Parkinson magazine n.1 2016

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Parkinson magazine n.1 2016
Quelli
del 10%??!!
N.1 SETTEMBRE 2016
ROVIGO
QUESTI
SIAMO
noi
Semestrale - Reg. c/o il Tribunale di Rovigo
n. 1/2016 del 27 luglio 2016
PercHE’
un'associazione
Parkinson a Rovigo?
di Maria Libera Santato
Quelli del 10%
di Alberto Renai
PROGRAMMA
delle attività
associative
di Gianfelice Finotto
BREVE STORIA
delle associazioni
di volontariato
di Carlo Pipinato
Il mio primo
CONVEGNO
di Daniela Zampirollo
PRIMI PASSI
di Raffaella Bisi
Poesie
di Alberto Mario Argenti
Notte
di Mario Toso
Fantasia
di Santina Cavalieri
www.parkinsonrovigo.it
2
editoriale
Perche’
un'associazione
Parkinson a Rovigo?
di Maria Libera Santato
I motivi possono essere tanti.
Perché si conosce qualcuno che ha
la malattia, o perché quel qualcuno
è un parente o molto più
semplicemente perché a te è stata
diagnosticato il Parkinson. E così è
stato Qualche anno fa, i miei
sospetti hanno preso corpo e mi
sono ritrovata a vivere anche
questa esperienza. Dire che è stato
un brutto momento è un giocare
sulle parole.
È stato terribile
Ho provato a convivere con questo
Signore, con il signor Parkinson
Quelli del 10%
di Alberto Renai
Vi chiederete il perché di questo titolo un po’ bizzarro che abbiamo dato
al nostro giornaletto. È presto detto: le statistiche dicono che il novanta
per cento dei parkinsoniani cade in depressione. E noi “parkies” di
Rovigo, questo non lo vogliamo. No, non lo vogliamo e faremo di tutto,
affinché i nostri amici e “colleghi di viaggio” non ci caschino. Siamo
impegnati a convivere con questa brutta malattia, non è proprio il caso
di aggiungere altre preoccupazioni. È anche per questa ragione che
abbiamo costituito un’associazione che, in pochi anni, ha riunito più di
sessanta soci. Ci incontriamo ogni mercoledì (dalle 15:00 alle 18:00)
nella Rotonda di Casa Serena, che è la nostra palestra. Fra i soci – alcuni
sono accompagnati dal coniuge, altri ancora da un amico – si è creata
un’atmosfera di cordialità e di fratellanza. Grandi artefici di questa
atmosfera sono la vulcanica Claudia Baratella, musicoterapeuta, che a
tempo di musica ci fa fare ginnastica (fa muovere anche i più pigri di
noi) e Ferruccio Cappato, maestro di tai chi chuan, che ci fa muovere in
sintonia con il suono dell’universo. La persona che ha creato tutto
questo è Libera, nostra presidente, donna eccezionale che lavora tutti i
giorni per sviluppare nuove idee e nuovi programmi.
Firmato da uno che farà
di tutto per rimanere nel dieci per cento.
come lo chiama la mia amica
Daniela; confesso che è stato
peggio di tutte le altre volte quando
ho dovuto affrontare pesanti
malattie, ma mi dicevano che si
potevano curare, che c’erano
possibilità di guarire….
Ora no
Ce l’hai e te lo devi tenere. Puoi solo
fare in modo che non progredisca
troppo in fretta. Che ti lasci un po’
di vita serena, se possibile.
Ho cercato allora di informarmi.
Tramite internet ho conosciuto
diverse associazioni di tutte le parti
del mondo e leggevo in
continuazione quello che
pubblicavano alla ricerca di parole
che mi confortassero.
Le ho trovate negli scritti dal
cardinale Martini là dove afferma
che bisogna parlare di quello che ti
sta succedendo, non nascondere
nulla perché la parola ti aiuta a
passare al contrattacco. Suggeriva
l’importanza del pensare positivo in
tutti gli aspetti della vita soprattutto
nelle forme di “stanchezza, apatia,
demotivazione, umore nero”, che
caratterizzano proprio questa
malattia.
Ho cominciato così a darmi
coraggio per rendere più facile
quello che affrontavo ogni giorno,
per impedirmi così di scivolare
verso pensieri negativi.
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La condivisione di sensazioni,
paure, angosce mi è sembrata
qualcosa che avrebbe alleggerito
il peso che mi era crollato
addosso.
È nata così l’idea di una
associazione dove poter
condividere quello che mi stava
succedendo per
• togliere malati e familiari dal
pesante stato di isolamento in
cui spesso si trovano;
• promuovere incontri con i
medici e con esperti nel settore
della riabilitazione;
• programmare attività di
sostegno psicofisico e
riabilitativo;
• aiutare i malati a convivere con
la malattia;
• migliorare il livello di qualità
della vita dei malati stessi;
• sollecitare e promuovere la
ricerca di nuovi mezzi di lotta
contro il Parkinson.
Ho condiviso con i medici che mi
hanno seguito all’inizio del mio
viaggio e che mi seguono ora e
subito mi hanno aiutato, spronato,
spinto ed ora eccoci qua con quanti
ci sono vicini e ci hanno aiutato. Si
ora non sono sola: siamo una
famiglia in continua crescita,
diverse persone fanno ormai parte
di questa associazione.
Il dottor L’Erario, primario del
reparto di neurologia dell’Ospedale
di Rovigo, e il dottor Barcaro sono
stati nelle riunioni del mercoledì,
hanno assistito ad una seduta di
musicoterapia o ad incontri dove
sono stati bersagliati dalle
domande dei soci
• Siamo convinti che una
Associazione può essere in
grado di coinvolgere gli
ammalati ed i loro familiari e
sensibilizzare l'Ente Pubblico
perché, con strutture e servizi
idonee risponda alle necessità
dei malati;
• organizzare convegni ed
incontri per approfondire i vari
aspetti della malattia sia dal
punto di vista medicoterapeutico che riabilitativo;
• disporre di un'equipe di
specialisti (neurologo, fisiatra,
foniatra, psicologo, tecnici della
riabilitazione) per consigliare,
prescrivere ed attuare interventi
organici a favore degli
interessati;
• fornire informazioni sui servizi
esistenti sul territorio
(assistenza domiciliare, pasti a
domicilio, trasporti, ecc.)
finalizzati al sostegno di coloro
che quotidianamente devono
affrontare i disagi causati dalla
malattia;
• organizzare incontri di
socializzazione e momenti
ricreativi (gite, pranzo sociale,
incontri in occasione di varie
ricorrenze).
Noi tutti vorremmo che
l'Associazione Parkinson potesse
costituire un punto di riferimento
valido e concreto per dare voce e
risposte alle necessità del malato
parkinsoniano e dei suoi familiari
con particolare attenzione a
ciascuna persona nella sua
globalità.
Potrei continuare all’infinito nella
ricerca delle motivazione che
fanno nascere un’associazione, mi
fermo qui.
Un grazie calorosissimo al parroco
del Duomo, monsignor don Carlo
Santato che ha dato la
disponibilità di una sala capiente
luminosa e ben riscaldata per i
nostri incontri del mercoledì dove
abbiamo cominciato un corso di
musicoterapia grazie alla
disponibilità di una carissima
amica musicoterapeuta Claudia
Baratella.
Ora siamo ospiti di Casa Serena e,
oltre a Claudia, con noi ci sono una
4
editoriale
logopedista Franca Osti e un
esperto di origami Maurizio Pizzo
che ci aiutano con esercizi vari a
tenere allenata la voce e le mani.
Un grazie specialissimo agli amici
dell’UISP in particolar modo a
Massimo Gasparetto, Luana Costa,
Elisa Ravarotto, Sara e a tutti gli altri
che con infinita pazienza e passione
ci stanno accompagnando nel
mondo dell’attività motoria pensata
per chi ha il Parkinson e persino
nell’elegante attività del nordic
walking.
Un grazie a quanti ci aiutano e ci
aiuteranno in questa avventura. Gli
esperti hanno continuato ad
aumentare anno dopo anno: il
maestro Ferruccio Cappato è
diventato ormai un habitué degli
incontri del mercoledì con le sue
preziosissime lezioni di tai chi
chuan. Ai diversi esperti si è
aggiunta, nei primi mesi del 2016,
anche Barbara Gradin, insegnante
di canto che è riuscita in pochissimo
tempo a far cantare tutti o quasi
(quel quasi sono io): probabilmente
si riuscirà a fare sì che si possa
scrivere nel nostro curriculum
“CORO”. Non si può non ricordare
l’AUSER con Vani, Maurizio, Angelo
e i moltissimi altri amici che si
prestano per il trasporto di molte
persone da casa alla sede di Casa
Serena ogni mercoledì e
ogniqualvolta ci sia da raggiungere
un posto lontano perché abbiamo
soci che necessitano di essere
trasportati da diverse zone del
Polesine. E’ importante ricordare
che dal 2012 siamo una ONLUS
possiamo così contare sul cinque
per mille di tanti amici che in
questo modo contribuiscono a
realizzare i nostri progetti.
Dal 2015 facciamo parte di
Parkinson Italia, una
confederazione di associazioni di
volontariato i cui punti di forza
sono l’autonomia e il volontariato.
Le 28 associazioni con 39 sedi sul
territorio nazionale, dislocate quasi
tutte nel nord Italia, mantengono
libertà di azione e nel contempo
evidenziano l’efficienza di una
struttura di coordinamento a livello
nazionale. Nel Consiglio Direttivo
della Confederazione Parkinson
Italia è stato eletto Carlo Pipinato,
vicepresidente con Gian Felice
Finotto della nostra associazione
L’Associazione è sorta perché
veramente da subito abbiamo
avvertito la necessità di
programmare attività di sostegno
psicofisico e riabilitativo e aiutare i
malati a convivere con il “nostro
signor P”, migliorando così il livello
di qualità della vita di molte
persone. Per raggiungere questi
obiettivi è stato necessario
consultare chi aveva già percorso
questo tipo di cammino e la
generosità di tanti amici ha
permesso a noi matricole, di
avventurarci nello strano mondo
del volontariato. Un grosso aiuto
l’abbiamo avuto dal CSV (Luca
Dallara, Sonia Rizzati, Francesco
Casoni) al quale ci siamo rivolti
dapprima titubanti, direi in punta
di piedi, poi sempre più fiduciosi e
rassicurati per aver incontrato
persone molto preparate e
disponibili a condividere le loro
competenze. È stato grazie a un
progetto da loro presentato che
siamo riusciti ad avere il
finanziamento per materiali e
attrezzature per realizzare gli
obiettivi presentati nell’ambito
della solidarietà sociale. È stato
così possibile realizzare attività di
sostegno e aiuto sia per i pazienti,
sia per i familiari. La dottoressa
Paola Guerrini si è occupata il
primo anno di parlare con i
pazienti e familiari una volta al
mese, mentre la dottoressa
Francesca Siviero ha visto i
pazienti in incontri settimanali sia
a Rovigo, sia ad Adria. I risultati
sono andati oltre ogni aspettativa
per le indubbie capacità e
competenze delle due
psicoterapeute.
Molte altre attività hanno
caratterizzato questi primi anni
dell’Associazione e tante persone
hanno dato un fattivo contributo.
A tutte un sentito ringraziamento
e un arrivederci con l’intenzione di
risentirci al prossimo numero con
gli approfondimenti del caso.
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attività
PROGRAMMA
delle attività
associative
di Gianfelice Finotto
Alla metà di settembre
riprenderanno le attività della
Associazione Parkinson Rovigo &
Amici Onlus. Un calendario ricco,
che prevede settimanalmente
numerose iniziative che vanno dal
progetto di ascolto e sostegno ai
malati di Parkinson al Tai Chi
Chuan, dalla logopedia alla palestra,
dagli incontri con neurologi e
fisiatri alla musicoterapia (integrata
quest’anno da movimenti di
danza), da un congresso scientifico
alla tradizionale corsa di primavera
ad Adria.
Dopo la pausa estiva riprendono
tutte le attività di sostegno che
l’Associazione mette a disposizione
dei propri soci e dei loro familiari.
Rispetto alla prima metà dell’anno
nulla è cambiato, ma nel corso di
questo scorcio finale del 2016,
saranno avviate altre attività ed
eventi.
Il progetto “Ascolto e sostegno ai
malati di Parkinson” prevede la
creazione di un’attività di rete tra i
malati per il sostegno reciproco e
contempla l’attivazione di incontri
settimanali nella sede di Rovigo ai
quali si affiancheranno incontri
programmati ad Adria e Badia
Polesine. Potranno parteciparvi sia i
malati sia i familiari, che sono
destinatari, a loro volta, di un
supporto psicologico nell’assistenza
del malato di Parkinson.
L’avvenimento che concluderà il
2016 sarà la Giornata Nazionale del
Parkinson che celebreremo con un
convegno medico scientifico.
Nel mese di aprile del 2017 non
mancherà l’ormai tradizionale
“Run for Parkinson” di Adria;
questa volta miriamo a superare di
slancio i settecento partecipanti,
numero che abbiamo solo sfiorato
nel 2016. In programma ci sono
inoltre l’organizzazione di alcuni
spettacoli: una commedia in
dialetto Veneto, un concerto di
tributo a un cantautore italiano, la
rappresentazione a Rovigo di uno
spettacolo di balletto e di mimo
allestito dagli amici
dell’Associazione di Mestre Venezia
e chissà cos’altro ci verrà in mente.
Proseguiranno infine i nostri
laboratori del mercoledì
pomeriggio dalle 15 alle 18:
• Tai Chi Chuan
con Ferruccio Cappato
• Musicoterapia
con Claudia Baratella
• Canto corale
con Barbara Gradin
• Origami
con Maurizio Pizzo
• Logopedia
con Franca Fracalanza
E per finire tranquillizziamo tutti
che saranno riproposti i nostri
pranzi fra amici - quattro o cinque
nel corso dell’anno - a partire da
quello di Natale.
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breve storia
breve storia
delle associazioni
di volontariato
di Carlo Pipinato
L'antropologia ci insegna che
l'uomo è un essere sociale, il quale
gradisce e cerca la compagnia dei
suoi simili; un uomo che in epoche
preistoriche si associava con altri
uomini per cacciare, per razziare i
villaggi vicini, per difendersi dai
potenziali nemici, a loro volta
organizzati in bande (associazioni)
ostili. Definire questo
comportamento primitivo come
una specie di “associazione” è
ovviamente azzardato, ma non del
tutto fuori luogo come vedremo
più avanti.
Qualche millennio più tardi, ancora
prima di Cristo, la Roma
repubblicana ci offre l'esempio di
un primo embrione di
associazionismo: come potremmo
interpretare – in chiave moderna
– le lotte tra Patrizi e Plebei se non
come conflitti fra associazioni di
stampo politico o sindacale?
Passati altri 500 anni, durante la
decadenza dell'impero romano
l'Italia, impoverita da decenni di
guerre interne, subì le ricorrenti
invasioni delle orde barbariche.
Con un linguaggio forse scherzoso
ma corretto, potremmo definirle:
”associazioni volontarie di individui
violenti ed incolti, dediti al prelievo
forzoso di beni altrui quali raccolti
dei campi, animali da cortile e da
lavoro, giovani donne e bambini”.
Tra le orde associative più
tristemente famose molti ancora
ricordano i Vandali, i Goti e
soprattutto gli Unni di Attila.
Il racconto, fin qui, mirava a
dimostrare che l'associazionismo
contemporaneo non nasce dal nulla,
ma che si manifesta sul finire del
'700, innestandosi su un passato non
privo di annunci.
Perché dobbiamo aspettare la fine
del Settecento per cogliere i primi
segnali di un associazionismo
moderno? Le ragioni sono tante
ed un piccolo cenno a quelle
principali è indispensabile.
Negli anni di passaggio tra il
Settecento e l'Ottocento, la chiesa
cattolica fu privata di una quantità
enorme di beni materiali in
Francia, Spagna, Portogallo e nei
sette o otto staterelli che si
spartivano il territorio Italiano.
Senza risorse, la chiesa fu
costretta a ridurre drasticamente
gli aiuti ai poveri, una specie di
“welfare caritatevole”, messo in
opera fin dal Concilio di Trento,
che mirava – tra altre cose – a
stabilizzare il potere politico e
religioso, stroncando alla radice il
ribellismo delle masse di affamati.
Nello stesso periodo l'Europa Nord
Occidentale fu investita
dall'ondata della prima
industrializzazione, quella del
tessile e delle macchine a vapore.
La rivoluzione industriale partì, già
intorno al 1750, dall'Inghilterra,
ricca di miniere di ferro e carbone,
e si estese via via in Belgio,
Francia, Paesi Bassi, Svezia,
Danimarca e infine nelle decine di
piccoli stati, regni, principati,
ducati, domini vescovili, città libere
della Germania, tra i quali
primeggiava la Prussia, astro
nascente della politica europea.
La rivoluzione industriale portò ad
un forte rinnovamento dell'ordine
economico precostituito, si
vennero a creare ricchezze
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inimmaginabili e povertà
devastanti. Occorre ricordare che
nella prima metà dell'Ottocento la
durata della vita media in Europa
Occidentale si abbassò dai 5 ai 10
anni rispetto ad un secolo prima.
Il terreno sociale era stato reso
fertile perché si manifestassero,
certo a fatica, le prime forme di
associazione, di partito e di
sindacato moderni.
I più antichi sindacati operai – quelli
inglesi – ebbero un esordio molto
difficile e contrastato, la loro
matrice può essere identificata
nelle società di mutuo soccorso, le
“friendly societies”, ammesse per
legge nel 1793.
Il problema della salute degli
operai – spesso donne e bambini
– era così importante che, intorno
al 1840 in Inghilterra e in Francia,
furono condotte le prime
inchieste sulle condizioni di vita
delle classi lavoratrici. Ci furono
inoltre alcuni tentativi di
legislazione sociale per cercare di
eliminare il peggiore
sfruttamento. Le prime
associazioni di volontariato
avevano fondamentalmente la
stessa origine dei sindacati.
Intorno al 1840 erano nate, anche
in Italia, le prime società di mutuo
soccorso: erano associazioni
volontarie costituite per migliorare
le condizioni materiali e morali dei
lavoratori. Tali “società” si
fondavano sulla mutualità, sulla
solidarietà ed erano strettamente
legate al territorio in cui si erano
formate. La spinta alla loro
affermazione venne da una
progressiva presa di coscienza da
parte dei lavoratori delle proprie
condizioni e dalla ricerca di
migliorarle. In definitiva
l'associazionismo volontario nel
nostro paese si radicò intorno a
metà secolo e si sviluppò con
forza dopo l'Unità d'Italia nel 1861.
Negli anni ’80 e ’90 dell’Ottocento
le società di mutuo soccorso
crebbero rapidamente di numero
e in breve costituirono una
consistente realtà su tutto il
territorio nazionale, specialmente
al Centro Nord. A fondamento di
queste associazioni di lavoratori e
lavoratrici era il riconoscimento di
una comunanza dei rischi legati
all’attività lavorativa (malattia,
invalidità, infortunio,
disoccupazione o morte).
A partire dal 1883 e fino al 1912, fu
approvata una serie di leggi che
istituirono le Casse Nazionali
contro gli infortuni, di previdenza
per invalidità e vecchiaia nonché a
tutela della maternità.
Dopo la prima guerra mondiale,
tra il 1925 e il 1926, il governo
fascista mise sotto controllo la
gestione della previdenza sociale,
che fu definitivamente sottratta
alle società di mutuo soccorso.
Nel giro di un decennio il regime
fascista riportò l'Italia delle
associazioni libere e volontarie ai
tempi delle corporazioni, non più
libere ma di stato.
Il secondo dopoguerra fu
caratterizzato dalla costituzione, o
meglio dal completamento, del
sistema di welfare nazionale.
Una legge del 1978 soppresse il
sistema mutualistico ed istituì il
"Servizio Sanitario Nazionale". Le
Associazioni di Mutuo Soccorso
non avevano più motivo di
esistere, mentre sempre più forte
si manifestava l'esigenza di aiuto e
sostegno nei confronti dei cittadini
più deboli o più sfortunati.
Tra questi c'erano i malati, gli
anziani e i disabili in condizioni
economiche disagiate, ma anche i
bimbi problematici o provenienti
da famiglie problematiche.
Era giunto un altro mutamento
profondo della società italiana ed
europea, cominciarono a sorgere
le associazioni di volontariato così
come le conosciamo oggi. Nel giro
di un ventennio la nascita di nuove
associazioni fu così caotica ed
esplosiva, che si avvertì il bisogno
di promulgare una legge che
riconoscesse le Associazioni di
volontariato e ne disciplinasse i
criteri operativi e legali.
La legge 266/1991 regola il
volontariato organizzato che
prevede l'assenza di finalità di
lucro, l'elettività delle cariche
associative, la gratuità delle
prestazioni dei soci, i loro diritti ed
obblighi.
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testimonianze
Il mio primo
CONVEGNO
di Daniela Zampirollo
Ero malata da pochi anni. Mi
trovavo ancora nella fase iniziale,
quando sei convinto che c'è stato
un errore, quando ritieni
impossibile che tu, proprio tu,
abbia il Parkinson. Sapevo che a
Milano ci sarebbe stato un
convegno sulla malattia ed ero
curiosa di sentire cosa ci fosse
“da dire”.
Ho voluto quindi parteciparvi.
Contrariamente a come faccio di
solito, mi sono messa in terza fila
perché avrei visto il meno possibile
di “quella gente” che (ne ero
convinta) non aveva niente a che
fare con me. Guardavo questo
grande popolo di Parkinsoniani
che si ritrovavano felici, si
abbracciavano, piangevano,
ridevano. Mi sentivo esclusa da
questo loro mondo e non capivo se
ero felice di esserlo o se avrei
voluto farne parte anch'io. Ce
n'erano di tutte le età e di più o
meno gravi, ma mi sembravano
tutti animati da una grande voglia
di vivere. Si salutavano, si
raccontavano dei figli, ricordavano
l'ultima gita fatta insieme e io lì,
come un sasso immobile, nel mio
ascoltare stupita, nel mio
osservare.
Quante cose mi mi sono passate
per la mente in quelle ore! Quanta
tristezza, quanta voglia di alzarmi e
scappare fuori, correndo il più
lontano possibile, fino a non avere
più fiato in gola. E invece dovevo
restare lì, dovevo
rimanere, ascoltare,
vedere. Lì, in mezzo a
quella gente che era
come me. Lì, a
rendermi conto che
tutto questo non era
un sogno. Ho ascoltato
quello che i ricercatori
illustravano, ma
quando è arrivato il
momento degli
interventi sono scoppiata a
piangere. Ho pianto per chi, malato
ormai da troppo tempo,non
sapeva più come gestire la
malattia. Ho letto negli sguardi di
troppa gente la delusione di un
farmaco che non arriva. Ho pianto
perché ho visto come sarà il mio
futuro ed ho avuto paura. Ho
pianto con disperazione buttando
fuori tutta la rabbia che avevo
accumulato.
Ma dopo tante lacrime ho fatto un
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po' di ordine nei miei pensieri ed
ho capito che non si può
combattere contro qualcuno di
cui, testardamente, continui a
negare l'esistenza.
Ho imparato a guardarmi
intorno e a cogliere l'affetto di
chi mi sta vicino.
La malattia mi ha dato una forza
incredibile, una voglia di vivere
enorme. Ho capito che ogni piccola
cosa è una conquista e che tutto,
nella vita, ha un valore. Ho
imparato a vivere alla giornata
senza programmare nulla. Ho
dovuto imparare a sfruttare le
risorse che ancora mi restano. E
così è iniziata la dura battaglia tra
me e il “Sig. P”. Io voglio
vincerla,questa battaglia! Che
avanzi pure, nel suo cammino!
Troverà pane per i suoi denti. So
quello che sta succedendo dentro
di me. Ho sempre le antenne
pronte a cogliere i possibili segnali
negativi, ma so anche che quando
la rabbia prevale sulla paura allora
significa che sta aumentando la
voglia di combattere.
Ho imparato a ridere di tante cose.
Ho imparato a considerare
l'Associazione come la mia
seconda famiglia e non ci sono
confronti, da fare! Ognuno di noi
ha qualcosa di speciale e così,
quando ci ritroviamo il mercoledì,
ognuno di noi porta qualcosa di
suo: c'è chi porta un dolce, chi
racconta una barzelletta.
I dolori del singolo diventano i
dolori di tutti. L'esperienza di chi
con coraggio ha provato nuove
cure diventa la speranza di chi non
sa o non vuole decidersi a
rischiare. Siamo persone anche noi
con la nostra voglia di amare, di
sentirci “vivi” dentro. Abbiamo
sempre un qualcosa da festeggiare
e ci mescoliamo ad amici e parenti
perché la nostra associazione è
aperta a tutti.
La malattia mi ha fatto un dono.
Mi ha arricchito di amici, mi ha
riempito di voglia d'amare, mi ha
insegnato a godere delle piccole
cose (e non è poco).
Ringrazio la nostra Presidente, la
nostra amica Libera che ha saputo
farci sentire “uniti” con amore uniti
nel dolore... Ed al sig. P. voglio dire
una cosa sola: siamo in tanti, a
combatterti, ricordalo, tu puoi farci
cadere, abbatterci, deprimerci, ma
ci sarà sempre qualcuno disposto
ad aiutarci a risalire, al contrario di
te, che continuerai ad essere solo.
10
testimonianze
PRIMI PASSI
di Raffaella Bisi
Sono entrata dove non sapevo.
A chi mi chiede come mi sento
rispondo:”In transito”. A chi mi
chiede come vedo la mia malattia
dico: “Le azioni rincorrono i
pensieri”. Cerco il filo che mi porti
a casa, ma non riconosco la casa.
Il mio modo di sentire gli affetti
non è cambiato, ma sento di non
poterli più collocare dentro la
stessa casa. Casa e corpo credo
coincidano. E’ una casa che
conosco, ma è tutta in disordine
perché qualche burlone deve
avermi spostato i mobili. Ogni
giorno la stessa storia e poi viene il
bello quando cerco di rimettere la
mobilia come piace a me, perché
scopro che le cose sono
stranamente troppo pesanti e
sembrano quasi incollate al
pavimento. Mi rassegno e
comincio ad organizzare le mie
care abitudini con i nuovi spazi e di
nuovo trovo tutto sottosopra,
almeno secondo la mia memoria.
Con santissima pazienza
ricomincio ad orientarmi e
ricolloco la sottoscritta ignara che
il giochino continuerà.
Mi chiedo: “Ma è poi così
necessario rimettere tutto a
posto? Chi dice che le mie gambe,
le mie braccia e le mie orecchie
non vadano bene anche così?
Sono come una disciplina che
educa se stessa. Credo che
qualcuno mi abbia risposto, ma
dentro qualcosa mi allontana
dall’udire.
Sento che devo capire, ma non
capisco, che devo camminare e lo
faccio lentamente, che devo
seguire il copione del
“sicuramente esagero”, ma non fa
per me. Ho paura della possibile
fuga di chi mi sta intorno
soprattutto se mascherata da
aiuto perfetto. Meglio la
franchezza che non ti obbliga a
dire che stai bene. Le gambe non
mi permettono di correre in fuga,
ma posso farlo dentro, giorno
dopo giorno, fino a capire
finalmente che vale la pena di
restare.
Conosco finalmente Libera, nome
perfetto per la mia ricerca, ma
sicuramente difficile per la
consapevolezza che mi porta.
Sono “posseduta” da un uomo
morto tanto tempo fa, ma che sa
come mi sento! Panico folle e
domanda improvvisa: “Adesso chi
mi ascolterà e mi crederà?”
Schiere di onorati neurologi non
hanno capito se non dopo forti
proteste e adesso questa amica
sconosciuta mi ascolta.
Comincio a spedire e-mail e lei mi
risponde subito. Sto aspettando di
essere nuovamente ricoverata per
“revisione motore” e lei mi
accompagna, invisibile, ma forte.
Ho una gran paura di incontrarla
perché la sua malattia mi farà
sentire davanti ad uno specchio,
ma poi penso che sia
incoraggiante sentirsi presi per
mano da chi capisce senza farti
fare la fatica di spiegare. Ecco,
zampetto verso l’associazione e la
curiosità prende il posto della
paura. Libera mi racconta che
anche lei litiga con le monetine
alla cassa del supermercato e
allora mi avvicino un po’ di più.
Libera mi chiede se voglio
incontrarla, per la prima volta, in
zona neutrale o nella tana del
lupo. Il mio orgoglio la fa da
padrone suggerendomi di
affrontare la salita più faticosa. La
casa di Libera si era trasformata
nel K2 e per giunta senza funivia!
“Bel garbuglio…” da sciogliere, dice
un personaggio di Alice nel paese
delle meraviglie (il Brucaliffo per
gli intenditori). L’incontro è stato di
immediata solidarietà per me e
quando sono uscita dalla casa di
Libera... cantavo per la strada!
Poi la biblioteca di Casa Serena in
un pomeriggio strano per me.
Cerco ancora di capire, ma forse
non serve.
Sorrisi e calda accoglienza dai miei
“simili” e dai loro familiari.
Esco dubbiosa ma sento di fare
già parte della famiglia.
Grazie a te Libera e grazie a tutti
quelli che avranno la pazienza di
conoscermi.
poesie
Poesie
Notte
di Alberto Mario Argenti
di Mario Toso
IERI
Eva,
nata da una costola di Adamo,
tradì la fiducia del Creatore
condannandoci al peccato originale.
OGGI
Maria,
Vergine purissima,
serva di Dio,
salva l’umanità generando Gesù,
che come un agnello viene immolato.
DOMANI
Egli risorgerà
affinché si avverino le profezie
della nostra redenzione.
VECCHIAIA
Le albe
dei tuoi primi mattini,
t’abbracciano
con cocenti raggi di sole;
nel loro calore
non t’accorgi dell’arrivo della sera,
se non quando
l’ombra della notte
è già su di te:
vecchio
ERBA VERDE
Questa notte è fuggita via
come
un fruscio di vento
nell’erba verde della vita.
È notte: mi sveglio,
ti guardo e penso
con te io sto meglio,
tu alla mia vita hai
dato un senso.
Penso spesso
che, se al fin della vita
fosse possibile la svolta,
dichiaro fin d’adesso,
con gioia infinita,
comincerei un’altra volta.
Penso al tempo passato,
al nostro vissuto,
al tanto che hai dato,
al poco che hai avuto.
Sono già cinquant’anni,
da che ci siam conosciuti,
un po’ di malanni
anche noi li abbiamo avuti.
Fantasia
di Santina Cavalieri
Scivola la penna; barca nel mare;
galoppano parole, libere onde.
Dopo il temporale
splende l’arcobaleno.
Va la fantasia:
corre salta e vola via
sopra cime imbiancate,
meravigliose cascate,
foreste di liane intrecciate e, città sommerse.
Ascolta le mamme
che cullano piccini
inventando fiabe fantastiche
e dolci ninne nanne.
Arriva in alto nel firmamento,
libera i sogni che fra le stelle si accendono!
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informazioni
ASCOLTO E SOSTEGNO
ai malati di Parkinson
Il progetto “Ascolto e Sostegno ai malati di Parkinson”, cofinanziato dal
Centro Servizi del Volontariato di Rovigo, risponde alla volontà di
individuare delle strategie per il benessere psicofisico in soggetti come i
malati di Parkinson, per i quali oggi la medicina offre un aiuto parziale.
Dalle richieste delle persone ammalate è risultata evidente la necessità
di recuperare la funzione sociale con attività condivise, per cercare di
superare l’isolamento in cui spesso i malati tendono a richiudersi. Il
progetto intende migliorare in modo effettivo e controllabile le
condizioni di salute mentale delle persone affette dalla Malattia di
Parkinson. Malattia degenerativa, per la quale si cerca di contrastare il
deperimento neuromuscolare, rallentandone la progressione, offrendo
uno strumento di contrasto alla depressione che colpisce i malati in una
percentuale del 70%. In particolare il laboratorio di mutuo aiuto vuole
rispondere ad una esigenza di supporto sia per il malato sia per le
persone coinvolte, come familiari, amici,
ARRIVA
IL PULMINO!
La Fondazione Cariparo
ha accolto la nostra domanda di contributo
Il Parkinson comporta una importante serie di visite neurologiche,
sedute fisiatriche e di psicoterapia.
Le persone affette dalla malattia di Parkinson, i loro familiari ed amici,
vivono, spesso sole, il forte disagio di una malattia invalidante nel lungo
periodo.
Parkinson Rovigo vuole aiutare i malati bisognosi con un servizio di
trasporto e di accompagnamento, per questo si è adoperata per
l’acquisto di un pulmino di 8/9 posti con l’obiettivo di garantire
dignità a cittadini in condizioni di disagio.
Quelli
del 10%??!!
Direttore responsabile
Maria Libera Santato
Comitato di redazione
Carlo Pipinato, Maria Libera Santato,
Gianfelice Finotto
Fotografie
Lena Charlotta Gustafsson
Direzione, Redazione e
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Associazione Parkinson
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Facciamo molto, ma forse ancora troppo poco, in
favore di quelli che ci stanno vicino. Non facciamo
abbastanza, nei confronti delle istituzioni
nazionali, per promuovere una legislazione
favorevole e giusta per chi è colpito dalla malattia.
Per questo aderiamo a Parkinson Italia che è una
Confederazione delle diverse Associazioni locali e
svolge un ruolo di coordinamento a livello
nazionale.
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