Per creare valore - Information Builders

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Per creare valore - Information Builders
M ercat i e in n ova zi o n e
Busi n ess in t el l igen ce - 1
TAG: BIG DATA / BUSINESS ANALYTICS
Come massimizzare
il capitale informativo
aziendale.
Per creare valore
di Giampiero Carli Ballola
executive
cocktail
A fronte delle sfide imposte dalla crescente
complessità del mondo in cui oggi operano le
imprese, la business intelligence si è evoluta e
offre soluzioni in grado di svolgere analisi
storiche e predittive su enormi volumi di dati da
fonti e in formati eterogenei e di farlo a
grandissima velocità. Ma per rendere la
tecnologia un fattore di profitto e competitività
occorre integrare i dati disponibili
moltiplicandone il valore informativo e
organizzarsi in modo da poter trasferire tale
valore nelle attività aziendali. Se ne è parlato
in un recente Executive Cocktail organizzato
da ZeroUno in collaborazione con Information
Builders
web
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Per scaricare le presentazioni dei relatori
all’incontro organizzato da ZeroUno
vai alla sezione Executive Dinner
del sito www.zerounoweb.it
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“La capacità di gestire la complessità che investe le imprese e la funzione It si esplica a tre diversi livelli” ha esordito Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno, nell’introdurre l’incontro con gli utenti che, formulato come “Executive
Cocktail” e sotto il titolo Massimizzare e integrare l’intelligence per creare valore, si è svolto nei mesi scorsi a Milano in collaborazione con Information Builders. Di questi tre livelli, il
primo è tecnologico, dato dalla complessità dei sistemi informativi e da fenomeni nuovi, come la consumerizzazione dell’It
(tipo la pratica del Byod, ‘bring your own device’ in risposta
alle esigenze di mobilità), che vi stanno confluendo. Esiste poi
una complessità nella capacità di competere, che nasce dalle
differenti strategie e dalla velocità di reazione e di esecuzione
necessaria per cogliere le opportunità date da mercati e supply chain volubili e globalizzate. E c’è infine una complessità
a livello organizzativo, che si articola nella gestione della struttura aziendale, delle risorse umane, della rete dei partner e,
soprattutto, dei clienti e che vede, anche qui, il diffondersi di
nuovi modi e strumenti per comunicare e collaborare.
Tutti questi elementi di complessità hanno un denominatore comune: quello di esplicarsi in forma nativa digitale o di
essere fortemente digitalizzabili. “È un mondo di dati che –
prosegue Uberti Foppa – danno corpo alla nuova economia
dell’Informazione, cioè alla capacità di articolare strategie e
creare nuove opportunità di business (poiché questo è il no-
stro ambito) sfruttando, tramite un’organizzazione adeguata, le
informazioni generate da tecnologie d’intelligenza e analisi”.
Non è, questa, una realtà che sia sfuggita ai Cio e lo prova il
fatto che in un comparto software stagnante, l’unico settore in
crescita (del 4,2% con proiezione al 4,6% secondo Idc) sia appunto quello delle Analytics. “Ma oltre a potenti tecnologie capaci di mostrare opportunità o inefficienze nascoste – ha concluso Uberti Foppa – serve anche una nuova mentalità. Una
cultura di ricerca e analisi che non nasce dalla predisposizione
o dalle doti professionali del singolo, ma dalla capacità dell’intera organizzazione aziendale di trasmetterla, con un organico
disegno di diffusione, presso tutti coloro che sono chiamati a
farne uso”.
analisi big data: il ruolo del management
La parola è quindi passata a Paolo Pasini, responsabile
dell’unità Sistemi Informativi di Sda Bocconi, nonché direttore dell’Osservatorio Business Intelligence dll’Ateneo, il cui intervento è stato centrato su un tema oggi molto “caldo”, cioè
la relazione tra i big data e il valore che questi possono dare
all’azienda. Dopo avere premesso che l’analisi di dati aventi
crescenti caratteristiche di volume, varietà di fonti e formati e
velocità di raccolta, elaborazione e analisi costituisce il quarto
e più alto grado di maturità nell’uso della BI in azienda (dopo
l’analisi dei dati finanziari-transazionali, di quelli di vario tipo
ma comunque strutturati e di quelli non strutturati), Pasini ha
parlato dell’origine e dello sviluppo dei big data e ha elencato
le principali fonti da cui proverrebbero, secondo un’indagine
svolta di recente dall’Osservatorio BI su oltre 200 Cio e It manager d’imprese italiane, quei dati in grado di creare valore
per il business.
Non sorprendentemente, al primo posto (54% delle citazioni) vi sono i social network e i social media, seguiti però
quasi alla pari (52%) dai documenti digitalizzati e quindi (46 e
40%) dalle e-mail e dai dati transazionali, a dimostrare che la
ricerca di conoscenza fa leva anche sui dati interni all’impresa.
L’ordine riflette i benefici attesi, che sono in primo luogo poter
meglio servire il business grazie alla possibilità di conoscere e
prevedere il comportamento di clienti e mercati instabili. Poi
poter costruire una piattaforma informativa che superi i limiti
del classico Edw e permetta di integrare e analizzare velocemente grandi volumi di dati, strutturati e non, dando una visione approfondita della situazione trascorsa, di quella in atto
e dei suoi sviluppi. Un punto che Pasini ha definito “cruciale”
per creare quella “cultura di ricerca” invocata da Uberti Foppa,
è il ruolo del management. Per quanto il Cio sia la figura più
citata come prima interessata e responsabile d’una strategia
d’analisi dei big data, un quinto degli intervistati (che, ricordiamo, erano essi stessi Cio) ha sostenuto la necessità di un comitato interfunzionale. Una struttura che non a caso è risultata
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Jaspersoft ha
superato i 500
clienti offrendo
un servizio di
business
intelligence a un
prezzo da utility
su Amazon Web
Services
Marketplace. Gli
utenti possono
acquistare la
piattaforma di bi
Jaspersoft su base
oraria senza alcun
limite di numero
di utenti o di
quantità di dati e
senza costi
aggiuntivi
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I protagonisti dell’evento ZeroUno
Questi i nominativi dei manager che hanno partecipato
all’Executive Cocktail di ZeroUno:
QlikTech lancia il
concorso Take
Action Open Data
Challenge, con
cui invita i
partecipanti a
utilizzare
QlikView per
creare
un’applicazione,
in modo da
scoprire
informazioni
inattese dai dati
pubblici e privati
ma che
potrebbero avere
un impatto per
cambiare
positivamente il
mondo. Le tre
applicazioni
vincenti
riceveranno un
premio in denaro,
fino 10.000
dollari. La
scadenza del
concorso è il 31
ottobre.
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Marco Andolfi, Cto, Disignum
Gianbattista Angelini, It Head of customer order
management, Fastweb
Paolo Bramati, It Manager Consumer Italy, GlaxoSmithKline
Guido Di Dario, Amministratore Delegato, Sy-sourcing
Annarosa Farina, Responsabile Applicazioni - Progetti
e Gestione, Ospedale San Raffaele
Maurizio Galandrino, al momento dell’evento Focal Point
Sviluppo e gestione architetture applicative e di integrazione,
Snam Rete Gas
• Nicola Gatta, Product Manager Information Security,
Certiquality
• Gilberto Rocco Maolucci, Responsabile Application
Management, Snam Rete Gas
• Fabio Marchetto, Head of Credit Collection Intelligence,
UniCredit Group
• Van Danh Nguyen, Data Manager, Ipas Research Srl
• Paola Platè, Tecnico, Arpa Piemonte
• Dario Quaresmini, Responsabile Sistemi Informativi,
Certiquality
• Elisabetta Spaltini, Event and Sponsorship Manager,
Pioneer Investments (UniCredit Group)
• Claudio Tancini, vicepresidente del ClubTi Milano
• Franco Urero, al momento dell’evento Network & It
Consultancy, Italtel
• Marco Valioni, Responsabile Service Management / Ict
Governance, Sia
• Carlo Wolter, Cio/Amministratore Unico, Tecnimex
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•
alla base di tutte le 25 case history studiate dall’Osservatorio e
di cui il Cio era solo uno dei membri, assieme ai responsabili
marketing, finance, produzione e altro, a seconda del settore
d’impresa.
far leva sui fattori tecnologici abilitanti
La tecnologia è tornata alla ribalta con l’intervento di Rado Kotorov, Chief Innovation Officer di Information Builders, software house di BI e Data Integration, sponsor dell’iniziativa di ZeroUno. Dopo una breve premessa sull’enorme
valore delle informazioni per l’impresa, Kotorov ha fatto notare come in un qualsiasi processo di business chiunque vi sia
coinvolto, all’interno come all’esterno dell’azienda (partner,
clienti e fornitori), si trovi a prendere decisioni. Che saranno
più o meno complesse a seconda dei diversi compiti e ruoli,
ma che devono comunque potersi basare su informazioni tempestive, affidabili e accurate. Perché ciò sia possibile, massimizzando il valore del capitale informativo, occorre far leva sui
fattori tecnologici abilitanti, che Kotorov identifica nelle tre “I”
dell’integrazione delle fonti, della integrità dei dati e della intelligence (leggi: analisi) applicata, limitando il peso dei paralleli fattori inibitori, ossia la difficile accessibilità, l’incerta attendibilità e la complessità nell’uso delle analisi. Tali elementi,
infatti, ostacolano l’adozione della Bi presso gli utenti inesperti, che, osserva Kotorov, sono poi il 70% di tutti quelli che, invece, avrebbero bisogno di utilizzarla.
Pur entro i limiti di tempo imposti dalla formula del “cocktail”, il dibattito, come sempre condotto da Uberti Foppa, tra i
convenuti (oltre una ventina, quasi tutti Cio e It manager di
altrettante imprese) e i relatori ha registrato interventi ricchi di
contenuto. Diversi i temi affrontati, ma quello che più di altri
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ha tenuto banco è stato il difficile rapporto tra It e business
soprattutto in un momento di profonda e rapida trasformazione come l’attuale. Un problema legato alla cultura aziendale e
all’estrazione delle singole persone e molto sentito. E soprattutto un problema la cui criticità per il successo di ogni progetto di intelligence sui dati (non necessariamente big, ma anche solo diversi dai soliti) è stata evidenziata da quasi tutti i
presenti, che pur essendo uomini It non hanno esitato a mettersi in discussione, ammettendo l’attuale egemonia del business nella promozione e guida dei progetti. Secondo Carlo
Wolter, Cio e Amministratore Unico di Tecnimex, “Troppo
spesso si bada al prodotto senza capire il processo in cui va
calato e tanto meno verificare, oltre al significato del dato elaborato, il grado di comprensione e di utilizzo che potrà farne
la persona cui è destinato”. E lo stesso vale per la scelta tra
strumenti di analisi flessibili e manipolabili dall’utente e applicazioni che diano risultati già elaborati: “A un operatore possono bastare una luce rossa o verde o due parole su un monitor, piuttosto che una videata d’informazioni che lo distragga
dal lavoro”. Per altri utenti e altre decisioni, ovviamente non è
così. “Ma questo non s’impara da nessuna parte e – conclude
Wolter – spesso l’It, pur conoscendo molto bene gli strumenti,
non ha la visione delle reali esigenze e da sola non sa dove
arrivare”.
“Tutto dipende – ha osservato Nguyen Van Danh, Data
Manager di Ipas Research – da chi decide il processo. Ottimo
sarebbe che l’It facesse da pilota al business, ma sia per le tecnologie sia per l’organizzazione i conflitti rimangono”. A volte
solo perché strutture di potere consolidate non danno spazio
a un’It con nuove idee e solo un forte impegno del top management può cambiare le cose. Severo il giudizio di un It Operation Manager non citabile, che prende ad esempio la propria
realtà per denunciare una situazione diffusa d’iniziative di BI
promosse da singoli reparti e incapaci pertanto di dare tutti
quei vantaggi che potrebbero derivare da un progetto di livello enterprise, con l’integrazione di tutti i dati disponibili.
“In questo momento – conclude il manager – è il business
che guida perché l’It va a velocità ridotta”. Una risposta positiva è venuta da Annarosa Farina, Responsabile Applicazioni
- Progetti e Gestione di Fondazione San Raffaele: “Dovendo
continuamente incrociare diverse dimensioni dei dati, ogni
gruppo di analisi che fa capo a un reparto ha a bordo un data manager, che è una figura estremamente importante esattamente a metà tra l’It e il famoso business, che per noi è il ricercatore, il medico, lo scienziato”.
anche molto dal tipo di business, ha proposto l’istituzione di
figure delegate alla conoscenza e uso dei dati (Data Scientist,
Analyst o come lo si voglia chiamare), raccomandando però
di fare presto a decidere perché è una professionalità molto
richiesta e si possono non trovare più le persone adatte.
Tra gli interventi che hanno trattato aspetti più legati alla
tecnologia, si segnala quello di Paolo Bramati, It Manager
Consumer Italy di GlaxoSmithKline, che dopo avere parlato
dell’importanza delle analisi in tempo reale ha aggiunto:
“Quello che porterà un gran vantaggio è l’integrazione della
business analytics nelle applicazioni business. Non più un sistema che estrae i dati dall’Erp, li elabora e li fornisce a parte,
ma che operi all’interno del sistema principale”, per poter appunto valutare i dati in contemporanea e nel contesto delle
operazioni [realtime - in memory computing - ndr]. Conferma
Maurizio Galandrino, Focal Point Sviluppo e gestione architetture applicative e di integrazione di Snam Rete Gas, secondo il quale in realtà molto distribuite e poco “Erp-centriche”,
la necessità di avere informazioni in tempo reale o quasi verrà
proprio dalle analisi in-memory o altre tecnologie di BI avanzate. Anche perché: “L’Erp è un elemento fondamentale della
catena del dato; peccato però che questo venga estratto e manipolato a valle del processo in cui è usato mentre al business
occorre averne una visione complessiva”. Interessanti infine
due interventi che hanno esposto aspetti inerenti la realizza-
Hp arricchisce
la gamma Z
di workstation
e monitor
professionali,
presentando Hp
ZBook14, la prima
workstation
portatile
Ultrabook,
le workstation
Hp ZBook che
offrono la
tecnologia Intel
Thunderbolt per
il trasferimento
di dati ad alta
velocità e due
nuovi monitor
Hp Z.
il data scientist analyst
A queste e altre analoghe osservazioni hanno risposto sia
Pasini sia Kotorov. Il primo ha parlato della profonda diversità
di cultura esistente tra l’uso delle informazioni in ambito Erp
e applicazioni business, dove servono all’efficienza, e in ambito BI, dove invece ci si deve chiedere non come, ma cosa le
informazioni permetteranno di fare meglio, il che tra l’altro ne
rende il Roi indeterminabile a priori. Quanto a Kotorov, dopo
aver giustamente osservato come il rapporto It-Lob dipenda
a sinistra
Paolo Pasini
responsabile dell’unità Sistemi Informativi
della Sda Bocconi, nonché direttore
dell’Osser vatorio Business Intelligence
a destra
R ado Kotorov
Chief Innovation Officer di Information Builders
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Kotorov: la BI che fa la differenza
Information Builders è una società di New York che dal 1975
opera nella BI con soluzioni di analisi, integrazione e integrità
dei dati. Conta più di 8 mila clienti in 60 paesi e lavora in
partnership con vendor It come Hp, Ibm, Oracle, Sap e
Teradata. Per la sua capacità di anticipare l’evoluzione
dell’offerta, Gartner la pone nell’area dei “visionari” nel
Magic Quadrant per gli strumenti d’integrazione dati.
Abbiamo quindi colto l’occasione del recente ZeroUno
Executive Cocktail, per intervistare Rado Kotorov, che ne è il
Chief Innovation Officer.
Kotorov, oltre alle responsabilità connesse al suo ruolo nella
società, ha creato molte applicazioni tese a rendere la BI e
l’analisi dei dati più accessibile, intuitiva e collaborativa per
gli utenti e ha pubblicato vari libri sui processi di business e
sulle tecnologie emergenti. A lui quindi chiediamo, in primo
luogo, quali siano le cose che più contribuiscono al successo e
all’importanza delle analisi applicate al business.
Rado Kotorov: “Oggi c’è in effetti un’esplosione nell’impiego
delle analisi in ogni campo e i driver di questo boom sono tre.
In primo luogo l’eccezionale capacità di raccogliere dati di
ogni genere da analizzare e la loro qualità. Per la prima volta,
per esempio, sappiamo quello che la gente davvero fa e non
quello che dice di fare, come era per le classiche ricerche di
marketing. In secondo luogo c’è la possibilità d’integrare i
processi analitici in quelli di business ed eseguirli
automaticamente, com’è avviene nel pagamento con carte di
credito, dove la transazione è eseguita nel mentre si analizza
l’attendibilità del debitore, con interventi umani ridotti al 5%
dei casi. Infine, si stanno capendo i nostri limiti: la mente
umana può correlare al massimo tre flussi di dati, mentre
quelli oggi disponibili sono centinaia. Non siamo in grado
correlarli tutti e in certi campi, come la ricerca scientifica, gli
strumenti analitici sono i soli a poter dare informazioni
accurate”.
ZeroUno: Quindi, in sintesi, oggi la tecnologia offre qualità
dei dati, automazione e accurato supporto decisionale. È già
molto, ma poi? Quali sono le prospettive di evoluzione di un
settore che appare già così avanzato?
Kotorov: “Le opportunità future stanno nella capacità di
cogliere, tramite l’analisi di dati destrutturati, nuove
informazioni, come per esempio dati rilevanti da elementi di
conversazione. Ciò porta la BI verso una nuova “people
intelligence” i cui impieghi sono tutti da scoprire. Poi c’è la
possibilità di portare le operazioni di analisi sui dispositivi
mobili. Non parlo di telefoni intelligenti, ma dispositivi che,
per esempio, analizzando il funzionamento di cuore e
polmoni, possono prevenire gravi problemi di salute”.
ZeroUno: Ma, tornando alla BI nelle imprese, non si sta per
caso ripetendo il fenomeno del “data blob”, cioè di troppe
informazioni che di fatto disorientano chi poi deve capire su
quali basare le proprie scelte? Come ci si può organizzare per
prevenire questo rischio?
Kotorov: “Ci sono dei modelli sviluppati allo scopo. Per
esempio in ambito Financial esistono realtà dove è stato
costituito un gruppo responsabile per il Data Warehouse che
risponde al Cio e si preoccupa delle informazioni prodotte su
basi periodiche e regolari. In altre organizzazioni sono state
create nuove strutture, che rispondono a un Chief Data
Officer, per le informazioni di consumer insight e, in generale,
per tutti quei dati per i quali non si può prevedere un uso
immediato. In realtà il problema maggiore è portare
l’intelligence agli utenti operativi, specie se fuori dall’azienda,
come chi guida i camion o sta nei negozi. Non è un fatto
tecnico, è un qualcosa che cambia la cultura aziendale”.
ZeroUno: Si tratta in sostanza di potenziare la ‘ability to
execute’, allineando le operazioni alle strategie, non è una
cosa da poco.
Kotorov: “Non lo è infatti, ma è così che l’intelligence crea
davvero valore facendo la differenza” (G.C.B.).
R ado Kotorov
Chief Innovation Officer
di Information Builders
zione dei progetti di BI. Gianbattista Angelini, It Head of
customer order management di Fastweb, a proposito della
difficoltà di ottenere investimenti in progetti dal ritorno non
facilmente calcolabile, ha parlato della possibilità di valutare
soluzioni cloud “che permettono di partire con un investimento contenuto, dopo il quale scalare nel momento in cui si è
convinti del risultato”. Mentre Marco Valioni, responsabile
service management e Ict Governance di Sia, ha citato la possibile funzione del vendor (in genere e non solo di BI) quale
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intermediario nel dialogo tra business e It, aiutando quest’ultima a riprendere il proprio ruolo di “propositore” di valore.
Una “chiamata in causa” alla quale Kotorov ha prontamente
risposto dichiarando come il colmare il gap esistente tra business e It sia proprio uno dei compiti più complessi cui i vendor oggi devono essere davvero preparati.