Lett.russa pp. 167-200 - Dipartimento di Lingue, Letterature e

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Lett.russa pp. 167-200 - Dipartimento di Lingue, Letterature e
Capitolo Secondo
CRISI E RESTAUMZIONE
DELLA CULTUM SLAVA ORTODOSSA
Alda G iam b e lluca Kost ooa
1
I
«Torbi.di" e la difesa della trailìzione ortodossa
La morte di lvàn il Terribile (1584) lasciò la Moscovia nello scompiglio. Le logo,
ranti guerre con la Polonia-Lituania e con la Svezia, iÌ flusso migratorio di contadini
affamati che produsse lo spopolamento delle regioni centrali del regno, l'assoggettamento della Chiesa a.l potere secolare e il prevalere ddla nobiltà di servizio avevano
sconvolto sia l'economia sia l'equilibrio tradizionale della società, dando origine alla
più grave crisi che le terre russe avesseto mai conosciuto dall'invasione dei Tatari. A
Fèdor, il 6glio di Ivàn il Terribile che era fisicammte degeneraro e debole di mente,
fu af6ancato il reggente Boris Godun6v Le loae dei bojari ed i loro sforzi per dcon,
quistare i privilegi perduti rappresentarono una costante mioaccia per il govemo di
Godun6v che, alla morte di Fèdor (1598), fu legittimato successore al trono da
un'assemblea del regno.
ll susseguirsi di tre anni di carestia (1601,1601) e il dilagare di ba.nde di predoni
(contadini scacciati dai proprietari teffieri impossrbilitati a prowedere al loro sostentamento) alimentarono le prime rivolte contadine su larga scala. Boris Godun6v si
rovò solo e senza speranza alcuna & poter fronteggiare la crisi. La catastrofe sopraggiunse quando un giovane russo, Griika Otrép'ev, che si eta rifugiato in Polonia e
che sosteneva & essere Demetrio (Dmitdj), il più piccolo dei 6gli di lvan il Teribile,
<(riiracolosammte scampato alla morte» nel 1591 ad Égliè, marciò verso Mosca con
l'appoggio della nobiltà polacca. Gli awemari di Godun6v colsero l'occasione per
sbarazzarsi & lui e nel luglio dd 1604 il «FalsoDenetrio» (I;edn/ti) fu incoronato
zar. Per la Moscovia iniziava un periodo di caos. I bojari che avevano appoggiato
l'impostore ora lo consideevano un'inutile pedina. Dieci mesi dopo la sua incorona,
zione a Mosca scoppiò la rivolta dei bojari e il <Falso Demetrio» fu trucidato insieme ai polacchi del suo seguiro. Al trono moscovira fu elevato il bojaro Vasilij lvà.
noviò Sùiskii.
Lo zar neoeletto dovette subito fronteggiare un'insurrezione contadina guidata
da Ivàn Isàevié Bol6mikov e, solo dopo un anno di lone, nel corso delle quali si
168
-
À,r-o,r
Gr,$llrL!ucA Kosso\^ - Oili
e
rcstallazìue delta alttra tuoa oxodosa
trovò costrctto a difendere anche la sua capitale, riuscl ad avere ragione dei ribelli.
Intanto appariva un secondo «Falso Demetrio» il quale millantava di essere scampato alla morte Don solamente nella città di Ugìiò, ma anche a Mosca nel 1606- Gli
awersad lo def,nirono ben presto «il Furfante» o «il Predone di Tu§lno», dal nome
dd villaggio nei pressi di Mosca dove, dopo un inglorioso assalto alla capitale, egli
aveva dato vita ad un suo «controgovemo» ed aveva insediato la sua corte. Impotente a liberarsi dall'impostore che, prodigo di promesse e di elargizioni di titoli, go'
deva di un ceno séguito, Vasilij Sniskij cercò aiuto presso Carlo IX di Svezia, offrendo come contropartita la rinuncia della Moscovia alle pretese sulla Lituania.
La nuova alleanza russo-svedese cosuturva una minaccia trcppo seria per Sigi_
smondo III Vasa, re di Polonia, che si affrenò ad appianare le conùoversie lnterne
per concentrate tutte le sue forze sul fronte orientale. Dopo aver sconfessato il secondo «Falso Demetrio», il re di Polonia superò la frontiera russa lanciando il Pro_
prio esercito cortro la città di Smolénsk, varco d'accesso ai teffitori russi occidentali.
Una fazione moscovita era incline ad elevate al trono il 6g1io di Sigismondo, Ladislao
IV IJesercito polacco marciò su Mosca e lv6n Sriiskij, pesantemente sconfitto, venne
rinchiuso in monastero. Imporre i voti ai nemici, veri o presunti, dello Stato o della
Chiesa, nonché alle personalità troppo scomode era una prassi che oramai nella Mo'
scovia vantava oltre un secolo dr vita.
I-elezione del principe polacco non avrebbe incontrato più ostacoli. Il sogno dell'universalismo cattolico
riportare in seno alla Chiesa madre gli <<scismatici»
orientali
sogno invano perseguito prima dall'Unione sancita a Firenze (1419) e
dopo da quella di Brest Lit6vsk (1196), ora sembrava realizzami sotto I'ègida di Sigismondo IIl. La &sgtegazione dello Stato mosco!,rta pareva inarrestabile. Ma le genti
russe, come già in alt momenti altammte drammatici della propria storia, trovarono
nella Chiesa ortodossa e nella tradizione patriottico-religiosa insospettate capacità di
riscossa nazionale.
GIi appelli con cui la Chiesa esortava a sollevarsi in armi contro l'invasore infam_
marono di sentimenti antilatini i fedeli ortodossi. Un esercito raccolto dal mercante
Kuz'm6 Mlnin e dal principe Dmitrij Poààrskii mosse contro Mosca e, nell'ottobre
del 1612, scacciò la guamigione polacca dalla capitaTe.Lo Zémskìj soArir (Assemblea
teritoriale) all'inizio del 1611 risolse il problema dinastico eleggendo un nuovo zar
ortodosso nella persona del giovinetto Michail Fèdotoviè Romànov (1611-1645). Si
chiudeva così il quindicennio che la storiografia designa col termine di «Torbidi»
\Snùta, o strùtnoe oftt r_ial.
Si era ancora ben lontani da una vera stabilità politica. Smolénsk, dopo una di
fesa durata oltre venu mesi, era caduta in maao ai polacchi, mentre le tetre me dlo_
nali erano continuarnefite minacciate da hcursioni predatorie dei turchi e dei tatari
della Crimea. Altre irrequietezze inteme, di diversa gtalT tà e natura, dovwano an_
passato alla storia come «il secolo delle
cora segnare il corso del X\llI secolo
6no a chiuderlo con la sommossa degli strel'ci (archi'
seùzio;ni» lbaxtdìxyj oaÉ)
bugieri) nel 1698. Lo stato russo tuttavia, benché ditaniato dalle ri,valltàL fta duol'
anstuo \la nrora classe legata alla cone dello zar) e l'antica aristocrazia di sangue,
duscì a icostruirsi nel volgere di pochi lustri. Se Ie conqulste ad Occidente erano
andate perdute, le forze nuove dei commercianti e dei cosacchi, animate da un dina_
mismo pressocché estaneo al potere centrale, allargarono le frontiere ad Oriente,
Pafte SéÒndn
-
Can olo Sea
ào-169
di terre fertili e ricche di materie prime, Con l'annessione della Sibetia Orientale Ìa Moscovia raggiunse le coste del Pacifico, divenendo il più esteso
impossessandosi
impero della terra.
I Torbidi interruppero il processo evolutivo che aveva contrassegnato la vita culturale russa nel X\r[ secolo. Le disquisizioni dottrinarie che avevano opposto l6sif di
VolokolàmsL e i suoi seguaci alla cotente mistica dei monaci dell'Oltre Vofua, infervorati dal loro padre spirituale
di formazione athonita e vigoroso propu- l'asceta
gnatore dei princìpi del cristianesimo
primitivo
Nil S6rskij, aveva oramai perso
ogni incisività. La colossaJe fatica concepita dal Metropolita
Mak6rij
la compila- a compi,
zione delle «Grandi Letture Mensl\» (Velikie C*t'i-Mi e)
e portata
- dopo oltre quatro
mento sotto la sua direzione da un nutrito gruppo di collaboratori
lustri (1529-1552), da una parte e, dall'altra, la nascita di una serie di roryora alrraL
stici culminati nel grandioso progetto rimasto mcompiLtto, del Liceool- letopisnij sood.
(sorta di encidopedia storica della Moscovia, veramente sui generi: a cominciate
peftenutoci conta diecimila carte che racchiù,
dalle proposizioni
- il frammmto
dono sedicimila miniature!),
sono le due massime espressioni del «secondo monument^\smo>> \utoroj n onurrerltalizn nell^ delnizione di D. S. Lichaòev) che doveva
rendere quasi paÌpabile il sogno di Mosca di divmtare Terza Roma. I Torbidi spazzavano tia r sogni ed un unico rema parve ispirare gli uomini di penna dei primi
decenni del Seicento: la difesa della patria slava ortodossa dall'aggressore canolico.
La Chiesa russa,3uprema cùstode dell'Ortodossia, «unica vera fede», ripiegò in
pieno sulla propria vetusta tradizione. La creazione leneraria riesumò le vecchre formule del patriottismo confessionale dell'epoca di Aleksàndr Névskij e di quella di
Dmitrii Donsk6l. Le opere del periodo dei Torbidi, ispirate agli ideali del Medio Evo
slavo onodosso e composte secondo i modelli retorici elaborati nell'epoca di Makà
rij, testimoniano della solidità di Ùna tradiziooe spirituale destinata a perpetuarsi,
parzialmente, anche nella letteratura modema.
Il graoduca Vasilij Vasfl'eviò, deponendo il metropolita Isidoro reo di aver fir,
mato la Bolla Fiorentina ed elevando alla massima carica ecclesiastica il vescovo J6na
di Rjazan' (1448) non solo aveva assoggettato il potere spirituale alla cotona, ma anche de$etato, de facto, la separazione della Chiesa russa dal patriarcato di Costantinopoli. Occorerà attmdere però il 1589 afÉnché, per iniziativa di Borls Godun6v,
l'ormai consacrata autocefalia russa ottenga I'approvazione del patriarca ecumenico e
il tradizionale titolo di metropolita venga sostituito da quello di «patiarca di Mosca
e di rutte le Russie».
Durante i Torbidi, in assenza di un autocrate, il patriottismo russo riconobbe nel
patriarca della Moscovia la propria guida spirituale. Sotto I'impeto degli eserciti cat,
tolici, ancora una volta le aspirazioni di riscossa dei patrioti russi assunsero l'aspetto
di difesa dell'onodossia, come esemplarmente testimoniato dalla Ndluja pfues' o
pteshonott rossy'jsÉom cAfftue i L,ellkon gosud,inne moshdrsÉom (Nuova storia del
gloriosissimo impero russo e grande stato moscovita). Per mano di un autore ignoto,
questo componLnento vede la luce fra il 1610 e il 1611, in un momento particolarmente drammatico per la terra russa: Mosca era occupata dall'esetcito polacco, men
tre N6vgorod stava per cadere in mano agli svedesi. Nonostante il titolo (non origina.le per altro), non si tratta di una esposizione a carattere prettzrmente storico. Gli
eventi dell'epoca vi sono appma accennati per lasciare ampio spazio alla polemica
170
-
Ar-DA
GhMBErucA Kosso\^
- Citi
e
rcltaslaziose delh eh"ra slzoa oÉodossd
valutazione che ne formula l'autore, per suscitare il patriottismo slavo ortodosso contro il nemico cattolico. Si tratta & un vero e proprio «manifesto» pubbJicistico
(l'estensore lo defnisce «lettera» indirizzata a coloro <<che amano l'impero Russo»).
Ilinvito a prmdere le armi è rivolto
alle genti di ogoi ceto, le quali ancora Ie loro anime da Dio non hanno distolto e da.lla
fede ortodossa non hanno deviato e che in vimì dela fede ale Iusinghe non hanno ceduto e
sono rimaste salde nella devozione e ai propri nemici non si so.o associare e a.lla devianza di
costoro si sono sottrane e ancora desideraro per la propria fede onodossa rimaner salde 6no
alla prova del sargue.
Sigismondo III Vasa, uomo «malvagio e feroce denigratore di Dio», è riuscito ad
impadronirsi di Mosca, «mad-re delle città dello stato Russo», per il tradimento dei
bojari i quali, fuorviati dalle sue lusinghe ingannevoli, da «difensori» della terra patria si sono trasformati in suoi <<divoratori». Ai bojad fedifraghi vengoho contlapposti «i fratelli cristiani onodossi» della cirà di Smolénsk, che con <<ardimento e forza
spirituale, con intelletto e salda abnegazione» combatrono, in nome
fede or"della
todossa e della santa chiesa di Dio», f invasore che li ha assediati, ergendosi a difensori dell'interc Stato Russo. Offtendoli come esempio da imitare, Ì'autore esona:
<<Accorete, accortete, o ortodossi! Accorrete, accorrete, o amanti di Cristo! Armatevi e anelate alla disfatta dei vostri nemici e alla )iberazione dell'impero!».
Espressione suprema della resistenza patriottica è il patriarca di Mosca, Germogén. Martire e paladiDo della vem fede, simbolo di forza invitta, «probo milite di
Cristo» e «vero buon pastore», Germogén vime celebmto in termini simili a quelli
radizionalmente riservati ai principi-guerrieri dell'antica Rus' (si ricorderà che a due
fra di loro, per meriti acquisiti sui campi di battaglia
Aleksàn& Nevskij vinci- adinsorto conuo
tore delf invasore cattolico, a Dmltrij Donsk6j per essere
iÌ dominatore tataro
generazioni
tributarono encomiastiche celebrazioni. Leroe
- le addirimrra future
della Neva assurse
alla dignità dell'altare):
Àmmiriamo ed esaltiamo il pastore nostro, padre dei padri e presule, iI cui nome a tutti è
noto, poiché esti, come incrollabile pilasto frammezzo la oostra grande terra si erge, owero
nel nostro grard€ stato, e per la fede onodossa combatte, e tuni i nostri danaati lupi e pte,
datori rampogna, e solo s'eleva contro tutti loro. Come iI gigante senz'arrd e senza schiere,
solo la donrjaa come asta nella mano tenendo, alle grandi orde agarene si oppone e tuiti
vince, così anch'egli, il signore tGermogén], al posto delle arm| solo con iI verbo divino tum
i nostri tivali minacciando, le loro hocche e i loro volti svergognando, e gli inetti allonta,
nando da sé, noi tutti tinsalda ed ammaestra, aftuché non temiamo Ie loro minacce ed angherie, e con le anime nostre da Dio non deviamo, e rimafliamo ancor più sa.ldi ed uaanimi in
difesa della fede, dataci da Cnsto, e delle nosrr€ anime.
Al santo insegnalnento del sommo sacerdote fa eco l'infuocata esortazione dell'autore ad affiancarsi al patriarca nella lotta contro lo straniero:
Arimo ed armatevil [...] È scoccata, è scoccata l'ora! È tempo di dar prova di eroismo e
con comggio affrontar la mone! [...] Lottiamo con pmdezza per la fede onodossa, per l'in,
tero stato glorioso e per i cdstiani ortodossi.
Pa,te
Sen dr -
Capitolo Se.onAo
- nL
Benché guidato dai modelli retorici dell'antica Rus',I'autorc sa aflche uscire dai
limiti del e&L*é. Aspirando ad essere compreso da tutti, spesso prowede a chiarite il
proprio pensiero, formulato dapprima secondo i cafloni dello stile dotto, riproponendolo in una prosa tmica, di frequmte anche rimata, che utilizza l'espressivirà e
la concretezza del lessico quotidiano. I-a.ltemanza dello stile dotto e della lingua par,
lata, ed il susseguirsi di passi ritmati e non, cobferiscono notevole ef6cacia alla sua
arte olatofia,
I- intonaziooe patriottico-religiosa che ispira la Nuooa storia ill/.orma atche I Phc
o plenéxii i o Èoaéètton lazolérrii pieùJs1Èogo i preoetl$iago taosleéa.tskogo gosuddr
r/za (Pianto per l'assoggettarnento e l'estrema distruzione dell'altissimo e ludmosissimo Stato moscovita), composto prima dell'autunno del 1612 (l'anonimo estensore,
probabilmente un religioso della provincia russa, parla della capitale devastata da.lf incendio, ma ignora la liberazione della città awenuta nd mese di ottobre del medesimo anno). Nello stile ornato e solenne della tradizione moscovita, al lammto per
l'ativo dell'impostore, «precursore dell'Anticristo, nemico di Dio, 6glio delle renebre, imparentato con la rovina», s'intreccia un inno nostalgico alla passata gtandezza
e magnifcenza della patria
«pilastro della devozione cristiana», «vigna dal Si,
gnore piantata», <<l'altissima -e mirabilissima Rus'». A differenza dell'autore della Nooaja pooest' i) creatote del Piafito non ]tri,(lta a17a lotta armata conffo l'invasore. Preferisce ricercare e punuoJuzarele tagtoni che hanno provocato questa rovine:
Si isterili la giustizia fra gli uomini e si pmpagò sovmna l'ingiustizia ed ogni malvagità e
odio e smodata ubriachezza € lascivia e hsaziabile avidità di tucro, e l'odio verso il ftatello si
moldpJicò, perché dileguò Ia bontà e apparve la catriveria e ci ricoprinìmo di menzogne.
Rawisando l'unica via di salvezza nel pentimento, egli invita a.lla contrizione,
atrnché il misericordioso Dio hostro [...] abbia pietà di quello che rimane del popolo
cristiano e a.llontani d. noi i nostd nemici € la malvagia loro congiura sradichi, e quel che
resta delf impeto russo, e le cinà ed i villaggi con la pace fortifichi e di ogni grazia li ricoJrni.
Una rielaborazione di quest'opera, che semplificando 1o stile ed il lessico la rendwa accessibile ad un pubblico più vasto, si diffuse in Russia sotto il nome di Pà;
zemll RortiitÉoi \PiaI,to della rerra Russa).
2
Nuooì eroi della Santa
Russi.a
fuLi albori del X\III secolo (non più tardi del 1603) il primo patriarca, Iov, assurto aÌla suprema carica ecdesiastica per volere di Bor'rs Godun6v, compose la Pd-
U2 - ALD GreBELrucA Kosto\A - Cni
e
Ìena /aiote della ahuru skoa otodosa
,est' o òéstnen Zitli cdi,i i uelr'kogo brjdza Fèdora L',1not'ièa osed Rasii lstoria dell'onorata vita dello zar e grande principe Fèdor Ivànoviò di tutta la Rus'). Nata come
un vero scritto di circostanza, la Storia mira a trasferire una panicolare aura di ùjstiana devozione dall'immagine del defunto sovrano a quella del suo successore. Il
frglio di Ivan il Teribile s'era spenro nel 1598 senza lasciare a.lcuna &scendenza; la
vedova, zadna I na, nonché sorella del reggente Godun6v, al rono aveva preferito il
velo e la pace convmtuale. Lo Zémskij sohir (Assemblea territoriale), con;ocato per
iniziativa di Iov, aveva proclamato zar Borls Godun6v I prlncipi <<di servizio» e Ie
antiche farniglie boiare, irritate dalla rapida ascesa di Boris
un usur
- considerato
patore, assassino del piccolo Dmltrij a Ùgìié
non tardarono
a manifestargli tutta
la loro ostilità. Iov si sentì allora in dovere di -,
prendere la pmna per difendere il suo
protettore. Intendeva dimostrare la perfetta legittimità della successione, «voluta da
Fèdor medesimo». Infatti Fèdor stesso aveva proweduto a «donare le proprie insegne regali a GodÉnov». Dopo aver esaltato «la fede e la cadtà, I'amore verso gli
umiJi e la generosità nei confronti degli indigenti», <<la giustizia e l'equità», cui era
improntata l'esistenza dell'ultimo discendente della dinastia dei Riurfl<idi, Iov sostiene che unicamente un uomo di pari doti poreva assolvere al compito di fido con,
sigliete del sowano. Con facilità si rawisa in queste espressioni un'allusione alla rcggenza di Boris Godun6g che iD circa tre lusri di regno dell'infantile Fèdor, aveva
retto di fatto le sorti dello Stato russo. Ma non basta: l'autore procede in un cre,
scendo inarrestabile e l'elogio s6ora il panegirico. Boris è «ornato di suprema saggezza ed è sopra tutti degnissimo, eccellendo per assennatezza. Per il suo ofloratissimo govemo, il pio impero in pace e magnifica serenità riÉoriva».
I1 componimento, pur uniformandosi ai canoni della retorica imperiale della
scuola cinquece[tesca di Makirij e all'intreccio aulico dell'agiografa quattrocmtesca
di Epifanij Premridrij (lunghe serie di interrogativi retorici ed un periodare & rara
complessità sintattica e lessicale) contiene anche motivi popolari. Elementi mutuati
dalla tradizione oele Egurano nel <<pianto» dell^ z nna I:ìlr\^ ed anche nella struttura ritmica delle parti «pubblicistiche», sulla successione al trono e sulla futura or,
ganizzazione statale.
Verso la metà del 1606 un monaco del convento della Trinità e di San Sergio,
rimasto ignoto, scrisse La P6test' hiko onimsti useoidjaiòee 6ko Christtjs Borisu Godunòrlu prolitie nepouinnye kùui nòuago suoeg, strustotétpca. blagooémago caréuiòa
Dmitrip Ùgoleteskago tStoria di come Cristo. occhio onniveggente, punj Boris Codunòv per il versamento del sangue irìnocente del suo nuovo manire. pio zarel)ii
Dmitrij di Uglié), comunemente nota sono il titolo più conciso di Pooest' 1606 goda
(Storia dell'anno 1606). tesro. che in seguito venne incluso in ur più vasro compooimento srorico denominùo [ùhoe sha4irli? \.A]tra- oarrazione), narra la lona contro i polacchi nella Mosca occupata dalÌe schiere del primo Falso Demetrio, l'ucci
sione dell'impostore e l'ascesa al trono di Vasilii SÉiskij. Nemico acerrimo di Borls
Godun6v, l'autore lo reputa causa prima ed unica dei «disordini» e della «rovina»
della terra russa e gli ascdve, oltre all'assassinio dello zaretù Dmitrij, anche l'eliminazione dello zar Fèdor Iv6noviè. Con i suoi misfatti Godun6v, tiranno feroce e malvagio, «travolto dall'alito della gloria demoniaca», «ha trascinato nella menzogna il
trono imperiale di Mosca». Il castigo divino però ben presto si abbatte sull'empio: il
Signore irvia contro di lui il Falso Demetrio (a.l secolo Gri§ka Otep'ev), <<eretico»,
i
I
Pane Secohdn
-
Cdp'tok Seco"do
-
17)
<(apostata» e <<servo del maligno», ma anche, per l'occasione, «scopa del Signore».
I-inviato deve assolvere ad un compito preciso: «vendicale il versamento del sangue
innocente dei due lDmltrij e Fèdor] nuovi martiri di Dio».
Ai due personaggi iniqui viene contrapposta la figura di Vasflii S'ijs§ che nel
maggio del 1606, dopo aver guidato la vittoriosa rivolta dei bojari & Mosca contro
l'usurpatore, era asceso aJ trono per iniziativa dei suoi compagni d'arme. Acceso sostenitore di SÉ;skij, l'auto.e ne canta le doti (combattente valoroso ed audace,
amante della giustizia, uomo retto e pio, difensore dell'otodossia) e la gloriosa discendenza dalla schiatta del principe Madimir Svjatoslàviè di Kiev. IÌintento di provate la legittimità della sua ascesa al trono quale espressione «del volere del popolo
intero» è palese. Nel periodare ricco di «intrecci» e di metafore, l'anonimo estensore
si atuene alla radizione retorica slava ecclesiastica. Il componimento necheggia in ve_
rità vari testi illustri
dalla Nartazione di Borls e G/eA (il sacrificio dello zaréoiò Dni'
trij, <<giovane manire e splendido virgdto in 6ore» ricorda il martirio dei figli di Madimir Svjatosl6viè, periti per mano del fratello-usurpatore) ai testi del cido di Kulikovo
ed dle uiinskie p1oesti (nella descrizione della lotta contro l'impostore s'intrecciano
espliciti rifetimenti alla vittoria riportata da Dmitrij Domk6j sui tatari, nel 1180).
11 X\tI secolo, che, lo si è detto, si chiuse con la ribellione degli strel'{, durante
il periodo dei Torbidi fece conoscere alla Russia anche le prime rivolte contadine
della sua storia. Nel 160l gli hsoni guidati da Chol6pko Kosolap minacciarono adrm vero e proprio
dirimrra la capitale. Tre anni più tardi
tra il 1606 e il 1607
esercito di rivoltosi, capeggiati dall'ex servo della gleba lvàn Bol6mikov, parteggiando prima pet il Falso Demetrio, poi per lo zaréuié Pètr, sedicente figlio del defunto zar Fèdor lvànoviè, impegnò in vaste azioni di guerra le forze govemative.
Scacciati dalle porte di Mosca gli insorti ripararono a T(r.la, ove furono assedrau e
defnitivamente sconfitti dall'esercito di Vasllii Sfjskj nell'autunno del 1607. Se si
escludono i ptoclami infuocati con cui Bol6mikov invitava contadini e servi a solle'
varsi contro i loro padroni, I'unica eco letteraria di questa guerra contadina si trova
in un testo che N. Nikoltkij, suo primo editore, denominò Poslinie duorjaxy'aa k
&torjanina (Messaggio dt vr &-'orjanin ad rn ahro dooiaxy'x). Yartore, un nobile di
TÉla di nome lvà,nec Finikov, narra al suo benefattore (..fonte dr beni e saggio maestro [.,.] e della mia misera vita generoso protettore») Ie proprie peripezie dutaflte
l'assedio della città. Con l'intento dr divenire il destinatario, FÉnikov stende il Mer
saggto in :urno st e faceto, ritmicamente organizzato e ricco di rime, l'lcino all'arte
-
-
-
degL skomonSchi.
si identfica con Ia nascita stessa della letteratura au_
toctona nell'antica Kiev, accompagnò fede)rnente la storia delle genti russe 6no all'evo moderno. Tra le composizioni dedicate ai Torbidi occupa un posto di dlievo la
istoia dte Avtitnrii Pallcrrr, cellario del monastero ddla Trinità e di San Sergio,
scrisse negli anni Venti dd XVII secolo. Il testo, comunemente indicato come Skazé'
rr'e (Narrazione), contiene una dettagrliata descrizione, nella tipica intonazione reto_
rica del tempo, degli awenimenti più salienti del periodo che va dalla morte di Ivàn
it Terdbile (1584) al trattato di pace con la Polonia (1618). La rovina che si è e§tesa
su tutta la Russia viene rappresentata anche in questo componimmto come l'effetto
della «giusta ed immediata punizione da Dio inviata per tutte le cose malvagie da noi
Il gmere ctonachistico, che
compiute». I-lintercessione della Vergine misericordiosa e quella dei santi Sergio e
174
- AIDA GrAMBILLUCA
Kossoy^
-
C/ni
e
/enaatuione datù ehzru taùa
o
odas
Nikon consente ai russi di riportare la vittotia defnitiva sull'invasore. Riflessioni a
carattere moralistico soflo esposte nel tradizionale stile retorico dei sermoni e&6canti. Al ricco inreccio di citazioni o rimandi biblici, inframmezzati da miracoli, appariziori e visioni, è demandato il compito di provare l'innegabile protezione celeste
che salva, dopo sedici mesi di assedio polacco, il monastero della Trinità e di San
Sergio. Terminato il periodo degli <<zar falsi» (puntualmente elencati dall,autore
dai primi impostori, Gri§ka Otrép'ev ed il «Mariuolo di Tusino», agli usurpatori
Boris Godun6v e Vasflij Sùjskij) suÌ trono dello Stato russo, che ha Àpiato ie sue
colpe, siede Michafl Fèdoroviè Romànov, «da Dio eletto e per volere &vino favorito
gran signore».
Narrando «tutto con ordine», Avràmij Palicyn si richiama costantemente agli appunti di testimoni oculari (specialmente per il racconto dell'assedio del Monastero della Trinità e di San Sergio). Questa marcata genuinità conferisce panicolare pregio al suo
componimento in quanto fonte stodca. La temica dei «virii » (cfr Cap. III, s 4, p. 20j ),
che informa ampi passi del testo, rende ancor più vivace e gradevole la prosa di Palicyn.
Nell in!cmo fra il t609 e iÌ toto i.l principe Michail Vasil ieviè Sk6pin-Sniskii.
nipote delJo zar Vasfti Sulskii e prode condoniero. assurse ai fasti della gloria militare per avere scacciato da TÉÈino, suo quartier generale, il secondo Falso Demetrio
e i suoi sostenitori. In atresa di impegnarsi in una decisiva bartaglia contro i polacchi,
durante una breve sosta a Mosca, Mictail Sk6pin-Sùjskr; si arnmalò gravemente
dopo un banchetto h casa dd principe L M, Vorotinskii e, pochi giomi dopo, spirò.
Limptor,wisa scomparsa del guerriero ventiquattrenne fu attribuita dalla voce popolare al veleno somministratogli in un calice di idromele dalla zia Mar'ja, moglie dell'inetto voevoda Dmitrij Ivanoviè Sijskij. La vita e la tragica morte del valente condottiero ispirarono due pu)esti, crcate, presumibilmente, dallo stesso ignoto autore
(l ipotesi si fonda sulle notevoli affinità stilistiche e lessicali che accomLano i due
testl). La pnrn ptjoest' narra <<la nascita» e le gesta dd principe e viene concordemente datata imorno agli anni Venri del XVII secolo per le evidenti influenze dallo
Skazinie dt Avramii Palicyn. La seconda, P1oest o sfltétti i o pogtebénij knj,iu Michaila Vasil e»iA Shdpina.liihago (Storia della mone e delle esequie del principe
Mjchail Vasil'eviò Sk6pin-Sujskrj), ricca di parricolari cronachistici, nacque poco
dopo Ia sciagura e comunque non oltre il 1612.
11 principe era imparentato con la farniglia salita al trono e la sua genealogia, che
apre l'opera, fonde la rivendicazione «romana» (cosl ben testimoniata per la p ma
volta nel Rncanto dei granduchi ukdimiiaal nato nell'ambito delle giustificàzioni
storico-letterarie che dovevano far da supporto all'ideologia di «Mosca Terza Roma») con la tradizione avita:
Si è spento il pio e nobile e devoro boiaro,gueriero e loeaoda ddla devota stirpe degÌi
signore e grande principe di tutta la Rus', VastÌìi Ivanoviè SÉiskij, cLe dall,uaica schiatta
di Augusto imperatore romaro, dominatore dell'universo, e dell,iniziatore detl,unica fede cristiana ortodossa, il principe Madimir di Kiev e di tutta la rerra russa e dall'rmico ramo del
grarde principe Aleksàn& JaÌoslrviè Nélskij disc€nde.
zr,
I-awelmatrice Màr'ja «serpe crudele, dallo sguardo maligno, vera lince, belva
il diavolo sollazzo diventa, per satana sposa s'appresta» e sommi-
feroce. A.llora per
Pate Seconda
-
Capnob Secondo
- l7J
nistra Ia bevanda venefica «per istigazione dei malvagi traditori», invidiosi della floria del difensore della patria. Ijepisodio è narrato in una prosa ritmata che ricorda i
canti popolari epici. Elementi comuni alla tradizione folclorica costellano anche le
espressioni con cui la madre accogte il principe al suo rientro anzitempo dal ban_
chetto. La seconda parte del componimento, che si ispita agJi antichi modelli della
cosiddena <<agiogra6a laica» (la Vita di Aleks,inù Néoskij e 1^ Vita di Dn itrii luntotiè Donsleé) , descive la morte dell'eroe, sentita come una sciagura dazionale. Alle
esequie del principe, da a.lcuni chiainato «Pilastro della terra russa» e da altri de6_
nito «salda e gror,àe fortezz »,..era presmte una {olla senza numero [...] come le
stelle nel cielo, come i granelli di sabbia nel mare, e non si vedeva una sola persona
che non fosse in lacrime". La mone di Michafl Sk6pin è pianta «dalla sua valotosa
druilna», <dai ooerodi, Àai d.»orjani e dagTi atamanni», dal condottiero wedese Jakov
Delagari (suo compagro d'armi), «dallo zar in pe$ona» e <<dal patriarca Germo_
gén». I- anonimo autore i.lpottà in otutio lecta Ie espressioni di ogni srngolo lamento.
Il pianto della madre e della sposa del principe Michail rammenta il lahento funebre
della principessa Evd6kija, per la dipartita del suo consorte Dmitrii Donsk6j (V#a
del Gran Pincipe Dmiti lodnouiò .
La difesa della Santa Russia contro gli aggressori polacchi e svedesi e le prime
sommosse dei contadini sono narrate in un'opera prettamente ctoflachistica, che da
un'ainotazione a chiusura del libro ha preso il nome di Letoplsnaia knlga (Llbro
nalistico). Fra gli studiosi sembra preva.lere la tendenza ad attribuire quest'opera alla
penna del principe lvàn MichàjloviÉ Kityrev-Rost6vskij, morto nel 1«0. Sc tta nel
1626, con f intento di rafforzare l'autorità della nuova dinastia dei Rominw,la l,eto'
pisnaja kn/ea rievoca gli awenimenti dell'epoca dei Torbidi (l'esposizione stodca
s'inizia con gli ultimi anni del regno di Iv6n il Teribile e termina con l'elezione di
Michafl Rom6nov), filtrati attraveso l'ottica dell'ideologia ufEciale. All'opera è totalmente estraneo quel carattere, pubbliclstico e patriottico-moralistico, che informa i
t6ti nati nei pdmi anni del secolo e la rattazione si presmta molto più omogenea e
consequenziale che non nello Skarinie dt Avr6mii Paticp. Questa peculiarità del testo ha indotto A. S. Orl6v a considerare l'autore come il «miglior narratore della
prima metà del secolo diciassettesimo».
Cronista drstaccato ed imparziale, Kàtyrev-Rost6vsLij narra pacatammte gli awe_
a'
Dimenti che reputa più importanti, senza perdelsi in minuzie super{ue e, con Ia
stessa calma epica, descrive tanto le vittorie e le sconfitte dei moscoviti quanto quelle
dei loro awersari. I personaggi non sono idealizzati, ma presentati nella complessità
del loro carattere, con tutti i loro tratti positivi e negativi. In questa camtteristica del
componimento d$ersi studiosi hanno rawisato un'influenza drletta della nuova re_
d*ione dé, Rtissleìj chrondyal \Cronografo russo), compilata nel 1617 da Sergéj Ievl6dò Kubàsov, che dedica pamcolare attenzione aÌle contraddizioni intime delI'animo nmano. «Nessurno dei mortali », leggiamo r,el Crorogafo, può mantenersi
.irreprensibile nell'arco della propria esistenza", perché <<l'intelletto umano non è
infallibile e la buona indole dai malvagi viene sedotta',. Fedele allo stile docummtario prescelto, Kàtyrev-Rost6r,s§, infrangendo la tradizione, non tace, nel prcsefltale
il Primo Falso Demetrio. quelle che a suo giudizio sono le oggettive caratterisuche
dell'uomo:
176
-
ALD^ GhMBELluc^ Kosso\a
- Cisi
e
renalÌazione delk db"ra
l."a o
od.sra
A.l suo volto, dalle fanezze ordinarie, è estranea la dignità regale e tuno il suo aspetto e
terribilmente fosco- Acuto di ment€, nut.ito di buoni studi letterari, insolente e molto loquace, amante dell'equitazione, i propri nemici da va.loroso soldato affronta, dotato di ardimento e di foza gli scontri armati prediJige.
Ad una possibile influenza della nuova versione dal latino dell^ Stoia di Troia
(approntata in terra russa nel corso del XV secolo) si è voluto attribuire l'insolita
vivacità dello stile, nonché le ampie digressioni liriche che catatterizzano il testo della
Letopknaja kniga. lnd,tbbia sensibilità letteraria di K6tyrev-Rost6vskij è comprovata dal ricercato uso di effetti allitterativi e di inserti «presillabicb nel contesto prosaico. I trmta versi, posti a chiusura del componimento, presentano un'elabouzione
formale più evoluta rispetto alla tecnica «versi6catoria» di Ar,'ràmil Pallcl,n: tare oramai le rime verbali, sostituite da un altemarsi sapiente di quelle sostantivali e aggettivali.
3
L'epopea di. Az6o
La tendenza ad asservire alla gleba il contadino, il caos economico, le carestie e le
epidemie poitaiono nei secoli a fughe in massa verso i territori periferici dello Stato,
non soggetti alla giurisdizione dei proprietari terrieri. I fuggiaschi ripararono nelle
zone del basso Don (in prossi$ità delle terre ottomane) e presso le chiuse del Dnepr
(nel territorio di confne fra la Moscovia e la Polonia-Lituania), dando vita ad agglomerati di popolazioni eterogenee, defnite col termine generico di leaukl, cosacchi,
uomini liberi. Per fronteggiare gli attacchi dei turchi e dei tatari di Crimea, le comunità di profughi prowidero a rafforzare le propde autonome istituziom. Otganizza'
tesi militarmente e guidate dai loro capi, gli «atamanni», queste comunità divennero
una forza considerevole, capace di insidiare i territori nemici nell'entroterra pro'
fondo dei Mari Nero e di Az6v. Nel 1617, col govemo centrale del tutto ignaro, i
roccaforte ed imcosacchi del Don riuschono ad espugnare l^ lofiezz di Az6n
portante base strategica per gli insediameoti ottomani lungo le coste del Mar Nero
e, respirigeDdo le poderose controffeflsive delle truppe turche, la tennerc 6no al_
l'estate del 1642.
11 possesso di Az6v avrebbe tiberato la Moscovia dalla costante minaccla tatam
del khanato di Crimea, assicurandole anche ùn preziosissho sbocco sul mare. La
reazione della Sublime Porta, però, sicuraineote non si sarebbe fatta attendete, ed
impegnarsi ro una guerra contrc f impero Ottomano poteva risultale fatale. La Rus_
sia era impeg[ata sul fronte occidentale con la Svezia e specialrrreflte con la Polonia.
Lascesa dello zar Michall Rom6nov non aveva dissuaso Ladislao Vasa (Madyslaw
-
-
Paie Seddz
-
Abnolo Seùno
- fi1
IV) dall'aspimre alla corona russa. Le ostilità russo,polacche, nonostante i diversi
trattati di pace, noll erano cessate. Nd 1614 infine, grazie alle operazioni militari
abilmente condotte dall'etmanno Koniecpolsli, la Polonia trionfava. La pace di
Poljanovo confermava le frontiere stabilite dall'armistizio di Deulino (1618). La Russia, sconfitta sul carnpo, riportava un importante successo diplomatico
il sovrano
polacco rinunciava ufacialmente al titolo di zar, assunto nel 1610. Il capitolo iniziatosi nel 1604 con l'impresa del primo Falso Dernerrio si chiudeva giuridicammte
dopo quanro lustri. (La pace russo-polacca era tuttavia quanto mai fragile. I cosacchi
riaprirono le ostilità con l'insurrezione antipolacca del 1648, guidata da Bohdan Ch-
-
mielnicki).
Nd 1641, avendo opposto una strenua resistenza agli assalti dell'esercito del sultano lbrahim I e costrettolo, dopo quatro mesi, a togliere I'assedio alla città, i cosacchi offrirono a Michail RomÉnov la fottezza qrale ootàina (possesso avito). Ormai
stremati, chiedevano allo zar rinforzi militari. Mosca respinse l'offerta. Dedinò anche
Ì'invito di inviare truppe ed impose ai difensori di restiruirc Az6v. \La forte.zza rimarrà poi in mano turca fino al 1696, quando satà Pietrc il Grande a conqùistarla ed
ametterla al territorio russo),
Gli awenimenti ebbero ampia risonanza nella Russia dell'epoca e fomirono i
temi ad un ciclo narrativo dt cinque pduesti: la IstoÉéeskajd (storica) che narra la
presa di Az6v nel 1617 la Doktment,ll'naja (documentaria) e la Poety'èeshaja (poeù-
dd 1641;la Osdbaja (panicolate), che descrive un assalto
dell'esercito dd khanato di Crimea, sostituitosi a quello turco impegnato nella guerra
contro la Persia; e 1a Skizoètaja (leggendaria) che, cteata vefso la f,ne del secolo,
elabora in chiave foldorica il materiale storico cofltenuto nelle precedenti.
La Stoia poaica dell'assedio del 1641, pewenttaci n quattro redazioni, è quella
che possiede i maggiori pregi artisticoJetterari. Mancano dati certi sull'autore; ruttavia si è comunemente concordi nell'attribuirla alla penna di Fèdor Iv6noviè Por6òin,
un ex-servo (fuggito dalla proprietà del principe N. I. Od6evskij), che, da capirano
dei cosacchi, s'era distinto ndla difesa di Az6v ed aveva capeggiato la missione cosacca
inviata a Mosca pet invocare il soccorso dello zar Michail Romànov. La sfiducia in un
possibile esito positivo (oweto l'amarezza di essere considerati dai mosco!,lu meno di
«un cane puzzolente») permette di datarla al 1642: nel gennaio di quell'anno infatti lo
Zénskij sobdr i::riziò a dtbattere la delicata questione della sorte di Az6v.
La Pfuest' ofke una circostanziata relazione degli awenimenti bellici, sottolineando costantemente la sproporzionata inferiorità numerica dei difensori di Az6v,
già anmrnciata nel titolo (r.000 cosacchi del Don contro 300.000 turchi) e il miglior
equipaggiamento militare dell'esercito di Ibràhim I, che muove ben venticinque
volte all'assa.lto della fonezza.letolca difesa dei cosacchi è celebrata con i moduli
formali elaborati gradual.mente dai racconti di guera dell'età kieviana, dell'epoca tatarica e di quella moscovita. La descrizione delle schiere degli infedeli si rifà ai ben
noti modelli ddla Natazione sulla disfaua dell'empio Mamaj e del Raccoxto salla
presa di Costantinopol, attribuito dalla tradizione manoscritta a Néstore Iskander
Per contro la glorifcazione della terra patria, e l'esaltazione delle gesta dei suoi difmsori, mostrano affrrità concettuali conlo Sl6uo di lgor' e con le opere che compongono il ciclo di Kulikovo; le schiere angeliche che corrono in aiuto alle truppe
cristiane rievocano episoù ncr,i dalla Wta di Aleksdaù Neuskij.
ca) che rievocano l'assedro
178
-
ArDA Gr^M!ÉrucA Kosso\^
- Oisi e resatÌaiote
àella
c
nra shua ortoduu
Felicemente intfecciati con questi elementi della tradizione dotta incontriamo influenze del folclore locale dai canti cosacchi sul «placido Don Ivànovié» che è «signore» e «atarranno» d1e blliny \i cosacchi - <bogatyr? della Santa Russia» compiono prodigi di valore), ai canti popolari da cui è mutuata rutta la nomenclatura
descrittiva del mondo vegetale ed animale. Gioverà dcordare come questo intreccio
fra arte verbale dotta e le multiformi espressioni della fantasia popolare, che non ha
mai mancato & impossessarsi
quasi percorrendo un binario parallelo a quello uf,
ficiale
aweoimenti e dei personaggi che hanno costruito gradatarnente Ia
storia delle gmti russe nei secoli che dividono Rjurik da Pietro il Grande nasce col
sorgere della letteratura autoctona nella Rus' kieviana ed è costantemente presente,
con contomi di volta in volta sfumati o marcatamente incisivi, in tutta la creazione
russa antica, dalla Pdaest' uremenxych bt \bxterà menzionare le vendene della Beata
Ol'ga) dlo Sùioo di lgor' e alla Zaddniéina (nta risposta palinodica, come ebbe a de6nùla Roman Jakobson), dall'Epistok ndnzzata da tlTadlmir Monomàch al tristemente farnoso cugino Olég Svjatoslàviè al ciclo di Skazaxija e dt Shoa de&cato all'arcivescovo Ioan & Novgorod e a1la Pduest' o Gore i Zdastie lstoria & Dolore e Malasorte). Quasi un coronamento esemplare di questo corìnubio si rawisa proprio
nella Pozasr' sull'assedio di Az6v.
Benché nato nel libero ed <<autonomo» mondo dei cosacchi, questo componi,
mento, fondendo motivi di patriottismo e di fede, si inserisce bene nella più tipica
tradizione russa anrica. Proclamandosi <<servi del Signore nosEo, il grande principe
ed autocrate di tutta la Russia, Michail Fèdoroviè», i cosacchi combattono «per
l'intero stato Moscovita», che è «possente e vasto e che fra tuni gli altli stati superbamente riÀrlge [...] come il sole nel cielo». Difensori ddla «fede cristiana», i cosacchi elèvano le loro giuste preci alÌ'Onnipotente. A loro, secondo la secolare norma
della letteratura slava ortodossa, giungono prontamente il conforto e l'aiuto delle
forze celesti. Sotto le sembianze di una .<donna bell-issima e splendente» la Vergine
li fa sictri della vittoria 6nale; giovani guetieri «dalle vesti bianche e con le spade sguainate» dal cielo s'abbattono sui musulrnani «dimezzando cavalieri e cavalca-
- ddi
-
Nella lingua della Sroza la retorica dotta è spesso sostenuta dalla vivacità di un
linguaggio di sapore quotidiano. Ciò ringe di fascinosa incisività, ad esempio, I'espo,
sizione, m otatio recta, della disputa fra i messi tuchi ed i cosacchi. I turchi prima
elogiano e poi denigrano i difensori della fortezza, li accusano di avere usurpato «la
gloriosa e splendida città di Azov», «il prediletto possedimento aviro,, del sultano, li
allettano con ricche ricompense, se passeranno al suo sewizio:
O uomhi di Dio, del Sowano Celeste, da Desrno in tece deserte sospinti od inviati, voi
come aquile librantisi senza timore nell'aria volate e come leoni feroci nelle lande v'agitate,
voi liberi ed alteri cosacchi del Don t...1 asruti abitanti del deseno, j"iqui uccisori € prcdoni
spietatil [...] Siete ora saldamente assediati. Avete suscirato l'ira di Murad sultaro turco [...]
Chi potrà riparare od allontarare voi, delinquenti assassini t...) dale sue grrn&, tremende,
invincibili forze? t...1 Ma se voi, uomihi di Dio, voffere s€rvire, voi cosacchi 6eri e liberi, il
Signore nostm Ibrahim sultano turco e la sua maestà [...1 allora sarà gioia: perdoneranno a
voi, cosacchi, il sisnore nostro sultano rurco €d i suoi pascià t...ì anicchirà voi, cosacchi, il
signore nostro imperarore turco, di grandi innumerevoli ricòezze.
Pane Se@ada
-
Cdpitok Secoido
-
179
La risposta dei cosacchi «liberi e senza paura» è cavallerescammte altera. I co«l'oro e l'argento dei musulmani», bensì «la glo a perpetua».
«Dalle deboli btaccia cosacche» il sultano, che nella sua demoniaca superbia si è
«eguagliato al Dio celeste», verrà ricacciato «negli abissi per l'etemità»:
sacchi non bramano
Dove ora le sue schiere graadi nei nostri campi urlano e si gloriano, domani nello stesso
posto, invece di giubili, amar€zze crudeli e pianti molti voi avrere, giaceraruo per mato nostra molti vostri cadaveri. Da tmpo nei nostri campi volano, stridono le aquile brune e grac'
chiaoo i cowi neri lungo iI Don placido, sempre ululaoo le Éere selvagge, Iupi crisi, Per i
nosBi monti coffono bruDe volpi e tutti urlarro, attendono i vostri cadaveri musulnani
I
fetoci assalti conto la città si susseguono, i cosacchi si difendono giomo e
di cibo e di acnotte, sono allo stremo: il «sangue rappreso» sigilla bocche
"prive
qua»; la mancanza di sonno 6acca gli arti e gli occhi sono riarsi dalla polvere da
sparo. La 6ne sembra imminente. Dopo aver rivolto un'accorata supplica d'aiuto alle
forze celesti, i cosacchi si congedano dal loro sovrano Michall Rom6trov, dalle gerar_
chie ecclesiastiche e dalla tefia natia. I-laddio alla natura circostante, reminiscenza
del folclore locale, è tra i passi più poetici della Pdaesl':
Addio, boschi ombrosi e verdi querceti. Addio, campi nitidi e tranquili stagni. Addio,
mare azzurro e frurni tapidi. Addio Mar Nero. Addio, signore nosro placido Don Iv6troviè
Omai non potr€mo più su di te, atamanno nosrro, andare col minaccioso esercito, nella nitida piana Don tireremo più agli anima.li selvatici, nel placido Don Ivaooviò p€sci più non
La misericotdia divina non abbandona però il popolo cristiano, ascolta <<le preghiere ed il pianto» dei suoi fedeli ed interviene al momento cruciale. Gli angeli celesti che sconGggono i musuLnani non provengono, come di consueto, dall'oriente,
ma «dalla Russia, dal regno Moscovitatr, a cui avevano invano rivolto flchieste di
a.iuto i difensori di Az6v San Giovanni Battista e San Nicola taumaturgo annunciano
la fuga definitiva dei turchi, vinti «dal cielo con la forza divina per intercessione di
Cristo, FigLio di Dio».
La narrazione fiabesca: (Jruslàn Zalazéropi.é (Lazàre'tti.é)
ln prospettiva storica l'epopea di Az6v riflette la conclusione di una lunga serie
di scontri armati che, 6n dal secolo X\t, avevano opposto iI mo[do cosacco ai limi_
io6 popoli orientali. Lontaii dù clicbés del1^ letteratura ufficiale moscovita i cosac-
180
-
ArDA GBMBDT.LUC^ Kosso\^
- Ctiti e @tdutdioee
deld dbu/a
slaua ottodossa
chi subivano il fascino del mondo orientale. La loro Ùadiziole autonoma espresse
una 6era indipmdenza, anche culturale, dal potere centralizzato. Possiamo dire che
il mondo cosacco del primo Seicento anticipò alcuni aspetti del rinnovamento laicizzante che catatteizzefà la cultura della Moscovia della seconda metà del secolo,
quando, sotto l'influenza ucraina, bielorussa e polacca, l'attenzione dei uaduttori
russi sarà volta verso il romanzo cavalleresco, le raccolte novellistiche, le facezie e i
racconti di awenture dell'Occidente. Spesso, più che di versioni vere e prop e, si
trattò di adattamenti e di rielaborazioni in cui motivi e personaggi d'importazione si
fondevano con temi derivati dal retaggio fusso antico, assumendo colo ture locali
successivamente assimilate dalla poesia popolare e dal foldore.
Dalla russifcazione di una leggenda orientale, già presente io Firdusi, nonché
nella tradiziorìe turco-tatara, nacque nei primi decenni del secolo XVII (ll codex oetustissimur Àsale
,rlti Quaranta), in ambito cos^cco,lo Skaùnìe o nékoem sht^glt Zalazirooièe lNarrazione su un famoso eroe, UruslimZalaz|ttom bogatjte Unshne
roviè). Nonostante il soggetto mutuato, l'esposizione può ben dirsi «originale», grazie alle massicce presenze di motivi tipicamente russi e slavi ortodossi. Lopera
godette di una particolare fotuna 6no agli albori del nostro secolo e diede origine ad
una serie di rielaborazioni letterarie (Pu5kin vi si ispirò per un episodio del Ruslan e
Lfudnik) e dt icreazionì favolistiche (il soggetto è elaborato oella favola Il pincipe
Iodt e Carrpestre bian o, hclusa nella ben nota raccolta di A. N. Afanas'ev).
Protagonista della Narrazjone è l'ardito bogatyr Uruslin che, nei testi più tardi,
assumerà il nome più prettamente slavo di Eruslàn Laz6reviò. I-eroe, che si definisce
«russo e cristiano», è 6glio rispettoso nonché uomo pio. ln groppa al «saggio cavallo
Aràs conduce una libera vita d'awentura per piane sconfinate». Disinteressato e aobjle d'animo, ignora l'astuzia, l'ioganno, Ia perfidia e compie Ie sue gesta guidato
dalla giustizia e dall'onore, sognando di conquistare la più bdla priflcipessa del
creato. È questa aspirazione a spingerlo, in lunghi viaggi ar,wenturosi, verso il favo'
loso Oriente. Infaticabile guerriero, Uruslàn è al centro di mirabolanti imprese: sconÉgge da solo eserciti numerosi, intere guamigiodi e mostri terribili; vince in duello
Ivaiko Bélaja poljànica (Ivàn Campestre bianco), I bogarjtMe*ore delle frontiere
dd «Regno indiano», ma gli consewa la vita; affronta in combattimento persino il
proprio f,gliolo. Con l'aiuto di una vergine riesce ad impadronirsi del «fegato e del
sangue bollente» dello «Zar Zelénl
scudo infuocato
Iancia di 6amma, e libera dalla cecità i guerieri imprigionati dal perEdo principe Danide. Rimproverato
dal figlio per aver abbandonato tl tetto coniugale, Uruslàn ritoma alla leginima
sposa, menre Eruslàn-6glio, seguendo le orme del padre, «va per piane sconfinate a
vivere da cosacco»: la tradizione si perperua e si rinnova.
La fi.rsione di elementi Éabeschi e cronachisuci, 1a lingua fortemente influenzata
da.lla tradizione popolare e la costruzione ritmica der perio& conferiscono alla Narraione vn'rncafie,tole freschezza. Nelle rielaboraziofii settecefltesche le pennellate di
colore locale assumeranno maggiore intensità grazie all'inroduzione di episodi di
prena origine folclorica.
Pak
Secondz
-
Cdptolo Secoid.
- fgl
La oi.ta ili Jnliànija Lazàrevskaja
La Vita di luli,iniia Osdr'ixa (o Laùteosleaja dal villaggio di Lazarevo, ove la protagonista ebbe sepoltura nel 1604) è stata interpretata come un notevole componi
mento di agiograEa <<profana», in cui antichi moduli di agiografa kieviana s'intrecciano con elementi più modemamente biografci.
La nascita di questa composizione bio_agiografica viene circoscritta agli anni
Venti-Trenta del secolo X\a[, probabilmente in vista di un processo di caoonizzazione. Del tutto incerto appare invece il nome dell'estensore; la tesi che lo identifi_
cava nel figlio di Julianija, Kallstrat Os6r'in (il nome è attestato in un manoscritto),
sembra defnitivamente fugata dalle più recelti acquisiziod. I-hcerta o ignota attribuzione d'autore (peculiatità che accomuna buona parte delle opere della Slavia Or'
todossa) non pregiudica l'interesse per il componimento, la cui singolarità consiste
nella novità del <<personaggior: una donna laica e non connessa con famiglie re_
gDanti.
Il genere della cosiddetta <.agiogra6a laica», in ,lc.gùt,'tosi conl^ Vita di Alektéqdr
NeurÉ7, esaltava da secoli un combattente ortodosso, un sovrano che, essendo stnrmento della volontà divina, era per ciò stesso circotrfuso di sanutà. JuJtinila Lazàre'
vskaia (insieme alla beata 6l'ga, uruco personaggio femminile a tutto tondo della letteratura russa antica), nobildonna, sposa e madre di numerosa prole, arnministratrice
accorta e magnanima dei possedimenti terrieri degli Os6r'in in quel di MÉrom, persegue la santità senza allontanarsi dalla vita secolare e smza prendere i vou monacah
Plù c}.e ul exenplun, Juliàniia è un conforto ed una speranza di salvezza per i ricchi
proprietari che devono le loro fortune allo sfruttamento dei servi: la sal'tezza eter,la e
p..iirro l'"ur.olu & santità si possono meritare anche vivmdo fuori dalle mura del
èenobio, purché si viva piamente, dediti alle fauche quoti&ane, amando il prossimo,
che, inforsorretti d; un'incrollabile fede nel Signore. Prcpno qt esto Leitnohz
-
semmando il Livello storico della narrazione, ne garantisce l'immediata ricezione
protratta
si
è
qudla
particolate
fonuna
che
bra avere assicurato al componimento
6no al secolo scorso.
Il dibattito sul genere del componimento è tuttora aperto; i diversi srudiosi, en_
fatizzando di volta in volta la coloritura di uno o dell'attro degli elementi primari del
testo, hanno proposto anche titoli che vanno dd)a p6oeit' [storia «biografca», «di
co«u-e, o .odidattica e di costume» (aàri'el'n o'futouàja)) alfo skauinie \natazione)
alla ctonaca familiare, Chi scrive preferisce accogliere il termine Zt?ré. *Vira'' suggerfto da una letrura che consente & individuare in un ra6nato intreccio di citazioni
bibliche (Rorz. 8:35; Sal. 125:1); I Tin 2:15) la chiave tematica dell'opera. I- indubbia preminenza dei vetsetti paolini funge da gurda esplicauva, che accompagoa il let'
rore marcando il doppio racciato lungo il quale si dispiega l'esposizione anagogica:
da un lato la certezza-che nessuna forza, umana o cosmica, sarà capace di dividere il
cristiano dall'amore che Cdsto ha per lui; dall'altro l'esaltazione della missione più
autentica della donna .._ la maternità (nel nostro testo da intendersi hta setsu) lJn
-
r82
-
Ar.DA
GhMBEaruc Kossov^ -
Cnsi e rcltaardzib,e detta ahara
shu ottodotta
compito da assolvere con spirito reso saldo dalle vimì teologali della «fede» e della
.<carità.. che fondano Ia vera «sanÈirà-. Defto diversarnen-re,
una missione magistrale .domestica» della donna. che. se ben adempiura, edifca Ia Chiesa.
L^ Vita di Juli/itia tesrimonia sì quanto profondamente fossero Édicate le concezioni religiose ort-odosse fuori dagli ambiàti ecdesiastici, ma ancor più la forza
lascinarrice che nella Russia del Seicento porevano conrinuare ad esercirare i rripor
agiogtafci degli albori del cristianesimo orientale. Juliànija infatti, 6n da bambina
manifesta le più tipiche virtù della futura santa: umile, remissiva, tacituma e rispet,
tosa, rifugge «l'allegria ed i giuochi dei coetanei». Votatasi al Sknore, osserva i digiuni e trascotre le notti in preghiera, accogliendo <<con gratitudire» gli scherni dei
familiari. ,{ndata sposa se&cenne, «per la sua bontà e salgezza» viene-posta a capo
dell'amministrazione della proprietà. Da questo momento Éa inizio la suì vera ,scàsi
domestica, improntata al rigore dei primi padri del deserto. Ilincessante salrnodra
nomrrna la vede china sul Elatoio o sul telaio; il ricavato dalla vendita dei manufafti
.<distribuisce ai poveri e offre per l'edificazione della chiesa». Con tenetezza e dedjzione «di vera madre» accudisce «orfani, vedove ed amrnalati»: si astiene dal cibo
che, di nascosro dai suoceri. dona a§i aframan. I ferreo precerto che imponeva di
operarc il.bene, ed umiliarsi per amore di Cristo nella segretezza, informi ogni sua
azione. Solita imbandire il sabato e la domenica ricche mÀse per i famigli ed"i bisognosi, a. tavola_si concede un po'di vino <<per non menere a &sagio glitvitati» col
rigore di vita che si è imposta. Nobildonna benefanrice, padrona-di uìra moltitudine
di servi
serva ella stessa (memore delle parole di Gesù-- Mr 20,26-28), prowede
da sola -alle proprie necessità, <<con umiltà e benevolenza» istruisce i servi, «si addossa le-loro coJpe-. Imperrurbabile nel dolore. accoglie con serenìrà l,uccisione dei
qrg-eri 6gli, rawisandovi il disegno divino che \,,uo1-mettere dJa prwa la sddezza
della sua fede.
Dopo il rifiuto del marito di concederle il ritiro in convento, Juliànija impone la
in castità e acuisce la macerazione della came. Una iatasta di legna cosparsa di ferri, cLe utilizza esclusivammte per celare ai servi la sua veglia noiura, le
firnge da giacigl-io; dopo aver rivestito di.panni caldi gli indigemi» e;pone ai rigori
dell'invemo il proprio corpo; neli stivali.calzati a piedi nudi, pone <<gusci di ioci
e pezzi di c-occi acuminati». Dopo Ia mone del mariio, alla maniàra deilrimi asceti,
rimrncia all'uso dell'acqua. Benché digiuna di studi, non solo possiede una ispirata
cono-scenza dei testi sacri, ma «come saggio Glosofo, irterpreta i passi oscuri. jerché
.lo Spirito Santo riposa su di lej».
Negli anni ddla terribile carestia, quando a.ll,epoca di Borls Godun6v la fame
__
falcidiò ..un terzo deJ regno Moscovità,, e i ricchi proprietari, come ci trarnanda
Avnimii Palicy,n, ..non avevano compassione neanche dj proprio fratello»,
Juli6nija
O_s6r'ina, pur di assicurare il sostentarnento dei propri servi, «riduce la sua famiglia
alla miseria più grama, neanche un chicco v'è pÀ nei suoi granai». Salda nella fid.
Juliànija affronta con letizia restrizioni e tribot, impastando- «polvere di corteccia e
bietola selvatica», che
le sue preghiere diventano pane^dolcissimo» e nutri"per
mento per « innurnerevoli
affamati».
Da vera beata Julianiia conosce in anticipo il giomo del suo rapasso. Dopo essersi comunicara. si congéda da
"figli e servi», istruendoÌi «nell,amore, nella preghiera, nella carità e nelle opere di
bene" e *rende I anima nelle mani del Signore.
coflvivenza
Pa
e
Se@sdl
-
C.npitolo
SMdo -
l9t
cui s'ela votata». Tutti i presmti «videro intomo al suo capo un'aureola d'oro simile
a quella che cinge le effgi dei santi ne1le raffigurazioni iconograÉche». A distanza di
undici anni, quando il suo sepolcro vrene daperto in occasione della sepoltura dr uno
dei suoi figli, scoprono la salma intatta e la tomba ricoLma <<di fiagrante tmguento».
M. O. SÈripil', il primo studioso che si è interessato cÌiticammte all'opera (ne è
stato anche il primo editore), ha individuato nella tradizione manoscritta.due redazioni» (di cui la seconda attestata in «duplice versione»), giudicando la prima più
vicina al testo primitivo. Lo stesso Skdpil', d'altra parte, osserva che <<gli episodi narrati trelle due red^zioni sono foudamentalmente identici». In verità va rimarcato che
anche l'impostazione ideologica della «seconda redazione» è identica, e si differen_
zia unicarnente per la veste più autorevole in cur si presenta. Più dcco in essa infani
è il reticolo dei rimandi e delle citazioni bibl-iche e patristiche (nutrita la presenza di
S. Basilio il Grafide, che tanta attenzione ha riseffato all'ascesi femminile, domestica
o cenobitica che fosse). Esemplare, possiamo dire, risulta io essa la giustifcazione
dottrinaria alla beatitudine che Juli6nija ha cooquistato per mezzo della sua asce§i
domestica,
Un più rigoroso vaglio critico ed esegetico degli oltre trenta manoscritti che tra'
mandano questo componimmto è quanto mai auspicabile, giacché potrà fomire la
base indispensabile per giudizi più motivati sia sul testo, sia sulle sue origini e le sue
«redazioni».
Capitolo Terzo
\T,RSO LA FORMAZIONE
DI UN NUOVO SISTEMA LETTERARIO
Riccardo Picchio
La trasformazione della civihà letteraia russa nell'età barocca
Se è legittimo interpretare
molti aspetti della vita politica, religiosa e culturale
di restaurazione della tradizione slava orto-
de1la Russia secentesca come una specie
dossa, uscita vittoriosa dal confronto frontale con Ia cattoJicità, non si può non prendere atto anche delle gran& svolte, che dopo quella crisi, segnarono l'inizio & un
corso sostanzialmente diverso. Lo stato dei Romànov, prima sotto Michail Fèdoroviè
(1613-1é45) e poi sotto Alekséj Mich6jloviò \1645-16161, si presenta allo storico
come un mondo fiuovo.
I territori sottoposti al potere, economico ancor più che po)itico, & Mosca si
erano enonnemente ampliati. All'inizio del Seicento, l'avanzata moscovita oltre gli
Urali si era già spinta verso il cuore della Siberia. Alla fine del secolo, i domini russi
erano consolidati sino al Pacfico e Ie carovane dei mercanti cercavano le vie della
Cina. Intanto, i primi esploratori russi affivavano sulle coste artiche, in vista del
continente arnericano. La nuova Russia aveva ormai bm poco in comune con la
roccafote slava ortodossa asserragliata, per secoli, fra l'Europa latino-germanica e
l'Orda.
Anche
se il dominio asiarico costitui, per tutto il Seicento, più uno sfondo colo,
niale che l'ossatura di una nuova struttura statale, gJi schemi tradizionali di gestione
ecclesiastico-principesca della Rus' medievale non erano più applicabili alla nuova
realtà. Molti erano ormai i Russi, soprattutto commercianti, ma anche militari e bu,
rocrati, che viaggiavano, e molte erano le esigenze di una nobiltà di servizio che ve,
deva nella corte di Mosca il centro di un gra[de giro di affari, concessioni e privilegi.
In queste condizioni, il potere ecclesiastico non poteva più fungere ef6cacemente da
guardiano di norme assolute. Troppi mercanti sapevarìo leggere e scrivere anche meglio dei monaci, e Io stesso valeva per cooni di Érnzionari. Anche se lo zar e il patriarca continuavano ad awofuersi in una ritualità ieratica esasperata dalla pompa
imperiale, la Santa Russia si laicizzava nella misura in cui le vecchie leggi e le vecchie
cmsure perdevano efEcacia prarica.
Pane Secohd4
-
Cdpitoh Teno
-
185
che lo Stato moscovna acquistasse un impero con procedimenti di
colonia.lismo commerciale impJicava, d'altra parte, un suo peculiare tipo di europeiz_
Il fatto stesso
zazione. Mosca, come centro diplomatico internazionale, non poteva più rinchiu_
dersi in ùra claustralità conservatrice. Durante il regno di Alekséi Michijloviè, incominciò a gemrogliare un dibattito, teso verso l'autoidentificazione culturale, che sfocerà infine nella polemica fra «slavofrli» e.occidentalisti» di due secoìi dopo.
Ad «europeizzarsi» la Russia dei Rom6nov era portata, nello stesso tempo, dalle
esigenze della sua politica occidentale. Fallito all'inizio del secolo il tentauvo polacco
di creare un solo imperc esteuropeo, in cui convivesseto feddi della cristianità occi_
dentale e fedeli della cristianità orientale (come in una sintesi slava delle eredità ro'
mana e bizantina), era ora il tumo di Mosca di tentarc un'operazione inversa, miall'aruressione degli
rando
nello spirito dei conflitti confessionali del tempo
slavi ortodossi di Polonia-Lituania.
Mosca si sentiva investita dr una missione prowidenziale, mirante all'unficazione
delle terre russe e, per estensione, dell'intera comunità confessionale degli slavi ono_
dossi. Il conflitto con la Polonia nascwa in gran pane da una proiezione, su scala più
vasta, dell'antica rivalità con la Lituania, i cui Granduchi, già nel )(IV secolo, pnma
dell'ascesa iagellonica al troflo polacco, si erano proclamati Gran pdncipi della Rus'.
Tuttavia, quella che in prospettiva mosco!'rta pote;a essere \rsta come una riunfica_
zione di aree slave ortodosse tuttora comprese in uno Stato confessionaLnente estra_
neo (e anzi latinamente imperialistico, dopo la prodamazione dell'unione cattolico_
ortodossa sotto I'egida pontificia, a Brest nel 1596) si presentava ormai in termini
obiettivammte diversi.
Gli slavi ortodossi della Respublica (Raeczpogoltfu) polacco-liruana avwavo maturato una proptia cultura, una propria tradizione linguistica ed anche un proprio
modo di concepire la loro identità etnico-confessionale. Nel Glanducato lituano, un
tipo «ruteno» di standard linguistico (secondo la resa urnanistica latina del temine
-
-
ms'by) ave,ta acquistato 1a &gnità di lingua cancelleresca dello Stato La cultura
«rutma» stava ormai evolvendosi, nell'ambito della civiltà umanistica diffusasi dalla
Polonia su tutto il teritoio ddla Respublica, secondo schemi diversi da quelli che
regolavano i modi di vita della Moscovia. In sostanza, stava fomandosi una nuova
tradizione nazionale che, muovendo dalla drstinzione tra ciò che era <<ruteno» e ciò
che era..moscovita», era destinata a concretarsi nella maggiore distinzione etnica e
linguistica fra Russia e Ucraina moderne (a cui si aggiungerà, nell'ambito ruteno'
un'ultedore distinzione fra tradizione ucraina e tradizione bielorussa)
Gl.i eventi politico-militari del XVII secolo portarono questa nascente «questione
rutena» in primo piano. Alla 6ne,la Moscovia riuscì nel suo intento annessionistico,
l'annessione valsero anche a mettere in luce diffe_
-, l. circoitanze in cui si realizzò
rcnze e contrasti, che fnirono poi con l'influire sul coffo stesso della vita e della
cultura della Moscovia.
L:Ucraina («telra di frontiera» fra Polonia-Lituania, Moscovia e Turchia) era di_
ventata da tempo il rifugio di fuggiaschi dai circumvicini possedimenti di tipo feudale, che si erano cosutuiti in comunità armate, defnite genedcamente come «Co_
sin dal 1569 si era formal'
sacclu». Dall'intemo dello Stato polacco-lituano
- che
unitaria
mente costituito, con l'"Unione di Lublino", in una grande
"Repubblica» verso
(Rzeczpospolita
intanto
affluivano
.delle due oazioni"
obojga wtoùiul
-
186
-
RrccARDo PrccHro
-
Vdto
ta
lonaziose d, a" baow
tikm
leudaia
l'Ucraina molti piccoli nobù in cerca di più profcue anività agrarie e commerciali. I
Cosacchi e i.l «popolo nobiliare», ossiala szlachra ruteno-polacca dell,Ucraina, si rrovarono uniti nella grande rivolta, contro il potere cenrale della Rerp ablica, di cvl fi)
animatore B6hdan Chmel'njc'kyj (c. 1596-1657). La lotta armata & Chmel'nic,kl
assunse esplicite ambizioni indipendentistiche, alimentate dalla strum.otuljrrut^ ."2,
sperazione del patriottismo confessionale slavo ortodosso, in uno stile di guerra santa
ancor più che di lotta patriottica: contro i Canolici, contro gli Uniati ifautori dell'Unione ecclesiastica di Brest) nonché contro le numerose coinunità di Ebrei: risalgono ad allora i primi fetoci, allucinarrti pogromy dell'Est europeo.
Mosca seppe sfruttare la complessità della crisi sia sul piano militare che su
qudlo politico. Lannessione dell'Ucraina venne decisa dall'assemblea territorialc
Qémski sobér) mosco'tita il 1 ottobre 1657, ratiÉcata dalla Dieta cosacca di perejasliv l'8 gennaio 1654 e poi realizzata militarmente nel giro di un ventennio.
Il movimento di Chmel'nic'§j finì col preferire un'unione con la Moscovia di
AÌeksej Michàjloviò (con clausole mai bm chiarite e ancor oggi discusse dagli storici)
per sfuggire ad un possibile accerchiamento miÌitare russo-polacco,tartaro-turco. Le
sorti dell'Ucraina non veDnero comunque decise né da B6hdan Chmel,nic'kyi né dai
capi cosaccLi (etmanni) che a lui successero. I molti e repentini rovesciamenti di
sorte, che nella seconda metà del Seicento videro Polonia, Moscovia, Svezia e Tur
chia ora sul punto di affermare la propria egemonia sull'Est europeo e ora sùll,orlo
dell'abisso (la Polonia, invasa da ogd parte, conobbe allora uno dei momenti più
tragici della sua storia, poi consacrato in letterarura da H. Sienkie§,icz col terminc
«Diluvio»), par.r'ero a volte favorire I'emergere di uno Stato ucraioo indipendente.
Alla 6ne, però, J'Ucraina soggiacque al porere di PoÌonia e Moscovia che, c;l trattato
di Andrusovo del 1667, incamerarono risperrivamenre i territori ad Ovest rannessi
alla Polonia) e ad Est (annessi a.lla Moscovia) del Dnepr.
La valutazione complessiva di ciò che l'annessione di gran parte dell'Ucraina abbia signficato per la Moscovia del Seicento rimane una questione aperta. Lo storico
della Ietteratura russa sente comunque & dovere porre l;accento sull'ìn{luenza esercitata da molti scrittori, educatori e atrivisti culturali delle terre ucraine, i quali dif,
fusero in Moscovia nuove nozioni, tecniche e correnti di pensiero mutuate dall'Europa occidentale per il tamite latino-polacco.
Può parere strano che Ì'ucrainismo occidentalizzante, che tanto influì sulla civiltà
della Moscovia secentesca, traesse le sue origini da un movimento antipolacco, anti,
latino e crudamente xenofobo. In verità, l'Umanesimo ruteno, nato in scuole e accademie ecclesiastjche spesso trilingui ( rureno-polacco.larine I e maruratosi nella pratica della imitazione erudita, non aveva molto in comune con la ferinità etnico-ionfessionale dei Cosacchi. Non pochi suoi esponenti, trovatisi infne sono la sovranità
moscovita in virtù del corso degli eventi poÌiico-militari, passarono dal campo cul,
turale latino-polacco (e uniate) a quello moscovita-ortodosso, senza eccessivi traumi.
La politica moscovita non poteva non adeguarsi a questa realtà sociale e spitituale.
Pur ribadendo, per chiare ragion di stato, la condanna ortodossa nei confronti sia
dell'Unione con Roma sia di ogni compromesso coi poteri cattolico,polacchi, Mosca
era ben disposta ad arricchire la sua amministrazione ecdesiastica e statale e le sue
scuole con l'appono di più colti clerici e Iimziooari dalle terre ucraine. Ciò costiruiva
anche la base di una auspicata nuova unità etnico,politica. La stessa corte di Alekséj
Pdrtè .Sè.nnd,
- Cibnob Tno -
181
Michàjloviò, d'altra patte, era conscia della necessità non solo di difendere l'orrodossia, ma anche & dformarla in misura sufEciente per farne uno stnrmento di credibile
politica internazioflale.
È diffcile defnire lentità delle trasformazioni a cui, io parucolare, fu sottoposta
la civiltà letteraria di questo periodo. Tmendo conto de11'affaccia6i sulla scena, latamente letteraria, di nuovi tipi di scrittori e di lenori, della introduzione di nuovi costumi e soprattutto della diminuita efficacia delle tradizionali attività censone da
parte dei poteri ecclesiastici, si è portati a credere che ben poco rimanesse ormai di
quella che, sin qui, abbiamo continuato a chiamare <<letteratura russa antica».
Fino a che punto, si domandano i critici del nostro tempo, si può parlare della
diffusione, nella Moscovia-Rr-rssia dei tempi di Alekséj Michailoviè, di v\ facies cluJ'
turale soprannazionale riconducibile alla nozione generica di «cultura barocca»? Se
si accetta l'immagine di un generico «barocco russo», si lasciano in verità aperte
molte delle questioni a cui ci siamo sin qui accostari.
Si può descrivere il diffondersi di mode barocche nelle tetre russe, come in altre
pani del mondo del Seicento, senza troppo domandarsi se l'accettazione di quelle
mode implicasse o meno un rigeno della cultura preesistente. Si può pensare tanto
ad ùn^ <batocchizzazione» spontanea degli stili russi antichi, ossia alla partecipa_
zione attiva e, in una certa misura, autonoma della civiltà indigena ad un movimento
generale dell'epoca; così come si può porre I'accento piuttosto su.lle in{uenze esteme
che, come quelle di cui si fece ponatore l'ucrainismo, fnirono con l'imporre modelli
e tecniche completamente nuovi.
A ben vedere, il problema vero conslste nel deteminarc I'entità dei cambiamenti
verificatisi nei modi di pensare. Può avere ragione chi osserva che è difficile padare
dr vero barocco a proposito di una cultura non inserita nelle precedmu esperienze
u-Eìanistico-rinascimentali. Ma può anche avere ragione chi nota la effettiva presenza,
nella civiltà letteraria della Moscovra secentesca, di ingredienti culturali che coinci_
dono con quelli operanti nella contemporanea cultura barocca dell'Eurcpa occidentzle.
In complesso, sembra lecito parlare di una «prima occidentalizzazione" della ci_
viltà letteraria russa sullo sfondo secentesco del barocco europeo. La forrr,ula «plifia
occidentalizzazione» implica un atteggiamento reflsioDlstico nei confronti della ben
consolidata tradizione storiografica secondo cui una vera .occidentalizzazione» si sarebbe realizzata nelle tefie russe solo con Ie riforme di Pietro il Grande, alf inizio del
Settecento. Si tratta, in sostanza, di stabilire sino a che punto la.rivoluzione petrina» del primo Settecento possa esserc !1sta come il rigetto subitaneo di una ancora
operante civiltà «russa antica» o non piuttosto cofiel^ seconda (e più vinrlenta) fase
di una trasformazione già da ternpo in corso.
Quest'ultima tesi sembra ben fondata. Gà nd X\III secolo si crearono tutte le
condizioni per una radicale trasformazione del sisterna letterario che, da secoli, go'
vemava l'uso di speci6che convenzioni scrittorie imposte dalla dotutna slava orto_
dossa. Antiche barriere vennero infrante cosicché nuovi temi e, ciò che conta mag_
giormente, nuove tecnicLe e modi di scriaura poterono diffondersi. Per capire molti
dei nuovi testi fion era più necessaio dportarsi a referenti scritturali e combinare il
vero «storico» con il vero «spidruale». La fdlo veniva accettata nella sua funzione
immediata e i oarratori incominciarono ad inventare i loro personaggi e a descriveme
188
- Rrccmo prccHro -
Ve6o h lorndno\e dì ss huoùo
tr,t
d
teudaio
Ie passioni, ivi comprese quelle erotiche, senza uscire dalla semantica dell,umano e
del terreno. GÌi artifici <<pagani» dell'espressione formale, a cominciare dallo scrivere
in versi sino alf intessere azioni drammatiche, cessarono d'essere tabù.
Se si considerano, ancor più che i fanori ambientali & cu.ltura, le compoflenii
specfiche della nuova letteratura che s'andava formando nel XVII secolo, si può individuare, alle radici di tanti mutamenti, una fondarnentale crisi di princlpi. Dopo
secoli di complessiva dipendenza dalÌa dottrina ecdesiastica e, in particolàre,
donrina dell'ane verbale intesa come espressione dell'onodossia, si incominciò a
djh
concepire l'arte dello scrivere come un artficio autonomo. Ciò portò allo studio
della retorica, all'accettazione di regole e convenzioni pratiche nonché alla liberazione dei contenuti da vincoli censorii.
In verità, la diffusione di vari manuali & retorica, non solo in latino, greco e po
lacco, ma anche in traduzione o redazione «russo-slavonica», è uno dei sintomi piu
netti dell'a\'.venuto mutamento ideologico-spirituale. Il più antico e fortunato di questi manuali in lingua locale è la cosiddetta P/rza rctoica, o Retorira di Makaij, sofia
agli inizi del regno di Michail Rominov e modellata, per il trarnite di versioni polacche, sulla redazione breve dei Rhetorices elemr-zra di Melantone. Ad essa seguirono,
per tutto il corso del secolo, vari altri trattati do!,uti a persone che
da M. L
- e a StefanUsaèèv
a A. Ch. Belob6ckij, da Ioarurikij Goljat6vskij a Sofr6nios Lichudes
Jav6rskij
erano impegnate nell'insegnamento e nella polemica religioso culturale e che,
- forme, appartenevano all'avanguardia intellettuale del tempo. Gli utenti di
in varie
quei manuali non solo imparavano le 6gure grammaticali e i tropi, le regole della
versificazione e tanti altri artifici di cui, prima di allora, solevano diffidare i Russi
ortodossamente timorati di Dio (già così mal disposti, ad esempio, verso Maksim
Grek), ma anche accettavano l'autorità di Cicerone o Quintiliano, nonché le favole
dei poeti, invece di attenersi alle sacre pagine dei testi rivelati: uno sconvolgimento di
valori, se non proprio trna <<rivoluzione occidentalizzante» (più o meflo adeguata al
gusto contemporaneo del barocco europeo).
Lintroduzione della retorica classico umanistica e delle correnri di letteratur.
profana ad essa legate fu favorita dal sorgere di nuove attività didattiche, fuori dei
chiusi ambienti monasteriali della vecchia Slavia ortodossa. I modelli per le nuove
scuole erano forniti dalle rerre rutene. Sin dal primo insorgere delle diatribe fra oppositori e fautori dell'Unione ecclesiastica con Roma, gli ortodossi delle teffe rutene
avevano infatti creato
prima nelle loro confratemite (brixa.'a), poi in collegi e
quindi in «accademie» - centri didattici in imitazione, sia pur polemica e competi- e gesuitiche io particolare.
tiva, delle scuole «latine»
La più famosa scuola rutena di questo tipo era il Collegio (poi Accademia) fon,
dato a Kiev nel 1611 dall'erudito ecclesiastico Petro Mohj.la (Pètr Mogila, nella tradizione russa). Qualche decennio più tardi, in Moscovia, la creazione di istituzioni
analoghe divenne oggetto di discussioni in cui l'opposizione fra Occidente ed
Oriente incominciò a ddinearsi come sceka programmatica fondamentale. Dopo
Alekséj Michàjloviè e Fèdor Alekséeviè (1676-1682), ai tempi della reggenza di Sofia
Alekséevna Miloslàvskaja (1682-1689) e dell'infanzia del futuro Pietro il Grande,
i fautori di un insegnarnento fondato su.l greco, già ispirati da Epifanij Slavinéckij
(m. 1675) e dal monaco Edlmij, si contrapposero all'insegnarnmto Iatino propugnato prima dal poeta uf6ciale Sime6n P6loctij e poi da.l suo allievo Sil'vésr Medvé-
Paie Se@sd,
dev.
Il partito
- Cdpitok Tedo -
189
greco parve avere la meglio quando, nel 1685, vennero chiamati a Mo_
sca, in seguito ad un accordo progranimatico col Patriarca Dositeo di Gerusalemme,
i fratelli greci Ioanni<ios e Sofr6nios Lichrides (in russo, Lichidy). Alla 6ne, però, si
scelse una soluzione dr compromesso: nel 1687 fu creata un'<<Accademia slavo-gre_
co -latjna» (S Iaoj,i n o - eÉ ko- Ia t in s kaja A ka d é n a).
Per sanzionare la pratica codificazione di un vero e ptoprio nuovo sistema lette_
i
rario la cultura della secmtesca Moscovia-Ucraina avrebbe dol'uto anche risolvere la
questione dello standard linguistico da seguirsi nella prauca scrittoria. La drscussione
su questo tema fondamentale fu awiata, ma non esplicitamente affrontata ner suoi
aspetti essenziali. I-lembrionale «questione della lingua" del XVII secolo si limitò a
ridare dignità all'uso dotto di una forma di slavo ecclesiastico adeguatamente gram_
matica)hzato, serza però propore norme prescrittive di più generale validità
Le regole pratiche del corretto scrivere si fondavatto stal. Granm,itiki slaoéaskÙa
pnittil'noe sjntagma (Sintagma Domativo di grammatica slavonica), stampato a Eve,
presso ViJno, nel 1619 e, per lungo tempo, diffuso in Moscovia senza il nome dell'au_
tore. Ilautore, Melétius Smotric'kij \1578?-1633), era 6gura acremente censurata
dalle autorità ortodosse perché, dopo aver militato accanto agli oppositori dell'IJnione di Brest, era poi passato al sewizio della Cutia romana, divenendo anche
eutorevole consu.lente àela Congregazione per la propagazione della fede. È questo
rm esempio clamoroso di come la Mosco!'la, ant-latina ex o/fcio, noi potesse trt
rcaltà chiudere tutte le porte a certe componenti della cultura rutena che si nutrivano
ndlo stesso tempo di patriottismi, anche confessionali, di origine locale e di cultura
Itiao-occidentale.
I Sjntagna di,Mel€l'nx Smotric'kij offriva una base normativa per l'uso «slavonilo, ossia slavo ecdesiastico di una nuova codificazione, non solo nelle terre russe,
u in tutta l'area slava ortodossa, sino ai Balcani. I limiti funzionali di questa specie
d lingua letteraria unitaria in via di restaurazione erano però lontani dall'essere pre.i.ti V'era chi, come Epifanii Slavinéckii, propugnava una aderenza gtecizzatte ai
nodelli patristici e v'era chi s'affidava piuttosto alle varie esigenze (al limite della
qmraneità vemacolare) di lettori non necessariamente dotti e non d'ambiente ecde_
rigico. Il divario fra uso scritto e uso patlato ela tale che un osservatore straÌìiero,
Iliariò Vilhelrn Ludolf, autore di una rivel^tice Grunn atica filssica, qaae conti
É-, etiarn mdruiluctioxem quardam ad grammdican slattoxicam (Oxford, 1696),
IEtFa
ir
osservare:
rlcut nemo erudite scriber€ vel disserere potest inter Russos sine ope slavonicae linguae,
c coouario nemo domestica et familiada nesotia sola lingua davodca expediet... Admque
illos dicitur, Ioquendum est russice et scribenduni est slavonice.
+d
m
In r.erità, il sia pur autorcvole
usas
scribetdi slavonico, a crn si riferisce il Ludolf,
era meglio de6nito, alla fine del secolo, deJT'usus loquead.i ntsso-velnacolare. A
ttadere insicura ogni tendenza o proposta normativa contribuì, in6ne, la grande crisi
idlc istituzioni ecdesiastiche, culminata nello scisma (rarÉri0 e nel movimento di Av(cfr § 8). La determinazione di un uso scrittorio unitario su base slava ecde_
*rxica dipeadeva pur sempre dalla scelta (o conferma) di modelli testuali. Proprio
che rifletteva l'ambizione del
-r ;crisione testuale iniziata dal patriarca Nikon
ri:h
-
190
- Rlccmo PrccÈro - Vetu
h loinaz'ose di
"n
nuow sisteru
bttdaio
govemo moscovita di mettersi alla testa di un movimento intemazionale, teologicamente aggiomato! di Ìestau&zione ortodossa in spirito neo-bizantino
6nì col dare
l'ar,wio alla grande crisi.
C'erano tutte le condizioni perché le trasformaziod in atto sfociassero nella creazione di un vero e propdo nuovo sistema scrittorio e, più specifrcamente, letterario.
Una nuova norma di lirgua leneraria. esprimmte il processo culturale che abbiamo
definito «prima occidmtalizzazione», sembrava che si potesse formare sulla base
della nùova retorica, della nuova poesia, ddla nuova narrativa e della nascmte afte
drammatica. In realtà, il corso generale degli eventi storici imporrà una linea di sviluppo diversa. La civiltà letteraria russa del Seicento, nutrita di stimoli tardo-umani
stici e baroccheggianti, sarà bm presto soffocata sul nascere e decisamente dnnegata
dalla nuova, «grande» occidentalizzazione
h latg fiisura antilatina, filogerma,
nica e temicisticamente modemista
voluta da Pietro il Grande.
-
-
-
2
I
naoEti modi
di narrare
frc nuove maniere scrittorie, che a poco a poco trasformarono l'arte di narrare
tere oriodosse soggette ai Romànov, non si imposero con f impeto di Un movimento progr.rmmaticamente innovatore. Si insinuarono negli scheni antichi, acquistando vitalità a maoo a mano che il tessuto & quegl-i schemi si faceva più duttile, si
smagliava o si adattava ai nuovi usi. Ancora una volta, una pate decisiva toccò, più
che agli autori di testi <<origina.[i», agli scribi-redattori, ai rraduttori e ai compilatori.
Questi diretti «produttori» e «artefci» delle opere che circolavano tuttora in copie
manoscritte (anche se l'arte della stampa era stata introdotta fofinalinente, con molte
difficoltà, sul suolo russo, già nel 1564 da Ivàn Fèdotov), incominciarono ad obbedire più alle richieste & un nascente mercato librario naturale che non alle direttive
del potere politico-ecdesiastico.
I nuovo pubblico della Moscovia secentesca poté fnalmente leggete, grazie a
questa atmosfeta mutata, alcuni bestsellers ddla radizione narrativa, popolareggiaùte o semidotta, del resto d'Europa che, 6ao ad allora, erano rimasti praticaÌnente
bloccati dallo stesso argine spirituaÌe che tendeva ad opporsi alla Ietteratura apocrifa.
Dal polacco furono tradotalo Speatlum magxrrk,Te Getta Rornarrotua (compresa la
popol^,js{tù Storia di Apollonio di Tito),le stoie det Sette Sat)i,la, stoi^ dl Pietro
dalle chiaoi d'oto e la bella Magilena,la stoia & Melzlia, alcune novelle del Boccaccio e le Pacezr'e & Poggio Bracciolini, mmtre passavano dall'area rutena a quella moscovita (con sensibili adattamenti linguistici) Ia storia dt Baouo lAntona (n nsso
Boa,i kotuléoiÒ e dtri rcmanzi d'awentura.
nelle
Pa$e Secobd"
-
C.pitoh TeEo
-
191
Tra gli scribi della nuova età figutavano non pochi laici, formatisi negli uf6ci delI'arnministrazione statale e portatori, più ancora che di stili di lingua, di una diversa
concezione dell'attività scrittoria. Non che questi tecnici dello scrivere si ispirassero
volutarnente a tmrie innovatrici. Prop o il lorc uso strummtale della comunicazione
scritta li poneva, d'altra parte, fuori del vecchio sistema, permettendo loro ogni sorta
di iniziative.
di de_
stesso tempo vecchia e nuova
Un esempio & questa ma.niera
- nello
formulari, ma senza limitazioni o -inibizioni
scrivere e naffare, seguendo sì tracciati
tematiche, ci è offerto dall'ampio scritto (2a9 foeli) di Grig6rii Koto§lchin (c. 16101667), noto sotto il titolo O Ross/i o cattuoa,inii Aleksèja Michdjloxiòa (La R'ussia
sotto il regno di Alekséi Michailoviè).
Grigorij Kotoè1chin, oltre che come autore di questo testo indubbiamente inte_
ressante, è passato alla storia come protagonista di una vita turbolenta, da eroe se'
centesco: awentudero, diplomatico, spia, tessitore di trame fra opportunismo e dis_
sidenza politica, a mezza via fra mondanità e timor di Dio, finisce come violento omi_
cida e affronta I'estrema espiazione per mano del came6ce. ll racconto della vita di
Koto§ichin non appartiene però alla letteratura russa. Ce lo ha ramandato Olaf Bar_
ckhusen, sodale svedese dell'awenturoso poJiticante moscovita, al quale si deve una
vita SelixÌei, prcnrcssa all'edizione del 1682 della raduzione svedese di O Rosrr'y' a
.4 t stu ou é n i i Ale k s éja M i c b 6j loo i èa.
Il Barckhusen usa per il suo eroe il nome fittizio di colore poloneggiante .lvia»IlanfiagAn/Neksinder SelXkij»
che Koto§ichin aveva assunto dopo essere
passato dal servizio del suo zar a quello- del maggior nemico, il re di Polonia. Questa
defezione lo aveva messo nella lista dei traditori, che i servizi moscovrti cercavano
pÙntigliosamente di farsi consegnare ogni qual volta se ne offriva tm'occasione favo_
revole nel corso der mutevoli rapporti politico-militari tra Moscovia, Polonia_Lituania e Svezia. Dalla Polonia, Koto§ichin-Selic§ era passato in Svezia, dove gli era
steto concesso asilo e dove gli erano stati anche affidati incarichi speciali connessi
con Ia sua ormai provata esperienza di informatore. Si era bene accasato Prcsso una
fzmiglia locale, qùando una rissa domestica 10 eccitò al punto da fargli uccidere a
coltellate il padrone di casa. Un tribunale svedese lo condannò a mofie. Kotoilchin,
dopo essersi formalmente convertito alla fede luterana, affrontò plamente l'esecuzione.
Questi dati estemi potrebbero farci sospettarc, nell'opera di un simile personag_
gio, platealmente diverso dagli scribi della vecclua Slavia ortodossa) una maniera di
scrivere nuova, più dinamica e modema. E invece ci troviamo di fronte a schemi
scrittorii tradizionali, appena manipolati in una struttura espositiva di tipo burocratico-documentario,
Lo scritto di Kotoiichin ha un qualche sapore occidentale più che altro perché
sembra collegatsi a Ùatti con le descrizioni di paesi esotici che, in quegli anni, andaveno rivelando all'Europa latino-germanica le nuove prospettive aperte dalle sco_
p€rte e dalle conquiste di terre lqntane.
Il testo russo di RosrrZ u carstooodr?ii AleÈséJA Micb,ijlot'iòa lpubbhcato a stampa
solo nel 1840) rivela la lormazione dell'autore, che aveva imparato le tecniche dello
rrivere prima come p/sec (scrivano) e poi come pod'j,iiij lf'tnzionario di segreteria)
praso i Pos'fskij Pikàz (cancelleria delle ambascerie) di Mosca. Kotoilchin de'
.
192
-
RrccARDo PrccHro
-
Ve,to
b lomdnone di
si
"zM
sittena letterulio
scrive la Moscovia di Alsekséj Michajloviè come poteva farlo un informatore profes,
sionista. Partendo dalla descrizione della corte dello zaq discende per i gradi della
piramide statale soffemandosi sui notabili bojari, sui É:nzionari, sulle strurure amminisùative della Moscovia, sul servizio diplomatico, sulle diverse cancellerie, sulle
categorie ptofessionali, dai militari ar mercanti e ai possidenti. Ad eccezione di alcune pagine di racconto storico o di più articolata descrizione dei costumi (ad esempio, a proposito delle nozze dello zar), il libro suona più come un rapporto d'uffcio,
tra il notarile e il cancelleresco, che come il ritratto d'una società: «Cancelleria delle
afmi: a questa cancelleria attende un bojaro con due assistenti, e dipendono da questa cancelleria i depositi di armi di Mosca e delle fortezze, il magazù,no, i cannonieri
con tutte Ie riserve di polvere [...], Servizio di guardaroba dello zar: vi attende un
paggio, che ha la chiave, con un assistmte».
Eppure è proprio in questo nuovo ambiente di scriva_ni, ormai al sewizio del
«mondo» e non della Chiesa-Stato, che bisogna cercare le radici della nuova prosa.
Anche nelle condizioni più diverse ciò che accomuna gli uomini & questo arnbiente
è la potenziale disponibilità a esercitate autonomarnente il mestiere di scrittore.
Forse meglio che in qualsiasi altro documento secentesco, possiamo seguire
l'evolversi della nuova n ft^tiva ddla t^ùzione annalistica medievale in un cicio di
quattro racconti, noti sotto il titolo complessivo P&.testi o naé,l\e Moshaj (Storie sul
l'origine di Mosca). Lo sfondo narrativo si ricollega alle relazioni cronachistiche sulla
tragica mone & Andréj Bogoljribskij, principe di Vladtunir, nel 1174. I nafatori-rifa
citori del XVII secolo si richiamano però, tematicamente, a quel remoto evento non
già come a un fatto storico, ma come a un puro spunto natrativo, Al posto dei protagonisti storici, abbiamo personaggi fitrizi (anche se alcuni nomi storici rimangono),
che agiscono secondo schemi di mcconti popolari o di leggende sia bizantine che
occidentali, in ambienti cronologici che sono chiaro frutto di invenzione: non per
errore, ma per una scelta intenzionale del favoloso e del leggendario.
Anche se le quattro ftame si snodano diversamente, il nudeo della fabula rimane
lo stesso, sullo sfondo di una fantastica storia delle origini di Mosca. Al centro delle
storie (la « cronografica», la «novellistica», la «fabulosa» e una quarta, nota secondo
I'incipit: Ib letopisec pouesbaet, ossia <ùn ùtro anna.lista racconta») v'è un principe
pio, non curente della carne, che ha una mogJie lasciva. Il principe si chiama ora
Andréj (come BogoljÉbskil), ora Dani (come il6glio di Ateksindr Névskii, vissuto
cento atlrri più tardi). La moglie si chiama Ulita, ma i suoi giovani amanti di una
versione &ventano, in un'altra, suoi fratelli. Più ancora del trattamento tomanzesco
dell'intero materiale storico
che starebbe a signficare una fondazione di Mosca
(Terza Roma) «sul sangue» (fratricida) e sul delitto, come la Roma prima e la Roma
seconda (Costantinopoli)
la novità o
del1e storie è data dalla sotto"modernità»
linearura dell'elemento passionale: Ulita fa
uccidere il marito in preda ad una torbida
frenesia sessuale.
-
-,
Trattando della narrativa secentesca della Moscovia, 1o storico della letteratura
i conti an clichés di giudizio che, affermatisi nell'Ottocento, dominano
tuttora la comune coscienza critica, Molte gmerazioni sono ormaì state abituate a
percepire questi primi tentativi della nafativa russa come voci «antiche». Ciò porta
a non cogliere la loro modemità relativa e ad inserire le loro trame in una supposta
sapimza nazional-popolare della vecchia Rus'. Si rischia così, tra l'altro, di perdonare
deve fare
Pane Secohd,
- Apdolo
Tefto
-
19)
troppo faciknenre, in omaggio al fascino sto co, quanto di immaturo, e addirittura
di goffo, traspare qua e là dalla loro fatrura.
La tradizione critica ha anche consacrato rma selezione antologica, che comprende non più di una decina di componimenti, i cui tito)i suggerisc-ono la comune
appartmenza al genere ddla p6oest', ossia del racconto. Non sempre, però, l,elemento narrativo prevale su quello gnomico-descrinivo e, sopranuno. drammatico.
._ La fabula si riduce a.l minimo nella norissima P<iaest o Èrf Èriotiie \Storia di ÉX
ÉÈo"iè). ÈÉ è il nome di ur pesce lacerina cerxaa) e
specie di esopismo
- indi una
lacustre
pesci sono anche gli altri personaggi. Dal lago
Rost6v giunge al tribuna.le disrretruale
una cirazjone in giudizio di ÉrÈ, il pesie grosso, chi è accusato da
pesci piccoli (socia.lmente parlando) che rispondono ai oomi di Osé|r (srorione),.toz
(pesce siluro),.lz1lÀ (pesce persico), Jàl*a (\xao), Leiò
\abratais bramal, GoLjbl
(ghiozzo). I testi della querela, delle deposizioni dei testimoni, ddle arringhe hann<,,
natumlmente, toni pienarnente urnani e danno vita ad una particolare actio dfifirl,atica. ÈtÈ Èr§oviè è un signore prepotente, che si è impadronito con varie frodi di un
popoloso latifondo acquatico. Gli alri pesci si larnentano dei suoi soprusi e lo vogliono cacciare. Il tribunale dà ragione alla povera, buona gente e conjanna il pesce
grosso. Un fattore decisivo è qui rappresentato dal linguaggio in chiave parodisticopolemica. 11 senso de.ll evento processude può essere intÀo variarnentg a seconda
dei gusti e degli interessi dei lenori: dall àmbito sociale (si è padato, owiamenre, di
lotta di classe) a que.llo etico. a quello puramenre scenico-giocoso.
E indubbiamente un fatto imponante che, dopo secoli di dominio uf6ciale del
sacro e dell'austero, il riso entri liberamente nel moodo della letterarura. In questo e
in altri scritti, in cui la satira si nutre di invmzione fantastica, il ridere non è solo
esprcssione di un sarcasmo che implica una q talche torma di docete, ma tende anche
al deleaare.In vta parodistica «Denuncia-querela del monastero di K
ùàzj,i» (KatlAinsbaja òehbltnaja), indirizzata a Sime6n, vescovo di Tver', i monaci se la prmdono
col loro nuovo archimandrita, Gavrifl, che vorrebbe addiritrura impediie loro di
bere, far bagordi e spassarsela in vari mo&. llintendimento polemiio-satirim, nel
dire (quasi alla maniera boccacciana) «il ver de'fratb, è evidente. Ancor più agisce
però sul le$ore il tono dell'espressione, la cui comicità rasce d, una irriverenza che
ael suo anticlericalismo di superÉcie, iascia afEorare *p."f, fr"g"
a *i
"
".piri,
pur essenziale tradizione dericale.
Ancora aI mondo dei tribunali e ad una visione comico-grottesca dei procedimenti giudiziari
centro & molti interessi a partire dal 1649, quando venne pro- alUloléùje
tuulgato un nuovo
\co&ce dtleggi)
ci riporta un altro celebrato pezzo
del_repertorio narrativo secentescoi la Pdrlerr'o -Semjtikiaon sldz (Stoda del processo
di §emjàk). SemjaL, povero e sproweduto (è &fficile dire se più colpevole à sciagurato) non ne combina una giusta. Stappa la coda al cavallo del fratello ricco, ammazza il 6glio di un prete e, quando pmsa di doverla fare 6nita buttandosi dall'alto
di un ponte, va a cascare prcprio addosso ad un vecchietto, e lo fa secco. portato in
tribunaJe, non dice parola. ma mosrra al giudice un grosso involto. Il giudice pensa
òe Semjàk voglia corromperlo of{rendogli una grossa ricompensa, ch. l"i a qu*t"
Dei disposto ad accettare. La sentenza che il giudice pronuncia
impudentemente
e vantaggio dell'imputato, fomalmente riconosciuto «colpevole»piuttosto
- è la coda,biz-il
zarra: il fratello si riprenderà il cavallo quando al cavallo sarà spuntata
194
-
RrccAR.Do
PrccHro
-
Vem h
loruzkrc
di ua
nwn tittetu le
darìo
prete deve dare sua moglie a Semiàk perché §emj& gli faccia con lei un altro 6glio, il
figlio dell'ucciso sotto il ponte dovrà, a sua volta, saltare giù dal ponte, addosso a
«vincitori>r della causa offrono allora, conÉdenzialmente, compensi a
Semj6k.
Semj& perché acconsenta a flon fame niente di niente. A questo punto il giudice
reclama il suo compenso. §emj6k, allora, spiega: nell'involto aveva una grossa pietra
con la qua.le, se fosse stato dawero condannato. awebbe spaccato la testa al giudice.
Tutto Gnisce bene. comunque, per Semjàk. It giudice. inlatri. commenta: meno male
che ho deciso a rartaggio di Semj6k, se no ci avrei rimesso la vita. Anche qui la
mora.le della storia, o meglio delle scene in cui si, atticolala pduett', rwrane aperta. È
chiaro che si pada male dei magistrati. La furba insipienza di Semj6k, d'altra pane,
abbozza un personaggio che non è certo quello più adatto a trasmettere messaggi
moralistici o educativi.
Come il riso, anche l'amore era stato escluso dalla scena della lettetatura russa
antica, insieme con altri argomenti profani, per circa mezzo millennio. Nd X\4I se_
colo, l'erotismo incomincia invece ad inserirsi nelle trame narrative, ota come vago
sentimento e ora come impulso naturale, non solo nell'àmbito didanico della con_
danna di torbidi peccati, ma anche come segno di sofferte esperienze umane.
Le storie più di successo, in cui viaggi e amori rientavano in nuovi modelli di
vita retti dall'awentura, avevano come protagonisti gente del ceto mercantile. Nella
P6oest' o kapcé (Stoia di un mercante), episodi a sfondo erouco sono insetiti in una
irama parecchio contorta che sembra tradire evoluzioni tematico_testuali su base
compilatoria. I-eroe principale è un merc,rnte. E mercanu sono i suoi più o meno
fomriti compagni di viaggio. Il commercio con paesi lontani è la forza propulsiva
dellìler umano di un viaggi4tore russo (quanto drverso da AIanàsij Ni[itin, naufrago-pellegrino, duecento anni prima, in terra d'India!) non più ottodossammte gu1_
dato, come i suoi progenitori, dai comandamefiti di patriarchi, profeti e apostoLi, ma
da esotiche comparizioni angeliche o demoniache, ai matgini dell'apocrifo e dd fol-
I
clorico.
Le molte awenture del giovane mercante sono incomicrate da una trama favolosammte didascalica. Il giovane incontra un usuraro cattivo che trascina per via, deturpandolo, il cadavere di un creditore insolvente. Per porre 6ne allo scempio, il gio_
vane russo riscatta il corpo del morto e, per dargli la pace & una sepoltura, si impi_
glia in vari guai. Riesce però a cavarsela gtazie all'aiuto & altri mercanti, che lo
rimpatriano a credrto perché riconoscono in lui il 6glio di un uomo d'affari ricco e
riverito (questo del credito, morale e materiale, che s'acqulsta cofl i buoni commerci
e la buona fama, è fra i motivi essenziali della nuova natrativa). Ancora r:na volta il
giovane si mette in viaggio per affari, ancora ùra volta si trova in difficoltà e ancora
una volta tlova chi lo soccorre. Si tratta di uno strano aiutante, che lo serve e lo
protegge in tutto e per tuno purché il giovane non si opponga mar ar suoi consigli. I
due vanno in un esotico reame. Il giovane sposa la 6g1ia del re, seflza però rendersi
conto che nel seno di lei s'annidano serpi (di natura diabolica) che, in una chiara
allegoria della per6&a muliebre accoppiata alla sensualità,lo annienterebbero se non
intervenisse, nel momento stesso di consumare il matrimonio, l'arcano aiutante-con_
sigliere. Si viene in6ne a sapere che il buon consigliere altri non è se non l'angelo
custode. Le sue arnorevoli cure rappresentano il comPmso pet la buon a aztote [atta
dal giovane, all'inizio d e17a p&test' , quando aveva riscattato il corpo morto del credi_
Pane
SeMda
Caprolo Tetzo
- 1»
tore insolvente, trascinato per via dal malvagio usuraio. Che il tabi dei rapporti carnali non gravi più sul modo di esprimersi dei nuovi narratori risulta qui già abbastanza chiaro, nella scena della tormentata notte nuziale. Ijaiutante-angelo custode
interviene di persona quando la sposa incomincia a «giocare» con lo sposo sul talamo, e libera quindi il corpo di lei dalle serpi, prima che lo sposo
sia pure & mala
- secondo
voglia, dopo tante emozioni
«operi con lei, nel modo consueto,
la legge
del matrimonio ».
Ancor più indicativa del mutare dei costumi, nonché del progressivo estinguersi
di antiche censure scrittorie, verso la 6ne del secolo, è la P&.tes/ o Klrpe Sutuléoe
(Storia di Karp Sutu.l6v). Karp Sunrl6v era tr.n gor, (letteralmente <(ospite»: termine
col quale si solevano indicare
in quanto <<forestieri» e viaggiatori per antonomasia
._ i mercanti) «molto ricco-e molto famoso». Come personaggio, r,elJa pduest',
scompare subito, perché parte in viaggio d'affari. Il suo ruolo nella actio drunatica
{che, in questa specie di farsa, prevale totalrnenre sulla trama narrativa) è tutto t11
absextia. Pima di partire, Karp Sutul6v, che widentemeote confida nel codice
d'onore dei maggiorenti che l'attorniano nella sua città, incarica un onorabile amico
di dare, su evmtuale richiesta, alla sua sposa Tatiana
che eta «bellissima assai»
(preÉràsna zel6)
iI denaro che le dovesse servire. Al momento opportuno, la
- wtto
bella sìgnora chiede
cmto rubli all'amico 6dato, che le dice sl, certarnente, ma prima
wole andare a letto con lei. La signora non drce apertamente di no, perché vuole
temporeggiare. Va dal padre spirituale e gli racconta tutto. I1 padre spirituale è
pronto a dargLime, lui, non cento, ma duecento di rubli, allo stesso 6ne. La scena si
ripete con l'arcivescovo: «o eccelso e santo, che cosa tu m'ingiungi di fare?». E l'alto
prelato le propone trccento rubli. Qui scatta lo stratagemma di Tatiana Sutul6va:
dice di sl a tutti e tre i dcattatori d'amore e li convoca segretameflre, a tre diverse ore
della notte. Uno dopo l'altro li riduce in camicia o, comunque, in condizioni compromettenti, senza loro nu.lla concedere. Al momento buono, infatti, qualcuno batte
alla pona. Ogni volta Ia donna finge di riconoscere la voce del marito, Karp Sunrt6v,
impro\,.visamente di ritorno. I tre mancati amanu Éniscono in tre diverse cassapanche, dove pensano di star nascosti, ma dove la donna sca.ltra li chiude a chiave. Do,
podiché, Tatiana Sun:l6va va dal voevoda e, d'accordo con lui, fa trasport4re le cassapanche presso il magistrato cinadino. I tre colpevoli-beffati soho scoperti e, pet
mettere tutto a tacere, p agaro breoi mana, secondo il loro rango, cinquecmto rubli il
mercante-amico, mille il padre spirituale, millecinquecento l'arcivescovo. È una bella
somma. IJastuta signora Sunrl6va e il voevoda se la spartiscono in buon accordo. I1
tutto viene infne rifetito, al suo ritomo, all'onorato mercante Karp Sutul6v, il quale
non può che rallegrarsi e compiacersi & tanta moglie.
Più ancora del far ridere, del deridere e del suggerire al lettore conclusioni denunciatrici, è qui importante, agli occhi dello storico della leneratura, la presenza di
un continuo soffiso. Il narratore e il lettore sorridono insieme perché sono consci del
carattere fittivo delf intera storia. In verità, il passaggio dalla letteratura russa antica a
quella moderna potrebbe essere colto proprio in questo abbandono della tradizionale poetica del vero (in senso storico e spirituale) a favore delle libere invenzioni di
cui si nutre ogni, fctio letteraia. Ndl^ PdDe§' o Kilpe Sutulòoe, per & più, l'eroe
della vicenda è una donna: non modellata ceno sull'ideale paolino di silenzio e sot-
196
- RrccsDo PrccEro -
Vdso b fo̻dzio,e d, un ,a@o
'itetu
lettddio
a suo modo
di vimì domestiche. Il mondo, anche
tomissione, eppure simbolo
- cambiando. in Moscovia, stava decisamente
Sarebbe tuttavia un errore, che falserebbe non poco la nostra visione storica, ri_
dure Ia complessa trasformazione secentesca della narativa russa al passaggio dal
sacro al profano. Le vecchie formule concettuali ed esposiuve non sempre cedono il
passo a quelle nuove. A volte, il modo antico di esporre è intenzionalmente preser'
vato p€r mostrare al lettore, sia pure con nuovi simboli narrativi, il perdurare dei
disegni pror,widenziali nell'evolvetsi delle vrcende umane. Già in questi embdoni di
rivoluzione occidentalizzante del X\a[ secolo, la società russa si mostra sì pronta a
cambiare vesti, ma senza ri.negare la propria aflima a[tica.
La più «romanzesca» vicenda narrativa messa su carta in questa età, la Pdaarl'o
S,iwe Grndqne (Stona di Sàwa Grùdcyn) si apre, alla maniera antica, con un riferiallo stesso complesso di passi
mento topico
in funzione di chiave tematica
(a
partire
Vùa di Covantino-Citillo,
dalla
a
cui
si
ispiravano
da
secoli
scritturali
primo Apostolo degli Slavi) varie composizioni agiografche. Il narratore a!'vefte su
bito i suoi lenori-ascoltatori che la «mirabilissima storia» di S6r,'va Gridcl'n sta a
dimostrare come Dio misericordioso non dimentlchi mai i peccatori, ma anzi, attendendo pazimtemente il loro rar,wedimento, /l g aidi oerso la saloezm $ Tin- 2'4) .
La storia rievoca, all'inizio, l'età recente in cui il Falso Demetrio aveva invaso lo
Stato moscovita, spingendo molta gente importante a cercare scampo più ad Est, in
terre lontane. Il protagonista appartiene ad una rinomata famiglia di mercanti, rifir_
giatasi nella regione della Volga. Secondo l'uso mercantile, il giovane Sàwa GÉdqrr
si awentura a sua volta in viaggi. I1 suo errare lo pona a contano col Peccato. SAvva
si abbandona alle passioni terrme, mppresmtate in particolare da una donna concupiscente, e cede alle lusinghe del &avolo. Il diavolo è propdo quello, noto in Occidente dalle terre tedesche sino alla Polonia, della leggenda mefistofelico-faustiana: il
che dimosta quanto si siano ormar sgretolate le mura censorie della vecchia Slavia
ortodossa. Sotto le spoglie di generoso e gioviale compagno, il diavolo sospinge GÉdcyn di errore in errore 6no a quando gli fa fumare, con tune le debite regole, il
patto di cessione dell'anima. Alla fine, Sàwa Grudqtr si salva, perché, come 91à proclamato in apertura di testo, Dio «misericordioso e amante degli uomini» non ci
paziente nell'attendere la nostra convercione».
abbandona mai ed
"è
Se il motivo dell'incessante cura dt\rina per l'umanità peccatrice inquadra la vita
di Sàwa Grudqtr negli spazi narrativi della vecchia agiografa, il concreto lacconto
di un'esperienza di peccato capovolge l'inteta prospetuva semantica Possiamo leg_
gere la storia di Sàwa Grudcynr come una contro_agiografa. Il diavolo si muove
come un anti-angelo, opposto speculare dell'angelo che, ad esempio, accompagna
l'et<r ddla P6'est' o kapcé, che abbiamo esaminato.
Anche in questa vicenda, la presenza corposa & un motivo erotico è segno ew_
dente di un nuovo modo di sentire e di esprimersi. Sàwa Grudcyn è pronto a daÌe
I'anima al diavolo pur di saziare il suo desiderio, ancor più peccaminoso in quanto
adulterino, per Ia moglie del buon borghese che l'ha accolto in casa. La donna
circuisce il giovane con l'ausilio topico di erbe e
occasione e strumento di peccato
6ltri magici. Il fervore scatenato del gtovane è descritto con eÉficacia cefto inusitata
nelle tradizioni scrittorie slavo-ortodosse:
Palte Seconù
E Sàwa tu così preso
- Qpitolo
Teno
-
197
da.lle lusinghe di quella doma
o piuttosto da.ll'invidia del diache cadde nelta rete delle sue pratiche d'arnore, € commetteva il peccato insaziabil
mente, e ininterrottamente indugiava coo lei in quell'atto impuro, e non ricordava né Ia dosempre si
seaica né le a.ltre feste, ma
dimentico del timor di Dio e dell'ota della mone
rivoltolava come un maiale nel fango della fomicazione, e in quel fomicare insaziabile passava lungo tempo, come una bestia.
volo
-
-
-
-
Eppure, tanta novità non smantella appieflo le antiche strutture. La «contro'
agiografa» di Siwa GrÉdc,.n si articola in alcuni moduli semantico-formali ere&tati
dalla tradizione medievale: dalla iniziale chiave tematica scritturale all'uso, sin dalle
prime frasi, di serie isocolico'accmtuative, al continuo riferirsi ad eventi storicamente veri, nello stile delle vecchie cronache.
Per chi ama ricercare, in questi racco[ti del tardo Seicento russo, le origini di una
narrativa modema assimilabile alla sensibilità storico-sentimentale del proto-Romaniosmo,la P6oest' o Toérskom Ott6èe moxarrlile può configura$i come storia modello. Dovremmo, qui, tr^durre P6oest' come «kggenda» piuttosto che come « Sto
ria». Si tratta comunque di un racconto non del, ma a proposito del monastero del
Paggio, a Tver'. Sia che lo leggiamo come una favola, come già volev^Kararazln dla
6ne del Settecento, o che vi scorgiamo Ie racce di una vicenda realmente storica
(come ritengono vari studiosi del nostro tempo), l'elemmto *romanzesco» rsulta
paeponderante.
Leroe è un giovane paggio della corte principesca che s'innahora della figlia di
ull sagrestano. La disparità socia.le sembrercbbe un troppo grave ostacolo. Tutto
tcnde però ad accomodarsi, almeno in un primo tempo, 11 paggio ottiene il consenso
che, un po'
del principe. Si fanno i preparativi per le nozze. La promessa sposa
come la saggia fanciullaF*ronija della P6uest' o Pétrc i Fe"rdnii, è dotata d'un senso
tra il profetico e i1 misuco-psicologrco
continua però a dire che il suo vero sposo
deve ancora venire. E ha ragione. Arriva, infatti, più o meno arcanamente, il principe
in persona (ipòstasi di vaghi moddli scritturali?) che dice: questa ragazza me la sposo
io. E cosl awiene. 11 paggio, poveretto, si ritita in buon ordine, peregrina, si nasconde dal mondo e vive episodi più o meno simboJici. Nel romitaggio, gLi appare la
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Vergine santissima, e gli dice di foodare tm bel monastero. AI mommto grusto, il
principe ritrova il paggio, e il monastero viene effettivamente fondato, a Tvet', con
loweDzioni & corte.
Qualche lenore odiemo potebbe trovare il tutto un po' troppo di maniera e con
troppi riecheggiamenti e ricuciture. Si direbbe, però, che proprio questo miscuglio
di trame topiche abbia giovato alla fornma del racconto, non solo fra i lettori del
rcmpo, ma anche fra noD pochi letterati ottocenteschi, ivi comprcsi vari scrittori di
rmanzi
da I. Glu§k6v (1801) a V T. NaréÉnl (1810), A. A. Sachovsk6j (1821),
P N. Polev6j (1892) e T. Sevérscov (1904)
che lo harno <(rinarrato» per giovigiovinefte,
pii
dti,
lettori
e sensibili.
piÉ o meno originali, trado$e o adattate da modelli di
Tante sono Ie storie
if,6cile identificazione - che giravano in Moscovia verso la fine del X\rIl secolo,
òe lo storico della letteratura
non sa bene come classifcade. La spesso incerta e
rcusa documentazione manoscritta (la stampa, riservata a pubblicazioni uftciali,
m entrava di regola in questa cultum al limite della accettabilità, anche se di fano
198
- RÌceDo PrccHÌo - Vero lz lotnanore
dì
at nto'o
lhtw
bttetulio
testi
oseicento narratiampiamente tollerata) rende arduo il compilo di datare i
vor, infatti, straripa spesso oltre la «censura petrina -. postulata da gran pane della
storiografa politiio-sòciale, e tende a perpetuarsi per vari anni del Settecento. A
comptcare la situazione storiogra6ca contribuisce il diverso atteggiamento dei critici,
in Russia e in Occidente, nel misurare le grandi fasi della storia. Parte della storiografia letteraria sovietica, ttattando ad esempio della Péoest' o Frole Skobéae, oon
àsita ad affermare che questo componimento *conclude la tradizione letteraria del
Medio evo».
La storia di Fr6l Skobéev fa parte di rm genere narrativo, forse non estraneo alla
tipologia picaresca, detto phiaiskij da p1zr, * imbroglione ' Gli imb.rogli di Fr6l
SÈobée", iome di altri eroi (si direbbe molto <<occidentalizzati») della letteratura
«imbroglionesca», sembrano quanto mai moderni Fr6l Skobeev è un arrampicatore
sociale.ia sua squallida. fripoineie consiste nel sedurre una ragazza di buona fami
glia, farla scappare con sé, sposarla di frodo e assicurars un cospicuo patrimonio
nel
luando la famigtia acconsent; a sanare Ia situazione. Quel po' dipiccante che c'è
un
mo_
(che
ad
sembrerebbe ria.llacciarsi
r cconto è duto dal modo della seduzione
tivo antico, già fissato dal Boccaccio nel Naf le ftesolanol Ft6lSkobéev, veslitosi in
(uso,
abiti fernmi;ili, si 6nge fanciulla per panecipare ad una festicciola di fanciulle
si direbbe, molto nuàvo nell. famiglie della Moscovia secentesca) cosicché, giuocando da fanciulla a fanciulla, riesce a deflorare (proditoriamente) la sua (poi compiacente) Annuika. Il processo di liberalizzazione ternatica, che sin qur abbiamo segrito nella oumatirra russa, ha ormar raggiunto, in un simile racconto, uno stadio decisamente avanzato.
Le nostre conoscenze non ci permenono di tracciare un quadro della vita «letteraria» nella Moscovia del tardo Seicento determlnando con suftciente approssima_
zione chi leggwa che cosa e, in particolare, quanto le storie tradotte, rifatte o comun_
qu. i-portii" p..r"l.ssero su motivi indige;i. Il fano che vi fosse un pubt'lico adeguuto p.. it.à.uggi".e la messa per iscritto dr tante storie di varia fattura ed
irton"rìon . *"-bi" ittdicare che le maggiori novità rispetto alle età precedenti erano
costituite, da un lato, dal grande aumento della gente in grado di leggere escdvete e,
d'altro canto, dalta diminazione di una secolare propensione censoria a distinguere
l'«apocrifo» dall'«approvato». Sembra legittimo parlace, sulpiaro tecnico della co'
.cultura apocrifao Vì sono lesti che,
-unicazione, di una massiccia riscossa della
qualche
studioso, si presentano come collettori di
anche s. .onsiderati .origìnali» da
raccofte apocrife È questo il caso ad
temi e motil'r, alla manie"ra ,ppuoto di
".n.
esempio, della Pòoest biuiago poùl stua u Portugal'sko1 zeuli tSrotia dell'ambasceria
."1- -"o".nio
dallo sponro nT tativo della frgliz
dr un re portoghese che verrà data in sposa a chi saprà ben conversare con.un muto
prima il mùo e poi il savio di corte discettano a segni e patole corr u-n akrettanto
rn...o br".i".burghese. I tre mettono insieme una sfilza tale di adagi e in"rguto
dovinelli che iÌ racconto si trasforma in una crestomazia gnomica
p-rocesso di
Quando i prototipi o le fonti testuali sono noti, possiamo seguire il
*,ersione-eluboìazione, or,wero di <<apocrifzzazione letteraria», almeno nelle linee es_
senziali. Un esempio intercssante, fra i non pochi altri 6r:ora raccolti aròe se non
se-pre adeguataÀente investigati, ci è offeno dalla ricezione moscovita di r-rn adatturnà.rto d.Iu trorr" novella della Seconda giomata dd, Decamerox Dice la rubrica
che
À in terra di Porto!"[J i"
Pa
e Seconàa
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C-lpitoh Tefto
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199
del Boccaccio; «Bemabò da Genova, da Ambrogiuolo ingannato, perde il suo e co'
manda che la moglie innocente sia uccisa; ella scampa, e in abito d'uomo sewe il
soldano: dtrova lo 'ngarmatore, e Bemabò conduce in Alessarìdria, dove, lo 'ngannatore punito, ripreso abito femminile, col marito ricchi ritomano a Genova».
Giunta fra i Ruteni dalla Polonia-Lituania per il ramite di una parafrasi di Bieoiasz Budny (erudito polacco-ruteno, nello spirito della Riforma, del primo Seicento), iÌ quale s'era già servito di una anonima Hriloryja o Banabaszu \Stoia dtBenabò), questa storia circolava, verso gÌi anni ottanta del XVII secolo, in stesure diverse.
Nella versione più elaborata, sono ben dconoscibili g.li elementi caratterizzanti del_
I'adattamento. Tutta la vicenda è riportata ad un co&ce didattico di tradizionale im
pronta religiosa. Lingannarorc è esplicitamente ispirato dal diavolo, preghiere_solilo_
qui di tagJio agiografico ortodosso soflo messi in bocca ai protagonisti, che assumono
atteggiamenti d'icona, e la morale della favola, enunciata dal Boccaccio col proverbio
popolaresco «lo'ngannatore rimane a'pié dello 'ngannato», è qui espressa da un
distico rimato di intonazione catechistic* Zry'te / ljùinic1 / jdko / pràoda / ot smérti
izbao|det - iie / kai / q-d / kftpce / u sebé / sokryoàet, che possiamo traduffe alla
lettera, ricalcando anche la distdbuzione isocolico-accentuativa: «Mirate / diléni ,'
c6me / la verità / dalla n,6fte / prcsérui - col(ri / il quàle / forteménte / déntro / di
sé / la consénti>>.
La presenza di ingredienti antichi in testi di nuova intonazione tematica non
dovrà tuttavia portarci senz'altro a concludere che, nella narrativa russa del XVII
secolo, lo spirito del Medio Evo potesse davrero perdurare ifltatto. Anche in storie
scritte nella maniera tradizionale, come ad esempio la JÉdz,ikie o iaulérlii tudoto6r'
nago hresai gospddryZ, iie est' o MiromsÌ<on ulzle (Storia della dvelazione della miracolosa croce di Nostro Signore, che si trova nel circondario di MÉrom), scotgiamo
l'embrione di un nuovo senso della prospettiva storica. Chi voglia sapere qualcosa
sulla croce miracolosa di MÉrom, awerte I'estmsore di questa storia (nota anche
come Stotia d.i Marta e Mala) non può contare sulle testimonianze della gente locale:
<<Nulla ci hanno detto che fosse loro noto poiché, per i molti anni trascorsi, per le
molte scorrerie di genti estranee e per la cattività tartara, sono andati distrutti molti
antichi documenti sugli eventi: in quali anni e sotto quali reggitori siano accaduti»
\«i mnoga [...] d.reoajaja izgiboia pisanija, I hija lèta i pi koich soderitteljach b!§a
s72»). Lo scrittore-compilatore del XVII secolo semb& qur avere la visione di un
processo storico che gli fa individuare, nella storia patria, come un Medio Evo in_
terno, segnato dalla canività tartara. E quella particolare età è scrutata con occhio
criticamente «modemo».
Abbiamo già osservato che, trattando della narrativa russa del Seicento. è molto
diffcile tracciare una Lilea dr!'rsoria fta letteratura «dotta» e letteratus «popolare».
Lo sgretolarsi delle batriere censorie permetteva a scribi non più ihibiti di immettere
nel mercato librario testi eterogenei. il cui successo era dovuto anche al fano che,
come negli apocrifi, vi si percepiva il sapore del frutto proibito.
La critica dell'età sovietica ha voluto scorgere, in testi dr questo tipo, l'esptes_
sione di una polemica socio-intellettuale sotto forma di «satita democratica». LI loro
intento polemico non è però sempre chiaro. Si tratta spesso di motivi ripresi per
varie vie dal Medio Evo occidentale, o di materia presente nella tradizione popolare
e solo ora immessa nella letteratura scritta,
200
Rrcc^RDo PrccEro
-
Ve/so
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sbt"% budaio
È questo, ad esempio, il caso della fonunata sto ria nùtolata Sliàba kabah (Mesle 6gure
sa d'osteria). Ritraendo
non senza ifltonazioni didattico'moralistiche
di vad ubriaconi, legati all'osteria come ad una specie di antiparrocchia viziosa,
l'aoonimo narratore (o redattore-compilatore) fa loro cantar messa e salmodiare le
lodi dei santi, owiamente in maniera blasfema e parodistica, Il componimmto sa
molto di sottocucina clericale e di )icenze goliardiche, tardivamente recepite, a modo
loro in chiave slava ortodossa, da rustici frequentatori di bettole russe.
Più che & «nuova narrativa», nd senso a cui ci siamo riferiti parlando di vere e
proprie novelle quali le storie di Karp Sutul6v, S6wa GÉdcyn o Fr6l Skobeev, ci
tloviamo qui di ffonte a materiale nafrauvo ancora grezzo, sistemato alla meno peggio dagli scribi, ma evidentemente vicino ai gusti semifolclorici dd nuovo pubblico.
Ritroviarno toni parodistici e clericalrnmte anticlericali la una Skaz,ixie o pfue
S/ae (Storia del prete Sava), dove Ie male{ane e Ie sciagùre di un prete maneggione
cuLninano nella caricatura di un inno liturgico dr beatiGcazione, nonché in una,4z'
baka o gélom i rcbogitom éelouéke \At$ecedario dell'uomo affamato e povero) in
cui, in una sfrlza alfabetica di sentenze alla rovescia dr tono anticatechistico, la
pseudo saggezza gnomica dei predicatoti è capovolta per dire il vero dal punto di
vista & chi soffre e soppona. Anche nella psetdoesopica Shaztixie o kùre i llsice (Storia del gallo e della volpe) si paròdiano le Sacre Scritture. Nel7a Péoest' o btàlnike
(Storia di un bevitore), tm peccatore beone va a 6nite, per grazia divina, in paradiso
a drspetto der sanu e ne svela tutti gli altarini. Nelia Shaziùe o ktrest'jinrkon sjfle
(Storia di tm bifolco), ùn ladruncolo ardito e burlone si fa beffe di urr possidente
bacchettone e credulone.
Finalmente, anche tra gli Slavi ortodossi, si scrive per far ridere, per divenire, e
non solo per predicare. Sia pure alla periferia della letteratura vera e propria, I'apparire dd comico, della burla, della caricatura in testi scritti segna, possiamo &re, il
tramonto di una noia secolare. È questa la ragrone per cui lo storico letterario deve
tefler conto anche di quesu documenti. Nei testi parafoldorici che gli scribi riescono
a djffondere nella Moscovi, secentesca ci sono spunti d'arte, a crri attingeranno gLi
scrittori a venire.
Ne1la Skazhtie o rosfuibtork iitli i l)esélii (Racconto della vita opulenta e della
baldoria), i moscoviti del Seicento imparavano, sotridendo, a sognare (forse grazie ad
nna mediazione polacca del Schlaral/enknd di Ham Sachs) de1 paese di Bengodi e
della Cuccagna. I vecchi argini stavano da!'vero cedendo.