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LE COLLEZIONI ARCHEOLOGICHE MESSICANE
DELLE RACCOLTE CIVICHE DI MILANO.
STORIA, CARATTERISTICHE E PROSPETTIVE FUTURE
Davide Domenici*, Carolina Orsini**
Introduzione
L’interesse che la città di Milano e l’area lombarda, dal XVI secolo in poi,
hanno rivolto alle vicende e alle testimonianze del Messico antico si può
difficilmente definire sistematico1. Certo non mancarono casi eccezionali: dalle opere di Pietro Martire d’Anghiera, al testo di Girolamo Benzoni, all’opera del tipografo Giovanni Paoli, sino al caso del valtellinese
Lorenzo Boturini Benaduci, infaticabile studioso e raccoglitore di codici e antichi documenti messicani la cui collezione – raccolta tra il 1736
e il 1743, poi confiscatagli dalle autorità novo ispane e smembrata nel
* Dipartimento di Paleografia e Medievistica, Università di Bologna.
** Raccolte Extraeuropee del Castello Sforzesco di Milano.
1 Si vedano A. Aimi, V. De Michele e A. Morandotti, Towards a History of Collecting
in Milan in Late Renaissance and Baroque Period, in O. Impey, A. Macgregor (eds.),
The Origins of Museums, Clarendon Press, Oxford 1985, così come Le collezioni etnoantropologiche americane della Biblioteca Ambrosiana e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano nel corso del XIX secolo, in «Museologia scientifica», VI, nn. 1-4, 1989
(1990), pp. 161-169; A. Aimi, La storia della Raccolta Precolombiana, in Id., L. Laurencich Minelli, Museo d’Arti Applicate. Raccolta Precolombiana, Electa, Milano 1991,
pp. 15-24; A. Aimi, Interessi antropologici e americanisti nella Milano dell’Ottocento
(1838-1867) e una memoria inedita di Antonio Raimondi, in «Temi colombiani», n. 1,
1991, pp. 105-142, ad oggi le più accurate ed efficaci sintesi relative alla produzione
letteraria e al collezionismo americanistico milanese.
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Davide Domenici e Carolina Orsini
corso dei secoli – costituisce ancora oggi uno degli insiemi più rilevanti
di documenti relativi al Messico preispanico e coloniale2.
Se i casi testé menzionati si riferiscono allo studio e alla produzione
di testi di carattere storico, altri casi episodici fecero confluire a Milano alcuni oggetti messicani coloniali di notevole rilievo sin dalla prima
metà del XVI secolo, come testimonia la mitra di piume appartenuta
a papa Pio IV, da questi poi donata a Carlo Borromeo e oggi conservata presso il Museo dell’Opera del Duomo3; più tardi, tra la fine del
XVII e gli inizi del XVIII secolo, dovette giungere il pregevole gruppo
di oggetti messicani oggi conservati preso la Pinacoteca Ambrosiana:
alcune ceramiche di Tonalá (Jalisco) note come búcaros de Indias, due
notevoli zucche dipinte con lacche e polvere d’oro e due bicchieri da
cacao in noce di cocco montata su base d’argento. Non è chiaro come
tali oggetti siano giunti a Milano: i due bicchieri in noce di cocco parrebbero corrispondere ai «Due Vasi di frutti di Cocco Indiano co’ suoi
piedistalli» menzionati da Pietro Scarabelli nella sua descrizione del
Museo Settala4 e la presenza di decorazioni floreali quasi identiche sui
piedistalli dei bicchieri e sulle zucche policrome, probabile indizio di
una provenienza comune, fa supporre che anche le zucche facessero
parte della collezione Settala prima del 1666; per quel che riguarda i
búcaros de Indias, invece, in passato5 si è proposto che anch’essi facessero parte del Museo Settala; tale ipotesi appare però difficilmente sostenibile, non solo perché priva di supporti documentari, ma soprattutto perché i búcaros de Indias policromi furono prodotti nell’area
del Messico occidentale solo a partire dall’ultimo quarto del XVII secolo, data che appare, se non incompatibile, almeno difficilmente conciliabile con i tempi di formazione della collezione del Settala, costituita
in gran parte in un momento anteriore a tale data. In attesa di eventuali ulteriori indizi documentari, l’origine del pregevole corpus di búca2
Cfr., nel presente volume, i contributi di S. Gruzinski, Due «Milanesi» fra il Messico e la Cina. Note sull’emergere di uno sguardo globale all’alba del XVI secolo, G. Antei, Lorenzo Boturini Benaduci. Viaggi e tribolazioni d’un erudito lombardo del primo
Settecento, D. Tanck de Estrada, Lorenzo Boturini Benaduci e Patricio Antonio López:
un nobile italiano e un nobile zapoteco nella Nuova Spagna (1736-1742), pp. 1-50.
3 R. Bossaglia, M. Cinotti, Tesoro e Museo del Duomo, Electa, Milano 1978, I,
pp. 91-92.
4 P.F. Scarabelli, Museo ó Galeria Adunata dal Sapere, e dallo Studio Del Sig. Canonico Manfredo Settala..., Tortona 1666, p. 188.
5 A. Aimi, V. De Michele e A. Morandotti, op. cit., p. 1984.
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Le collezioni archeologiche messicane nelle Raccolte Civiche di Milano
ros de Indias dell’Ambrosiana sembra quindi da cercarsi in altra direzione, forse in uno dei tanti carichi di merci che dal porto messicano
di Acapulco, uno dei principali luoghi di esportazione di búcaros, partirono alla volta dell’Europa tra il XVIII e il XIX secolo.
Un invio di questo tipo fu, ad esempio, quello della cassa di oggetti che il celebre navigatore Alessandro Malaspina avrebbe spedito nel 1791 dal Messico al suo corrispondente milanese Paolo Greppi,
commerciante di respiro internazionale nonché collezionista di oggetti americani6.
È possibile che l’invio di Malaspina, del quale si ignora sia il contenuto che la sorte ad esso toccata, costituisca il primo caso di oggetti archeologici messicani giunti a Milano; per arrivare al caso successivo, però, si deve attendere sino al 3 giugno del 1856, quando un tal
Canevari «residente in Perù» donó alla Biblioteca Ambrosiana una
«figurina messicana di jadeite» che nel 1907 era esposta nella sala del
Museo Settala «accanto al recente modello in gesso» e a pochi altri reperti provenienti dalla stessa donazione del Canevari7; secondo An6
A. Aimi, Le collezioni etno-antropologiche americane della Biblioteca Ambrosiana e
del Museo Civico di Storia Naturale di Milano nel corso del XIX secolo, cit., p. 18. Tale invio è menzionato in diverse lettere del Malaspina: esso è anticipato in una missiva scritta
il 16 ottobre 1790, nella quale, accanto alla menzione di un precedente invio dal Perù,
si legge «Deseo que te agrade la remesa de istoria natural y otras bagatelas. Empezaré
a ir juntando otro cajoncito y lo recibirás por Nueva España», (C. Caselli, Alessandro
Malaspina e la sua spedizione scientifica intorno al mondo, Alpes, Milano 1929, p. 167;
D. Manfredi, Alessandro Malaspina e Fabio Ala Ponzone: lettere dal Vecchio e Nuovo
Mondo, 1788-1803, Il Mulino, Bologna 1999, p. 243; l’anno successivo, il 27 aprile, il
Malaspina ripeté il suo proposito «Celebraré que te haya llegado y gustado la remesa de
istoria natural que te hize desde Lima por manos del amigo Larreta, otra irá a mi buelta
aquí por Vera Cruz», (C. Caselli, op. cit., pp. 170-171; D. Manfredi, op. cit., p. 260; la
raccolta di oggetti indiani da parte della spedizione Malaspina è peraltro confermata
dall’ufficiale Fabio Ala Ponzone che, il 6 novembre 1791, scrisse all’abate Ramón Ximénez, residente a Cremona, di aver «raccolto pure varie cose degli indiani che ho visitato;
avrà eziandío alcuni dupplicati acciò che li regaliate a chi meglio vi piaccia. Spero che
quando ve la manderò sii di già formato il gabinetto dove colocarla» (Ibid., p. 279); la
promessa del Malaspina fu poi reiterata il 20 dicembre del 1791 in un’altra lettera al
Greppi: «La petite caisse d’histoire naturelle de Lima est déjà partie le mois de mai
dernier. Tu en auras une autre à présent par le Mexique que je fais passer à Cadix», (C.
Caselli, op. cit., p. 184; D. Manfredi, op. cit., p. 296). Purtroppo in nessuna delle lettere
successive il Malaspina descrisse quali «bagatelle» messicane aveva inviato all’amico.
7 Guida sommaria per il visitatore della Biblioteca Ambrosiana e delle collezioni annesse, Tip. U. Allegretti, Milano 1907, p. 107.
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Davide Domenici e Carolina Orsini
tonio Aimi è possibile che questo ignoto donatore fosse un membro
della famiglia Canevari originaria di Zoagli e trasferitasi a Lima8. Purtroppo, la figurina in pietra verde così come probabilmente gli oggetti con essa esposti sono andati perduti dopo il 19519.
Dalla collezione del Civico Museo di Storia Naturale
alle Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco
I primi materiali messicani preispanici di un certo rilievo e tutt’ora
almeno parzialmente esistenti giunsero a Milano nel 1858, quando i
fratelli Carlo e Giuseppe Prayer10 donarono un gruppo di quattor8 A. Aimi, Le collezioni etno-antropologiche americane della Biblioteca Ambrosiana
e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano nel corso del XIX secolo, cit., pp. 162163.
9 Essa è infatti menzionata nella guida dell’Ambrosiana del 1951: sebbene non
specificamente identificato come messicano, «un raro esemplare di giada» è elencato
insieme ai manufatti peruviani e boliviani in un ordine che ricalca quasi esattamente
quello della pubblicazione del 1907, G. Galbiati, Itinerario per il visitatore della Biblioteca ambrosiana, della Pinacoteca e dei monumenti annessi, Hoepli, Milano 1951.
10 Assai complesso è tirare le fila della famiglia Prayer di Milano: Carlo, Giuseppe
e un terzo fratello Giulio sono citati nei documenti dell’Archivio della Consulta del
Museo Patrio di Archeologia di Milano – ovvero l’organo che, presieduto dal Sindaco
di Milano, ebbe a carico la regolamentazione delle acquisizioni, della conservazione
e della promozione delle opere d’arte di pertinenza del Museo Patrio Archeologico
tra il 1862 e il 1903, quando detto museo venne a confluire, assieme al Museo Artistico Municipale, al Castello Sforzesco. I fratelli Prayer, ufficiali del 14o reggimento
di cavalleria e residenti a Milano, a Porta Venezia, risultano donare in almeno due
occasioni diverse (nel 1864 e nel 1866) oggetti di antichità di varia provenienza dal
territorio italiano (si veda R. La Guardia, L’archivio della Consulta del Museo Patrio di
Archeologia di Milano (1862-1903), Comune di Milano, Milano 1989): non si tratta,
evidentemente, dello stesso nucleo di oggetti che arriva in data precedente al Museo
di Storia Naturale, ma tali donazioni testimoniano lo spiccato interesse di questi personaggi per l’archeologia. Un altro accenno ai fratelli Carlo e Giuseppe (chiamato
Carlo Giuseppe in questa occasione) si trova in una lettera di invio di commendatizie
(lettere di raccomandazione) per i due fratelli da parte del Console italiano a Cuba
Carlo Ruga del 1850: la richiesta di una raccomandazione (per viaggiare?) ben si
sposerebbe con l’immagine dei due fratelli come ufficiali giramondo, che avrebbero
quindi raccolto gli oggetti messicani di prima mano. Cfr. D. Capolongo, L’emigrazione italiana a Cuba negli Archivi del Ministero degli Affari Esteri d’Italia e altri, in
Id. (a cura di), Emigrazione e presenza italiana in Cuba, Associazione Duns Scoto,
Roccarainola 2003, p. 181. Ben più nutrite notizie invece si trovano su Carlo Prayer
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Le collezioni archeologiche messicane nelle Raccolte Civiche di Milano
dici manufatti11 alla Raccolta Etnografica del Civico Museo di Storia Naturale12.
Il dono dei fratelli Prayer13 era inserito in una ricca collezione etnografica dove figuravano reperti di ogni genere, provenienti dal continente americano ma anche e soprattutto dalla zona pacifica e dall’Africa per un totale di quasi settecento opere, che fu iniziata nel 1863
grazie ad un lascito del Seminario delle Missioni Estere14. Assieme agli
oggetti erano presenti anche una raccolta di antropologia umana che
constava di «una bella serie di 17 crani messicani» rinvenuti con accette litiche in una caverna dello Stato di Durango (illustrati dal Verga
1885) acquistati dal Comune con notevole sforzo finanziario, a riprova dell’importanza che avevano tali reperti in quegli anni. Purtroppo
questa collezione di crani, rimasta al Museo di Storia Naturale quale
parte della Collezione di Anatomia Comparata andò, completamente
distrutta durante l’ultima guerra, mentre delle ‘accette litiche’ si sono
perse le tracce»15.
La collezione rispondeva alla logica corrente del comparativismo
mettendo a raffronto i popoli esostorici con la preistoria europea (di
qui l’interesse per l’industria litica16), popoli che venivano «classifica-
che, ammesso che si tratti dello stesso Carlo Prayer che appare nei documenti della
Consulta, potrebbe essere identificato con il collezionista (1825-1892) che riunì una
notevolissima collezione di dipinti e disegni. Secondo lo studioso Alessandro Morandotti (1993) Carlo Prayer fu imparentato con la famiglia di incisori ed artisti attivi a
Milano nella prima metà dell’Ottocento, e figura in alcune fonti come «capitano in
ritiro». Sarebbe stato figlio di Giuseppe e Teresa Verzellini, ma non sono menzionati
i nomi dei fratelli (invece nei documenti dell’archivio della Consulta figura sempre
assieme a Giuseppe e Giulio, e nel registro della Raccolta Etnografica del Museo di
Storia Naturale invece risulta associato solo al fratello Giuseppe).
11 Si veda infra.
12 A. Aimi, Le collezioni etno-antropologiche americane della Biblioteca Ambrosiana
e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano nel corso del XIX secolo, cit., p. 167,
Id., La storia della Raccolta Precolombiana, in Id., L. Laurencich Minelli, Museo d’Arti
Applicate. Raccolta Precolombiana, cit.
13 Si veda infra.
14 Per l’intera vicenda della collezione si veda P. Livi, La storia naturale dell’uomo
nella Milano dell’Ottocento. Un viaggio attraverso le raccolte del Museo Civico di Storia Naturale, in «Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di
Storia Naturale in Milano», volume 149, fascicolo II, Milano, giugno 2008.
15 A. Alessandrello, comunicazione personale 2010.
16 Come ben si deduce dal discorso inaugurale di Giorgio Jan per la nuova sede del
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Davide Domenici e Carolina Orsini
ti» attraverso le collezioni di crani ma anche di fotografie esempi di reperti umani in una prospettiva di evoluzione della specie17.
Tornando ai reperti Prayer si trascrive di seguito l’elenco originale:
315
316
317
318
319
320
321
322
323
Maschera in serpentino verde oscuro Carlo e Giuseppe Prayer 1858
con fori per essere appesa Messico.
Oaxaca [aggiunto posteriormente a
matita];
Maschera di aquila in serpentino
““
chiaro Messico. Oaxaca [aggiunto
posteriormente a matita];
Testa umana in terra cotta rossa
““
Messico
Testa d’uomo in terra cotta chiara
““
Messico
Testa d’uomo con turbante in capo
““
Messico
Simile rosata [?] Messico
““
Idoletto in terra cotta rosso Messico
““
Idoletto in terra cotta rossa Messico
““
[riporto per cambio di pagina]
Testa in terra cotta chiara Messico
Fratelli C. G. Prayer
Museo di Storia Naturale a Palazzo Dugnani, Allocuzione del direttore Giorgio Jan
pronunziata il giorno della solenne inaugurazione della nuova sede del Museo Civico
(7 giugno 1863), Pirola, Milano 1863, p. 11: «Nell’anticamera avrete potuto osservare
un raccoltina appena iniziata dell’età del Bronzo, nella quale vi è pure un serpentino,
che servì di strumento agli antichi abitatori del Messico, foggiato nel modo identico
di quello che osservasi nelle asce degli isolani attuali dell’Oceania. Il raffronto di tali
oggetti quasi identici nelle più disparate contrade ed epoche dà campo a molte congetture. Sono questi forse argomenti in favore dell’unità dell’origine dell’uomo? O
prove dell’identico naturale sviluppo dell’ingegno umano?». Probabilmente l’azza di
serpentino cui fa riferimento Giorgio Jan è la stessa citata alla voce n. 512 dell’elenco
della Raccolta Etnografica come apparente alla Raccolta Prayer (oggi probabilmente
PAM 506). Il registro della raccolta Etnografica è una riscrittura dei registri originali,
per questo si trovano, a volte, voci mischiate e non in perfetto ordine cronologico
(gli oggetti Prayer figurano alle voci 315-327 e dopo alcune pagine alle voci 512-513,
mischiati a reperti di altra natura).
17
L. Laurencich Minelli, Le collezioni etnografiche ottocentesche del museo Giovio
nella prospettiva dell’epoca, in P. Campione, I. Nobile De Agostani, America ritrovata,
collezioni americane dell’Ottocento nei Musei Civici di Como, Accademia di Belle Arti
«A. Galli», 1995, pp. 29-44.
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Le collezioni archeologiche messicane nelle Raccolte Civiche di Milano
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325
326
327
512
513
Pallottola di serpentino traforata.
Messico
Pallottola di agata traforata Messico
Maschera di marmo bianco cogl’occhi
forati Più alto due altri piccoli fori
Piccola testa in terra cotta Messico
Azza di Serpentino del Messico
Oaxaca
Freccia di ossidiana del Messico
““
““
““
““
fratelli Prayer [s.d.]
fratelli Prayer [s.d.]
Del gruppo di oggetti archeologici mesoamericani elencati sopra sono
stati identificate due pregevoli piccole maschere18, una in serpentino e
una in marmo bianco, entrambe caratterizzate da fori di sospensione e
lunghi nasi prominenti, tratto quest’ultimo evidente soprattutto nella
prima; la maschera in marmo conserva ancora uno degli occhi in conchiglia e mostra tracce del materiale resinoso (colla vegetale?) che doveva sostenere altre applicazioni. In contraddizione con l’attribuzione
all’area di Oaxaca segnata in un secondo momento a matita sull’elenco dei doni Prayer, le due maschere sono tipiche del cosiddetto stile
Mezcala e in particolare paiono corrispondere al Tipo 3 stabilito da
Miguel Covarrubias19, databile al periodo Postclassico (ca. 1000-1521
d.C.) e prodotto nella regione di Sultepec, Stato del Messico; simili maschere, comunque, sono state rinvenute in diversi siti del Messico centrale, incluso il Templo Mayor di México Tenochtitlan20. Tra gli
oggetti donati dai Prayer sono inoltre identificabili almeno una piccola accetta di pietra verde21, identificata erroneamente per lungo tempo come parte della donazione Cordani, che figura esposta al Museo
di Storia Naturale già al momento della sua inaugurazione presso Pa-
18
PAM 40 e 41. Cfr. A. Aimi, L. Laurencich Minelli, Museo d’Arti Applicate. Raccolta
Precolombiana, cit.
19 M. Covarrubias, Tipología de la industria de piedra tallada y pulida de la Cuenca
del Río Mezcala, in El Occidente de México, IV Mesa Redonda de la Sociedad Mexicana de Antropología, México 1948, pp. 86-90.
20 C.J. González González, Mezcala Style Anthropomorphic Artifacts in Templo Mayor, in E. Boone (ed.), The Aztec Templo Mayor, Dumbarton Oaks, Washington DC
1987, pp. 145-160.
21 Con tutta probabilità PAM 506, voce 512 del registro della Raccolta Etnografica
Cfr. A. Aimi, L. Laurencich Minelli, Museo d’Arti Applicate. Raccolta Precolombiana,
cit.
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Davide Domenici e Carolina Orsini
lazzo Dugnani22 e una statuetta-sonaglio azteca in terracotta, con fori
passanti sotto le ascelle23, raffigurante una donna con seni in vista e
abbigliata con grande copricapo semilunato, orecchini, collane e lunga gonna con decorazione a losanghe e greche.
Le successive donazioni alla Raccolta Etnografica paiono essere
state di carattere occasionale: nel 1864 vennero donati dal cav. Luigi
Brocca due oggetti etnografici, oggi purtroppo dispersi, descritti nel
registro delle etnografiche come: «336. Borsellini di pita (Agave) fatti al Messico» e «337 Filo di pita usata per fune al Messico»; un frammento di figurina teotihuacana giunse invece nel 1889 come deposito
della Reale Accademia di Brera del Legato del Marchese Filippo Ala
Ponzone24 assieme ad altri tre oggetti definiti come «oggetto messicano in cotto, testa25. Una nota al lato del registro recita che tali oggetti sono stati «rinvenuti in scavi a Veracruz». Risulta anche che fossero
esposti. Dal medesimo registro e con la stessa provenienza di legato
e di luogo di ritrovamento rintracciamo una fusaiola in terracotta26 e
un frammento in cotto27 che al momento non sono ancora stati identificati.
Nel 1929 il gruppo dei 791 oggetti che costituivano la Raccolta Etnografica del Civico Museo di Scienze Naturali passò al Castello Sforzesco. La collezione etnografica del Museo di Storia Naturale è stata la
base per la costituzione delle Raccolte Extraeuropee di America, Asia
ed Africa del Castello Sforzesco, attualmente una costola delle Raccolte Artistiche del Castello (ex Raccolte d’Arte Applicata) ma in procinto di avere una sede autonoma nel costituendo Spazio Ansaldo nella
zona di Porta Genova.
Come detto questa collezione giunse nella sua interezza (per quanto riguarda i reperti etnografici) ai musei del Castello tra il 1929 e il
22
Si veda nota 5.
PAM 249, che corrisponderebbe alla voce 321 o 322 dell’elenco Prayer nel registro
della Raccolta Etnografica.
24 Catalogo del Museo Patrio di Archeologia in Milano vol. 2 n. 3159; oggi PAM
264. Anche questo oggetto è stato creduto, per tanto tempo, facente parte del Dono
Cordani.
25 Ibid., n. 3160, 3161 e 3162 di cui è stato identificato il 3161, che oggi corrisponde
a PAM 265.
26 Ibid., n. 3163.
27 Ibid., n. 3164.
23
58
Le collezioni archeologiche messicane nelle Raccolte Civiche di Milano
193028, e andò a riunirsi ai reperti non europei che provenivano da diversi istituti pubblici (essenzialmente dal Museo Patrio Archeologico
e dal Museo Artistico Municipale).
A quella data la Raccolta Etnografica conteneva quindi solo un
piccolo gruppo di oggetti di provenienza messicana. Tale gruppo fu
però ben presto notevolmente incrementato, almeno dal punto di vista numerico, quando nel 1931 Angelo Cordani29 donò circa 155 oggetti archeologici mesoamericani30. La donazione Cordani, quantitativamente ingente ma non particolarmente rilevante dal punto di vista
qualitativo, si componeva in gran parte di teste frammentate di figurine fittili risalenti a varie fasi: si notano alcune figurine preclassiche
dai tratti olmecoidi probabilmente risalenti al II secolo a.C., così come
un gran numero di figurine teotihuacane, zapoteche, tolteche e azteche; alle figurine si affiancano frammenti di elementi di applicazioni
per incensieri-teatro teotihuacani, così come frammenti di pintaderas
e fusaiole. Tra i reperti non ceramici si segnalano un’accetta in basalto e diversi manufatti in ossidiana, probabilmente tutti di provenienza teotihuacana, sia in ossidiana grigia di Otumba (Stato del Messico)
che in quella verde della Sierra de las Navajas (Pachuca, Hidalgo): entrambe le varietà di vetro vulcanico sono rappresentate nella forma di
punte bifacciali di dardi o giavellotti, mentre l’ossidiana verde è rappresentata anche da raschiatoi e dalle tipiche lame prismatiche, ritoccate o meno, e da un piccolo nucleo esausto. Lo scarso valore degli
28
Archivio storico del Museo Civico di Storia Naturale di Milano busta 80/1929
fasc. 76, 77, 78.
29 Personaggio sfuggente, sappiamo che nacque a Milano il 7 luglio 1881 e che viveva a Valmadrera (Como) al momento della donazione. Successivamente (nel 1936) si
trasferì a Pegli, dove purtroppo se ne perdono le tracce.
30 Il dono venne fatto nel 1931 alle Raccolte Archeologiche. Le opere passarono,
nel 1983, alle Civiche Raccolte d’Arte Applicata (oggi Raccolte Artistiche). Accettato
con un atto durante la Direzione di Giorgio Nicodemi, era in origine così composto:
«preziosa serie di aztechi in terracotta, ed altri oggetti in ossidiana, ecc. provenienti
dagli scavi fatti nelle rovine del Cerro di Montalbano presso Oaxaca, di una pergamena azteca di pelle di porco rappresentante un’allegoria di guerra con il carro del
trionfo, di numerose fotografie che rappresentano i tipi delle varie razze che abitano il
Messico, di tre monete e di strumenti nautici cinesi». Il Nicodemi dispose che i pezzi
archeologici andassero all’Archeologico e le foto all’Archivio Fotografico. Purtroppo
delle foto, ad oggi, si sono perse le tracce. Sono invece in corso di accertamento la
sorte delle tre monete e degli strumenti nautici cinesi.
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Davide Domenici e Carolina Orsini
oggetti donati dal Cordani, così come le ridotte dimensioni di tutti i
manufatti, lasciano supporre acquisti occasionali, tipicamente «turistici», effettuati probabilmente nell’area di Città del Messico o di Teotihuacan (non sappiamo se di prima mano dal Cordani o da un intermediario). A una produzione «turistica», se non a un vero e proprio
falso di scarsa qualità, rimanda anche un curioso oggetto donato dal
Cordani: si tratta di un rettangolo in pelle animale sul quale fu incollato un foglio di carta riproducente una pagina del Codice Colombino,
un codice mixteco preispanico risalente probabilmente al XII secolo.
Non è chiaro se l’uso della pelle, un’ovvia imitazione della pelle di cervo del codice originale, corrisponda all’intento di produrre un vero e
proprio falso o se invece si tratti semplicemente di un espediente per
dar vita un «souvenir» di migliore qualità.
Sebbene non di provenienza messicana, conviene comunque menzionare qui il dono effettuato dal cav. Uff. ing. Giuseppe Codara nel
193331, consistente in un una figurina fittile e nel manico cavo di un incensiere «a padella», provenienti dall’area maya degli altopiani guatemaltechi e databili al periodo Postclassico. Personaggio noto nell’ambito milanese per essere stato a capo dell’Ufficio Tecnico del Comune
di Milano negli ’30 del XX sec. e per aver pubblicato numerosi scritti
sui navigli di Milano, il Codara fu socio, tra le altre, della Società Chimica di Milano, della Società Italiana per il Progresso delle Scienze,
della Società Italiana di Scienze Naturali, oltre che del Circolo Filologico Milanese, frequentato da altri intellettuali interessati all’etnografia quali Moisé Loria, anch’egli donatore di oggetti etnografici ma la
cui collezione è andata dispersa. È interessante notare che la donazione venne fatta già alle Collezioni del Castello, ormai identificate come
la sede delle Raccolte Etnografiche di Milano.
Infatti, qualche anno di seguito, precisamente il 31 dicembre del
1935, venne donata ai Musei d’Arte del Castello Sforzesco per volere
del figlio Ignazio la cospicua collezione etnografica di Giuseppe Vigoni (Sesto S. Giovanni 1846-Milano 1914), raccolta in anni di viaggi in
diverse parti del pianeta32.
Giuseppe Vigoni parte da Milano per le Americhe nel novembre
31
«Amuleti in terracotta effigianti antiche divinità totemiche del Guatemala» (Atto
di donazione Prot. 193/1933).
32 Si veda il volume dei suoi viaggi, pubblicato in serie numerata nel 1935, Giuseppe
Vigoni, Viaggi, Casa d’Arte Ariel-Comune di Milano, Milano 1935.
60
Le collezioni archeologiche messicane nelle Raccolte Civiche di Milano
del 1872 insieme ad Alberto Vonwiller diretto in Brasile. Dopo aver
visitato il Sud delle Americhe, giunto a Panama, si imbarca per San
Francisco nel maggio del 1873. Durante il viaggio, il piroscafo fa tappa ad Acapulco dove si ferma per alcuni giorni: in una foto pubblicata
nel diario33 alcuni oggetti sono indicati come provenienti da Acapulco. Si tratta di pipe, statuine zoomorfe raffiguranti coccodrilli e di alcune bottiglie del tipo búcaros de Indias. Nell’elenco della collezione
del Vigoni purtroppo non sono esplicitamente descritti pezzi messicani: tuttavia nel fondo museale delle Raccolte Extraeuropee esiste un
búcaro de Indias che potrebbe essere stato acquistato dal Vigoni assieme al resto dei búcaros pubblicati nel suo Viaggi. Si tratta di una brocca da acqua in terracotta rossa34 proveniente da Tonalá (Jalisco) che,
sebbene danneggiata, costituisce un bell’esemplare di questa tipologia
vascolare di produzione coloniale che a partire dal XVII secolo fu ampiamente apprezzata in Europa a causa delle supposte proprietà aromatizzanti e mediche della terracotta stessa.
Un ulteriore incremento della collezione messicana delle Civiche
Raccolte avvenne con la donazione di Giovanna Torricelli35 dei reperti raccolti dal marito Agostino Pirri36 durante i suoi viaggi di lavoro in
America Latina. Purtroppo non abbiamo ulteriori notizie su questa
collezione piuttosto cospicua (223 opere provenienti da diverse parti
dell’America Latina) raccolta di prima mano dal Pirri molto probabilmente tra gli anni ’50 e ’60.
Tra i pezzi donati da Giovanna Torricelli, accanto ad alcune pregevoli figurine preclassiche del Messico occidentale in stile Colima, figurano numerosi oggetti teotihuacani: oltre a frammenti di applicazioni di incensieri e alle immancabili testine, alcune dai tratti olmecoidi e
quindi di probabile datazione preclassica, si possono annoverare alcune rare figurine integre di fasi diverse, sia modellate che a stampo, con
raffigurazioni di dignitari e guerrieri, diversi candeleros sia doppi che
singoli destinati alla bruciatura dell’incenso, alcuni vasi in miniatura, così come un volto in terracotta originalmente utilizzato come elemento centrale di un incensiere-teatro; alla cultura teotihuacana sono
33
Ibidem.
PAM 1475.
35 Numero di repertorio 87544/8951 del 14/12/1999.
36 Agostino Pirri, nato a Perugia in data che purtroppo ignoriamo, muore a Milano
nel 1976.
34
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pure riferibili una ciotola monocroma con fondo piatto e pareti divergenti, di fase Tlamimilolpa e un vaso tripode dipinto «al fresco» dopo
la cottura, pregiata tipologia vascolare teotihuacana delle fasi Tlamimilolpa e Xolalpan (ca. 250-550 d.C.) che ebbe ampia diffusione nella
Mesoamerica dell’epoca: purtroppo quest’ultimo oggetto è in pessime
condizioni, dato che nessuno dei tre supporti è tutt’ora esistente (essi
sono stati curiosamente sostituiti con piccoli parallelepipedi lignei) e
che lo strato gessoso che copriva la superficie rossa e sul quale era dipinta la decorazione è quasi del tutto scomparso, rimanendo solo tracce di una decorazione geometrica a bande orizzontali di colore giallo,
ocra e verde. Altre figurine a stampo di età postclassica paiono provenire sia dall’area tolteca del Messico Centrale che dall’area maya. Alla
cultura azteca, e quindi databili tra il XV e il XVI secolo, sono invece
ascrivibili alcuni frammenti di vasi, di pintaderas e di figurine fittili,
tra le quali una sedente di anziano con il volto rugoso, diverse fusaiole sia per fibra di cotone che per fibra di agave (ixtle) con decorazione
a stampo e una grande figura fittile, purtroppo incompleta raffigurante un individuo accovacciato con le braccia poggiate sulle ginocchia;
il personaggio mostra una complessa acconciatura ed è abbigliato con
un semplice máxtlatl (perizoma), il cui nodo è elaborato con notevole dettaglio. La donazione incluse anche elementi non ceramici come
lame, schegge e punte di freccia in selce e quarzo così come alcune
punte bifacciali peduncolate in ossidiana. Anche il Torricelli non fu
esente dall’acquisto di «arte turistica»: se alcune figurine di evidente
produzione moderna potrebbero essere state inconsapevolmente acquistate come antiche, lo stesso non si può dire per una replica in miniatura, notevolmente kitsch, di uno degli Atlanti di Tula.
Alla donazione Torricelli fecero poi seguito altri due incrementi
occasionali: l’acquisto Boschi nel 1989 che constava di un volto teotihuacano in terracotta e della parte centrale di un incensiere-teatro, e
la donazione dell’architetto e intellettuale milanese Federico Balzarotti (Milano, 1922-2000)37 di una tipica figurina teotihuacana di fase Xolalpan con testa a stampo e corpo filiforme modellato, così come una
37
Meglio noto come collezionista di cose andine (che lasciò interamente alle Raccolte Civiche), di cui era anche un grande conoscitore, Balzarotti riunì solo pochissimi oggetti non peruviani: la su citata statuina e un piatto coclé del Costa Rica.
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Le collezioni archeologiche messicane nelle Raccolte Civiche di Milano
piccola testina in pietra verde con fattezze pseudo-olmeche, di provenienza e datazione incerta38.
Infine, in anni recenti, la collezione si è arricchita di alcuni pregevoli manufatti fittili riuniti essenzialmente per il valore estetico e
reperiti sul mercato antiquario: una figura in terracotta raffigurante
un guerriero con casco, scudo e mazza in stile Ameca Etzatlán, proveniente dalla regione di Jalisco e databile al Preclassico Tardo (300
a.C.-200 d.C.); una figura in terracotta in stile Comala raffigurante
un individuo che presenta un vaso da bevande, proveniente dalla regione di Colima e databile tra Preclassico Tardo e Classico Antico
(ca. 1-400 d.C.); un vaso in forma di cane, alquanto tipico dello stile Comala, di provenienza e datazione analoga al precedente; un vaso
globulare maya del Classico Tardo (ca. 700-900 d.C.), probabilmente proveniente dal Petén meridionale o dall’Honduras, con raffigurazioni di cervi, uccelli acquatici e motivi geometrici tracciati in diversi toni di ocra.
Infine, come parte della collezione riunita dal medico Alessandro
Passaré (Milano, 1927-2006) data in deposito alle Civiche Raccolte
dalla Fondazione Passaré nel 2010, è da segnalare una pregevole testa
in terracotta datata al periodo Classico Tardo (600-900 d.C.) e proveniente dal Veracruz centrale: si tratta di un tipico esempio di statuaria
fittile veracruzana raffigurante il volto di un uomo con orecchini circolari e ornamento nasale quadrangolare; la parte sommitale della testa è decorata da una sorta di rete, raffigurante un’acconciatura o un
copricapo, dipinta con bitume o chapopote, elemento ricorrente nella produzione fittile della regione. Gli occhi socchiusi e la bocca aperta dell’individuo fanno supporre che si tratti della rappresentazione
di un defunto.
Alla luce della breve sintesi sin qui tracciata, è evidente che la formazione della collezione archeologica messicana delle Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco di Milano riflette non tanto lo specifico
interesse di un’élite di studiosi e collezionisti milanesi nei confronti
del passato preispanico della Mesoamerica, quanto piuttosto il carattere colto e cosmopolita di una borghesia imprenditoriale che nel corso dei viaggi all’estero compiuti per motivi di lavoro si interessava alla
raccolta e all’acquisto di oggetti archeologici. Tali motivazioni si riflet-
38
PAM
01227.
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Davide Domenici e Carolina Orsini
tono in due caratteristiche che paiono contraddistinguere la collezione nel suo complesso: da un lato, la netta preminenza di materiali del
Messico centrale, evidentemente derivante dalla destinazione principale di viaggi che non furono certo finalizzati alla raccolta di oggetti
archeologici; dall’altro, la predominanza di oggetti di piccole dimensioni, facilmente trasportabili e di scarso valore economico, raccolti o
acquistati più come souvenir di viaggio che con l’esplicito intento di
costituire una collezione archeologica di valore.
Il costituendo Spazio Ansaldo e il destino
delle Collezioni americane
A oltre un secolo e mezzo dal suo vagito iniziale, la collezione messicana delle Raccolte Civiche di Milano sta, nuovamente, per cambiare di «casa» e contesto di valorizzazione: è destinata a migrare in uno
spazio in corso di costruzione presso l’area ex-Ansaldo nel quartiere
di Porta Genova a Milano.
Sono state pochissime, ad oggi, le occasioni in cui questi oggetti
sono stati esposti. Certamente, e come emerge da questa breve nota,
la collezione (che consta di poco più di 200 reperti) è più adatta a documentare la curiosità della borghesia milanese verso l’esotismo messicano piuttosto che il complesso mosaico delle culture indigene del
Centro America.
Tenendo in conto questo elemento, la nuova «casa» che accoglierà
la collezione messicana così come le altre di area americana, africana
ed estremo orientale, oltre che le collezioni di strumenti musicali e di
arte turistica, non si configurerà come un museo statico (non ci sarà,
infatti, un’esposizione permanente), bensì come un luogo di dibattito
che continui ad alimentare la curiosità nei confronti della complessità
della rappresentazione del mondo globalizzato, e che accolga, nel dibattito, tutte le voci, sia dei rappresentati che dei rappresentanti.
In questa prospettiva appare particolarmente importante valorizzare le collezioni come oggetti di incontro (ma anche di scontro) e di
sguardi reciproci che gli oggetti della collezione messicana testimoniano attraverso la loro storia collezionistica.
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Le collezioni archeologiche messicane nelle Raccolte Civiche di Milano
Ringraziamenti
Questa breve nota, redatta grazie al cortese invito delle curatrici del
volume Maria Matilde Benzoni e Ana María González Luna, è stata
l’occasione per rivedere alcune parti della storia collezionistica delle Raccolte Extraeuropee del Castello, già ben indagata, prima di noi,
dagli studiosi Laura Laurencich e Antonio Aimi. Desideriamo ringraziare per il prezioso aiuto nelle ricerche all’Archivio dei Civici Musei (Artistico ed Archeologico) e all’Archivio della Consulta del Castello Sforzesco, le dott.sse Cristina D’Adda e Elisabetta Pernich, e
la coordinatrice degli archivi, dott.ssa Rina La Guardia. Paola Livi e
Anna Alessandrello del Museo di Storia Naturale hanno chiarito alcuni punti oscuri del passaggio di parte delle collezioni dal Museo di
Storia Naturale al Castello Sforzesco. Infine un sentito ringraziamento alle collaboratrici del Servizio Civile Nazionale Annamaria Antonini e Sara Castagnasso che hanno fortemente agevolato la ricerca dei
materiali.
Mentre i debiti per la stesura di questo articolo sono molti, gli errori e le omissioni sono di nostra esclusiva responsabilità.
SIGLE
PAM
Raccolta Precolombiana e Amerindiana delle Raccolte Extraeuropee del Castello Sforzesco
DOCUMENTI
Comune di Milano. Atto di donazione Prot. 193/1933 conservato presso Archivio dei Civici Musei (Artistico ed Archeologico) del Castello Sforzesco.
Comune di Milano. Archivio Storico del Museo Civico di Storia Naturale di
Milano busta 80/1929 fasc. 76, 77, 78.
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