Paola Saracini, la sand artist
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Paola Saracini, la sand artist
SPECIALE: PROFILI DI DONNA Paola Saracini, la sand artist Con le sue mani, come in una danza, crea magnifici quadri di sabbia. Insegnante di professione e artista per vocazione, definisce l’arte come una forma di emancipazione della donna di A. Dachan I l grande pubblico ti ha conosciuta grazie ai tuoi quadri di sabbia: quando e come hai iniziato a dedicarti a quest’arte? “Sin da bambina ho sempre avuto la passione per il disegno e la pittura. Crescendo e perfezionando la tecnica grafica e pittorica, in particolare attraverso gli studi accademici, la curiosità mi ha spinto a sperimentare nuove tecniche e cercare diversi materiali. Tra questi proprio la sabbia, che mi ha attratto da subito perché per sua natura è così effimera, sfuggente, ma allo stesso tempo duttile e malleabile. La mia prima performance in video è stata un anno fa, il 19 maggio 2012, in occasione dello spettacolo Antitesi, mentre dal vivo ho esordito il 21 ottobre a Castelfidardo, in occasione dell’evento ‘Incontriamoci tra le righe’, organizzato da Maria Lampa”. L’effetto dei tuoi quadri è di grande emozione, ma a differenza dei “dipinti tradizionali”, quelli che crei tu sono 84 effimeri: non ti spaventa vedere le tue opere sparire? “No, è questo il bello. È un piacere giocare con la sabbia, poiché è morbida e vellutata e mi dà la possibilità di creare infinite opere. Opere che con un semplice gesto posso cancellare per poi di nuovo ricominciare. Ogni disegno non è mai uguale a quello precedente e questo è l’aspetto più interessante e divertente della sand art, che ti permette di plasmare la materia, di realizzare immagini in perenne metamorfosi, in continuo divenire. La sabbia, per me, interpreta perfettamente l’epoca in cui viviamo, così mutevole e fragile”. Come comunichi la tua arte? “Non mi piace parlare della mia arte, mi piace esprimermi con le immagini. È la stessa natura dell’opera che mi permette di comunicare con più persone, come accade, ad esempio con i video pubblicati sul web o realizzati durante le performance dal vivo. Ora ho creato un mio sito internet, www.paolasaracini.it, in cui offro una panoramica delle mie opere e con il quale spero di poter ampliare i miei contatti. In questo senso la vita e il web sono simili: funziona molto il passaparola”. Cosa provi quando crei? “Una grande gioia, tanto che perdo la cognizione del tempo. Mi astraggo totalmente e mi sembra di vivere in un’altra dimensione. Mi piace lasciarmi trasportare e poi esprimere ciò che sento dentro di me. Ci metto tutto il mio cuore e il mio sentimento”. Ti dedichi anche ad altre forme d’arte? “Sì, mi dedico ad altre forme artistiche, poiché ogni tecnica ha la sua potenzialità espressiva. Infatti, sperimento e unisco materiali diversi, dai colori ad olio ai materiali industriali come la resina. Utilizzo acrilici, foglia oro, argento e colla cementizia con la quale ottengo delle superfici materiche. Spesso creo “La sand art ti permette di plasmare la materia, di realizzare immagini in perenne metamorfosi” sovrapposizioni di colore, inclusioni con frammenti di specchi, perle, pizzi, aghi secchi di pino, sassi, cenere e, naturalmente, sabbia. Per quanto riguarda la scelta dei soggetti, questi cambiano a seconda del tipo di creazione o progetto che realizzo: dalle decorazioni pittoriche per locali pubblici e privati, ai pannelli astratti dove fondo texture e segni grafici, ai falsi d’autore, alle illustrazioni di poesie o brani musicali realizzati con l’animazione della sabbia”. Come si conciliano in te il rigore dell’insegnante e la creatività dell’artista? “Entrambe hanno rigore. Non è vero che l’espressione o la pratica artistica sia priva di rigore, solo che questa è una ricerca introspettiva, rivolta verso se stessi, mentre nell’insegnamento la ricerca è rivolta agli altri e in quel contesto sono al servizio dei miei studenti. Creo negli altri la sensibilità artistica, l’amore per la materia, la cura per affinare la tecnica. A volte posso ricevere lavori ispirati ad un evento; è chiaro che sono vincolata dal tema, ma come esprimermi, come raccontare, lo decido io, attraverso una mia ricerca e un progetto personale. Anche Van Gogh, che rappresenta il classico stereotipo del pazzo creativo, in realtà nell’aspetto artistico era molto esigente e dedicava ore e ore al suo lavoro”. Nel mondo dell’arte, esiste ancora una qualche forma di discriminazione di genere? Secondo te, perché i più noti artisti del passato sono tutti uomini? “Non solo nelle arti visive la donna è stata quasi sempre esclusa o marginalizzata, ma anche in altre forme culturali, come ad esempio la musica e la letteratura, così come nella politica e nella religione. La loro espressione era limitata a espressioni d’arte considerate minori o a forme di artigianato, come il ricamo. Per avere nomi famosi bisogna arrivare al Novecento: si pensi ad Alda Merini per la poesia, o a Georgia O’Keefe o Tamara de Lempicka per la pittura. L’arte è indice di emancipazione della donna e strumento esso stesso di emancipazione perché l’artista è un interprete del suo tempo. Tale concetto era stato espresso magistralmente da Kandinsky, che disse: ‘Ogni opera d’arte è figlia del suo tempo e spesso è madre dei nostri sentimenti’”. Qual è il tuo sogno artistico per il futuro? “Continuare ad esprimermi attraverso la sand art e altre forme artistiche, sperimentare e condividere la mia creatività, affinare la mia tecnica e il mio stile. Mi piace citare Picasso a questo proposito: ‘Ci sono grandi pittori che hanno stile. Io invece mi agito troppo, vagabondo troppo. Lei mi vede qui e sono già cambiato, sono già da un’altra parte. Io non sono mai vincolato e per questo non ho uno stile’. Mi rispecchio profondamente nelle sue parole”. 85