Tesi Fattorie Sociali - Patto Zona Ovest Torino
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Tesi Fattorie Sociali - Patto Zona Ovest Torino
Università degli Studi di Torino Facoltà di Agraria Corso di laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie “Scenari e prospettive dell’agricoltura multifunzionale: le fattorie sociali” Analisi dei canali di distribuzione dei prodotti dell’agricoltura sociale Relatore Prof.ssa D. Borra Autore Roberta Gariglio Luglio 2008 INDICE INTRODUZIONE....................................................................................................................2 CAPITOLO 1 - IL RUOLO DELL’AGRICOLTURA OGGI ............................................5 1.1 Le fattorie sociali .............................................................................................................8 1.2 La realtà europea............................................................................................................11 1.2.1 Horticultural therapy................................................................................................12 1.2.2 Pet therapy ...............................................................................................................12 1.2.3 In Olanda..................................................................................................................13 1.2.4 In Norvegia ..............................................................................................................14 1.2.5 In Francia .................................................................................................................15 1.2.6 In Italia ed in Piemonte............................................................................................16 CAPITOLO 2 - PROPRIETA’ TERAPEUTICO-RIABILITATIVE DELL’AGRICOLTURA.......................................................................................................19 2.1 Terapia con le piante......................................................................................................21 2.2 Terapia con gli animali ..................................................................................................25 CAPITOLO 3 - RAPPORTO TRA DISABILITA’ E FILIERA PRODUTTIVA...........27 3.1 Inserimento lavorativo di soggetti disabili.....................................................................29 CAPITOLO 4 - I PRODOTTI ETICI..................................................................................33 4.1 Intervista dell’Università della Tuscia di Viterbo..........................................................36 CAPITOLO 5 - IL PROGETTO “FATTORIE SOCIALI” ..............................................38 CAPITOLO 6 - IL TERRITORIO DELLA ZONA OVEST DI TORINO ......................40 6.1 Le esperienze di agricoltura sociale nella zona ovest ed in Provincia di Torino...........44 CAPITOLO 7 - I CANALI COMMERCIALI....................................................................52 7.1 Alcune ipotesi di linee produttive ..................................................................................52 7.2 I prodotti delle fattorie sociali e i canali di commercializzazione .................................53 7.2.1 Intervista ai GAS .....................................................................................................57 7.2.2 Intervista alla Coldiretti ...........................................................................................59 7.2.3 Intervista alla COOP................................................................................................61 7.2.4 Intervista alle botteghe di commercio equo e solidale.............................................62 7.2.5 Intervista ad Eataly ..................................................................................................64 7.2.6 Intervista a Slow Food .............................................................................................65 7.3 Ipotesi di commercializzazione .....................................................................................66 CONCLUSIONI.....................................................................................................................71 BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................74 INTRODUZIONE Negli ultimi anni il settore agricolo ha subito un’evoluzione, non è più visto solamente come una fonte produttiva e di reddito, ma anche come un mezzo per valorizzare le aree rurali e le aree marginali, per offrire servizi ai cittadini al fine di aumentare il loro benessere, per integrare quella parte di popolazione emarginata perché trattasi di soggetti disabili, svantaggiati, tossicodipendenti, ex detenuti, persone non più competitive sul mercato del lavoro a causa dell’età avanzata o perché non corrispondono ai profili richiesti dal mondo del lavoro. Tutte queste possibilità derivanti dal mondo agricolo riassumono il concetto di multifunzionalità dell’agricoltura. Questo forte cambiamento caratterizzante l’agricoltura deriva per gran parte dalle nuove esigenze della popolazione e dai mutamenti socio economici e culturali dell’ultimo decennio. La rivalutazione delle aree rurali nasce dalla crisi del modello urbano, a causa dei ritmi di vita sempre più frenetici, dell’individualismo, della perdita dei valori della vita e dal bisogno dei cittadini di riprodurre i valori di solidarietà, di reciprocità e di mutuo aiuto. Il mondo della campagna viene visto come un luogo più vivibile, dove è possibile instaurare relazioni più umane con gli individui e dove la salute dell’uomo e degli animali è maggiormente rispettata. Inoltre tutto ciò è spinto anche da una maggiore attenzione verso i temi riguardanti l’ambiente, l’inquinamento, i problemi legati all’energia e alla qualità degli alimenti. L’agricoltura sociale, in quanto forma della moderna ruralità, sta aprendo prospettive inedite all’affermazione di nuovi modelli di welfare. La possibilità è data dall’esigenza di fronteggiare un punto di debolezza e dall’opportunità di far leva su di un elemento di forza, entrambi presenti nelle aree rurali. Da una parte, la riduzione delle risorse pubbliche per assicurare servizi adeguati ai bisogni della popolazione, benché generalizzata, rischia di ripercuotersi con maggiore evidenza nelle aree rurali, dove i costi dei servizi sono più elevati a causa di un insediamento abitativo più rarefatto e di una presenza di anziani più elevata. Dall’altra, sono le stesse aree rurali a presentare potenzialità più corpose, per attivare modelli di welfare locale in grado di agire sulle reti tradizionali di accoglienza, di reciprocità e di mutuo aiuto. Queste reti spesso sono già abbozzate a livello rudimentale e, dunque, si tratta solo di rivitalizzarle e gestirle in modo imprenditoriale, in forte connessione con le economie locali legate alla domanda di ruralità che proviene dalle aree urbane. L’agricoltura sociale appare come una innovazione organizzativa che può arrecare vantaggi in più direzioni: per il servizio pubblico che risparmierebbe l’investimento sulle 2 strutture; per le imprese agricole, che vedrebbero dilatarsi le opportunità di valorizzazione delle risorse aziendali; per le persone svantaggiate, a cui si aprirebbero nuovi orizzonti in vista del pieno riconoscimento della propria dignità. La sfida è organizzare questa funzione in modo tale che se ne ricavi un’opportunità lavorativa per queste persone e nello stesso tempo un reddito aggiuntivo per l’impresa. Lo sfondo di riferimento di questo lavoro è la commercializzazione dei prodotti delle Fattorie Sociali. L’elaborato è articolato in sette capitoli. Nel primo capitolo viene descritto il ruolo dell’agricoltura oggi e la funzione delle Fattorie Sociali. Inoltre viene fornita una panoramica di come l’Europa, l’Italia ed il Piemonte si stanno muovendo verso questa direzione. Nel secondo capitolo vengono descritte le proprietà terapeutico riabilitative dell’agricoltura e i benefici che apportano la terapia con gli animali e con le piante. Nel terzo capitolo viene analizzato il rapporto tra disabilità e filiera produttiva ed il processo attraverso cui avviene l’inserimento di persone disabili all’interno di un’azienda. Nel quarto capitolo viene preso in esame il comportamento della società post-moderna, per quanto riguardano i consumi, sottolineando che si sta diffondendo sempre più un consumo responsabile. Inoltre vengono descritti i prodotti etici, verso cui vi è sempre un maggiore interesse. Nel quinto capitolo si presenta il progetto Fattorie Sociali, promosso e finanziato dall’Assessorato al lavoro della Provincia di Torino che intende far partecipare le persone diversamente abili o in condizione di emarginazione sociale ad esperienze di rieducazione funzionale e di lavoro all’interno di aziende agricole o di strutture che possano creare oltre che formazione un volano occupazionale. Nel sesto capitolo viene preso in analisi il territorio della zona ovest di Torino e quindi dei comuni facenti parte del Patto Territoriale della Zona Ovest di Torino. E’ stata fatta una panoramica sulla situazione dell’agricoltura in questo territorio, al fine di capire l’importanza che riveste il settore agricolo in questa zona. Inoltre è stato fatto un elenco dei beni che le aziende offrono per comprendere quali potrebbero essere i prodotti offerti da eventuali fattorie sociali che potrebbero nascere. In seguito si sono pensate tre linee di fattorie sociali e si è ipotizzato attraverso quali canali potrebbero essere commercializzati i loro prodotti. Nel settimo capitolo, dopo aver analizzato le caratteristiche delle possibili vie di commercializzazione dei prodotti delle Fattorie Sociali, si è cercato di capire quali canali potrebbero essere i più idonei alla prima fase e cioè quella di sviluppo e promozione del 3 prodotto e quali più adatti alla vendita e distribuzione. Inoltre per ognuno dei canali sono state ipotizzate ed elencate le diverse operazioni da eseguire per la gestione di queste attività. 4 CAPITOLO 1 - IL RUOLO DELL’AGRICOLTURA OGGI Negli ultimi tempi il ruolo dell’agricoltura non è cambiato, ma si è diversificato, oggi infatti si parla di multifunzionalità dell’agricoltura. Questo termine indica i diversi ruoli che l’agricoltura può coprire e quindi la possibilità di realizzare congiuntamente più tipologie di beni e di servizi. I campi più esplorati dall’idea di multifunzionalità riguardano la realizzazione di prodotti tipici (contenenti valori simbolici), della produzione e conservazione del paesaggio e delle risorse ambientali, dell’erogazione dei servizi al turismo. Inoltre l’agricoltura riveste anche un ruolo nel sociale, ossia di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, a rischio di esclusione dalla società. Le aziende che praticano agricoltura sociale, tendono a prestare servizi molto differenziati, che vanno dai servizi educativi ai nidi familiari, al recupero e all’accoglienza di minori e giovani immigrati, di persone a bassa contrattualità (disabili psichici, psichiatrici e fisici, tossicodipendenti, detenuti ecc..), all’organizzazione del turismo sociale per specifiche categorie di soggetti. Un altro servizio che potrebbe ancora offrire l’agricoltura è quello rivolto alle persone anziane, attraverso la creazione di orti urbani, contribuendo in tal modo a ridurre l’isolamento dalla società e al mantenimento del benessere psicofisico dell’anziano, con conseguente risparmio per il servizio sanitario nazionale. In un’ottica di welfare rigenerativo, le prestazioni dell’agricoltura sociale sono di particolare interesse in quanto: • consentono di allargare la tipologia e gamma dei servizi diffusi sul territorio anche a fronte di una riduzione delle risorse disponibili per finanziare i sistemi di welfare; • consentono di stabilire nuove reti di rapporti nelle aree rurali promuovendo la rigenerazione del capitale sociale ed accrescendo la reputazione di questi territori; • favoriscono la presa in carico e la responsabilità degli operatori privati rispetto alle comunità locali, stimolando la rivisitazione di concetti di accoglienza, reciprocità ed apertura che rendono le aree rurali attraenti all’esterno; • assicurano la tessitura di legami improntati sulla responsabilità sociale, delle imprese e delle comunità locali; 5 • contribuiscono ad offrire valori di differenza rispetto all’organizzazione sociale presente nei contesti urbani. La funzione originaria dell’agricoltura è quella economica, produttiva: produzione di alimenti, reddito e occupazione. Ma a questa funzione con il tempo se ne sono aggiunte altre: • una funzione di tipo ambientale, l’agricoltura infatti agisce con la natura, con l’ambiente, sempre più contribuisce a preservare degli habitat, a garantire la biodiversità, la cura del paesaggio, ecc; • una funzione turistica, di accoglienza, enogastronomia, la cui parte più visibile è rappresentata dagli agriturismi ed esperienze simili; • esiste poi una funzione che appartiene alla tradizione del mondo agricolo che è la funzione che possiamo chiamare sociale. E’ una funzione che ha a che fare con l’antica capacità del mondo agricolo di includere (pensiamo alla realtà italiana dove le aziende agricole coincidono quasi sempre con una famiglia e quanto questo abbia rappresentato un’opportunità concreta di lavoro per i famigliari che magari non riuscivano a trovare lavoro altrove). La fattoria sociale include quindi tutte queste funzioni, che rappresentano dei punti di forza importanti per progetti di recupero e inserimento lavorativo di persone con difficoltà. Nel contesto agricolo si ha a che fare per esempio con piante, animali, e con questi si ha un rapporto attivo. Ogni azione in un’azienda agricola ha un significato e si comprende, anche se si svolge una mansione piccola (per esempio dar da mangiare alle galline), si vede il prodotto finale e si ha consapevolezza del significato della propria azione. Tutto questo offre importanti elementi per un percorso di recupero funzionale e produttivo di persone disabili. Tutti questi elementi pongono l’agricoltura nella condizione di erogare servizi che contribuiscono a migliorare la qualità della vita per alcune fasce particolari della popolazione, come bambini, anziani, minori a rischio, persone con disabilità intellettiva e fisica. La sfida è organizzare questa funzione in modo tale che se ne ricavi un’opportunità lavorativa per queste persone e nello stesso tempo un reddito aggiuntivo per l’impresa. L’obiettivo è quello di espandere un’agricoltura responsabile, in grado di rispondere ai nuovi bisogni dei cittadini. Gli obiettivi che si vogliono perseguire sono i seguenti: • riproduzione dei valori di solidarietà, reciprocità e mutuo aiuto; 6 • nuove forme di welfare che valorizzino le specificità e le risorse delle aree rurali; • integrazione tra l’attività produttiva agricola e l’offerta dei servizi culturali, sociali, educativi, assistenziali, formativi,sanitari, a vantaggio di soggetti deboli; • collaborazioni tra imprese agricole, soggetti del terzo settore e istituzioni pubbliche per migliorare la qualità della vita e l’integrazione sociale dei soggetti svantaggiati e delle aree difficili; • legami con il mondo del consumo critico e con i gruppi di acquisto solidale. Operando a favore dei soggetti svantaggiati si opera anche indirettamente a favore dell’intera comunità a cui appartengono. Il dibattito e il progressivo interesse che la “funzione sociale” dell’agricoltura ha suscitato, è concomitante con il verificarsi di grandi mutamenti socioeconomici e culturali, che possono essere così riassunti: • crisi del modello urbano le cui caratteristiche più percepite sono la spersonalizzazione, la frammentazione, l’individualismo, la competizione e i ritmi della vita, che portano a rivalutare la vita nei centri rurali ritenuta più vivibile in termini di relazioni umane e salute; • crisi del sistema fiscale degli stati della Comunità Europea con conseguente drastico ripensamento della struttura dello stato sociale e ridotti trasferimenti finanziari agli enti locali a fronte di bisogni crescenti della popolazione; • aumento del rischio di emarginazione dal mondo del lavoro e della vita sociale di strati sempre più ampi di popolazione; • crisi del modello di politica agraria della Comunità Europea a fronte della globalizzazione e della concorrenza di stati emergenti con la progressiva riduzione delle risorse destinate ad essa; • crescente preoccupazione e sensibilità alla situazione dell’ambiente, alla qualità dell’alimentazione, inquinamento, problemi energetici. 7 1.1 Le fattorie sociali Le fattorie sociali nascono quindi per soddisfare le “nuove” esigenze della popolazione. La fattoria sociale può essere definita come un’azienda agricola che decide, pur mantenendo la sua funzione originale di produzione di prodotti agricoli, di offrire servizi alla popolazione (già indicati precedentemente). In questo caso ci si occuperà di aziende agricole che, affiancate da enti come ASL, Centri per l’impiego e servizi sociali, si offrono disponibili all’introduzione nel loro processo produttivo di persone svantaggiate. Queste ultime possono far parte o di un percorso terapeutico-riabilitativo o di inserimento lavorativo. Le fattorie sociali a fini terapeutici e riabilitativi svolgono attività utilizzando sia piante sia animali e si configurano in un variegato insieme di possibilità. Identificare le attività agricole che meglio si adattano alla riabilitazione ed all’occupazione di persone con problemi psichici e mentali è un compito complesso che deve coniugare conoscenze di natura medica e tecnico-agronomica; è chiaro che attività ottimali dal punto di vista terapeutico possono presentare difficoltà tecniche. Quindi è necessario che i due mondi trovino un linguaggio comune per riuscire ad individuare processi produttivi adeguati e tecnologie accessibili, non ripetitive e coinvolgenti. Le possibili mansioni che possono svolgere le persone con disabilità psichica o mentale inserite in programmi terapeutico-riabilitativi o di inserimento lavorativo nelle aziende agricole, sono molteplici. Fra le lavorazioni in campo sono particolarmente adatte il diserbo manuale, la concimazione organica, l’irrigazione, la rimozione dei residui delle potature e della raccolta dei prodotti. Se la struttura dispone anche di una serra, allora le attività possibili diventano davvero numerose: preparazione dei plateaux, semine, trapianti, diserbi, raccolta dei frutti stagionali, cura dei fiori, pulizia e riordino. Inoltre particolari attività offrono, oltre allo svolgimento delle diverse operazioni colturali, una partecipazione attiva nelle diverse fasi della trasformazione. Le piante, gli alberi, i fiori, i frutti rappresentano elementi agevolmente riconosciuti da tutti. Le piante inoltre non discriminano nessuno. Prendersi cura di organismi animali o vegetali, accresce il senso di responsabilità dell’individuo e ne consolida l’autostima. Un’altra importante caratteristica è che i prodotti che si ottengono, non portano ovviamente alcuna traccia della disabilità della persona che ha contribuito alla sua produzione. E’ un prodotto assolutamente paragonabile a quello ottenuto dai cosiddetti “normodotati” e 8 pertanto collocabile tranquillamente sul mercato. La commerciabilità dei prodotti dell’agricoltura sociale è dunque elevata e può trovare una migliore collocazione sul mercato se sostenuta da un adeguato sistema di valorizzazione. Si fa riferimento in questo caso alle potenzialità dei sistemi che certificano la tracciabilità sociale del prodotto. Queste condizioni si ritrovano nelle fattorie sociali, realtà agricole nelle quali si persegue un equilibrio tra l’attuazione dei processi produttivi che generano prodotti agricoli competitivi e l’offerta di un servizio di carattere sociale nei confronti di soggetti deboli. La fattoria sociale è un’organizzazione produttiva il cui grado di diversificazione è in genere più elevato di quello delle imprese agricole operanti sullo stesso territorio. La necessità di diversificare le attività produttive è dettata dal servizio di inclusione sociale che queste realtà perseguono. Un ordinamento produttivo diversificato aumenta le possibilità di inclusione sociale di soggetti con bisogni speciali ed amplia il ventaglio di mansioni necessarie alla conduzione delle attività produttive. Spesso la fattoria sociale conduce attività sia di coltivazione che di allevamento e si realizzano cicli produttivi in ambienti protetti quali le serre. Tali ambienti consento lo svolgimento di attività anche nelle stagioni o in giornate meno adatte al lavoro in pieno campo, dando così una continuità all’attività lavorativa particolarmente importante per alcuni soggetti svantaggiati. La serra, inoltre, rappresenta un microambiente particolare nel quale il rapporto uomo-pianta è molto ravvicinato e consente di osservare e percepire da vicino i risultati delle proprie cure verso le piante coltivate. La diversificazione viene anche perseguita integrando le attività agricole (allevamento e coltivazione) con altre attività a queste connesse e finalizzate all’offerta di servizi ai cittadini: realizzazione di percorsi didattici rivolti alle scolaresche e alla famiglie, apertura di un punto vendita per i prodotti aziendali, punti di ristoro in azienda o di ospitalità agrituristica. Queste attività determinano l’apertura dell’impresa verso l’esterno. L’apertura nei confronti dell’ambiente esterno è un aspetto di notevole importanza, perché si rischierebbe altrimenti di creare una sorta di “ghetto” ed inoltre contribuisce ad incrementare le entrate che generano sostenibilità economica al progetto. Attivando questi servizi la fattoria sociale non solo ne trae un beneficio economico e sociale, ma contribuisce anche ad ampliare la disponibilità di servizi nel territorio rurale e di conseguenza a migliorare la qualità della vita. Per quanto riguarda il metodo di coltivazione adottato dalle fattorie sociali, non deve essere obbligatoriamente quello del biologico. Attribuendo questa “etichetta del biologico” alle fattoria sociali, si fa un errore, perché è come se si mettesse un vincolo a chi intende 9 operare in questa direzione dell’agricoltura sociale. Le aziende che intendono fare agricoltura sociale possono coltivare sia secondo il metodo del biologico che secondo il metodo tradizionale. In questo ultimo caso, cercando comunque, di adottare un sistema a basso impatto ambientale, in modo tale da salvaguardare l’ambiente e la salute dell’uomo e degli animali. Questo sottolinea così una responsabilità sia sociale che ambientale. Vi sono inoltre delle motivazioni di ordine pratico: sviluppare processi produttivi in regime biologico o tradizionale a basso impatto ambientale evita la presenza e la manipolazione di prodotti in qualche misura tossici, in un contesto nel quale sono attivamente coinvolti soggetti che possono presentare forme di svantaggio anche grave; viene incrementato il livello qualitativo dei prodotti, arricchendoli di una “qualità ambientale” che una quota sempre più crescente di consumatori richiede e per la quale è disposta a pagare un prezzo più alto. Un altro importante aspetto è che il ciclo produttivo viene chiuso all’interno della fattoria sociale, a volte anche attraverso l’attuazione di processi di trasformazione in appositi laboratori aziendali. I beni prodotti vengono solitamente destinati ai consumatori finali in forma di vendita o in altra forma. La produzione di un bene agricolo “finito” è coerente con le strategie e gli obiettivi della fattoria sociale, perché assume un significato rilevante per i soggetti che vi hanno partecipato, soprattutto per quelli svantaggiati. Viene così percepita l’utilità del proprio contributo e la sua importanza. Inoltre, produrre beni alimentari finiti, fa si che l’azienda agricola si avvicini di più ai consumatori, sia con la vendita diretta in azienda, sia attraverso punti vendita esterni. Riassumendo i beneficiari delle attività di agricoltura sociale sono: • i soggetti che vengono attivamente coinvolti nelle attività dell’azienda, sia per finalità terapeutico-riabilitative, che di inserimento occupazionale; • la comunità locale, perché le attività di agricoltura sociale ampliano l’offerta di servizi alla persona disponibili localmente, creano capitale sociale e migliorano la vivibilità e la qualità di vita delle aree rurali; • il settore pubblico, perché trova nelle fattorie sociali dei soggetti in grado di garantire un livello minimo di erogazione di servizi sociali essenziali in aree marginali, a costi più contenuti e con risultati efficaci, limitando così la spesa pubblica. 10 1.2 La realtà europea In Europa vi sono differenti tipologie di attività agricole che svolgono funzione sociale: • in Belgio, Italia, Olanda, Norvegia e Slovenia vi sono le “care farms”, • in Gran Bretagna, Svezia e Stati Uniti prevale l’ortoterapia e la terapia con gli animali, • in Finlandia è presente la terapia con gli animali, • in Austria e Germania si possono trovare tutte queste forme di agricoltura sociale. Le differenze delle esperienze in agricoltura sociale sono molteplici e riguardano: la diffusione, le modalità di finanziamento, le attività, gli scopi, le fasce di popolazione a cui sono rivolte, il rapporto fra prevalenza dell’orientamento terapeutico e prevalenza dell’orientamento produttivo ed inserimento lavorativo. Si è visto che la distribuzione di queste aziende non è strettamente dipendente alla condizione e alla struttura organizzativa dell’agricoltura locale. Un esempio lo sono il Belgio e l’Olanda, in cui in questi ultimi anni si è registrato un aumento, dovuto in parte al peggioramento delle prospettive economiche di un’agricoltura fortemente orientata al mercato mondiale a causa della concorrenza dei paesi emergenti sul piano agricolo, per cui un numero crescente di agricoltori ricerca nuove attività per integrare il reddito. Per quanto riguarda il target, quindi le fasce di popolazione a cui si rivolgono, è molto vario. 11 1.2.1 Horticultural therapy Il termine horticultural therapy viene tradotto in italiano come “orticoltura terapeutica” o meglio “terapia assistita con le piante”. Infatti alcuni studi dimostrano che curando i fiori e le piante viene accresciuta la capacità di attenzione e di responsabilità, quindi i pazienti curando le piante curano loro stessi. Questo tipo di terapia nasce negli Stati Uniti, dove da dieci anni è praticata e studiata. Lo scopo è prevalentemente terapeutico-riabilitativo. E’ applicata a determinate categorie di disabilità o di disagio psichico, fisico, sociale, per le quali le pratiche di giardinaggio hanno sortito benefici osservabili clinicamente e capaci di ridurre una forte situazione di difficoltà o di limitazione psico-fisica. Prendersi cura di organismi viventi da soli o in gruppo: • stimola il senso di responsabilità e la socializzazione, • combatte efficacemente il senso di isolamento e di inutilità, • sollecita l’attività motoria, • migliora il tono dell’umore e dell’organismo in generale, • contribuisce ad attenuare i disturbi comportamentali, • orienta nello spazio e nel tempo stimolando alcune abilità cognitive. L’ortoterapia è praticata ampiamente negli ospedali, nei centri riabilitativi, nelle case di riposo oltre che nelle scuole e nei centri diurni. In Gran Bretagna è strettamente collegata con gli ospedali, mentre ad esempio in Svezia può essere collegata con le Università. Oltre all’aspetto propriamente terapeutico, si sta diffondendo sempre più, specialmente nei paesi anglosassoni e nordici, la consapevolezza della funzione sia curativa che preventiva per il benessere che ha il giardinaggio e l’utilizzo di giardini e ambienti paesaggistici naturali a fronte di una situazione ambientale sempre più urbanizzata. 1.2.2 Pet therapy La forma più diffusa di questo tipo di approccio terapeutico è l’ippoterapia riconosciuta come modalità utile per persone con disabilità mentale o fisica, con problemi comportamentali o disturbi psichiatrici. La pet therapy è utilizzata particolarmente con certi tipi di disabilità mentale quali l’autismo e con le forme depressive. Un’altra categoria di animali molto utilizzata è l’asino, perché animale affettuoso, che cerca il contatto fisico. 12 E’particolarmente indicato per quei soggetti con disturbi che alla base hanno una difficoltà nella sfera affettiva, disturbi di personalità, cognitivi e relazionali. Possono trarre vantaggio dall’onoterapia, persone sole, cardiopatici, ipertesi, bambini, malati psichiatrici, persone con problemi di ansia. Altri animali utilizzati sono i polli e i maiali, con persone depresse perché sono in grado di farli ridere e i bovini con persone iperattive, perché sono animali calmi. 1.2.3 In Olanda Dal punto di vista numerico ed organizzativo le cars farms in Olanda rappresentano la punta più avanzata del fenomeno di agricoltura sociale ed hanno alcune caratteristiche peculiari rispetto ad altre esperienze europee. Innanzitutto si inseriscono in un contesto agricolo altamente tecnologizzato, integrato dal punto di vista commerciale e molto competitivo sul piano internazionale. Negli anni ’90 alcuni fenomeni (di seguito elencati) hanno spinto gli agricoltori olandesi a trasformare le loro aziende in care farms: • la progressiva difficoltà degli agricoltori a far fronte alla crescente concorrenza di paesi emergenti che producono ed esportano a prezzi più concorrenziali, • la crescente resistenza dell’opinione pubblica olandese nei confronti di un settore agricolo ad alto impatto ambientale che riceve forti sussidi dallo stato, • l’aumento del disagio sociale e psichico nelle aree urbane, in un paese ad alta densità demografica. Le care farms sono lo sviluppo di aziende agricole già attive e mantengono una decisa vocazione imprenditoriale. Mentre in altri paesi come Italia e Francia molte delle attività agricole con funzione sociale sono state avviate da soggetti estranei al settore agricolo, come cooperative sociali e fondazioni. Inoltre la diffusione di queste attività ha influito sulla struttura delle imprese agricole infatti, accanto ad un’agricoltura tutta orientata al mercato internazionale si sta sviluppando un’agricoltura aperta alle comunità locali e una più decisa scelta della coltivazione biologica. In Olanda dalle 75 care farms del 1998 si è passati alle 600 odierne, grazie alle istituzioni sanitarie per aver compreso rapidamente le potenzialità terapeutiche di queste nuove realtà. Nel 1999 è stato costituito un Centro Nazionale di supporto alle care farms finanziato dal 13 Ministero dell’Agricoltura e da quello della salute. Lo scopo principale del Centro è di mettere in collegamento in modo veloce ed informale la persona in difficoltà con l’agricoltore partecipante al progetto. Inoltre il Centro ha sviluppato un sistema nazionale di qualità per le care farms, a cui partecipano gruppi di studio di agricoltori per migliorarlo. Questo sistema di qualità aiuta gli agricoltori ad organizzare la loro attività di cura con particolare attenzione per la sicurezza. A livello regionale esso collabora con le fondazioni per lo sviluppo rurale, associazioni di agricoltori e imprese private di consulenza. Le persone che lavorano a livello regionale contattano i singoli agricoltori per aiutarli a formulare un business plan, chiarire cosa possono offrire e a collegarli con le persone in difficoltà più adatte. 1.2.4 In Norvegia Nonostante la superficie coltivabile sia molto ridotta, l’agricoltura norvegese ha molti aspetti che ben si adattano alle attività di green care come: dimensioni ridotte delle aziende, vasta gamma di produzioni, macchinari relativamente piccoli molte operazioni manuali. L’organizzazione del modello norvegese ricalca molto quella del modello olandese: accordi fra la singola azienda, l’ente locale e l’utente, con un coordinamento regionale e nazionale. Prima che ogni attività in fattoria possa essere definita come green care deve esserci un accordo scritto fra l’agricoltore e l’ente locale sui servizi, che riguarda: le linee guida dei contenuti, gli standard di qualità la divisione delle responsabilità, la definizione delle diverse funzioni, le modalità di cooperazione, gli aspetti finanziari e la durata dell’accordo. La funzione degli agricoltori è quella di supervisore e accompagnatore mentre gli esperti dell’ente sono responsabili della qualità dei servizi. I servizi più comuni sono quelli di tipo educativo rivolti agli alunni delle scuole, corrispondenti alle nostre fattorie didattiche. Inoltre ci sono aziende che si occupano di persone con problemi psichiatrici e di ragazzi con problemi comportamentali. In quantità ridotta troviamo anche gli asili in fattoria ed i servizi per gli anziani con demenza. 14 1.2.5 In Francia In Francia l’agricoltura sociale ha una storia e delle caratteristiche particolari, nasce da una sola esperienza che in pochi anni da luogo ad un fenomeno nazionale. Questa esperienza si chiama “Jardins de Cocagne” e nasce come risposta ad una problematica locale, quella di come attuare dei reinserimenti sociali e lavorativi in agricoltura. Il fondamento principale su cui si basava l’iniziativa era quello di collegare il mondo dell’orticoltura, con il mondo dell’inserimento sociale e con l’agricoltura biologica che cominciava a rispondere alle nuove attese dei consumatori. Lo scopo dei Jardins quindi non è terapeutico-riabilitativo ma di reinserimento lavorativo per cui non si rivolgono alla disabilità mentale ma a persone di tutte le età che si trovano in situazione precaria: senza reddito, disoccupati di lungo periodo, senza domicilio o in difficoltà personale. Le persone sono inserite generalmente a tempo parziale, con un contratto d’impiego e formano un’equipe inquadrata da un agrobiologo ortolano e spesso da personale di accompagnamento sociale che si occupa delle loro difficoltà personali. La dinamica del lavoro in orticoltura permette loro di ritrovare uno status sociale, un’attività ed un salario, passando da una situazione di assistiti a quella di produttori. Questi Jardins si pongono come prima tappa di un processo di socializzazione e di inserimento lavorativo. Dal 1996 al 1999 si è osservata una crescita notevole del numero di Jardins; si è passati dai 20 del 1996 ai 50 del 1999. Proprio per questo motivo è stato creato il Reseau Cocagne, non con lo scopo di sollecitare la costituzione dei Jardins, ma per offrire un supporto tecnico per lo studio di fattibilità di queste nuove attività (analisi delle problematiche sociali e locali, progettazione agraria, business plan ecc..). Per quanto riguarda la distribuzione della produzione orticola, questa avviene tramite la sottoscrizione di panieri di verdura secondo la stagione e distribuiti settimanalmente presso i Jardins o altre sedi ad una rete di acquirenti. Questo permette di rendere gli acquirenti partecipi al progetto, tramite iniziative come volantini informativi, incontri formativi e feste. Inoltre così facendo è possibile programmare la coltivazione, per cui tutta la produzione è già venduta in anticipo e quindi si ha una maggior certezza del reddito. 15 1.2.6 In Italia ed in Piemonte E’ stata svolta una ricerca dall’Università della Tuscia di Viterbo, che ha evidenziato la mancanza di dati sia su base nazionale che regionale, che permettano di dare una panoramica della situazione e inoltre la presenza a macchia di leopardo di alcune realtà di agricoltura sociale. Ciò che emerge sono la varietà e la frammentazione delle esperienze. Le regioni in cui l’agricoltura sociale riveste una certa importanza sono la Toscana, il Lazio, la Campania. In Piemonte ed altre regioni iniziano a vedersi i primi passi verso questa direzione. In Italia una stima del fenomeno non è semplice per la mancanza di una definizione condivisa e la difficoltà di condurre in questo ambito un censimento nazionale. Ecco di seguito, riportati nella tabella 1 alcuni numeri che potrebbero dare un’idea della diffusione di questo fenomeno nel nostro Paese. Tabella 1. Numeri delle attività profit e no profit riconducibili all’agricoltura sociale in Italia. COOP. COOP. COOP. COOP. AZIENDE SOCIALI SOCIALI TIPO SOCIALI TIPO MISTE AGRICOLE TIPO A B B/AGRICOLE TIPO A+B “SOCIALI” 3700 1980 470 250 1000 * Anno 2003 Fonte: Elaborazioni su dati Istat Nella tabella 2, vengono riportate le differenti tipologie di imprese che operano nel sociale ed il ruolo che svolgono. Tabella 2. Tipologie di imprese che operano nel sociale. Cooperativa sociale di tipo A: persegue l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale attraverso la gestione di servizi socio sanitari ed educativi. Cooperativa sociale di tipo B: svolge attività agricole, industriali, commerciali o di servizi, finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Cooperativa mista tipo A+B: svolgono entrambe le tipologie di attività. Aziende agricole sociali: svolgono come attività principale quella agricola e come attività connessa la produzione di servizi sociali. 16 Mettendo a confronto la realtà italiana con le altre realtà europee, si può sottolineare il fatto che all’estero le care farms sono nate per iniziativa degli agricoltori, mentre in Italia quasi tutte per iniziativa del terzo settore, in particolare di associazioni o cooperative sociali. Un altro fattore che si è evidenziato è l’individualità delle iniziative, l’assenza di una rete di scambi informativi. In Italia l’agricoltura sociale è rivolta ad un target molto diversificato e anche il personale che vi lavora è molto vario. Proprio per questi motivi, i servizi che offrono sono molteplici, si hanno aziende che forniscono servizi assistenziali, educativi (fattorie didattiche), percorsi terapeutici o riabilitativi, attività per il recupero di soggetti tossicodipendenti ed ex-detenuti. L’agricoltura sociale italiana ha in comune con le realtà europee alcune caratteristiche: • prevalenza dell’agricoltura biologica, • diversificazione delle attività, • apertura verso le comunità locali, attraverso apertura di un punto vendita interno, un punto di ristoro, incontri, manifestazioni. E’ dunque evidente che il tema dell’agricoltura sociale è non soltanto abbastanza nuovo ma anche complesso. A questa complessità del tema corrisponde la necessità di una politica adeguata in grado di valorizzarne tutti gli aspetti. In particolare: conoscenza, condivisione di obiettivi di intervento, prassi di lavoro in grado di valorizzare il ruolo di tutti gli attori coinvolti; formazione agricola per gli operatori sociali e formazione sociale per gli operatori agricoli; investimenti sia per valorizzare la produzione agricola delle imprese sociali che la struttura sociale delle imprese agricole; creazione di una rete sociale/agricola di imprese e operatori. Dunque la necessità di un forte lavoro istituzionale, già iniziato in molte Regioni e che dal punto di vista delle politiche oggi trova attuazione, sul lato agricolo, nella politica di sviluppo rurale 2007/2013. Per quanto riguarda più nello specifico la realtà del Piemonte, questa “nuova” agricoltura non trova un grande sostegno nel Psr 2007/2013, in quanto la Misura 311 “diversificazione in attività non agricole” può essere applicata solamente alle aree rurali con problemi complessivi di sviluppo (territori montani a bassa intensità abitativa) ed alle aree rurali intermedie (zone di collina), escludendo così le zone di pianura caratterizzate da un’importante attività agricola. Inoltre non vi è ancora una definizione di Fattoria Sociale, al momento sotto questo termine rientrano le fattorie didattiche, gli agriasili, le aziende agricole che fanno attività terapeutico-riabilitativa come l’ippoterapia, l’onoterapia, che 17 attuano inserimenti lavorativi o sociali, senza quindi avere un quadro chiaro di cosa si tratta. In Piemonte l’agricoltura sociale appare maggiormente polverizzata, poco aggregata, rispetto ad altre regioni, in cui invece si hanno già delle iniziative volte alla creazione di reti, di sistemi di collaborazioni, di convenzioni con enti pubblici. Nonostante i sostegni ridotti, si iniziano a vedere anche qui in Piemonte i primi passi per affermare l’agricoltura sociale, per creare una rete, per creare un protocollo d’intesa, per regolamentare coloro che hanno intenzione di intraprendere tale attività. Su questo territorio sembra essere una realtà poco sviluppata quella delle Fattorie Sociali, forse proprio per la sua frammentazione, invece dalle indagini effettuate risultano esservi differenti attività di agricoltura sociale. Sono realtà alquanto diverse, possiamo trovare associazioni e/o cooperative sociali che tra le varie attività che svolgono hanno deciso di dedicare parte del loro spazio anche all’agricoltura, visti i risultati e i benefici che può apportare a persone con differenti tipologie di svantaggio. I prodotti ottenuti vengono poi venduti all’interno di un piccolo punto vendita realizzato nella cooperativa stessa, oppure impiegati all’interno dell’agriturismo che alcune di queste cooperative realizzano per dare un’opportunità di sbocco in più ai soggetti inseriti, oppure possono esser ancora distribuiti sottoforma di panieri. Inoltre esistono aziende agricole che decidono di inserire all’interno della loro filiera produttiva persone svantaggiate, oppure decidono di diventare fattoria didattica o agriasilo, e quindi di avvicinarsi e dedicarsi al sociale sfruttando la loro attività. Gli inserimenti possono essere a scopo terapeutico-riabilitativo, oppure a scopo di inserimento lavorativo o sociale. Quindi si può dire che esistono soggetti che lavorano nel sociale, che cercano di avvicinarsi al mondo dell’agricoltura e soggetti che lavorano in agricoltura che cercano di orientarsi verso il sociale. Da queste esperienze si potrebbe pensare di intrecciare questi due mondi in modo tale da creare un sistema, una rete che dia sostegno all’agricoltura sociale. 18 CAPITOLO 2 - PROPRIETA’ TERAPEUTICO-RIABILITATIVE DELL’AGRICOLTURA Le proprietà benefiche nei confronti della salute umana derivanti dalla cura e dalla crescita di piante sono note da tempo. Nel 1699 Leonard Maeger scrisse sull’English Gardner che “dedicare del tempo alla cura del giardino, zappando, seminando, togliendo le erbe infestanti è il miglior modo per conservare la propria salute”. Benjamin Rush, psichiatra e firmatario della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti dichiarò che “ lavorare la terra ha effetti curativi sui malati mentali”. Più recentemente si è sviluppata nei paesi anglosassoni, una rilevante attività di ricerca sugli effetti benefici delle piante sulla vita umana che ha dato origine a nuove discipline scientifiche quali la “orticoltura terapeutica” – hortycultural therapy – e la “socioorticoltura” – sociohortyculture. Con riferimento alle disfunzioni e ai disagi di natura psichico-mentale l’ampia letteratura disponibile in ambito medico-psichiatrico ha analizzato gli effetti positivi sui pazienti derivanti da un’interazione con le piante. Le principali determinanti degli effetti salutari e terapeutico-riabilitativi dell’agricoltura su soggetti affetti da disabilità mentale sono: • Familiarità – Le piante, gli alberi, i fiori, i frutti, rappresentano oggetti agevolmente riconoscibili da tutti. I soggetti, ancorché sofferenti di limitazioni psichiche o mentali, possono generalmente relazionarsi in modo immediato con essi riconoscendoli come normali componenti della realtà. • Interazione sociale – Diverse operazioni agricole manuali, anche quelle molto semplici, possono essere condotte in gruppi di due o più soggetti. Inoltre la possibilità di ottenere prodotti vendibili direttamente in azienda, come nel caso di ortaggi, fiori, prodotti di vivaio o di piccolo allevamento, consente l’interazione diretta con il pubblico che riduce l’isolamento sociale nel quale i soggetti con disturbi mentali, psichici o di comportamento, vengono non di rado relegati. 19 • Percezione dello scorrere del tempo – Il contatto diretto con organismi biologici consente di percepire il fluire del tempo e delle stagioni secondo i ritmi della natura più compatibili con i delicati equilibri psicologici dei soggetti coinvolti. • Semplicità dei compiti – l’agevole esecuzione di alcune operazioni colturali (l’annaffiatura, la raccolta dei prodotti , le semine in vaso) è una caratteristica tipica dell’agricoltura che consente di coinvolgere anche soggetti con modesto livello formativo e con limitate capacità fisiche o mentali. • Attività fisica – L’agricoltura non è un’attività sedentaria. Compatibilmente con le possibilità motorie dei pazienti, questi possono esser coinvolti in diverse attività che implicano movimento. L’impegno fisico, oltre agli effetti sulla salute del corpo, contribuisce a ridurre lo stress e l’ansietà generati da disturbi psichici. • Sollecitazioni sensoriali – Il lavoro in pieno campo, come quello in serra, stimola i diversi sensi della persona: la vista (il paesaggio), gli odori, i sapori, il contatto diretto con la terra e con altri organismi viventi. • Ottimismo – L’anticipazione e l’attesa della crescita delle piante che si mettono a dimora contribuisce a creare ottimismo e a sentirsi parte di un processo creativo. • Senso di utilità e di autostima – Le piante reagiscono rapidamente alla cura dell’uomo e lo “ricompensano” con la produzione di nuove foglie, di fiori e frutti. Si verifica così una sorta di feedback positivo che contribuisce a rafforzare la stima di sé. Anche l’ottenimento di un prodotto “utile” per la collettività, come nel caso di ortaggi o di fiori, contribuisce all’autostima del soggetto in quanto partecipe della comunità locale, al cui benessere offre anch’egli un contributo. • Processo decisionale – Nell’attuazione di operazioni colturali si susseguono occasioni in cui occorre prender decisioni, seppur limitate, per esempio decidere la profondità di una semina e i volumi di acqua da somministrare. L’introduzione di soggetti con disabilità mentale o fisica all’interno di aziende agricole o meglio fattorie sociali, ha scopo riabilitativo e/o di inserimento lavorativo. Questo permette all’individuo di raggiungere il suo massimo livello di indipendenza psicologica, sociale, fisica ed economica. Vuole dire aiutarlo a recuperare il precedente livello di funzionamento o permettergli di conseguire un maggior grado di autonomia. 20 2.1 Terapia con le piante Prima di attuare la riabilitazione si deve determinare il percorso riabilitativo in base al soggetto con cui si lavora. Il percorso è qualcosa di dinamico, che si costruisce con l’evolvere del rapporto con il soggetto, in base alle sue necessità. Le aree più spesso compromesse nelle persone disabili sono: • difficoltà di relazione, • difficoltà d’integrazione, • difficoltà di riconoscere ed esprimere il proprio potenziale affettivo ed emotivo, • riduzione delle capacità logiche e conoscitive, • riduzione delle attività motorie. Le attività che si possono svolgere nell’ambito della terapia orticolturale sono: il lavoro nelle serre, la cura dei giardini, la produzione di manufatti con prodotti che la natura ci offre, la vendita dei prodotti agricoli e la coltivazione dei campi. L’orticoltura e il giardinaggio si prestano molto bene al lavoro di gruppo, alla manipolazione e alla manualità, al lavoro all’aria aperta, all’interazione con l’ambiente. Questo tipo di terapia interessa diversi aspetti, quello terapeutico, sociale e professionale. Aspetto terapeutico Area cognitiva • la memoria (a breve e lungo termine), • il pensiero logico, • l’orientamento (nel tempo e nello spazio), • la comprensione, • il linguaggio, • il giudizio, • la capacità di calcolo, • la concentrazione, • l’attenzione, la capacità di scrittura, lettura, ascolto, • l’abilità di svolgere un compito nella giusta sequenza, • l’iniziativa, • l’apprendimento, 21 • la capacità di discriminazione (ad esempio un oggetto dall’altro), • la comunicazione. Area motoria (aspetto fisico, azioni motorie necessarie allo svolgimento delle attività di HT) • intenzionalità dei movimenti, • movimenti unilaterali, • movimenti bilaterali (di entrambe le mani o le braccia), • movimenti bimanuali (una mano esegue l’azione e l’altra l’aiuta), • flessione, • movimenti ritmati e/o automatici, • la coordinazione dei movimenti fini, • la coordinazione occhio-mano, • uso della forza e della resistenza muscolare, • controllo e uso dei muscoli che sorreggono il corpo, • dosaggio della forza, • mantenimento della posizione eretta per un certo periodo, • mantenimento di una postura corretta. Area sensoriale Evitare l’impoverimento sensoriale, attraverso stimolazioni delle capacità: • olfattive: fioriture, foglie aromatiche, profumo della terra; • uditive: versi degli uccelli, foglie mosse dal vento; • gustative: sapore acido, dolce, amaro, salato, piccante; • visive: riconoscere le diverse forme, distinguere tra figura e sfondo, la spazialità, percezione dei colori e della luce; • tattili: consistenza di diversi materiali, temperatura, umidità, tessitura delle foglie, dei diversi tipi di superfici calpestabili; • cinestetiche: ottenuto dalle sensazioni che si ricavano dallo spostamento di corpi, per cui movimenti sulle pendenze dei percorsi, o le rotazioni ad angolo retto, costituiscono importanti informazioni per riconoscere la propria posizione o per proseguire in determinate direzioni; 22 • l’indizio ambientale: il paesaggio attraverso zone assolate od ombreggiate, può indicare il passaggio da un luogo deputato ad una funzione, ad un luogo deputato ad un’altra. Aspetto comportamentale (il contatto con la natura) • rilassamento e benessere globale; • la luce verde riflessa dalle piante è uno dei più potenti tranquillanti che esista in natura; • rilassamento muscolare ( soprattutto nei soggetti che presentano contratture, ipertono, spasticità); • riduce i comportamenti aggressivi; • riduce lo stress; • aiuta a combattere la depressione; • aiuta a sviluppare la pazienza; • invoglia l’esplorazione dello spazio circostante; • aiuta a distrarre da comportamenti compulsivi-ossessivi; Aspetto sociale • Spesso le persone disabili e gli anziani non autosufficienti provano una sensazione di solitudine, di isolamento e di inadeguatezza. • Possono soffrire di depressione, apatia, astenia ( affaticabilità, eccessiva, perdita di energia). • La mancanza di gioia per essere riusciti a fare autonomamente una cosa crea il rifiuto di confrontarsi con il mondo esterno. • La monotonia viene vissuta come qualcosa di estremamente negativo che limita e può distruggere la personalità portando le persone ad un isolamento totale. • La mancanza di autonomia genera una riduzione di autonomia. • La vita in una casa di riposo o in un istituto porta ad una vita molto sedentaria, dove gli stimoli motori sono molto scarsi. • Capacità di mettersi in relazione è spesso compromessa. La terapia orticolturale: • da la possibilità di crearsi un interesse che può sfociare in un hobby; • stimola la capacità di espressione essendo un’attività creativa; 23 • permette di fare una moderata attività fisica all’aria aperta; • agisce sul sistema motivazionale; • stimola l’accudimento; • stimola l’iniziativa e il senso di responsabilità; • migliora la capacità di relazione e di socializzazione potendo condividere un interesse; • crea benessere globale e divertimento. Di seguito elenchiamo come diverse tipologie di lavori possono aiutare i soggetti disabili: • la semina, è un esercizio che necessita la coordinazione occhio mano e aiuta a migliorare la manualità fine; • lavorare in aiuola, che ha una certa profondità, richiede organizzazione e percezione dello spazio; • piantare arbusti di varie dimensioni, piante perenni o annuali, posizionarli in primo o secondo piano, può aiutare molto i non vedenti ad acquisire o migliorare la spazialità, e il senso di distanza; • il ciclo della vita delle piante e i conseguenti lavori fortemente stagionali, come potature, rinvasi, raccolta di semi ecc., aiutano a migliorare la temporalità; • l’etichettatura delle piante, permette di sviluppare e mantenere la capacità di scrittura e lettura, aiuta inoltre la memoria, • veder crescere una piantina che si è seminata, fa sentire capaci di far qualcosa e questo aiuta l’autostima. 24 2.2 Terapia con gli animali La terapia con gli animali nasce ufficialmente nel 1961 come tecnica d’intervento terapeutico in cui l’animale diventa “co-terapeuta”. L’animale agisce come soggetto attivo tra lui e la persona trattata, avviene uno scambio reciproco fatto di emozioni e stimoli che provocano cambiamenti ed effetti positivi in entrambi. La comunicazione con l’animale che avviene nelle forme più svariate, non potendo ovviamente far ricorso al linguaggio, garantisce un effetto calmante, infatti, tale dialogo non conosce rigide regole sociali. Inoltre, la soddisfazione del bisogno di affetto e di relazione “interpersonale” crea le condizioni di un buon equilibrio psico-fisico, specialmente nei bambini, negli anziani e nei malati. Il prendersi cura dell’animale, favorisce il senso di responsabilità, garantendo un’immagine valida e positiva della propria persona e del proprio valore individuale. Infatti dare da mangiare all’animale rappresenta il primo passo per stabilire un rapporto di fiducia poiché grazie al cibo si creano tutta una serie di informazioni ed emozioni che legano vicendevolmente uomo ed animale. Nei bambini con particolari problemi, negli anziani, in alcune categorie di malati e disabili fisici e psichici il contatto con un animale può aiutare a soddisfare certi bisogni (affetto, sicurezza, relazioni interpersonali) e recuperare alcune abilità che queste persone possono aver perduto. Può svolgere la funzione di ammortizzatore in particolari condizioni di stress e di conflittualità e può rappresentare un valido aiuto per pazienti con problemi di comportamento sociale e di comunicazione, per chi soffre di alcune forme di disabilità e di ritardo mentale e per pazienti psichiatrici. Gli animali che vengono abitualmente coinvolti in questo tipo di terapia sono cani, asini, capre, cavalli e mucche. I concetti fondamentali per i quali la terapia con gli animali viene considerata salutare sono: • gli animali forniscono compagnia, • sono esseri attivi, • offrono un supporto emozionale, • sono un ottimo stimolo all’esercizio fisico, • fanno sentire accettata la persona, • risvegliano il senso di responsabilità. 25 Le diverse finalità sono: • finalità psicolgogiche-educative, • finalità psichiatriche, • finalità mediche, • finalità motorie-riabilitative. 26 CAPITOLO 3 - RAPPORTO TRA DISABILITA’ E FILIERA PRODUTTIVA Le aziende agricole che coinvolgono disabili hanno così la possibilità di coniugare la funzione sanitaria-riabilitativa-occupazionale con la funzione produttiva orientata al mercato. Le cooperative sociali appaiono delle figure giuridiche particolarmente adatte a condurre tali aziende in quanto, per obiettivo statutario, affiancano l’inserimento lavorativo, di soggetti svantaggiati con l’offerta di fornire prodotti e servizi competitivi sul libero mercato. Per queste realtà, tuttavia il ruolo del settore pubblico resta comunque fondamentale sia per fornire il personale per la necessaria assistenza sanitaria, sia per sostenere economicamente la conduzione di processi produttivi che coinvolgono i disabili. Infatti, non solo il rendimento lavorativo non è generalmente paragonabile a quello fornito da persone normodotate, ma anche le tecniche produttive devono essere appositamente modificate per consentire ai disabili di partecipare allo svolgimento delle operazioni. Per queste ragioni alcune attività agricole si prestano meglio di altre a poter essere svolte da soggetti con tali tipologie di limitazioni. Orticoltura, floricoltura e vivaismo (sia in pieno campo che in serra) rappresentano attività che, oltre ad essere caratterizzate da una relazione diretta ed attiva con le piante, prevedono consistenti impieghi di lavoro, limitato ricorso alla meccanizzazione e tecnologie accessibili. Ulteriori possibilità di agricoltura terapeutica sono quelle collegate agli animali, in particolare l’ippoterapia, l’allevamento di animali da cortile e di animali domestici. In queste realtà agricole vi è la coesistenza della funzione produttiva e quella sociale. La determinazione del peso relativo che tali funzioni dovrebbero assumere nell’ambito delle singole aziende è molto difficile. Infatti, un eccessivo sbilanciamento verso la funzione produttiva, oltre a marginalizzare il ruolo dei disabili nei processi produttivi riducendo la specificità terapeutica, verrebbe a “sfruttare” i soggetti coinvolti traendo un profitto dal loro impiego. D’altro canto una predominanza della funzione sociale farebbe perdere 27 all’azienda la sua vocazione produttiva legando la prosecuzione delle sue attività, e quindi la sopravvivenza stessa, alla presenza del sostegno pubblico. Questo delicato equilibrio può essere trovato dall’azienda multifunzionale sociale solo attraverso dei continui adattamenti stimolati dal contesto istituzionale, dalle opportunità di mercato e dalle politiche, che in questo caso non sono solo quelle agricole o di sviluppo rurale ma anche quelle per l’occupazione (soprattutto di soggetti svantaggiati). Di conseguenza la gestione di queste realtà richiede, rispetto alla conduzione di una normale azienda, una maggiore capacità progettuale che sappia valorizzare la propria componente sociale senza perdere la specificità di impresa operante nel settore agricolo. 28 3.1 Inserimento lavorativo di soggetti disabili L’inserimento all’interno della filiera produttiva, permette a queste persone di apprendere e approfondire le proprie abilità in una o più fasi del lavoro agricolo e di essere poi eventualmente inseriti nel processo produttivo aziendale. Il percorso di inserimento lavorativo è abbastanza complesso, trattandosi di una particolare categoria di lavoratori per i quali, più che per chiunque altro, è importante poter esaltare al massimo le capacità lavorative e trovare i luoghi dove queste capacità possano esercitarsi al meglio, in sintonia con l’evoluzione del sistema aziendale nel quale sono inseriti. Per fare ciò è necessario conoscere bene il soggetto con cui si vuole lavorare e il ciclo produttivo in cui inserirlo. Si parla infatti di collocamento mirato, inteso come quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserimento nel posto adatto, attraverso le analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione. In questo modo si cerca di garantire “l’uomo giusto al posto giusto”, facendo si che domanda e offerta di lavoro si incontrino. La fondazione Don Gnocchi, nell’ambito di un progetto Horizon, avviato nel 1996 e terminato nel 1998, ha realizzato il software Match. Il programma nasce con l’intento di essere uno strumento di facilitazione nel processo di abbinamento candidato-posizione di lavoro, soprattutto in relazione a quei contesti che si trovano a gestire consistenti numeri di soggetti invalidi da collocare. Il programma consente infatti di incrociare in modo informatizzato le offerte e le domande di lavoro sulla base delle caratteristiche psicologicocognitivo-attitudinali dei soggetti e delle caratteristiche operative delle posizioni. Le utilità del programma sono: un incrocio informatizzato delle offerte e delle domande di lavoro relativamente alle persone con disabilità; fornisce due output, da un lato, partendo dalle caratteristiche di una persona disabile, sapere quali mansioni lavorative e quali aziende sono le più idonee, dall’altro partendo dallo skill richiesto da una determinata mansione di un’azienda, ottenere una rosa di candidati le cui caratteristiche siano le più vicine ai bisogni aziendali. Attualmente a livello europeo la valutazione delle abilità residue finalizzata al reinserimento lavorativo viene affrontata necessariamente in equipe in quanto le problematiche sono vaste e riferibili non solo alla mancata abilità o partecipazione delle 29 persone da esaminare, ma anche alle caratteristiche specifiche del posto di lavoro. Lo scopo primario della valutazione delle abilità residue è principalmente quello di definire progetti personalizzati di riqualificazione professionale ed ottenere un collocamento mirato degli stessi. Vi sono differenti scale di valutazione delle abilità residue, esse costituiscono la piattaforma di partenza su cui impostare interventi volti al miglioramento dello stato delle persone affette da limitazioni nelle attività e nella partecipazione. Inoltre queste scale sono utili per valutare se un intervento abbia prodotto o meno un miglioramento significativo sulla disabilità del soggetto e per misurare il carico assistenziale necessario per mantenere una certa qualità della vita. Una scala di valutazione utilizzata anche in Piemonte è l’ICF “International Classification of Functioning, Disability and Health”. Questa classificazione internazionale serve per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati, delle caratteristiche della salute delle persone all’interno del contesto delle loro situazioni di vita individuali e degli impatti ambientali, è una classificazione delle “componenti della salute”, non solo quindi delle “conseguenze delle malattie”. Di seguito viene riportata la struttura dell’ICF. L'ICF è suddiviso in 2 parti: - la parte 1 comprende Funzionamento e Disabilità. - la parte 2 comprende i Fattori Contestuali. Le componenti della parte 1 sono: - Funzioni e Strutture Corporee - Attività e Partecipazione. Le componenti della parte 2 sono: - Fattori Ambientali. - Fattori personali (non classificati nell'ICF). Le funzioni corporee sono le funzioni fisiologiche o psicologiche dei sistemi corporei. Le strutture corporee sono le parti anatomiche del corpo, come gli organi, gli arti e i loro componenti. L’attività è l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo. La partecipazione è il coinvolgimento dell’individuo nelle situazioni della vita. I fattori ambientali costituiscono l’ambiente fisico, sociale e quello delle aspettative entro cui le persone sono collocate e conducono la loro esistenza. La capacità è quello che una persona sa fare in un ambiente sconosciuto. La performance è quello che la stessa persona riesce a fare nel suo abituale e generalmente adattato ambiente di vita. La differenza tra capacità e performance permette una prima possibilità di valutare i bisogni e gli interventi. 30 STRUTTURA DELL’ICF ICF Parte 2 Fattori contestuali Parte1 Funzionamento e disabilità Funzioni e strutture corporee Cambiamento nella funzione corporea Cambiamento nella struttura corporea Attività e partecipazione Capacità Performance Fattori ambientali Fattori personali Facilitatori, barriere In seguito alla valutazione delle abilità residue del soggetto si procede all’inserimento all’interno della filiera produttiva. Inizialmente, è bene che vi sia un periodo di osservazione, di valutazione, nonostante magari si abbia già un quadro del soggetto, questo perché la persona viene inserita in un ambiente nuovo per cui si deve verificare il suo approccio con questa nuova realtà. E’ importante riuscire a capire il suo comportamento, il rapporto che instaura con l’ambiente circostante e con le altre persone presenti in azienda (capacità di relazione), al fine di definire le sue attitudini, quali attività sia in grado di svolgere e quali siano utili ai fini terapeutico-riabilitativi. Dopo aver individuato la postazione più idonea al soggetto in questione, il tutor dovrebbe porre degli obiettivi a breve termine, per rilevare se si sono raggiunti dei risultati e se le mansioni attribuitegli sono idonee. E’ necessario comunque, porsi degli obiettivi lungo tutto il percorso come verifica, per accertare se la modalità con cui si sta procedendo sia efficace per il “ paziente”. 31 Le persone autistiche o affette da psicosi sarebbe bene inserirle in attività all’aperto in pieno campo e a contatto con gli animali. Persone down potrebbero svolgere lavori ripetitivi, quali la semina manuale, l’eliminazione di erbe infestanti, perché ossessivi nello svolgere determinate attività e caratterizzati da una notevole resistenza e forza fisica. I soggetti disabili devono essere seguiti durante tutto il percorso di tirocinio da tutor, con la supervisione degli operatori sociali. 32 CAPITOLO 4 - I PRODOTTI ETICI Nella società post-moderna, ricca e nella quale i consumi, occupano un ruolo di primo piano nella vita delle persone, si assiste all’emergere di una nuova consapevolezza circa i doveri sociali di ciascuno, anche in quanto consumatore. Si osserva che, una componente minoritaria ma crescente di consumatori nel fare le proprie scelte di acquisto pone attenzione agli effetti che queste scelte possono avere sul benessere di altri soggetti; questi soggetti possono essere produttori, lavoratori, cittadini e consumatori, animali o anche l’ambiente. Questo tipo di comportamento viene definito un comportamento responsabile, perché si tiene conto dell’influenza che possono avere i propri consumi su diversi aspetti. Ad esempio gli acquisti dei prodotti del commercio equo e solidale sono stati interpretati come la ricerca da parte dei consumatori di esprimere e mettere in atto una maggiore responsabilità sociale. Il consumo responsabile si esplicita secondo tre tipologie principali: il consumo critico, il consumo alternativo e il consumo sostenibile, che non si basano esclusivamente sul prezzo e sulla qualità di uso del bene. Il consumo critico può essere interpretato come l’espressione di un voto ogni qualvolta si fa la spesa, premiando le imprese il cui comportamento è gradito e punendo le altre. Il consumo alternativo è definito come una forma di consumo organizzata al di fuori del circuito economico tradizionale, nata con l’obiettivo di contribuire attivamente a far affermare equità e solidarietà ed utilizzando come strumento criteri di scelta coerenti con tali valori. Infine il consumo sostenibile che mette in atto comportamenti che si rifanno principalmente a preoccupazioni di tipo ambientale. Una definizione di consumatore etico che riesce in qualche modo a sintetizzare in maniera esaustiva le diverse definizioni potrebbe essere la seguente: il consumatore etico (o responsabile o solidale) è colui che nell’acquisto, tra le altre motivazioni, ricerca anche la soddisfazione morale, definita in base ad una scala di valori del tutto soggettiva. Gli attributi etici sono tipici attributi di fiducia in quanto più che riguardare il prodotto finito in sé, riguardano il modo in cui il prodotto è stato ottenuto, ovvero riguardano specifiche caratteristiche del processo produttivo. Il prodotto etico finito può essere indistinguibile da altri prodotti del tutto equivalenti, appunto, tranne che per la natura etica del processo che li ha generati. 33 Diversi studi hanno mostrato come l’insufficienza di informazioni specifiche su questi prodotti sia una delle cause che impediscono al consumo etico di crescere secondo il potenziale che deriverebbe dall’interesse dei consumatori. Inoltre è stato sostenuto che una maggiore informazione sul piano più generale a riguardo dei temi etici e dei rapporti tra etica ed economia aumenterebbe la consapevolezza dei consumatori orientando in tal senso i loro acquisti. Alcuni studi rivelano che i consumatori del commercio equo e solidale sono più idealisti, meno conformisti e disposti a pagare un prezzo maggiore. Per quanto riguarda i prodotti delle fattorie sociali, questi possono essere definiti come prodotti etici, perché prodotti secondo il metodo del biologico o del metodo tradizionale cercando di ridurre l’impatto ambientale, quindi nel rispetto della salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente e perché nel processo produttivo vengono coinvolte persone svantaggiate. Il prodotto che si ottiene, sia esso un fiore o un ortaggio, una piantina o l'olio, un uovo o miele, latte o vino, non porta ovviamente alcuna traccia della disabilità della persona che ha contribuito alla sua produzione. È un prodotto assolutamente paragonabile a quello ottenuto da cosiddetti "normodotati" e pertanto collocabile tranquillamente sul mercato. La commerciabilità dei prodotti dell'agricoltura sociale è dunque elevata e può trovare una migliore collocazione sul mercato se sostenuta da un adeguato sistema di valorizzazione. Ci riferiamo alle potenzialità, ancora poco esplorate in Italia, dei marchi etici, delle social labels, insomma di sistemi che certifichino la tracciabilità sociale del prodotto. Queste condizioni si ritrovano nelle fattorie sociali, realtà agricole nelle quali si persegue un equilibrio tra l'attuazione di processi produttivi che generano prodotti agricoli competitivi e l'offerta di un servizio di carattere sociale nei confronti di soggetti deboli. La vendita dei prodotti delle fattorie sociali può determinare i seguenti vantaggi: prima di tutto i ricavati della vendita possono contribuire, talvolta anche significativamente, alla sostenibilità economica di queste realtà; in secondo luogo perché la vendita del prodotto può configurarsi come un tassello importante del percorso riabilitativo e/o di inserimento sociale perseguito dalle fattorie sociali aumentandone l’efficacia; infine la vendita dei prodotti, soprattutto se concepita come vendita diretta ai consumatori finali, rappresenta un’occasione importante per dare visibilità a queste imprese e favorirne il radicamento sociale sul territorio. Analizzando le caratteristiche di queste aziende, dal punto di vista della produzione e commercializzazione sono emersi alcuni punti critici. Si è osservato che a causa delle piccole dimensioni di queste realtà, le quantità di prodotto sono limitate e questo fa si che siano poco competitive sul mercato in termini di prezzo. Inoltre siccome si trovano 34 sparpagliate sul territorio, hanno difficoltà a raggiungere i mercati distanti e quindi a far affermare la propria reputazione al di fuori del circuito locale e a collocarsi in filiere complesse. 35 4.1 Intervista dell’Università della Tuscia di Viterbo Un’indagine preliminare condotta nella primavera del 2005 dall’Università della Tuscia, per mezzo di interviste dirette fatte all’esterno di un ipermercato ad un gruppo casuale di consumatori, ha messo in evidenza come l’Agricoltura Sociale sia tuttora una realtà sostanzialmente sconosciuta al consumatore medio o generico. Questo ha confermato l’idea che fosse necessario rivolgersi a target più mirati. Successivamente l’Università ha deciso di selezionare due gruppi di consumatori. Il primo rappresentato da persone appartenenti a gruppi di acquisto, ed il secondo composto da studenti universitari. I gruppi di acquisto sono stati ritenuti particolarmente adatti ad un’indagine sull’AS in quanto come detto in precedenza, si tratta di soggetti particolarmente attenti e sensibili ai temi della solidarietà e della responsabilità sociale. Inoltre, collocandosi sulle filiere corte per l’acquisto dei beni alimentari era più probabile che almeno qualcuno conoscesse ed avesse acquistato prodotti dell’AS e, dunque, fosse in grado di dire le ragioni di questo comportamento. Gli studenti universitari, sono stati ritenuti un interessante gruppo di confronto in quanto, rispetto a coloro che fanno parte dei GA, si tratta di consumatori più eterogenei quanto a preferenze, abitudini di acquisto, canali commerciali frequentati e specifico interesse per il tema dei comportamenti etici del mercato. Al tempo stesso però, gli studenti universitari presentano alcune caratteristiche che possono farli ritenere potenzialmente interessati a questi prodotti: si tratta in particolare del livello culturale, dell’età e del reddito. Tutti aspetti che, secondo quanto indicato nella letteratura del mercato dei prodotti etici, sono in stretta relazione con l’esistenza di un interesse per gli attributi di carattere etico. In particolare sono stati selezionati studenti “fuori sede”, cioè studenti che vivono da soli e/o con altri studenti e lontani dalla propria famiglia, e che, quindi si confrontano con le decisioni e le scelte quotidiane di acquisto di beni alimentari. Agli studenti l’indagine è stata sottoposta attraverso un questionario distribuito nelle biblioteche, nelle aule studio, nei punti d’incontro di alcuni atenei in diverse città d’Italia ed anche tramite e-mail. Così facendo sono stati intervistati 150 studenti. Per quanto riguarda i gruppi di acquisto l’indagine è stata svolta inviando i questionari tramite posta elettronica. Queste interviste hanno avuto come obiettivi: capire quanto l’AS è conosciuta e quanto interesse suscita nei consumatori; quali sono le motivazioni alla base dell’interesse e dei comportamenti di acquisto, l’eventuale diffusione ed organizzazione del mercato dei 36 prodotti nelle Fattorie Sociali; comprensione dei limiti attuali e degli eventuali spazi futuri per la commercializzazione. Da questo lavoro è emerso che la percentuale di quanti conoscono l’Agricoltura Sociale e le Fattorie Sociali è molto bassa, sia degli studenti, sia di coloro appartenenti ai GA. La mancata conoscenza, e quindi informazione su queste realtà, sembra essere il motivo principale del ridotto acquisto dei prodotti delle fattorie sociali; mentre altri elementi quali l’interesse, la varietà delle produzioni, la qualità ed i prezzi non sono quasi mai indicati come motivo di non acquisto. Questa ignoranza circa tale fenomeno, risulta quindi essere il maggior fattore limitante dello sviluppo di un mercato per questi prodotti, nel senso che lo vincola all’origine. Gli elementi, a cui si pensa di dover dedicare maggiore attenzione in futuro, sono la reperibilità di questi beni e l’informazione circa le attività e gli scopi di queste aziende, per sperare in un aumento degli acquisti. Un altro punto importante che è stato rilevato dall’intervista è la disponibilità a pagare per i prodotti delle fattorie sociali in base alle loro caratteristiche ed agli attributi etici. E’ stato appreso che più del 50 % degli intervistati sarebbe disposto a pagare, a parità di qualità, circa il 10 % in più per questi beni, considerando le funzioni dell’Agricoltura Sociale. I gruppi di acquisto appaiono al momento attuale un target importante per le Fattorie Sociali, perché conoscono l’Agricoltura Sociale e ne acquistano i prodotti. I punti critici emersi riguardo alla possibilità di espandere questa nicchia di mercato, rappresentano delle limitazioni dal lato dell’offerta. Essi sono: il ridotto numero di aziende, la scarsa varietà, non omogenea distribuzione nel tempo, la scarsità di servizi e la distribuzione scomoda o inusuale. 37 CAPITOLO 5 - IL PROGETTO “FATTORIE SOCIALI” Il progetto Fattorie Sociali è un progetto promosso e finanziato dall’Assessorato al lavoro della Provincia di Torino che intende far partecipare le persone diversamente abili o in condizione di emarginazione sociale ad esperienze di rieducazione funzionale e di lavoro all’interno di aziende agricole o di strutture che possano creare oltre che formazione un volano occupazionale. In questo senso si intende proporre al mondo agricolo l’esperienza di fattoria sociale come un possibile sbocco al concetto di multifunzionalità ben noto al comparto agricolo. L’Ente che coordina il progetto è la Zona Ovest di Torino s.r.l., soggetto responsabile dei Patti Territoriali della Zona Ovest di Torino, costituita dagli undici comuni dell’area ovest. Il Patto Territoriale della Zona Ovest di Torino è l’accordo tra soggetti quali gli enti locali e rappresentanti delle parti sociali ed economiche, per la promozione di uno sviluppo locale integrato in cui sono rappresentate tutte le parti sociali. Il gruppo di lavoro che si occuperà di questo progetto è costituito dai seguenti soggetti: Provincia di Torino (Assessorato al lavoro), Zona Ovest di Torino S.r.l., Coldiretti, Facoltà di Agraria di Torino e Confcooperative. Il Progetto sulle Fattorie Sociali vuole esplorare questa possibilità per la Provincia di Torino, di cui si conoscono già alcune esperienze positive. Questa funzione specifica si sta infatti estendendo a diverse realtà del mondo agricolo: esistono già imprese agricole che insieme a cooperative sociali aprono le loro aziende a percorsi di agricoltura sociale. Il progetto individua nella fattoria sociale uno strumento utile per ristabilire nell’individuo equilibri individuali e sociali rotti a causa di precarie condizioni di disagio e/o svantaggio. Per cui il progetto si propone di favorire l’utilizzo delle strutture produttive del territorio del settore agricolo ed anche ricettivo attraverso due modalità: l’accoglienza per la riabilitazione funzionale e l’accoglienza per il lavoro. Questa proposta favorisce indirettamente il processo di modernizzazione dell’agricoltura auspicato dalle recenti norme europee e nazionali in materia. Per la prima volta viene, infatti, riconosciuta l’attività agricola come mezzo per la fornitura di servizi finalizzati alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e all’ospitalità, riconoscendo quindi i molteplici ruoli dell’imprenditore. 38 Il progetto è caratterizzato da due fasi: • la prima nella quale, a titolo sperimentale, verranno scelte alcune aziende per l’inserimento lavorativo e per l’attuazione di programmi di riabilitazione. In questa prima fase verranno introdotti, a scopo di inserimento lavorativo, al massimo dieci soggetti svantaggiati o diversamente abili. Inoltre, in questa prima parte verranno studiate le esperienze già esistenti sul territorio, elaborati modelli di funzionamento della fattoria sociale e le relative tipologie, individuate le modalità di commercializzazione, la potenzialità di assorbimento ed i metodi di valorizzazione dei prodotti delle fattorie sociali; • la seconda fase, che avverrà solamente se la prima avrà dato risultati positivi, è caratterizzata da un ampliamento delle aziende e del numero di persone diversamente abili o socialmente svantaggiate, dall’ampliamento degli interventi volti a favorire la riconoscibilità delle produzioni sociali attraverso iniziative specifiche di vendita e di comunicazione e infine dalla progettazione e dall’avvio di una fattoria sociale ex novo. Le aziende coinvolte saranno aziende, che già per la loro natura ed offerta in termini di servizi, hanno già locali adatti e/o necessitano di interventi minimi per l’adattamento dei locali, al fine di permettere l’accesso a personale diversamente abile. Oppure aziende agricole che si mettono a disposizione e sono scelte perché aventi i requisiti minimi per accogliere dei soggetti in difficoltà e che sono altresì disponibili ad integrarlo nel proprio processo produttivo e/o a modificarne una parte per creare nuove micro-filiere produttive. Le aziende e le strutture che si renderanno disponibili all’accoglienza potranno beneficiare dei seguenti vantaggi: incremento della visibilità dei propri prodotti e servizi dovuta alla presenza del nome dell’azienda nel logo o marchio commerciale definiti per la riconoscibilità delle fattorie sociali; innovazione dei processi produttivi e dei prodotti con creazione di micro-filiere in azienda; micro-investimenti relativi al raggiungimento degli standard minimi richiesti per l’accoglienza del personale; possibilità di accesso a contributi stanziati appositamente per l’adeguamento nell’ambito del progetto. Come detto in precedenza, questo percorso oltre ad avere scopo riabilitativo, si pone come ulteriore obiettivo la produzione. Sono state proposte alcune linee di produzione quali il vivaismo urbano con allevamento di piante con funzione mitigativa dell’ambiente della città, dove non sia possibile per questioni ambientali e/o agronomiche coltivare piante alimentari e colture in serra (orticole e floricole). 39 CAPITOLO 6 - IL TERRITORIO DELLA ZONA OVEST DI TORINO Il territorio del Patto Territoriale, si colloca nella parte centrale della provincia di Torino a ovest del capoluogo, comprende undici comuni della zona ovest di Torino, i quali sono: Alpignano, Buttigliera Alta, Collegno, Druento, Grugliasco, Pianezza, Rivoli, Rosta, San Gilio, Venaria Reale e Villarbasse. La superficie agricola di questi comuni, occupa circa il 50 % della superficie totale. Nella tabella 3 sono indicate le superfici dei comuni e la SAU (superficie agricola utilizzata). Le informazioni riguardanti il territorio della Zona Ovest di Torino sono state reperite da un documento prodotto dalla Società Zona Ovest s.r.l. per il progetto di Sviluppo dell’Agricoltura Periurbana, intitolato Relazione generale sull’agricoltura del Patto. Tabella 3. Superficie totale e SAU. Comune Superficie totale (ha) SAU (ha) % Alpignano 1146 923 80 Buttigliera Alta 806 145 18 Collegno 1689 745 44 Druento 2731 869 32 Grugliasco 1155 335 29 Pianezza 1565 1242 79 Rivoli 2813 1548 55 Rosta 899 85 9 San Gilio 878 714 81 Venaria Reale 1924 801 4 Villarbasse 1038 741 71 Totale 16644 8148 502 Fonte: Relazione generale sull’agricoltura del Patto (Luglio 2004) Sito internet : http://212.4.6.166/zonaovestnew/pr_ag_periurbana/archive.htm 40 Rispetto ad altre zone della Provincia, l’attività agricola deve fare i conti con una forte pressione determinata dalla vicinanza dell’area metropolitana torinese e dalla continua espansione delle aree residenziali e produttive. In questo contesto è evidente che il ruolo delle aziende agricole, sia in termini di valore aggiunto che di addetti, non è rilevante nel panorama economico locale; ma occorre considerare il fondamentale ruolo che esse svolgono in un’ottica di salvaguardia ambientale, rivolta a tutto il territorio e non limitata alle sole aree naturali e protette ed in termini di attività connesse all’agricoltura. Per raggiungere questi obiettivi l’attività agricola deve subire un processo di maggiore diversificazione puntando a fornire servizi turistici, culturali e ricreativi oltre che prodotti di qualità che vadano incontro alle attuali esigenze dei consumatori. Attualmente nel territorio del Patto si ha una prevalenza di colture cerealicole intensive (mais e frumento) e della zootecnia (in particolare da latte). Non risultano ancora molto diffuse forme innovative di aziende orientate ad esempio verso l’agriturismo, le produzioni biologiche o l’erogazione di servizi legati al turismo, all’educazione ambientale e al tempo libero, mentre assume un certo rilievo il comparto vivaistico e la manutenzione del verde pubblico e privato. Un altro settore che è ancora poco sviluppato è quello delle colture No Food, destinate cioè ad usi non alimentari ma alla produzione di biomasse da impiegare a scopi energetici oppure in edilizia o in altri campi. Per quanto riguarda il settore dell’arboricoltura da legno, occupa una superficie di circa 354 ha ed è specializzato per lo più nella coltura del pioppo mentre altre colture a ciclo breve oppure impianti di latifoglie nobili non sono presenti. La zootecnia all’interno dei comuni del Patto è l’attività, assieme alla cerealicoltura, che assorbe maggiore manodopera e che produce il maggior reddito. All’interno poi di questo settore è la filiera latte ad essere dominante. Dalle indagini eseguite dal Patto sul territorio ed incrociando i dati di varie fonti, risultano attive nel territorio del Patto circa 156 aziende con orientamento prevalentemente zootecnico. Di queste 142 si occupano dell’allevamento di bovini e la restante parte di suini ed equini. Il settore cerealicolo è dominante rispetto ad altri, come si può anche osservare nel resto della Provincia e della regione. Quasi un terzo della SAU (2990 ha) è rappresentato da colture cerealicole e di queste 1991 ha (dati PAC 2003) sono costituiti da mais e 282 ha da orzo. Questa produzione viene utilizzata prevalentemente per l’alimentazione animale e perciò viene quasi sempre reimpiegata all’interno dell’azienda. Il frumento occupa circa 915 ha mentre la coltivazione della soia 134 ha. Infine a questi dati bisogna aggiungere ancora la superficie destinata ad erbai misti, di circa 1083 ha. 41 Per quanto riguarda le orticole, queste rivestono una certa importanza con circa 44 ha a coltura specializzata ed una quantità elevata di orti familiari. I fruttiferi e la vite sono invece presenti con estensioni più limitate, ma in un numero di aziende considerevole: nel caso della vite, ad esempio, gli ettari occupati sono 6,38 su un totale di 136 aziende. Orticoltura e frutticoltura sono generalmente di tipo tradizionale, orientate alla produzione per il consumo fresco e caratterizzate da basso livello di meccanizzazione ed elevato impiego di manodopera. La produzione è piuttosto frammentata, trattandosi di aziende di piccole dimensioni non associate fra di loro. Il maggiore punto di debolezza che le caratterizza è la mancanza di una strategia di integrazione volta alla valorizzazione del prodotto, anche se la localizzazione in prossimità della città facilita notevolmente la collocazione del prodotto. Un altro settore che negli ultimi tempi ha riscontrato un notevole successo è quello del florovivasimo, dovuto anche in parte alla maggior richiesta di verde ornamentale legata all’espansione dell’edilizia residenziale di tutta l’area della provincia di Torino. La produzione è orientata principalmente su fiori recisi destinati al mercato torinese e su piante ornamentali erbacee ed arboree vendute direttamente in vivaio. L’arboricoltura da legno è concentrata principalmente nei comuni di Venaria e Druento. In queste aree è largamente diffusa la pioppicoltura, che da sola determina la quasi totalità del prodotto ottenuto. A causa della scelta dei terreni di impianto marginali e meno fertili della media, gli assortimenti prodotti non sono di ottima qualità. Nella tabella 4 viene riportato per ogni comune il numero di aziende che opera nei diversi settori dell’agricoltura. 42 Tabella 4. Numero di aziende per tipologia di produzione in ogni comune. Aziende Aziende Aziende Aziende Aziende cerealicole orticole frutticole viticole florovivaistiche 54 2 11 20 10 Buttigliera Alta 39 0 0 2 3 Collegno 34 5 5 4 2 Druento 52 1 1 0 2 Grugliasco 22 3 0 0 4 Pianezza 65 6 10 7 2 Rivoli 18 17 39 66 13 Rosta 14 4 4 4 0 San Gilio 24 1 2 0 3 Venaria Reale 8 1 2 0 2 Villarbasse 43 4 7 33 1 Totale 373 44 81 136 42 Comune Alpignano Fonte: Relazione generale sull’agricoltura del Patto (Luglio 2004) Sito internet : http://212.4.6.166/zonaovestnew/pr_ag_periurbana/archive.htm 43 6.1 Le esperienze di agricoltura sociale nella zona ovest ed in Provincia di Torino In Piemonte il fenomeno delle Fattorie Sociali non è ancora molto diffuso, sono presenti aziende agricole che ospitano, per alcune attività, persone svantaggiate, ma soprattutto a scopo terapeutico-riabilitativo, invece realtà in cui vengono inseriti nel processo produttivo sono molto rare. Al fine di comprendere meglio che cosa succede su questo territorio, la Coldiretti e la Zona Ovest di Torino s.r.l. hanno fornito alcuni nominativi di aziende agricole e cooperative sociali e non che svolgono attività con persone diversamente abili. Le imprese in questione sono: • Azienda agricola F.lli Gottero & Figli s.s - Alpignano (TO) • Agriturismo Ocicitania - Mattie (TO) • Azienda Agricola “Vivai–Piante” Graglia Mauro – Rivoli (TO) • Cooperativa Orto dei Ragazzi – Torino • Azienda Agricola Campagnoli – Rivoli (TO) • Azienda Agricola Morsone - Alpignano (TO) A queste aziende è stata fatta un’intervista ponendo il questionario riportato nella tabella 5, per poter fare una panoramica delle attività svolte sul territorio piemontese e delle differenti modalità con cui vengono attuate. 44 Tabella 5. Questionario Numero Domande 1 Quali tipologie di disabilità sono presenti fra i lavoratori impiegati nell’azienda? 2 Quali attività svolgono queste persone in base alle loro capacità residue? 3 Da quanti anni lavorate con questi soggetti? 4 5 6 Sono presenti dei tutor, all’interno dell’azienda che affiancano costantemente tali soggetti? Quali sono gli enti coinvolti? Che cosa fa l’ASL? Sono impiegati in modo continuativo durante tutto l’anno oppure vengono svolti lavori stagionali? 7 Con quale tipologia di contratto lavorano queste persone? 8 I soggetti disabili hanno seguito dei corsi formativi? 9 L’imprenditore agricolo ha seguito dei corsi formativi? 10 Quali sono i prodotti dell’azienda? 11 Qual è la superficie destinata alla produzione? 12 Quali sono i canali di commercializzazione di questi prodotti? 13 In che modo viene valorizzata la loro provenienza? 14 L’azienda è all’interno di una rete di fattorie sociali? 15 L’azienda lavora con delle cooperative sociali? 16 17 Quali misure di sicurezza sono state adottate per rendere l’ambiente di lavoro idoneo a queste persone? Quali sono le difficoltà incontrate nell’intraprendere questa attività?Quali le criticità?Quali invece i fattori positivi? 18 Perché ha scelto di attivare questa attività? 19 Avete ricevuto dei finanziamenti? In quale forma? 20 Sono in atto delle convenzioni? L’Azienda Agricola F.lli Gottero & Figli ha un’estensione di circa quattro ettari, adibiti a vivaio ed inoltre svolge lavori esterni di manutenzione del verde. Nell’azienda è presente da più di un anno una signora con disabilità psichica lieve. E’ stata l’ASL ad assegnargli questa persona tramite la stipula di una convenzione, in cui questa signora risulta essere inserita come terapia occupazionale, percependo una borsa lavoro dall’ASL. La convenzione è rinnovabile annualmente. Questa signora lavora quattro ore al giorno per tutta la settimana, si occupa della manutenzione dei vasi, dell’irrigazione, invasatura, 45 trapianto, potatura, pulizia piante, eliminazione dell’erba infestante. Durante il lavoro non è affiancata da un tutor ma è l’imprenditore che la segue, non avendo grandi problemi di relazione, di svolgere le mansioni affidategli ed essendosi ben inserita nel processo produttivo. Attualmente sta seguendo un corso di formazione sul florovivaismo per acquisire una maggiore capacità e competenza nel settore. L’imprenditore ha deciso di rendersi disponibile all’inserimento di soggetti svantaggiati perché sensibile alla tematica. L’azienda non percepisce alcun finanziamento per questa iniziativa e non le viene riconosciuto alcun valore aggiunto, di conseguenza anche i prodotti non vengono valorizzati. Quindi si può dire che è una realtà esistente ma non riconosciuta, ed è proprio su questo aspetto che gli enti, le organizzazioni pubbliche dovrebbero puntare, per venire incontro alle aziende che si offrono disponibili ad ospitare questi soggetti e per migliorare la loro condizione. Procedendo in questa direzione, aumenterebbero le realtà agricole disposte ad aderire a queste iniziative e come già detto in precedenza verrebbero ridotti i costi per le amministrazioni pubbliche e verrebbe messa in atto una grande azione sociale. L’agriturismo Occitania si tratta di una realtà differente dalla precedente. E’ situata ai piedi della Valle di Susa, produce miele e vino di alta quota. Quest’azienda ospita una volta alla settimana per circa tre o quattro ore un gruppo di dieci ragazzi provenienti da una cooperativa sociale, a scopo riabilitativo-terapeutico. Tra i ragazzi sono presenti disabilità psichiche e motorie, handicap cognitivo, autismo, deficit intellettivo, nanismo, downismo. I ragazzi quando sono in azienda si occupano di raccogliere le noci, la frutta, spostare la legna, irrigare un piccolo orto. È da circa tre mesi che si recano all’agriturismo e la titolare la sig.ra Durandetto durante l’intervista diceva che in questo tempo ha visto dei risultati positivi derivanti da quest’attività. Partecipano in modo più attivo e concreto alle attività, iniziano a percepire le loro capacità, di conseguenza sono più stimolati nello svolgerle ed hanno instaurato un rapporto affettivo con gli animali. L’importanza di questo percorso è la possibilità per queste persone di relazionarsi con l’ambiente esterno e con il mondo del lavoro. Pensare all’inserimento lavorativo per quest’azienda è un po’ difficile a causa della posizione in cui si trova, per la pendenza dei terreni, per cui è necessario avere buone capacità motorie ed inoltre il lavoro con le api non è semplice. L’azienda percepisce un rimborso dalla cooperativa per il servizio offerto. L’Azienda Agricola “Vivai – Piante” di Graglia Mauro è situata nel comune di Rivoli. Da alcuni anni inserisce all’interno del proprio vivaio soggetti svantaggiati, tramite l’ASL, i 46 Patti Territoriali ed il Comune. Attualmente è presente un ragazzo autistico che frequenta l’azienda da circa 6 anni. E’ stato inserito tramite il CISA (Consorzio Intercomunale Socio Assistenziale), che conferisce al ragazzo un contributo per il lavoro svolto. E’ affiancato costantemente da un tutor, stipendiato dalla sua famiglia. In passato sono stati inseriti altri sei ragazzi, tre tramite l’ASL, uno attraverso il Comune e gli altri due tramite i Patti Territoriali, attraverso borse lavoro e tirocinio. Queste persone venivano seguite da assistenti sociali o tutor che si recavano in azienda settimanalmente per assicurarsi del regolare svolgimento di questa attività. Le attività svolte da questo ragazzo e in passato dagli altri soggetti sono invasare, svasare, togliere le infestanti ed irrigare. Hanno seguito dei corsi di formazione solamente i ragazzi inseriti tramite i Patti Territoriali. L’azienda non percepisce alcun finanziamento per questa attività. I prodotti non vengono valorizzati nonostante provengano da un’azienda che svolge attività sociale, quindi non c’è nessun valore aggiunto e nessun riconoscimento. L’Orto dei Ragazzi è un progetto, che nacque due anni fa circa all’interno dell’organizzazione Città dei Ragazzi, facente parte della Casa di Carità Arti e Mestieri. La Casa di Carità Arti e Mestieri è un ente di formazione professionale no profit di ispirazione cattolica, fondato a Torino nel 1925 dall’Istituto Secolare dell'Unione Catechisti e dai Fratelli delle Scuole Cristiane. La Casa di Carità Arti e Mestieri ha come scopo la promozione umana, culturale e professionale dei giovani e dei lavoratori e, sin dalla sua fondazione, opera nell’ambito della formazione professionale progettando, coordinando e realizzando attività di ricerca, di orientamento, di formazione e di aggiornamento. L’Orto dei Ragazzi è una cooperativa che accoglie principalmente ragazzi immigrati attraverso tirocini formativi nel settore agricolo, della durata di sei mesi/un anno. Oltre a dare una certa formazione lavorativa, l’attività agricola aiuta questi soggetti nell’inserimento sociale e nella lotta contro il disagio, in quanto l’agricoltura è definita come una buona “palestra” per quanto riguarda appunto l’inserimento sociale. Questi soggetti ricevono un sostegno economico erogato dal comune, per la quantità di tempo impiegata in questa attività. All’interno dell’orto vi sono due persone che coordinano le attività e seguono questi ragazzi nei lavori. Inoltre, soprattutto durante il primo periodo, questi soggetti vengono affiancati da dei tutor, principalmente per quanto riguarda l’aspetto sociale. Questo orto ha un’estensione di circa due ettari, viene coltivato secondo il metodo del biologico, anche se non certificato, attuando quindi un’agricoltura il più possibile naturale. 47 In questo caso non è strettamente necessaria la certificazione biologica, in quanto si ha la vendita diretta e quindi il contatto diretto con il consumatore, con il quale viene a crearsi un rapporto di fiducia. I prodotti vengono venduti sottoforma di panieri direttamente alle famiglie, che attualmente sono circa 250, si tratta quindi di filiera corta. Questi panieri consistono in ceste, in questo caso da tre o sei chili, contenenti diverse tipologie di verdura e frutta di stagione. Dal momento che la quantità richiesta supera la produzione, l’Orto dei Ragazzi acquista parte dei prodotti da altre aziende agricole della zona, garantendo la qualità di questi altri prodotti. La vendita attraverso i panieri costituisce anche un mezzo di educazione alimentare, in quanto non è l’acquirente a scegliere ciò che comprare, ma è il produttore a comporre il paniere in base a ciò che offre la stagione. L’Azienda Agricola Campagnoli è situata sulla collina morenica di Rivoli, all’interno dei boschi. E’ stata riconosciuta come fattoria didattica, si rivolge alle scuole, alle famiglie, ai gruppi, per visite guidate all’azienda per conoscere i cavalli, le pecore e gli animali da cortile. Inoltre, l’azienda mette a disposizione l’orto coltivato per le attività didattiche. L’attività di fattoria didattica è nata in modo spontaneo da alcuni anni, da quando le scolaresche vanno a visitare il bosco sulla collina di Rivoli. Nel corso della giornata si fermano in questa azienda, per far conoscere agli studenti la realtà agricola, gli animali, la coltivazione degli ortaggi e della frutta e i cicli della natura. L’Azienda Agricola Morsone si trova a Rivoli, è un Centro di Riabilitazione Equestre, svolgono corsi di equitazione, allevano cavalli ed alcuni vengono tenuti in pensione (circa sessanta cavalli sono presenti nell’azienda). L’azienda dal 1992 inserisce al suo interno persone svantaggiate. Attualmente sono presenti nove persone con handicap differenti, di cui quattro in affido famigliare, attraverso tirocini o inserimenti lavorativi con borsa lavoro. Sono presenti un soggetto ex-alcolizzato, uno ex-tossico e gli altri hanno disabilità psichica e psichiatrica. Ad ognuno è affidata una mansione ben precisa, si occupano della pulizia dei box, pulizia dei cavalli, preparare il fieno, condurre a mano il cavallo durante la riabilitazione con soggetti disabili. Queste persone non vengono affiancate da nessun tutor, è l’imprenditrice agricola che si occupa di seguirli nei lavori, ed in caso di problemi si rivolge all’ASL che si è occupata di inserirli presso l’azienda. Non si tratta di attività stagionali per cui questi soggetti sono occupati costantemente durante tutto l’anno senza periodi vuoti. Durante il giorno lavorano circa mezza giornata, alternandosi in base ai loro tempi ed alla loro resistenza. L’esser impegnato in modo continuo è un aspetto positivo, 48 perché influisce a determinare una maggior responsabilità e maggior autostima. Gli inserimenti come tirocini durano tre mesi e non vengono retribuiti, quelli come borsa lavoro hanno la durata minima di un anno ed è previsto un sostegno economico erogato dall’ASL. L’azienda non percepisce alcun finanziamento per l’attività svolta. E’ inoltre stata presa in considerazione un’azienda vitivinicola della Provincia di Biella, che anche se non facente parte della provincia di Torino può essere un esempio per meglio comprendere l’attività dell’agricoltura sociale. • Azienda Vitivinicola Centovigne - Cossato (BI) L’Azienda Vitivinicola Centovigne nasce nel 2000 per il recupero di alcuni vigneti della provincia di Biella. E’ costituita da circa 3 ettari di vigneti suddivisi in 27 appezzamenti. L’azienda ha sede nel Castello di Castellengo, di cui vengono utilizzate due delle otto cantine presenti, per la vinificazione di tre vini rossi. Si è aperta alle attività sociali intraprendendo diversi progetti quali quello della musico-terapia avviato lo scorso anno e quello del “Vino del Sorriso”. Per quanto riguarda il progetto della musico-terapia sono state composte tre musiche ad arpa da abbinare alla degustazione dei vini e aspetto più importante se nonché scopo del progetto, riprodurre queste musiche all’interno degli ospedali perché sembra esser uno strumento efficace per combattere la depressione di persone lungodegenti. Il secondo progetto è stato attuato per recuperare un antico vigneto coinvolgendo esperti, volontari e persone con disabilità per produrre insieme un vino molto speciale, “Il Vino del Sorriso”. L’idea è nata nel 2007 su proposta dell’Associazione Ti aiuto Io, perché intende attraverso il ripristino di questo vigneto nel comune di Candelo e la produzione di questo “vino speciale”, raccogliere fondi per vedere finalmente realizzato “Il parco dell’albero d’oro”, un grande parco giochi accessibile anche alle persone con disabilità e dotato delle migliori attrezzature per bambini. Questo progetto si è sviluppato nel comune di Candelo (BI), nella località rione Campile, in quello che è stato il primo vigneto sperimentale dell’Ecomuseo e ha coinvolto le associazioni di volontariato Ti Aiuto Io, le Onlus Domus Laetitiae e Anffa, insieme alle aziende vinicole Centovigne, Garella e all’esperto Marco Maffeo (Cascina Bozzola). Attraverso questa esperienza della coltivazione della vite e del contatto con la terra, le persone con disabilità e i volontari hanno potuto sperimentare il significato del lavoro di gruppo e dell’integrazione tra le diverse capacità. Questo gruppo agricolo si è così impegnato nel mantenimento di questo vigneto, svolgendo differenti lavori quali: potatura, concimazione, zappatura tra i filari, 49 vendemmia, sostituzione dei pali e reimpianto di viti. “Il Vino del Sorriso” è diventato così un simbolo significativo di una vera e propria integrazione ed inclusione sociale. Le persone diversamente abili coinvolte sono circa trenta, affiancate nei lavori da dei tutor. L’attività nel vigneto dimostra che il coinvolgimento di persone con disabilità può dare risultati concreti e positivi. Sia per questa attività che per quella attuata dall’azienda Occitania non si può parlare di inclusione lavorativa bensì di inclusione sociale, però possono essere viste come i primi passi per coinvolgere questi soggetti in un mondo “nuovo”(per loro), come una luce di speranza per abbattere quelle “etichette” che gli vengono attribuite e quelle barriere che spesso si pongono fra essi e le persone normodotate. Di seguito vengono riportate in tabella 6 le differenti realtà intervistate, che svolgono attività di agricoltura sociale, nella provincia di Torino. 50 Tabella 6. Imprese che svolgono attività riconducibili all’agricoltura sociale nella provincia di Torino. DENOMINAZIONE SOCIALE Azienda agricola F.lli Gottero & Figli s.s Alpignano (TO) INDIRIZZO PRODUTTIVO TIPOLOGIA DI ATTIVITA’ SOCIALE TIPOLOGIA DI DISABILITA’/ SVANTAGGIO SOSTEGNO ECONOMICO AZIENDA FONTE Zona Ovest s.r.l. Contattata durante il tirocinio Coldiretti Contattata durante il tirocinio Nessuna Coldiretti Contattata durante il tirocinio Nessun finanziamento Nessuna Coldiretti Contattata durante il tirocinio Nessun finanziamento Nessun sostegno Coldiretti Contattata durante il tirocinio Nessun finanziamento Nessuna Zona Ovest s.r.l. Contattata durante il tirocinio Florovivaismo Inserimento come terapia occupazionale Psichica lieve Nessun finanziamento Agriturismo Ocicitania Mattie (TO) Miele e vino di alta quota Inserimento riabilitativoterapeutico Psichica, motoria, handicap cognitivo, autismo, deficit intellettivo, nanismo, downismo Rimborso dalla cooperativa per il servizio offerto Azienda Agricola Morsone - Alpignano (TO) Allevamento e pensione cavalli. Riabilitazione equestre. Affidi famigliari Inserimento come terapia occupazionale Tirocinio Servizi di riabilitazione Psichica, psichiatrica, ex-tossici, exalcolizzati. Nessun finanziamento Azienda Agricola “Vivai Piante” di Graglia Mauro Rivoli (TO) Florovivaismo. Inserimento come terapia occupazionale Autismo Azienda Agricola Campagnoli Adele Rivoli (TO) Allevamento cavalli, animali da cortile, pecore. Coltivazione ortaggi. Fattoria didattica Cooperativa Orto dei ragazzi – Torino Orticoltura Tirocinio formativo e inserimento sociale Immigrati CRITICITA’ Nessuna Nessuna 51 CAPITOLO 7 - I CANALI COMMERCIALI 7.1 Alcune ipotesi di linee produttive L’analisi sul territorio della zona ovest di Torino è stata eseguita per capire la tipologia di produttività delle aziende agricole sul territorio e per capire quali potrebbero essere le linee produttive di future fattorie sociali. Per definire la linea produttiva più adatta per una fattoria sociale, è necessario tener conto sia della vocazione del territorio ma soprattutto della tipologia di disabilità che si vuole inserire. Ad esempio la produzione di orticole e di prodotti da vivaio si presta bene all’inserimento di disabili sia psichici che fisici, perché in tale processo, essendo molto diversificato, vi sono molte mansioni da svolgere alla portata di tali soggetti. Invece per quanto riguarda la filiera carne e latte, l’inserimento in questo caso è più complesso, perché si tratta di un’attività in cui sono presenti maggiori pericoli e in cui i lavori sono più pesanti. Inoltre essendo un settore molto più meccanizzato, ci sarebbero pochi lavori da svolgere manualmente, rispetto all’orticoltura e alla floricoltura, perciò sarebbe necessario personale in grado di utilizzare i vari mezzi (trattori, muletti, ecc..). Questa tipologia di aziende sarebbe più indicata per soggetti quali ex-detenuti, extossicodipendenti, persone escluse dal mondo del lavoro perché in età avanzata. Si potrebbero, quindi, ipotizzare tre linee per le fattorie sociali, in cui si vogliono inserire soggetti svantaggiati: una in cui l’indirizzo produttivo dell’azienda è orticolo o floricolo, in cui possono essere inseriti soggetti con disabilità psichica e fisica; una seconda in cui l’azienda è zootecnica, in cui si ha la filiera carne e/o latte; una terza in cui non si realizza un inserimento lavorativo, ma un inserimento a scopo riabilitativo-terapeutico. Per quest’ultima ipotesi si potrebbe pensare ad una azienda in cui siano presenti un piccolo orto per la terapia con le piante, un maneggio o comunque la presenza anche solo di alcuni cavalli per la terapia equestre, oppure di alcuni asini per l’onoterapia. Inoltre, sempre utile ai fini terapeutici è la presenza di piccoli animali da cortile quali galline, conigli, oche, oppure di ovini come caprette e pecore. 52 7.2 I prodotti delle fattorie sociali e i canali di commercializzazione Dopo aver individuato la tipologia produttiva delle future fattorie sociali, si procede all’individuazione dei possibili prodotti e dei possibili canali di commercializzazione. Per quanto riguarda i possibili prodotti delle fattorie sociali si possono al momento fare delle ipotesi in base alle linee produttive adottate. Nella tabella 7 vengono riportati i possibili prodotti ipotizzati. I prodotti derivanti dall’orticoltura potrebbero essere orticole quali pomodori, fragole, peperoni, melanzane, fagiolini, piselli, carote. Inoltre si potrebbe pensare anche alla produzione di prodotti trasformati, quali passata di pomodoro, confetture, salse, verdure sott’olio e succhi di frutta. Per quanto riguarda il vivaio i soggetti svantaggiati presenti potrebbero partecipare alla produzione di bulbi, vasetti di piante e fiori di vario genere, vasetti di erbe aromatiche (basilico, maggiorana, timo, rosmarino, menta), alla composizione di vasi e a tutte le operazioni colturali necessarie per la coltivazione. Nelle aziende zootecniche con produzione di carne e di latte, sarebbe bene che venisse creata una filiera all’interno, in cui entrambe le materie prime venissero trasformate in un prodotto finito. Questo perché, così facendo tali prodotti se finiti, verrebbero valorizzati maggiormente. Ad esempio si può pensare alla produzione di formaggi, alla distribuzione di latte crudo, invece per chi ha un allevamento di bovini da carne si potrebbe ipotizzare la macellazione. Tabella 7. I prodotti delle Fattori Sociali PRODOTTI PRODOTTI PRODOTTI PRODOTTI PRODOTTI ORTICOLI FRUTTICOLI Lattuga Fragole Yogurt Pomodori Mele Formaggi Piante verdi Verdure sott’olio Melanzane Pere Latte crudo Fiori Salse Zucchini Ciliegie Gelati Peperoni Albicocche Fagiolini Pesche FILIERA FILIERA DA LATTE CARNE VIVAISMO Differenti Erbe tagli carne aromatiche PRODOTTI TRASFORMATI Succhi di frutta Confetture Passata pomodoro Sedano Patate 53 Ottenere un prodotto finito è meglio sia per l’azienda, sia per le persone svantaggiate coinvolte, perché così possono riconoscere il loro lavoro, la loro utilità, vedono i risultati del loro impegno in qualcosa di concreto. Inoltre come detto in precedenza, la valorizzazione di questi prodotti se finiti è maggiore, perché si può dimostrare con qualcosa di tangibile l’attività dell’azienda, la sua sensibilità verso questi temi del sociale. I canali di commercializzazione più alla portata di queste imprese, perché rispondono meglio alla necessità di integrazione sociale e danno visibilità alle funzioni sociali svolte, possono essere: • Vendita diretta all’interno dall’azienda stessa, attraverso la creazione di uno spaccio aziendale, eventualmente gestito da uno dei soggetti disabili impiegati. Questo offrirebbe indubbi vantaggi, in primo luogo contribuirebbe a far aumentare la quota di valore aggiunto trattenuta in azienda. Inoltre aiuterebbe la funzione terapeutica e d’inserimento nell’attività lavorativa svolta in azienda, sia in quanto per le persone occupate nelle varie produzioni è di grande soddisfazione poter constatare l’apprezzamento che il frutto del proprio lavoro trova da parte dei clienti, sia perché ciò apre l’azienda alla comunità locale, aumentando la visibilità del suo operato e facilitando il processo di integrazione. Per i clienti delle fattorie sociali, il contatto con la realtà produttiva della fattoria è importante in quanto porta a fare esperienza diretta del lavoro sociale che vi viene svolto e ciò rafforza la motivazione dell’acquisto. • Vendita attraverso le reti GAS del territorio. I gruppi di acquisto sono formati da gruppi di famiglie che si organizzano insieme per effettuare acquisti direttamente dai produttori della zona, utilizzando nella scelta dei prodotti e dei produttori anche un criterio di “solidarietà” inteso in senso ampio per perseguire uno stile di consumo critico e socialmente responsabile. Nel documento base dei GAS realizzato dalla Rete Nazionale dei GAS nel luglio del 1999, si legge: “finalità di un GAS è provvedere all’acquisto di beni e servizi cercando di realizzare una concezione più umana dell’economia, cioè più vicina alle esigenze reali dell’uomo e dell’ambiente formulando un’etica del consumare in modo critico che unisce le persone invece di dividerle, che mette in comune tempo e risorse invece di tenerli separati, che porta alla condivisione invece di rinchiudere ciascuno in un proprio mondo di «consumi»”. L’acquisto direttamente dai piccoli produttori consente di 54 evitare l’intermediazione della multinazionale in modo da realizzare un vantaggio economico sia per il produttore che il consumatore. Il risultato finale è inoltre quello di favorire la nascita di piccole aziende e cooperative di lavoro con maggiore attenzione a quelle sociali. Lo scambio attivo di idee e informazioni tra i GAS e i produttori è un aspetto interessante perché consente di ottenere risultati innovativi. Un esempio è quello del settore alimentare in cui il consumatore può stimolare la produzione di prodotti biologici, garantendone il successivo acquisto. Trattandosi spesso di prodotti di nicchia, con uno scarso mercato ed una scarsa capacità distributiva da parte dei consumatori, i prezzi sono alti e disincentivanti per le famiglie a basso reddito. I GAS, oltre ad aumentare gli sbocchi di mercato di questi prodotti, consentono di far accostare al consumo critico anche chi sarebbe altrimenti tagliato fuori per motivi di reddito. • Vendita all’interno di negozi che trattano questa tipologia di prodotti, quindi prodotti etici e prodotti derivanti da agricoltura biologica, oppure creazione di una rete di negozi dell’agricoltura sociale; in quanto questi esercizi selezionano già indirettamente la tipologia di target a cui si rivolgono. • Distribuzione alle mense comunali, attraverso convenzioni. • Vendita in fiere e mercati locali. Per quanto riguarda la grande distribuzione si pensa non sia un mezzo opportuno, almeno per il momento in cui il mercato di questi prodotti è molto ridotto e in quanto il target a cui i supermercati si rivolgono non sembra essere compatibile con le caratteristiche dei prodotti delle fattorie sociali. Il target della grande distribuzione ricerca un’ampia gamma di prodotti, prezzi competitivi, possibilità di scegliere in totale autonomia e con calma, ed ha una minore disponibilità di tempo da dedicare alla spesa alimentare. L’unica catena di supermercati a cui si potrebbe pensare è la COOP, perché già sensibile a queste tematiche. Per comprendere meglio come, nel nostro territorio potrebbero essere commercializzati i prodotti delle Fattorie Sociali, si è deciso di intervistare i soggetti identificati come possibili canali per la vendita di questi beni. I soggetti a cui ci siamo rivolti sono i GAS della provincia di Torino, la COOP, la Coldiretti (per quanto riguarda i mercati), le botteghe del commercio equo e solidale, Slow Food, Eataly, le mense e i negozi di prodotti 55 biologici. Per quanto riguarda le mense, è stata contattata la Sodexo Italia, società attiva nel campo della ristorazione, presente nelle scuole, aziende e sanità. Dalle informazioni raccolte, è stato possibile capire che questa tipologia di canale non può essere adatto alle Fattorie Sociali, in quanto le quantità richieste sono troppo elevate rispetto alla capacità produttiva di queste aziende agricole. Inoltre sono molto esigenti per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto. Invece per quanto riguarda i negozi di prodotti biologici, non è stato possibile raccogliere delle informazioni, in quanto i negozi contattati non si sono resi disponibili a rispondere all’intervista. 56 7.2.1 Intervista ai GAS Per quanto riguarda l’intervista ai gruppi di acquisto solidale, è stato inviato un questionario via e-mail ai GAS presenti sul territorio della provincia di Torino. Si è scelta la provincia di Torino in quanto il progetto sulle Fattorie Sociali è stato avviato proprio in questo territorio, pertanto si è pensato per il momento di capire quali siano le vie di commercializzazione più idonee per questa zona. Nella tabella 8 è riportato il questionario, inviato a ventisette GAS, di cui si è preso il nominativo sul sito della Rete Nazionale dei GAS (www.retegas.org). Tabella 8. Questionario per i Gruppi di Acquisto Solidale. Numero Domande 1 Conoscete le Fattorie Sociali?E i loro prodotti? 2 Che cosa ne pensate? 3 4 5 6 7 Sareste disposti ad acquistare tali prodotti? (Crocettare i prodotti che vorreste acquistare, elencati nella tabella sottostante). Quali sono le motivazioni che vi spingerebbero ad acquistare tali prodotti? C’è disponibilità all’interno del GAS a pagare un prezzo in più per questa tipologia di prodotti? Cosa vi aspettate da questo prodotto, che cosa volete che vi offra (garanzie, caratteristiche)? Sareste disposti ad acquistare tali prodotti solo se derivanti da agricoltura biologica, oppure sareste disposti ad acquistarli anche se coltivati con metodi non biologici? Per ogni tipologia di prodotto, quale quantità minima di rifornimento richiedereste e 8 ogni quanto? (Crocettare i prodotti che acquistereste, elencati nella tabella sottostante, indicare la q.tà minima di rifornimento e ogni quanto desiderereste il prodotto). 9 Quali servizi richiedereste? (tipologia di consegna, tipologia di imballo, contenitore ecc.) 57 PRODOTTI PRODOTTI PRODOTTI PRODOTTI PRODOTTI ORTICOLI FRUTTICOLI Lattuga Fragole Yogurt Pomodori Mele Formaggi Piante verdi Verdure sott’olio Melanzane Pere Latte crudo Fiori Salse Zucchini Ciliegie Gelati Peperoni Albicocche Fagiolini Pesche FILIERA FILIERA DA LATTE CARNE VIVAISMO Differenti Erbe tagli carne aromatiche PRODOTTI TRASFORMATI Succhi di frutta Confetture Passata pomodoro Sedano Patate Dei ventisette GAS contattati, solamente due gruppi hanno risposto. Un GAS ha risposto dicendo che non conosce i prodotti delle Fattorie Sociali e non acquista prodotti freschi se non occasionalmente, in quanto si tratta di un piccolo gruppo. Il secondo gruppo che ha risposto all’intero questionario, ha affermato di conoscere superficialmente la realtà delle Fattorie Sociali. Tale gruppo sarebbe disposto ad acquistare tali prodotti, spinto da motivazioni quali il recupero del rapporto con la fattoria, motivazioni sociali, ambientali ed economiche (nel senso di economia solidale). Vi è inoltre disponibilità a pagare un prezzo più alto, purché sia un prezzo trasparente e giusto sia per il consumatore che per il produttore. Le caratteristiche richieste da questi prodotti sono la genuinità, il rispetto dell’ambiente, della salute dell’uomo e degli animali durante la filiera produttiva e il rispetto della stagionalità. Inoltre richiede che i prodotti siano ottenuti con metodi biologici, senza la necessità di una certificazione. I servizi richiesti sono la consegna in zona e per quanto riguarda l’imballo non vi è nessuna esigenza particolare se non un imballo minimo e riutilizzabile. L’unico elemento vincolante è la preferenza dei prodotti trasformati, in quanto per i prodotti freschi vi è il problema della deperibilità e dello stoccaggio. Inoltre è stato contattato un altro GAS della provincia di Torino, non presente sul sito della Rete dei GAS, il Gas Rocca Franca. Si tratta di una realtà differente dagli altri GAS in quanto non è partito da un gruppo di persone che hanno deciso di costituire il GAS, ma la Cascina Rocca Franca (centro culturale e ricreativo della Circoscrizione 2 di Torino) ha deciso di istituire questo gruppo e di mettere a disposizione una parte della struttura in 58 modo tale da permettere a chiunque di aderirvi, anche singolarmente senza esser per forza un insieme di persone. A questo GAS, nato da circa un anno, sono iscritte ottanta famiglie. Dall’intervista fatta è stata rilevata la disponibilità ad acquistare i prodotti delle Fattorie Sociali ed anche a pagare eventualmente un prezzo in più per tali prodotti, come già stanno facendo per quelli che acquistano, purché sia un prezzo giusto sia per gli acquirenti che i produttori. Per quanto riguarda le caratteristiche, devono esser prodotti ottenuti con metodi biologici anche se non certificati, genuini, prodotti nel rispetto dell’ambiente, della salute dell’uomo e degli animali. Attualmente non acquistano prodotti orticoli e frutticoli freschi se non occasionalmente, anche in questo caso per il problema della deperibilità e stoccaggio, altrimenti vi sarebbe la disponibilità. Un modo, se possibile, per far fronte a questo problema sarebbe quello di mettere a disposizione uno spazio all’interno della Cascina Rocca Franca, dove i produttori scelti dal GAS, possano vendere i loro prodotti durante un giorno della settimana prestabilito. Da queste poche risposte non si può dire con certezza se i GAS possano essere uno dei possibili canali di sbocco dei prodotti delle Fattorie Sociali anche se coloro che hanno risposto all’intervista sembrano esser interessati. Sarebbero necessarie maggiori informazioni in merito, per aver un quadro più chiaro della situazione. 7.2.2 Intervista alla Coldiretti Un altro canale di commercializzazione a cui si è pensato sono i mercati, per questo motivo si è deciso di rivolgersi alla Coldiretti. Per conoscere meglio la realtà dei mercati ci siamo rivolti al responsabile dell’ufficio mercati a livello provinciale. Durante l’incontro si è discusso sulla diversa tipologia di mercati presenti sul territorio della città di Torino. Analizzando le diverse caratteristiche di questi mercati, si è cercato di capire quale canale può essere il più idoneo alla commercializzazione dei prodotti delle Fattorie Sociali. Sul territorio della città di Torino sono presenti i seguenti mercati: • Circa 45 mercati rionali, aventi da uno a quindici posti destinati ai produttori agricoli. Il target di consumatori in questo caso è molto eterogeneo ed è stato osservato che è poco interessato all’acquisto di un prodotto con caratteristiche di 59 qualità, infatti il marchio o l’identificazione di prodotto, in questi mercati, non da un valore aggiunto; • Tettoia dei produttori di Porta Palazzo, con circa cento posti per i produttori agricoli. Anche questa realtà è caratterizzata da un target molto eterogeneo, però a differenza della precedente, cerca nel prodotto agricolo caratteristiche qualitative. Le garanzie ricercate nel prodotto da questi consumatori sono il biologico, il biodinamico, la lotta integrata, il non OGM. Un’altra caratteristica molto apprezzata è la disponibilità dell’azienda ad invitare il pubblico a visitare l’azienda stessa, il luogo di produzione. Questo risulta essere per l’agricoltore un buon metodo per creare visibilità alla propria azienda e per il consumatore un fattore che aumenti la propria fiducia verso quel produttore e i suoi prodotti. • Mercati tematici. Sono mercati in cui è presente una sola tipologia di prodotto ad esempio ci sono mercati dell’artigianato, dell’antiquariato e dei prodotti agricoli locali. Per quanto riguarda questi ultimi, nella città di Torino sono presenti ogni domenica del mese, posizionati in luoghi diversi. Durante la prima domenica si svolge in piazza Palazzo di Città, nella seconda in piazza Carlo Alberto, nella terza in piazza Madama Cristina e nella quarta si svolgerà in piazza Benefica (questo ultimo sarà attivo a breve). In questi mercati si è osservato che viene ricercato il prodotto “sicuro”, quindi un prodotto locale, ottenuto con metodi non per forza biologici ma che comunque lo rendano un prodotto con caratteristiche qualitative. Per quanto riguarda più nello specifico i prodotti delle Fattorie Sociali, in base a quanto detto in precedenza si possono pensare come possibili canali di commercializzazione i mercati tematici e la tettoia dei produttori di Porta Palazzo. Non sembra necessario un marchio, ma è sufficiente un’identificazione di prodotto, questo significa esporre dei volantini in cui viene descritto il progetto, il metodo con cui viene ottenuto e in questo caso da chi viene prodotto e uno slogan. Inoltre è importante la disponibilità ad invitare i consumatori a vistare la Fattoria Sociale, questo è utile per aumentare la fiducia nel cliente e a creare una buona immagine dell’azienda stessa. Per quanto riguarda il metodo di coltivazione, il biologico non è una priorità, gli aspetti più importanti, per la maggior parte dei consumatori, sono che sia un prodotto derivante da agricoltura sociale e che sia un prodotto locale; ovviamente se coltivato con metodi 60 biologici, biodinamici o di lotta integrata, questo aumenterà la fiducia e la voglia di acquistare quel prodotto in coloro più attenti alle tecniche di coltivazione. Si può quindi affermare che per i prodotti delle Fattorie Sociali, l’aspetto più importante al fine di fidelizzare il consumatore è la presentazione del prodotto e del progetto. Per quanto riguarda invece la tipologia di prodotti, nei mercati tematici vengono più richiesti i prodotti trasformati rispetto a quelli freschi orticoli e frutticoli, quindi in queste realtà si potrebbe pensare alla distribuzione di formaggi, yogurt, latte crudo, gelati, salse, succhi di frutta, passata di pomodoro, confetture e verdure sott’olio. Invece sul mercato di Porta Palazzo si potrebbero posizionare le Fattorie Sociali ad indirizzo orticolo e frutticolo che non trasformano il prodotto. 7.2.3 Intervista alla COOP Precedentemente si è detto che la grande distribuzione non è il canale di distribuzione più adatto, in quanto il target di consumatori del supermercato non sembra esser molto sensibile alle caratteristiche di questi prodotti delle Fattorie Sociali. La maggior parte di coloro che si rivolgono alla grande distribuzione ricercano nei prodotti prezzi competitivi ed un’ampia scelta. Ecco perché si pensa sia meglio in questo momento, in cui tali prodotti sono poco conosciuti e le quantità ridotte, escludere questa via. Nonostante quanto detto, ci siamo rivolti alla COOP, perché diversa dal resto della grande distribuzione. In quanto più attenta alla qualità dei prodotti, maggiormente rivolta agli aspetti del sociale, presenta già al suo interno prodotti equo solidali e la maggior parte del target, proprio per queste caratteristiche, viene già così selezionato “all’entrata”. L’incontro è avvenuto con il responsabile della comunicazione. Da questo è emerso che i prodotti delle Fattorie Sociali sono conosciuti e vi è una certa attenzione da parte della COOP, però per tali prodotti non si sono ancora attuate azioni a livello commerciale. Ci sarebbe la disponibilità ad inserirli all’interno della catena di supermercati ma ad alcune condizioni. Ciò significa che se si vogliono posizionare i prodotti delle Fattorie Sociali sugli scaffali COOP, è necessario che questi siano provvisti di un marchio, è necessario garantire una quantità di approvvigionamento periodica, devono avere caratteristiche competitive (bontà, qualità adeguata) come gli altri prodotti non derivanti da Fattorie Sociali. Non deve esser necessariamente biologico, gli aspetti più importanti che devono 61 emergere è che sia un prodotto locale, sociale e di qualità. Per valorizzarli è sufficiente l’etichetta e un volantino in cui venga specificato il marchio e venga descritto brevemente il progetto e quindi la realtà produttiva presente dietro al prodotto. In base alla situazione attuale, in cui i prodotti delle Fattorie Sociali sono poco conosciuti e le quantità ridotte, sembra sia più opportuno promuovere delle iniziative periodiche allestendo dei banchetti al di fuori del supermercato, durante cui vi sia la presenza di alcuni dei soggetti svantaggiati che hanno partecipato alla produzione. In questo modo viene colpita maggiormente l’attenzione e la curiosità di coloro che entrano nel supermercato. Un altro modo per valorizzare e far conoscere questi prodotti è la presenza di alcune persone, di volontari, che conoscano già queste realtà, in modo tale che possano spiegare e descrivere a coloro interessati, la natura di questo progetto. Questo tipo di approccio sembra dare al consumatore maggiormente fiducia e credibilità perché riceve la testimonianza circa queste realtà, da parte di coloro non interessati all’aspetto economico. Così facendo, la grande distribuzione COOP, può essere vista come una buona “vetrina” per i prodotti delle Fattorie Sociali, può esser un buon strumento per l’avvio di una campagna di promozione e sensibilizzazione verso tali prodotti. 7.2.4 Intervista alle botteghe di commercio equo e solidale Si è pensato di rivolgersi a questa tipologia di botteghe in quanto sono un canale che già si occupa di commercializzare prodotti equo e solidali. Per commercio equo e solidale si intende quella forma di attività commerciale, nella quale l’obiettivo primario è la lotta allo sfruttamento, alla povertà, l’incentivazione dell’inclusione sociale di soggetti svantaggiati, il rispetto dell’ambiente e della salute dell’uomo e degli animali. I prodotti delle fattorie come già detto in precedenza possono essere considerati equo solidali perché derivanti da attività volte all’inclusione sociale di persone con differenti problematiche. Dalle interviste fatte ad alcune botteghe della provincia di Torino è emerso che, questa realtà in via di espansione, è ancora poco conosciuta. Nonostante ciò vi è comunque interesse a conoscere questi prodotti e queste realtà. Inoltre è stato possibile rilevare che questo canale potrebbe essere una possibile via di commercializzazione per i prodotti delle Fattorie Sociali. All’interno di queste botteghe i prodotti alimentari che possiamo trovare derivano per la 62 maggior parte da agricoltura biologica (presentano certificazione biologica), perché trattasi di alimenti prodotti con determinati criteri e principi nel rispetto dell’ambiente e della salute dell’uomo e degli animali. Per quanto riguarda la certificazione biologica non sembra essere strettamente necessaria per alcuni, per altri invece si, perché la gente è maggiormente attenta all’alimentazione, quindi ritrovare il marchio del biologico su di un prodotto ne aumenta la sicurezza nell’acquistarlo da parte del consumatore. La certificazione biologica può non essere necessaria, se i prodotti venissero venduti direttamente dal produttore al consumatore, perché il consumatore venendo direttamente a contatto con l’agricoltore, conoscendolo, parlando con lui ( ed eventualmente visitando l’azienda), stabilisce un rapporto di fiducia per cui la certificazione passerebbe in secondo piano. Inoltre è emersa anche la necessità di un marchio delle Fattorie Sociali, non si tratterebbe di un marchio con il fine di pubblicizzare l’azienda ma a scopo identificativo, per distinguere le aziende che appartengono alla categoria di aziende agricole che svolgono attività sociali, dalle altre. Per quanto riguarda le caratteristiche intrinseche del prodotto, si richiede che debba essere buono, di qualità, in linea con le caratteristiche degli altri prodotti. I prodotti che sembrano interessare maggiormente le botteghe sono quelli trasformati, perché il fresco presenta dei vincoli, costi di stoccaggio all’interno del punto vendita, deperibilità. Un’ipotesi potrebbe essere quella di invitare i clienti, che desiderano anche prodotti freschi (sottoforma di panieri), a fare degli ordini settimanali da inviare al produttore e stabilire un giorno di consegna. In modo tale che i panieri arrivino in bottega il giorno prestabilito per le consegne e vengano ritirati in giornata dai consumatori, così facendo non si avrebbero problemi di magazzino. Un’altra ipotesi potrebbe essere la vendita diretta dal produttore al consumatore, allestendo un banchetto all’esterno della bottega, ove possibile, stabilendo anche in questo caso un ordine e il giorno di consegna dei panieri direttamente da parte dell’agricoltore. In questo modo verrebbero abbattuti i costi di gestione di questa vendita da parte della bottega, perché così facendo non rimarrebbe direttamente coinvolta, ed il costo dei panieri non aumenterebbe. Questa ultima ipotesi è già stata messa in atto da una delle botteghe intervistate. Per pubblicizzare o meglio far conoscere questa tipologia di prodotti all’interno del punto vendita sarebbero utili dei volantini, dei cartelli, dei depliant che spiegassero il progetto in questione, cosa si intende per Fattoria Sociale e il metodo di produzione di tali prodotti, e promuovessero questa tipologia di filiera. 63 7.2.5 Intervista ad Eataly Per avere un quadro più ampio dei possibili canali di commercializzazione ci si è rivolti anche ad Eataly di Torino, centro enogastronomico dove si possono acquistare, degustare e studiare cibi e bevande di alta qualità. Dall’incontro si è potuto rilevare un certo interesse verso i prodotti delle Fattorie Sociali e la disponibilità ad inserirli all’interno del reparto ortofrutta. In questo reparto i prodotti sono esposti su delle bancarelle, proprio come possiamo trovarli al mercato, questo è stato fatto anche per riprendere il concetto di “mercato” e quindi di luogo di socializzazione, in cui si possono trovare prodotti a buon prezzo e di qualità. E’ stato proposto di introdurre i prodotti delle Fattorie Sociali allestendo uno spazio apposito. Si può pensare come una sorta di bancarella in cui i clienti di Eataly possono trovare i prodotti delle Fattorie Sociali della provincia di Torino, sui cui esporre anche le foto delle aziende coinvolte e la spiegazione del progetto, per meglio far comprendere il concetto di Fattoria Sociale e il valore aggiunto di questi prodotti. Essendo presenti solo i prodotti delle Fattorie della provincia di Torino, nel periodo dalla primavera all’autunno si potranno trovare un ampia varietà di prodotti ortofrutticoli, nel periodo invernale questa bancarella potrebbe essere assente o presentare pochi prodotti a causa della stagionalità. In tal modo si cerca anche di fare educazione alimentare e di far capire ai consumatori che la natura e i suoi prodotti hanno un ciclo di vita, una stagionalità, per cui se si vogliono mangiare prodotti buoni di gusto e con buoni valori organolettici è fondamentale rispettare questa stagionalità. Un’ altra proposta fatta da Eataly per collocare questi prodotti, è il mercato di produttori, che organizza una volta al mese circa nello spazio al di fuori del centro. Si tratta di un mercato a cui possono partecipare i produttori ed i trasformatori di prodotti locali, questo per sottolineare l’importanza della filiera corta, dei prodotti a “KM 0”, per salvaguardare e valorizzare le produzioni locali e l’agricoltura locale. Per entrambe le due proposte non vi è la necessità di una certificazione biologica, però i prodotti devono essere coltivati seguendo metodi biologici o di lotta integrata. Per quanto riguarda un marchio delle Fattorie Sociali, anche questo non è strettamente necessario, se presente è una garanzia in più, altrimenti non è così vincolante per il successo di questa attività. Un’ altra opportunità per far conoscere la realtà delle Fattorie Sociali e i suoi prodotti sono le cene a tema che vengono organizzate periodicamente all’interno di Eataly. 64 7.2.6 Intervista a Slow Food Slow Food promuove comunica e studia la cultura del cibo in tutti i suoi aspetti. La sua mission è: • educare al gusto, all’alimentazione, alle scienze enogastronomiche; • salvaguardare la biodiversità e le produzioni alimentari tradizionali ad essa collegate: le culture del cibo che rispettano gli ecosistemi, il piacere del cibo e la qualità della vita per gli uomini; • promuovere un nuovo modello alimentare, rispettoso dell’ambiente, delle tradizioni e delle identità culturali, capace di avvicinare i consumatori al mondo della produzione, creando una rete virtuosa di relazioni internazionali e una maggior condivisione di saperi. L’associazione Slow Food Italia ha un’importante ruolo anche sul territorio della provincia di Torino, per quanto riguarda la riscoperta delle tradizioni alimentari, del mangiar sano, del rispetto dell’ambiente, della salute dell’uomo e degli animali, del rispetto dei diritti dell’uomo. Dall’incontro è emersa la possibilità di introdurre i prodotti delle Fattorie Sociali, attraverso il Mercato della Terra, in progetto di avvio al più tardi nella primavera 2009, che si terranno una domenica al mese. Si tratta di un mercato in cui i produttori della zona possono vendere i loro prodotti direttamente ai consumatori, saranno prodotti derivanti da filiera corta, infatti saranno ammessi solamente produttori presenti nel raggio di 40 Km dall’area del mercato. I prodotti devono derivare dalle aziende stesse, nel caso dei prodotti trasformati, le materie prime devono comunque derivare da aziende distanti non più di 40 Km. Verrà istituito un protocollo d’intesa che regolamenterà le produzioni e la gestione di questa attività, a cui dovranno sottostare i produttori ed i trasformatori che decideranno di partecipare a questi mercati. Inoltre è in progetto la realizzazione di un’osteria nelle vicinanze della futura area mercatale, in cui si potranno degustare i prodotti del Mercato della Terra. Infine verrà costruito un punto vendita in cui si potranno trovare questi prodotti anche durante la settimana, gestito dal Comune. 65 7.3 Ipotesi di commercializzazione Dall’indagine di mercato effettuata, è stato possibile rilevare che fra i canali di commercializzazione presenti, quelli disposti in un futuro alla vendita dei prodotti delle Fattorie Sociali e che sembrano essere i più adatti, potrebbero essere: • la COOP, attraverso i banchetti al di fuori di alcuni punti vendita; • i mercatini della Coldiretti, di Eataly e Slow Food; • le Botteghe equo solidali; • punto vendita aziendale; • negozio dei prodotti delle Fattorie Sociali. Il processo di commercializzazione può essere suddiviso in due fasi distinte ma contemporanee, una di promozione e l’altra di vendita. Nella prima fase del ciclo del prodotto, ossia la fase di conoscenza e sviluppo, si potrebbe pensare di mettere in atto l’iniziativa proposta dalla COOP, per quanto riguarda il banchetto al di fuori di alcuni dei supermercati presenti nella provincia di Torino e quella della Coldiretti, di Eataly e Slow Food, per quanto riguarda i mercatini domenicali nella città di Torino. L’esposizione di tali prodotti al di fuori della COOP, attraverso iniziative periodiche, potrebbe essere un modo efficace per far conoscere le Fattorie Sociali in quanto si sfrutterebbe il flusso di persone che si recano al supermercato. Non richiederebbe un costo elevato perché si tratterebbe di allestire un banco, su cui esporre la linea di prodotti delle Fattorie Sociali della provincia di Torino. Per fare un’azione efficace di promozione e divulgazione del prodotto sarebbero necessari dei cartelloni e dei volantini o depliant, su cui spiegare di cosa tratta il progetto in questione, le caratteristiche del prodotto, elencare le aziende coinvolte, descrivere i benefici di questa iniziativa, anche al fine di sensibilizzare le persone su queste tematiche e sottolineare l’importanza di porre una maggior attenzione verso queste realtà emergenti. Inoltre anche i mercatini domenicali organizzati dalla Coldiretti, da Eataly e Slow Food, di cui si è già parlato in precedenza, potrebbero essere un altro modo per far conoscere questi prodotti. Anche in questo caso allestendo un banco negli spazi all’interno di questi mercati, presentando dei cartelloni, dei volantini, depliant, eventualmente uno slogan, per far 66 conoscere questa realtà. La differenza tra il banchetto davanti ai supermercati COOP e i mercatini organizzati dalla Coldiretti, Eataly e Slow Food è che in questo ultimo caso ci sarebbe anche la vendita di questi prodotti, mentre nel primo caso si tratterebbe solamente di presentare le Fattorie Sociali, i loro prodotti, alcuni farli eventualmente assaggiare (i prodotti trasformati, la frutta, ecc.) ed invitare a visitare le aziende coinvolte. Sarebbe importante far partecipare a queste iniziative anche alcuni dei soggetti inseriti nelle Fattorie Sociali, non per renderli uno strumento per fare pubblicità, ma perché anche loro ne possano trarre un beneficio. Essere a contatto con il pubblico, avere un compito ben preciso nella vendita, durante la promozione, potrebbe rilevarsi un fattore molto importante, potrebbe far accrescere in loro una maggior autostima e senso di responsabilità, si sentirebbero parte di un sistema, vedrebbero dei risultati concreti del loro lavoro, del loro contributo. Contemporaneamente e successivamente a questa prima fase, quando il prodotto sarà maggiormente affermato e conosciuto sul mercato si potrebbero pensare, quali canali di vendita più adeguati, il punto vendita aziendale, un negozio dei prodotti delle Fattorie Sociali e le botteghe equo solidali. Nel primo caso ogni azienda avrà all’interno un punto vendita. L’azienda stessa dovrà decidere come gestire questo spazio e quindi stabilire chi saranno gli addetti alla vendita, l’orario di apertura, il modo con cui fare pubblicità, ad esempio con la distribuzione di volantini, depliant, la creazione di un sito internet e le modalità con cui gestire le vendite cioè se utilizzare la tecnica dei panieri o no. Per quanto riguarda la pubblicità, sui volantini e sui depliant è necessario descrivere in breve l’attività dell’azienda, il modo con cui vengono ottenuti questi prodotti, l’attività sociale, l’elenco dei prodotti, gli orari di vendita al pubblico ed inserire delle immagini dell’azienda per catturare maggiormente l’attenzione delle persone. Sul sito internet dovrebbero comparire tutti questi dati, descritti in modo più dettagliato per fornire maggiori informazioni, inoltre una newsletter attraverso cui l’azienda può comunicare, a chi ha inserito il proprio indirizzo di posta elettronica, delle novità, nuove attività dell’azienda e promozioni. Un altro elemento potrebbe essere la creazione di un forum attraverso cui i clienti dell’azienda possano comunicare tra di loro e con l’imprenditore agricolo, scambiandosi opinioni in merito ai prodotti acquistati, dare i loro giudizi sulla bontà, scambiarsi delle ricette. Per quanto riguarda la vendita attraverso panieri, si tratta di vendere i prodotti in ceste miste di frutta e verdura, confezionate dall’agricoltore con frutta e verdura di stagione e non in base alle preferenze del consumatore. L’attività viene gestita nel seguente modo, il cliente ordina all’azienda, entro il giorno prestabilito per gli ordini, il paniere di verdura e/o di 67 frutta indicando le quantità desiderate, che andrà a ritirare in azienda nel giorno indicato per le consegne di queste ceste. I fattori positivi che caratterizzano questa tipologia di vendita sono il minor impiego di imballaggio che riduce il costo del prodotto, non vi è il costo del trasporto ad incidere sul prezzo, in quanto si tratta di vendita diretta in azienda e non ci sarebbero sprechi di prodotto perché si lavorerebbe su ordinazione e quindi si preparerebbe e si venderebbe il prodotto nella quantità richiesta. Inoltre si tratta di un buon metodo per fare educazione alimentare e spingere la gente a consumare prodotti di stagione. Facendo sempre riferimento al punto vendita aziendale, si potrebbe pensare ad un unico spaccio aziendale, a cui le fattorie sociali presenti nella zona potranno conferire i loro prodotti. Così facendo si agevolerebbero i consumatori, i quali non dovranno più recarsi in ogni singola azienda per l’acquisto di differenti prodotti ortofrutticoli, ma sarà sufficiente recarsi in questa fattoria sociale con il punto vendita per trovare una un’ampia varietà di prodotti provenienti da fattorie sociali presenti sul territorio. Sabato 14 giugno è stata inaugurata l’agrigelateria “La Fattoria del Gelato” a Pianezza in provincia di Torino. Si tratta di un’azienda zootecnica che ha deciso di diversificare la propria produzione attraverso la produzione di gelati e yogurt e che ha come ulteriore obiettivo, quello di assumere una persona svantaggiata, diventando così Fattoria Sociale. La Fattoria del Gelato si candida a diventare per la città un rifugio nel quale respirare la quiete della campagna e riscoprire i sapori genuini. E’ proprio per questo motivo, che si potrebbe pensare a questa azienda, come sito in cui allestire lo spaccio aziendale, di cui si è parlato in precedenza, per i prodotti derivanti da aziende agricole sociali della zona. In tal modo forse si incentiverebbe la vendita, in quanto i consumatori potranno trovare diversi prodotti agricoli in un unico punto senza dover recarsi in più aziende, risparmiando in termini di costo e di tempo. Inoltre questo si presenta come luogo piacevole in cui trascorrere parte del proprio tempo libero a contatto con la natura, soprattutto per le famiglie con bambini. Inoltre si potrebbe pensare alla creazione di un negozio dei prodotti delle Fattorie Sociali. Si potrebbe ipotizzare un negozio delle Fattorie Sociali quando il fenomeno sarà maggiormente esteso a più aziende del territorio e quando magari si verrà a creare una Rete delle Fattorie Sociali della provincia di Torino. Questo punto vendita dovrebbe esser posizionato in un luogo di facile accesso alla clientela e facilmente raggiungibile dalle Fattorie Sociali della zona, per il conferimento dei prodotti. I prodotti presenti all’interno del negozio deriverebbero solamente da Fattorie Sociali che aderiranno alla Rete, questo per dare una maggiore garanzia di qualità e sicurezza ai consumatori. Si potrebbe pensare 68 eventualmente anche alla creazione di un marchio della Rete delle Fattorie sociali, per indicare l’appartenenza dell’azienda a quella categoria. Anche all’interno di questo punto vendita mettere a disposizione dei volantini e dei depliant, dove si descrive l’attività svolta, il progetto, e su cui si possono trovare tutte le informazioni riguardanti le aziende coinvolte. Inoltre si potrebbero organizzare delle giornate in cui le aziende sono aperte al pubblico, in modo tale da permettere ai clienti di visitare queste realtà. Per quanto riguarda la vendita, anche in questo caso si può decidere se organizzarla attraverso i panieri o meno. Il trasporto potrebbe essere effettuato conto terzi, incaricando quindi una persona a ritirare la merce presso tutte le aziende oppure potrebbero essere le aziende stesse a conferire giornalmente i prodotti al negozio. Un altro modo attraverso cui distribuire i prodotti delle Fattorie Sociali potrebbe essere quello di appoggiarsi alle botteghe di commercio equo e solidale. Si tratterebbe di allestire un banco al di fuori della bottega, da parte del produttore, così facendo la bottega non rimarrebbe direttamente coinvolta nella vendita ma servirebbe solamente come punto di incontro tra produttore e consumatore. Infatti si tratterebbe di vendita diretta dal produttore al consumatore, in modo tale che il prezzo del prodotto non debba essere aumentato per coprire i costi di gestione della vendita da parte di un altro soggetto. In questo caso la vendita attraverso i panieri sembra essere la soluzione migliore per i motivi precedentemente indicati. Fra tutti questi canali presi in analisi, la soluzione migliore sembra essere quella del punto vendita in azienda, quindi della vendita diretta dal produttore al consumatore direttamente in azienda e quella dei mercatini domenicali una volta o più al mese. Partecipare a questi mercatini non risulterebbe essere un grande impegno, scegliendo tra quelli elencati precedentemente. Così facendo, durante la settimana si venderebbe in azienda e per qualche domenica al mese si parteciperebbe a questi mercati. Si potrebbe pensare di organizzare la vendita attraverso la creazione di una bancarella unica, in cui i produttori delle Fattorie Sociali della zona potrebbero aggregarsi, invece di presentarsi singolarmente ogni azienda. La partecipazione a questi mercati permetterebbe una maggiore diffusione dell’esistenza di queste realtà. Per quanto riguarda la vendita diretta in azienda, i costi di gestione sono minori, non vi è il trasporto ad incidere sul prezzo dei prodotti, non vi è il costo dell’imballo, perché si possono utilizzare delle cassette a rendere, in modo tale da riutilizzarle più volte. Si viene a creare un maggior rapporto di fiducia con il cliente, perché il consumatore può vedere l’azienda, il luogo in cui vengono prodotte frutta e verdura, chi partecipa alla produzione e 69 può parlare direttamente con l’agricoltore. Tutto ciò aumenta anche la sicurezza del consumatore nell’acquistare tali prodotti, perché conosce la provenienza e può vedere come vengono prodotti. Un altro fattore importante è il vantaggio che ne può trarre la persona svantaggiata inserita presso l’azienda, perché viene a contatto con il pubblico, vede dei risultati concreti del proprio lavoro svolto, del contributo che ha apportato, tutto questo aumenta l’autostima della persona coinvolta e ne apporta dei benefici. Un altro elemento positivo della vendita diretta è che l’agricoltore così facendo crea un’immagine positiva dell’azienda da cui può trarne dei benefici. Inoltre, in tal modo, si attua un percorso di educazione alimentare, perché si informa e si forma il consumatore sui prodotti alimentari che acquista. Conoscere ed essere informati, significa avere a disposizione gli strumenti per valutare e per scegliere con più oculatezza tra la miriade di proposte alimentari presenti sul mercato e sviluppare una coscienza critica al fine di fare scelte consapevoli. Fare educazione alimentare significa inoltre valorizzare i prodotti di qualità, tutelare le tradizioni locali, promuovere lo sviluppo della partecipazione per la salvaguardia dell’ambiente, educare al gusto e promuovere uno stile di vita sano. Si è pensato a questi due canali come soluzione migliore, in quanto in questa fase iniziale di avvio delle prime Fattorie Sociali nella provincia di Torino, molti elementi riguardanti la gestione e la logistica di questa attività non sono ancora del tutto chiari e quindi sarebbe bene iniziare attraverso piccoli passi. Uno degli elementi fondamentali, è la quantità sia offerta che richiesta, a cui dall’indagine svolta non si è riusciti a risalire, in quanto per tutte le tipologie di canali ipotizzate è necessario un periodo di prova per comprendere meglio la risposta dei consumatori e anche per le aziende per capire quale può essere la loro capacità produttiva. Il punto vendita in azienda potrebbe esser un buon modo per iniziare questa attività, in quanto non si devono garantire determinati quantitativi giornalmente, cosa che accadrebbe se si servissero per esempio la grande distribuzione oppure le mense, perché in questi casi si stipulano dei contratti all’inizio dell’anno, con i quali si stabiliscono i quantitativi, la tipologia e le caratteristiche del prodotto, che l’azienda si impegna a conferire quotidianamente. La vendita in azienda ed il mercatino domenicale sono più a misura di Fattoria Sociale. 70 CONCLUSIONI L’agricoltura Sociale è sempre più al centro delle riflessioni e dell’iniziativa europea ed italiana. Il dibattito lanciato dalla Commissione Europea sullo stato di salute della PAC, mentre da una parte spinge alla ridefinizione del primo pilastro della politica agricola comunitaria, dall’altra rafforza la prospettiva dello sviluppo rurale. E’ proprio su questo versante che vanno ad innestarsi tutte le potenzialità dell’Agricoltura Sociale quale modello innovativo e incentrato sui principi della multifunzionalità. Una multifunzionalità che integra produzione di beni alimentari con produzioni di servizi al territorio e costruzioni di un moderno welfare diffuso soprattutto nelle aree rurali. L’agricoltura piemontese, anch’essa orientata ad evolversi per offrire maggiori servizi al territorio, ritiene le Fattorie Sociali uno strumento adatto a raggiungere tale obiettivo. Il fine del lavoro di tesi è stato quello di fornire una panoramica delle realtà presenti in Europa, in Italia ed in Piemonte al fine di comprendere verso quali direzioni e con quali strumenti l’agricoltura moderna si sta evolvendo. Per quanto riguarda l’Europa, i paesi che si stanno occupando maggiormente di questa tipologia di agricoltura sono l’Olanda, la Norvegia, la Francia, la Germania, il Belgio ed il Portogallo. In Italia seppur si è riscontrata la mancanza di dati, sia su base nazionale che regionale, che consentano di fornire una chiara visione del fenomeno, è emerso a seguito di un lavoro di ricerca, la presenza a macchia di leopardo di realtà di agricoltura sociale. Dall’analisi di tali realtà è emersa una notevole varietà delle esperienze, l’individualità delle iniziative e l’assenza di una rete di scambi informativi. Mettendo a confronto la realtà italiana con le altre realtà europee, si può sottolineare il fatto che all’estero le Fattorie Sociali sono nate per iniziativa degli agricoltori, mentre in Italia quasi tutte per iniziativa del terzo settore, in particolare di associazioni o cooperative sociali. Il Piemonte si colloca fra quelle regioni in cui si iniziano a vedere i primi passi verso questa direzione, grazie soprattutto alla volontà di alcune istituzioni e alla sensibilità di alcuni imprenditori agricoli per queste tematiche. Rispetto ad altre regioni, l’agricoltura sociale piemontese appare maggiormente polverizzata, non vi sono reti per lo scambio di informazioni e non vi sono convenzioni con gli enti pubblici. I problemi principali sono la mancanza di una politica adeguata che regoli tutti gli aspetti caratterizzanti questa 71 agricoltura ed il ridotto sostegno economico. Infatti nel PSR 2007/2013 le zone che possono ricevere dei finanziamenti riguardanti la Misura 311 “diversificazione in attività non agricole” sono solamente le aree rurali con problemi complessivi di sviluppo (territori montani a bassa intensità abitativa) e le aree rurali intermedie (zone di collina), escludendo così le zone di pianura caratterizzate da un’importante attività agricola. Ancor prima di una politica adeguata e un sostegno economico, si ritiene indispensabile partire dalla definizione chiara e condivisa dell’entità “Fattoria Sociale” in quanto, solo a seguito di ciò, si possono definire delle linee guida che consentano uno sviluppo strutturato di una rete in grado di fornire prodotti e servizi di qualità al territorio. Al momento un significato chiaro non esiste, in quanto con il termine Fattoria Sociale si intendono diverse attività, tra le quali la fattoria didattica, l’agriasilo e l’inserimento di persone svantaggiate. Di conseguenza, ad oggi, il termine “Fattoria sociale” può essere utilizzato o attribuito in modo improprio. L’attuale carenza di chiarezza sul fenomeno rende complessa e di difficile attuazione la realizzazione di un piano territoriale che, senza trascurare le realtà già esistenti, favorisca il sorgere di nuove attività agricole sociali. Nel corso della fase di studio del progetto al quale il lavoro di tesi fa riferimento, si è riscontrata da parte degli attori del sistema agricolo e non solo, un buon interesse in merito a queste iniziative. E’ quindi indispensabile, definire più nello specifico questa attività, in modo tale da avere una base da cui partire per costruire attorno un sistema, che permetta la nascita e la sopravvivenza di queste Fattorie Sociali, migliorando la situazione attuale. Un altro punto preso in analisi durante questo lavoro, riguarda i canali di commercializzazione dei futuri prodotti delle Fattorie Sociali. I canali di commercializzazione ritenuti maggiormente adeguati, a seguito dell’indagine di mercato effettuata, presentano caratteristiche che meglio rispondono alla necessità di integrazione sociale e danno visibilità alle funzioni sociali svolte delle aziende. In particolare, si vogliono evidenziare il punto vendita in azienda ed il mercatino domenicale come i principali canali distributivi per i prodotti derivanti da agricoltura sociale. Si ritiene inoltre importante evidenziare che per poter definire le linee produttive più adatte per una fattoria sociale si deve necessariamente tener conto sia della vocazione del territorio ma soprattutto della tipologia delle risorse disabili che si intendono inserire. 72 Concludendo, a valle del lavoro di tesi svolto, si può affermare che l’analisi delle realtà agricole sociali e dei canali commerciali dei prodotti delle fattorie sociali costituisce il materiale dal quale partire per definire un piano di crescita del sistema agricolo sociale in Piemonte. 73 BIBLIOGRAFIA ALESSANDRA CHERMAZ (luglio 2003), Terapia orticolturale, ANDREA FUGARO (2008), Fattorie sociali, quando l’agricoltore applica davvero la multifunzionalità, Settimanale Terra e Vita (n.15, p.22). CARBONE, GAITO, SENNI (2007), Quale mercato per i prodotti dell’agricoltura sociale?, Quaderno AIAB, Roma. ERALDO BERTI (2008), Prodotti finali del Progetto Equal FADIESIS. Fattoria Didattica di Sviluppo e Inclusione Sociale. FRANCESCO DI IACOVO E SAVERIO SENNI (Giugno 2006), I servizi sociali nelle aree rurali, Quaderno informativo n.1 Rete Leader. MARCO NOFERI (2007), Agricoltura sociale e agricoltura di comunità. Esperienze, progetti, nuove forme di accoglienza e solidarietà nelle campagne toscane, ARSIA, Firenze. Siti internet: www.fattoriesociali.com http://agrya.wordpress.com/ http://212.4.6.166/zonaovestnew/index.php www.alihandicap.org 74