Regionali HPH da sviluppare ulteriormente.
Partendo dal livello ospedaliero, in cui si è lavorato nella preparazione alimentare per i pazienti da sottoporre
ad interventi chirurgici con formazione degli operatori, si è in seguito allargato l’intervento per degenti già a
rischio alimentare all’ingresso in ospedale, prevedendolo anche a livello di R.S.A (prevalenza della
malnutrizione nella popolazione anziana) e a livello di ADI.
È iniziato un altro percorso per le donne in gravidanza e nel nuovo Ospedale di Asti (prossima aperture)
verrà confezionato un “vassoio personalizzato” con informazione sugli alimenti.
2. “SICUREZZA DEI LAVORATORI”
Il Progetto prende l’avvio dall’esperienza della ASL 17 di Savigliano, presentata alla VI° Conferenza
Nazionale HPH di Castelfranco Veneto con il tema “Organizzazione dei Piani di Emergenza e di
Evacuazione nella struttura sanitaria” che ha sollecitato alcune Aziende della Regione a collaborare ad un
programma operativo in rete su “Ospedale sicuro” con ampia scelta di interventi: dalla valutazione dei rischi
generici alla protezione individuale per rischi specifici quali gas anestetici, antiblastici, radiazioni ecc., alla
formazione del personale.
Attualmente sono almeno 7 le Aziende interessate al Progetto, che in carenza di modelli organizzativi, dovrà
occuparsi sopratutto dello sviluppo di una “Cultura della Sicurezza” con lo studio dell’ergonomia delle
strutture architettoniche ospedaliere e della prevenzione dei rischi.
Oltre ai Progetti regionali sopra indicati, nel periodo 1998-2002 sono stati presentati e con alterne vicende
sviluppati da ogni singola Azienda 31 Progetti locali HPH.
Concludo con l’auspicio che l’attività svolta in 5 anni dai gruppi di lavoro regionali, anche se ancora
parzialmente… artigianale ed autarchica, rappresenti un non disprezzabile patrimonio da investire ed
incrementare nel nostro prossimo impegno, sempre più disponibili al confronto con le altre Reti Regionali ed
Europee (dei vari Stati membri) e sempre più aperti alle precise indicazioni di metodo ed alle linee di
indirizzo dell’Ufficio Europeo dell’OMS e dell’Istituto Boltzmann di Vienna.
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