Quello che ci dice il tono della voce,Programmazione neuro

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Quello che ci dice il tono della voce,Programmazione neuro
Quello che ci dice il tono
della voce
Le parole possono mentire, ma la comunicazione non verbale,
tra cui il tono della voce, ci dicono la verità sullo stato
d’animo o il carattere di una persona.
Quando cerchiamo di conoscere meglio una persona possiamo fare
affidamento su questi segnali non verbali, ma questo deve
sempre essere fatto in un’ottica di curiosità, di
avvicinamento, di comprensione, mai di giudizio.
In questo articolo voglio parlarvi di quello che ci dice di
una persona il suo tono di voce.
Una voce chiara esprime sincerità, una voce ferma parla
di coraggio, mentre una voce limpida avvolge d’interesse il
contatto.
Chi si mangia le unghie o parla così piano da costringervi ad
uno sforzo per ascoltare non vuole un rapporto con voi e forse
con nessuno in quel momento.
La voce rivela con chiarezza nervosismo e inquietudine. Se una
persona parla lentamente e con grande controllo è verosimile
pensare che nella sua mente vi siano particolari tensioni
psicologiche. Se si “scalda” troppo è lecito dubitare che egli
creda veramente in ciò che sta dicendo; la sua insistenza
dimostra, infatti, che egli, oltre a voler persuadere
l’ascoltatore, vuole persuadere anche sé stesso, evidentemente
perché nutre inconsciamente dei dubbi sulla verità di quanto
afferma.
Chi insiste su un determinato argomento, o parla con voce
nervosa, o si esprime in maniera indiretta, è probabile che
stia cercando di prenderci alle spalle.
Se dal tono della voce passiamo ad osservare le parole e
notiamo un eventuale lapsus verbale, beh allora dobbiamo dar
retta a quel lapsus verbale perché è quello che ci dice cosa
veramente la persona sta pensando e che non intende rivelare.
Il tono della voce, insieme con la mimica facciale, il modo di
dare la mano, il modo di avvicinarsi, il senso delle distanze
e anche l’abito ci danno importanti elementi di comprensione
del nostro interlocutore.
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
R. May, L’arte del Counseling, Roma, Astrolabio, 1991
Programmazione
linguistica:
l’uso
submodalità
neuro
delle
P.N.L. sta per Programmazione Neuro-Linguistica ed è un
processo educativo del cervello, è un processo, ma soprattutto
è un atteggiamento che modifica il “come” vediamo le nostre
esperienze, attraverso un utilizzo attivo del nostro cervello
per farlo funzionare in modo più piacevole ed utile. Con la
PNL è possibile imparare a direzionare il cervello in modo
appropriato per superare limitazioni, paure, brutte abitudini.
Vediamo come.
La P.N.L. consiste in una serie di esercizi mentali con i
quali è possibile imparare a trasformare la propria esperienza
in positivo e ad acquisire un certo controllo su ciò che
avviene nel proprio cervello, con la finalità di aumentare il
proprio benessere.
La P.N.L. parte dal presupposto che il cervello è come un
computer, se lo programmi male o a caso, funzionerà male o a
caso, se invece lo programmi bene e lo guidi nelle sue
prestazioni, funzionerà bene e con soddisfazione. Come un
computer, il cervello funziona con dei programmi che possono
essere cambiati o sostituiti.
L’uso delle submodalità nella
programmazione neuro-linguistica è un modo per ottenere
risultati positivi per il nostro benessere, agendo
sull’immagine mentale. Vediamo di cosa si tratta. Si tratta di
usare le submodalità delle dimensioni, della luminosità, della
distanza, dell’associazione/dissociazione, come elementi che
cambiano la direzione della nostra esperienza che è fatta
d’immagini mentali.
Le esperienze, infatti, si formano nella coscienza attraverso
immagini di una determinata luminosità, intensità, dimensione,
collocazione, nitidezza, ecc., ognuna delle quali dà luogo a
determinate sensazioni. Cambiando intenzionalmente, ad
esempio, la luminosità di un’immagine interna, si provano
sensazioni diverse, ma occorre esercizio.
“La maggior parte delle persone non fa altro che lasciare
il cervello mostri loro delle immagini a casaccio, quelle
vuole lui, e in risposta a quelle immagini sta bene o
male”, sottolinea Richard Bandler, terapeuta americano,
suo saggio Usare il cervello per cambiare.
che
che
sta
nel
Alcuni esercizi che utilizzano le submodalità nella P.N.L.
sono:
il cambiamento della luminosità dell’immagine mentale,
cioè ridurne la luminosità se negative oppure aumentarla
se positive,
il cambiamento del punto di vista dell’esperienza, per
riconoscerne la variabilità e favorire il distacco
emotivo da essa, attraverso la sua osservazione
dall’esterno;
il miglioramento dell’esperienza mandando all’indietro
il proprio film, per ricavarne nuovi insegnamenti,
il superamento delle convinzioni con l’esercizio di
confronto tra immagini di convinzione e di dubbio, per
insegnare al cervello a pensare,
il miglioramento del processo di comprensione attraverso
il confronto tra immagini di ciò che abbiamo capito e di
ciò che ci appare confuso, per migliorare i processi di
apprendimento;
il miglioramento del processo di motivazione attraverso
l’avvicinamento
mentali.
o
l’allontanamento
delle
immagini
Richard Bandler illustra lo schema
che lui chiama della “scozzata” che dice avere un effetto più
potente di qualsiasi altra tecnica da lui usata. Questo
esercizio mentale serve per perdere delle abitudini che non ci
piacciono, ad esempio, smettere di fumare, smettere di
mangiarsi le unghie, superare limitazioni e paure o qualsiasi
altra abitudine che riteniamo sgradevole.
Bene, ora vi spiego in che cosa consiste?
1. Per prima cosa devi individuare il contesto, ossia in
quale momento o occasione vorresti comportarti
diversamente da come fai adesso; questa prima immagine
deve essere la rappresentazione associata di ciò che
vedi con i tuoi occhi quando fai l’azione che vorresti
smettere;
2. Ora devi identificare l’immagine che vedi subito prima
di iniziare il comportamento che non ti piace;
3. Adesso crea l’immagine dell’esito, ossia di come ti
vedresti diverso se avessi già ottenuto il cambiamento
desiderato;
4. A questo punto devi “scozzare” l’immagine, ossia:
comincia con il vedere l’immagine iniziale grande e
luminosa, quindi colloca una piccola raffigurazione
scura dell’immagine dell’esito nell’angolo in basso a
destra; ora fai diventare la piccola immagine scura
sempre più grande e luminosa, fino a coprire la prima
immagine che si oscurerà e rimpicciolirà in fretta;
infine, apri gli occhi; ripeti la “scozzata” per cinque
volte;
5. Adesso fai la verifica: prova a ricreare la prima
immagine, se la scozzata è stata efficace, sarà
difficile farlo perché l’immagine tenderà a svanire ed
essere sostituita immediatamente dalla seconda immagine,
quella di come si desidera essere.
Se al momento della verifica il comportamento è rimasto lo
stesso, tornate indietro e ripetete lo schema, ma prima dovete
cercare di capire cosa avete trascurato.
Termino questo articolo sulla P.N.L. con l’uso delle
submodalità, con l’affermazione di Richard Bandler: “Il
cervello non è progettato per ottenere dei risultati; il
cervello impara a procedere in determinate direzioni. Se si sa
come il cervello funziona, si può scegliere in quale direzione
procedere. Se non lo fate voi, qualcun altro lo farà al posto
vostro.”
Considero la P.N.L. un atteggiamento mentale verso le proprie
esperienze, più presente, più utile, generativo di benessere;
la P.N.L. insegna a togliere il “pilota automatico” che
spesso, senza rendersene conto, guida la vita della maggior
parte delle persone. Nel testo citato in bibliografia
troverete molti esercizi pratici che potrete fare da soli ed
approfondire quelli che ho citato nell’articolo.
Cinzia Malaguti
Leggi anche: Benessere: un aiuto dalla P.N.L.?
Bibliografia:
R. Bandler, Usare il cervello per cambiare, Roma, Astrolabio,
1986
Intervista al subconscio
Cosa c’è nel subconscio?
La mente conscia contiene tutto ciò di cui siamo consapevoli,
quindi contiene i desideri, le ambizioni, le aspirazioni. Il
subconscio invece contiene gli istinti, le esperienze ed i
programmi acquisiti.
Secondo i neuroscienziati cognitivisti, siamo consapevoli
solamente del 5% della nostra attività cognitiva, mentre il
95% della nostra vita viene dai programmi del subconscio.
Quando la tua mente vaga tra passato e futuro, tra paure ed
ansie, quando non presti attenzione al momento presente, è il
tuo subconscio con i suoi antichi programmi che prende il
comando della tua vita.
Da dove viene la programmazione della mente inconscia?
E’ importante riconoscere che siamo limitati da programmi che
abbiamo acquisito quando eravamo bambini.
E’ nei primi 6 anni di vita che si viene programmati dagli
altri.
Nel feto già avvengono le prime impronte, ad esempio, se la
madre è stressata, gli ormoni dello stress passeranno
attraverso la placenta dalla madre al feto, sviluppando di più
il suo cervello reattivo, anziché quello dei lobi frontali,
più evoluto; il 50% della personalità del bambino è
programmata alla nascita da come la madre vive l’ambiente che
la circonda.
Lo sviluppo della mente conscia arriva dopo i 6 anni, cosicché
fino a quell’età, il bambino osserva senza pensare e registra
nella sua mente inconscia tutto ciò che vede, praticamente
egli fa il download dei programmi della vita sulla base di
quello che vede, in automatico, senza strumenti di conoscenza
e consapevolezza che sono propri della mente cosciente non
ancora sviluppata.
Come riconoscere ciò che viene dai
programmi del subconscio?
Le cose che ci vengono meglio sono registrate nel subconscio,
anche se hanno per noi oggi un impatto negativo. Quelle su cui
invece facciamo più fatica, derivano da un mancato
allineamento tra mente cosciente (ciò che consciamente
vorremmo) e mente subconscia (ciò che reattivamente siamo
portati a fare). Se la mente conscia vaga tra passato e
futuro, il presente è guidato dall’inconscio.
C’è però una bella notizia: i programmi dell’inconscio possono
essere mutati.
Come possiamo riprogrammare i comportamenti automatici?
Innanzi tutto, occorre analizzare desideri, aspettative,
insomma, cosa cercate, poi analizzare cosa c’è nell’inconscio;
la rabbia, la depressione, l’infelicità sono comportamenti
associati al subconscio.
Il subconscio è come un registratore a cassette, gridare a sé
stessi, arrabbiarsi con sé stessi (o con gli altri) per le
cose che di noi non ci piacciono, non serve, dovete insegnare
al subconscio a cambiare. Ci sono diversi metodi:
le cassette subliminali: se ascoltate una cassetta di
musica o di ciò che vi piace nella fase del dormiveglia, in cui siete in una sorta di ipnosi naturale,
quei contenuti introdurranno nuovi
nell’inconscio, se ripetuti nel tempo;
programmi
l’abitudine e la pratica alla consapevolezza, alla
presenza mentale, all’attenzione focalizzata, insegnata
con la pratica della mindfulness e che creerà
l’abitudine nell’inconscio a mettersi da parte;
la pazienza che è necessaria per ottenere risultati
apprezzabili nel cambiamento dei propri programmi
autosabotanti la propria felicità.
Leggi anche Neuroplasticità e mindsight.
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
B. Lipton, Supera i tuoi geni, Cesena, Gruppo Editoriale
Macro, 2012
G. Amadei, Mindfulness. Essere consapevoli, Bologna, Il
Mulino, 2013
Opinioni,
credenze
e
convinzioni: in viaggio tra i
filtri della realtà
La mente umana non è in grado di cogliere tutti gli aspetti
della realtà, ha bisogno di usare dei filtri per non andare in
… tilt. I filtri sono dati dalle opinioni, dalle credenze e
dalle convinzioni che sono gli elementi dei nostri processi
mentali di interpretazione della realtà.
Le opinioni sono le cose di cui ci si sente relativamente
certi, ma sono instabili e possono cambiare con le nuove
conoscenze.
Le credenze sono più solide, stabili ed ampie delle opinioni;
esse derivano spesso dall’interpretazione delle esperienze del
passato, ma possono essere modificate, con nuovi riferimenti
di sostegno.
Le convinzioni sono più forti delle credenze per l’intensità
emozionale che la persona vi collega; le convinzioni sono
strettamente legate ai bisogni inconsci infantili, al modo in
cui sono stati più o meno soddisfatti, fino a determinare il
nostro sistema di sicurezza rispetto alla vita, insieme alle
credenze.
Credenze e convinzioni poggiano su riferimenti che riteniamo
convalidanti, ma spesso anche limitanti, dimenticandoci che
sono solo interpretazioni della realtà, spesso piuttosto
datate. Se vogliamo crescere e migliorare la qualità della
nostra vita, dobbiamo allora individuare i riferimenti su cui
poggiano le nostre credenze e convinzioni, chiederci se hanno
ancora un senso per noi, quindi cambiarli, per cambiare la
credenza ad essi associata.
I filtri mentali vengono utilizzati nell’interpretazione degli
eventi, secondo tre modelli che vengono usati in maniera
automatica: generalizzazione, cancellazione, distorsione.
Generalizzazione: è quel processo mentale per il quale da un
episodio traiamo delle conclusioni che coinvolgono ogni cosa.
Cancellazione: in questo processo mentale prestiamo attenzione
solo ad alcuni aspetti di un evento e non ad altri, per cui
inconsciamente depuriamo la realtà degli aspetti che non ci
aspettiamo di vedere o sentire oppure non ci piacciono.
Distorsione: in questo caso attuiamo cambiamenti nei dati
sensoriali della nostra esperienza costruendo rappresentazioni
errate della realtà.
La realtà che percepisci non è ciò che succede, ma ciò che tu
credi stia succedendo; la tua interpretazione della realtà
diventa reale ed agisce su di te, quindi se è limitante e ti
crea malessere, dai un’occhiata alle
convinzioni e cambiare in positivo.
tue
credenze
e
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
A. Quadernucci, Scegli di cambiare, Milano, Tecniche Nuove,
2015
Martin E.P. Seligman, La costruzione della felicità, Milano,
Sperling Paperback, 2005
Sul web:
La psicologia positiva
La depressione
Le due soluzioni allo stress
nocivo
Lo stress è parte della nostra natura, non è sempre negativo,
ma quello negativo può fare danni. Vediamo allora di conoscere
da vicino questo “animale ambiguo” e di capire come possiamo
domarlo.
Lo stress può essere acuto o cronico.
Lo stress acuto (eustress) è costruttivo ed adattivo, ci dà
l’adrenalina necessaria prima di una gara sportiva o di un
esame oppure ci mette in condizioni di difenderci da un
pericolo per la nostra incolumità. Lo stress acuto si attiva e
si abbassa velocemente, dandoci il tempo di riprenderci.
Lo stress cronico (distress), invece, permane a lungo ed è il
frutto di una situazione problematica che si subisce per
lunghi periodi e con grande intensità. Lo stress cronico si
attiva, persiste nel tempo, continua a togliere energia a
tutti i nostri processi vitali e non dà al corpo il tempo di
rigenerarsi.
La chiave del benessere e della guarigione dallo stress nocivo
è nel diminuire il tempo di permanenza nello stress cronico,
decidendo di agire. E’ il rimanere fermi ai blocchi di
partenza, nel dubbio, rimuginando, che provoca la malattia.
Henri Laborit ha, infatti, dimostrato che non è l’evento
stressante a farci ammalare, ma l’impossibilità di reagire ad
esso:
se possiamo fuggire non ci ammaliamo,
se possiamo combattere non ci ammaliamo,
se non possiamo né fuggire né combattere,
nell’inibizione dell’azione e ci ammaliamo.
siamo
In fatto di stress, noi esseri umani abbiamo un insidioso
difetto, rispetto agli animali: oltre allo stress fisico,
viviamo intensamente anche lo stress emotivo e psicologico;
oltretutto siamo bravi nel rimanere in allerta per paura che
ciò che ci ha spaventati una volta possa succedere di nuovo,
facendo diventare reale un pericolo che è solo percepito. Un
pericolo vero o immaginario, per il nostro cervello è
ugualmente reale e stimola il corpo allo stesso modo.
Il pensiero interferisce con il corpo e le sue funzioni in
questo modo: quando una persona si trova di fronte ad una
situazione drammatica che la sovrasta, per la quale la mente
non riesce a trovare una via d’uscita, allora è il corpo che
interviene e reagisce per cercare di sopravvivere al pericolo
incombente nel solo modo che conosce, cioè aumentando o
diminuendo le sue funzioni.
Lo stress può fare ammalare noi “poveri” esseri umani in tre
modi:
un forte trauma o choc, inatteso, vissuto in solitudine,
può portare ad uno stress fortissimo e ingestibile che
può aprire le porte alla malattia;
un conflitto inconscio, una situazione emotivamente
difficile su cui si continua a rimuginare, può diventare
troppo stressante da sostenere;
vivere lontani dai propri bisogni autentici o dai propri
valori, alla lunga crea situazioni di conflitto e di
tensione emotiva difficili da gestire.
La guarigione può avvenire con due tipi di soluzione:
soluzione pratica: significa cambiare ciò che ci crea
troppo stress, ma non è sempre possibile;
soluzione di non attaccamento: è la strada
dell’accettazione e del perdono; Alessandro Quadernucci,
nel suo Scegli di cambiare, porta un efficace esempio.
“Ho delle difficoltà con un collega nel mio ambiente di
lavoro: cerco di capire le ragioni del suo
comportamento, comprendo che ha una serie di problemi e
di limitazioni e questo tramuta la rabbia che provo in
una comprensione più profonda della sua sofferenza;
capisco anche di dovermi tutelare ed evito di essere
continuamente a contatto con lui (soluzione pratica)”.
Il perdono è la forza guaritrice più grande, ma è anche la più
difficile da raggiungere, quella per la quale occorre più
tempo. L’accettazione significa che quella persona va bene
così com’è, non per come dovrebbe essere. Accettazione e
perdono sono la saggia soluzione per superare l’effetto
stressante della rabbia e del dolore della ferita, attraverso
una visione meno centrata su sé stessi. Ricordiamoci inoltre
che le minacce e le paure che percepiamo, il più delle volte
non sono reali, ma sono prodotti della mente.
Cinzia Malaguti
Bibliografia: A. Quadernucci, Scegli di cambiare, Milano,
Tecniche Nuove, 2015