per - Camera Civile di Bergamo
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LABIBLIOTECADEL DIRITTODIFAMIGLIA CollanadirettadaBrunode Filippis 1 .L’addebito di responsabilità nellaseparazione 2.Laseparazionenellafamiglia difatto 3.Lasolidarietàpostconiugale, Secondaedizione 4 .Il mantenimento per il coniuge e per i figli nella separazione e nel divorzio, Secondaedizione 5 .Lamediazionefamiliareela soluzione delle controversie insorte tra genitori separati (nuovoart.709terc.p.c.) 6 .L’affidamento dei figli nella separazioneeneldivorzio 7 .L’esecuzione dei provvedimenti in materia di separazioneedivorzio 8 .L’assegnazione della casa coniugale nella separazione eneldivorzio 9 .Nullità dei matrimoni e tribunaliecclesiastici 10.Lecontroversieinmateriadi filiazione 11 .Il processo di separazione e divorzio:ritoeprassi 1 2 .Adozione nazionale ed internazionale 1 3 .Il regime patrimoniale della famiglia,lacomunionelegale ediltrust 14.Tutelaedamministrazionedi sostegno 1 5 .Successioni mortis causa nella famiglia legittima e naturale Diprossimapubblicazione: L’addebito di responsabilità nella separazione, Seconda edizione MILENAPINIANNALISA BUONADONNA BRUNODEFILIPPISPASQUALE RICCIBRUNOSCHETTINI IL MANTENIMENTO PERILCONIUGEE PERIFIGLINELLA SEPARAZIONEE NELDIVORZIO Secondaedizione CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI 2013 QUESTO VOLUME È ANCHE ONLINE Consultalo gratuitamente ne “La Mia Biblioteca”, la prima biblioteca professionale in the cloud con le pubblicazioni di CEDAM, UTET Giuridica, IPSOA. Grazie al suo evoluto sistema di ricerca puoi accedere ai tuoi scaffali virtuali e ritrovare tra i tuoi libri la soluzione che cerchi da PC, iPad o altri tablet. Ovunque tu sia. Per conoscere le modalità di accesso al servizio e consultare il volume online collegati a www.lamiabiblioteca.com e clicca su “Richiedi la tua password”. La consultazione online viene offerta all’acquirente del presente volume a titolo completamente gratuito ed a fini promozionali del servizio “La Mia Biblioteca” e potrebbe essere soggetta a revoca da parte dell’Editore. PROPRIETÀ RISERVATA LETTERARIA © 2013 Wolters Kluwer Italia S.r.l Strada I, Palazzo F6 20090 Milanofiori Assago (MI) ISBN: 9788813315900 Il presente file può essere usato esclusivamente per finalità di carattere personale. I diritti di commercializzazione, traduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento e di riproduzione totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. La presente pubblicazione è protetta da sistemi di DRM. La manomissione dei DRM è vietata per legge e penalmente sanzionata. L’elaborazione dei testi è curata con scrupolosa attenzione, l’editore declina tuttavia ogni responsabilità per eventuali errori o inesattezze. Per desiderio degli Autori, il libro viene dedicato alla memoria del compiantoBruno Schettini, che aveva collaborato alla precedente edizione e che oranonèpiùcon noi. LABIBLIOTECADEL DIRITTODIFAMIGLIA MANUALIDI AGGIORNAMENTOE SPECIALIZZAZIONE PresentazionedellaCollana Gli operatori del diritto avvertono l’esigenza di fruire, per lo svolgimento dellaloroquotidianaattività, di opere di facile ed immediata consultazione, in grado di fornire la “soluzione” dei problemi, laddove vi sia uniformità in dottrina e giurisprudenza, e, inmodoaltrettantochiaro,le diverse tesi, ove tale uniformitàmanchiovisiano conflitti non ancora risolti nelle appropriate sedi, con indicazione delle ragioni giuridicheposteasostegnodi ciascunadiesse. Essi hanno altresì necessità di conoscere gli ultimi aggiornamenti e le evoluzioni legislative e giurisprudenziali, non solo nelmodo,purvalido,chepuò essere fornito da una banca dati, ma con adeguati commenti e termini di riferimento, idonei a rendere piùcomprensibililenovitàe ad inserirle nel contesto generale, rendendole parte della quotidiana cultura giuridicaetrasformandolein strumenti della propria attivitàlavorativa. Ciò non può avvenire, né attraverso opere esclusivamente teoriche, né tramite “sintesi” che impoveriscanoicontenutidel diritto, ma grazie a volumi che, senza ridondanze, riescanoafornireunavisione generale e completa, nonché riescano a trarre, da essa, attraversounpercorsologico, soluzioni “in pillole”, immediatamenteutilizzabili. Il diritto è, soprattutto, sintesi. Sintesi della realtà e della complessità, trasformate nella semplicità di una regola generale e di unaconformeapplicazionedi essa. Allo stesso modo deve saper operare un libro giuridico. Esso deve poter essere letto in più modi e, ove occorra, anche unicamente dalla parte della “soluzione”, senza tuttavia rinunciareadunadescrizione della complessità e, quindi, senza prescindere dalla conoscenzadellateoria. Aciòdeveaggiungersiche nessuna branca del sapere è isolata e che conoscere le ragioni(adesempiostoriche, psicologiche o sociologiche) che stanno intorno a ciascun precettoenefondanolaratio o ne agevolano l’applicazione, è importante per comprendere il precetto stesso. La comprensione dellanormavaspessooltrela sua interpretazione strettamente giuridica. Per questo motivo nei libri della Collanasonotaloracontenuti approfondimenti che esplorano strade ulteriori e diverse rispetto a quelle convenzionali e consentono allettoreunaconoscenzapiù piena di ogni risvolto delle questionitrattate. Probabilmente il gradimento riportato dai titoli della Collana è dovuto al fatto che essi hanno trovato la misura giusta nel miscelare tali ingredienti e rispondere alle descritte esigenzedellettore. Nonècertamentedifficile, per la vastità del Diritto di Famiglia, individuare nuovi titolichepossanointeressare il lettore. Vi è, anzi, l’imbarazzo della scelta. Nel determinarli, sono state tenute presenti, in particolare, due esigenze: pubblicare libri legati allo svolgimento della quotidiana attività degli operatori del diritto e, quindi, volumi che trattino materie per le quali vi sia un rilevante contenzioso; rispettare l’originaria idea di “Biblioteca” del diritto di Famiglia, consistente nel fornire, al collezionista delle opere, strumenti che lo aiutino ad essere un “familiarista completo”, in gradodiaffrontarelamateria conlapadronanzachederiva da una conoscenza, insieme generaleespecificaedilpiù possibilecompleta. L’estensione del diritto di famiglianonèincontroversa. Nei manuali o nelle enciclopedie, si legge, di regola, che esso è la branca del diritto privato che disciplina il matrimonio, i rapporti personali e patrimoniali tra coniugi, la filiazione, i rapporti tra genitori e figli, la separazioneedildivorzio. Nel diritto di famiglia, pertanto, pacificamente rientrano l’adozione (affine alla filiazione ed anzi, come adozione legittimante, una delle forme di essa), l’esercizio della potestà genitoriale, la normativa che protegge la maternità (come estrinsecazione e conseguenza dei rapporti tra genitrice e figli), le disposizionidileggerelative all’amministrazione ed alla rappresentanza dei figli, da partedeigenitoristessi(artt. 320 e seguenti del codice civile). Postequestepremesse,non sembra possibile escludere dal diritto di famiglia il fenomenodelleconvivenzeo famiglie di fatto.All’interno di esso si generano e vivono dinamichedeltuttoanaloghe a quelle esistenti nella famigliamatrimoniale.Come la materia della filiazione rientratuttainteraneldiritto di famiglia, sia per quanto riguarda i figli legittimi, che quelli naturali (art. 231-268 cod.civ.),cosìlamateriadei rapporti tra persone che costituiscono famiglie, sia legali, che di fatto, non può non rientrare nello stesso settoredistudigiuridici. Per le medesime ragioni, una volta affermato che l’amministrazione e rappresentanza dei figli, da partedeigenitori,èpartedel diritto di famiglia, è arbitrario escludere da esso “la tutela”, che si apre quando i genitori sono morti operaltrecausenonpossono esercitare la potestà, ma ha sostanzialmente lo stesso oggetto. Se si parla di famiglia, il riferimento non può essere limitato alla configurazione atomistica di essa. Non è possibile ritagliare i confini del diritto di famiglia seguendo i contorni del “vestito di Arlecchino”. Perché la branca di studio possa avere la giusta dimensione, idonea a consentire un’adeguata comprensione della realtà, è necessario che i termini di riferimento siano anche la famiglia patriarcale, la famiglia allargata, le famiglie ricostituite, l’impresa o la società familiare. In ragione di ciò, deve essere riconosciuta l’inclusione nel diritto di famigliadelledisposizionidi legge relative alla parentela, agli alimenti tra parenti, alla successione legittima e dei legittimari. Quest’ultima normativa, in particolare, completa, estendendolo anche al periodopost mortem, il quadro dei rapportideiconiugitraloroe conlaprole. La presenza della filiazione nel diritto di famiglia comporta altresì l’inclusione della disciplina giuridica del periodo che la precede, vale a dire, della gravidanza (sia per quanto riguarda la normativa di tutela che quella relativa all’interruzione) e della procreazione assistita, nuova risorsa fornita dall’evoluzione scientifica per realizzare l’obiettivo dellafiliazione. Un altro pregiudizio da superare è quello che il diritto di famiglia rientri unicamenteneldirittocivile. Vièinfattiun’ampiapartedi essochesicollocaneldiritto penale. (Delitti contro la famiglia, delitti contro l’assistenza familiare, reati in tema di interruzione della gravidanza, reati in tema di procreazione assistita, sanzionipenaliprevistedalla legge sull’adozione, normativa in tema di violenza familiare ex legge 154/2001,sanzioniintemadi pubblicazionimatrimoniali). Il diritto di famiglia ha, quindi, una dimensione che supera le classificazioni tradizionali ed attribuisce a questa materia una propria particolarecollocazione. Volendo proporre una moderna definizione, si può direcheildirittodifamiglia sia “l’insieme delle norme giuridiche che disciplinano l’organizzazioneelavitadel nucleo di aggregazione determinatodallasceltadiun compagno, dalla procreazione e dalla crescita della prole, nei vari modi in cui ciascuno intenda realizzare una o più delle predette fondamentali esigenzeumane”. Il diritto di famiglia è, quanto e più di ogni altra branca,“dirittovivente”,cioè diritto che entra nella nostra vita quotidiana ed influenza la parte più personale ed importante di essa, nonché è diritto in continua evoluzione, perché legato al costume, alla politica, all’etica. Non a caso tutti i più importanti referendum che, nel nostro Paese, dagli anni settanta in poi, hanno animato la vita pubblica, infiammato e diviso, hanno avuto ad oggetto materie legatealdirittodifamiglia Niente si modifica così rapidamente come i presupposti sociali su cui si basa la normativa del diritto difamiglia.Daciòderivache questa disciplina è un “cantiere continuamente aperto”, nel quale le considerazioni sul diritto positivo continuamente si intrecciano con quelle del dirittoafarsienelquale,ove si voglia mantenere il diritto al passo con i tempi, le riformedevonosusseguirsi. Daciòderival’opportunità di continui aggiornamenti e, quindi, di riedizione dei volumi che hanno già incontratoilfavoredeilettori e le cui precedenti tirature risultanoperciòesaurite. ILMANTENIMENTOPER ILCONIUGEEPERIFIGLI NELLASEPARAZIONEE NELDIVORZIO Introduzione Il matrimonio determina l’obbligo reciproco, per i coniugi, di assistenza materiale.Questodoverenon cessa con la separazione, ma si trasforma, per il coniuge economicamente più forte, nell’obbligodicorrispondere l’assegno di mantenimento eventualmente previsto dal giudice. L’obbligodiprovvedereal mantenimento della prole è previsto dall’art. 147 del codice civile. Esso non si estingue con la separazione edildivorzio,néterminacon il raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, proseguendo fino a quando gli stessi, entro termini ragionevoli, non abbiano raggiunto la piena indipendenzaeconomica. La quantificazione dell’assegnoneiconfrontidel partner è regolata da norme differenti, per quanto riguarda la separazione ed il divorzio. Nel primo caso, infatti, il matrimonio è ancora in vita ed il giudice detta la disciplina per trasformare l’obbligo diretto di assistenza materiale, vigente in regime di convivenza, in dovere indiretto, da attuarsi tramite il versamento di un assegno periodico. Nel secondo caso, invece, il matrimonio non è più in vigore e l’assegno trova la sua ragione nei principidellasolidarietàpost coniugale. La regolamentazione, in entrambi i casi (nonché nei riguardi dei figli), non determina schemi rigidi o valutazioni automatiche, ma lascia margini di discrezionalità applicativa al giudice. I criteri sono chiari e, in particolare per quanto riguarda il divorzio, dettagliatamente precisati, ma l’effettiva quantificazione del dovuto non può che essere effettivamente determinata dall’interpretazione della fattispecie compiuta dal singolomagistrato. Studi hanno dimostrato che tale determinazione non è uniforme e che sussistono differenze, in alcuni casi di carattere regionale (e quindi spiegabili con le differenti situazioni economiche del territorio), in altre prive di apparentegiustificazione. In ragione di ciò, attuali tendenze riformiste, sostenute da associazioni di categorie coinvolte nel problema, vorrebbero che la legge indicasse criteri più rigidi o applicasse tabelle, aritmeticamente legate ai redditi dichiarati ed al numerodifigli. Amioavviso,imarginidi discrezionalitàdelgiudice,in fattispecie di tal tipo, nelle qualiifattoridavalutareele variabilisonomolteplici,non possono essere eliminati, senza far venir meno la fondamentale esigenza di adeguare correttamente i principi di legge al caso concreto. Certamente è possibile ipotizzaresituazionistandard e,quindi,elaboraretabelledi riferimento, purché non sia negataalgiudicelafacoltàdi adeguarle alla realtà di fatto odimotivarecompiutamente sceltediverse. Il mantenimento del coniuge di regola avviene con la prestazione periodica diunasommadidenaro.Non puòescludersicheilgiudice, o le parti in sede consensuale, stabiliscano forme di mantenimento “miste”, vale a dire prevedano conferimento di prestazioni in natura o il pagamento di bollette e spese. Il limite, per tale possibilità, consiste nel fatto che l’obbligazione derivante dall’art. 156 c.c. deve essere certaedeterminata. La Corte di Cassazione ha escluso che l’attribuzione in uso della casa coniugale possa essere giustificata con l’esigenza di provvedere al mantenimento del coniuge. Tale decisone, tuttavia, non riguarda la questione della formadelmantenimento,ma il titolo in base al quale l’attribuzione dell’abitazione è possibile, poiché la giurisprudenza di legittimità afferma che esso sussiste solo in presenza di figli minorenniomaggiorenninon autosufficienti(1). L’importanza dell’assegno perilmantenimentodeifigli dovrebbe tendenzialmente diminuire, poiché il legislatore riformista del 2006 ha previsto, con la legge 54, la prevalenza del mantenimento diretto, vale a dire della prestazione personale,dapartediciascun genitore a ciascun figlio, di quanto necessario per la sua vita, la sua crescita e la sua istruzione. L’applicazione di questa disposizione è, al momento, ancora marginale, ma è prevedibile che debba incrementarsi con il diffondersi della cultura dell’affidamentocondiviso. Numerosequestioni,legate almantenimentodelconiuge e dei figli, sono attualmente discussedalladottrinaedalla giurisprudenza. Questo volume, come gli altri della Collana, intende fornire un quadro informativo completo, nonché risposte interpretative agevolmente fruibile da parte degli operatori. Inmemoriadelcompianto BrunoSchettini Orvolgel’annocheormai il caro Amico e Maestro BrunoSchettinicihalasciati; se ne è andato in punta di piedi, con discrezione e nel silenzio della sua feconda laboriosità che lo ha accompagnato fino all’ultimo,incoerenzaconla sua vita di studioso e di persona schiva e riservata, ma attenta al complesso mondodellerelazioniumane. A me l’onore e l’onere di rileggere questo Suo scritto la cui paternità rimane immutata ed alla cui originalitàdipensiero,aperto sempre a nuove ed entusiasmanti intuizioni nei campi inesplorati del pensiero sistemico/relazionale e dei suoi rapporti con la Mediazione Familiare ed il Diritto,rappresenteràsempre un innegabile caposaldo per chiunque vorrà cimentarsi conquestitemi. Pedagogista ed acuto studioso del modello sistemico/relazionale,cultore del Diritto di Famiglia al quale si avvicinava sempre con curiosità e rispetto, Bruno Schettini ha sempre affermato una positivistica ed umanistica fiducia verso la capacità auto-generativa, auto-formativa e di autoresponsabilizzazione dell’individuo quale “essere relazionale” di fronte alle conseguenze destabilizzanti cheiconflittiinterindividuali possonogenerare,soprattutto se portati nel contesto giudiziario della separazione edeldivorzio. Il conflitto, soprattutto quando coinvolge la sfera dell’affettività più intima della persona, ed in particolare il rapporto di coppia e quello genitoriale, impone non solo l’obbligo della riorganizzazione della quotidianità dei singoli, ma anchel’accettazionedeiruoli e delle responsabilità connessi a qualsiasi cambiamento critico rientrante nel ciclo vitale dellafamiglia. La trasformazione esistenziale e funzionale originata dal conflitto, se adeguatamentesupportatadal percorsomediativofamiliare, da momento di contingente negatività (spesse volte lacerante e frustante) può diventare momento di crescita e di maturazione personale e funzionale (dalla conflittualità “improduttiva” aquella“produttiva”). È proprio la Mediazione Familiare, nel pensiero di BrunoSchettini,lostrumento privilegiatopervalorizzarele risorse personali, necessarie a fare fronte alle sfide insite in ogni cambiamento, venendo definita (in termini psico-pedagogici) appunto “un’opportunità «formativa» e di aiuto che sostiene l’autorganizzazione, la consapevolezza e la responsabilità delle scelte operate”(cf.p.5). Partendo da un’esperienza personale molto forte e dolorosa, egli ha saputo progressivamente infondere alla Mediazione Familiare, oltre che alla lettura della vicenda separativa/divorzile in uno alla problematica propria della tutela dei figli minori, un approccio culturalmente nuovo, individuando i punti più critici del conflitto relazionale: il recupero della capacità interlocutoria negozialetraleparti(siaessa coppia coniugale e/o genitoriale); la restituzione di pari dignità e corresponsabilità alle figure adulte; la ridefinizione dei confini e dei ruoli al sopravvenire di istanze e bisogni nuovi nonché il riconoscimento dei bisogni individuali, ad iniziare dalla dimensionediaccudimentoe cura nonché crescita armoniosadeifigli. Appassionato sostenitore della Legge n. 56/2006 e in particolare dell’affidamento condiviso, epistemologicamente interpretato come realizzazione di una “sana bigenitorialità”, ossia come “esercizio congiunto e paritario” della funzione genitoriale(sharedparenting piuttosto chejointycustody), Bruno Schettini dimostrava dimestichezza e capacità nel muoversi nel campo del Diritto di Famiglia, senza mai però tralasciare l’umiltà dichiedereeconfrontarsicon chi era del settore; egli ha saputo valorizzare anche il rapporto tra Mediazione Familiare e Diritto e, senza mai perdere di vista un Suo interesse primario, rappresentatodallatuteladei figli minori all’interno delle procedure giudiziarie di separazione e divorzio, ne avevasottolineatotreaspetti, asuodiresalienti: Primo: l’esercizio della funzione parentale, per riuscire a fare fronte ai bisogni fisiologici ed affettivo/relazionali dei figli al fine di garantire lo sviluppo della loro personalità, pur nei contesti di cambiamenti conflittuali quali le procedure giudiziarie, non avrebbe dovuto mai perdere di vista la sua dimensione culturale, ossia la dimensione psicopedagogica propria dell’accudimentogenitoriale; ciò perché la “salvaguardia non retorica dell’interesse dei figli minori esige equità ed adeguatezza delle decisioni anche nella prospettivadieventualienon improbabili disarmonie che possono sopraggiungere, a distanza di tempo, dopo la separazione e il divorzio” (cf.pag.12). Secondo:laduplicenatura relazionale e giuridica della vicenda separativa/divorzile, se da un lato escludeva la visione radicale di una “totale degiuridicizzazione e degiurisdizionalizzazione del diritto di famiglia” in cui la mediazione avrebbe potuto porsi come pratica di “diversion” e di amministrazione “mite” del diritto”(cf.pag.9),dall’altro imponeva,perl’adozionedei provvedimentitemporaneied urgenti a tutela degli interessi di figli minori, l’obbligo deontologico e professionale del Magistrato di acquisire una competenza specificaespecializzata“nel settore delle scienze del comportamento e dell’educazione” (cf. pag. 19). Ciò per evitare l’azione giudiziaria si riducesse all’emanazione di “provvedimenti poveri dal punto di vista psicopedagogico, cioè dell’interesse del minore, e l’affermarsi di una pedagogia c(o)attiva all’interno delle aule del tribunale”(cf.pag.19). Terzo: la presenza di professionalità diverse e complementari, in grado di offrire un supporto adeguato d’aiuto nelle situazioni di conflitti familiari derivanti da crisi portava a configurare, nel rispetto dei reciproci ruoli e funzioni, anche uno spazio proprio dell’azione professionale del Mediatore Familiare che “comincia là dove non resta, apparentemente, alcuna via d’uscitaalconflitto”(cf.pag. 30). La maggiore partecipazione e responsabilizzazione di entrambi i genitori nei momenti critici conseguenti al cambiamento dell’assetto familiareeconiugaleavrebbe potuto trovare, infine, ulteriore stimolo ed impulso con la valorizzazione dell’associazionismo. Per Bruno Schettini, associazioni del settore, come quella dei Padri Separati o tante altre nel corso del tempo costituite allequalinonavevamaifatto mancare il proprio sostegno, rappresentavano uno strumentodiauto-educazione in età adulta, di educazione permanente; servivano a far cessare le ipocrisie ovunque esse venissero espresse e/o sacralizzate ed impedivano che le violenze perpetrate all’ombra della famiglia a danno dei figli e/o della personapiùdebole,potessero essere reiterate anche al di fuori di essa con la complicità e/o la ignavia di quanti operano dall’interno delle stesse istituzioni preposte alla tutela e alla difesadiessi. Ilsuosaggioèquantomai attualeedègiustoriproporlo, nellaversioneoriginale. PREFAZIONE Primocommentoalle modificheapportatedalla leggen.219del10dicembre 2012alladisciplinadella parentelaedel riconoscimentodeifiglinati fuoridelmatrimonio SOMMARIO: 1. Premessa. –2. La parentela. –2.1 Parentela ed adozione. –3. Il riconoscimento. –3.1 Commi dueetre.–3.2Procedimentoin caso di rifiuto del consenso (quarto comma). –3.3 Provvedimenti provvisori e provvedimenti opportuni. –4. L’art. 251 c.c. –5. Effetti del riconoscimento. –6. Modifica dell’art.276c.c. 1.Premessa Il testo di legge definitivamente approvato dalla Camera dei deputati il 27 novembre 2012, considerato il numero ed il rilievodellenormeintrodotte o modificate, può essere a buon diritto considerato una “riforma”dellamateriadella filiazione. Non si tratta di una riforma integrale e, quindi, sarebbe più corretto parlare di “mini riforma”, se questo termine non implicasse, magari in modo implicito, un giudizio riduttivo, che il testo, anche per il segnale di svolta che rappresenta in un settore da tempo non al passo con le evoluzioni sociali e la lunghissima attesa che l’ha preceduto,nonmerita. Inpassato,sieradettoche una novella del genere non veniva varata per l’indiretto riconoscimento che essa attribuiva alle “coppie di fatto” e la conseguente svalutazione dell’istituto matrimoniale. Se questa affermazione corrispondeva al vero, si deve ritenere che, in questa occasione, essa è stata superata o le posizioni che la sostenevano sono divenuteminoritarie. La riforma è inevitabile (anche se tardiva) conseguenza dell’affermazione della supremaziadell’interessedel minore e dei principi costituzionalidieguaglianza. Con essa, se non si è concluso, quantomenoè approdato ad una tappa importanteilpercorsopartito dalla “criminalizzazione del bastardo” delle epoche passate, nelle quali si riteneva che i figli nati fuori dal matrimonio fossero, non l’effettodiabitudinieculture ipocriteediscriminatorie,ma lacausadituttiimalisociali (2). La riforma del diritto di famiglia del 1975 cambiò radicalmente la situazione, diede all’ingiusto sistema millenario una vigorosa spallata, ma richiedeva un completamento, che solo oggi è, in buona parte, avvenuto. Nel1975,infatti,fuabolita la distinzione tra figli legittimi ed illegittimi, ma essa fu sostituita dalla dicotomia legittimi-naturali, i figli furono parificati, ma solo rispetto al genitore che aveva effettuato il riconoscimentoenonrispetto ai suoi parenti, la patria potestà divenne genitoriale, ma restò potestà e non responsabilità, i figli incestuosi rimasero tali e, salvo ipotesi particolari, continuarono a non poter esserericonosciuti. Il più era stato fatto, ma ciò che restava ha dovuto attenderetroppianni,durante i quali le discriminazioni, oggi ritenute ingiuste ed eliminate con larghissima maggioranza parlamentare, sonorimasteinvita. Nel corso di tale periodo, non sono stati rari gli interventi della Corte Costituzionale in argomento. Giàprimadel1975laCorte, pur partendo dal principio che tutte le volte che la norma nominasse, senza ulteriori specificazioni, i discendenti, si riferisse unicamente ai legittimi, aveva compiuto interventi in favore dei figli naturali, nell’ambitodeglispazichesi riteneva fossero consentiti dal precetto contenuto nell’art. 30 della Costituzione, per il quale la tutela dei figli nati fuori del matrimonio è soggetta al limite di compatibilità con i diritti dei membri della famiglialegittima(3). Dopol’annorichiamato,la Consulta affermò che l’art. 30, comma terzo, della Costituzione, coordinato con ilprincipiodiragionevolezza ex art. 3, implica che il legislatore, nel determinare discrezionalmente i casi e i contenuti di giuridica rilevanza del riconoscimento della prole naturale nei rapportifraquestaeiparenti del genitore non può discriminareilfiglionaturale da quello legittimo più di quantociòsiarichiestodaun ragionevole bilanciamento degliinteressiingioco(4). Successivamente il medesimo organo costituzionale ha più volte, nell’individuare discrasie tra la coscienza collettiva e la norma, dichiarato la competenza del legislatore perlasoluzionedelproblema (5), invitando lo stesso a provvedere(6). Da ultimo, si richiama il provvedimentodel2011,con ilqualelaCorte,inrelazione alla diversa disciplina prevista per l’impugnazione per difetto di veridicità ed il disconoscimentodipaternità, ha rilevato l’evolversi della coscienza collettiva, ma ha affermato che solo al legislatore spetta operare il necessario bilanciamento di principi(7). In tale contesto è finalmente intervenuta la novelladel2012. 2.Laparentela La riforma consiste in sei articoli. Il primo, in primo luogo, riscrive l’art. 74 del codice civile, chiarendo che la parentela sussiste sia nel caso in cui la filiazione sia avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cuisiaavvenutaaldifuoridi esso. In realtà, pur essendo quanto mai opportuno il chiarimento,pertacitareogni possibile voce discorde, non si trattava di unavexata quaestio. È vero che la Corte Costituzionale, nel 1990 (8), sostenevala“mancanzadiun rapporto civile di parentela trafratelliesorellenaturali” echeviètuttora(anziviera prima dell’approvazione della novella) una posizione dottrinale conforme, ma la maggioranza degli Autori non aveva dubbi nell’affermare che l’ampia formula del previgente art. 74 consentiva di ritenere parentela anche quella “naturale”(9). Poiché nel linguaggio corrente, finanche nei tempi piùbui,nonsièmaidubitato cheancheilfiglionatofuori dal matrimonio sia tale, ove il legislatore avesse voluto limitare giuridicamente la nozionediparentela,avrebbe dovuto dirlo espressamente. L’art. 74 c.c., nella precedente versione, affermava invece, senza alcuna distinzione, che la parentela è il vincolo tra più persone che discendono da uno stesso stipite. L’interprete non poteva che prenderneattoeritenereche, in tutti i casi in cui vi fosse discendenza da uno stesso stipite, si determinasse parentela. Ove ciò non bastasse, si rilevavache,nellanormativa codicisticadellasuccessione, nel capo intitolato “Della successione dei parenti”, era disciplinata sia la successione dei parenti legittimi che di quelli naturali (art. 566, 573, 578, 579, 580). Il legislatore stesso, tramite il predetto dato testuale, espressamente definiva parenti i parenti naturali. Analogamente, elementi utiliperconsiderareesistente un rapporto di parentela ancheincasodidiscendenza naturale(10), potevano trarsi dall’art. 148 c.c., che estendeva agli ascendenti naturali l’obbligo di fornire ai genitori i mezzi per mantenere i figli, quando questi ultimi ne fossero sprovvisti, dall’art. 467 c.c., che applicava l’istituto della rappresentazione ai figli naturali, dall’art. 737 c.c., che obbligava i discendenti naturali alla collazione, dall’art. 433 c.c. e da altre analoghe disposizioni. In modo ancora più diretto poteva essere richiamata la parte dell’art. 251, nella quale ricorreva l’espressione “parentelanaturale”. Èaltresìevidenteilrilievo assunto, dopo la riforma del 1975, dall’art. 261 c.c. che parificò integralmente, nei confronti del genitore, figli legittimi e naturali riconosciuti. Ciò comportava l’affermazione della naturalità come fonte di rapportogiuridicoparentalee non vi erano ragioni per limitare tale riconoscimento ad una sola tipologia di rapporto. La differente interpretazione si basava sull’assoluto valore istituzionale del matrimonio esulfattocheidoveriversoi figlieranocontenutinelcapo ad esso relativo e non in quello dedicato alla filiazione. Si trattava, pertanto, di argomenti “ideologici”, che presupponevano una coscienza collettiva quale poteva esservi nel tempo in cui la convivenza extramatrimoniale era unanimemente deprecata e l’adulterio costituiva reato penale, ma non più sostenibili dopo che la società e la stessa giurisprudenza di legittimità (affermandone l’assoluta liceità) avevano mutato atteggiamento nei confronti delle “coppie di fatto” (11), nonché si trattava di argomenti (collocazione sistematica della norma sui doveri) alquanto deboli dal puntodivistaesegetico. A sostegno della tesi secondo cui i rapporti di parentela possono derivare solo dal matrimonio, si citavaancheilfattochesolo il matrimonio fornisce certezzadirapporti,mentreil riconoscimento di figlio naturale, essendo perennemente soggetto alla possibilità di revoca per difetto di veridicità, non assicura la stessa e, quindi, non può fondare relazioni parentalistabili. Neppure questa argomentazione appariva però risolutiva, sia perché anche i rapporti basati sul matrimonio possono essere reversibili(es.:accoglimento di un’istanza di disconoscimento di paternità presentata nei termini, divorzio e cessazione dello statodiconiugio),siaperché si tratterebbe di un argomento di opportunità, nonricompresotraquelliche più strettamente orientano l’interpretazione. Inconclusione,sipuòdire che la nuova norma, più che modificare l’istituto giuridico della parentela, ribadisce i contenuti cui la migliore attività interpretativa era già pervenuta. Essa, pertanto, rappresenta principalmente unchiarimento,cheponefine alle residue discussioni o dubbisulpunto. 2.1Parentelaedadozione Anche la precisazione secondo cui la parentela sorge anche in caso di adozione di minori è, in relazione all’adozione cosiddetta legittimante, pleonastica, poiché l’art. 27 della legge 184/1983, come modificata, già stabiliva che l’adottato acquisisse, senza alcuna differenza, lo stato di figlio legittimo degli adottanti. Il problema sorge per l’adozionedicuiagliarticoli 44 e seguenti della legge citata, che disciplinano l’adozioneincasiparticolari. Da una parte, infatti, la lettera della nuova legge è chiara, poiché l’espressione “figlio adottivo” è indubbiamente onnicomprensiva.Sinotiche, subito dopo, essa aggiunge che restano esclusi i maggiorenni,adottatiaisensi degli articoli 291 e seguenti delcodicecivile.Ilfattoche sia stata espressamente indicata un’esclusione sta ad indicare che non ve ne sono altre. Incontrariosirilevachela disciplina dell’adozione in casi particolari prevede, con l’art. 55, l’applicabilità all’istituto dell’art. 300 c.c., secondo il quale l’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottato ed i parenti dell’adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge. Ilcontrastononèsanabile in via di interpretazione e può essere risolto solo considerando implicitamente abrogato, per l’adozione in casi particolari, il richiamo allaparteinteressatadell’art. 300 oppure ritenendo che la norma che afferma la parentela sia una nuova “eccezione stabilita dalla legge”.Laprimasoluzioneè preferibile, perché il riferimento alle eccezioni è concepibile per singoli e parziali rapporti e non per l’interoconcetto. Se ciò è vero, si tratta di una novità importante, perchéavvicinaledueforme di adozione dei minori esistenti (legittimante ed in casi particolari), venendo incontro ad aspettative e richieste provenienti dal sociale. Si può dire che la nuova normativa non solo abbia posto (in buona parte) fine all’esistenzadifigli“diserie A” e “B”, come a livello di pubblica opinione si è sostenuto, ma sia anche intervenuta su di una differenza tra istituti dell’adozione per i quali venivano adoperate analoghe formuledicommentocritico. 3.Ilriconoscimento La modifica operata dal primo comma dell’art. 250 c.c. è esclusivamente nominale, in quanto, in conformità con i principi affermati econ lo spirito della novella, sostituisce la dizione “figlio naturale” con “figlio nato fuori dal matrimonio”. Nulla muta nella sostanza della norma, che riconduce alla riforma del 1975 ed alle discussioni che la seguirono, prima di pervenire alla conclusione che la donna sposata può dichiarare, anteriormente alla formazione dell’atto di nascita, che il figlio da lei partorito non è stato concepitodalmarito. Come è noto, la novella del1975creòtalepossibilità, senza tuttavia intervenire sull’art.253(inammissibilità di un riconoscimento in contrasto con lo stato di figliolegittimo)esulsistema di presunzioni di cui agli articoli231eseguenti. L’apparente contrasto fu risolto dalla giurisprudenza affermando che la posizione soggettiva di figlio legittimo non si consegue in modo automatico, per il solo fatto di essere partorito da donna coniugata, ma mediante la formazione dell’atto di nascita e che la presunzione di paternità non sorge prima della formazione dell’atto stesso e, in particolare, non sorge qualora la donna dichiarinell’attocheilfiglio nonèdelmarito(12). In tal modo, si attribuisce alla madre la facoltà di determinare in un modo o nell’altro la formazione dell’attodinascita,senzache sussistano filtri o controlli preventivi in ordine alla veridicità della sua affermazione ( 13). Contro le dichiarazioni non veritiere sono tuttavia applicabili i rimedi civili dell’impugnazione del riconoscimento e dell’azione di reclamo di legittimità (quest’ultima esercitabile solo dal figlio) e le sanzioni penali previste per la falsità ideologicaexart.483c.p.(o 495).Nonsiconfigurainvece ilreatodialterazionedistato (14). 3.1Commidueetre La novella è intervenuta sui commi due e tre dell’art. 250 unicamente abbassando l’etàprevista. Su questo argomento, come su tutte le modifiche apportate all’articolo in oggetto, l’accordo parlamentare era stato già raggiunto in prima battuta, come è dimostrato dal fatto che esso non è stato interessato dalle modifiche apportate dal Senato, che hanno determinato la necessitàdiulteriorelettura. Ilsecondocommaafferma che, nel caso in cui un genitore voglia procedere al riconoscimento, il figlio che abbia compiuto quattordici annidevedareilsuoassenso. Iltestoprecedenteprevedeva che questa facoltà spettasse alcompimentodisedicianni. Lamodificaèinlineacon la tendenza, moderna ed europea,adabbassarel’etàin cui i minorenni conseguono le prerogative relative al raggiungimento della maggiore età ed a riconoscere anche parzialmentelestesse. Inizialmente, ogni facoltà si conseguiva con la maggiore età (allora prevista per il ventunesimo anno di età), senza tener conto del fatto che il giovane di venti anni ed 11 mesi non era sostanzialmente diverso dal giovane di ventun anni compiuti e che l’autonomia che gli veniva attribuita non veniva certo acquisita in una solanotte,maerafruttodiun percorsoprogressivo. L’evoluzione ha consigliato di estrapolare singolefacoltà,riconoscendo al minorenne le sfere di capacità via via raggiunte e, quindi, attribuendogli differenti possibilità di assumere comportamenti giuridicamente rilevanti a secondadellasuaetà. Rientrano in questo schema le facoltà riconosciute dalla legge 22 maggio 1978 n. 194, per la quale le minorenni possono attivare la procedura per l’interruzione della gravidanza, dalla legge 18 giugno 1986, n. 291, per la quale il minore può esercitare il diritto di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, dellalegge26giugno1990n. 162, in ordine alla sottoposizione a programmi di disintossicazione da sostanzestupefacenti. Per quanto riguarda l’assenso previsto dall’art. 250 c.c., la norma avrebbe potuto colmare la lacuna per la quale il minore non riconosciuto da alcun genitorenonha(sesiesclude l’impugnazioneperdifettodi veridicità) strumenti per opporsi al riconoscimento, tramite il tutore o un curatore, ma si è limitata a ridurre di due anni la fascia di età entro cui il problema esiste. In passato, per lo stato di inferiorità ed emarginazione in cui il nonriconosciuto si trovava, si riteneva che il riconoscimento rispondesse sempre e comunque all’interesse del minore e che, quindi, non vi fosse bisogno di predisporre ulteriori filtri. Attualmente, la situazione è mutata ed il vaglio di un’entità che rappresenti il minore infraquattordicenne potrebbe essereopportuno. L’assenso è un atto discrezionale del figlio, senza il quale il riconoscimento non ha efficacia. Poiché il riconoscimento è irrevocabile e l’assenso può intervenire in qualsiasi momento, la mancanza di esso crea una situazione di sospensione ed indefinita pendenza, cui solo il figlio puòporrefine. La giurisprudenza ha affermato che l’assenso, in tale fattispecie, è “elemento costitutivo dell’efficacia del riconoscimento”(15). Anche la modifica del terzo comma dell’art. 250 c.c. è consistita unicamente nell’abbassare il limite di età. Essa è conseguenza necessaria della variazione del primo comma, poiché il consenso dell’altro genitore si rende necessario nella fasciadietàincuinonopera l’assenso del figlio. Nel momento in cui è stato modificatoilprimodato,siè dovuto mutare anche il secondo. Nel sistema attuale, pertanto, lo spartiacque è rappresentato dai quattordici annidelfiglio.Primadiessi, se non vi è stato alcun riconoscimento, l’atto può essere compiuto da ciascun genitore senza altre formalità; se invece un riconoscimento è già avvenuto,ilgenitoredisesso diverso può operare il proprio previa consenso dell’altro. Dopo tale data, il consenso non è più richiesto essendoassorbitoesostituito dall’assensodelfiglio. Il rilievo attribuito alla volontà ed all’autonomia del minoreèpertantoaccentuato. 3.2Procedimento in caso di rifiuto del consenso (quarto comma) Dall’assenso non si può prescindere, mentre alla mancanza di consenso è possibile sopperire con il procedimento previsto dal quarto comma dell’art. 250, comenovellato. Con tale norma il legislatore ha disciplinato in modopiùpuntaleecompleto il procedimento, ma ha perpetuato la criticabile abitudine di dettare tali disposizioninelcodicecivile enonnelcodicediprocedura (che dovrebbe essere la sede adeguata), magari attraverso una complessiva riforma e definizionedeiriti. In precedenza, la competenza spettava al tribunale per i minorenni. Ora essa, come può leggersi nel successivo articolo tre della legge di riforma, appartiene al tribunale ordinario. Dinanzi al tribunale minorile, il rito applicabile era quello camerale, di cui agli articoli 737 e seguenti delcodicediprocedura(16). Attualmente il succedersi delle vicende procedurali è indicato dalla norma e si svolge attraverso ricorso, eventuale opposizione (con conseguenti assunzione di informazioni ed audizione delminore)esentenza. Deve considerarsi applicabile l’art. 38 delle disposizioni di attuazione, come novellato, secondo il quale nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili,gliarticoli737e seguentic.p.c.. L’onere di iniziare il processoèattribuito,comein precedenza, al genitore che vuole effettuare il riconoscimento. Un’innovazione consiste nelfattocheilprocedimento sisvolgeinmodopiùspedito sel’altrogenitore,valeadire colui il quale non ha voluto spontaneamente prestare il consenso, si limita a tale attività “omissiva” e non interviene in causa. In tal caso,infatti,laquestionepuò essere speditamente decisa, con una sentenza che, se affermativa, tiene luogo del consensomancante. La norma non indica la possibilità,inquestocaso,di svolgere una sia pur minima attività istruttoria, ma, in baseaiprincipigenerali,tale facoltànonpuòesserenegata algiudice,oveeglilaritenga indispensabile. Il procedimento, infatti, si chiude con una sentenza e, quindi, con un giudizio di merito in ordine alla rispondenza del riconoscimento all’interesse delfiglio. Se invece il genitore che non ha prestato il consenso propone opposizione nel termine previsto (trenta giorni dalla notifica del ricorso), il procedimento si svolge sulla base dei poteri officiosi che la nuovanorma attribuisce al giudicante (17) (assunzione di informazioni, audizione del minore), sfociando ugualmente in una sentenza,laquale,secondola lettera della legge, sia vecchia che nuova, “tiene luogo del consenso mancante”. Il minore infraquattordicenne (solo al di sotto di tale età può attuarsi il procedimento ex art. 250/4 comma, essendo altrimenti il riconoscimento subordinato soltanto all’assenso) deve essere ascoltato, se ha compiuto dodici anni o è comunque capace di discernimento. La norma è ispirata ai principi generali ormai vigenti e ricalca quanto stabilito dall’art. 155 sexies c.c., dettato in tema di affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio. Inordinealruolodelfiglio nel procedimento, il legislatore della novella avrebbe potuto maggiormente valorizzare l’affermazionedellasentenza costituzionale del 2011 ( 18), secondo cui lo stesso è parte nel giudizio di opposizione (conrappresentanzadiregola affidata al genitore e con possibilità di procedere alla nomina di un curatore) (19). E-gli ha invece seguito la giurisprudenza di legittimità successiva alla pronuncia costituzionale ma antecedente rispetto alla novella, la quale, pur non negando tale qualità del minore, ha di fatto tratto da essa solo la giustificazione dell’inderogabilità dell’audizione (20). Analogamente, l’art. 250/4 modificato non afferma che il minore deve costituirsi in giudizio tramite il genitore chel’hagiàriconosciutooun curatore speciale, ma ribadiscecheeglideveessere ascoltato. L’obbligatorietà dell’audizione del minore in questa fattispecie non è comunque una novità, essendo stata costantemente interpretata in tal senso la formula “sentito il minore”, contenuta nel testo precedente(21). L’art. 250/4 precedentemente vigente espressamente richiedeva l’intervento del PM. Il fatto che la norma attuale non abbiaripetutotaleprevisione non deve però essere consideratacomeespressione d iuna volontà contraria. A prescindere dal fatto che sia menzionato o meno da una norma specifica, l’intervento del Pubblico ministero resta comunque fondato sull’art. 70,n.3c.p.c.(22).Vièpoila generale previsione del novellato art. 38 disp. att. c.c.,secondoilquale,intutti i procedimenti in materia di affidamento e mantenimento dei minori, il tribunale provvededopoaversentitoil PM. La novella non precisa qualesial’interessedelfiglio che può giustificare, nel merito, il rigetto dell’istanza di riconoscimento. Deve continuare a ritenersi valida laprecedentegiurisprudenza, secondo la quale il riconoscimento della prole naturalecostituisceundiritto soggettivo sacrificabile solo in presenza di un pericolo di danno gravissimo per lo sviluppo psico-fisico del minore(23). Non essendo intervenuta alcunanuovadisposizione,si può ritenere tuttora operante la giurisprudenza che, nel ribadire che l’indagine sulla veridicitàdelriconoscimento non fa parte del giudizio, ha tuttavia sostenuto che essa può essere attuataincidenter tantum, in caso di contestazioni della controparte, per verificare la legittimazione attiva del richiedente(24). 3.3Provvedimenti provvisori eprovvedimentiopportuni Lo schema che la nuova normativa detta per i provvedimenti provvisori ed urgenti richiama quanto previsto in sede di separazioneodivorzio. A differenza, tuttavia, di quanto avviene in tali procedimenti, l’emissione è eventuale, essendo subordinata al prevedibile esito del giudizio ed alle peculiaritàdelcaso. Ilfinecuiiprovvedimenti sono destinati consiste nell’ “instaurare la relazione”, valeadirenelpreparare,con la dovuta gradualità e cautela,ilminore,affinchéil rapporto con un genitore, magari fino ad ieri sconosciuto, parta nel modo giusto. Se l’opposizione appare palesemente fondata, vale a diresegliargomenticheessa porta lasciano presagire il rigetto dell’istanza di riconoscimento, nessun provvedimento provvisorio deve essere emesso. Ugualmente non vi è necessità di provvedimenti oveilgenitorecheeffettuail riconoscimento ed il figlio già si conoscano e si frequentinoinmodopacifico. Spetta pertanto al giudicante stabilire, non solo quali provvedimenti debbano essere adottati, ma anche “se”debbanoesserlo. La norma, a differenza di quanto accade per i “provvedimenti opportuni” da emettere con la sentenza (successivamente disciplinati), non precisa se tra le misure provvisorie ed urgentipossanoesservianche disposizioni di carattere economico. La risposta, in sede di interpretazione, ben puòesserepositiva,inquanto non vi è ragione per escludere tutto ciò che possa favorire l’instaurazione della relazione ed in quanto la stessa espressione “urgenti” facilmentesiadattaproprioa misure di carattere o rilevanzaeconomica. Il fatto che la finalità dei provvedimenti provvisori sia indicata in rapporto all’instaurazione della relazione induce a ritenere che,diregola,essinonsiano un’anticipazionedellemisure che saranno emesse con la sentenza,comeavvieneperi provvedimentiemessiinsede di separazione personale dei coniugi o divorzio. Non si ravvisano tuttavia ragioni perché, qualora ciò sia opportuno nell’interesse del minore, possano assumere talefunzione. L’interanormativaatutela delminoretendeadessere(e l’affido condiviso ne è esempio) sempre più duttile, per perseguire il fine sostanziale dell’interesse del medesimo e sconsiglia interpretazioni rigide o letterali che siano in contrastoconesso. Laletturadelsoloarticolo 250 può lasciare dubbi sull’esecutività dei provvedimenti ivi indicati, non essendo automaticamente applicabili alla fattispecie né l’art. 189 disp. att. c.p.c., né l’art. 741 c.p.c.. Ove tuttavia i provvedimentiinquestionesi considerino rientrare nel noverodeiprovvedimenti“in materia di affidamento e mantenimentodeiminori”,il problema è risolto dall’art. 38 disp. att., che espressamente ne prevede l’immediataesecutività. I “provvedimenti opportuni in relazione all’affidamento ed al mantenimento del minore” devono essere dati con sentenza. La norma novellata fa riferimentoall’art.315bised all’art. 262 c.c.. Il primo richiamo deve essere inteso come indicazione di principi s ucui fondare la decisione, mentre il secondo, oltre a svolgere la medesima funzione in relazione al suo oggetto, indica una tipologia diprovvedimentidaadottare, valeadireimponealgiudice di includere nella sentenza disposizionisulcognomedel figlio. L’art. 315 bis è norma integralmente nuova, che indicaalcuniprioritaridiritti ed un dovere del minore. Il richiamo ad esso è opportuno, anche se, in materia di affidamento, sarebbe stato opportuno anche un riferimento al valore della bigenitorialità, contenuto nel primo comma dell’art. 155 c.c., poiché tale ultima norma, pur dettata in tema di separazione dei coniugi, detta un principio generale, pertinente ed applicabileallafiliazione. Il riferimento all’art. 262 c.c.consentedirisolverecon ununicoprocedimentoanche le problematiche relative al cognome che il minore riconosciuto deve assumere. Su tale argomento la nuova legge non ha apportato modifiche e continuano pertanto ad applicarsi le disposizioniinvigore. L’ultimo comma dell’art. 250, come novellato, consente di derogare alla disposizione precedentemente vigente secondo la quale il riconoscimentodelfiglionon potevaesserefattodachinon avesse compiuto sedici anni. Ciò poneva il minore (ove entrambi i genitori si trovassero in questa condizione oppure ove uno solo dei due volesse operare il riconoscimento) nella condizione di vedersi sottoposto ad un procedimento per la dichiarazione dello stato di abbandono e, quindi, di adottabilità, con conseguente applicazione del rimedio previsto dall’art. 11 della legge184/1983(“Nelcasodi non riconoscibilità per difettodietàdelgenitore,la procedura è rinviata anche d’ufficio sino al compimento del sedicesimo anno di età delgenitorenaturale,purché sussistano le condizioni menzionate nel comma precedente”). Taleultimanormarestain vigore per il caso che il giudice non autorizzi il “prematuro”riconoscimento. Inpassatosiaffermavache il divieto era fondato sul fattocheilminorenonaveva la capacità per comprendere il valore dell’atto da compiere e che bisognava pertanto attendere il completamento della formazione della sua personalità. Questa motivazione non appare attualmente disattesa, in quanto la riduzione dell’etàèsubordinataaduna valutazione del giudice, che tengacontodituttiivaloriin gioco. 4.L’art.251c.c. L’incesto era punito già nel diritto romano. Nel periodoilluministailreatofu abolito, per essere ripristinato dal codice sardo pre-unitario e dal codice Zanardelli del 1889, il quale tuttavia puniva solo la relazioneincestuosa. L’attuale codice penale punisce l’incesto unicamente se commesso “in modo che nederivipubblicoscandalo”. Tale discutibile scelta, che sembra non voler perseguire ilfattoinsé,mal’immagine pubblicadiesso,erainlinea con le disposizioni civili vigenti prima della novella. Il riconoscimento di un figlio, infatti, è un atto che non resta nella sfera strettamente privata ma assume pubblica rilevanza e, pertanto, sembrava giusto dovesse essere sanzionato conl’inammissibilità. La modifica di legge ha finalmente assicurato all’interesse del figlio la prevalenza su ogni altra valutazione (e quindi anche sull’ingiusto concetto secondo cui le colpe dei genitori devono ricadere sui figli). Nonpuòdirsi,tuttavia,che la parificazione dei figli sia completa e che ogni discriminazione sia stata abolita. La norma, infatti, prevede, per il riconoscimento di figli nati da persone legate da stretti vincoli di parentela o affinità, l’autorizzazione del giudice, che non è invece necessarianeglialtricasi. La disposizione di legge può giustificarsi con l’opportunità di tutelare il minore stesso, perché la situazione ambientale potrebbe essere tale da rendere per lui pregiudizievole il riconoscimento. Essa resta, tuttavia,unadiscriminazione, perché la completa parificazione si avrà solo quando tutti i figli, in relazione ad un medesimo atto, avranno lo stesso trattamento,senzacondizioni osubordinate. Costituisce un indubbio progresso l’eliminazione della terminologia “figli incestuosi”. Tuttavia, finché solo ad essi sarà riferito uno specifico articolo del codice, continueranno a costituire una categoria e, verosimilmente, ad avere un nome che indichi una loro peculiarità o diversità nell’ambito del genere “figli”. La norma non indica le formecheilprocedimentodi autorizzazione deve assumere. Anche in questo caso occorre far riferimento all’art.38disp.att.c.c..Tale disposizione, nella precedente formulazione, affermava, con riferimento a tutte le fattispecie considerate,cheinognicaso il tribunale doveva provvedere in camera di consiglio. Attualmente, con formula apparentemente più restrittiva, essa detta lo stesso principio, in ordine ai “procedimentidiaffidamento e mantenimento” dei minori. Sembra tuttavia possibile, considerato il contesto, ritenere che l’interpretazione possa essere più ampia ed applicarsi anche a procedimenti non strettamente riferiti ad affidamentoemantenimento. La modifica dell’art. 251 e, quindi, la possibilità di riconoscimento per i figli nati da persone con stretti vincoli di parentela non era contenutaneltestoapprovato dalla Camera, in prima lettura, il 30 giugno 2011. L’inserimento dell’ulteriore disposizione è stata oggetto di vivaci polemiche e di commenti negativi, da parte di alcune componenti politiche, all’indomani della definitivaapprovazione(25). 5.Effettidelriconoscimento Il secondo ed il terzo comma dell’art. 258 del codice civile sono rimasti invariati.Ilprimocommaha subito una modifica, piccola dal punto di vista lessicale, maassaisignificativasottoil profilo sostanziale. All’originaria previsione, secondo cui il riconoscimento produce effetti (solo) nei confronti delgenitorechelocompie,si è infatti aggiunto: “… e riguardoaiparentidiesso”. In tal modo, il minore, al momento e per effetto del riconoscimento, non solo acquisisce un genitore che assume ogni obbligo di mantenimento, istruzione e cura, nei suoi confronti, ma consegue una molteplicità di rapporti parentali, pari ai rapportidelgenitorestesso. Anche in questo caso, la novellalegislativarisolveun problema interpretativo controverso in dottrina. Secondo alcuni Autori, infatti, la vecchia formulazione non intendeva evitare la nascita di una parentela naturale, bensì escludere che il riconoscimento potesse estendersi all’altro genitore (26). Contalevisionerestrittiva si intendeva espungere tale norma dal novero di quelle utili per la soluzione del problema dell’esistenza di una parentela naturale e del suo avverarsi a seguito del riconoscimento, lasciando spazio a quelle che suggerivano una soluzione diversa(27). La normativa precedentemente vigente altresìfacevasalviglieffetti nei confronti di persone diversedalgenitore,“previsti dalla legge” e, quindi, quale che fosse l’interpretazione prescelta, consentiva di individuare ipotesi in cui il riconoscimento potesse consentirecollegamentitrail figlio riconosciuto ed i parentidelgenitore. Attualmente il sorgere di un vincolo giuridico non è più controverso ed è illimitato. Le conseguenze della novella investono in particolare la materia successoria, comportando immediata abrogazione implicita di alcuni articoli (578,579,580)emodificadi altri, relativi ai rapporti tra parenti (ex) naturali. In relazione a tale aspetto, infatti, l’equiparazione dei figlielamodificadell’art.74 non presuppongono, per determinare i propri effetti, l’emanazione dei decreti per iqualiilGovernoharicevuto delega,nérestanosospesein attesadiessi. 6.Modificadell’art.276c.c. Il legislatore della novella ha stabilito che, nel codice civile, le parole figli legittimi e figli naturali, ovunque ricorrano, siano sostituite con “figli”. In conseguenza di ciò, quando hadovutoriferirsiagliunied agli altri (art. 74 e 250), ha adoperato l’espressione “filiazione all’interno del matrimonio”e“aldifuoridi esso”. Perché il precetto possa avere pieno significato, l’abolizione del termine “naturale” dovrebbe riferirsi ad ogni altro rapporto conseguenteallafiliazione. L’art. 276 novellato conserva invece il termine “naturale”, riferito alla paternitàedallamaternità. La modifica che la nuova legge determina consiste nell’assicurare un’ulteriore possibilità di esperimento dell’azione. Precedentemente, infatti, dopo la morte del genitore, essa poteva essere esercitata solo inpresenza di eredi. Attualmente, se non ve ne sono,èprevistalanominadi uncuratorespeciale. L’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, come stabilito dall’art. 270 c.c. (norma non modificata dall’ultima riforma), è imprescrittibile riguardo al figlio. Con la nuova formulazione dell’art. 276, l’imprescrittibilità è stata rafforzata e tutelata anche dopolamortedelgenitore. CAPITOLOI IMUTAMENTIDELLA FAMIGLIAEL’OBBLIGO DIMANTENIMENTODEL CONIUGEEDEIFIGLI SOMMARIO:1.Daldirittoromano al Codice civile del 1942. La potestà delpaterfamiliascome elementocardinedellafamiglia eilmantenimentodellamoglie. – 2. Il principio di parità tra i coniugi nella Costituzione e nella giurisprudenza della Corte Costituzionale fino al 1975. –3. I principi di eguaglianza e solidarietà coniugale, e l’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia, nella riforma del 1975. –4. L’istituzione del divorzio e i suoi effetti economici. –5. Il mantenimento dei figli. Dalla soggezioneallapotestàpaterna al riconoscimento di diritti soggettivi. –6. Eguaglianza ed autonomia dei soggetti, nella famiglia attuale. La condivisione ed equa ripartizione delle risorse economiche della famiglia e la tutela dei soggetti economicamentepiùdeboli. 1 .Dal diritto romano al codice civile del 1942. La potestà del pater familias come elemento cardine della famiglia e il mantenimento dellamoglie. Il mantenimento del coniuge e dei figli segue nei secoli l’evoluzione dell’ “istituzione” famiglia e dei rapporti tra i suoi componenti, condizionati dai mutamenti sociali ed economici. Nel diritto romano la familiaproprioiuresibasava sulla soggezione alpater familias, che esercitava la s u apotestas sui sottoposti, fossero essi o no parenti di sangue. La famiglia rappresentava non solo un complesso di persone, ma anche l’insieme di beni che facevano capo al pater, padrone assoluto nella domus(28). In origine, quando la donna romana si sposava, passava dal potere assoluto del proprio padre (manus) a quello del marito (sesui iuris), oppure del suocero ( m a t r i m oni ocum manu). Successivamente, tra la fine dell’età repubblicana e i primi secoli dell’impero romano (dalla seconda metà delIVsec.a.C.allaprimadel III°), la struttura della familia si modificò (29) e la donnaacquistòunamaggiore autonomia, sia per l’affermarsi del matrimonio sinemanu,doveladonnaei suoi beni restavano all’interno della famiglia d’origine, che per il riconoscimento a suo favore del diritto di ereditare e fare testamento. Ilgradualericonoscimento della capacità di esercizio di alcunidiritticomportòperle donnelapossibilitàdigestire ed amministrare il proprio patrimonio. Tuttavia, le donne sprovviste di parente maschile, che potesse esercitare su di loro il proprio potere, erano costrette ad avere un tutore. La tutela perpetua era un istituto coerente con le caratteristiche di un sistema politico e sociale basato sul principiochelagestionenon solo della vita collettiva ma anche del patrimonio familiare era compito esclusivamentemaschile. Ilmaritoavevaildirittodi esigere dalla moglie rispetto ed obbedienza e di essere assistito “nel governo delle cose domestiche e negli acquisti”;lamogliedalcanto suo aveva diritto ad esigere dalmaritoilmantenimentoe la “difesa dagli altrui oltraggi”. Durante il Medioevo la donna continuò a rimanere soggetta agli interessi del gruppo familiare di appartenenzaeacostituireil bene di scambio di maggior valore, assumendo ulteriore rilevanza la dote che veniva pagata dal padre della sposa per fornire i mezzi per il mantenimento della nuova famiglia.L’istitutodelladote è rimasto nel nostro ordinamento fino all’entrata in vigore della riforma del dirittodifamigliadel1975. Dopolaproclamazionedel Regno d’Italia, nel codice civile emanato nel 1865 rimase la posizione subordinata della donna al marito (30). L’art. 131 affermava che “il marito è capo della famiglia: la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome, ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli creda opportuno di fissareresidenza”, e ai sensi dell’art. 134 le donne non potevano compiere atti giuridici di contenuto economico senza l’autorizzazione del marito (31). L’istituto dell’autorizzazione maritale (32) era presente anche nel codicediNapoleone(33) del 1804, ma nel sistema francese vigeva il sistema della comunione dei beni tra i coniugi, che proteggeva maggiormente la donna. Il codice italiano del 1865, invece, manteneva il sistema della separazione dei beni, anche in presenza di dote d e l l asposa, che con il matrimonio diveniva di esclusiva proprietà del marito. A riparazione di tale spoliazione di beni, era sancito il dovere del marito “di proteggere la moglie, di tenerla presso di sé e somministrarle tutto ciò che è necessario ai bisogni della vita in proporzione delle sue sostanze”(art.132).Peraltro, la moglie doveva contribuire al mantenimento del marito, se questo non aveva mezzi sufficienti. L’obbligazione del marito “di somministrare gli alimenti alla moglie” veniva a cessare“quandolamoglie, allontanatasi senza giusta causa dal domicilio coniugale, ricusi di ritornarvi. Può inoltre l’autorità giudiziaria, secondo le circostanze, ordinareaprofittodelmarito e della prole il sequestro temporaneo di parte delle rendite parafernali della moglie”(art.133). Il codice civile del 1942, approvato con Regio decreto legge16marzo1942,n.262, mantennelaconcezionedella famiglia fondata sulla subordinazione della moglie al marito, sia nei rapporti personali che in quelli patrimoniali, sia nelle relazioni di coppia che nei riguardideifigli. L’art.144delcodicecivile del1942(“Potestàmaritale”) aveva contenuto identico all’art. 131 del codice del 1865, così come l’art. 145 (“Doveri del marito”) era identicoall’art.132. In un sistema sociale e familiare fondato sull’affermazione della diseguaglianza dei coniugi, risultava conseguente prevederecheilmaritoaveva il dovere di somministrare alla moglie, in proporzione alle sue sostanze, “tutto ciò che è necessario ai bisogni della vita” (art. 145, primo comma, cod. civ. 1942), indipendentementedaimezzi di cui la stessa disponeva, mentrelamoglieeratenutaa contribuire al mantenimento del marito solo se questi era privo di “mezzi sufficienti” (art. 145, secondo comma, cod.civ.1942). La separazione personale potevaesserechiestasoloper determinate cause (adulterio, volontario abbandono, eccessi, sevizie, minacce o ingiurie gravi), e non era ammessa per l’adulterio del marito, salvo che il fatto costituisse un’ingiuria grave per la moglie (art. 151 cod. civ.1942).Ilconiugechenon avevacolpanellaseparazione personaleconservavaidiritti inerenti alla sua qualità di coniuge, purché non incompatibili con lo stato di separazione. L’art. 156, primo comma, ponevaacaricodelmarito,in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l’obbligodi somministrare alla moglie tutto ciò che era necessario ai bisogni della vita,indipendentementedalle suecondizionieconomiche. Il codice civile del 1942 prevedeva come unico motivo di scioglimento del matrimonio la morte di uno dei coniugi, ed esprimeva perciò il principio dell’indissolubilità del matrimonio. 2.Il principio di parità tra i coniugi nella Costituzione e nella giurisprudenza della Corte Costituzionale fino al 1975. L’Assemblea Costituente (34) abolì con l’art. 3 ogni discriminazione fondata sul sesso. Con l’approvazione dell’art. 29 (35), il 23 aprile 1947, venne abolita la figura del capo famiglia e si riconobbe pari dignità ai coniugi, ponendo così termine ai molti millenni di patriarcato, sostenuto dal diritto romano e dalle successivecodificazioni. I principi posti dalla Costituzione repubblicana rimasero tuttavia inattuati per molti anni, in quanto i rapporti familiari furono disciplinati fino alla riforma del 1975 dalle norme del codiceciviledel1942. La dottrina prevalente all’epoca giustificava l’ordinamento gerarchico familiare anteriore alla Costituzione come compatibile con il principio di eguaglianza espresso dall’art. 29 Cost., stante la necessità di temperare tale principio con l’esigenza primariadimantenerel’unità dellafamiglia(36). Per lungo tempo anche la giurisprudenza della Corte costituzionale non concesse alcuna significativa apertura all’effettiva applicazione del principiodieguaglianzatrai coniugi,edanziinnumerose pronunce ribadì il necessario affievolimento di tale principio al fine di salvaguardare una concezione antica della famiglia,eilruolodelmarito quale garante dell’unità familiare(37). Un vivace dibattito giurisprudenziale si sviluppò anche sulle differenti previsioni contenute negli artt. 144, 145, e 156, primo comma, laddove si riteneva sussistere una disparità di trattamento economico fra i due coniugi e una conseguente situazione di ingiustificato vantaggio (economico)perlamoglie. La Corte costituzionale, nel 1967, ritenne che “la disposizione denunciata – in riferimento all’art. 144, primo comma, c.c. - non contrasti con la Costituzione poiché la diversità della distribuzionedeglionerifrai due coniugi trova fondamento nella diversa posizione che il vigente Codice di diritto privato, ritenendola necessaria ad assicurare l’unità della famiglia, conferisce loro e che si concreta nell’attribuire al marito (oltre che l’esclusività dell’esercizio della "patria potestà"suifigli)latitolarità di una "potestà maritale", alla quale connette una ampia serie di particolari poteri, tali da porlo in posizionedipreminenzasulla moglie.…Apparechiaroche nel sistema del Codice i particolari doveri imposti al marito, quali sono quello della "protezione" della moglie e l’altro, del quale si controverte, della somministrazione ad essa di tutto quanto le è necessario per la soddisfazione di ogni suo bisogno, senza riguardo alle sostanze di lei, sono da valutare nel rapporto in cui si trovano di necessaria correlazione con la situazione di vantaggio a lui conferita, sicché, ferma rimanendo quest’ultima, nessuna attenuazione potrebbe apportarsi negli obblighi, venendo altrimenti meno l’equilibrio voluto costituire nei rapporti reciproci. ” .( C. cost., sentenza n. 144 del 12 dicembre1967). La Corte dichiarò invece, con sentenza n. 46 del 4 maggio 1966, l’illegittimità costituzionale dell’art. 156, primo comma, del codice civile del 1942, “nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l’obbligo di somministrare alla moglie tutto ciò che è necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei.”, in considerazione dell’ “ assoluto divieto di diversità di trattamento giuridicoperragionidisesso posto dall’art. 3 Cost.”. La pronunciaavevaperaltrouna valenza negativa per le donne, rimanendo intatto il regime dei privilegi riconosciutialmarito. Nel caso di separazione per colpa del marito, la Corte,consentenzan.45del 20 marzo 1969, dichiarò invece non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 156, primo comma, laddove considerava, in tale ipotesi, irrilevanti le condizioni economiche della moglie in riferimento al diritto al mantenimento di questa nei confronti del marito, precisando che “invero la situazione dei coniugi separati non può non apparire obiettivamente diversa secondo che alla separazione essi siano addivenuti per concorde volontà ovvero per colpa di uno dei due, giudizialmente accertata. Nella prima ipotesi, i coniugi, che hanno volontariamente rinunziato alla convivenza ed agli eventuali vantaggi con essa connessi, si trovano su un piano di assoluta parità, e questaesigecheladisciplina alla quale nei reciproci rapporti essi saranno sottoposti dal momento della separazioneinpoisiaeguale perilmaritoeperlamoglie, indipendentemente dal regime giuridico operante in costanza di unione; nella seconda, invece, la convivenza viene meno per fatto imputabile ad uno dei due, sicché nella determinazione dei rapporti patrimoniali non si può non tener conto, rispetto al coniuge incolpevole, dei diritti da lui goduti prima della separazione; prescindere da questi significherebbe rendere possibile un inammissibile trattamentopreferenzialeper chi vi ha dato causa.”. Osservava inoltre che“… nella vicenda del rapporto matrimoniale dovuta alla separazionepercolpadiuno dei due coniugi - e finché permane l’attuale, differenziata disciplina dei loro diritti in costanza di convivenza - il principio di parità può essere rispettato solo a condizione che il marito o la moglie incolpevoli conservino nei confronti del coniuge in colpa gli stessi diritti patrimoniali che la legge fa discendere dal matrimonio.” (38). L’art. 145, primo comma, del codice civile del 1942 venne dichiarato, con sentenzan.133del24giugno 1970, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non subordinava alla condizionechelamoglienon avesse mezzi sufficienti il dovere del marito di somministrarle, in proporzione delle sue sostanze, tutto ciò che è necessario ai bisogni della vita, con la motivazione che “unadiversitàditrattamento, un tempo coerente con una concezione dei rapporti fra maritoemoglieradicalmente diversadaquellapoiassunta dal legislatore costituente a fondamento della nuova disciplina, appare ora come fonte di un puro privilegio della moglie, non conforme all’odierna valutazione dei rapportifamiliari”. Nonostante tale motivazione sembri paradossale nel far riferimento ad una posizione diprivilegiodellamoglie-in epocaincuinelcodicecivile continuava a permanere la potestà maritale, mentre crescevano nel nostro Paese le manifestazioni di piazza che richiedevano una legge sul divorzio e la riforma del diritto di famiglia -, quella pronuncia evidenzia l’apertura di un nuovo orientamento, laddove afferma per la prima volta che “la Corte ritiene che siffatta disparità di trattamento non trovi giustificazione in funzione dell’unità familiare. Si può, anzi, affermare che, quando si tratti dei rapporti patrimoniali fra i coniugi, è proprio l’eguaglianza che garantisce quella unità e, viceversa, è la diseguaglianza a metterla in pericolo. … l’unità della famiglia … si rafforza nella misura in cui i reciproci rapporti fra i coniugi sono governati dalla solidarietà e dallaparità.”(39). 3.Iprincipidieguaglianzae solidarietà coniugale, e l’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia, nella riformadel1975. I valori dell’eguaglianza e della solidarietà, quali fondanti una nuova concezione della famiglia, sono stati recepiti dal legislatore della Riforma del diritto di famiglia del 1975 (40), che si è preoccupato innanzitutto di confermare il principio della parità tra i coniugi con l’affermazione contenuta nel primo comma dell’art. 143 c.c. (“con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi doveri e assumono i medesimidiritti”)(41). L’eguaglianza dei coniugi viene così a costituire “il supporto dell’organismo familiareenecaratterizzala funzione” (42), mentre il conflitto tra il valore della parità coniugale e l’esigenza dell’unità della famiglia trova soluzione, con la riforma del 1975, nella regola dell’accordo prevista dalnovellatoarticolo144c.c. (43). L’art. 143 c.c., modificato dallal.151/75,poneacarico di entrambi i coniugi “l’obbligo reciproco alla fedeltà,all’assistenzamorale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione”, e impone a ciascun coniuge di contribuire ai bisogni della famiglia, “in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionaleocasalingo”. Il dovere di contribuzione sancito dall’art. 143 c.c. è diretto ad assicurare l’eguaglianza sostanziale dei coniugi sul piano dell’assistenza edella collaborazione, e viene considerato il regime primario della famiglia, in quanto obbligo inderogabile che comporta la messa a disposizione da parte di ciascunodeiconiuginonsolo dellepropriesostanze,ecioè delgodimentodeibenidicui si ha la disponibilità, ma anche del godimento dei redditiderivantidalleproprie capacitàdilavoro(44). Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, l’obbligo di contribuzione consiste nella prestazionereciprocaditutto ciò che permette il conseguimento di un tenore di vita corrispondente alla posizione socio economica dei coniugi; il soddisfacimento dei bisogni della famiglia non deve peraltro essere inteso nella misura minima, bensì in misura corrispondente ai redditi e alla effettiva situazione economica dei coniugi(tantoche,insededi separazione personale, il coniugepuòpretendereperil proprio mantenimento un assegno proporzionato alla posizione economica dell’altro,indipendentemente dal tenore di vita più basso tollerato prima della separazione)(45). Il valore economico e sociale del lavoro casalingo della donna è stato pienamente riconosciuto con la riforma del 1975, che ne ha sottolineato, nell’art. 143 c.c., la funzione di apporto contributivo ai bisogni della famiglia al pari del lavoro professionale del marito. L’introduzione, con il novellato art. 159 c.c., del regime legale della comunione dei beni, in sostituzione del precedente regime della separazione dei beni, e la regolamentazione dell’impresa familiare (art. 230 bis c.c.) costituiscono ulteriore conferma del riconoscimentodelvaloredel lavoro casalingo nell’ambito deirapportipatrimonialitrai coniugi. La riforma ha modificato anche la normativa relativa alla separazione personale, abolendo il concetto di “colpa”, e consentendo la separazione come “rimedio” all’impossibilità della prosecuzione della convivenza coniugale e a situazioni che rechino grave pregiudizio all’educazione dellaprole(art.151c.c.).Nel giudizio di separazione personale, ai sensi del riformato art. 156 c.c., il giudice stabilisce “a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinatainrelazionealle circostanze e ai redditi dell’obbligato.”. Nel codice civile, riformatodallalegge151/75, al dovere di contribuire ai bisogni della famiglia previstodall’art.143c.c.siè così aggiunto il dovere di corrispondere un contributo almantenimentodelconiuge separatoeconomicamentepiù debole, ai sensi dell’art. 156 c.c.. Sulla natura dell’obbligo di mantenimento ex art. 156 c.c., in relazione all’obbligo di contribuzione ex art. 143 c.c., si è sviluppato in dottrina un vivace dibattito, sostenendoalcuniAutoriche trattasi della prosecuzione dellostessodoveresancitoin costanza di convivenza coniugale (46), mentre secondo altri costituirebbe una continuazione ed un affievolimento del dovere di contribuzione previsto in costanza ed in piena vigenza del matrimonio (47), o, ancora, la trasformazione di tale dovere, nel nuovo contesto della separazione (48). 4.L’istituzionedeldivorzioe isuoieffettieconomici. L’introduzione del divorzio nel nostro ordinamento, con la legge 1 dicembre1970n.898,èstata accompagnata da un acceso dibattito sulla concezione cristiana dell’indissolubilità del matrimonio, che ha relegato in secondo piano le questioni relative alle conseguenze economiche dello scioglimento del matrimonio. L’inadeguatezza della legge 898/70 sotto il profilo degli effetti economici del divorzio,disciplinatisecondo criteri generali che lasciavano un eccessivo margine di discrezionalità al giudice,risultòevidentedopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, che peraltro non effettuò alcun coordinamento con la legge che aveva istituito il divorzio. Conlasuccessivaleggedi riformadel6marzo1987,n. 74, il legislatore si è dunque preoccupato di limitare le disparità di trattamento economico che potevano verificarsi per la valutazione discrezionale del giudice, il quale nella determinazione dell’assegno applicava i criteri assistenziale, risarcitorio e compensativo, come previsto dalla legge 898/70. Come si approfondirà nel proseguo, la legge 74/87 ha modificato la natura dell’assegno divorzile, attribuendogli una funzione assistenziale fondata sul presupposto della mancanza di mezzi adeguati da parte del coniuge richiedente o dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. 5 .Il mantenimento dei figli. Dallasoggezioneallapotestà paterna al riconoscimento di dirittisoggettivi. Con la trasformazione della famiglia, da istituzione fondata sull’autoritarismo d e lpater familias, a comunitàfondatasugliaffetti e la reciproca solidarietà dei suoicomponenti,portatoridi autonomi diritti soggettivi, muta anche la posizione giuridicadelfigliominore. Fino all’entrata in vigore della Costituzione, il figlio minore era soggetto alla potestà del padre, che assumeva a sua totale discrezione le decisioni che loriguardavano. Nella Costituzione repubblicana inizia ad emergere una posizione giuridica autonoma del minore. L’art. 30, primo comma, Cost., nel riconoscere che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educareifigli,anchesenati fuori dal matrimonio”, definisce la potestà dei genitori nei confronti del figlio minore, legittimo o naturale, come esercizio di un diritto-dovere che trova nell’interessedelfigliolasua funzione (munus) e il suo limite(49). Nella Carta costituzionale si rinviene la primaria affermazione deldiritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalità e a tale interesse sono funzionalmente collegati i doveri che ineriscono, prima ancora dei diritti, all’esercizio della potestà genitoriale. Nel periodo successivo alla Costituzione, prima del varodellariformadeldiritto di famiglia del 1975, mentre si va affermando la nuova concezione della famiglia come comunità di affetti, si assiste ad un cambiamento della cultura giuridica rispetto alla posizione del minore, che si esplicita ad esempio nella legge sull’adozione n. 431 del 5 giugno 1967, dove vengono recepiti i principi della Convenzione europea di Strasburgo del 24 aprile 1967, e si ribalta la visione tradizionale dell’istituto, ponendo al centro non più l’interesse dell’adottante bensìquellodell’adottato. Solo con la riforma del diritto di famiglia del 1975, che realizza il principio di parità nell’ambito della famiglia,siiniziaperòadare concreta attuazione ai principi costituzionali che riconoscono i diritti soggettivi dei figli, legittimi comenaturali(50). Cosìl’art.147c.c.impone ad ambedue i coniugi “l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendocontodellecapacità, dell’inclinazione naturale e delleaspirazionideifigli”,e l’art.148,primocomma,c.c. afferma che “i coniugi devono adempiere l’obbligazione prevista nell’articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionaleocasalingo”. L’art. 261 c.c., poi, afferma il fondamentale principioinforzadelqualeil riconoscimento del figlio naturale comporta da parte del genitore l’assunzione di tuttiidoveriedituttiidiritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi, il che attesta l’assoluta preminenza attribuita al rapporto di filiazione in quanto tale, rispetto al discrimine del matrimonio(51). La recente legge n. 54/06 (52),affermandoildirittodel figlio minore alla bigenitorialità, ha integrato ledisposizionidegliartt.147 e 148 c.c., indicando le modalità e i criteri del mantenimento dei figli, minori e maggiorenni non autonomi economicamente. Nell’ottica della continuità della fattiva presenza dei genitori nella vita dei figli, nonostantelaseparazioneoil divorzio, la legge 54/06 privilegia la forma del mantenimento diretto e delinea una funzione perequativa dell’assegno periodico, determinato secondo il criterio proporzionale riferito alle rispettiverisorseeconomiche dei genitori e gli ulteriori criteri indicati nel novellato art.155c.c.. Ilriconoscimentodidiritti soggettivi ai figli minori cui consegue “il dovere del genitore,previstodall’art.30 Cost., di essere presente nella vita del figlio, per fornirgli un apporto morale ed assistenziale, sotto il profilo sia economico che educativo”,hadeterminatoil sorgere di un orientamento giurisprudenziale che “laddove vi sia una totale, immotivata, reiterata e perdurante assenza del genitore” ritiene si configuri “la lesione del diritto del figlioall’assistenzamoralee materiale, e la conseguente sussistenza di un danno esistenziale, che risulta provato quando lo stesso figlio abbia avuto la percezione e la consapevolezza dell’effetto privativo dell’apporto genitoriale”(53). La giurisprudenza di legittimità ha confermato questo indirizzo, sottolineando che l’obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste sin dalla nascita, non venendo meno durante l’eventuale periodo anterioreallapronunciadella dichiarazione giudiziale di paternità né venendo esclusa laresponsabilitàdelgenitore in assenza di specifiche richieste provenienti dalla madre o dal figlio, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (54). Ne consegueche“ildisinteresse dimostratoversoilfigliodal genitore naturale, manifestatosiperlunghianni e connotato dalla violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, determina una lesione dei diritti del figlio, che,scaturendodalrapporto di filiazione, trovano tutela nella Carta costituzionale e nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento”. Tale violazione dei doveri genitoriali verso il figlio “comporta la sussistenza di un illecito civile, trovando l’illecito endofamiliare sanzione non soltanto nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, ma anche nell’obbligo di risarcimento dei danni non patrimoniali”(55). 6.Eguaglianzaedautonomia dei soggetti, nella famiglia attuale. La condivisione ed equa ripartizione delle risorse economiche della famiglia e la tutela dei soggetti economicamente più deboli. Ad oltre trent’anni dal varo della riforma del 1975, la giurisprudenza di legittimità riconosce la famiglia “come sede di autorealizzazione e di crescita, segnata dal reciprocorispettoedimmune da ogni distinzione di ruoli, nell’ambito della quali i singoli componenti conservanoleloroessenziali connotazioni e ricevono riconoscimento e tutela, prima ancora che come coniugi, come persone, in adesione al disposto dell’articolo 2 Costituzione, che nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità delinea un sistema pluralistico ispirato al rispetto di tutte le aggregazioni sociali nelle quali la personalità di ogni individuo si esprime e si sviluppa”(56). Questa nuova concezione dellafamiglia,dovelatutela dei diritti soggettivi dei singoli diventa predominante, quale condizione per la piena e libera realizzazione della personaumana,purtrovando limite e contemperamento nel rispetto dei diritti degli altri soggetti della relazione familiare e nell’esigenza di unaconvivenzafondatasulla paritàesolidarietà,haaperto la strada verso una progressiva "privatizzazione" della famiglia, dove assumono rilevanza l’accordo e la negoziazione traiconiugi(57). È una tendenza da tempo in atto, che necessita oggi di un ulteriore ampliamento, per dare maggiore riconoscimento all’autonomia negoziale dei coniugi,sianelfissarelebasi dei loro rapporti patrimoniali, prima del matrimonio,cheneldefinirli in funzione di una eventuale crisidelrapporto.Partedella dottrina sostiene così l’esigenza di introdurre nel nostro ordinamento accordi simili aiprenuptial agreements (58) del diritto anglosassone, anche per determinare il mantenimento del coniuge economicamente più debole, sia durante il matrimonio che dopo la cessazione della convivenza, operconcordarnelarinuncia reciproca, e rileva che “il problema della tutela del coniuge debole, specie di fronte al fenomeno dell’emancipazione femminile,nonpuòcostituire una giustificazione alla permanenza di interventi espressivi di una concezione paternalistica dei rapporti tra individuo e poteri dello Stato"(59). Lagiurisprudenzacontinua invece a ritenere invalidi gli accordi che si pongono in contrasto con il principio dell’inderogabilità dei diritti e dei doveri che discendono dalmatrimonio,richiamando il limite disposto dall’art. 160c.c.. Così, gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sedediseparazione,ilregime giuridico patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio, sono ritenuti invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale della radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espressodall’art.160c.c..Si sostieneinparticolarechedi tali accordi non può tenersi conto sia quando limitino o addirittura escludano il diritto del coniuge economicamente più debole alconseguimentodiquantoè necessario per soddisfare le esigenze della vita, che quando soddisfino pienamente dette esigenze, per il rilievo che una preventiva pattuizione specie se allettante e condizionata alla non opposizione al divorzio potrebbe determinare il consenso alla dichiarazione degli effetti civili del matrimonio(60). Nell’ambito dell’attività negoziale dei coniugi, si è poi indotti a riflettere sulle conseguenze del maggiore utilizzo, rispetto al passato, del regime convenzionale dellaseparazionedeibeni,in particolare quando sussiste una disparità di situazioni redditualiepatrimonialitrai coniugi. In tali casi è evidente l’esigenza di adottare criteri di equità - non essendo possibileilricorsoaiprincipi di parità, propri della comunione legale, ma certo non del regime di separazione dei beni - che possanoconsentire,nellafase dellaseparazionedeiconiugi, la distribuzione tra gli stessi delle risorse accumulate nel corsodelmatrimonio,cosìda assicurarne una divisione, anche non paritaria, ma che consentadievitarechescelte concordate durante il matrimonio, quale ad esempio il lavoro casalingo della moglie, abbiano ricadute negative solo su questa,dopolaseparazione. Nella vigente legislazione non risulta tuttavia uno strumentoidoneoarealizzare questo principio di equità, così che parte della dottrina ritiene necessaria “una rivisitazione dell’assegno di mantenimento e dell’assegno didivorzioalfinedirenderli strumenti idonei a realizzare un’equa ripartizione delle "nuove forme di ricchezza dellafamiglia"”(61). Dall’analisi dei continui mutamentidellafamiglianel complessivo quadro socioeconomico,edeirapportiche si instaurano tra i suoi componenti,emergepertanto l’esigenza di una nuova elaborazionecheconsiderila funzione dell’assegno per il coniugecomeprincipalmente perequativa, fondata sul bilanciamento dei valori della parità, equità e solidarietàtraiconiugi. Una elaborazione che seguaquestastradanonpotrà che muoversi nell’ottica di un progressivo avvicinamento della separazione e del divorzio, e conseguentemente della funzione dell’assegno per il coniuge separato a quella dell’assegno divorzile, come già nei fatti tendenzialmente avviene quale risultato della negoziazione privata tra i coniugi in sede di separazione consensuale, che tende a definire i loro rapporti patrimoniali anche perilfuturo. CAPITOLOII RILEVANZA PSICOLOGICADELLA QUESTIONEECONOMICA NELCONFLITTO FAMILIARE SOMMARIO: 1. Il “rimedio” della separazione personale e la costruzione di un nuovo progetto di vita. –2. Il riconoscimento delle esigenze economiche dell’altro coniuge nella fase del conflitto e nella negoziazione finalizzata all’accordo. La mediazione del conflitto. 1 .Il “rimedio” della separazione personale e la costruzione di un nuovo progettodivita. La riforma del diritto di famiglia del 1975 ha profondamente modificato l’istituto della separazione, concepito dal legislatore del 1942 come una situazione patologicatransitoria,poiché nella prospettiva di una difesa ad oltranza della famiglia era prevista la ricomposizione del vincolo coniugale. Alla separazione ammissibile solo in ipotesi tassative, riferite al comportamento colpevole di uno o di entrambi i coniugi, secondo una logica chiaramente sanzionatoria e repressiva, è stata sostituita la concezione di una separazione intesa come rimedio ad una convivenza divenuta intollerabile o tale da recare grave pregiudizio all’educazione della prole, e quindi come certificazione della fase patologica del rapporto coniugale costituente titolo autosufficiente di cessazione della convivenza o suscettibile di sfociare in un successivo divorzio o anche di protrarsi indefinitamente, secondo la libera determinazione delle parti (62). Lapossibilitàattribuitadal nuovo testo della norma a ciascunconiugedirichiedere la separazione, a prescindere dalle responsabilità o dalle colpe nel fallimento del matrimonio, si presta ad un’interpretazione aperta a valorizzare elementi di carattere soggettivo, costituendo la "intollerabilità" un fatto psicologico individuale, riferibile alla formazione culturale,allasensibilitàeal contesto interno alla vita dei coniugi. In una visione evolutiva del rapporto coniugale ritenuto, nello stadio attuale della società, incoercibile e collegato al perdurante consensodiciascunconiugeil giudice, per poter pronunciare la separazione, deve verificare l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio taledarendereincompatibile la convivenza, a prescindere da elementi di addebitabilità a carico dell’altro. Ove tale situazione d’intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, questi ha diritto di chiedere la separazioneeinterromperela convivenza, sul presupposto che è divenuto impossibile svolgere adeguatamente la propria personalità in quella "società naturale" costituita con il matrimonio che è la famiglia(63). La dottrina ha posto in luce come rimanga tuttavia un’ambiguità di fondo dell’istituto, insita nel dato normativo, che, da un lato, sembra accogliere ancora la concezionetradizionaledella separazione come momento patologico e temporaneo, dall’altro, la considera come presupposto del divorzio (64). Basti pensare che in entrambi i procedimenti il presidente deve esperire all’udienza di comparizione personale dei coniugi avanti a sé il tentativo di conciliazione, espressione dell’interesse pubblico alla conservazione del vincolo coniugale, che nella prassi ben difficilmente comporta un ripensamento dei coniugi nell’ottica della riconciliazione,mahainvece assunto una funzionelato sensuistruttoria,consentendo al presidente l’espletamento diunasortadiinterrogatorio libero delle parti, funzionale al raggiungimento di un accordo tra i coniugi o, in caso di fallimento di tale tentativo, all’as-sunzione di informazioni utili all’emanazione dei provvedimenti nell’interesse deiconiugiedellaprole(65). Sotto un profilo sociologico, si è osservato che il mutamento della percezione dellostatus di separato legale è avvenuto nella prima metà degli anni ’70,conl’approvazionedella legge sul divorzio; pertanto oggilaseparazionepersonale non è più un rimedio ad una crisi temporanea, bensì è generalmente considerata come l’anticamera del divorzio(66). Questo significa che oggi rispetto al passato, nella relazione tra i coniugi, è più accentuato il processo di disimpegno e di distacco di un coniuge nei confronti dell’altro, che inizia con la crisidelrapporto. In particolare, sul piano delle dinamiche interpersonali e intrapsichiche,siosservache trattasi di un disimpegno dalleaspettativeassociatead un ruolo e dall’insieme di diritti e di doveri che esso comporta;unprocessodidis- identificazione dal ruolo di coniuge, nel corso del quale la persona si abitua a poco a pocoanondefinirepiùlasua identità in base a quel ruolo (67). Tenendo presente che i motivicheprovocanolacrisi del rapporto possono essere molteplici e connessi alla specifica situazione di ogni coniuge, si sostiene che la separazione, come il divorzio, provoca un conflittodiidentitàeimpone di ridefinire i propri ruoli in misura diversa nelle diverse persone, in funzione dei differenti ruoli assunti nell’ambitodelmatrimonioe anche dell’ampiezza del cambiamento prodotto dalla separazionestessa(68). Secondo tesi elaborate in psicologia, è prevedibile che ilconflittodiidentitàdiventi più intenso quando la transizione allo stato di separazione ha come conseguenza la necessità di affrontare serie difficoltà economiche, o di subire una riduzione del sostegno ricevutodalproprioambiente sociale, o altre gravi perturbazioni della propria vita (69). La separazione è sicuramente un evento logorante, perché il matrimonio è fonte di identità e distatus sociale, e fuori da quel contesto i coniugivivonounsentimento di lutto, di perdita, per il fallimento del progetto di vita in cui ciascuno aveva investitoecreduto. Diventa perciò necessario che ciascun coniuge riesca a prospettare un nuovo ruolo per sé, una nuova identità in un nuovo contesto di relazioni, elaborando un nuovoprogettodivita. Nel contempo, poiché la famiglia divisa è comunque una famiglia i cui soggetti continueranno a mantenere reciproche relazioni, soprattutto nel caso della presenza di figli, si rende necessario riorganizzare queste relazioni, mantenere aperto o riaprire il dialogo, nell’ottica di comporre il conflitto. La soluzione auspicata, nell’interesse degli stessi coniugi,èquindiquelladella mediazione del conflitto, attraverso un processo di negoziazionefinalizzatoafar raggiungere alle parti un accordo mutuamente accettabile e accettato, strutturatoinmododaaiutare i coniugi a mantenere la continuità di una corretta relazione(70). 2 .Il riconoscimento delle esigenze economiche dell’altro coniuge nella fase del conflitto e nella negoziazione finalizzata all’accordo. La mediazione delconflitto. Il conflitto coniugale può risolversi positivamente, con accordi che durano nel tempo, solo se quelle soluzioni sono vissute non come vittorie dell’uno sull’altro, ma sono state accettate da ciascun coniuge come consapevole mediazione rispetto alle posizioni e alle aspettative dell’altro. L’esperienza induce a ritenere che un accordo di separazione consensuale può essere rispettato dalle parti solo se corrisponde alle loro esigenzefuture,enontantoa quelle dettate dal loro passato;èpertantonecessario che nella fase stragiudiziale, come in quella giudiziale, l’attenzione dei coniugi sia richiamata sulla proiezione futura dei loro bisogni in un nuovo contesto di vita, evitando che un coniuge, come avvenuto nella fase critica del matrimonio, cerchi di soddisfare i suoi bisogni e di esternare il proprio punto di vista su ciò che è giusto e opportuno, senza tenere conto della realtà, e cioè che l’altro coniuge ha opinioni e necessità del tutto diversi (71). Si è osservato in dottrina, con riguardo al contributo al mantenimento dovuto da un coniuge a favore dell’altro economicamente più debole, che nel contesto della separazione come in quello del divorzio, si verifica la ricerca di un difficile equilibrio tra l’esigenza di tutela del coniuge debole e quella, antagonistica, di non gravare eccessivamente l’altro(72). Oscillazione che riflette più in generale la dicotomia tra una concezione dominata dalprincipiodellasolidarietà anche nella crisi coniugale, da un lato, ed una impostazione che, dall’altro, valorizza maggiormente l’esigenza di non privare i coniugi delle risorse necessarie per dare vita ad una nuova famiglia e finisce per promuovere una politica di "taglio netto" con il passato(73). Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenzadilegittimità, condizione essenziale per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione è che questi sia privo di adeguati redditi propri, ossia di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vitatendenzialmenteanalogo a quello che aveva in costanza di matrimonio, nonché che sussista una disparitàeconomicatraidue coniugi, dandosi così rilevanza alla tesi che sostiene che con la separazione si instaura un regime che tende a conservare il più possibile tutti gli effetti del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza e, quindi, il tenore e il tipo di vita di ciascunconiuge(74). L’accertamento dell’ “adeguatezza” dei mezzi a disposizione del coniuge richiedente comporta un’indagine sulla pregressa posizione economica e sociale,equindi“ungiudizio di carattere relazionale, che trova il proprio punto di riferimento nel contesto nel quale i due coniugi hanno vissuto quale situazione condizionante la qualità e la quantità dei bisogni emergenti del richiedente e che si pone quale accertamento prioritario rispetto alla verifica della consistenza dei redditi dell’altroconiuge”(75). Questo parametro riferito alla situazione della passata convivenzaspessosuscitanel coniugeeconomicamentepiù debole aspettative che ben difficilmente trovano accoglimento nelle pronunce giudiziarie, condizionate da numerosi altri elementi che riguardano la situazione presente e le scelte di vita futura, quali potrebbero essere la nascita di figli da una nuova relazione e il conseguente obbligo del loro mantenimento, le ripercussioni sul piano reddituale della legittima sceltapersonale del coniuge obbligatoalmantenimentodi cessare l’attività professionale, o il vantaggio derivante al coniuge beneficiario dell’assegno dal godimento della casa coniugale(76). Neconsegueche,neifatti, la separazione determina quasi sempre una situazione di ridimensionamento del tenore di vita di entrambi i coniugi, e ciò comporta un aumento della conflittualità coniugale e spesso anche genitoriale,nelcasoincuigli stessi coniugi non abbiano valutato insieme tali conseguenze e negoziato accordirelativiallorofuturo, pervenendo ad una mediazione delle reciproche aspettativeedesigenze. CAPITOLOIII L’ASSEGNODI MANTENIMENTOPERIL CONIUGE. INQUADRAMENTO NELLANORMATIVA SOSTANZIALEE PROCESSUALEDELLA SEPARAZIONE SOMMARIO: 1. Il diritto al mantenimento ai sensi dell’art. 156 c.c.. –2. L’assegno alimentare in caso di addebito della separazione. –3. La domanda di attribuzione dell’assegno di mantenimento nel procedimento di separazione. Art. 706 e ss. c.p.c.. –4. Natura ed efficacia del provvedimento presidenziale che attribuisce l’assegnodimantenimento.–5. Reclamabilità, revocabilità e modificabilità dell’ordinanza presidenziale e dei provvedimenti del G.I. –6. Esecutività del provvedimento che dispone l’obbligo del mantenimento. –7.Legaranzie per l’adempimento degli obblighi economici nella separazione. –8. Il sequestro ex art. 156, comma 6, c.c. –9. L’ordinealterzodipagamento dell’assegnodimantenimentoa favore del coniuge. –10. L’iscrizione di ipoteca giudiziale. 1 .Il diritto al mantenimento aisensidell’art.156c.c.. All’obbligo posto a carico delconiugedall’art.143c.c., dicontribuireaibisognidella famiglia durante il matrimonio, subentra con la separazione personale, ove ricorrano determinate condizioni, l’obbligo di mantenimento previsto dall’art. 156 c.c. (77), destinato al soddisfacimento dei bisogni individuali dell’altroconiuge. Ildirittoalmantenimento, secondo l’art. 156, primo comma, c.c., è condizionato da due elementi, la non addebitabilità della separazioneelamancanzadi adeguati redditi propri, entrambi riferiti al coniuge cherichiedel’assegno. È pacifico che il mantenimento a favore del coniuge cui non sia stata addebitata la separazione spetti, nel concorso delle altre condizioni previste dalla norma, a prescindere dal fatto che la separazione sia stata pronunciata con o senza addebito all’altro coniuge(78),népuòritenersi di per sé obbligato all’assegno il coniuge al qualelaseparazionesiastata addebitata. Alfinedelriconoscimento deldirittoalmantenimentoa favore del coniuge cui non sia addebitatile la separazione,èessenzialeche questi sia privo di adeguati redditi, situazione di cui l’art.156,primocomma,c.c. non dà una esplicita definizione. I criteri di valutazione dell’adeguatezza dei redditi del coniuge richiedente l’assegno, in riferimento al tenore di vita goduto durante la convivenza, e della sussistenza della disparità economicatraiconiugi,sono stati elaborati in dottrina (v. cap. IV) e giurisprudenza (v. cap. V), pervenendo ad un orientamento ormai consolidato. Ilgiudice,neldeterminare l’entità dell’assegno, deve tenerecontodellecircostanze e dei redditi del coniuge obbligato, secondo quanto dispone l’art. 156, comma 2, c.c.. La norma non definisce le circostanze cui fa riferimento, che, secondo consolidata giurisprudenza, consistonoinqueglielementi fattualidiordineeconomico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni economiche delle parti(79). Anchelanozionediredditi contenuta nell’art. 156 c.c. è assolutamente generica, dovendosi quindi fare riferimento per i criteri di quantificazione dell’assegno all’elaborazione giurisprudenziale. 2 .L’assegno alimentare in caso di addebito della separazione. L’art. 156, comma 3, c.c., prevede che in caso di dichiarazione di addebito ad un coniuge, questi abbia comunque diritto agli alimentidicuiagliartt.433e ss.c.c.. La perdita del diritto al mantenimento, da parte del coniuge al quale sia stata addebitata la separazione, costituisce una sanzione che prescinde dalla condizione economicadelcolpevoleesi fonda su una valutazione discrezionaledellegislatore. Il diritto agli alimenti, in questo caso, trova giustificazione nel principio di solidarietà coniugale, e puòessererichiestodachisi trova in stato di bisogno e nonèingradodiprovvedere al proprio mantenimento, comedisponeinviagenerale l’art.438c.c Gli alimenti vengono assegnati in proporzione al bisogno del coniuge richiedente e alle condizioni economiche di chi deve somministrarli,enondevono tuttavia superare quanto necessario per la vita dell’alimentando, avuto però riguardo alla sua posizione sociale. Poiché il concetto di “impossibilità di provvedere al proprio mantenimento” è relativo - essendo determinato da molteplici elementiqualil’età,lasalute, le attitudini al lavoro, la condizione sociale del soggetto, la situazione del mercato del lavoro, e altri ancora - la misura degli alimenti dipende dal caso specifico. Ladifferenzatral’obbligo di mantenimento e quello alimentareècomunquenetta, poiché l’assegno di mantenimento tende a garantire la conservazione del tenore di vita precedentemente goduto, mentreildirittoaglialimenti può solo consentire l’erogazione di una somma checorrispondaalleesigenze basilari di vita del coniuge beneficiario, che deve previamente provare il suo statodiindigenza(80). 3 .La domanda di attribuzione dell’assegno di mantenimento nel procedimentodiseparazione. Il provvedimento giudiziario che riconosce l’assegnodimantenimentoal coniugeeconomicamentepiù debole presuppone necessariamente l’esistenza di una domanda di parte, svolta nel procedimento di separazione nei modi e termini indicati dall’art. 706 e ss. c.p.c., come da ultimo modificatidallal.14.5.2005, n.80esucc.modif.. Ladomandadiseparazione personale, secondo il novellato art. 706 c.p.c., si propone con ricorso, che deve contenere la sola “esposizione dei fatti su cui la domanda è fondata”. Trattasi di un atto di contenuto limitato che, secondo le intenzioni del legislatore, è da un lato finalizzato ad introdurre il giudizio e consentire l’avvio dell’udienza presidenziale, e dall’altro ad agevolare il tentativo di conciliazione da parte del presidente, o la trasformazione del rito da contenziosoaconsensuale. Sebbene l’art. 706 c.p.c. non preveda l’onere di formulare le domande nel ricorso introduttivo, essendo riservata alla successiva memoria integrativa sia l’esplicazione dell’oggetto della controversia che le conclusioni, si deve tenere presentelanecessità,difatto, di proporre da subito, con il ricorso, la domanda volta ad ottenere l’assegno di mantenimento, laddove il coniuge ricorrente abbia l’esigenzadiottenereinsede presidenziale, in via provvisoriaedurgenteexart. 708 c.p.c., un tale provvedimentocautelare. Analogamente, qualora il coniugeeconomicamentepiù debolesialaparteconvenuta in giudizio, si rileva l’opportunità di svolgere la domanda di attribuzione dell’assegno di mantenimentonellamemoria difensiva prevista dallo stesso art. 706 c.p.c., domanda che andrà motivata edocumentata. Infatti, se l’udienza presidenziale è formalmente la sede in cui si deve svolgere il tentativo di conciliazione dei coniugi, nella prassi èl’ambito funzionaleallapronunciadei provvedimenti nell’interesse deiconiugiedellaprole,che non solo regolamentano temporaneamente la vita dei coniugi in pendenza del giudizio di separazione, ma chebenpossonostabilizzarsi eregolarlaancheperilfuturo inragionedellacaratteristica ultrattività dell’ordinanza chelicontiene(81). Ciò induce a svolgere sin dai primi atti del giudizio previsti dall’art. 706 c.p.c. un’accurataattivitàdidifesa, chedovràesserefinalizzataa fornire al presidente quegli elementi necessari a conoscere la reale situazione personale, reddituale e patrimonialedeiconiugi,per consentire l’emissione di provvedimenti fondati ed equi. Ilnovellatoart.706c.p.c., perseguendo tale intento, fa obbligoallepartidiprodurre le ultime dichiarazioni dei redditi, onere che si ritiene permanga a carico del convenuto anche nell’ipotesi incuiquestinondepositiuna memoriadifensiva. Qualoralapartericorrente, o quella convenuta in giudizio, non svolga la domanda di attribuzione dell’assegno di mantenimento nel ricorso introduttivo,onellamemoria difensiva,potràproporretale domanda,sericorrente,nella successiva memoria integrativa, che ai sensi dell’art.709,comma3,c.p.c. “deve avere il contenuto di cui all’articolo 163, terzo comma,numeri2),3),4),5)e 6)”, o, se convenuta, nella comparsa di costituzione in g i u d i z i o“ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondocomma”. Nonèesclusalapossibilità diproporreladomandaperil riconoscimento dell’assegno nell’udienzaexart.183c.p.c. avantiilgiudiceistruttore,se la domanda proposta dalla parte attrice sia conseguenza della domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto. La domanda di attribuzionedell’assegno,già proposta dalla parte attrice nel ricorso introduttivo o nella memoria integrativa, e dalconvenutonellacomparsa di costituzione, può essere modificata dalle parti, per quanto riguarda la quantificazione dell’assegno, con la memoria ex art. 183, comma6,n.1,c.p.c.. Una volta proposta ritualmente, la domanda relativa all’assegno può comunque essere modificata in corso di giudizio, per adeguare l’assegno alla svalutazione monetaria nel frattempo intervenuta o perché sono mutate le condizioni patrimoniali inizialmente prospettate o sonoemersifattinuovi. 4 .Natura ed efficacia del provvedimento presidenziale che attribuisce l’assegno di mantenimento. Per il combinato disposto degli artt. 474 c.p.c. e 189 disp. att. c.p.c., il provvedimento presidenziale exart.708c.p.c.hacarattere provvisorioeconservalasua efficacia finché non sia concluso il processo di separazione ovvero non intervenga una sua revoca o modifica nel corso del giudizio. Qualorailprocedimentosi estingua,ilprovvedimentoex art.708c.p.c.rimaneefficace finché non sia sostituito con altro provvedimento emesso dal presidente o dal giudice istruttore a seguito di nuova presentazione del ricorso per separazione personale dei coniugi. Secondo consolidata giurisprudenza, l’ordinanza con la quale il presidente, autorizzando i coniugi a vivereseparati,attribuiscein via provvisoria l’assegno di mantenimento al coniuge economicamente più debole chenefadomanda,hanatura cautelare, mirando ad assicurare il diritto al mantenimento del coniuge fino alla sua eventuale esclusione o al suo affievolimento in un diritto meramente alimentare, che può derivare solo dal giudicatofinale(82). La natura e funzione alimentare dell’assegno, nonché, sotto il profilo processuale, la riconduzione del provvedimento ex art. 708 c.p.c., alla tutela cautelare,comportanolanon ripetibilità delle somme corrisposte, qualora la decisione definitiva escluda il diritto all’assegno, ovvero ne riduca l’importo, in quanto si presumono consumate per il sostentamento, salva la possibilità da parte del coniuge danneggiato di far valere la responsabilità ex art.96c.p.c.,senericorranoi presupposti(83). 5 .Reclamabilità, revocabilità e modificabilità dell’ordinanza presidenziale edeiprovvedimentidelG.I.. La legge di riforma del processo civile, n. 80/2005, ha abrogato la disposizione contenuta nel previgente ultimo comma dell’art. 708 c.p.c., che sottoponeva la revoca e la modifica dell’ordinanza presidenziale solo al verificarsi di mutamenti delle circostanze, ed ha previsto con il novellato art. 709, comma 4, c.p.c. che "i provvedimenti temporanei e urgenti assunti dal presidente con l’ordinanza di cui al terzo comma dell’art. 708 c.p.c. possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore". La legge n. 54/2006 ha successivamente introdotto una ulteriore modifica dell’art.708c.p.c.,inserendo un nuovo quarto comma, in forza del quale "contro i provvedimentidicuialterzo comma si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio” (84). Il reclamo è proponibile entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notifica del provvedimento, e il relativo procedimentosisvolgeconil rito camerale ex artt. 739 e ss.c.p.c.. Il legislatore non ha però effettuato un coordinamento tra queste norme, dando così adito ad incertezze interpretative (85). La nor m a t i varichiamata non esclude infatti, secondo una interpretazione letterale, la possibilità che il provvedimento della corte d’appello, sia confermativo che modificativo dell’originario provvedimentopresidenziale, possaesseresuccessivamente modificato o revocato dal giudice istruttore, a prescindere dalla sopravvenienza di nuove circostanze di fatto atte a giustificarne la modifica o revoca(86). La giurisprudenza delle corti d’appello evidenzia sinora un’applicazione restrittivadellanormativasul reclamo nei confronti dell’ordinanza presidenziale, limitandosi ad ammettere il reclamo solo per errori decisionali evidenti e frutto di una non corretta valutazionedeglielementidi massima acquisiti nella fase iniziale del processo di separazione, e senza un’apposita istruzione (87). Questo orientamento denota, secondo autorevole dottrina, la preoccupazione di non consentire alle parti di riversare nel giudizio di reclamo allegazioni e deduzioni probatorie che dovrebbero trovare collocazione appropriata nel giudizio di merito ed utilizzabili dal giudice istruttore ai fini della revoca e della modifica del provvedimento presidenziale e, dall’altro lato, di evitare chelacorted’appellosvolga un’attività processuale simile,perisuoicontenuti,a quella riservata alla trattazione della causa davantialtribunale(88). Ne consegue l’esigenza di esporre e documentare in modocompleto,sindaiprimi atti difensivi, i fatti e gli elementi su cui si fonda la domanda di attribuzione dell’assegno di mantenimento, considerato che non è possibile integrare le produzioni documentali in sede di reclamo avanti la corted’appello. Avverso l’ordinanza emessadallacorted’appello sul reclamo contro il provvedimento adottato, ai sensi dell’articolo 708 c.p.c., dal presidente del tribunale all’esito dell’udienza di comparizione dei coniugi, non è ammesso il ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111 Cost., essendo essa priva del carattere della definitività in senso sostanziale. Infatti, detto provvedimento presidenziale, anche dopo la previsione normativa della sua impugnabilità con reclamo in appello, pur se confermato o modificato in tale sede ex articolo 708, comma 4, c.p.c., continua ad avere carattere interinale e provvisorio, essendo modificabileerevocabiledal giudice istruttore ed essendo destinatoad essere trasfuso nella sentenza che decide il processo, impugnabile per ogni profilo di merito e di legittimità(89). Va pure precisato che qualora il reclamo non sia stato esperito, può essere richiesta al giudice istruttore la revoca o la modifica del provvedimentopresidenziale, non necessariamente fondando la relativa istanza sulla deduzione di circostanzesopravvenute,ma anchesuprofilidilegittimità odimerito(90). Per quanto riguarda la revoca o la modifica dei provvedimenti del giudice istruttore, si ritiene sempre possibile qualora si verifichi un mutamento delle circostanze di fatto esistenti al momento della pronuncia, stante il principio generale secondo il quale tutte le statuizioniaccessorierelative alla separazione dei coniugi sono soggette alla clausola rebussicstantibus. 6 .Esecutività del provvedimento che dispone l’obbligodelmantenimento. L’ordinanzaconlaqualeil presidente del tribunale o il giudice istruttore dà i provvedimenti di cui all’art. 708 c.p.c. costituisce titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 189,primocomma,disp.att. c.p.c.. L’obbligo di corresponsione periodica dell’assegno di mantenimento si ricollega alle obbligazioni di durata, caratterizzate da unacausa debendi continuativa, nel senso che il protrarsi nel tempodelleprestazionièuna caratteristica essenziale che nedeterminailcontenutoela misura. L’assegno di mantenimento è oggetto di obbligazioni periodiche collegate tra loro ma dotate singolarmente di autonomia, e di adempimenti ricorrenti neltempo,nonquantificabili complessivamenteall’origine (91). Il coniuge separato titolare dell’assegno di mantenimento può dunque agire esecutivamente contro l’altroconiugequaloraquesti risulti inadempiente, ma limitatamente alle rate dell’assegno scadute e rispetto alle quali si sia verificatol’inadempimento. A norma dell’art. 2941, n. 1) c.c., la prescrizione tra i coniugi è sospesa di rito e tale principio vale anche durante il regime di separazione personale, che nonimplicailvenirmenodel rapporto di coniugio, ma soltantounaattenuazionedel vincolo(92). Decorrendo il termine dalla cessazione del vincolo coniugale, il diritto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento per il coniuge-inquantoaventead oggetto prestazioni autonome, distinte e periodiche - non si prescrive a decorrere da un unico termine, ma dalle singole scadenze delle prestazioni dovute,inrelazioneallequali sorge di volta in volta il dirittoall’adempimento(93). Quanto al termine prescrizionale, si ritiene applicabile il disposto di cui all’art. 2948, n. 2, c.c., ai sensidelqualesiprescrivono in cinque anni le annualità delle pensioni alimentari (94). 7 .Le garanzie per l’adempimentodegliobblighi economici. L’art. 156 c.c., nel testo modificato dalla legge di riforma del 1975 che ha recepito quanto previsto in materia dalla legge introduttiva del divorzio n. 898 del 1970, prevede una serie di strumenti diretti ad assicurare che il coniuge onerato non si sottragga agli obblighi economici impostigli in sede di separazione. Questegaranzietutelanoil coniuge beneficiario dell’assegno,che,nelcasoin cui il coniuge obbligato non corrisponda l’assegno o lo versi solo parzialmente, può incontrare notevoli difficoltà edesserecostrettoareiterati e periodici atti di precetto e di pignoramento nei confrontideldebitore. Il giudice, qualora ravvisi il rischio d’insolvenza, può imporrealconiugeobbligato di prestare idonea garanzia reale o personale, e può concedere, in caso di inadempienza e su richiesta dell’avente diritto, il sequestro di parte dei beni dell’obbligato o ordinare a terzi,tenutiacorrispondergli ancheperiodicamentesomme di denaro, che una parte di esse venga versata direttamente all’avente diritto. In particolare, ai sensi dell’art. 156, comma 4, c.c., il giudice può imporre al coniugeobbligatodiprestare idonea garanzia reale o personale, se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi economici previstidallastessanorma.Il pericolodeveesserevalutato in relazione alla condotta dell’obbligato, tale da far apparire come probabile il futuroinadempimento. Il giudice può condannare genericamente il coniuge obbligato a prestare idonee garanzie, ma non può procedere direttamente alla costituzione delle garanzie stesse; la scelta della garanzia spetta all’obbligato, secondoilprincipiogenerale dicuiall’art.1179c.c.. Tra le garanzie reali, si ricorda il pegno, che può riguardare qualsiasi bene mobile, le universalità di mobili, i crediti e ogni altro dirittoaventeadoggettobeni mobili (art. 2784), i titoli di credito all’ordine (art. 2014) o nominativi (art. 2026), le azioni di s.p.a. (art. 2352), nonché i diritti diversi dai crediti (art. 2806), quali i diritti di brevetto, i diritti d’autore,idirittidimarchio, ecc.. Tra le garanzie personali, la più idonea al caso di specie sembra essere la fideiussione bancaria o assicurativa(95). 8 .Il sequestro ex art. 156, comma6,c.c. Incasodiinadempienza,il coniuge avente diritto all’assegno può chiedere al giudice di disporre il sequestro di parte dei beni delconiugeobbligato. Presuppostonecessarioper la concessione del sequestro previstodall’art.156,comma 6, c.c, è l’inadempienza dell’obbligato, e pertanto dovrà essere provata una sottrazione all’adempimento già avvenuta, non essendo sufficiente una situazione di meropericolo. Il provvedimento ha solo una funzione di garanzia dell’adempimento degli obblighipatrimonialistabiliti dalgiudicedellaseparazione, e, secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità, non ha natura cautelare perché prescinde dalpericuluminmora(96) e non è suscettibile di convertirsi in pignoramento. Conseguentemente si ritiene inammissibile il reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c.(97). Un recente orientamento della Suprema Corte (98) si discosta tuttavia da tale definizione della qualificazione giuridica del sequestroexart.156,comma 6, c.c., ritenendo che trattasi invece di una misura cautelare e, alla luce della sua finalità strumentale, ne ammette la conversione in pignoramento, all’esito dell’eventuale sentenza di condanna per singoli assegni di mantenimento insoluti. Secondo quest’ultimo orientamento, è inammissibile il ricorso straordinarioincassazioneex art. 111 Cost. avverso l’ordinanza della corte d’appello di rigetto del gravame proposto avverso il decreto di sequestro ex art.156 cod. civ., trattandosi di provvedimento di natura cautelare, non decisorio, nè definitivo. Il sequestro ex art. 156, comma 6, c.c. può essere disposto anche dal giudice istruttore in corso di causa (99). Si è in particolare precisato che poiché tale ordine coercitivo risponde a l l aratio di dare effettiva soddisfazione ai provvedimenti giudiziali, ne consegue che per evitare la disparitàditrattamentodegli aventi diritto al mantenimento prima e dopo lasentenzadiseparazione,ed apprestare un rimedio efficace all’inadempimento di obblighi costituzionalmente tutelati, va riconosciuta anche al giudice istruttore la competenza ad emettere tale provvedimento. Il sequestro ex art. 156, comma 6, c.c., norma originariamenteformulataad esclusivo beneficio del coniuge separato in via giudiziale, è applicabile, a seguito di numerosi interventi della Corte costituzionale,ancheatutela del coniuge separato consensualmente, dei figli di coniugi separati e di quelli nati fuori dal matrimonio, riconosciuti dai genitori (100). 9 .L’ordine al terzo di pagamento dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge. Ulteriore forma di garanzia per l’adempimento degli obblighi economici stabiliti dalla sentenza di separazione o nel verbale di separazione consensuale omologato (101), o dall’ordinanza presidenziale odelgiudiceistruttore(102), è costituita dall’ordine diretto ai terzi, debitoridel coniuge inadempiente, di versare direttamente somme periodiche a favore del coniugeaventediritto. Presuppostoperl’adozione del provvedimento in questione è una pregressa e comprovata violazione dell’obbligo di mantenimento, che potrà risultare attestata dalla precedente notificazione di unoopiùattidiprecettoper ratei di mantenimento non corrisposti,odaaltrifattida cui il giudice può trarre il convincimento dell’intento del coniuge obbligato di non adempiere(103). Il provvedimento assunto aisensidell’art.156,comma 6, c.c. può essere emesso sia in via interinale dal presidentedeltribunaleodal giudice istruttore nel corso del giudizio, sia con la sentenza che pronuncia la separazione, sia a seguito di procedura camerale successiva al giudizio di separazione. L’ordinepuòessererivolto al datore di lavoro del coniuge obbligato o a persone tenute ad erogargli prestazioni periodiche o ad altri suoi debitori, e ha per oggetto la corresponsione dell’assegno di mantenimento, e quindi dell’interasommadovutadal terzo, quando questa non ecceda, ma anzi realizzi pienamente, l’assetto economico determinato in sedediseparazione(104). Tale provvedimento non può che disporre per il futuro, dalla data di emanazione del relativo ordine al terzo, rimanendo impregiudicato il diritto del creditore di procedere in via esecutiva per il recupero dellemensilitàgiàmaturatee non corrisposte, sulla base deltitoloinsuopossesso. L’obbligodelterzoinsorge con la notificazione nei suoi confronti del provvedimento giudiziario,acuradellaparte istante. 1 0 .L’iscrizione di ipoteca giudiziale. Lasentenzadiseparazione personale che pone a carico di un coniuge l’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento o alimentare a favore dell’altro, costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’articolo2818c.c.. L’art. 156, comma 5, c.c., richiama infatti il principio generale dettato dall’art. 2818 c.c., secondo il quale ogni sentenza che comporta la condanna al pagamento di sommeoall’adempimentodi obbligazioni costituisce titoloperiscrivereipoteca. La norma, che estende i suoi effetti anche al decreto di omologa del verbale di separazione consensuale (105), qualifica tali provvedimenti come titoli di per sé validi all’iscrizione, attribuendo direttamente al coniuge creditore la relativa facoltà di avvalersene e la valutazione circa la sussistenza del pericolo di inadempimento(106). L’ipoteca giudiziale va eseguita secondo gli artt. 2827 e ss. c.c.; può essere iscritta, oltre che sui beni esistenti all’epoca in cui la sentenza è stata pronunciata, anche sui beni che pervengano successivamente al coniuge obbligato (art. 2828c.c.). La norma non precisa alcun criterio ai fini della determinazione della somma da garantire con l’ipoteca giudiziale, e pertanto il coniuge beneficiario dell’assegno ha la facoltà di determinarla. Tuttavia si ritienechequestinongodadi assoluta ed incondizionata libertà nell’individuazione della somma cui riferire l’iscrizione, dovendosi fare riferimento come limite massimo agli elementi obiettivi desumibili dalle tabelle previste dal R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403 per la costituzione delle rendite vitalizie(107). In applicazione dei principidiordinegenerale,è comunque fatta salva la possibilità per il coniuge obbligato di agire in riduzione, laddove la garanzia pretesa appaia esorbitante rispetto all’ammontare del credito, e di richiedere i danni eventualmente a lui derivati dall’indebito comportamento delcreditore. L’iscrizione di ipoteca giudiziale, in forza di sentenza di separazione personale o di verbale di separazione consensuale omologato, è esente dall’imposta ipotecaria, analogamente a quanto previsto per la sentenza di divorzio(108). Si deve da ultimo rilevare che i provvedimenti di carattere economico emessi daltribunaleperiminorenni infavoredeglifiglinatifuori dal matrimonio, pur integrando titoli esecutivi, non consentono l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818, comma 2°, c.c., in mancanza di una espressa previsione legislativachericonoscatale effetto ( 109). Tale carenza costituisce una irragionevole disparità di trattamento dei figli naturali rispetto ai figli natidacoppieconiugate. CAPITOLOIV L’OBBLIGODI MANTENIMENTOEXART. 156C.C. NELL’INTERPRETAZIONE DELLADOTTRINA SOMMARIO: 1. Natura giuridica dell’obbligo di mantenimento nella separazione. –2. Il concettoditenoredivita,quale riferimento per valutare l’adeguatezza dei redditi del coniuge richiedente l’assegno. –3.L’autonomianegozialedei coniugi e l’accordo relativo al mantenimento. 1 .Natura giuridica dell’obbligodimantenimento nellaseparazione. Il mutamento dell’istituto della separazione personale, attuato con la riforma del dirittodifamiglia,haportato la dottrina ad interrogarsi se sussista o meno una soluzione di continuità tra il dovere di contribuzione in costanza di convivenza dei coniugi (art. 143, comma 3, c.c.) e quello di mantenimentoaseguitodella separazione (art. 156, primo comma,c.c.). Parte della dottrina sostiene che il diritto al mantenimento nella separazione trova fondamento nel diritto all’assistenza materiale del coniuge nel matrimonio, vincolo che la separazione non estingue, con la conseguenza che non vengono sospesi i diritti di contenuto economico che spettanoaiconiugi(110). Da parte di altri si precisa che la separazione comporta la persistenza dei doveri di solidarietà economica che derivano dal matrimonio, anche se il loro contenuto risulta modificato dal venir meno della convivenza; cessato,conlaseparazione,il dovere di collaborare nell’interesse della famiglia, ildoveredicontribuzionenei confronti del coniuge economicamente più debole si trasforma in quello di corrispondergliunassegnodi mantenimento(111). Opinione diversa esprime chi afferma che il dovere di mantenimento non si pone affatto in linea di continuità con i doveri a contenuto patrimoniale inerenti la qualità di coniuge (112), e si riferisce invece ad una situazione completamente nuova(113). Queste contrastanti posizioni espresse dalla dottrinasullanaturagiuridica dell’obbligo di mantenimentoexart.156c.c. rispecchiano differenti visioni della separazione, intesa come periodo di ripensamento che può sfociarenellariconciliazione, o viceversa, quale fase preparatoria al futuro divorzio(114). 2 .Il concetto di tenore di vita, quale riferimento per valutare l’adeguatezza dei redditi del coniuge richiedentel’assegno. Per stabilire se il coniuge richiedente l’assegno disponga o meno di "adeguati redditi", si deve fare riferimento al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale (115). Nonostante l’individuazioneunanime,da parte della dottrina, del parametro di valutazione dell’adeguatezza dei redditi, emergono posizioni differentiperquantoriguarda la definizione concreta del tenore di vita da assumere comeriferimento. Secondo una tesi risalente nel tempo, il mantenimento dovrebbegarantirealconiuge separato lo stesso tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale (116),epersinolostessostile divita. Diversa è la posizione di chi rileva l’impossibilità per i coniugi di mantenere lo stesso tenore di vita precedente alla separazione, se le risorse rimangono immutate, stante l’aumento delle spese che comporta un doppio ménage. Il giudice sarebbe pertanto chiamato a riequilibrare, per quanto possibile, la situazione economica delle parti, svolgendo l’assegno di mantenimento una funzione di equiparazione delle condizioni di vita dei coniugi, che devono tendenzialmente attestarsi ad un livello paritario tra loro, seppureinferioreaquelloche caratterizzava la pregressa convivenza(117). Nelcasoincuiiltenoredi vita dei coniugi sia stato inferioreaquellocheleloro potenzialità economiche potevano garantire, si ritiene che l’assegno di mantenimento debba essere quantificato tenendo comunque conto della complessiva situazione economica e delle potenzialità dei coniugi, sia che il tenore di vita più modesto sia stato imposto o tollerato, o sia stato concordatoprivilegiandouna scelta di vita improntata al risparmio (118). Tale interpretazione è criticata da coloro che sostengono la rilevanza dell’accordo dei coniugi ex art. 144 c.c. e un’area di disponibilità dei doveri dettati dall’ art. 143 c.c.(119). La valutazione dell’adeguatezza dei redditi del coniuge richiedente, secondo unanime orientamento, non deve riferirsi ai soli suoi redditi, ma estendersi all’intera situazione economica, considerando tutte le "circostanze" che ricorrono in concreto e che incidono sulla sua posizione economica(120). Si discute se si debba o meno tenere conto, nel valutarel’esistenzadiredditi adeguati in capo al coniuge richiedente, della sua capacità lavorativa, nonostante l’art. 156 c.c., diversamente dall’art. 5, comma 6, l. 898/70, come modif. dalla l. 74/87 che disciplina l’assegno di divorzio, non ne faccia menzione come presupposto per l’attribuzione dell’assegno. Secondo l’opinione prevalente, nell’accertare la situazione economica e patrimoniale del coniuge richiedente l’assegno di mantenimento, occorre valutare tutti i fattori soggettivi ed oggettivi del caso (121), e quindi tenere presente anche la sua capacitàlavorativa(122). Minoritaria è la posizione di chi ritiene che ogni coniuge ha l’obbligo di "automantenersi",ehadiritto all’assegno di mantenimento solo se è privo di mezzi di sostentamento e si trova nell’impossibilità oggettiva, nondipendentedasuacolpa, diprocurarseli(123). Sulla rilevanza del lavoro casalingo e di cura della famigliasvoltoinparticolare da un coniuge, concordato o anche solo tacitamente accettato dall’altro, parte della dottrina si sofferma sulleconseguenzediunatale scelta, che può aver comportato la rinuncia del coniuge alle proprie aspirazioni di lavoro o di carriera. Si ritiene che risulterebbe ingiusto obbligarlo a trovare un qualsiasi lavoro, anche modesto o degradante, per tutelare le ragioni del coniugeeconomicamentepiù forte che può aver tratto vantaggio dalla situazione, e sisostieneconseguentemente che l’assegno spetti, in tale ipotesi, indipendentemente dalle capacità di lavoro extradomestico del coniuge (124). Seguendo lo stesso orientamento, una recente posizionedottrinariamettein luce la funzione perequativa dell’assegno di mantenimento, in considerazione della necessità di organizzare la vita della famiglia anche dopo la rottura della convivenza matrimoniale, e la conseguente esigenza di operare “una equa divisione delle risorse ed eliminare o quantomeno ridurre le più forti disuguaglianze tra i coniugiproprionelmomento in cui, a seguito della crisi matrimoniale, le ricadute negative di una divisione asimmetrica dell’impegno domestico-latentinellafase fisiologica del rapporto possono manifestarsi e risultare particolarmente gravi”(125). Quanto alla situazione economicaepatrimonialedel coniuge obbligato, la valutazione deve riferirsi in modo ampio al complesso deisuoiredditi,beni,utilitàe potenzialità economiche (126). Tuttavia, partedella dottrina ritiene che la valutazione della situazione economicaepatrimonialedel coniuge più abbiente debba essereeffettuatainmodotale da consentire a entrambi i coniugi - nel bilanciamento dei rispettivi interessi e di quelli della famiglia nel suo insieme, e mediante la corresponsionediunassegno di mantenimento - di conservare il pregresso tenoredivitasenzaintaccare il patrimonio di nessuno dei due(127). Sulla rilevanza, ai fini dell’aumentodell’assegno,di eventuali miglioramenti economiciedeltenoredivita del coniuge obbligato, dopo la separazione, la dottrina risultadivisa.Secondoalcuni Autori, non possono essere estesialconiugebeneficiario dell’assegno gli incrementi patrimoniali del coniuge obbligato (128), mentre secondo altri il coniuge economicamente più debole neavrebbediritto(129). Una posizione più equilibrata è espressa da chi ritiene che siano rilevanti ai fini dell’aumento dell’assegno quegli incrementi che siano conseguenza e sviluppo di attività intraprese nel corso della convivenza coniugale (130). 3.L’autonomianegozialedei coniugi e l’accordo relativo almantenimento. I coniugi possono liberamente determinare la misura, le modalità di corresponsione, i criteri di quantificazione per il futuro, le forme integrative e sostitutive dell’assegno, nonchélasuadurata(131). Queste pattuizioni vengono, nella prassi, frequentemente inserite nell’accordo di separazione consensuale, che costituisce “uno dei momenti più significatividellanegozialità nell’ambito delle vicende familiari” (132), e dove si ritiene che coesistano un contenuto necessario ed uno eventuale. Secondo un orientamento risalente della dottrina, il contenuto necessario comprende l’accordo sull’interruzione della convivenza e le pattuizioni strettamente connesse (assegno di mantenimento per il coniuge, affidamento deifigliminori,assegnoperi figli minori, assegnazione della casa familiare, ecc.), mentreilcontenutoeventuale comprendequellepattuizioni che non trovano nella separazionelalorocausa,ma solol’occasione(133). Un più recente orientamento identifica il contenuto essenziale dell’accordo con il solo consenso alla separazione, e attribuisce alle altre pattuizioni natura complementare, subordinata ed accessoria rispetto al negoziodiseparazione(134). Qualora esistano i presupposti del mantenimento, coloro che ritengono i relativi patti quale contenuto necessario dell’accordo di separazione, ne sostengono come indispensabile la regolamentazione al fine di assicurare la tutela del coniugedebole.Neconsegue che laddove l’accordo non disponga sul mantenimento, l’omologazione andrebbe rifiutata(135). Disegnocontrarioèlatesi secondo la quale la regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi resta nell’ambito della loro discrezionale ed autonoma determinazione, chesifondasullavalutazione delle rispettive convenienze, con la conseguenza della possibilitàcheglistessinulla dispongano in ordine al contributo al mantenimento per un coniuge, o vi provvedano con accordi stragiudiziali(136). La dottrina prevalente ritiene che l’autonomia negozialedeiconiugi,riferita alle pattuizioni a carattere patrimoniale, trovi un limite solo nel principio della inderogabilità dei diritti che nascono dal matrimonio (137), e della non omologabilità di clausole comunquenulle(138). Prevale comunque l’opinione che il diritto al mantenimento, considerato come prosecuzione del dovere di assistenza o di contribuzione, sia indisponibile (139). Il coniuge separato non può pertanto cedere tale diritto. Quanto alla rinunzia al mantenimento, se ne ammette la validità come affermazione della autosufficienza economica del coniugerebus sic stantibus, rilevante fino a revocaenonvincolantecome rinuncia a future revisioni, qualora muti la situazione di fatto(140). Una più ampia autonomia negoziale dei coniugi è affermata da chi sostiene la pienadisponibilitàdeldiritto almantenimento(141). Nel regolamentare i loro rapporti economici e patrimoniali in sede di separazione consensuale, i coniugi possono anche convenire forme di attribuzione economica, integrative o sostitutive dell’assegno di mantenimento, in funzione satisfattiva dell’obbligo di assistenza coniugale (142). Possono ad esempio concordare che la corresponsionedelcontributo economico avvenga con modalità atipiche, quali la determinazionediunimporto variabile in aumento o in diminuzione legato proporzionalmente alle variazioni del reddito dell’obbligato (143), oppure l’attribuzione diretta di redditi o proventi dell’obbligato, o il pagamento diretto di spese, qualiilcanonedilocazionee lespeseaccessorie. La dottrina prevalente ammette che i coniugi possano pattuire anche prestazioni in denaro o medianteattribuzionedibeni mobili e immobili, in alternativa alla periodica somministrazione dell’assegno di mantenimento, nonostante che nell’ambito della separazione non vi sia una norma che espressamente prevedatalepossibilità(144). Così, si ritiene ammissibile in sede di separazione l’adempimento dell’obbligo del mantenimento mediante corresponsionediunasomma unatantum,comeprevedela normativa che disciplina il divorzio(l.1.12.1970,n.898, art.5,comma8,comemodif. dalla l. 74/87), a condizione che sussista l’accordo delle parti e ferma restando, a differenza di quanto è previsto per il divorzio, la possibilità per il coniuge beneficiario di avanzare in futuro domande di carattere economico, quanto meno di naturaalimentare(145). Parte della dottrina sostiene la praticabilità di questa soluzione anche nella separazione giudiziale, ritenendo che ove le parti concordino sull’opportunità di liquidare il mantenimento in un’unica soluzione, il giudice, che valuti tale accordo conveniente per il coniuge beneficiario, può statuireintalsenso(146). Opinione contraria esprime chi ritiene che la possibilità di concordare la definizioneuna tantum dei rapporti economici tra coniugi non a caso sia prevista tassativamente in relazionealdivorzio,quando non sussiste "alcun valido ostacolo ad una definizione convenzionaledefinitiva" dei rapporti economici, mentre ciònonèpossibiledurantela separazione,poichél’assegno di mantenimento ha la funzione di perpetuare il dovere di assistenza reciproca che caratterizza il matrimonio e si mantiene integroanchedurantelostato diseparazione(147). Quanto alla possibilità di sottoporre a termine o a condizione le pattuizioni di naturaeconomica,ladottrina prevalente è contraria in quanto l’accordo di separazione deve avere riguardo alla situazione attuale dei coniugi e non futura ed ipotetica (148). Si ammette però la possibilità di collegare la cessazione dell’obbligo di mantenimento o la riduzione dell’assegnoalpercepimento di un reddito da attività lavorativa da parte del coniuge beneficiario dell’assegno, o all’instaurazione da parte di questi di una convivenza moreuxorio(149). Sulla legittimità degli accordia latere, intervenuti tra i coniugi in un momento anteriore, contestuale o posteriore all’omologazione e non trasfusi nel verbale di separazione, si è sviluppato un ampio dibattito in dottrina, come in giurisprudenza. La tendenza recente a riconoscere uno spazio sempre più ampio all’autonomia negoziale dei coniugi ha dato avvio ad un orientamento che riconosce validitàadalcuniaccordinon trasfusi nell’accordo di separazione, tenendo conto del loro contenuto e del tempodellapattuizione. Mentre la dottrina risalente si esprime in senso negativo sulla validità dei patti anteriori o coevi all’accordo formale di separazione (150), in epoca recente altri ritengono che sianovalidisesicollocanoin posizionedinoninterferenza rispetto all’accordo omologato o di maggior rispondenza rispetto all’interesse tutelato, come nel caso dell’assegno di mantenimento concordato in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione (151). Gli accordi successivi all’accordo omologato sono invece ritenuti sempre validi dalla dottrina maggioritaria, col solo limite del rispetto delle norme inderogabili (152). Gli accordi non omologati, dunque, non differiscono, sotto il profilo sostanziale, dalle pattuizioni contenute nel verbale di separazione consensuale ex art. 711 c.p.c. successivamente omologato, mentre sotto l’aspetto processualenonacquisiscono efficaciadititoloesecutivo. CAPITOLOV ILMANTENIMENTODEL CONIUGESEPARATO SECONDO L’ORIENTAMENTO DELLAGIURISPRUDENZA SOMMARIO: 1. Gli effetti economici della separazione e il diritto al mantenimento. –2. La valutazione di adeguatezza dei redditi del coniuge che richiede l’assegno. –3. L’indisponibilità del diritto al mantenimento e gli accordi di naturaeconomicatraiconiugi. 1.Gli effetti economici della separazione e il diritto al mantenimento. La giurisprudenza di legittimità ritiene, con orientamento pressoché univoco a differenza della dottrina, che la separazione instauriunregimetendentea conservareilpiùpossibilegli effettipropridelmatrimonio, compatibiliconlacessazione della convivenza, e, quindi, anche lo stile di vita di ciascunodeiconiugi(153). Secondo una consolidata interpretazione dell’art. 156, primo comma, c.c., il coniuge cui non sia addebitabile la separazione e che sia privo di redditi propri, adeguati a consentirgli di mantenere un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, ha diritto al mantenimento, purché sussista una disparità economica tra i coniugi (154). Il mantenimento spettante al coniuge separato ha una funzione solidaristica e riequilibratrice dei rapporti economici fra i coniugi, poiché con la separazione personale non viene meno la solidarietà economica che lega gli stessi durante il matrimonio e che comporta la condivisione delle reciproche fortune nel corso dellaconvivenza(155). Non assume pertanto rilevanza l’eventuale disposizione di mezzi economici che consentano al coniuge di soddisfare le sue esigenze primarie, in quanto ilconcettodiadeguatezzadei redditi non è riferito alla sussistenza di uno stato di bisogno, ma si traduce in un accertamento diretto a consentire al coniuge di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto durantelaconvivenza(156). Né si richiede che il coniugechevantiildirittoal mantenimento dimostri l’impossibilità a procurarsi, per ragioni oggettive, redditi propri adeguati al pregresso tenore di vita, mettendo a frutto la propria capacità di lavoro, come invece previsto in materia di divorzio dall’art. 5, comma 6, l. 898/70,comemodif.dall’art. 10, l. 74/87 (157). Così, se prima della separazione i coniugi avevano concordato o, quanto meno, accettato sia pure soltantoper facta concludentia-cheunodiessi non lavorasse, l’efficacia di tale accordo permane anche dopolaseparazione(158). Anche la durata del matrimonio non rientra tra gli elementi costitutivi del diritto all’assegno di mantenimento, e pertanto non può essere riconosciuta alla breve durata della convivenza coniugale una efficacia preclusiva all’attribuzione dell’assegno, nelconcorsodellecondizioni indicate, avendo al più rilievo ai fini della quantificazione dell’assegno stesso(159). Presuppostoessenzialeper l’attribuzionedell’assegnodi mantenimento è la sussistenza di una disparità economicatraiconiugi,così che una volta accertati il tenore di vita del quale i coniugi erano in grado di godereduranteilmatrimonio in base al reddito complessivo, e la mancanza di mezzi adeguati al mantenimento di quel tenore di vita da parte del coniuge richiedentel’assegno,sideve poi valutare comparativamente la posizione economica dei coniugi al momento della pronuncia della separazione, al fine di quantificare l’assegno in funzione tendenzialmente restitutoria, in suo favore, del pregresso tenore di vita, ove la situazione del coniuge richiedente sia deteriore rispetto a quella dell’altro (160). 2 .La valutazione di adeguatezza dei redditi del coniuge che richiede l’assegno. Ilparametrodiriferimento per valutare l’adeguatezza dei redditi del soggetto che invoca l’assegno è rappresentato dal contesto sociale nel quale i coniugi hanno vissuto durante la convivenza e dal tenore di vita che erano in grado di godere. In particolare, la giurisprudenza della Suprema Corte è costante nell’affermare che il tenore di vita coincide con le potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio ed è l’elemento condizionante la qualità delle esigenze e l’entità delle aspettative del medesimorichiedente(161). Il tenore di vita cui fare riferimento è quello che il coniuge economicamente forte aveva il dovere di consentire all’altro in relazione allesostanzedicui disponeva, e non già quello più modesto eventualmente tolleratoosubitoincostanza di matrimonio (162). Il riferimento al tenore di vita potenziale discende dal cosiddetto principio contributivo sancito dall’art. 143 c.c., secondo il quale i coniugisonotenuti,ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia. In alcune pronunce si sostiene che non assume rilevanzaneppureiltenoredi vitaconcordatotraiconiugi, tesoadesempioalrisparmio o attuato con l’adozione di particolari criteri di suddivisione delle spese familiari e di disposizione dei redditi personali residui (163). Secondo il prevalente e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità,seèpurveroche la separazione determina normalmentelacessazionedi una serie di benefici e consuetudinidivitaedanche il diretto godimento di beni, ciò nonostante il tenore di vita goduto in costanza di convivenza va identificato avendo riguardo allo "standard" di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi, tenendoquindicontoditutte lepotenzialitàderivantidalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacitàdispesa,digaranzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro(164). Tuttavia, si rileva nelle pronunce della Cassazione degli ultimi anni una tendenza a tenere in maggiore considerazione le conseguenze della separazioneeleesigenzedei nuovi progetti di vita dei coniugi separati. Si è così precisato che la conservazionedelprecedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiario dell’assegno costituisce un obiettivo solo tendenziale, poiché non sempre la separazione ne consente la piena realizzazione, essendo notoriocheessariduceanche lepossibilitàeconomichedel coniuge onerato e che soltanto dall’appartenenza al consorzio familiare derivano ai coniugi e alla prole vantaggi - in termini, soprattutto, di contenimento delle spese fisse riconducibili aeconomie di scala e ad altri risparmi connessi a consuetudini di vitaincomune(165). Detto obiettivo, pertanto, va perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze richiamate dall’art. 156, comma 2, c.c., con la precisazione che, in ogni caso, la determinazione di tali limiti è riservata al giudice di merito, cui spetta la valutazione comparativa delle risorse dei due coniugi al fine di stabilire in quale misura l’uno debba integrare i redditi insufficienti dell’altro(166). 3 .L’indisponibilità del diritto al mantenimento e gli accordi di natura economica traiconiugi. Da tempo la giurisprudenza riconosce pienamente il diritto di ciascun coniuge a condizionareilconsensoalla separazione ad un soddisfacente assetto generale dei propri interessi economici, purché con tale composizione non si realizzi una lesione di diritti inderogabili(167). L’accordo tra i coniugi è ritenuto l’elemento fondante della separazione consensuale e del regolamento dei loro rapporti, cui viene impressa efficacia giuridica dal decretodiomologazione,atto di controllo privo di contenuto decisorio, che svolge la funzione di controllare la compatibilità della convenzione rispetto alle norme cogenti ed ai principi di ordine pubblico (168). In tale prospettiva l’accordo di separazione viene considerato atto essenzialmente negoziale, espressionedellacapacitàdei coniugi di autodeterminarsi responsabilmente(169). Ne consegue, in ordine al mantenimento a favore del coniuge privo di adeguati redditi propri, che i coniugi possono liberamente determinarne la misura, i criteri di quantificazione per il futuro ed anche forme integrative e sostitutive dell’assegno. L’autonomia dei coniugi può anche comportare un reciproco riconoscimento di sufficienza economica e di adeguatezza dei rispettivi redditi, ma non la rinunzia definitiva al mantenimento, essendo fatta salva l’eventuale successiva modifica delle condizioni secondol’espressaprevisione dell’art.711,u.c.,c.p.c.. Costante è pure l’orientamento giurisprudenziale che sostiene la nullità degli accordi con i quali i coniugi fissanoinsedediseparazione il regime economico e patrimoniale del futuro ed eventuale divorzio, sul presupposto che la causa sia illecita in quanto stipulati in violazione del principio fondamentale della indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale espresso dall’art. 160 c.c.. (170). Eludendo la questione, tanto discussa in dottrina, in merito alla riferibilità o meno dell’art. 160 c.c. alla sola fase fisiologica della unione coniugale, e, in particolare, al regime patrimoniale della famiglia, la Cassazione ha recentemente precisato che, inognicaso,ciòcheentrain giuoco con riguardo alla rinuncia del diritto al mantenimento non è propriamente il carattere indisponibile in sè dei diritti patrimonialideiconiugi,ma, piuttosto,l’esigenzaditutela del coniuge economicamente più debole, l’attribuzione al quale dell’assegno divorzile potrebbe essere messa in discussione da un accordo stipulato in sede di separazione(171). Di conseguenza si ritiene che non si possa tener conto di tali accordi, sia quando limitinooescludanoildiritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto è necessario per soddisfare le sue esigenze di vita, ma anche quando soddisfino pienamente dette esigenze,eciò"perilrilievo che una preventiva pattuizione - specie se allettanteecondizionataalla nonopposizionealdivorziopotrebbe determinare il consenso alla dichiarazione didivorzio"(172). Altra questione riguarda il ricorso,abbastanzafrequente da parte dei coniugi, ad accordi di natura economica, che vengono sottoscritti in epocaprecedente,contestuale osuccessivaallaseparazione consensuale,enonsottoposti alla omologazione del tribunale. Si pone al riguardo il problema della validità ed efficacia di tali accordi, che possono avere una funzione integrativa, modificativa o derogatoria rispetto alle condizioni concordate inserite nel verbale di separazione consensuale omologato. La giurisprudenza tende a riconoscere in tali casi l’autonomia negoziale dei coniugi, pur entro determinati limiti e con riferimento al tempo della stipuladegliaccordi. Secondo un consolidato orientamento, le pattuizioni convenute dai coniugi prima del decreto di omologazione e non trasfuse nell’accordo omologato si configurano come contratti atipici, aventi presupposti e finalità diversi sia dalle convenzioni matrimonialichedagliattidi liberalità, nonché autonomi rispetto al contenuto tipico del regolamento concordato tra i coniugi, destinato ad acquistare efficacia giuridica soltanto in seguito al provvedimento di omologazione. A tali pattuizioni può riconoscersi validità solo quando assicurino una maggiore vantaggiosità all’interesse protetto dalla norma, ad esempio concordando un assegno di mantenimento in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione, o quando concernano un aspetto non preso in considerazione dall’accordo omologato e sicuramente compatibile con questo, in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, o quando costituiscano clausole meramente specificative dell’accordostesso(173). Diversamente, non è consentitoaiconiugiincidere sull’accordo omologato con soluzioni alternative di cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all’interesse tutelato attraverso il controllo giudiziario di cui all’art.158c.c.. Per quanto riguarda le modifiche degli accordi convenute tra i coniugi a seguito dell’omologazione della separazione, la giurisprudenzadilegittimità, trovando fondamento nel disposto dell’art. 1322 c.c., ritiene che siano valide ed efficaci a prescindere dall’interventodelgiudiceex art. 710 c.p.c., qualora non superino il limite di derogabilità consentito dall’art. 160 c.c. e, in particolare, quando non interferiscano con l’accordo omologato ma ne specifichinoilcontenutocon disposizioni maggiormente rispondenti agli interessi ivi tutelati(174). Trattasi in ogni caso di pattuizioni che sono prive di efficaciadititoloesecutivo,e pertanto nell’ipotesi di inadempimento del coniuge obbligato non si potrà procedere con l’azione esecutiva, bensì solo attivare un procedimento ordinario o richiedere un decreto ingiuntivo, o promuovere il giudizio di modifica delle condizionidiseparazione. CAPITOLOVI L’ASSEGNODI MANTENIMENTO. ANALISICRITICOGIURIDICADELLA NORMATIVA SOMMARIO: 1. I presupposti per l’attribuzione dell’assegno di mantenimento ai sensi dell’art. 156 c.c.. La non addebitabilità della separazione e la mancanza di adeguati redditi propri. –2. La valutazione comparativa della situazione economicadeiconiugi. –3. La quantificazionedell’assegnodi mantenimento. Criteri. –4. Altre circostanze che possono influire sulla determinazione dell’assegno. –4.1. L’assegnazione della casa coniugale. –4.2.Leelargizioni da parte di familiari. –4.3. L’attitudine al lavoro del coniuge richiedente l’assegno. –4.4.Laduratadelmatrimonio. – 4.5. La convivenza more uxorio.–4.6.Lanascitadifigli naturali. –4.7. Le modifiche dell’attività lavorativa del coniuge onerato. –4.8. Le sopravvenienze reddituali e patrimoniali nel corso del giudizio. –5. L’accertamento della situazione economica e patrimoniale dei coniugi e l’onere della prova. –6. Le indagini sui redditi e i patrimoni dei coniugi a mezzo della polizia tributaria. –7. Le modalità di corresponsione dell’assegno. –8.Ladisciplina dell’assegno di mantenimento. – 8.1. La decorrenza. –8.2. L’adeguamento dell’assegno. – 9. Revoca e modifica dell’assegno. 1 .I presupposti per l’attribuzionedell’assegnodi mantenimento ai sensi dell’art. 156 c.c.. La non addebitabilità della separazioneelamancanzadi adeguatiredditipropri. Il diritto all’assegno di mantenimento,secondol’art. 156, primo comma, c.c. e l’orientamentocheprevalein dottrina e giurisprudenza, spetta al coniuge cui non sia addebitabile la separazione e chenondispongadiadeguati redditi propri per il mantenimentodiuntenoredi vitatendenzialmenteanalogo a quello che i coniugi erano in grado di godere durante il matrimonio in base al loro reddito e patrimonio complessivo, e laddove sussista una disparità economica tra gli stessi (175). La mancanza di addebitabilità della separazione al coniuge che richiede l’assegno è condizione espressamente prevista dall’art. 156, primo comma, c.c. (176), mentre è irrilevante che sia stato o menodichiaratol’addebitoin capoall’altroconiuge. Non può invece essere riconosciuto l’assegno di mantenimento al coniuge economicamente più debole incasodiaddebitabilitàdella separazione ad entrambi i coniugi, non essendo possibile effettuare da parte del giudice una graduazione fra le diverse responsabilità (177). L’attribuzione dell’assegno richiede innanzitutto di accertare il tenore di vita che i coniugi erano in grado di godere duranteilmatrimonioinbase al loro reddito e patrimonio complessivo; quindi di verificare se il coniuge richiedentesiaingradoconi propri mezzi di conservare un tenore di vita tendenzialmente analogo, e in caso negativo di valutare comparativamente la posizione economica dei coniugi al momento della pronunciadellaseparazione. Qualora la situazione del coniuge richiedente sia deteriore rispetto a quella dell’altro, si dovrà quantificare l’assegno in funzione tendenzialmente restitutoria,insuofavore,del tenoredivitapregresso,così da riequilibrare, per quanto possibile, la situazione economica delle parti, che devono tendenzialmente attestarsi ad un livello paritario tra loro, seppur inferiore a quello che caratterizzava la precedente convivenza(178). Il tenore di vita goduto durante la convivenza deve essere identificato avendo riguardoallostandarddivita reso oggettivamente possibiledalcomplessodelle risorse economiche dei coniugi,tenendoquindiconto di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettativeperilfuturo(179). Andrà preso in esame il contestoeconomicoesociale che ha caratterizzato la vita deiconiugi(180),chesarebbe presumibilmente proseguito incasodicontinuazionedella convivenza. Sidevetenercontonongià del tenore di vita più modesto consentito dal coniugeeconomicamentepiù forte, bensì di quello che questi avrebbe dovuto consentire alla famiglia in base alle sue effettive sostanze e disponibilità reddituali (181). La stessa soluzione deve essere adottata nel caso in cui un tenore di vita inferiore a quello che i coniugi avrebbero potuto avere, in considerazione delle loro complessive risorse economiche, sia stato frutto di una comune scelta improntata al risparmio (182), dovendosi semmai accertareseiconiugisonoin regimedicomunionelegale– e in tal caso il risparmio accantonato sarà diviso tra i coniugi e concorrerà a delineare la situazione economica del coniuge richiedente l’assegno – o in separazione dei beni – rilevando in tale ipotesi la condizione economica del coniuge che ha beneficiato dell’accantonamento del risparmio. Aifinidellavalutazionedi adeguatezza dei redditi del soggettochechiedel’assegno si deve fare riferimento, secondo consolidata giurisprudenza, alle potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio, quale elemento condizionante la qualità e la quantità delle esigenze e l’entità delle aspettative del medesimo richiedente(183). Tuttavia, la conservazione del precedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiariodell’assegnonon può che costituire un obiettivo solo tendenziale, essendo notorio che la separazione riduce spesso le possibilità economiche del coniuge onerato e comporta un aumento delle spese in considerazione delle nuove esigenzedivitadientrambii coniugi. Tale obiettivo va dunque perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze richiamate dall’art. 156, secondo comma, c.c., valutate comparativamente le risorse dei due coniugi al fine di stabilire in quale misura l’uno debba integrare i redditiinsufficientidell’altro (184). 2 .La valutazione comparativa della situazione economicadeiconiugi. Una volta accertato che i mezzieconomicidelconiuge che richiede l’assegno non siano tali da consentirgli la conservazionediuntenoredi vitatendenzialmenteanalogo a quello avuto durante il matrimonio, si deve procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici di ciascun coniuge, avendo come riferimento temporale il momento della separazione, al fine di stabilire se vi sia una disparità economica che giustifichi l’imposizione dell’assegno, e determinarne lamisura(185). Le potenzialità economiche dei coniugi che vanno prese in considerazionedevonoessere attuali e concretamente valutabili, e comprendono non solo i redditi in senso stretto, ma anche i cespiti di cui si abbia il diritto di godimento ed ogni altra utilità suscettibile di valutazioneeconomica(186). Per reddito si intende quella “misura monetaria dellaricchezza(beni,servizi, denaro,crediti)cheaffluisce al soggetto in un certo arco temporale, al netto della ricchezza dallo stesso consumata e ceduta per produrla: è un flusso che, a seconda della sua origine, è qualificato come salario, stipendio,pensione,pensione di invalidità e assegni ad essa connessi, inclusa indennità di accompagnamento o di superinvalidità, indennità di servizio all’estero, profitto, rendita, plusvalenza, interesse, dividendo, etc.”, e si deve prendere in considerazione, ai fini che qui interessano, il “reddito disponibile” cioè “il reddito che il soggetto può spendere o investire, dopo il pagamento delle imposte e dei contributi obbligatori, con l’avvertenza che tale configurazione di reddito comprendetuttiiproventidel soggetto, anche quelli non dichiarati ai fini fiscali (perchégiàtassatiallafonte, perché esenti da imposta o più semplicemente perché sottrattiatassazione)”(187). Il patrimonio deve invece essere inteso “come ricchezza, ovvero come complesso di beni (mobili, immobili, denaro, titoli), diritti e crediti aventi contenuto economico, di cui il soggetto sia titolare: a differenza del reddito il patrimonio non è un flusso, ma un aggregato, pur essendosempreunaggregato suscettibile di modificarsi nella composizione qualitativa così come nella dimensione. Infatti, le componenti del patrimonio rilevano,aprescinderedalla loro provenienza e dalla causa dell’acquisto, che può essere anche ereditario, siano essi produttivi o temporaneamente improduttivi, in tal caso valutando il loro valore intrinseco in vista della loro alienazione o del diverso impiego,ovveroilredditoda essi concretamente prodotto ovvero l’utilità, nel caso di uso diretto a fini personali (abitativi, anche periodici, o professionali)”(188). Il giudice terrà quindi conto del valore del patrimonio mobiliare e immobiliare di cui ogni coniuge dispone, e del reddito ricavabile dagli immobili, così come di ogni rendita che matura su tali beni. Qualora il reddito prodotto dagli immobili sia inferiore a quanto potenzialmente ricavabile, o sia inesistente, il giudice terrà in considerazione il valoredeibeni.Seilconiuge ha provveduto a vendere in tuttooinparteisuoibeni,il prezzo ricavato verrà computato nel suo patrimonio. Si dovrà viceversa tener conto della eventuale difficoltà di alienareolocareunbene,per motivioggettivi. Nonostante il primo comma dell’art. 156 c.c. si riferisca ai soli redditi del coniuge che richiede l’assegno, la dottrina e la giurisprudenzasonoorientate a ritenere che la valutazione debbacoinvolgerenonsoloi redditi ma anche ogni “circostanza” che abbia valenza economica riferita alla sua situazione patrimoniale complessiva, come prevede l’art. 156, comma 2, c.c. per il coniuge onerato. Oltre al reddito e al patrimonio – che “ancorché distinti, si presentano fra loro strettamente collegati: infatti,ilredditorisparmiato e quello investito costituiscono una delle principali fonti di accrescimentodelpatrimonio e,d’altraparte,ilpatrimonio èfontediredditosottoforma di interessi, rendite, dividendi,canoni,ecc.”(189) – devono essere oggetto di accertamento “le utilità di vario genere, purché suscettibili di valutazione economica (vitto, alloggio, pagamento del mutuo, ospitalità per le vacanze, utenze gratuite, ecc.) ricavate dai rapporti familiari o personali del coniuge, per esempio la famiglia di origine, il convivente, il datore di lavoro(benefits)”(190). Sidovràtenercontoanche delle sopravvenienze reddituali e patrimoniali intervenute nelle more del giudizio di separazione, in quantodurantelaseparazione non viene meno il rapporto coniugale e i benefici economici sopravvenuti devono essere condivisi (191). La valutazione della situazione economica dei coniugi non richiede, secondo il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità,ladeterminazione del preciso importo dei redditi di ciascuno, ma un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali di ogniconiuge(192). 3 .La quantificazione dell’assegno di mantenimento.Criteri. La misura dell’assegno è determinata “in relazione allecircostanzeedairedditi dell’obbligato”, come prescritto dall’art.156, comma2,c.c.. Le “circostanze” da considerare per la quantificazione dell’assegno di mantenimento consistono in quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito del coniuge onerato, e suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali ad esempio la disponibilità di un consistente patrimonio, anche mobiliare, o la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso, o, in negativo, le spese fisse dei coniugi conseguenti alla separazione (193). A differenza del divorzio, laddove le “circostanze” sono intese come “ragioni della decisione”, nella separazione si deve far riferimento solo ad elementi di ordine economico e non alle cause della separazione coniugale (194). Nel ricostruire il reddito del coniuge onerato, il giudicedovràtenerecontodi tutti gli elementi positivi e negativichecontribuisconoa formarlo, e quindi anche degli oneri, quali essi siano, cheneriducanol’entità.Così non si potrà attribuire un assegno di mantenimento al coniuge che pur ne avrebbe diritto, quando la posizione economica dell’obbligato sia tale da far sì che qualsiasi decurtazione si traduca nella privazione del minimo indispensabile per la sopravvivenza, mentre si potràdeterminareunassegno di modesta entità ove sia possibile un equo contemperamento tra le esigenze del coniuge obbligato e l’opportunità di assicurare un pur minimo contributo alle necessità dell’altro. Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenzadilegittimità, il diritto di un coniuge al mantenimento non postula una determinazione dell’assegno ancorata a criteri aritmetici, né può comportare che il coniuge percettore di redditi corrisponda all’altro, che ne sia sprovvisto, una somma pari alla metà dei propri (195). La normativa vigente riconosce al giudice un ampio spazio di discrezionalità circa la quantificazione dell’assegno, che viene determinato secondo gli indici di riferimento indicati dalla legge e il rapporto di proporzionalitàconilreddito accertato o presunto dell’obbligato; tale scelta, svincolata dal sistema di quote o percentuali predeterminate (196), è giustificata dall’esigenza di trovare soluzioni che valutino l’unicità e la novità presentatadaognisituazione difattodellavitaumana.Ciò non comporta ovviamente una facoltà di libero arbitrio o di carenza motivazionale, bensì, in ogni caso, una puntualevalutazionedelcaso concreto con riferimenti ai singoliparametrinormativi. 4 .Altre circostanze che possono influire sulla determinazionedell’assegno. Diverse sono le circostanze che possono influire sulla situazione economica di ciascun coniuge, in modo positivo o negativo, quali ad esempio, l’assegnazione della casa coniugale al coniuge beneficiariodell’assegnoele spese di reperimento di un’altra abitazione da parte del coniuge obbligato; le elargizioni da parte di familiari; l’attitudine al lavoro del coniuge richiedente l’assegno, qualora venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa, tenuto contodiogniconcretofattore individuale e ambientale; la durata del matrimonio; la prestazione di assistenza materiale da parte del c o n v i v e n t emore uxorio quando di fatto escluda o riducalostatodibisognodel coniuge richiedente l’assegno; la nascita di figli naturali. 4 . 1 .L’assegnazione della casaconiugale. L’art. 155- quater c.c., inseritodall’art.1,comma2, l. 8.2.2006, n. 54, (“Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”) prescrive che il giudice debba tenere conto dell’ assegnazione della casa coniugale “nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà”. La norma introduce un ulteriore elemento che condizionalaquantificazione dell’assegnodiseparazionea favoredelconiuge. Ladisposizionesiriferisce al caso in cui vi siano figli minori o maggiorenni non autonomi conviventi con un genitore,alquale,inforzadi tale sua posizione di collocatario dei figli, è stata assegnata la casa coniugale, incomproprietàtraiconiugi o di proprietà esclusiva dell’altro. La giurisprudenza da tempo era comunque orientata nel senso di tener conto della disponibilità, in capo al beneficiario dell’assegno, della casa coniugale, che costituisce un’utilità economicamente valutabile in quanto corrisponde al risparmio di spesa che lo stesso realizza non dovendo ricercare una soluzione abitativa alternativa(197). L’assegnazione della casa coniugale al coniuge potrebbe anche escludere l’ulteriore erogazione a suo favorediunasommaatitolo di assegno di mantenimento, qualora le condizioni economiche complessive dei coniugi consentano di ritenere che il godimento della casa compensi integralmente l’assegno (198). In caso di revoca dell’assegnazione o qualora la casa rimanga assegnata al coniugeeconomicamentepiù forte,adesempionelcasoin cui questi ne sia l’esclusivo proprietario e non vi siano figli conviventi, minori o maggiorenni non autonomi, dovrà essere incrementato l’assegno di mantenimento a favore del coniuge economicamente più debole costrettoalasciarelacasa,e aricercareun’altrasoluzione che comporterà un aggravio dispese(199). 4.2.Le elargizioni da parte difamiliari. Leipotesisonomolteplici, in quanto le elargizioni da partedeifamiliaripotrebbero essere effettuate al coniuge obbligato o al coniuge richiedente l’assegno, in costanzadimatrimonioonel periododellaseparazione. Secondo il più recente orientamento della giurisprudenzadilegittimità, la precedente vivenza a caricodeigenitoridiunodei coniugi in costanza di matrimonio non comporta, per il coniuge in grado di procurarsi i mezzi di sussistenza, l’esonero dall’obbligo di prestare assistenza al coniuge del tutto inidoneo a provvedere al proprio mantenimento, a nullarilevandocheigenitori di quest’ultimo, evidentemente in difetto dell’adempimento del primo obbligato a norma dell’art. 433 c.c., vi abbiano interamente provveduto e continuino a farlo. L’ospitalità e lo stesso mantenimento forniti alla coppia di coniugi maggiorenni dai genitori di uno dei due, infatti, ove non siano necessitati da condizioni oggettive e gravi di impossibilità di autonomo mantenimento,sonofruttodi mera liberalità, e non importano l’assunzione di alcuna obbligazione di mantenimento per il futuro (200). Un precedente orientamento giurisprudenziale aveva invece sostenuto che il coniuge separato che abbia ricevuto, con carattere di regolarità e continuità, aiuti economici da parte dei suoi familiari durante il matrimonio e, successivamente, durante la separazione, non ha diritto all’assegno di mantenimento (201). Quantoalleelargizionidei familiari effettuate con regolarità durante la convivenza a favore del coniugeoneratodell’assegno, secondo un risalente orientamento giurisprudenziale assumono rilevanzainquantoelemento idoneo ad accertare la sua situazione economica ed il pregressotenoredivitadella famiglia, al fine di determinare la misura dell’assegno (202). Secondo un recente orientamento, invece, anche in tale ipotesi le elargizioni dei familiari sono irrilevanti, stante il carattere liberale e non obbligatorio di tali aiuti, che impedisce di considerarli redditodell’obbligato(203). 4.3.L’attitudineallavorodel coniuge richiedente l’assegno. Per quanto riguarda la rilevanza della capacità di lavoro del coniuge richiedente l’assegno in sede diseparazione,sidevetenere presenteche-adifferenzadi quantoprevistoinmateriadi divorzio dall’art. 5, comma 6, l. 898/70 come succ. modif. dalla l. 74/87 - per l’attribuzionedell’assegnodi mantenimento non occorre il concorso del requisito della impossibilità per lo stesso coniuge “di procurarsi un reddito per ragioni oggettive”(204). Pertanto, nel giudizio di separazione l’attitudine al lavoro del coniuge che richiede l’assegno, come potenziale capacità di guadagno, èvalutata con minore rigore rispetto al contestodeldivorzio,mapuò comunque incidere sulla determinazione dell’assegno (205). Lacapacitàdilavoropotrà tuttavia assumere rilevanza solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di una attività lavorativa retribuita, tenuto conto di ogni concreto fattore, soggettivo (quali l’età, la salute, la formazione culturale e professionale, ecc.)edoggettivo,nongiàin termini meramente ipotetici (206). La teorica possibilità del coniuge privo di reddito di reperireunaoccupazionenon elide pertanto il dovere di solidarietà che persiste tra i coniugi anche dopo la separazione. Così, se i coniugi hanno convenuto, anche per comportamento concludente, che durante il matrimonio la moglie svolgesse solo attività casalinga, nella successiva determinazione della misura dell’assegno di separazione nonsipotràtenercontodella possibilità della stessa di svolgere attività lavorativa, inquantoconlaseparazione, a differenza del divorzio, si tende a mantenere la stessa situazione vigente in costanzadimatrimonio,nella misura in cui è compatibile con la cessazione della convivenza(207). Si deve pure ritenere irrilevante che il coniuge abbia una capacità di lavoro, ove sia involontariamente disoccupato oppure trovi difficoltà a ottenere occasioni di lavoro per via delleesigenzefamiliari,ose l’impegnodicuradeifiglidi fatto impedisca lo svolgimento di attività extra domestiche, o se le concrete possibilità di esplicazione di un lavoro non siano confacenti con le sue attitudini o siano eccessivamente gravose rispetto al pregresso livello divitamatrimoniale. In conclusione, l’inattività lavorativa può costituire circostanzaidoneaadinfluire sull’attribuzione o la quantificazione dell’assegno solo se è conseguente al rifiuto, debitamente accertato, di concrete, adeguate, effettive, e non meramente ipotetiche, opportunitàdilavoro(208). Il mancato sfruttamento delle proprie attitudini e possibilitàlavorativenonpuò lasciarpresumerediperséil volontario rifiuto di occasioni di reddito o una scarsadiligenzanellaricerca diunlavoro,finchénonsiano provati il rifiuto ingiustificatodiunaconcreta opportunitàdioccupazione,o la dismissione senza giusto motivo, di un’attività lavorativapregressa(209). 4 . 4 .La matrimonio. durata del La durata del matrimonio non rientra tra gli elementi costitutivi del diritto all’assegnodimantenimento. La breve durata del matrimonio pertanto non ha efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ma può assumere rilievo, con le potenzialità economiche complessive dei coniugi duranteilmatrimonio,aifini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento(210). 4 . 5 .La convivenza more uxorio. Quanto all’incidenza della convivenza "more uxorio" di un coniuge con altri, sul diritto all’assegno di mantenimento che lo stesso richiede,devedistinguersitra semplice rapporto occasionale e famiglia di fatto,sullabasedelcarattere di stabilità che conferisce grado di certezza al rapporto di fatto sussistente tra le persone, tale da renderlo rilevante giuridicamente (211). Le prestazioni di assistenza di tipo coniugale da parte di un convivente more uxorio assumono rilievo in ordine all’attribuzione dell’assegno di mantenimento, e alla sua concreta determinazione, solo quando di fatto escludonooriduconolostato di bisogno del coniuge separato(212). Tuttavia si è a tale proposito affermato che la relazione more uxorio, iniziata dalla moglie dopo l’inizio della causa di separazionepersonale,nonfa venir meno per il marito l’obbligo di corrisponderle l’assegno di mantenimento fissato in via provvisoria dal presidente del tribunale o dalla sentenza di primo grado, ma rileva comunque nei limiti in cui detta relazione incida sulla reale e concreta situazione economica della donna, risolvendosi per questa in una condizione e fonte effettiva e non aleatoria di reddito, posto che la convivenza extraconiugale noncomportaalcundirittoal mantenimento(213). Qualora sia il coniuge separatooneratodell’assegno adinstaurareunaconvivenza more uxorio, l’eventuale onere economico che tale situazione gli comporta non assume alcuna rilevanza ai fini della determinazione dell’assegno a favore dell’altro coniuge (214), salvo chedallanuovaunione non nascano figli, dovendosi in tale ipotesi valutare le esigenze del nuovo nucleo familiare(215). 4 . 6 .La nascita di figli naturali. La nascita di figli naturali da una relazione extraconiugale comporta, in basealcombinatodispostodi cui agli artt. 261 e 147 c.c.., un obbligo di mantenimento acaricodelgenitore,onerato anche del versamento dell’assegno al coniuge separato,epuòincideresulla determinazione, o revisione, della misura dell’assegno di mantenimento a favore di questi(216). 4.7.Lemodifichedell’attività lavorativa del coniuge onerato. Nel caso di modifica dell’attività lavorativa del coniuge onerato, intervenuta nel corso del giudizio di separazione, che comporti unariduzionedelsuoreddito, si dovrà valutare se tale nuova situazione costituisca omenounasceltaartificiosa e strumentale da parte di questi. Qualora sia escluso tale intento, la modifica intervenutaandràvalutatanel bilanciamento delle rispettive situazioni dei coniugi, e potràcomportare l’eliminazioneolariduzione dell’assegno determinato rispetto a precedenti parametri(217). 4 . 8 .Le sopravvenienze reddituali e patrimoniali nel corsodelgiudizio. Nella determinazione del tenore di vita su cui parametrare l’assegno di mantenimento vanno considerati anche gli incrementi dei redditi verificatisi nelle more del giudizio di separazione, in quantodurantelaseparazione personale non viene meno la solidarietà economica che lega i coniugi durante il matrimonio e che comporta la condivisione delle reciproche fortune nel corso della convivenza, e tenuto conto, sotto un profilo processuale,chelapronuncia è adottata all’esito dell’istruttoria, valutata la situazione economico patrimoniale esistente al momento della decisione, o successivamente alla separazionestessa(218). Inparticolaresipotràtener conto degli eventuali miglioramenti della situazione economica del coniuge nei cui confronti si chieda l’assegno, qualora costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta durante il matrimonio(219). 5 .L’accertamento della situazione economica e patrimoniale dei coniugi e l’oneredellaprova. Il coniuge che richiede l’assegno di mantenimento hal’oneredifornirelaprova della fascia socioeconomica di appartenenza della famiglia all’epoca della convivenza e di provare il tenore di vita adottato in costanza di matrimonio, nonché la situazione economica attuale, e conseguentemente la sua impossidenza o inadeguatezza di redditi e sostanze(220). Tuttavia, secondo la giurisprudenzadilegittimità, il coniuge richiedente non è tenutoadarnedimostrazione specifica e diretta, essendo sufficiente che deduca anche implicitamente una condizione inadeguata a mantenere il precedente tenoredivita,fermarestando la possibilità dell’altro coniuge di contestare la pretesa inesistenza o insufficienza di reddito o di sostanze, indicando beni o proventi che evidenzino l’infondatezzadelladomanda (221). Il giudice, in mancanza di prova da parte del richiedente, può anche desumere, in via presuntiva, il precedente tenore di vita dalla situazione reddituale e patrimoniale della famiglia al momento della cessazione dellaconvivenza(222),efare riferimento, quale parametro di valutazione del pregresso stile di vita, alla documentazione attestante i redditidell’onerato(223). Lamancataprova,daparte del coniuge che chieda l’attribuzione dell’assegno, delle condizioni richieste dalla legge non comporta quale conseguenza automatica il rigetto della domanda, in quanto nel nostro ordinamento processuale vige il principio di acquisizione, secondo il qualelerisultanzeistruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa operistanzadellaqualesono formate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionaretaleformazione in un senso o nell’altro e, quindi, senza che possa escludersi l’utilizzazione di una prova fornita da una parte per trarre elementi favorevoli alla controparte (224). Aseguitodellariformadel procedimento civile introdotta dalla l. 14.5.2005 n. 80 e succ. modif., è previstodall’art.706,comma 3, c.p.c. che al ricorso e alla memoria difensiva siano allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate dai coniugi. La norma agevola indubbiamente l’accertamento della situazione reddituale delle parti, sebbene non abbia efficacia vincolante per il giudice.Ilmancatooparziale deposito della documentazionefiscalenonè sanzionato dalla legge ma forma oggetto di valutazione dapartedelgiudice,chepuò nel corso del giudizio ordinarne l’esibizione fino alla rimessione a sentenza, onde consentire anche l’aggiornamento della situazionedelleparti(225). Secondo consolidata giurisprudenza, la dichiarazione dei redditi ha una funzione tipicamente ed esclusivamente fiscale, mirando a normalizzare e a porre su un terreno di reciproca fiducia i rapporti tra uffici e contribuente, e per tale sua natura e scopo non è riferibile con uguale valore a rapporti estranei al sistema tributario (226). Pertanto,ilgiudicedimerito non è vincolato a quanto emergedadettedichiarazioni epuòlegittimamentefondare il proprio convincimento su altrerisultanzeprobatorie. Il giudice può acquisire d’ufficio documenti anche neiconfrontideiterzi,exart. 210 c.p.c., eventualmente anche all’estero per via consolare,exart.204c.p.c.. 6.Le indagini sui redditi e i patrimoni dei coniugi a mezzo della polizia tributaria. Al giudizio di separazione si applica in via analogica, secondo il consolidato orientamentodelladottrinae della giurisprudenza di legittimità (227), quanto previstodall’art.5,comma9, l.1.12.1970,n.898,novellato dall’art. 10, comma 4, l. 6.3.1987, n. 74, il quale, in tema di riconoscimento e determinazione dell’assegno divorzile, stabilisce che "in caso di contestazioni, il tribunale dispone indagini sui redditi e patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria". Tali accertamenti sono previstianchedalrecenteart. 155, comma 6, c.c., introdotto dalla legge 8.2.2006, n. 54 (“Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”), nel caso in cui le informazioni di carattere economico fornite dai genitori nell’ambito del procedimento di separazione personale, ai fini della determinazione del contributo al mantenimento dei figli, non risultino sufficientemente documentate(228). Il giudice della separazione può dunque effettuare, a seguito di specifica contestazione della parte(chenondevelimitarsi acontestaregenericamentela documentazione ex adverso prodotta, ma deve contrapporre fatti diretti o indiretti di valenza probatoria contraria), l’approfondimento della situazioneattraversoindagini di polizia tributaria, rivolti ad un pieno accertamento delle risorse economiche dell’onerato, incluse le disponibilità monetarie e gli investimenti in titoli obbligazionariedazionaried in beni mobili, avuto riguardo a tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacitàdispesa,digaranzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro(229). L’esercizio del potere di disporre indagini patrimoniali a mezzo della polizia tributaria, che costituisce una deroga alle regole generali sull’ onere della prova, rientra nella discrezionalitàdelgiudicedi merito, e non può essere considerato come un dovere impostoalgiudice,sullabase della semplice contestazione dellepartiinordinealleloro rispettive condizioni economiche(230).Tuttaviala discrezionalità delgiudice incontra un limite, in quanto lostessononpuòrigettarele istanze delle parti relative al riconoscimento ed alla determinazione dell’assegno, sottoilprofilodellamancata dimostrazione degli assunti sui quali si fondano, senza avere prima disposto gli accertamenti d’ufficio anche attraverso la polizia tributaria,salvoilcasoincui ilgiudiceritengaraggiuntala prova dell’insussistenza dei presuppostichecondizionano il sopraindicato riconoscimento(231). Una volta ammessa l’indagine di polizia tributaria, è necessario che vengano formulati quesiti specifici e particolareggiati, riferiti all’accertamento di contibancariedepositititoli intestati al coniuge o cointestati, movimentazioni bancarie, posizioni societarie, etc., al fine di evitareaccertamentigenerici, di fatto inutili anche ai fini istruttori. 7 .Le modalità di corresponsionedell’assegno. Il mantenimento può essere corrisposto mediante erogazione di una somma periodica o consistere in più voci di spesa che possono comprendere il canone locativo, gli oneri condominiali, polizze assicurative, spese mediche, etc., purché si rispetti il requisito generale di determinatezza o determinabilità della prestazionerichiestodall’art. 1346c.c.(232). La giurisprudenza riconoscelapossibilitàcheil giudice determini l’assegno di mantenimento in forma mista,parteindenaroeparte mediante altre forme di sostegno economico, purché nel loro insieme risultino idonee a soddisfare le esigenze del coniuge beneficiario(233). I coniugi possono anche convenire, sia in sede di separazione consensuale che contenziosa, che il mantenimento del coniuge avvenga mediante l’attribuzione di una somma o il trasferimento di beni mobilioimmobili,atitolodi una tantum, fermo restando chetalesoluzionesiriferisce solo alla fase della separazione, e non impedisce, come diversamente avviene per il divorzio, la possibilità in futuro di richiedere la modifica delle condizioni di naturaeconomica(234). 8.La disciplina dell’assegno dimantenimento. 8.1Ladecorrenza L’assegno di mantenimento fissato in favoredelconiugeinsededi separazione(cosìcomelasua successivarevisione)decorre dalla data della relativa domanda,inapplicazionedel principio generale stabilito per gli alimenti dall’art. 445 c.c.edelprincipiosecondoil quale un diritto non può rimanere pregiudicato dal tempo necessario a farlo valereingiudizio(235). Tale decorrenza sussiste anche se non sono stati assunti provvedimenti in ordine al mantenimento del coniuge in sede di udienza presidenziale (236), o se la sentenza non abbia espressamente sancito la retroattività dell’assegno, ovvero abbia stabilito soltanto che esso debba esserecorrispostoallafinedi ogni mese, trattandosi di modalità riguardanti l’adempimento periodico delle prestazioni non ancora maturate, che non implica dispensa per quelle dovute per il passato e ancora non adempiute(237). Nel caso in cui con la sentenza di separazione il tribunale accerti l’intervenuto mutamento delle condizioni economiche di uno dei coniugi durante il giudizio, i conseguenti mutamenti dell’assegno di mantenimento vengono fatti decorrere dalla data della sentenza (238); tuttavia in considerazione di modifiche dell’assegno disposte nel corso del giudizio, si ritiene legittimo fissare misure e decorrenze differenziate dalle diverse date in cui i mutamenti si sono verificati (239). Anche la riduzione giudiziale dell’assegno di mantenimento,dispostaperil peggioramento delle condizioni economiche del coniuge obbligato, acquista efficacia dalla data di modifica del provvedimento, essendo del tutto irrilevante il momento in cui, di fatto, sono maturati i presupposti per la modificazione o soppressione dello stesso assegno, con la conseguenza che, in mancanza di specifiche disposizioni ed in base ai principi generali relativi all’autorità, all’intangibilità ed alla stabilità, per quanto temporalmente limitata (rebus sic stantibus), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, gli effetti della decisione giurisdizionale di modificazione possono retroagire non già al momento dell’accadimento innovativo, ma, al più, alla data della domanda di modificazione(240). Tuttavia,dovendoritenersi chegliassegnicorrispostinel corso del processo siano serviti alle esigenze di vita del creditore, che non era tenuto ad accantonarne una parte in previsione dell’eventuale riduzione (241), si è negato che nell’ipotesi di esclusione del diritto all’assegno a seguito di pronuncia di separazione per addebito alla moglie, questa sia obbligata a restituirelesommepercepite prima del passaggio in giudicato della sentenza, salva l’eventuale responsabilità processuale aggravataperavereellaagito senza la normale prudenza (242). L’orientamento espresso in tali pronunce si fonda sul rilievo che l’assegno provvisorio tiene luogo del contributo cui il coniuge è obbligato in regimediconvivenzaaisensi dell’art. 143 c.c. ed è ontologicamentedestinatoad assicurare al beneficiario i mezzi adeguati al suo sostentamento, secondo le quotidianeesigenzedivita. 8 . 2L’adeguamento dell’assegno. È applicabile, in via analogica, all’assegno di mantenimento a favore del coniuge separato l’adeguamento automatico specificamente previsto dall’art. 5 l. n. 898/70, come modif.dall’art.10l.n.74/87, perl’assegnodivorzile. L’aggiornamento annuale dell’assegno deve operare in misura pari almeno a quella degli indici di svalutazione monetaria(243),epuòessere disposto anche d’ufficio con la sentenza, in quanto si può considerarecomepretesagià racchiusa nell’istanza di corresponsione del mantenimento(244). 9 .Revoca dell’assegno. e modifica L’art. 156, ultimo comma, c.c. prevede che “qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commiprecedenti.” Se le circostanze che motivano la domanda di revoca o modifica del provvedimento di attribuzione dell’assegno di mantenimento al coniuge intervengono nel corso del procedimentodiseparazione, la competenza è demandata al giudice istruttore, che ai sensi del novellato art. 709, comma4,c.p.c.puòrevocare o modificare "i provvedimenti temporanei e urgenti assunti dal presidenteconl’ordinanzadi cui al terzo comma dell’art. 708c.p.c.”. Dopo la chiusura del procedimento, il diritto di percepire l’assegno di mantenimento riconosciuto dallasentenzadiseparazione passata in giudicato o dal verbale di separazione consensuale omologato, può essere modificato, ovvero estinguersi del tutto, solo attraverso la procedura prevista dall’art. 710 c.p.c., oltre che per accordo tra le parti. Oggetto del procedimento ex art. 710 c.p.c., che si svolge con rito camerale, è l’accertamento della esistenza dei "giustificati motivi" che autorizzano la modificazione delle condizioni della separazione, intesi quali fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale gli accordi furono stipulati. È stato precisato che il termine “giustificati” che qualifica i “motivi” legittimanti la revisione non comporta certo un sindacato del giudice sulle cause dei sopravvenuti mutamenti delle condizioni economiche dei coniugi, ma comporta solo l’esigenza di una verifica circa l’idoneità di tali mutamenti a giustificare lamodificadelledisposizioni sull’assegno(245). In particolare, con riferimento alla richiesta di revisione delle condizioni economiche della separazione consensuale da parte di uno o di entrambi i coniugi, la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che il giudice può e deve procedere alla richiesta modifica “quando l’equilibrio economico, risultante dai patti della separazione consensuale e dalle parti voluto con riguardo alle circostanze in quel momento esistenti, risulti alterato per la sopravvenienza di circostanze che le parti stesse non avrebbero potuto tener presenti nel fissare queipatti”(246). Nonsonodeducibiliconil giudizio camerale ai sensi dell’art. 710 c.p.c., come “giustificati motivi”, gli eventuali vizi dell’accordo posto a base della separazione consensuale, restando rimesso al giudizio ordinario, secondo le regole generali, l’accertamento dei vizi (nullità o annullabilità) che inficiano la validità dell’accordo di separazione omologatoelasuaeventuale simulazione(247). L’accertamento della sopravvenienza di “giustificati motivi” impone al giudice di valutare il contenuto delle disposizioni relative all’assegno, inserite nellasentenzadiseparazione o nel verbale di separazione consensuale omologato, che nonsolointegranoiltermine diriferimentodelladomanda dimodifica,macostituiscono anche uno dei dati da considerarenellavalutazione dell’esistenza o meno dello squilibrio che si sostiene intervenuto, oltre che nella determinazionedellarelativa portata(248). Sottoilprofilodelmerito, si è ritenuto che i “giustificatimotivi”nonsono ravvisabilinellameraperdita da parte dell’obbligato di un cespite o di un‘attività produttiva di reddito, restando da dimostrare, con onere a carico dell’interessato, che la perdita medesima si sia tradotta in una riduzione delle complessive risorse economiche, sì da integrare uneffettivomutamentodella situazione rispetto a quella valutata, anche in via consensuale, in sede di determinazione dell’assegno (249). Tuttavia, un più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità sostiene che nell’ipotesi di peggioramento delle condizioni economiche dell’obbligato, e, più in particolare, di contrazione dei suoi redditi da lavoro, l’incidenza dell’evento dedotto non può essere aprioristicamente esclusa in ragione del fatto che il decrementoconseguaascelte diquesti-purnondettateda specifiche esigenze familiari o di salute, e dunque liberamente operate - in ordine all’oggetto ed alle modalità di svolgimento della propria attività lavorativa (quale, ad esempio,quelladidismettere la precedente attività professionale per intraprenderne altra meno redditizia, ma maggiormente rispondente alle proprie aspirazioni o meno usurante, ovverodilimitarel’entitàdel proprioimpegno,optandoper illavoroatempoparziale,in luogo di quello a tempo pieno)(250). Nelladiversasituazionein cui si richieda una revisione in aumento dell’assegno, per gliintervenutimiglioramenti della situazione economica del coniuge obbligato, la domandasaràaccoltasolose tali miglioramenti costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta dal coniuge durante il matrimonio, mentre non assumono rilevanza i miglioramenti che scaturiscano da eventi autonomi, non collegati alla situazione di fatto ed alle aspettative maturate nel corso delmatrimonio, ed aventi carattere di eccezionalità e di imprevedibilità(251). Quantoalladecorrenzadel provvedimento di revisione, siritienedeltuttoininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno. Pertanto, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata(rebussicstantibus), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione decorre dalla data della domandadimodificazione,e non può avere decorrenza anticipata al momento dell’accadimento innovativo (252). CAPITOLOVII L’ASSEGNODIDIVORZIO INQUADRAMENTO NELLANORMATIVA SOSTANZIALEE PROCESSUALE SOMMARIO: 1. Il diritto all’assegnodidivorzio,aisensi dell’art. 5 l. 898/70, come modif.dallal.74/87.–2.Profili processali. La domanda di attribuzione dell’assegno divorzile. –3. Contemporanea pendenza del procedimento di modifica dell’assegno di mantenimento disposto in separazioneedelprocedimento di divorzio. –4. Contenuto dell’ordinanza presidenziale in meritoalladomandadiassegno didivorzio. –5.Esecutivitàdel provvedimento di natura economica.–6.Legaranzieper l’adempimento degli obblighi economici. –6.1. La prestazione di una garanzia reale o personale. –6.2. L’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 c.c.. –6.3. Il versamento diretto dell’assegno da parte delterzo. –6.4.Ilsequestroex art. 8, comma 7, l. div.. –7. Il divorziocongiunto. 1 .Il diritto all’assegno di divorzio,aisensidell’art.5l. 898/70, come modif. dalla l. 74/87. Il diritto all’assegno di divorzio trova fondamento nell’ art. 5, comma 6, l. 898/70, come modif. dalla l. 74/87, ai sensi del quale il tribunale,conlasentenzache pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (253), dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente un assegno a favore dell’altro, quando questi non abbia mezzi adeguati o comunque non possaprocurarseliperragioni oggettive, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quellocomune,delredditodi entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio. La mancanza di mezzi adeguati, o l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, costituisce il presupposto per l’attribuzione dell’assegno, avendone il legislatore della riformadel1987privilegiato la natura assistenziale, mentre gli altri criteri indicati dall’art. 5, valutati unitariamente e con riferimento alla durata del matrimonio, sono destinati ad operare solo se l’accertamento dell’unico elemento attributivo si sia risolto positivamente, e quindi rilevano unicamente ai fini della quantificazione dell’assegno. Nella sua originaria formulazione, prima delle modifiche introdotte dalla l. 74/87, l’assegno di divorzio era attribuito “tenuto conto delle condizioni economiche dei coniugi e delle ragioni delladecisione”,nonché“del contributo personale ed economico dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di entrambi”, e assolveva in tal modo alla triplice funzione assistenziale,compensativae risarcitoria. Se ne affermava la natura assistenziale, avendo riguardo alle condizioni economiche dei coniugi, la natura risarcitoria, con riferimentoalleragionidella decisione, e la natura compensativa riferendosi al criterio del contributo personaleedeconomicodato dai coniugi durante la vita matrimoniale. Questi criteri erano tra loro concorrenti ed incidevanosiasull’anchesul quantum dell’assegno, determinando una natura “composita” dell’assegno (254). La pratica applicazione di questicriterilasciavatuttavia un’ampia discrezionalità ai giudicidimerito,equindisi era imposta l’esigenza di modificare questo sistema di attribuzione dell’assegno, e di trovare unnuovo equilibrio tra l’esigenza di tutelareilconiugepiùdebole equelladiattenuareivincoli patrimoniali conseguenti al divorzio(255). L’interventodiriformadel legislatore nel 1987 ha così privilegiato un unico criterio di attribuzione, individuato nellafunzioneassistenzialee solidaristica dell’assegno divorzile, fondato sul presupposto della mancanza di mezzi adeguati o dell’impossibilità a procurarseli per ragioni oggettive,mentregliulteriori criteri enunciati dalla legge assumono rilevanza solo nella fase di quantificazione dell’importo. Lasentenzacheattribuisce l’assegno di divorzio deve anche stabilire un criterio di adeguamento automatico dell’assegno stesso, almeno conriferimentoagliindicidi svalutazione monetaria, comedisponel’art.5,comma 7, l. div.. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escluderne la previsione con motivatadecisione. Su accordo delle parti, l’art. 5, comma 8, l. div., ammette la corresponsione dell’assegno in unica soluzione, che deve essere ritenutaequadaltribunale.In tale caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico. 2 .Profili processuali. La domanda di attribuzione dell’assegnodivorzile. L’attribuzione dell’assegno divorzile è subordinata alla domanda di parte, dovendosi escludere che il giudice possa disporlo d’ufficio ( 256). Tuttavia la domanda non necessita di formule particolari e può essere anche implicita o ravvisabile in deduzioni inequivocamente rivolte al conseguimento dell’assegno stesso(257). Dopo la riforma attuata con il d.l. 35 del 2005, integrato dalla legge di conversione n. 80 del 14.5.2005,lapartericorrente ha l’onere di proporre nella memoria integrativa, a pena di decadenza, le eventuali domande accessorie che non abbia già fatto valere con il ricorsointroduttivo. Per il coniuge convenuto l’ultimomomentoutileperla costituzioneingiudizio,eper la proposizione della domanda relativa all’assegno, è rappresentato dal termine che il giudice fissa ai sensi dell’art. 4, comma10,l.div.. La domanda di attribuzionedell’assegno,già proposta dalla parte attrice nel ricorso introduttivo o nella memoria integrativa, e dalla parte convenuta nella comparsa di costituzione, può essere modificata, per quanto riguarda la quantificazione dell’assegno, con la memoria ex art. 183, comma6,n.1,c.p.c.. Se il coniuge beneficiario di un assegno di mantenimento non si costituisce nel procedimento di divorzio e non svolge esplicitadomandadiassegno divorzile, perderà, con la sentenza, l’assegno di separazione. L’assegno può tuttavia essere richiesto anche in un giudizio successivo e autonomo, in sede di modifica delle condizioni della sentenza di divorzio ex art. 9 l. div., e la mancata proposizione della domanda nel corso del giudizio di divorzio non esclude la successiva (258). proponibilità 3 .Contemporanea pendenza delprocedimentodimodifica dell’assegno di mantenimento disposto in separazione e del procedimentodidivorzio. Nel caso venga instaurato un procedimento di divorzio mentre è pendente un giudizio di modifica delle condizioni di separazione ex art. 710 c.p.c., avente ad oggetto la revisione dei provvedimenti di natura economica per il coniuge, non si verifica litispendenza exart.39c.p.c.(259). Considerata infatti la diversa natura e disciplina dell’assegno di mantenimento previsto in sede di separazione e di quello di divorzio, la giurisprudenza esclude la cessazione della materia del contendere nell’ambito del giudizio di modifica dell’assegno di mantenimento ex art. 710 c.p.c., in seguito alla richiesta dell’assegno avanzata in sede di divorzio, evidenziando la diversità di oggettodeidueprocedimenti (260). Neppure la pronuncia di divorzio determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di revisione delle condizioni di separazione, iniziato anteriormente e tuttora pendente, ove esista un interesse di una delle parti allarevisionedellapronuncia di separazione e dei relativi provvedimenti patrimoniali, per la definitiva regolamentazione dell’assegno di mantenimento (261). La persistenzadell’interesseèin effetti configurabile in funzione della definizione dei rapporti patrimoniali dei coniugi separati, fino alla pronuncia di scioglimento del vincolo, o nei limiti in cui l’accertamento nel giudiziodiseparazionepossa proiettarelasuainfluenzasul regime patrimoniale da definirsi a norma dell’art. 4, commi 9 e 10 o dell’art. 9, comma1,l.div.. 4 .Contenuto dell’ordinanza presidenziale in merito alla domanda di assegno di divorzio. I provvedimenti temporaneiedurgentiassunti dal presidente nel procedimento di divorzio, ai sensidell’art.4,comma8,l. div., hanno natura anticipatoria della decisione finale e regolano provvisoriamente i rapporti tra le parti nell’ambito temporale del processo di divorzio. Nonostantel’art.4,comma 8, l. div. attribuisca al presidente il potere di pronunciare"anched’ufficio" i provvedimenti interinali nell’interesse dei coniugi, oltre che della prole, la dottrina ritiene operante questa norma solo per i provvedimenti assunti nell’interesse dei figli minori. L’ordinanza presidenziale noninterferisceconilregime preesistente alla domanda di scioglimentodelvincolo,che resta fissato dalle statuizioni adottate nel giudizio di separazione o di revisione delle condizioni di separazione(262). Al presidente non viene riconosciuto il potere di m o d i f i c a r erebus sic stantibus e d’ufficio quanto disposto nella sentenza di separazione o nel verbale di separazione consensuale in merito all’assegno di mantenimento, che può essere modificato solo su istanza di parte e ai sensi dell’art. 710 c.p.c. (263), se risulti una modifica delle circostanze o emergano nuove esigenze di tutela (264). Aisensidell’art.189disp. att.c.p.c.,richiamatodall’art. 4, comma 8, l. div., l’ordinanza presidenziale costituiscetitoloesecutivo. Qualora il giudizio di divorziononsiapiùcoltivato dopo essere stato attivato, e debba ritenersi abbandonato, i provvedimenti provvisori e urgentiassuntidalpresidente conservano la loro efficacia, ma come disciplina dei rapporti tra coniugi separati, e sono suscettibili di modifica secondo quanto disponel’art.710c.p.c.(265). 5 .Esecutività provvedimento di economica. del natura La sentenza di divorzio pronunciatainprimogradoè provvisoriamente esecutiva per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica, come dispone l’art.4,comma11,l.div.. Tale disposizione, introdotta con la legge di riforma del 1987, costituiva all’epoca una deroga alla regolageneralecheattribuiva efficacia esecutiva alle sole decisioni pronunciate in appello o in unico grado. Successivamente, la legge 26.11.1990 n. 353 ha riformatoilprocessocivilee ha riscritto l’art. 282 c.p.c., introducendo la regola della generale esecutività provvisoria di tutte le sentenze pronunciate in primogrado. La pronuncia sull’assegno se contenuta nel decreto che conclude il procedimento di revisione ex art. 9 l. div., diviene invece esecutiva, ai sensi dell’art. 741 c.p.c., quandosonodecorsiitermini per la proposizione del reclamo. In dottrina è controverso se l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza di divorzio possa essere inibita o sospesa dal giudice d’appello, sulla base del combinato disposto degli artt.283e351c.p.c.(266). 6 .Le garanzie per l’adempimentodegliobblighi economici. La legge 898/70 già prevedeva nel testo originario un sistema di garanzie per tutelare la posizione dell’ex coniuge beneficiario dell’assegno di divorzio in caso di inadempimento dell’obbligato,chelariforma del diritto di famiglia del 1975 ha poi esteso alla separazione. Le disposizioni relative allaprestazionediunaidonea garanziarealeopersonaleda imporre all’ex coniuge obbligato "se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degliobblighidicuiagliartt. 5 e 6" (comma 1), e all’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 c.c., in forza della sentenza che ne costituisce titolo (comma 2), previste neltestooriginariodell’art.8 della legge 898/70, sono rimasteimmutateanchedopo lanovelladel1987. L’art.12dellalegge74/87 ha invece sostituito il terzo comma dell’art. 8, che originariamenteconsentivaal giudice di ordinare, anche con successivi provvedimenti,cheunaquota dei redditi dell’obbligato fosse versata direttamente all’ex coniuge e ai figli aventidirittoall’assegno. Nel testo vigente, l’art. 8, comma 3, prevede la possibilità per l’ex coniuge, titolare per sé o i figli di un assegno attribuito in sede di procedimento di divorzio, di ottenerne direttamente il pagamentodapartedelterzo che sia tenuto a corrispondere periodicamente somme di denaro all’ex coniuge obbligato, senza necessità di ulteriori azioni giudiziarie perottenereunordinecontro il terzo o per accertare l’esistenza del debito di questi nei confronti dell’obbligato al mantenimento. È stato inoltre introdotto dal legislatore del 1987 lo strumento del sequestro dei beni dell’ex coniuge obbligato a somministrare l’assegno, che è disciplinato dall’art.8,comma7. 6 . 1 .La prestazione di una garanziarealeopersonale. Il tribunale, contestualmente all’emanazione della sentenza di divorzio o in un momento successivo, nel procedimento di revisione dell’assegno ex art. 9 l. div., può imporre all’obbligato di prestare una idonea garanzia realeopersonale,seesisteil pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degliobblighieconomici. Nonostante il silenzio della legge, si ritiene necessaria una istanza della parte, che ha l’onere di provare gli elementi di fatto cheintegranolasituazionedi pericolo, attuale e concreta. Spetta poi al tribunale valutare, con riferimento al caso concreto, al pregresso comportamento del coniuge obbligato, alla sua consistenza patrimoniale, all’entità degli obblighi stessi ed alla loro durata, se sussiste un rischio di inadempimento tale da motivarel’applicazionedello strumento di garanzia richiesto(267). Il tribunale emette una condanna generica, essendo riservataalconiugeobbligato la facoltà di scegliere ex art. 1179 c.c. lo strumento di garanzia dell’adempimento, che potrà consistere nell’iscrizione di ipoteca su beni immobili per un valore rapportato ad una sommaria capitalizzazione delle prestazioni periodiche dovute, nella costituzione in pegnodidenaro,benimobili, titoli o altri crediti, nella garanzia offerta da un terzo, in una fideiussione bancaria oprestatadaaltri(268). La prestazione di una garanziarealeopersonaleha tuttavia trovato scarsa applicazione pratica, probabilmente a causa della discrezionalità della scelta della garanzia stessa lasciata exlegealconiugedebitore,e alla mancanza di una sanzione nel caso di inottemperanza dell’ordine deltribunale. 6.2.L’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818c.c.. Lasentenzadicondannaal pagamento dell’assegno divorzile costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 c.c.. È esclusa la possibilità di iscrivere ipoteca in forza dell’ordinanza presidenziale, o di altro provvedimento provvisorio ed urgente ( 269) emessonelcorsodelgiudizio (270). L’iscrizione dell’ipoteca giudiziale può essere effettuata a garanzia del pagamento di un assegno di divorzio periodico, come di quello determinato in unica soluzione.Taleultimaipotesi non è infrequente, potendo essereconcordatotraleparti un versamento rateizzato dell’una tantum, così che al momento dell’emanazione della sentenza la pretesa creditoria dell’avente diritto è sì liquida nel suo complesso, ma non ancora integralmente esigibile e, pertanto, è maggiormente sentita la necessità di approntare una proficua garanzia(271). L’importo cui riferire l’iscrizione ipotecaria è indicato dal creditore, mediante la capitalizzazione dell’assegno periodico sulla basedelletabelleprevistedal R.D.9ottobre1922,n.1403, per la costituzione delle renditevitalizie(272). Al creditore spetta la valutazione circa la sussistenza del pericolo dell’inadempimento che giustifica l’iscrizione ipotecaria, la cui mancanza, secondo un recente orientamento giurisprudenziale, fa venire meno la finalità di questo strumento e consente all’obbligato il diritto ad ottenere dal giudice l’emanazione del corrispondente ordine di cancellazione ai sensi dell’art. 2884 c.c. (273). È comunque fatta salvadalla legge la possibilità per il debitorediagireinriduzione, laddove l’importo risulti eccessivo rispetto all’ammontaredelcredito. L’iscrizione ipotecaria effettuata a garanzia delle obbligazioni assunte dall’ex coniugeinsededidivorzioè esentedatributi(274). 6 . 3 .Il versamento diretto dell’assegno da parte del terzo. L’art. 8, comma 3, l. div. prevede che il beneficiario dell’assegno divorzile, nel caso di inadempimento da parte dell’ex coniuge obbligato,possanotificareal terzo debitore di questi il provvedimento in cuisia fissatalamisuradell’assegno stesso, ed ottenerne il versamento direttamente dal terzo. Presupposto per fare ricorso all’azione diretta contro il terzo debitore è l’inadempimento dell’ex coniuge obbligato, che si protragga da almeno trenta giorni. Non è pertanto sufficiente un mero ritardo nell’adempimento, inferiore al periodo indicato dalla legge, pur se attuato sistematicamente. Condizioni necessarie per l’eserciziodell’azionediretta sono la costituzione in mora del coniuge obbligato, mediante raccomandata con avviso di ricevimento; la notificadapartedelcreditore procedente al terzo del provvedimento (in copia autentica) in cui è stabilito l’ammontare dell’assegno, con l’invito a versargli direttamente le somme dovute; la comunicazione al coniuge inadempiente dell’avvenuta notifica dell’attoalterzo. L’art. 8, comma 6, l. div. fissaespressamenteunlimite quantitativo dell’obbligo del terzo, nella misura massima pari alla metà delle somme da questi dovute al coniuge obbligatoatitolodistipendi, salari e pensioni. Tra i terzi tenutiacorrisponderesomme periodiche all’ex-coniuge obbligato sono da includere anche gli enti previdenziali, in relazione alla erogazione di trattamenti pensionistici (275). Posizioni differenti sono emerse in dottrina e giurisprudenza in merito all’individuazione del provvedimentogiudizialecui si riferisce la norma, ritenendosidapartedialcuni che l’azione possa essere proposta sia in forza di una sentenza che dei provvedimenti provvisori emessi dal presidente o dal giudice istruttore nel corso delgiudizio(276);dapartedi altri si sostiene invece la necessità di un titolo certo, derivante dal giudicato sullo status di persona divorziata (277). Il terzo, cui è stato notificatoilprovvedimentoe l’invito alla corresponsione delle somme dovute, ha solo la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione facendo valere l’irritualità della notifica effettuatagli, ma non può eccepire mancanze del coniuge creditoreinordineallamessa in mora del debitore o alla successiva comunicazione allo stesso, o far valere pregressi adempimenti da partedelconiugeobbligatoal versamentodell’assegno. Se il terzo cui è stato notificato il provvedimento non adempie, il coniuge creditore può attivare, ai sensi dell’art. 8, comma 4, un’azione esecutiva diretta nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovutegli dall’altro coniuge. In tale caso, dovendosi applicare le norme generali inmateria,sidovrànotificare al terzo il titolo esecutivo, che risulta dall’atto, munito della formula esecutiva, già notificatogli, composto dalla copia autentica del provvedimento attributivo dell’assegno, dell’atto di costituzione in mora del debitore e dell’invito alla corresponsione diretta delle somme, che gli era stato formulato(278). Qualora il credito del coniuge obbligato nei confronti del terzo sia stato già pignorato al momento della notificazione, all’assegnazione e alla ripartizione delle somme fra il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell’assegno, il creditore procedente e i creditori intervenuti nell’esecuzione, provvede il giudice dell’esecuzione. 6.4.Il sequestro ex art. 8, comma7 Il sequestro dei beni del coniuge obbligato è stato introdottonelladisciplinadel divorziodall’art.12,l.74/87, al fine di rafforzare gli strumentidituteladeldiritto all’assegno, a favore dell’ex coniuge e dei figli, e di parificare la normativa in materia a quella della separazione,edinparticolare all’art.156c.c.,cheaseguito della riforma del 1975 già prevedeva lo strumento del sequestro. Secondo la vigente normativa, il giudice può disporreilsequestrodeibeni del coniuge obbligato a somministrarel’assegno“per assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordineall’adempimentodegli obblighidicuiagliarticoli5 e 6, su richiesta dell’avente diritto”. Il testo dell’art. 8, comma 7, l. div. evidenzia alcune differenze rispetto all’art. 156, comma 6, c.c., che disciplina il sequestro nel giudizio di separazione, non prevedendo come presupposto, ai fini della concessione del provvedimento, un pregresso inadempimento dell’ex coniugeobbligato,masolola sussistenza di un nesso di strumentalità della misura rispettoalsuoscopoditutela delle ragioni del creditore (279). La norma in esame non fa alcun riferimento, come invece prevede l’art. 156, comma 6, c.c., alla possibilità di assoggettare al vincolo esclusivamente una partedeibenidell’obbligato, ma si ritiene trattarsi di una omissione più formale che sostanziale,“essendo in ogni caso precluso al giudice di emanare un provvedimento penalizzante come il sequestro senza la contestuale determinazione del limite entro concorrenza del quale il vincolo deve operare: anche in regime di divorzio, dunque, dovrà ritenersi che la misura cautelare(atipica)nonpossa colpire tutti i beni del debitore, ma solo una parte degli stessi” (280). Interpretazione confermata dallo stesso testo di legge, che in riferimento al sequestro di crediti, precisa che “le somme spettanti al coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno di cui al precedente comma sono soggette a sequestro e pignoramento fino alla concorrenzadellametàperil soddisfacimentodell’assegno periodico di cui agli articoli 5e6”. Posizioni differenti sono emerse in dottrina, in merito alla natura del sequestro ex art.8,comma7,l.div.( 281), stante la mancanza di una adeguata disciplina sostanziale e processuale, e sull’argomento valgono le considerazioni già svolte in relazione al sequestro ex art. 156 c.c., quale sequestro atipico. Secondo l’orientamento della giurisprudenza, il provvedimento di sequestro dibenidelconiugeobbligato, previsto sia dall’art. 156, comma 6, c.c., in caso di separazione personale, che dall’art. 8, comma 7, l. div., ha natura atipica, cioè differente da quella del sequestro conservativo disciplinato dagli artt. 671 e ss., c.p.c., che dipende principalmente dalle speciali condizioni che ne giustificano la concessione (titoloesecutivogiàformato, inluogodelfumusbonijuris) e la revoca (sopravvenienza di giustificati motivi, prevista dall’articolo 156, ult. co., c.c., in luogo dei motivi d’inefficacia previsti dagli articoli 669novies e 675c.p.c.(282). Differenti interpretazioni sono emerse anche in merito alla tipologia del provvedimento che consente la concessione del sequestro eallacompetenzadelgiudice cui è demandata l’autorizzazione. Una prima tesi sostiene che il sequestro può essere autorizzato solo in forza di unasentenzadidivorzio,che ha carattere costitutivo dell’assegno divorzile, e pertanto si esclude che tale provvedimento possa essere emesso dal giudice istruttore (283). Altra tesi ammette viceversa la competenza del giudice istruttore nel corso del giudizio di divorzio ad emettereilprovvedimentodi sequestro, a rafforzamento degli obblighi determinati nell’ordinanza presidenziale, munita sempre di efficacia esecutiva, e a tutela del diritto della parte a vedersi attribuire un assegno di divorzio all’esito del procedimento(284). 7.Ildivorziocongiunto. Il procedimento su domanda congiunta dei coniugiperloscioglimentoo la cessazione degli effetti civili del matrimonio, è disciplinato dall’art. 4, l. 898/70, come sostituito dall’art.8,l.74/87. Tale procedimento non si configura come divorzio consensuale, posto che il caratteredell’istitutodipende non dalle norme processuali, le quali si limitano ad incideresuitempitecniciper addivenire alla pronuncia giudiziale, bensì da quelle sostanziali, che non prevedonoilmutuoconsenso come causa di divorzio, che restaancoratoallecondizioni dettate dagli artt. 1, 2 e 3 della l. 898/70 e successive modificazioni. Nel giudicare sulle domande proposte, il tribunale accerta la sussistenza dei requisiti e presupposti di legge, come avviene nel procedimento contenzioso, e, a differenza del procedimento di separazioneconsensuale,non omologa l’accordo intervenuto tra i coniugi, ma emette una sentenza di accoglimento o di rigetto delledomande(285). Neconseguechequalorale parti abbiano convenuto la corresponsione dell’assegno divorzile in unica soluzione, il tribunale, secondo il disposto dell’art. 5, comma 8, l. div., mantiene il potere divalutarnelarispondenzaa criteri di equità e, in difetto, secondo un orientamento giurisprudenziale, può persinopronunciaresulpunto una sentenza difforme dall’accordodelleparti(286). Per quanto attiene all’assegno periodico, il tribunale, pur dovendo recepire gli accordi intervenutitraleparti,enon essendo legittimato a sindacarne il merito attraverso un controllo analogoaquelloprevistoper l’assegno in unica soluzione, ha comunque il potere di sottoporre tali intese a valutazione giudiziale (287), con riguardo alla determinazione della decorrenzadell’assegnoedel suo adeguamento automatico (288). CAPITOLOVIII L’ASSEGNODIDIVORZIO NELL’INTERPRETAZIONE DELLADOTTRINA SOMMARIO: 1. Fondamento e naturadell’assegnodidivorzio. – 2. I presupposti dell’assegno divorzile. –3. I criteri di determinazione dell’assegno. – 4. L’autonomia negoziale dei coniugi e gli accordi di contenuto patrimoniale nel divorzio. 1 .Fondamento e natura dell’assegnodidivorzio. L’assegno di divorzio, secondo l’orientamento prevalente della dottrina, trova fondamento nella solidarietà post coniugale, dovendosi escludere ogni riferimento ai doveri matrimonialichecessanocon lo scioglimento del vincolo. Lasolidarietàpostconiugale, che consiste nel dovere giuridico di aiutare economicamente l’ex coniuge, trova a sua volta giustificazione nel fatto stesso del pregresso matrimonio, “realtà che pur dopo il suo scioglimento rende doverosa l’assistenza economica tra coloro che di tale realtà sono stati parte” (289). Questo dovere di assistenzanonsarebbesoloil risultato di una scelta legislativa, che con la revisione del divorzio nel 1987 ha affermato la funzione esclusivamente assistenziale dell’assegno, ma risponderebbe “ad un’esigenza sociale di tutela delconiugedebole”(290). Unaparteminoritariadella dottrina sostiene, in senso contrario, che il definitivo scioglimento del vincolo matrimoniale appare difficilmenteconciliabilecon la sopravvivenza di una solidarietà destinata a proiettarsi per un tempo indeterminato, essendo l’assegno, di regola, attribuito per la vita del suo beneficiario. L’assegno sarebbe quindi fondato solo sull’oggettivo deterioramento delle condizioni di vita di uno dei coniugi, a causa del divorzio (291). Giovaricordarechesubito dopo la riforma del 1987 la dottrina prevalente aveva sostenuto che la nuova normativa imponeva di abbandonare la tesi precedentemente seguita della natura composita o polifunzionale dell’assegno, per affermare la sua natura esclusivamente assistenziale (292). Ilnuovotestoriformatoha tuttavia subito ingenerato differentiinterpretazioni,non indicando con chiarezza il parametro in relazione al quale deve essere valutata l’adeguatezza dei mezzi del coniugechechiedel’assegno divorzile. Nel periodo tra l’avvio della riforma del 1987 e l’intervento delle Sezioni unite della Cassazione nel 1990, resosi necessario per sanare i conflitti giurisprudenziali sorti nel frattempo (293), sono emerse in dottrina posizionicontrastanti,trachi privilegiava il principio di solidarietà per favorire il soggetto economicamente debole, e coloro che al contrario sottolineavano che ilvenirmenodelmatrimonio attenuava gli obblighi economici. Così, parte della dottrina sosteneva che l’assegno dovesse consentire al beneficiario di continuare a godere del tenore di vita mantenuto in costanza di matrimonio (294), ovvero di untenoredivitaquantomeno analogo, mentre da parte di altri si affermava che al coniuge privo di mezzi dovesse essere riconosciuto solo quanto necessario ad assicuragli un esistenza autonoma, libera e dignitosa (295). L’intervento delle Sezioni Unite nel 1990 - che ha affermato che il parametro cui fare riferimento per valutare l’adeguatezza dei mezzidelconiugechechiede l’assegno divorzile è costituito dal tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, considerati ancheglialtricriteriindicati dalla norma che svolgono una funzione correttiva nella determinazione del suo ammontare - non è tuttavia valso a superare il contrasto diopinioniindottrina(296). Si è così osservato che la giurisprudenzadilegittimità, dalle pronunce del 1990 in poi, segue principi che sembrano “espressione, più che di teorie che valorizzino lasolidarietàpostconiugale, di posizioni che affermano l’ultrattività economica del matrimoniodopoildivorzioe che si pongono in contrasto con la natura stessa del divorzio, che fa cessare lo stato di coniuge e gli effetti delmatrimonio”(297). Altri, manifestando un’opinionediversa,rilevano invececheicritericosiddetti correttivi (quale ad esempio quellorelativoalladuratadel matrimonio) possono incidere sull’attribuzione dell’assegno fino ad azzerarlo, finendo così per vanificare la funzione assistenziale dell’assegno stesso. Si è anche osservato che nella prassi dei giudici di merito il riferimento al tenore di vita resta solo un dato di partenza, un criterio indicativo, ed è rimasta la tendenza a ritenere che un assegno assistenziale non possa essere superiore a quanto necessario per condurre un’esistenza dignitosa(298). Recentemente è stata sottolineata l’esigenza di riconoscere all’assegno di divorzio una funzione perequativa,perriequilibrare lasituazionedelconiugeche sitrovainstatodiinferiorità economica, “quando (e nei limiti in cui) vi sia stata un’effettiva comunione di vita matrimoniale, alla costruzione della quale il coniuge istante abbia dato il suo contributo” (299), e di dare maggiore rilevanza agli aspetti compensativi e indennitari, che sono invece rilegati in secondo piano dalla «curvatura assistenziale» stesso(300). dell’assegno 2.I presupposti dell’assegno divorzile. La dottrina attuale, pur essendo concorde nel dare atto che l’assegno divorzile ha funzione assistenziale, continua ad essere divisa sull’individuazione dei presuppostiperl’attribuzione dell’assegno. Una prima tesi aderisce all’orientamentodettatodalle Sezioni unite della Cassazione nel 1990, e considera, quali presupposti del diritto all’assegno di divorzio, la mancanza di mezzi sufficienti a garantire all’ex coniuge il tenore di vita di cui godeva o avrebbe potuto godere durante il matrimonio, e l’incapacità per ragioni obbiettive a procurarseli(301).Ilconiuge che richiede l’assegno deve trovarsi, secondo questa posizione, in uno stato di bisognorelativo,checonsiste nella sua concreta inidoneità a mantenere il livello di vita matrimoniale, valutata sia in relazione ai mezzi di cui disponecheallasuacapacità di lavoro e di reddito patrimoniale (302). La capacitàdilavoro,siprecisa, non deve essere considerata in astratto, dovendosi piuttosto tenere conto della sua effettiva possibilità di svolgimento,inrelazionealle concrete condizioni personali, familiari e ambientali di inserimento della persona in un’attività confacenteallesueattitudini, alla sua formazione e alla posizione di cui godeva in costanza di matrimonio (303). Disegnooppostoèlatesi, minoritaria, che afferma la natura alimentare dell’assegno a favore dell’ex coniuge,conseguentealvenir meno del vincolo coniugale, e con la sola finalità di coprire i bisogni essenziali dellavita(304). La posizione prevalente sostiene che l’assegno di divorzio debba consentire all’ex coniuge di condurre un’esistenza libera e dignitosa, e che pertanto si debba fare riferimento a tale modello di vita, e non al pregresso tenore di vita matrimoniale.Isostenitoridi questa tesi affermano che la solidarietàpostconiugalenon può condurre ad attribuire al coniuge più debole un assegno divorzile parametrato al tenore di vita coniugale, poiché tale ultrattività del principio di solidarietà finirebbe con il tradursi sul piano patrimoniale in una sorta di indissolubilità del vincolo. Inoltre,ilriferirsialtenoredi vita matrimoniale non consente la promozione di una pari dignità sociale dei coniugi ed impedisce al coniugeeconomicamentepiù deboledirendersiautonomo, considerato che questi può continuare a percepire l’assegno come fonte di renditaperenne(305). Le diverse posizioni espresse dalla dottrina conseguono evidentemente a diverse concezioni degli istituti del matrimonio e del divorzio, e a differenti letture, anche sotto il profilo sociale e politico, del principio di eguaglianza dei coniugi, in astratto piuttosto che correlato all’effettivo ruolo svolto da ciascuno a favore della famiglia e dei figli. In conclusione, si può condividere la posizione di chi critica come astratte e rigide le opposte tesi che considerano l’assegno di divorzio come aprioristico effettodellasopravvivenzadi una solidarietà postmatrimonialeoviceversa elargizioneprovenientedaun soggetto ormai estraneo, e ritiene invece apprezzabile l’attuale orientamento della giurisprudenza che, valutando discrezionalmente i singoli casi alla luce del dettato legislativo, utilizza l’assegno come strumento perriequilibrarelasituazione traiconiugi,avantaggiodel coniugeeconomicamentepiù debole(306). 3.Icriteridideterminazione dell’assegno. La sussistenza di un bisogno assistenziale del coniuge è condizione necessaria per il riconoscimento del diritto all’assegnodivorzile,manon è una condizione sufficiente (307). Parte della dottrina evidenziachelamancanzadi mezzi adeguati assume “il significatotecnicodicriterio di legittimazione all’azione, che opera sul piano processuale” e identifica “il soggetto titolare dell’azione”, ma l’attribuzione dell’assegno dipende “dalla valutazione globale e comparata dei criteri indicati dalla norma” (308). Detti criteri - che l’art. 5, comma 6, l. div., individua nelle “condizioni dei coniugi”,nelle“ragionidella decisione”, nel “contributo personaleedeconomicodato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune”, nel “redditodientrambi”,conla precisazione che devono essere valutati “anche in rapporto alla durata del matrimonio” – fungono, secondo la concorde interpretazionedelladottrina, da correttivi nella determinazione concreta dell’assegno, nel senso che “possonocondurresolamente alla riduzione dell’assegno” epersinoalsuoazzeramento (309). Si esclude pertanto la possibilitàcheall’exconiuge venga attribuito un assegno in misura “superiore al diritto all’assistenza materiale spettantegli in regimedimatrimonio”(310). 4.L’autonomianegozialedei coniugi e gli accordi di contenuto patrimoniale nel divorzio. Nella fase del divorzio, così come avviene in quella della separazione, i coniugi possono raggiungere accordi e pervenire a soluzioni conciliativeconcordate. L’autonomianegozialedei coniugi si estrinseca in accordi che possono riguardare l’ammontare dell’assegno (311) e la sua eventuale corresponsione in unica soluzione, la rinunzia del diritto all’assegno, la transazionedicontroversiedi natura patrimoniale, e possono essere raggiunti in untempoantecedentel’avvio delprocedimentodidivorzio, nonché durante lo stesso procedimento o in epoca posteriore. Sulla disponibilità o meno dell’assegno divorzile si è discusso in dottrina sin dall’entrata in vigore della leggen.898/70(312).Inquel periodo erano emerse differenti posizioni, che facevano riferimento alla natura dell’assegno, o alla disposizione che consente ai coniugi di optare, se d’accordo, per una corresponsione dell’assegno in unica soluzione (313): chi sosteneva la natura esclusivamente assistenziale dell’assegno ne negava il carattere disponibile e considerava il versamento in unicasoluzionecomederoga di carattere eccezionale alla indisponibilità del diritto (314), mentre coloro che davano rilevanza all’accordo dei coniugi per la liquidazione una tantum dell’assegnoneammettevano ladisponibilità(315). Dopo la riforma del 1987, ladottrinacheattribuivauna valenza decisiva alla natura assistenziale dell’assegno di divorzio ha continuato ad escludere la disponibilità dell’assegno stesso e a sostenere, come conseguenza,unalimitazione dello spazio riservato alla transazione diretta a comporre o a prevenire liti sul diritto all’assegno (316). In particolare, per quanto riguarda la possibilità di transazione prevista dall’art. 5, comma 8, l. div. che consente alle parti di concordarelacorresponsione dell’assegno di divorzio in unicasoluzione,siritiene,da parte dei fautori di questa posizione, che l’autonomia negoziale dei coniugi sia limitata dalla previsione del giudizio di equità da parte deltribunale(317). Di segno opposto è la tesi sostenuta da altra dottrina, che mette in luce gli aspetti della legge di riforma del divorzio n. 74/87 che enfatizzano il ruolo dell’autonomia negoziale delle parti, primo tra tutti il procedimento su domanda congiunta(art.4,comma13, l. div.), nonché il potere di adottare il sistema solutorio che gli stessi coniugi ritengonopiùidoneoalleloro esigenze e di derogare alla periodicità dell’assegno (318). Per quanto riguarda la rinunciabilitàdell’assegnodi divorzio, coloro che sostengono la tesi della indisponibilitàdeldirittoper lasuanaturaassistenziale,ne ritengono anche invalida la rinuncia (319), considerata altresì la possibilità di revisione dell’assegno prevista dall’art. 9 l. div.. Si ammettecomevalidasolola rinuncia alle prestazioni scadute(320). Altriaffermanoinveceche il coniuge economicamente più debole possa rinunciare all’assegno, così come gli è riconosciuta la possibilità di ottenere la liquidazione una tantum(321). Tuttavia, nel caso di rinuncia preventiva all’assegno la dottrina è pressoché concorde nell’osservare che non produce alcun effetto in quanto non si può rinunziare a diritti futuri, e ciò tenuto conto che l’assegno di divorzio non può essere considerato come diritto dell’ex coniuge percipiente finoaquandononvisiastata la pronuncia di cessazione delvincolo(322). Sugli accordi di natura patrimoniale tra i coniugi in previsione del divorzio, la dottrina prevalente si esprimenelsensodiritenerli validi e leciti, differenziandosi così dal contrarioeormaiconsolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (323). Si osserva infatti che trattasi di una esigenza spesso sentita già in sede di separazione dai coniugi, che desideranoconunaccordodi carattere patrimoniale abbreviare i tempi della sistemazione definitiva dei loro rapporti, anticipando un evento (la pronuncia di divorzio) che comunque, in presenza delle condizioni di legge,èinevitabile(324). Mettendo in luce la riconosciutaeguaglianzatrai coniugi e il nuovo modo di concepire la famiglia, la dottrina che ammette la validità degli accordi preventivi, sostiene conseguentemente che i rapportitraiconiugipossono essereregolatidacontrattidi dirittocomune(325). CAPITOLOIX L’ASSEGNODIDIVORZIO SECONDO L’ORIENTAMENTO DELLAGIURISPRUDENZA SOMMARIO: 1. La natura dell’assegno di divorzio nell’attuale disciplina. -2. La valutazione di adeguatezza dei redditidelconiugecherichiede l’assegno. -3. Assegno di mantenimento a favore del coniuge separato e assegno di divorzio. -4. L’indisponibilità del diritto all’assegno di divorzio e gli accordi di caratterepatrimoniale. 1 .La natura dell’assegno di divorzio nell’attuale disciplina. L’assegno di divorzio, nella disciplina introdotta dall’art. 10 della l. 6.3.1987 n.74,modificativodell’art.5 della l. 1.12.1970 n. 898, ha natura esclusivamente assistenziale “atteso che la sua concessione trova presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersicomeinsufficienza deimedesimi,comprensividi redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioè che sia necessario uno stato di bisogno, e rilevando invece l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere tendenzialmente ripristinate, per ristabilire un certo equilibrio”. A questa conclusione è giunta nel 1990 la Suprema Corte a Sezioni unite (326), componendo un contrasto giurisprudenziale tra pronunce che, interpretando il nuovo dettato normativo, avevanoriferitolamancanza di mezzi adeguati da parte del coniuge richiedente l’assegno al tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio piuttosto che ad un modello di vita oggettivamente autonomo e dignitoso(327). La giurisprudenza di legittimità,conorientamento chedaallorasièconsolidato, continua a subordinare l’attribuzionedell’assegnodi divorzio alla mancanza di "mezziadeguati", sostenendo chel’accertamentodeldiritto all’assegno va effettuato verificando innanzitutto l’inadeguatezzadeimezzidel coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanzadimatrimonioeche sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, ovvero che poteva ragionevolmente prefigurarsi sulla base di aspettative esistenti nel corso del rapportomatrimoniale(328). Il carattere assistenziale dell’assegno di divorzio non presuppone pertanto uno stato di bisogno del richiedente, che può essere anche economicamente autosufficiente, ma solo la sua inidoneità a conservare, con i suoi soli mezzi, il tenore di vita suddetto, goduto - o godibile - in costanza di matrimonio (329). 2 .La valutazione di adeguatezza dei “mezzi” del coniuge che richiede l’assegno. L’espressione “ mezzi” si riferisce, secondo la giurisprudenza, sia ai redditi che ai cespiti patrimoniali del coniuge beneficiario, nonchéallealtreutilitàdicui eventualmentepuòdisporre. L’adeguatezzadeimezzia disposizione va valutata con riferimento al contesto nel qualeiconiugihannovissuto durante il matrimonio, in rapporto alla pregressa posizione economica e sociale(330). Nelle note sentenze del 1990 la Suprema Corte a Sezioni unite ha precisato che l’espressione “mezzi adeguati” è analoga a quella contenutanell’art.156c.c.,e che nell’interpretazione giurisprudenziale la mancanza di redditi adeguati è normalmente intesa come difetto di redditi o di sostanze od altre utilità sufficienti ad assicurare al coniuge il tenore di vita che gli sarebbe spettato durante la convivenza. Tuttavia, ha sottolineato la Corte, l’assegno di divorzio, a differenza di quello di separazione, non può ritenersi radicato nel vincolo matrimonialeenellarelativa garanzia di continuità dello statuseconomico. Rese queste premesse, le Sezioni unite hanno censurato l’orientamento espresso dalla sentenza della prima sezione n. 1652 del 2 marzo 1990, la quale aveva qualificato come "mezzi adeguati" quelli atti a garantireunavitaautonomae dignitosa, con esclusione del diritto del coniuge beneficiario a mantenere il pregressotenoredivitaeciò sul presupposto che la modifica legislativa non potevacollegarel’assegnoad un rapporto estinto, e che la solidarietà post-coniugale non poteva assicurare una sistemazione definitiva o posizioni di rendita parassitaria. Le Sezioni unite hanno conseguentemente tenuto conto sia della situazione in cuivieneatrovarsiilconiuge obbligato a seguito della dissoluzione del matrimonio e dei suoi nuovi bisogni, per evitare che la misura dell’assegno si traduca in un ingiustificato privilegio per l’uno ed in un insostenibile aggravio per l’altro, sia dell’esigenzadiristabilireun certo equilibrio tra le posizioni economiche degli ex coniugi, mediante la concessione dell’assegno al coniuge richiedente, le cui condizioni economiche subiscano un apprezzabile deterioramentoindipendenza del divorzio, tale da non consentirgli di mantenere un tenore di vita analogo a quellogodutoinprecedenza. Successive pronunce della Suprema Corte, nel confermare i principi espressi dalle Sezioni unite, hanno precisato che le “precedenti condizioni economiche” devono essere ripristinate “tendenzialmente”, per ristabilireuncertoequilibrio tra le posizioni degli ex coniugi (331). Il ruolo di riequilibrio cui l’assegno deve tendere non può essere inteso in senso assoluto e aprioristico, e il coniuge economicamente più debole non può pretendere di beneficiare dopo il divorzio deimiglioramentichesisono verificati nella situazione economica dell’ex coniuge, laddove non costituiscano sviluppinaturalieprevedibili dell’attività professionale svoltaduranteilmatrimonio, o di situazioni ed aspettative maturate prima del divorzio, anche se dipendenti dal merito del coniuge economicamente più forte (332). Quanto all’ulteriore presupposto della impossibilità di “procurarsi gli adeguati mezzi di sostentamento per ragioni obiettive”,nonsitrattadiuna ipotesi alternativa rispetto a quella della mancanza assolutadidettimezzi,maè meramenteesplicativaditale situazione, dovendosi, pertanto, trattare d’impossibilità di ottenere mezzi tali da consentire il raggiungimentonongiàdella mera autosufficienza economica, ma di un tenore di vita sostanzialmente non diverso rispetto a quello g o d u t oin costanza di matrimonio (333). In concreto, il soggetto non deve essere in grado di svolgere un’attività lavorativa, per ragioni strettamente legate alla sua personaqualil’età,lasalute, il tempo intercorso dall’ultima prestazione di lavoro, l’esigenza di dedicarsi ai figli, o dovute alle condizioni offerte dal mercato del lavoro o all’eventualeimpossibilitàdi trovareun’attivitàconfacente alla posizione sociale, e alla qualificazione professionale (334). 3.Assegnodimantenimentoa favoredelconiugeseparatoe assegnodidivorzio. La giurisprudenza di legittimità è orientata a tenere ben distinti l’assegno di separazione e quello di divorzio,che,presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e di alimenti operanti nel regime di convivenza e di separazione, e comporta una determinazione fondata su criteri propri ed autonomi rispetto a quelli rilevanti per il trattamento spettante al coniugeseparato(335). Indubbiamente diverse sono le rispettive discipline sostanziali così come diversi sono la natura, la struttura e la finalità dei relativi trattamenti. La separazione infatti tende a conservare il più possibile tutti gli effetti propri del matrimonio compatibiliconlacessazione della convivenza e, quindi, anche i pregressi accordi sull’indirizzo della vita familiare, nonché il tenore e iltipodivitadiciascunodei coniugi; con il divorzio, che fa cessare gli effetti del matrimonio, residua invece tra gli ex coniugi solo un vincolo di solidarietà di tipo preminentemente assistenziale,chepresuppone nell’ex coniuge assistito non solo la mancanza di mezzi economici adeguati, ma anche l’oggettiva impossibilità di procurarseli mettendo a frutto le proprie capacitàdilavoro. Sotto il profilo processuale, si ritiene pertanto irrilevante, ai fini della legittimità della domandaedellapronunciadi attribuzione dell’assegno di divorzio, la circostanza che insedediseparazionenonsia stato richiesto e attribuito alcunassegno(336). L’assetto economico relativo alla separazione, si afferma, può solo rappresentareunmeroindice di riferimento per il giudice del divorzio, dovendo quest’ultimo rivedere le relativestatuizionisullabase di criteri distinti e autonomi rispetto a quelli rilevanti in sede di separazione e tenere conto, semmai, della situazione reddituale della famiglia al momento della cessazione della convivenza quale elemento induttivo da cui desumere, in via presuntiva, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ai soli fini del riconoscimento dell’assegno didivorzio(337). Tuttavia si deve tenere presente la tendenza della giurisprudenza di merito a considerare la mancata previsione dell’assegno di mantenimento a favore della moglieinsedediseparazione quale indice della capacità dellastessadimantenerecon i propri mezzi un tenore di vita analogo a quello goduto durante la convivenza, e dunque elemento sufficiente ad escludere l’attribuzione dell’assegno di divorzio, in mancanza di una significativa modifica delle condizioni patrimoniali dei coniugi(338). 4 .L’indisponibilità del diritto all’assegno di divorzio e gli accordi di natura patrimoniale tra le parti. L’accentuatorilievocheha assunto la componente assistenziale dell’assegno di divorzio con la riforma del 1987 ha consolidato l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità sulla non disponibilità del dirittoall’assegno(339). Si continua così a ritenere che gli accordi dei coniugi diretti a fissare, in sede di separazione, i reciproci rapporti economici in r e l a z i o n eal futuro ed eventuale divorzio, con riferimento all’assegno divorzile, siano nulli per illiceitàdellacausa(340). Ne consegue che non è ritenuta applicabile al di fuoridelgiudiziodidivorzio la disposizione dell’art. 5, comma8,l.div.,anormadel quale,suaccordodelleparti, la corresponsione dell’assegno divorzile può avvenire in unica soluzione, ove ritenuta equa dal tribunale, senza che si possa in tal caso proporre alcuna successiva domanda a contenuto economico (341). Négliaccordidiseparazione possono implicare rinuncia all’assegnodidivorzio(342). Purnonmodificandoilsuo orientamento, la giurisprudenza di legittimità negli ultimi anni ha aperto uno spiraglio al riconoscimento dell’autonomiaprivataintali ipotesi,sostenendolavalidità degli accordi raggiunti dalle parti quando non dispongano per il futuro assetto dei rapporti economici fra coniugi, ma riguardino invece il passato, ponendo fine alle controversie insorte tra gli stessi. Si ammette quindi la validità di una transazioneodiunarinuncia, purchè non sia compromessa laposizionedel"coniugepiù debole", e fatta salva l’applicazione della clausola rebussicstantibus(343). CAPITOLOX L’ASSEGNODIDIVORZIO ANALISICRITICOGIURIDICADELLA NORMATIVA SOMMARIO: 1. L’accertamento del diritto all’assegno di divorzio. –2.Ipresuppostiper l’attribuzione dell’assegno di divorzio: la mancanza di adeguati “mezzi” propri e l’impossibilità a procurarseli per ragioni oggettive. –3. Il riferimento al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e la valutazione comparativa della situazione economica delle parti. –4 .La prova dell’inadeguatezza dei mezzi e del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. –5. La quantificazionedell’assegnodi divorzio. I criteri di valutazione. –5.1. Le condizionideiconiugieilloro reddito. –5.2. Le ragioni della decisione. –5.3. Il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione delpatrimoniodiciascunoedi quello comune. –5.4. La valutazione dei precedenti criteri in rapporto alla durata del matrimonio. –6. Ulteriori circostanze che possono influire sulla quantificazione dell’assegno. –6.1. L’assegnazione della casa coniugale.–6.2.Laconvivenza more uxorio. –7. L’accertamentodeiredditiele indagini tributarie. –8. Le modalità di corresponsione dell’assegnodidivorzio. –8.1. Lasomministrazioneperiodica. – 8.2. La corresponsione dell’assegno in unica soluzione. –9. La disciplina dell’assegnodidivorzio. –9.1. La decorrenza. 9.2. L’adeguamentodell’assegno. – 10.Larevisionedell’assegno.– 11.Lecausediestinzione. 1.L’accertamento del diritto all’assegnodidivorzio. Il riconoscimento e la determinazione dell’assegno di divorzio si articolano in duefasi. ’Nella prima fase il giudice deve verificare, al momento del divorzio, l’esistenza del diritto in astratto, in relazione all’inadeguatezza dei mezzi delconiugerichiedenteoalla sua impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corsodelmatrimonio,edeve q u i n d iprocedere ad una determinazione quantitativa delle somme sufficienti a superare l’inadeguatezza di dettimezzi,checostituiscono iltettomassimodellamisura dell’assegno. Nella seconda fase, il giudice deve poi procedere alla determinazione in concretodell’assegnoinbase alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nello stesso art. 5 l. div, che agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto, e possono in ipotesi estreme valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con tali elementi di quantificazione(344). L’intervento del giudice, stante la natura assistenziale dell’assegno di divorzio, si pone di fatto in funzione di riequilibrio delle posizioni dei coniugi, a seguito all’apprezzabile deterioramento delle condizioni economiche di uno di essi, in conseguenza del divorzio. Tale funzione, tuttavia, presuppone che vi sia stata una effettiva comunione di vita matrimoniale, cui abbia concretamente contribuito il coniuge che richiede l’assegno, dovendosi escludere il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile qualora si accerti che il matrimonio abbia avutounaduratamoltobreve enessuncontributomateriale e morale sia stato mai dato dalconiugerichiedente(345). In ogni caso, totalmente estranei all’accertamento dell’an debeatur sono i criteri risarcitorio e compensativo. Le considerazioni sulla responsabilità del fallimento matrimoniale (346) e la valutazione delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il tutto in relazione alla durata del matrimonio, non sono autonome condizioni per l’attribuzionedell’assegnodi divorzio, bensì criteri integrativi per la sua quantificazione(347). 2 .I presupposti per l’attribuzionedell’assegnodi divorzio: la mancanza di adeguati “mezzi” propri e l’impossibilitàaprocurarseli perragionioggettive. La concessione dell’assegno di divorzio trova presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente (redditi, cespiti patrimoniali edaltreutilitàeconomichedi cui possa disporre) o nell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontate ad un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del rapporto, fissate al momentodeldivorzio. Nonènecessariounostato dibisognodell’aventediritto, il quale può anche essere economicamente autosufficiente, rilevando invece l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche che devono essere tendenzialmente ripristinate per ristabilire un certoequilibrio(348). Ilconiugerichiedentedeve inoltre trovarsi nell’impossibilitàperragioni obiettive di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento, e quindi di svolgere un’attività lavorativa.Questacondizione èconsideratadalladottrinae dalla giurisprudenza non alternativa, bensì esplicativa rispetto a quella della mancanza dei mezzi, in quanto volta a chiarire che tale indisponibilità non deve essere imputabile al coniuge richiedente(349). Tale indagine deve essere condottainsededimerito,ed esprimersi sul piano della concretezzaedell’effettività, tenendo conto di tutti gli elementi e fattori individuali, ambientali, territoriali, economico sociali - della specifica fattispecie (350). Nella varia casistica,sièdatarilevanzaa ragioni strettamente legate alla persona, quali l’età, la salute, il tempo intercorso dall’ultima prestazione di lavoro, l’esigenza di dedicarsi ai figli, ma anche alle condizioni offerte dal mercato del lavoro e all’eventualeimpossibilitàdi trovareun’attivitàconfacente alla posizione sociale e alla qualificazione professionale (351). Sièancheaffermatochela possibilità di svolgere attività lavorativa deve essere, sotto l’aspetto economico e sociale, rapportata al lavoro svolto durante il matrimonio (352), e al contesto socio economico in cui si è svolta la vita coniugale. Deve comunque risultare non la meracapacitàlavorativa,per etàecondizionidisalute,ma l’effettiva possibilità di concretizzaretalecapacità.,e si è pertanto sostenuto che non assume rilievo, quale prova della possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, la formale iscrizione dell’exconiuge nelle liste di collocamento (353). Al contrario si è ritenuto che l’iscrizione nelle liste di collocamento della richiedente, comprova lo stato di privazione di mezzi economiciidoneiagarantirle lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio(354). 3.Il riferimento al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e la valutazione comparativa della situazione economicadelleparti. Il tenore di vita coniugale è il parametro per la valutazione dell’adeguatezza dei redditi del coniuge che richiede l’assegno divorzile; tuttavia indica solo il «tetto massimo» dell’assegno, poichè, nella concreta determinazione del diritto, il giudice deve tenere conto degli altri parametri indicati dall’art. 5, comma 6, l. div., che riflettono le esigenze compensativeerisarcitorie,e operano generalmente come «fattori di moderazione», finoalpossibileazzeramento dell’assegno. Iltenoredivitaprecedente vieneprovatoodesuntodalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall’ammontare complessivo dei loro redditi e delle loro disponibilità patrimoniali, come avviene anche in sede di separazione (355). Non è rilevante il tenore di vita di livello inferiore tollerato, subito o concordato, ma quello che i coniugi avrebbero potuto tenere in base alle rispettive potenzialità economiche (356). Sul livello di benessere economico che l’assegno divorzile deve garantire permane tuttavia un’ampia discrezionalitàdelgiudicein relazionealcasospecifico.Il tenore di vita resta un semplice “dato di partenza” (357), un criterio indicativo, da ripristinare “tendenzialmente”, per ristabilireuncertoequilibrio, che tuttavia non può essere inteso in senso assoluto e aprioristico(358). Si è anche precisato che somiglianzadeltenoredivita non significa poter disporre esattamente della stessa entità di risorse, ma soltanto non appartenere, successivamente al divorzio, ad una fascia economicosociale macroscopicamente deteriore (359). Inoltre, perché al coniuge istante venga riconosciuto il diritto, non è sufficiente che l’altro coniugegodadibenieredditi più cospicui, in quanto la constatazionediunoggettivo squilibrio tra le situazioni degli ex coniugi non può assumere rilevanza laddove sisiaoriginatopereffettodi incrementi patrimoniali alla cui formazione il coniuge richiedente non abbia contribuito(360). Peraltro, dovendo tenere presente che nel procedimento di divorzio la valutazionedeipresuppostie deglielementisucuisifonda l’assegno è operata dal giudice con riferimento a quel momento, assumono rilievo gli intervenuti eventualimiglioramentidella situazione economica del coniuge nei cui confronti si chiede l’assegno, qualora costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta durante il matrimonio, quali ad esempio i miglioramenti economicirelativiall’attività di lavoro subordinato svolta dal coniuge durante la convivenza, i quali costituiscano evoluzione normale e prevedibile, ancorché non certa, del rapportodilavoro(361). Non assumono invece rilievo i miglioramenti che scaturiscono da eventi autonomi, non collegati alla situazione di fatto e alle aspettative maturate nel corso del matrimonio e aventi carattere di eccezionalità in quanto connessi a circostanze ed eventi del tutto occasionali edimprevedibili(362). Quanto ai miglioramenti determinati da altre circostanze,qualiadesempio il conseguimento di una eredità, l’orientamento giurisprudenziale prevalente sostiene che il coniuge divorziato non possa pretendere la revisione dell’assegno per beneficiare della eredità conseguita dall’obbligato successivamente al divorzio, atteso che le aspettative ereditarie sono sino al momento dell’apertura della successione prive di valenza sul tenore di vita matrimoniale e giuridicamente inidonee a fondare affidamenti economici (363). Si terrà conto, invece, dei cespiti ereditaripervenutialconiuge obbligato in costanza di matrimonio, in quanto concorrenti a determinare il tenore di vita della coppia durante il regime matrimoniale(364). 4 .La prova dell’inadeguatezza dei mezzi edeltenoredivitagodutoin costanzadimatrimonio. Il coniuge che richiede l’assegno ha l’onere di fornireladimostrazionedella fascia socio-economica di appartenenza della coppia all’epocadellaconvivenza,e del relativo stile di vita adottato durante il matrimonio, nonché l’attuale situazione economica, provando non solo un oggettivo divario tra le rispettive condizioni economiche ma altresì l’esistenza di un nesso causale tra il divorzio e il deterioramento delle proprie condizionidivita. In mancanza di prova da parte del richiedente, il giudicepuòtenercontodella situazione reddituale e patrimoniale della famiglia almomento della cessazione della convivenza, quale elemento induttivo da cui desumere, in via presuntiva, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (365), e fare riferimento, quale parametro di valutazione del pregresso tenore di vita, alla documentazione attestante i redditi del coniuge onerato (366). Tale accertamento non richiede la rigida applicazione di criteri matematicamente analitici, una volta che sia stata raggiunta la prova dell’inadeguatezza dei mezzi attualmente disponibili a garantire un tenore di vita analogo a quello precedente (367). Anche con riferimento al procedimentodidivorziosiè affermato che la mancata prova, da parte del coniuge richiedente l’assegno, delle condizioni richieste dalla legge non comporta l’automaticaconseguenzadel rigetto della domanda, in quanto nel nostro ordinamento processuale vige il principio di acquisizione, secondo il qualelerisultanzeistruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa operistanzadellaqualesono formate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, chepuòanchefarriferimento a fatti non contestati dalla controparte, alla comune esperienza e a fatti notori (368). 5 .La quantificazione dell’assegno di divorzio. I criteridivalutazione. La misura concreta dell’assegno deve essere fissata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nell’art. 5, comma 6, l. div., costituitidallecondizionidei coniugi, dalle ragioni della decisione, dal contributo personaleedeconomicodato da ciascuno allaconduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno e diquellocomune,dalreddito di entrambi, esaminati anche in rapporto alla durata del matrimonio, i quali agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma consideratainastratto. Il giudice del merito, purché ne dia adeguata giustificazione, non è tenuto ad utilizzare tutti i suddetti criteri, salva restando la valutazione della loro influenza sulla misura dell’assegno stesso (369). L’importodell’assegnopotrà essere determinato (o azzerato) sulla base di uno soltanto di tali elementi, valutato in termini di prevalenzarispettoatuttigli altri(370). 5.1.Lecondizionideiconiugi eillororeddito. L’indagine sulle condizioni nelle quali versano i coniugi deve comportare una valutazione comparativa delle loro situazioni. Le “condizioni dei coniugi” rilevanti ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio si riferiscono, riguardo al beneficiario, essenzialmente allesuecondizionipersonali, ed in particolare all’età, allo stato di salute, alle condizioni sociali di appartenenza, alle eventuali qualifiche professionali, all’attivitàlavorativasvoltao all’attitudine a svolgere un determinato lavoro, e a tutti quegli elementi che possano influire ai fini della determinazione dell’assegno. Quanto alla valutazione dei suoi redditi, è da ritenersi assorbita nella disamina sull’adeguatezza o meno dei suoi mezzi a mantenere un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto durante il matrimonio. Conriferimentoalconiuge obbligato all’assegno, il giudice deve tenere conto di ogni elemento, sia di carattere patrimoniale, che personale. Per quanto riguarda i redditi, si tengono in considerazione gli emolumenti, le indennità integrative(371),leentratedi qualsiasi natura purché non occasionali (372), la sua condizione professionale, anchenellaproiezionefutura (373). Devonopoiesserevalutati i cespiti patrimoniali, anche immobiliari, di entrambi i coniugi, sia produttivi che improduttivi, poiché tali cespiti, oltre alla intrinseca idoneità ad assicurare benefici di rilevanza economica al loro titolare, rappresentano,comunque,un valore patrimoniale suscettibile di conversione o didiversoimpiego(374). Ulteriori elementi da tenereinconsiderazionesono laconvivenzamoreuxorio,la nascita di figli naturali, l’assegnazione della casa familiare. Il giudice deve, in ogni caso, effettuare la valutazione delle condizioni economichedeiconiugiedel loro reddito, con riferimento al l afattispecie concreta e a dati realmente esistenti, e non secondo apprezzamenti probabilistici(375). L’apportoeconomicodelle famiglie d’origine o di altri estranei al nucleo familiare, caratterizzatodamerospirito di liberalità, non ha alcuna rilevanza e non può essere preso in considerazione, ai fini della determinazione dell’importo dell’assegno divorzile (376). Né tantomeno costituisce parametro di riferimento, il rapporto con i patrimoni delle famiglie di appartenenza coniugi(377). 5 . 2 .Le decisione. degli ragioni ex della Le “ragioni della decisione” in passato integravano il cd. criterio risarcitorio,maoggipossono essere prese in considerazione dal giudice, unitamente a tutti gli altri elementi indicati nell’art. 5, comma 6, l. div., soltanto nella fase della concreta determinazione dell’assegno, e solo come criterio di moderazione del suo ammontare. Ne deriva che l’accertamento della loro sussistenzadiventasuperfluo quando risulti che il coniuge richiedente goda di mezzi adeguati. Laddove invece sussistano i presupposti perchéglivengariconosciuto l’assegnodivorzile,ilcriterio risarcitorio non potrà comunque comportare un incremento dell’ammontare dell’assegno. È pertanto evidente che nell’attuale normativa il criterio risarcitorio ha perso quella valenza che gli era attribuita dall’originaria legge sul divorzio. Il criterio delle “ragioni della decisione”, secondo un orientamento giurisprudenziale ancora recente, postula un’indagine sulla responsabilità del fallimentodelmatrimonioin una prospettiva comprendente l’intero periodo della vita coniugale, e quindi una valutazione che attiene non soltanto alle cause determinative della separazione, ma anche al successivo comportamento che ha concretamente costituito un impedimento al ripristino della comunione spirituale e materiale e alla ricostituzione del consorzio familiare (378). Tuttavia si precisacheilcomportamento dei coniugi anteriore alla separazionerestapursempre assorbito dalla valutazione effettuata al riguardo dal giudicedellaseparazionenel procedimento contenzioso (379), o dall’accordo di separazione consensuale, dove non emergono responsabilità specifiche di unconiugenelfallimentodel rapporto. La dottrina, per lo più contraria alla permanenza di tale criterio nel testo novellato della legge sul divorzio, osserva che è in stridente contrasto con la natura assistenziale dell’assegno postmatrimoniale, e che in ogni caso può rivestire solo una funzione marginale di tutela delconiugenonresponsabile, essendo invece dubbio che possa legittimare una decurtazione dell’assegno (380). Le recenti aperture della giurisprudenza in tema di danno endofamiliare consentono peraltro al coniuge, anche nel caso in cui non abbia diritto all’assegno divorzile, di far accertareinseparatogiudizio il suo diritto ad essere risarcitodeldannosubitoper l’illecito comportamento dell’altro, tenuto in violazione degli obblighi familiari(381). 5.3.Il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno e diquellocomune. La valutazione del “contributo personale ed economicodatodaciascuno” dei coniugi “alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o diquellocomune”costituiva, prima della legge di riforma del divorzio, il cd. criterio compensativo. Nella normativa vigente, se considerato come elemento che agisce in riduzione dell’assegno determinatoinastratto,perde evidentemente di concreta rilevanza. L’accertamento in positivo del contributo personaleedeconomicodato da ciascun coniuge alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge, costituisce al più una conferma dell’assegno determinato in via astratta dal giudice, nella fase in cui valuta la sussistenza dei presupposti di natura assistenziale dell’assegno stesso in relazione al tenore divitapregresso. Giurisprudenza e dottrina sostengono che per valutare il contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge si debba accertare l’apporto dato nella gestione della vita familiare, nella cura e crescita dei figli, e nell’assistenza morale e materiale all’altro coniuge (382). Viene presa in considerazione anche l’attività del coniuge che ha consentito all’altro di sottrarsi alle incombenze familiari, consentendogli di dedicarsi ad un’attività produttiva di reddito con sviluppidicarriera(383). Quanto alla rilevanza del contributo dato dal coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro o di quello comune, muta a secondacheiconiugifossero in regime di comunione legale, nel qual caso si sarà già proceduto o si potrà procedere alla divisione dei beni comuni, o di separazione dei beni, dovendosi, in quest’ultimo caso, tenere in maggiore considerazione l’apporto del coniugeeconomicamentepiù debole. Il periodo temporale cui far riferimento per l’applicazione del criterio compensativo è quello coincidente con l’intero rapportoconiugale,compresa la separazione, in particolare quando il contributo sia anche consistito nella cura deifigli(384). 5 . 4 .La valutazione dei precedenticriteriinrapporto alladuratadelmatrimonio La durata del matrimonio, elemento rivelatore dell’effettività della comunione di vita coniugale (385), incide significativamente sulla determinazione dell’assegno, inquantoèilfiltroattraverso cuidevonoessereesaminatie considerati tutti gli altri criteri. Per “durata del matrimonio” si intende l’intera durata del vincolo, che si esaurisce con la pronunciadeldivorzio,enon già la sola durata della convivenzaconiugale(386). Poiché l’assegno di divorzio ha lo scopo di tutelare il coniuge economicamente più debole, secondo recente giurisprudenza tale finalità non viene meno ove il matrimonio abbia avuto breve durata e la comunione materiale e spirituale non si sia potuta costituire senza colpa di questi, influendo in tal caso la brevità del matrimoniounicamentesulla misuradell’assegno. Si osserva peraltro che esula dallaratiodellanorma il riconoscimento di un assegno di divorzio ove il rapporto matrimoniale, per volontà e colpa di entrambe le parti o della parte richiedente, risulti solo formalmente istituito e non abbia dato luogo alla formazione di alcuna comunione materiale e spiritualetraiconiugi(387). Pertanto, nel caso di convivenze brevi in cui sia dubitabile che si sia formata una comunione materiale e spirituale fra i coniugi, tenuto conto anche delle rispettive responsabilità, l’assegno potrà essere di importo contenuto o anche escluso(388). 6 .Ulteriori circostanze che possono influire sulla quantificazionedell’assegno. 6 . 1 .L’assegnazione della casaconiugale. Il giudice, valutando le “condizioni dei coniugi”, deve considerare anche il godimento della casa familiare, che “è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”, ai sensi dell’art. 155-quaterintrodottodallal. 54/06eapplicabileanchealla disciplina del divorzio (389). Lo stesso art. 155-quater dispone che “dell’assegnazione il giudice tienecontonellaregolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà”. Nel caso di immobile in comproprietà o di proprietà esclusiva del genitore non collocatario, l’assegnazione della casa costituisce per l’altro coniuge, collocatario di figli minori o coabitante con figli maggiorenni non autonomieconomicamente,e che abbia diritto all’assegno divorzile, un indubbio beneficioeconomicodicuisi terrà conto nella quantificazionedell’assegno. Consolidata giurisprudenza afferma inoltreche,seèpurveroche l’assegnazione della casa familiare comporta anche riflessi economici, tale beneficio non può essere disposto al fine di sopperire alleesigenzeeconomichedel coniuge più debole, a garanzia del quale è unicamente destinato l’assegnodidivorzio(390). L’assegnazione della casa familiarenonhapertantouna funzione integrativa o sostitutiva dell’assegno divorzile, dovendo semmai tenersi conto, ai fini della determinazione di detto assegno, dell’eventuale esborsoeconomicochel’uno o l’altro coniuge è tenuto ad affrontare per far fronte alle proprieesigenzeabitative. La revoca dell’assegnazione della casa familiare costituisce elemento valutabile ai fini del riconoscimento o della revisione dell’assegno di divorzio, in quanto essa incide negativamente sulla situazione economica della parte che ne perde il godimento e deve reperire un’altra sistemazione abitativa(391). 6 . 2 .La convivenza more uxorio. Il diritto all’assegno di divorzio, in linea di principio, non può essere automaticamente negato per il solo fatto di una convivenzamore uxorio del coniugeeconomicamentepiù debole, rappresentando tale situazione solo un elemento valutabilealfinediaccertare se la parte che richiede l’assegnodispongaomenodi mezzi adeguati rispetto al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (392). Secondo la giurisprudenza di legittimità, la convivenza more uxorio, anche se acquistacaratteredistabilità, non comporta un obbligo di mantenimentoreciprocofrai conviventiepuòancheessere instaurata con persona priva di redditi e patrimonio, cosicché l’incidenza economica della convivenza deve essere valutata in relazione al complesso delle circostanze che caratterizzano il singolo caso. La prova del miglioramento economico delle condizioni del coniuge che richiede l’assegno, determinatodallaconvivenza conaltri,puòesseredatacon ogni mezzo, anche presuntivo, soprattutto con riferimento ai redditi e al tenore di vita della persona con la quale convive, i quali possono far presumere che dallaconvivenzamoreuxorio il coniuge tragga benefici economici. In dottrina, si sottolinea l’esigenza di verificare se la convivenza del coniuge richiedente implichi un’entrata economica caratterizzata da regolarità e tendenziale sicurezza (393), poiché in tal caso si dovrà tenerecontodelleprestazioni non occasionali percepite, cheintegranol’adempimento di un dovere sociale di mantenimentochesiproietta neltempo. Nell’ipotesi di convivenza more uxorio dell’ex coniuge obbligato,ladottrinaafferma che può avere qualche rilevanzasecomportaesborsi di tipo continuativo, ma si escludecheglioneriversola persona convivente possano comportare l’esonero dall’obbligo dell’assegno di divorzio (394). La legge privilegia in effetti l’ex coniuge,contemplandoasuo favore un obbligo giuridico, mentrerispettoalconvivente sorge soltanto un dovere morale,epertantol’impegno derivante all’ex coniuge dal carico di una convivenza stabile può solo essere valutato sul piano di un contemperamento dei diversi interessi (395). Si è inoltre negato che possa avere qualsivoglia rilevanza il reddito della persona che conviva con il coniuge obbligato al versamento dell’assegnostesso(396). 7.L’accertamentodeiredditi eleindaginitributarie. L’art. 5, comma 9, l. div. dispone che i coniugi presentino all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi ed ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. L’obbligo della produzione in giudizio delle dichiarazioni dei redditi, di prassi indicato per gli ultimi tre anni, è stato confermato nelle nuove disposizioni che disciplinano i procedimenti della separazione e del divorzio, introdotte dalla l. 14.5.2005 n. 80 e succ. modif.. L’art. 5, comma 9, l. div. prevedeinoltrecheincasodi contestazioni il tribunale dispongaindaginisuiredditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria. Tale norma, tuttavia, secondo la giurisprudenza di legittimità non impone al tribunaleinviaautomaticadi disporreindaginiavvalendosi della polizia tributaria ogni voltaincuisiacontestatoun reddito indicato e documentato,marimetteallo stesso giudice la valutazione discrezionale di detta esigenza, avendo questi la facoltàdiammettereimezzi diprovapropostidallepartie di ordinare gli altri che può disporre d’ufficio, previa valutazione della loro rilevanza e concludenza (397). L’unico limite a detto potere è rappresentato dal fattocheilgiudice,inderoga alle regole generali sull’onere della prova, non può rigettare le domande delle parti relative al riconoscimento ed alla determinazione dell’assegno sottoilprofilodellamancata dimostrazione da parte loro degli assunti sui quali le richiestesibasano,avendoin talcasol’obbligodidisporre accertamenti d’ufficio, avvalendosi anche della poliziatributaria(398). Si deve ricordare che la polizia tributaria ha le funzioni di ausiliario qualificato del giudice nei giudizi di separazione e divorzio e può solo adiuvare il giudice nel compimento dellesuemansioni,nelsenso che i campi di indagine debbono essere determinati nelprocessodalgiudicesulla scorta delle richieste delle parti. Le modalità di accertamento della polizia tributaria sono dati dall’utilizzo di una serie di sistemi informativi, quali a titolo esemplificativo l’Anagrafe Tributaria, le Camere di Commercio, il Pubblico Registro Automobilistico, le Conservatorie dei registri immobiliari, che consentono diacquisireunariccaseriedi informazioni; per tutte le altre ricerche presso istituti di credito o altri, il giudice ben potrà delegare la polizia tributaria ai sensi degli artt. 210e213c.p.c,asecondadei casi. 8 .Le modalità di corresponsione dell’assegno didivorzio. 8 . 1La somministrazione periodica. Secondol’art.5,comma6, l. div., l’assegno di divorzio che il coniuge deve corrispondere a favore dell’altro è somministrato “periodicamente”. Il coniuge obbligato deve eseguireconcadenzamensile la prestazione pecuniaria, secondo quanto previsto in sentenza, e comunque secondo i criteri generali di adempimento delle obbligazioni,quantoamodo, luogo e tempo, fissati negli artt.1176-1200c.c.(399). Si ritiene legittima anche la corresponsione dell’assegno divorzile medianteformealternativeo integrative, quali il pagamento del canone di locazione e degli oneri accessori relativi alla casa familiare (400), o il versamento di utili di un’impresa commerciale (401). L’obbligo di corresponsione dell’assegno di divorzio è a tempo indeterminato, e il diritto a ricevere l’assegno, configurato come vitalizio, sussiste in quanto permangano attuali le condizioni che ne hanno giustificatoilriconoscimento (402). Tuttavia la regola per cui la corresponsione dell’assegno è a tempo indeterminato può subire delle eccezioni, e la dottrina non esclude che il tribunale possa disporre l’attribuzione peruntempodeterminato,in ragione della previsione del superamentodellecondizioni che ne legittimano il riconoscimento in capo al richiedente(403). L’assegno periodico, nella misura in cui risulta dal provvedimento dell’autorità giudiziaria, è considerato un onere deducibile dal reddito dellepersonefisiche,aisensi del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 10, comma 1, lettera g) (404). 8 . 2 .La corresponsione dell’assegno in unica soluzione. Sull’accordo delle parti l’assegno di divorzio può essere corrisposto anche in unica soluzione, come previstodall’art.5,comma8, l.div.,aseguitodellariforma del 1987. La legge stessa esclude la possibilità che il giudice possa imporre la corresponsione dell’assegno con tale modalità, senza il consenso di entrambi i coniugi(405). L’assegno corrispostouna tantum è soggetto al controllo del tribunale che deve valutarne l’equità in relazione al caso specifico, edinparticolareallaidoneità di assicurare al coniuge beneficiario adeguati redditi per il proprio sostentamento, con una valutazione proiettataneltempoavenire (406). La sommauna tantum concordata tra le parti non necessariamente corrisponde alla capitalizzazione dell’assegno periodico (407), e viene liberamente determinata nel suo ammontare dai coniugi, che, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, possono anche convenire altre forme di "liquidazione" dell’assegno, alternative o congiunte al versamento di unasommadidenaro,qualiil trasferimento in proprietà di beni immobili, la costituzionedidirittirealidi godimento sui beni stessi, etc.(408). La dottrina più recente, rilevato il sempre più frequente ricorso alla liquidazione dell’assegno in unica soluzione - in particolare nei casi di matrimoni di breve durata o senza figli - mette in luce il ruolo primario dell’autonomia negoziale dei coniugi, rispetto al potere di controllo delgiudice sull’equità della prestazione, che, si teme, potrebbe tradursi in una compromissione degli accordi liberamente assunti dalleparti(409). La giurisprudenza di legittimità, viceversa, affermachelavalutazionedi equitàeffettuatadaltribunale costituisce un presupposto necessario, in assenza del qualel’accordoraggiuntodai coniugi non è vincolante e deveritenersiprivodieffetti. Sigiungequindiasostenere, in alcune pronunce, che tale controllo deve essere effettuato anche nel procedimento divorzile introdotto su domanda congiunta, che si conclude con una sentenza del tribunale(410). La valutazione giudiziale di equità della somma liquidatauna tantum è stata introdotta dal legislatore in considerazione delle gravi conseguenzechederivanoda tale modalità di corresponsione dell’assegno, che preclude la proposizione di successive domande di contenuto economico nei confrontidell’exconiuge.La legge infatti esclude la sopravvivenza in capo al coniuge beneficiario di qualsiasi ulteriore diritto, di contenuto patrimoniale e non, nei confronti dell’altro coniuge, attesa la cessazione per effetto del divorzio di qualsiasi rapporto tra gli ex coniugi, con la conseguenza che nessuna ulteriore prestazione può essere legittimamente invocata dal coniuge che ha percepito l ’ a s s e g n ouna tantum, neanche per la sopravvenienza di quei giustificatimotivicuil’art.9 l. div. subordina l’ammissibilità della istanza di revisione dell’assegno corrisposto periodicamente (411). L’assegno di divorzio corrisposto, su accordo delle parti,inunicasoluzione,non è qualificabile come "reddito" imponibile ai fini Irpef e quindi non è deducibile. Ataleconclusioneègiunta la Suprema Corte che ha messo in luce la differenza tra "somministrazione periodica"e"corresponsione in unica soluzione" dell’assegno divorzile, precisando che, mentre nella prima ipotesi assume rilievo determinante l’erogazione, ripetuta periodicamente nel tempo e potenzialmente vitalizia, di una somma di denaro, assimilata dall’art. 47,comma1,lett.f,D.P.R.n. 597 del 1973, al pagamento di una sorta di retribuzione stabilitaatempo,nelsecondo caso viene trasferita una somma capitale dal coniuge obbligato a quello beneficiario, che configura un’attribuzione patrimoniale enonunreddito(412). Tale indirizzo interpretativo è stato confermato dalla Corte costituzionale, che in una ordinanza del 2001 ha ribaditoladiversitàdelledue forme di adempimento, quella periodica e quellauna tantum, una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l’altracapacedidefinireogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, diversità che legittima il legislatore a prevedere, nella sua discrezionalità, regimi fiscalidifferenti(413). In una successiva ordinanza del 2007 la Consulta, confermando questo orientamento, ha sottolineato come il legislatore, nel caso di corresponsionediuncapitale una tantum, abbia preferito tutelare il coniuge economicamente più debole, non assoggettandolo a tassazione per il relativo importo e lasciando simmetricamente immutato l’ordi-nariocaricofiscaledel solvens, senza prevedere, quindi, alcuna deduzione per taleesborso(414). 9.La disciplina dell’assegno didivorzio. 9.1.Ladecorrenza L’assegno di divorzio, trovando la propria fonte nel n u o v ostatus delle parti, rispettoalqualelapronuncia del giudice ha efficacia costitutiva, decorre dal passaggio in giudicato della sentenza. Questo principio trova un temperamento nell’art. 4, comma 10, l. 898/70, come modificato dall’art. 8, l. 74/87, che attribuisce al giudice il potere discrezionaledifardecorrere l’assegno divorzile dal momento della domanda. Ne consegue che qualora il tribunale non ne fissi la decorrenza da tale momento, l’assegno divorzile spetta dalla data della sentenza che ha pronunciato lo scioglimento del matrimonio (415). La giurisprudenza di legittimità è da tempo concorde nel ritenere che la leggeconferiscaalgiudiceil potere discrezionale di disporre, in relazione alle circostanze del caso concreto, la decorrenza dell’assegno dalla data della domanda, sia nel caso di pronuncia di divorzio con sentenza non definitiva, comeespressamenteprevisto dall’art.4,comma10.,l.div., sia quando la sentenza è definitiva,senzaperaltroche sia necessaria un’apposita domanda di parte in ordine alla decorrenza dell’assegno (416). Parte della dottrina ha criticato questo orientamento, ritenendolo irrazionale e “ai limiti dell’illegittimità costituzionale”, da un lato perché conferisce al giudice un potere discrezionale nell’estendere retroattivamente il credito all’assegno postmatrimoniale dal momento della proposizione della domanda introduttiva del giudizio, dall’altro in quanto il testo letterale della norma limita la determinazione retroattiva dell’assegno all’ipotesi in cui vi sia stata sentenza non definitiva, escludendola nel caso in cui il divorzio sia stato pronunciato con sentenza definitiva, in palese violazione con l’art. 3 Cost. (417).Dapartedialtrisièal contrario rilevato che la decorrenza dell’assegno divorzile dal giorno della domanda risponde all’esigenza di non far gravare sul coniuge bisognoso il pregiudizio economico della durata del processo. Il diritto alla corresponsione dell’assegno di divorzio, in quanto avente ad oggetto più prestazioni periodiche, distinte ed autonome, si prescrive non a decorrere da un unico termine costituito dalla sentenza che ha pronunciato sul diritto stesso, ma dalle scadenze delle singole prestazioni imposte dalla pronuncia giudiziale, in relazione alle quali sorge di volta in volta l’interesse del creditore all’adempimento (418). In applicazione del disposto dell’art. 2948, n. 4, c.c.,ildirittoarichiederele singole rate dell’assegno si prescrive in cinque anni, mentre il diritto alla corresponsione dell’una tantum si prescrive in dieci anni. 9 . 2 .L’adeguamento dell’assegno. L’art. 5, comma 7, l. div., nel testo modificato dalla l. 74/87, prevede l’adeguamento automatico dell’assegno, da disporsi d’ufficio anche in mancanza di esplicita domanda, con la sentenzadidivorziochedeve stabilirne il criterio, almeno conriferimentoagliindicidi svalutazionemonetaria. L’adeguamento automatico è ritenuto una componente necessaria dell’assegno stesso, volta ad assicurargli l’originario potere di acquisto, e può essereesclusosoloincasodi palese iniquità, che richiede unaspecificamotivazione. Nel testo normativo adottato dal legislatore del 1987 il riferimento agli indici ufficiali di svalutazione monetaria (Istat) costituisce il criterio minimo di adeguamento garantito, mentre l’attribuzionealgiudicediun ampiopoteredisceltatragli altri criteri possibili, in relazione alle peculiarità dellefattispecie,fornisceuno strumento flessibile volto a rapportare l’interesse del beneficiario ad una totale conservazione del potere di acquisto dell’assegno al gradodielasticitàdeiredditi delsoggettoobbligato(419). Si deve ricordare che nel sistemaprecedenteallalegge di riforma del divorzio del 1987 non era previsto l’adeguamento automatico dell’assegno, che poteva essere disposto solo a posteriori, in relazione al mutamento comparativo delle rispettive condizioni economichedegliexconiugi, e sempre che si fosse dimostrato che la svalutazione monetaria non aveva inciso - o, quanto meno, non nella stessa misura - sulla situazione economica dell’ex coniuge obbligato al pagamento dell’assegno. Pertanto all’epoca, così come ancora oggi nel caso di sentenze di divorzio emesse prima della legge di riforma n. 74/1987, si è affermato che tra i motivi che possono giustificare la revisione dell’assegno di divorzio, va compresa anche la svalutazione monetaria, suscettibile di alterare profondamenteilvalorereale dell’assegno(420). La giurisprudenza, prima dellariformadeldivorziodel 1987, aveva configurato l’assegno divorzile come espressione monetaria di un debito di valore, affermando conseguentemente che la svalutazione monetaria sopravvenuta dopo la liquidazionedidettoassegno ne giustificava una corrispondente revisione dell’ammontare, così da mantenereinalteratoilvalore dellaprestazione,sempreche non fosse intervenuto anche un mutamento delle condizioni economiche dei coniugi(421). È stato anche sottolineato che nei confronti di tali obbligazioni - che si differenziano dalle obbligazioni cosiddette di valuta, assoggettate al principio nominalistico - si deve tener conto del variare del potere di acquisto della moneta sia ai fini del loro aggiornamento periodico, sia ancheaifinidellalorostessa liquidazione, specialmente quando intercorre un notevolelassoditempotrail momentodellaliquidazionee l’epoca alla quale le prestazioni sono riferite (422). 1 0 .La dell’assegno. revisione L’art. 9, comma 1, l. div., consente la revisione dell’assegno di divorzio nel caso di sopravvenuti "giustificati motivi", la cui naturavaidentificatatenendo conto della funzione assistenziale dell’assegno stesso. Costituiscono pertanto "giustificati motivi" di revisione, i mutamenti delle condizioni economiche di uno o di entrambi gli ex coniugi che, all’esito di una rinnovata valutazione comparativa, si presentino oggettivamente idonei ad alterare l’equilibrio determinato al momento della pronuncia di divorzio (423). La revisione può consistere non soltanto nell’aumento o nella diminuzione dell’importo dell’assegno, ma anche nella sua integrale soppressione o nel suo riconoscimento ex novo. Per quanto attiene alle cause che possono avere causato il mutamento delle condizioni economiche dell’ex coniuge obbligato, si è affermato che nell’ipotesi in cui il mutamento consista nel peggioramento delle condizioni economiche di questi,edinparticolarenella contrazione dei suoi redditi da lavoro, non assume rilevanza il fatto che il decrementoconseguaascelte non dettate da specifiche esigenzefamiliariodisalute, ma liberamente operate dell’ex coniuge in ordine all’oggettoeallemodalitàdi svolgimento della propria attività lavorativa, quali, ad esempio,lacessazionediuna attività professionale per intraprenderne altra meno redditizia, ma maggiormente rispondente alle proprie aspirazioni o meno usurante, o la scelta di limitare il tempo del proprio impegno di lavoro, optando per una attività a tempo parziale (424). Il diritto all’assegno divorzile non può infatti essere considerato un diritto "consolidato", in quanto trova fondamento in una situazione per sua natura dinamica e mutevole nel tempo, rispetto alla quale opera in chiave di bilanciamento di interessi e diriequilibriodeirapportitra gli ex coniugi, ed è conseguentemente connesso all’evoluzione di detta situazione. La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che le disposizioni in tema di assegno post-patrimoniale contenute nella pronuncia di divorzio non possono cristallizzare la posizione dell’obbligato sul piano dell’attività lavorativa, nel senso di impegnarlo comunque ad assistere, e nella stessa misura, l’ex coniuge beneficiario, anche quando, per effetto di legittime, anche se non necessitate, decisioni riguardo alla propria vita personale o professionale, il divario fra le condizioni economiche delle parti, a frontedelqualel’assegnoera stato riconosciuto, si sia ridotto o annullato, o addirittura la situazione del beneficiario sia divenuta più favorevole di quella dell’obbligato(425). Nel procedimento di revisione, che si svolge con ritocameralesuricorsodella parteinteressata,iltribunale, al fine di riconoscere un giustificato motivo di revisione dell’assegno divorzile, deve non solo accertare una sopravvenuta modifica delle condizioni economichedegliexconiugi, ma anche la idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimonialerealizzatoconil precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti. Nellaparticolareipotesiin cuiilmotivodirevisionesia di consistenza tale da condurre alla revoca dell’assegno divorzile, è indispensabile procedere ad un rigoroso accertamento della effettività dei mutamenti, e verificare l’esistenza di un nesso di causalità tra essi e la nuova situazione patrimoniale conseguentemente instauratasi, onde dedurne che l’ex coniuge titolare dell’assegno abbia acquisito la disponibilità di maggiori redditi e pertanto di mezzi idonei a conservargli un tenore di vita analogo a quello condotto in costanza di matrimonio o che le condizioni economiche del coniuge obbligato si siano a tal punto deteriorate da rendere insostenibile l’onere che era stato posto a suo carico(426). Qualorainveceladomanda di revisione dell’assegno si pretenda fondata sul miglioramento delle condizioni economiche dell’ex coniuge obbligato, tale miglioramento deve configurarsi come attuazione di aspettative ragionevolmente esistenti al momento dello scioglimento del matrimonio, non assumendo rilievo gli incrementi patrimoniali allora non prevedibili, correlati al sopravvenire di circostanzeeccezionali(427). Inquantoindipendentedal vincolo matrimoniale, il presupposto del diritto all’assegno può anche intervenire successivamente alla pronuncia di divorzio, e in tale caso si dovranno accertare le variazioni patrimoniali intervenute che giustificano l’attribuzione dell’assegno, senza dover compiere una nuova (o prima) valutazione della condizioni iniziali dei coniugi(428). Nel giudizio di revisione non si può comunque procedere a una nuova e autonoma determinazione dell’assegnosullabasediuna diversa valutazione delle condizioni economiche delle parti, e il tribunale deve limitarsi a verificare se e in quale misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio raggiuntoinprecedenza,ead adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazionepatrimoniale. La variazione dell’ammontaredell’assegno, disposta in esito al procedimento di revisione ai sensi dell’art. 9 l. div., decorre dalla data della domanda,inapplicazionedel principiogeneralesecondoil quale ladurata del processo nonpuòpregiudicarelaparte chehapropostounadomanda fondata(429). 1 1 .Le cause di estinzione dell’assegno. Il diritto all’assegno di divorzio si estingue per diversecause. L’art.5,comma10,l.div. prevede la cessazione della corresponsione dell’assegno per il passaggio a nuove nozze del coniuge beneficiario, cui consegue il diritto di questi a conseguire il mantenimento dal nuovo coniuge. Il diritto all’assegno viene meno anche per la morte o perladichiarazionedimorte presunta dell’ex coniuge beneficiario, in quanto, trattandosi di un diritto personalissimo, non si trasmetteaglieredi. Quandosiverifica,invece, la morte dell’ex coniuge obbligato può sorgere nei confronti dei suoi eredi, secondo quanto previsto dall’art. 9-bis l. div., un successivo diritto dell’ex coniuge beneficiario, che versi in stato di bisogno, a percepire un assegno periodico, che il tribunale determinerà tenendo conto della misura dell’assegno di divorzio, dell’entità del bisogno, dell’eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche(430). L’assegno a carico dell’eredità non spetta se gli obblighi patrimonialiprevistidall’art. 5 sono stati soddisfatti in unicasoluzione. In caso di fallimento dell’ex coniuge tenuto a corrispondere l’assegno deve ritenersi preferibile la tesi secondo cui l’obbligo si trasferisce sulla massa mentre il curatore sarà legittimato a promuovere l’azione volta ad ottenere la revisione dei provvedimenti a contenuto patrimoniale conseguenza del divorzio (431). CAPITOLOXI L’ASSEGNODI MANTENIMENTOPERI FIGLIPROFILI SOSTANZIALIE PROCESSUALI SOMMARIO: 1. L’obbligo dei genitori di contribuire al mantenimentodeifigli.Lefonti normative. –2. Affidamento condiviso e mantenimento dei figli. Le modifiche introdotte dalla l. 54/06. –3. Il mantenimento diretto. –4. Il mantenimento dei figli maggiorenni non autonomi economicamente. –5. La legittimazione a richiedere e ricevere l’assegno per i figli maggiorenni. –6. La competenza del giudice in ordine al mantenimento dei figli legittimi e naturali. –7. I poterid’ufficiodelgiudice.–8. Validità e limiti degli accordi tra i genitori. –9. L’efficacia esecutiva dei provvedimenti di natura economica a favore dei figli. –10. Il procedimento ex art. 148 c.c. in caso di inadempimento del genitore. – 11. Le misure sanzionatorie in caso di inadempimento, previste dall’art. 709ter, comma 2, c.p.c.. –12. Gli strumenti di garanzia dell’assegnoperifigli. 1 .L’obbligo dei genitori di contribuire al mantenimento deifigli.Lefontinormative. La crisi della coppia, coniugata o meno, cui consegue la separazione personale o di fatto, o il divorzio,nonfaveniremeno gli obblighi che i genitori hannoneiconfrontideifigli, sindallaloronascita(432). L’ art. 30 Cost., nell’affermare che è “dovere e diritto” dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, richiama gli stessi ad un obbligo di responsabilità genitoriale, principio immanente nell’ordinamento e ricavabile dall’interpretazione sistematica degli artt. 147 (“Doveri verso i figli”), 148 (“Concorso negli oneri”) e 261 (“Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento”) del codice civile. L’ art. 147 c.c. impone ai coniugi, quali genitori, l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli tenendo conto delle loro capacità,inclinazioninaturali e aspirazioni, mentre l’art. 148 c.c. prescrive agli stessi di adempiere a tali doveri in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionaleocasalingo. Detti obblighi sono estesi dall’art. 261 c.c. al genitore che riconosce il figlio naturale, dal momento della suanascita(433). L’obbligo di mantenimento dei figli minori, legittimi o natura- li (434), spetta primariamente ailorogenitori,e,seunodei due non possa o non voglia adempiere, l’altro è tenuto a farfronteperinteroalleloro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacitàdilavoro,fattasalva la possibilità di convenire in giudizio l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle sue condizionieconomiche(435). Giurisprudenza e dottrina, concordinelriteneresuperata la definizione della potestà quale diritto del genitore sul figlio, inteso come bene personale, da tempo sottolineano la centralità del concetto di responsabilità correlatoaquellodifunzione genitoriale (munus), e definiscono la potestà genitoriale, di cui agli artt. 316 e 317-bis c.c., quale funzione (munus) diretta all’esclusivo soddisfacimento dei diritti delminore,fondatasuldarea questi mantenimento, educazione ed istruzione, così da ampliare progressivamente, con la crescita, i suoi spazi di autonomiaelosviluppodella suapersonalità(436). Il concetto di mantenimento, anche dopo l’entratainvigoredellalegge 8 febbraio 2006, n. 54, "Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli", che ha modificato l’art.155c.c.esiapplica,ai sensi dell’art. 4, comma 2, della stessa legge “anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonchè ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”, coincide pertanto con il soddisfacimento delle moltepliciesigenzemateriali dei figli connesse alla prestazione dei mezzi necessari per garantire un lorocorrettosviluppofisicoe psicologico(437). Queste esigenze non sono certamente riconducibili al solo obbligo alimentare, bensì sono estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, alla assistenza morale e materiale, nonché alla opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica-conmodalitàtali dagarantireaifigliunlivello economico corrispondente alle risorse della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in costanza di convivenza dei genitori(438). Inordineall’adempimento dell’obbligo di mantenimento, assume rilevanza anche la predisposizione e conservazione dell’ambiente domestico, considerato quale centrodiaffetti,diinteressie di consuetudini di vita, che contribuisce in misura fondamentale alla formazione armonica della personalitàdelfiglio(439). 2 .Affidamento condiviso e mantenimento dei figli. Le modifiche introdotte dalla l. 54/06. L’art. 155, comma 1, c.c., nel testo vigente modificato dalla l. 54/06, afferma il diritto del minore alla bigenitorialità, precisando che “anche in caso di separazione personale dei genitoriilfigliominorehail diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascunramogenitoriale”. La disposizione normativa si applica anche nei casi di successivo divorzio dei genitori e di separazione di fattodeigenitorinaturali,nel procedimento che si svolge avanti il tribunale per i minorenni avente ad oggetto l’affidamento, il collocamento e il mantenimentodeifigli. Per realizzare le finalità espresse dal comma 1 dell’art. 155 c.c., il giudice adotta i provvedimenti relativiaifigliconesclusivo riferimento al loro interesse morale e materiale, valutandoprioritariamentela possibilità che gli stessi restino affidati a entrambi i genitori,e“determinaitempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazionedeifigli”. Iltestodellalegge54/06si differenzia dalla previgente normativachedisciplinavail mantenimento dei figli nella separazione e nel divorzio. Mentre in passato, ai sensi dell’art. 155, comma 2, e dell’art. 6, comma 3, l. 898/70 come modif. dalla l. 74/87, il giudice doveva determinare la misura e le modalità con cui il coniuge non affidatario doveva contribuire al mantenimento del figlio, nell’attuale testo legislativo, che privilegia l’affidamento condiviso, il giudice deve determinare la misura e le modalità del contributo di ciascun genitore, con un’operazione logicadiversa. Richiamando il principio della condivisione della responsabilitàgenitorialeeil criterio di proporzionalità, giàprevistodall’art.148c.c., il quarto comma dell’ art. 155 c.c. prescrive che "salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito;ilgiudicestabilisce, ove necessario, la corresponsionediunassegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza diconvivenzaconentrambii genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti daciascungenitore”. Laquestionefocale,cheha suscitato un vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza, riguarda il “mantenimento diretto” della prole da parte di entrambi i genitori, essendo controverso se l’art. 155, comma 4, c.c. imponga o meno come regola principale il mantenimento diretto, e la determinazione diunassegnoperiodicocome eccezione, solo in funzione perequativa di “conguaglio” (440). La dottrina maggioritaria ha posto in rilievo che nell’intenzione del legislatore l’assegno ha assunto una funzione residuale rispetto al mantenimento diretto, modalità contributiva più vicina ai principi sottesi alla riforma, volti a far partecipare attivamente e concretamente entrambi i genitori alla vita quotidiana dei figli (441). Si è quindi auspicato che “con l’entrata invigoredellanuovaleggee l’assimilazione, da parte dellasocietà,deiprincipiche la animano, il mantenimento diretto, che realizza in maniera completa lo spirito dell’affido condiviso, possa diffondersi maggiormente e regolarelamaggiorpartedei rapporti economici tra genitoriefigli"(442). In tale ottica l’assegno avrebbe la funzione perequativa di ristabilire l’equilibrio in relazione al contributo dato da ciascun genitore, “ove necessario” (443). La giurisprudenza sembra tuttavia restia ad abbandonare la prassi dell’assegno periodico, sulla basedellaconsiderazioneche il genitore presso il quale il figlio è collocato o che lo tiene presso di sé con carattere di stabilità, deve poter provvedere direttamente a tutte le esigenzedellaprole.Peraltro la tendenza ancora largamente prevalente a prevedere la corresponsione di un assegno periodico al genitore collocatario, integrato dalla suddivisione delle spese scolastiche, mediche, ricreative, etc., sembra essere rispondente alle domande svolte in giudiziodaglistessigenitori, e risulta essere l’opzione ancorapreferitanegliaccordi trasfusi nel verbale di separazioneconsensuale. Sinora è così prevalso l’orientamento che riconosce al genitore collocatario la legittimazione attiva a richiedere l’assegno periodicoatitolodiconcorso al mantenimento del figlio, come avvenuto in passato, mentre è rimasta minoritaria la posizione dei giudici di merito che, interpretando l’art. 155, comma 4, c.c. in senso letterale e restrittivo, prevede l’erogazione di un assegno al genitore collocatario solo nel caso in cui la corresponsione diretta non copra interamente il budget a carico del genitore noncollocatario(444). La giurisprudenza di legittimitàhasinoraespresso una posizione che sembra mediare il passato orientamento con l’attuale testo legislativo, ed ha affermato che l’affidamento congiunto, per le sue finalità riguardanti l’interesse dei figli,“nonpuòcertofarvenir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei genitori a contribuire con la corresponsionediunassegno al mantenimento dei figli in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza”, ed ha concluso ritenendo censurabile la decisione del giudicedelmeritochefaccia erroneamente derivare, come conseguenza "automatica", dall’affidamentocongiuntoil principio che ciascuno dei genitori provveda in modo diretto e autonomo alle esigenzedeifigli(445). 3.Ilmantenimentodiretto. Il mantenimento diretto dei figli - se si tiene conto della cruda realtà delle controversie coniugali nelle aulegiudiziarieedell’elevata litigiosità delle coppie soprattutto sulle questioni di natura economica - può essere concretamente adottato come modalità di adempimento degli obblighi dei genitori separati o divorziati, solo laddove sussista tra gli stessi un rapporto di effettiva collaborazione nell’interesse dei figli, fondato sulla fiducia e il rispetto del reciprocoruologenitoriale. Una corretta e duratura applicazioneditaleformadi mantenimentorichiede,come necessario presupposto, la consapevolezza da parte di ciascun genitore di dover adempiere all’obbligo di mantenimento dei figli, recependoleloroesigenzein modo responsabile e puntuale, seppur diretto e spontaneo. L’entità del mantenimento diretto deve essere proporzionato alle esigenze del figlio e al tenore di vita che questi godeva nella famiglia unita, nonché alle complessive risorse economiche dei genitori. Anche il mantenimento diretto, così come l’assegno periodico, deve fondarsi sul principio della proporzionalità, richiamato dal novellato art. 155, comma 4, c.c., nonché sui criteriiviindicati(446). Le condizioni concrete richieste dalla modalità del mantenimento diretto non sono peraltro riscontrabili con frequenza nella fase patologica del rapporto di coppia. Si è pertanto sottolineata, sin dal varo della legge 54/06, la difficoltà di disporre il mantenimento diretto, a fronte di una sostanziale generalizzata incapacità dei genitori - anche nei casi di non accesa conflittualità, e quindi anche per cause oggettive e non solo soggettive - di gestire in via diretta ed autonoma gli aspetti economici conseguenti alla crisi di coppia. La casistica che emerge dalle pronunce dei giudici di merito,chehannodispostoil mantenimento diretto, evidenzia situazioni in cui i genitori avevano pari potenzialità reddituali, o era stato stabilito unparitario periodo di permanenza dei figli con ciascun genitore (447). Rimane comunque minoritario l’orientamento della giurisprudenza di merito che ritiene potersi disporre d’ufficio il mantenimento diretto della prole, anche in mancanza di domandadiparte. Incasodiconflittualitàtra i genitori, l’assegno periodico continua di fatto a corrispondere alla modalità più opportuna per garantire l’adempimento dell’obbligo dimantenimentodeifigli. 4 .Il mantenimento dei figli maggiorenni non autonomi economicamente. Con l’art. 155-quinquies c.c. è stata introdotta dalla l. 54/06 una specifica disposizione che prevede la possibilità di riconoscere ai “figli maggiorenni non indipendenti economicamente”unassegno di mantenimento periodico. Lastessanormatutelaifigli maggiorenni portatori di handicap grave, ai quali si applicano integralmente le disposizioni previste in favoredeifigliminori. Nell’affermare che il giudice, “valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente”unassegno periodico, e che il versamento è effettuato direttamente all’avente diritto, la norma ha fatto sorgere numerosi interrogativi in ordine al possibile venir meno dell’automatismo del riconoscimento dell’assegno ai figli al raggiungimento della loro maggiore età, ai presupposti e ai limiti dell’obbligo di mantenimento da parte dei genitori, all’individuazione del soggetto legittimato alla domanda di assegno e alle modalità della sua corresponsione. In epoca precedente alla l. 54/06, pur in assenza di una esplicita previsione normativa dell’assegno di mantenimento a favore dei figli maggiorenni non autonomi economicamente nell’ambito del giudizio di separazione o divorzio, la giurisprudenza ha pacificamente ritenuto che l’obbligo dei genitori di mantenere, istruire ed educareifigli(art.30Cost.), tenendo conto delle loro capacità,inclinazioninaturali e aspirazioni (art. 147 c.c.), noncessiautomaticamenteal raggiungimento della maggiore età, ma prosegua fino a quando essi non abbiano conseguito un grado di autonomia tale da consentire loro di provvedere, senza il contributo dei genitori, al soddisfacimento delle proprienecessità. Lepronuncedeigiudicidi merito e di legittimità successiveallal.54/06hanno confermato questo pregresso orientamento (448). Si è in particolare precisato che, in tema di mantenimento dei figlimaggiorenni,lal.54/06 non ha abrogato, o modificato, il sistema degli obblighi genitoriali inderogabili come previsti dagli artt. 147 e 148 c.c., e pertanto la locuzione “può disporre”, contenuta nell’art. 155-quinquies c.c., non significacheconlamaggiore etàdelfigliocessiipsofacto l’obbligodiconcorrerealsuo mantenimento(449). L’unico significatochepuòattribuirsi al testo letterale dell’art. 155-quinquies,comma1,c.c. è quello della preliminare valutazione che il giudice della separazione o del divorzio rende, nei limiti di quanto provato dal genitore onerato sulle condizioni effettive del figlio maggiorenne, cioè se questi sia o meno economicamente indipendente, oppure se il m a n c a t osvolgimento di un’attivitàlavorativadipenda da un suo atteggiamento di inerzia, ovvero di rifiuto ingiustificato(450). Quanto al limite di persistenza dell’obbligo di mantenimento a carico dei genitori, prevale in giurisprudenza l’orientamento secondo il quale non è possibile prefissare un termine o un limite di età, dal momento che una volta stabilito il criterio che l’obbligo si protrae oltre il raggiungimento della maggiore età per consentire ilcompletamentodeglistudi, oacausadellenotedifficoltà di inserimento dei giovani nelmondodellavoro,nonsi può determinare un termine astratto, desunto dalla media delladuratadeglistudiinuna determinata facoltà o dalla "normalità" del tempo (intorno al compimento del 26moannodietà)che,inuna data realtà economica, occorre ad un giovane laureato per trovare un impiego(451). Spetta pertanto al giudice valutare in concreto l’impegno del figlio e il suo comportamento, ed accertare se questi abbia o meno saputo trarre profitto dalle opportunità offertegli dagli stessi genitori, che hanno provvedutoadassicurarglile condizioni necessarie per concludere gli studi intrapresi e conseguire il titolo indispensabile ai fini dell’accesso alla professione auspicata, ovvero non sia stato in grado diraggiungere l’autosufficienza economica per propria colpa (452). Fermo restando che l’accertamento da parte del giudice - che il mancato svolgimento di un’attività economicadelfigliodipenda da un atteggiamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato del lavoro deve ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post-universitario, del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il medesimo soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione(453). Si è anche precisato che i concetti di indipendenza e autosufficienza economica, cui il giudice deve fare riferimento, sottendono una capacità di guadagno connessaallosvolgimentodi un’attività lavorativa remunerata o, quanto meno, all’avvio verso di essa con prospettive concrete, tale da potere assicurare un introito stabileesicuro;pertantonon deve trattarsi di un lavoro precario o di apprendistato o totalmente inadeguato alla formazione ed istruzione ricevuta(454). La prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero è stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o scelta, deve essere data dal genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo dimantenimento(455). Nel caso in cui il figlio maggiorenneabbiainpassato iniziato ad espletare un’attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità, e sia successivamente rimasto privo di lavoro edi reddito, non può vantare un diritto al mantenimento, di cui sono venuti meno i presupposti, ma solo agli alimenti ex art. 433c.c..(456). 5 .La legittimazione a richiedere e ricevere l’assegno per i figli maggiorenni. In ordine al rapporto economicotragenitoriefigli divenuti maggiorenni, si discute, già da epoca precedenteallal.54/06,sulla titolarità del diritto alla corresponsione dell’assegno elalegittimazioneaproporre larelativadomanda. Secondo la posizione prevalente della dottrina (457) e della giurisprudenza (458)primadellal.54/06,era configurabile una concorrenteed alternativa legittimazione a richiedere e ariceverel’assegno,daparte del figlio divenuto maggiorenne e del genitore concuilostessocontinuavaa convivere. La nuova disciplina introdotta dalla l. 54/06 laddove l’art. 155-quinquies c.c. afferma che l’assegno per i figli maggiorenni non indipendenti economicamente “salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto” – ha rimesso in discussionelaquestionedella legittimazione a proporre la domanda di attribuzione e modifica dell’assegno quando il figlio raggiunge la maggioreetà. In dottrina, da parte di alcuniAutori si sostiene che la previsione del versamento direttoalfiglio,qualeavente diritto,noncomportachesia stata introdotta una legittimazione esclusiva del figlio maggiorenne a chiedere l’assegno di mantenimento in proprio favore, e si rimarca che il testo di legge fa salva la diversa determinazione del giudice che ben potrà disporreperlalegittimazione delgenitore(459). Altra tesi sostiene diversamente che la nuova normativa comporta l’automatica cessazione dell’obbligo di mantenimento del genitore nei confronti del figlio al momentodelraggiungimento dellamaggioreetà,ilqualeè l’unicosoggettolegittimatoa far valere il suo diritto al mantenimento. Si ipotizza conseguentemente un giudizio autonomodal procedimento di separazione e divorzio, che il figlio divenuto maggiorenne dovrebbe promuovere direttamente nei confronti di entrambiigenitori(460). La giurisprudenza di merito e di legittimità continua invece a riferirsi al suo pregresso e consolidato orientamento,earitenereche laprevisionedellapossibilità dicorrisponderel’assegnodi mantenimento direttamente al figlio maggiorenne contenuta nell’art. 155-quinquies c.c. non fa venir meno la legittimazione delgenitore,concuilostesso convive,diagireiureproprio per il relativo riconoscimento. Si riconosce pertanto una legittimazione concorrente in capo al genitore convivente con il figlio maggiorenne non autonomoeallostessofiglio, titolare del diritto al mantenimento, con la precisazione che trattasi di diritti autonomi, fondati su presupposti in parte diversi (nelcasodelgenitoreunodei presupposti è la coabitazione) e non del medesimo diritto attribuito a piùpersone(461). Si continua inoltre a ritenerecheancheilgenitore convivente con il figlio maggiorenne non autonomo economicamente possa essere considerato quale soggetto “avente diritto” a percepire l’assegno, in quanto anticipa le spese di mantenimento del figlio, facendosicaricodigarantire, con le proprie risorse economiche e con il proprio contributopersonaleanchedi lavorodomestico,unastabile organizzazione di vita al figlio, contribuendo così ad assolvere le altre esigenze educative e di istruzione di cui il figlio ancora necessiti. Nella prassi viene quindi ancora disposta la corresponsione dell’assegno per il figlio divenuto maggiorenne al genitore convivente e già affidatario, e siprevede il versamento diretto dell’assegno al figlio in casi particolari, quando la convivenza con il genitore già affidatario è cessata (462). 6.Lacompetenzadelgiudice in ordine al mantenimento deifiglilegittimienaturali. L’art.4,comma2,dellal. 54/06 ha esteso ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati l’applicabilità di tutte le disposizioni previste per i figlilegittiminell’ambitodei giudizi di separazione e divorzio, la cui competenza spetta al tribunale ordinario. Tuttavia, non avendo il legislatore previsto alcuna disposizione in ordine alla competenza del giudice per la regolamentazione dei rapporti tra genitori naturali e dei loro obblighi verso i figli, sono emersi in sede applicativa differenti orientamenti, tra chi affermava la sopravvenuta competenza del tribunale ordinario (463), e chi optava per la competenza del tribunale per i minorenni, anche per le questioni patrimoniali(464). Giova ricordare che prima dell’entrata in vigore della l. 54/06 i genitori naturali, in caso di cessazione della loro convivenza,sirivolgevanoal tribunale per i minorenni, competente ai sensi dell’art. 38disp.att.c.c.,perottenere i provvedimenti ex art. 317 bis c.c., relativi all’affidamentodelfiglioela regolamentazione del diritto divisitaspettantealgenitore non affidatario o collocatario, mentre per le controversie relative al mantenimento della prole naturale dovevano adire il tribunale ordinario (con ricorso ex art. 148 c.c. al presidente del T.O., o con atto di citazione secondo il rito ordinario, non essendovi neppure una omogeneità di prassi procedurale avanti i nostritribunali).Dapiùparti si era quindi evidenziata la disparità di trattamento che penalizzava la filiazione naturale rispetto a quella legittima,elanecessitàdiun unico giudice competente in materia di affidamento e mantenimento della prole, legittimaenaturale. LaCortediCassazione,in sede di regolamento di competenza, ha affermato con diverse pronunce (465), tutte dello stesso segno, che la l. 54/06 ha “riplasmato l’articolo 317- bis c.c., il quale, innovato nel suo contenuto precettivo, continua tuttavia a rappresentare lo statuto normativo della potestà del genitore naturale e dell’affidamento del figlio nella crisi dell’unione di fatto, sicché la competenza ad adottare i provvedimenti nell’interesse del figlio naturale spetta al tribunale per i minorenni, in forza dell’art. 38, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile, in parte qua non abrogato, neppure tacitamente, dalla novella”. La contestualità delle misure relative all’esercizio della potestà e all’affidamentodelfiglio,da un lato, e di quelle economiche inerenti al loro mantenimento, dall’altro, prefigurata dai novellati artt. 155 e s.s. c.c., ha peraltro determinato, secondo la Suprema Corte, “in sintonia con l’esigenza di evitare che i minori ricevano dall’ordinamento un trattamento diseguale a seconda che siano nati da genitori coniugati oppure da genitori non coniugati, oltre che di escludere soluzioni interpretative che comportino un sacrificio del principio di concentrazione delle tutele, che è aspetto centrale della ragionevole durata del processo”, una attrazione,incapoallostesso giudice specializzato, della competenza a provvedere anche sulla misura e sul modo con cui ciascuno dei genitori naturali deve contribuire al mantenimento delfiglio(466). Lacompetenzadelgiudice minorile in merito al contributo al mantenimento del figlio naturale è tuttavia giustificata solo dalla contestuale pendenza delle domande sull’affidamento e il collocamento dello stesso, eperlaregolamentazionedei periodidipermanenzapresso ciascun genitore. Ne consegue che quando il genitore convivente con il figlio si limiti a richiedere all’altro un contributo al mantenimento di questi, potrà essere attivato un procedimento avanti il tribunale ordinario con ricorso ex art. 148 c.c. (467) (ovvero con atto di citazione). In tale sede, peraltro, il convenuto potrebbe avanzare una domanda riconvenzionale inerente l’affidamento del figlio, o la sua frequentazione, con la conseguenza che in tale ipotesi il tribunale ordinario dovrà declinare la competenza su tutte le domande, disponendo per la riassunzione avanti il tribunale per i minorenni (468). La devoluzione al giudice minoriledellecontroversiein materia di mantenimento dei figlinaturaliècomunqueben lontana dal realizzare un eguale trattamento tra figli nati da genitori coniugati e non coniugati, per i noti problemi di carattere processuale che connotano i procedimenti avanti il tribunale per i minorenni (469). Il rito della volontaria giurisdizione, applicabile ai procedimenti davanti al tribunale minorile, risulta infatti inadeguato per le controversie relative alle questioni patrimoniali ed economiche, che trovano la loro sede naturale nel procedimento contenzioso ordinario.Sipensiall’attuale dibattuta questione dell’efficacia esecutiva dei decreti del tribunale per i minorennichedispongonoin ordine al mantenimento dei figli naturali, che solo in alcune sedi viene riconosciuta (470). Altra questione irrisolta è quella relativa alla possibilità di ottenere l’attribuzione in via provvisoria dell’assegno nel corso del giudizio, poichè trattandosi di un procedimento camerale si rendenecessarialafissazione dell’udienza collegiale per l’emissione di ogni provvedimento, con notevole allungamento dei tempi processuali.Inognicasonon è possibile ottenere un provvedimento provvisorio ed urgente, dotato di immediata efficacia esecutiva, come avviene in sede di separazione e divorzio per i provvedimenti afavoredeifiglilegittimi. 7 .I poteri d’ufficio del giudice. L’obbligodicontribuireal mantenimento dei figli minori non è governato dal principio della domanda, o delladisponibilità,essendoil giudice titolare di un poteredovere improntato a tutelare l’interessedelminore. Pertanto, nella determinazione del contributo dovuto dal genitoreperilmantenimento del figlio, il giudice non necessita di una domanda di parte né è vincolato dagli accordi tra le parti (471), potendo diversamente disporre.Giàl’art.6,comma 9, l. div. e il precedente art. 155, comma 7, c.c. enunciavano il principio ripresodalnovellatoart.155 c.c., secondo il quale il giudice “prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenutitraigenitori”. In particolare l’art. 6, comma9,l.div.prevedeche “i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domandedellepartioalloro accordo, ed emessi dopo l’assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o dispostid’ufficiodalgiudice, ivi compresa, qualora sia strettamente necessario anche in considerazione dellaloroetà,l’audizionedei figliminori”. Gliartt.155ess.introdotti dalla novella del 2006, ugualmente attribuiscono al giudice - che deve adottare i provvedimenti relativi ai figli con esclusivo riferimento al loro interesse moraleemateriale–ilpotere di assumere, anche d’ufficio e prima dell’emanazione dei provvedimenti provvisori, i mezzidiprovanecessariatal fine, e, qualora le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il potere di disporre un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestatiasoggettidiversi. La legge, operando una deroga alle regole generali sull’onere della prova, riconosce così al giudice poteri istruttori d’ufficio per finalità di natura pubblicistica, con la conseguenza che le domande dellepartistessenonpossono essere respinte sotto il profilo della mancata dimostrazione degli assunti sui quali si fondano e che i provvedimenti da emettere devono essere ancorati ad una adeguata verifica delle condizioni patrimoniali dei genitori e delle esigenze di vitadeifigliesperibileanche inviaofficiosa(472). 8 .Validità e limiti degli accorditraigenitori. Dottrina e giurisprudenza sonounaniminelritenereche il diritto dei figli al mantenimento sia indisponibile,esianulloogni atto che ne preveda la rinunziaolacessioneaterzi (473).Igenitoripossonosolo accordarsi per determinare il contenuto e le modalità del mantenimento, ma questi accordi non vincolano il giudice(474). Il novellato art. 155, comma 4, c.c. ammette la validità degli accordi tra i genitori (475) in merito alle rispettive modalità di adempimento dell’obbligo di mantenimento dei figli, ma deve comunque essere salvaguardato il principio di proporzionalità espresso dall’art. 148 c.c., che costituisce attuazione del principio di uguaglianza, inderogabile e indisponibile (476). In linea di principio, non può essere condivisa una diversa interpretazione che, richiamandosi al tenore letterale del comma 5 "salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito" - sostenga la possibilità che i genitori si discostino da tale principio, pur dovendo riconoscere che nellapraticanonsonorarigli accordi che prevedono, per diversi motivi, l’accollo dell’interomantenimentodel figlio a carico di un solo genitore. 9 .L’efficacia esecutiva dei provvedimenti di natura economicaafavoredeifigli. I provvedimenti di natura economica a favore dei figli minori o maggiorenni non autonomi economicamente, emessi nell’ambito dei procedimenti di separazione e divorzio avanti il tribunale ordinario,siainviaurgentee provvisoria dal presidente e dal g.i. che in via definitiva dal collegio, sono immediatamente efficaci ed esecutivi. Altrettanto non può pacificamente affermarsi per i provvedimenti a contenuto economico a favore di figli naturali, emessi nel procedimento ex art. 317bis c.c. di competenza del tribunale per i minorenni (477), nonostante recenti pronunce della Corte Costituzionale e di giudici minorili siano pervenute ad una soluzione positiva della questione(478). Le difficoltà relative all’apposizionedellaformula esecutiva sui decreti che il tribunale per i minorenni pronunciaalterminedituttii procedimenti in camera di consigliohannooriginedalla espressione letterale dell’art. 474, comma 2, n. l) c.p.c. che, nell’individuare i provvedimenti giudiziari utilizzabili come titoli esecutivi,indica"le sentenze e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva", escludendo così, almeno apparentemente, i decreti pronunciati ex art. 737ess.poichédaunaparte non si tratta all’evidenza di sentenze, dall’altra nessuna delle disposizioni di quel capo del codice attribuisce espressamente efficacia esecutiva ai detti provvedimenti. Tuttavia stante il disposto dell’art. 741 c.p.c. sulla possibilità di immediata efficacia dei provvedimenti emessiincameradiconsiglio – che consente l’esecuzione coattaqualoraunoqualunque dei soggetti interessati non intenda adeguarsi spontaneamentealdettatodel provvedimento – il giudice costituzionale, rilevata “l’esigenza di colmare una lacuna e riparare una disparità evidente tra i decreti che quantificano il contributo di mantenimento emessi dal tribunale per i minorenni in favore dei figli di genitori non coniugati e l’esecutività dei provvedimenti analoghi assunti dal tribunale civile ordinario per i figli di genitoriconiugati” e di dare u n a“interpretazione costituzionalmente conforme della norma censurata” facendo ricorso all’analogia, h aaffermato che va accolta “la soluzione ermeneutica che attribuisce efficacia di titolo esecutivo ai provvedimenti a contenuto patrimoniale a favore dei figlinaturalipronunciatidai competenti tribunali per i minorenni”. Tale soluzione era stata adottata, prima dell’intervento della Corte costituzionale, da alcuni giudici minorili che avevano interpretato il termine “efficacia” in modo equivalente al termine “esecutività”, e conseguentemente autorizzano l’apposizione della formula esecutiva sui provvedimenti emessi dalla camera di consiglio, riconosciuti a pieno titolo come dotati di efficacia esecutiva(479). Altri giudici minorili erano invece pervenuti alla stessa conclusione con una diversa motivazione, che richiama per analogia l’efficaciadititoloesecutivo riconosciuta al verbale di separazione consensuale omologato ex art. 711 c.p.c., ovvero all’assegno provvisorioalimentareexart. 446 c.c., e al decreto ex art. 148 c.c. che determina il contributo al mantenimento del figlio, e afferma che non si possa ragionevolmente negare la natura di titolo esecutivo ai decreti emessi daltribunaleperiminorenni checontenganostatuizionidi carattere economico, apparendo una contraria interpretazione manifestamenteillogicaoltre che lesiva del principio di eguaglianza e parità di trattamentodeifigli(480). 1 0 .Il procedimento ex art. 148 c.c. in caso di inadempimentodelgenitore. L’art. 148 c.c., nella seconda parte del comma 1, estendel’ambitodeisoggetti obbligati al mantenimento dei figli, legittimi e naturali, accollando agli ascendenti l’oneredifornireaigenitori, che ne siano privi, i mezzi necessari affinché questi ultimi possano assolvere ai loro doveri nei confronti dei figli. L’obbligodegliascendenti investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori, e va inteso nel senso che la loro obbligazione è subordinata, e quindi sussidiaria, rispetto a quella primaria dei genitori, e che non sia possibile rivolgersi agli ascendenti per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli(481). La stessa norma prevede, al comma 2, un efficace rimedio all’ipotesi dell’inadempimento, consentendo che attraverso l’agile strumento del decreto emesso dal presidente del tribunale, adottato su ricorso proposto dalla parte interessata e con l’audizione del genitore inadempiente, nonché sulla base di informazioni, si ottenga il risultato del versamento diretto di una quota dei redditi dell’obbligato al coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento dellaprole. Lanormaèstatautilizzata sia come mero strumento di distrazione dei redditi, mediante il trasferimento coattodelcreditoattuatocon l’ordine al terzo debitore dell’obbligato di versare quanto dovuto direttamente all’altro coniuge o a chi sopporta le spese di mantenimento, sia per ottenere la condanna del coniugeodegliascendential pagamento delle somme dovuteafavoredeiminori. Nell’ipotesi prevista dal secondocommadell’art.148 c.c.,assimilabile,quantoagli effetti, all’espropriazione presso terzi, il decreto è pronunciato nei confronti dell’obbligato e del terzo debitore di quest’ultimo, al quale si ingiunge di versare ad un altro soggetto una quota dei redditi dell’obbligato. Il decreto costituiscetitoloesecutivoed èopponibiledallepartiedal terzo nei venti giorni dalla notifica, ma non è idoneo all’iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni del terzo stesso(482). Seildecretoèpronunciato neisoliconfrontidelgenitore o dell’ascendente di questi, affinché versi le somme destinate al mantenimento dei figli, si instaura un procedimento del tutto analogo a quello monitorio, anche nella fase dell’opposizione. Il provvedimento ai sensi dell’alt.148c.c.,pronunciato nei confronti del solo obbligato inadempiente è un decreto ingiuntivo esecutivo ex lege che, in quanto tale, costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, in applicazione dell’art.655c.p.c.(483). 11 .Le misure sanzionatorie in caso di inadempimento, previste dall’art. 709 ter, comma2,c.p.c.. La legge 54/06 ha introdotto con il nuovo art. 709ter,comma2,c.p.c.(484) misure sanzionatorie nei confronti del genitore che tenga un comportamento di grave inadempienza o pregiudizievole al figlio minore. La norma rappresenta una risposta all’esigenza di assicurare l’effettivo rispetto dei provvedimenti del giudicecircal’eserciziodella potestà genitoriale e le modalità dell’affidamento (485).Recentegiurisprudenza ritiene applicabile l’art. 709 ter,comma2,c.p.c.ancheai casi di inadempimento dell’obbligo di mantenimento dei figli, tenuto conto che l’esercizio della potestà comporta l’assunzione di decisioni che possono avere riflessi economici, e il nuovo art. 155 c.c. considera come strettamente connessi il profilo dell’affidamento e quello del mantenimento del minore(486). In effetti, la norma sanziona gli “atti che comunque arrechino pregiudizioalminore ” o che “ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento”, e in tale ottica vanno comprese, anche, le violazioni d’ordine economico, atteso che la sufficienza di risorse economiche è condizione indispensabile di esplicazione e sviluppo della personalitàdelminore. Dottrina e giurisprudenza concordano sulla natura sanzionatoria delle misure previste da questa norma, e sulla loro funzione di coazione anche psicologica rispetto all’adempimento degli obblighi genitoriali (487). In particolare sulla natura giuridica della “responsabilità” del genitore che con il proprio comportamento illecito arrecadanniaiminoriovvero all’altro coniuge, la giurisprudenza di merito ha sostenuto che si tratti di una lesione di una aspettativa legittima, inerente alla relazione parentale. Si è ancheprecisatochelemisure sanzionatorie previste dall’art. 709ter cpc hanno una finalità di prevenzione, in quanto la minaccia della sanzionedovrebbefungereda deterrentealcommettereatti pregiudizievoli per i minori, ovvero inosservanti dei provvedimenti assunti in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o in ordine alle modalità dell’affidamento, travalicando il limite di un rapporto strettamente privatisticoedinterpersonale all’interno del nucleo familiare,edapprodandocosì sudiunaspondadirilevanza pubblicistica e di estrema tutela delle aspettative scaturenti dalle relazioni parentali(488). Ladottrinaprevalentepure sottolinealafinalitàpunitiva delle misure risarcitorie previste dall’art. 709ter, comma 2, c.p.c., configurate come una pena privata che non si sovrappone all’ordinariorisarcimentodel danno (489), e sostiene che sia necessario fare riferimento al solo criterio dellagravitàdellacondotta,e non alle conseguenze della stessa(490). Le sanzioni previste dall’art. 709ter, comma 2, c.p.c. possono essere applicate anche dal tribunale per i minorenni nei procedimenti"relativi a figli di genitori non coniugati", pereffettodiquantodispone l’art.4dellal.54/06. Quanto ai profili processuali, i provvedimenti de quo sono adottabili dal collegio come dal giudice istruttore, considerato che questi puòex art. 155sexies, comma 1, pronunciare in via provvisoria i provvedimenti riguardo ai figli e, in particolare quei provvedimenti atipici di cui all’art. 155, comma 2, c.c. (491). Ladomandasaràproposta, nelcorsodelprocedimentodi separazione o divorzio, con ricorso ex art. 709ter c.p.c. al g.i. per l’applicazione di sanzioni conseguenti la violazione di una statuizione contenuta nell’ordinanza presidenziale, o in un provvedimento del g.i. stesso. Si dovrà invece attivare il procedimento camerale ex art. 710 c.p.c. quando l’inottemperanza riguarda prescrizioni contenute in sentenze di separazione o divorzio o nel verbale di separazione consensuale. Tali provvedimenti, esaurita la fase del reclamo, non appaiono ricorribili per cassazione,purcoinvolgendo diritti fondamentali della persona (dovere-diritto dei genitori di mantenere, educare, istruire i figli, e correlativi diritti del figlio stesso), non assumendo contenuto decisorio, ma attenendo piuttosto al controllo esterno sulla potestà; né essi hanno carattere di definitività, potendo essere sempre riproposte le questioni con successivoricorso(492). 12.Glistrumentidigaranzia dell’assegnoperifigli. Lemisureprevisteatutela dell’obbligo di mantenimento del coniuge nel procedimento di separazione e divorzio sono applicabili anche al fine di garantire l’adempimento degli obblighi di natura economica nei confronti dei figli. Trovano pertanto applicazioneirimediindicati nell’art. 156 c.c. (493) e nell’art. 8 l. div., in favore dei figli, sia legittimi che naturali(494). In particolare, il richiamo all’art. 155 c.c. operato dall’art. 156, comma 4, c.c., rende evidente che i rimedi previsti da tale disposizione trovano applicazione anche conriguardoagliassegniper i figli, pur residuando, secondo la dottrina, qualche dubbio circa l’assegno per i figli maggiorenni, posto che l’art. 156 c.c., non toccato dalla riforma del 2006, non fa riferimento all’art. 155quinquiesc.c.(495). CAPITOLOXII LADETERMINAZIONE DELL’ASSEGNOPERI FIGLI SOMMARIO: 1. I criteri di riferimento per la quantificazione dell’assegno. – 1.1. Le “attuali esigenze” del figlio. –1.2 Il tenore di vita godutodalfiglioincostanzadi convivenzadeigenitori.–1.3.I tempi di permanenza presso ciascun genitore. –1.4. Le risorse economiche dei genitori. –1.5. La valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. –2. L’accertamento dei redditi dei genitorieleindaginidipolizia tributaria. –3. Le spese straordinarie. –4. Modalità di corresponsione e decorrenza dell’assegno periodico. –5. L’adeguamento automatico dell’assegno. –6. La contribuzione al mantenimento deifigliconaltremodalità. –7. La revisione dell’assegno. –8. La cessazione dell’obbligo di mantenimento. 1.Icriteridiriferimentoper la quantificazione dell’assegno. L’assegno periodico di mantenimento per i figli è determinato dal giudice secondo i criteri indicati dal novellato art. 155 c.c., così da realizzare il principio di proporzionalità secondo quanto disposto anche dall’art. 148 c.c., che si riferisce alle “sostanze” ed alla capacità di lavoro professionale e casalingo dei genitori(496). La l. 54/06 ha opportunamente integrato i criteri indicati nell’art. 148 c.c., precisando dettagliatamenteglielementi di natura personale ed economica che il giudice deve considerare per la quantificazione dell’assegno periodico: le attuali esigenze del figlio; il tenore di vita goduto dal figlio in costanza diconvivenzaconentrambii genitori; i tempi di permanenza presso ciascun genitore; le risorse economiche di entrambi i genitori; la valenza economica dei compiti domesticiedicuraassuntida ciascungenitore. Comeèstatoosservato,lo specifico riferimento al principio di proporzione e la puntuale indicazione dei criteri in base ai quali la proporzione va valutata, rendono“inequivoco”che“la proporzionalità costituisce una clausola generale” che implica il riferimento a parametri che devono essere oggetto di accertamento, se del caso anche attraverso l’uso dei poteri istruttori d’ufficio del giudice, e quindi “della valutazione e del bilanciamento al quale consegue il giudizio circa l’esistenza della proporzionalità”(497). Il criterio del reddito espressodall’art.148c.c.,nel contestonormativoriformato dalla l. 54/06, cessa pertanto di essere l’unico parametro di riferimento, e costituisce orail“parametroimmediato, in relazione al quale deve essere valutata la proporzionalità tra il contributo dei due genitori perilmantenimentodeifigli, e, dall’altro, costituisce il principio base, entro il cui ambito e limiti i cinque criteri, con funzione integrativa,sonodestinatiad operare”(498). Risultaevidentechenonvi sono più spazi per valutazionidiequitàdaparte del giudice, tenuto ad accertareevalutareunaserie di elementi di natura sia personale che economica e patrimoniale, che la legge stessaindica(499). 1.1.Le“attualiesigenze”del figlio. Le esigenze dei figli devono essere dedotte tenendo conto dell’età, della loro situazione personale, dell’ambiente sociale in cui vivono i genitori, delle modalità della loro vita quotidiana(500). I figli, nelle loro diverse fasi di crescita e di sviluppo della personalità, hanno esigenze molteplici, che non si riferiscono ai soli bisogni alimentari, ma anche a quanto loro necessita in relazione all’assetto abitativo, all’istruzione ed educazione, alla salute, all’attività ricreativa e sportiva, per sviluppare appieno la loro persona sia sotto il profilo fisico che psicologico(501). Si deve comunque realizzarequantoprescrivel’ art. 147 c.c., che impone ai genitori di adempiere all’obbligodelmantenimento dei figli tenendo conto delle loro inclinazioni, aspirazioni e capacità, e pertanto “l’attualità” delle esigenze cui fa riferimento la norma deveessereinterpretatanella prospettiva dello specifico progetto di educazione e crescitadeifigli,nelcontesto sociale ed economico di appartenenza dei genitori. Il provvedimento del giudice viene adottatorebus sic stantibus ed è pertanto soggettoarevisione,nelcaso sopravvengano nuovi elementidifatto. 1.2.Il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenzadeigenitori. Il tenore di vita precedentemente goduto dal figlio, durante la convivenza dei genitori, costituisce solo uno dei parametri di valutazione,checoncorrecon gli altri criteri indicati dagli artt. 148 e 155 c.c. a determinare l’assegno a suo favore. Le valutazioni sul tenore di vita, che devono essere effettuate dal giudice nella determinazione dell’assegno perilfiglio,sonoanaloghea quelle già svolte nei precedenti capitoli, in relazione all’assegno a favoredelconiugeseparatoe divorziato. Il tenore di vita cui fare riferimento sarà pertanto quello corrispondente alle risorse economiche dei genitori e tendenzialmenteanalogo,per quanto possibile, a quello godutoinprecedenza(502). Le esigenze del figlio, i bisogni, le abitudini, le legittime aspirazioni di questi, e in genere le sue prospettive di vita - non potranno non essere condizionate dal contesto sociale, oltre che dallo standardeconomico,incuiil figlio ha vissuto con i genitori(503). 1.3.I tempi di permanenza pressociascungenitore. Nellospiritodellal.54/06, che valorizza il principio di bigenitorialità e l’attivo svolgimento del ruolo genitoriale, i tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore assumono particolare rilevanza ai fini della quantificazione dell’assegno(504). La permanenza presso il genitorenoncollocatarioche siprotraggaperalcunigiorni durante la settimana, oltre il canonico week end quindicinale,einparimisura con il genitore collocatario durante i periodi di vacanza scolastica, comporta un mantenimento diretto da parte del genitore non collocatariointaliperiodi,di cui il giudice deve tener conto nella quantificazione dell’assegno periodico da corrispondersi all’altro genitore. Tale valutazione potrà, o meno, comportare una riduzione dell’importo o delle mensilità dell’assegno, in quanto la rilevanza del tempo deve essere correlata agli altri criteri indicati dall’art. 155 c.c. e al reddito deigenitori. L’applicazionedell’attuale normativa in relazione al criterio del tempo di permanenza del figlio presso ilgenitorenoncollocatariosi pone in un’ottica nuova e in un contesto diverso rispetto alla questione relativa al mancato adempimento della corresponsione dell’assegno al genitore affidatario nel periodo coincidente con la vacanza estiva del figlio con il genitore non affidatario, che era stata in passato oggetto di numerose pronunce. All’epoca, la giurisprudenza di legittimità riteneva che l’obbligo di pagamento dell’assegno di mantenimento dei figli non veniva meno nei periodi di vacanzadeglistessipressoil genitore non affidatario, pur facendo salva in alcuni casi la richiesta di una riduzione proporzionaledell’assegnoin relazione alla quantità e soprattutto alla durata del soggiorno dei figli presso questi(505). 1.4.Lerisorseeconomichedi entrambiigenitori. Nella determinazione dell’assegno di mantenimento per i figli, il giudice deve tenere conto delle risorse economiche individualideigenitori. Conservano piena validità i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità nella vigenza della precedente normativa con riferimento ai criteri indicati dall’art. 148 c.c., e pertanto la capacità economica dei genitori deve essere valutata in ragione del complessivo patrimonio di ciascuno, costituitooltrechedairedditi di lavoro subordinato o autonomo, da ogni altra forma di reddito o utilità, quali il valore dei beni mobilioimmobiliposseduti, le quote di partecipazione sociale, i proventi di qualsiasi natura percepiti (506). A differenza di quanto avvienenelladeterminazione dell’assegno spettante al coniuge separato o divorziato,laquantificazione dell’assegnoperifiglinonsi fonda su una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun coniuge, ma sulla valutazione globale di più elementi,comeindicatinegli artt.148e155c.c.(507). Il giudice dovrà pertanto valutare anche la capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun genitore, e valorizzare le accertate potenzialità redditualideiconiugi(508). D’altrocanto,dovràaltresì tenere presenti gli oneri economici che gravano su ciascun genitore, quali le spese per far fronte alle proprieesigenzeabitativeoil mantenimentodialtrifigli. La giurisprudenza, di legittimità e di merito, ha evidenziato che ai fini della determinazione dell’ammontare dell’assegno dimantenimentoafavoredei figli, è legittimo tener conto dellavocedispesacostituita dall’importo del canone necessario per la locazione della casa di abitazione, sia per il genitore non collocatario che ha presumibilmente dovuto lasciarelacasafamiliare,sia per il genitore collocatario, considerato anche che grava su entrambi i genitori l’obbligo di contribuire all’opportuna predisposizionediunastabile organizzazione domestica idonea a soddisfare le necessità dei figli presso ciascungenitore(509). Quanto all’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli naturali avuti da un’altra unione, la giurisprudenzaèorientataad ammetterecheilgiudicenon puòtrascurarediconsiderare, nel valutare la capacità patrimoniale del genitore, anche gli obblighi di natura economica che incombono per legge su questi per il mantenimentodialtrofiglio, nato fuori dal matrimonio (510). Tuttavia, in relazione a intervenuti mutamenti delle condizioni economiche e di vita dei genitori, si è anche sostenuto che il solo cambiamento della condizione familiare del genitore tenuto all’assegno per la formazione di una nuova famiglia, e le sue accresciute responsabilità, non comprovano una modificadellesuecondizioni economiche e non legittimano di per sé una diminuzione del contributo perilmantenimentodeifigli nati in precedenza, poiché la costituzione di un nuovo nucleo familiare è espressione di una scelta e non di una necessità e lascia inalteratalaconsistenzadegli obblighi nei confronti della prole(511). Nessuna rilevanza ai fini della determinazione o della revisione dell’assegno per i figli, assume poi la convivenza del genitore, collocatario o meno, con altrapersona.Nelcasocheil genitore collocatario goda di prestazioni economiche da parte del proprio convivente, non muta la portata dell’obbligodelgenitorenon collocatario di contribuire al mantenimento dei figli, non potendo lo stesso giovarsi di eventuali condizioni di favore esistenti nei rapporti tra l’altro genitore ed il conviventemedesimo,tenuto anche conto della precarietà di tali rapporti, privi di adeguata tutela giuridica (512). Qualora sia il genitore non collocatario a convivere more uxorio con altra persona, non potrà ugualmente far valere l’eventualeonereeconomico, gravante su di lui, per il mantenimento della convivente(513). 1 . 5 .La valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore Il novellato art. 155 c.c. valorizza il ruolo svolto da ciascun genitore nella cura e crescitadeifigli,attribuendo un valore economico ai compiti domestici e all’accudimentodellaprole. È un riconoscimento importante sotto il profilo sociale e culturale, che consente di dare valore alla scelta di privilegiare la cura deifigli,soprattuttoditenera età, rispetto ad una attività extradomestica,cosìcomeal tempo dedicato alla loro cura. L’attribuzione di valore ai compiti domestici e di cura non riguarda tuttavia il solo parametro del “tempo”, dovendosi necessariamente effettuare una valutazione qualitativadeicompiticheil genitore svolge, quotidianamente, o nel fine settimana o in periodi di vacanza. Nella cura quotidiana dei figli sono infatti ricomprese attività che riguardano il soddisfacimento di loro esigenze materiali primarie (preparazione dei pasti, cura dell’abbigliamento,deilocali domestici, attività ludiche), la vicinanza fisica ed emotiva con condivisione o compartecipazione agli eventi della quotidianità, ma ancheoneriqualiilportare,o riprendere,ifigliascuolaad ore fisse; l’accompagnamento ad attività extrascolastiche; l’ausilio nell’esecuzione dei compiti scolastici e nello studio;l’accompagnamentoa visite mediche, ad esami diagnostici, ed altro ancora (514). Attività che sono qualitativamente diverse da quelle ludiche che vengono prevalentemente svolte nei giornifestivieinvacanza. 2.L’accertamentodeiredditi dei genitori e le indagini di poliziatributaria. La normativa che disciplina il procedimento di separazione e di divorzio prevedel’obbligoperciascun genitore di dare al giudice ogni informazione sulle proprierisorseeconomiche. Questodoverediveridicità (515), che deve essere adempiuto mediante allegazione al ricorso e alla memoria difensiva delle ultime dichiarazioni dei redditi presentate, è previsto sia dall’art. 706, comma 3, c.c.,chedall’art.4,comma6, l.div.. La l. 54/06 è poi intervenuta rimodulando, all’art.155,comma6,c.c.,il poteredelgiudicedidisporre accertamenti di polizia t r i but a r i a ,sino ad oggi previsto e regolamentato dall’art. 5, comma 9, l. div., che veniva applicato per analogia al procedimento di separazione personale. Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 155 c.c., se le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultano sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi. L’estensione delle indagini della polizia tributaria rispetto ai terzi costituisce una innovazione introdotta dalla l. 54/06, e può essere dispostasoloquandositratta di accertamenti reputati dal giudice necessari data la presenza di figli cui provvedere(516). Circa i presupposti richiestidallaleggeperchéle indagini di polizia tributaria possano essere autorizzate, sussistono ogni volta che sia registrabile una significativa discrasiatralerisultanzedei documenti di natura economica prodotti dalle partiequantoemerge,anche in via indiziaria, da altre acquisizioniprocessualicirca il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio o, piùingenerale,lasituazione patrimoniale della famiglia (517). 3.Lespesestraordinarie. La l. 54/06 nulla ha previsto circa le c.d. spese straordinarie a favore dei figli, che di prassi sono indicate negli accordi tra i genitori, come nei provvedimenti giudiziari, quali oneri integrativi del mantenimento diretto o dell’assegno periodico, posti a carico di entrambi i genitori,inmisuraparitariao proporzionale al reddito di ciascuno. La questione delle spese straordinarieèspessomotivo di contenzioso tra i genitori, non essendovi certezza nella legge sulla definizione di “spese straordinarie”, sulla lorospecificaindividuazione, sulla rilevanza o meno del consenso del genitore non collocatario tenuto al rimborso, ed essendo molto gravosol’iterprocessualeper il recupero delle somme dovute al genitore che le ha anticipate. In ordine alla definizione di “spese straordinarie”, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che trattasi di quegli oneri che si ricollegano ad eventi eccezionali ed imprevedibili che non rientrano nella consuetudine e nelle normali esigenzedivitadeifigli,con particolare riferimento alla salute (518), e che non possono considerarsi esigui in relazione al tenore di vita della famiglia, secondo le capacità economiche dei genitori. È stata posta in evidenza ancheladistinzionetraspese straordinarie e spese inerenti le decisioni di maggior interesse per i figli, sostenendo che solo in relazione a queste ultime si renderebbe imprescindibile la necessità del previo consenso dell’altro genitore, decisivo per il sorgere del diritto al rimborso, fatte salvelesituazionidiurgenza (519). La giurisprudenza di legittimità ha tuttavia recentemente affermato che “l’art. 155 cod. civ., nel rimetterealledeterminazioni di entrambi i coniugi le scelte di maggior interesse per i figli, non impone, riguardo ad esse, alcuno specifico onere di informazione al genitore affidatario, dovendo tale onere ritenersi implicitamente gravante su quest’ultimo…nelsolocaso in cui l’informazione sia necessaria affinchè il genitore non affidatario possa partecipare alla decisione con riguardo ad eventi eccezionali ed imprevedibili. Ne consegue che, nelle scelte "di maggior interesse" della vita quotidiana del minore quali, di regola, quelle attinenti alla sua istruzione … ciascun genitore, in ogni casoedinognitempo,haun autonomo potere di attivarsi nei confronti dell’altro per concordarne le eventuali modalità, e, in difetto, ricorrere all’autorità giudiziaria”(520). Negli accordi di separazione e divorzio, o di cessazione della convivenza moreuxorio,lepartihannola tendenzaaricomprenderetra le “spese straordinarie” un insieme generico di spese relative alla frequentazione scolastica (libri, gite, etc.), a corsi di studio all’estero, lezioniprivate,sport,attività ludicheericreative,oltreche a cure mediche, specialistiche o meno, esami clinici, acquisto di farmaci, etc.. Spesso queste spese vengono forfettizzate ed integrate nell’assegno periodico, soluzione che consente di prevenire situazioni conflittuali tra i genitori, ma lascia inevitabilmente prive di tutela situazioni imprevedibili che potrebbero essere finanziariamente onerose. Nei provvedimenti emessi dal giudice, di regola tali spese non vengono incluse forfettariamentenell’assegno periodico in quanto sono difficilmente quantificabili preventivamenteesoggettea variazioni anche sensibili. Il giudice, considerata la situazione personale e patrimonialedeigenitoriele loro domande processuali, nonché tenute presenti le esigenze dei figli, può disporre, a titolo integrativo dell’assegno periodico, la suddivisione delle spese straordinarietraigenitori,in misura paritaria o diversamenteproporzionale. In mancanza di uno specifico provvedimento del giudice in ordine alla suddivisione delle spese straordinarie o all’obbligo del genitore non collocatario di contribuire pro quota a dette spese, costante giurisprudenza ritiene che tale omissione di pronuncia non può che essere interpretatacomeobbligoper entrambi i genitori di contribuire in pari misura allespese(521). Nei casi in cui, come prevede di regola l’art. 155 c.c., l’esercizio della potestà permanga in capo ad entrambi i genitori, la decisione in merito alla necessità delle spese straordinarieealmodoincui debbano essere affrontate, compete agli stessi, ed eventuali controver- sie saranno risolte ricorrendo alla procedura indicata dall’art.709-terc.p.c.(522). Il provvedimento che dispone l’obbligo al pagamento pro quota delle spese straordinarie, non costituiscetitoloesecutivoai sensidell’art.474c.p.c.,non potendo il predetto obbligo, chenullaspecificarispettoal quantum debeatur, essere considerato un diritto certo, liquidoedesigibile(523). Né il giudice dell’esecuzione può svolgere qualsivoglia attività istruttoria diretta all’accertamento e alla quantificazione del credito, essendo la parte priva di titoloesecutivo. Secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario,ilgenitoreche ha anticipato spese straordinarie per i figli, che l’altro obbligato non intende riconoscere, dovrà, al fine di legittimare l’esecuzione forzata ex art. 474 c.p.c., munirsi di un valido titolo esecutivo rivolgendosi al giudice ordinario, il quale accerterà la natura di spesa straordinaria sostenuta, così da verificare l’avveramento dell’evento futuro e incerto cui è subordinata l’efficacia dellacondanna(524). Anchenell’attualevigenza della normativa che privilegia l’affidamento condiviso permangono dunque delle difficoltà, in particolare quando viene concordato o disposto il mantenimento diretto, che fanno ritenere opportuno un provvedimentocheindividui, in modo chiaro ed analitico, le spese che esulano dalla quotidianità, fissando altresì le percentuali di ripartizione tra i genitori, che devono rispecchiare le rispettive capacitàcontributive(525). Una recente pronuncia della Suprema Corte ha tuttavia sostenuto un diverso orientamento, affermando che “il provvedimento con il quale,insedediseparazione, si stabilisce che il genitore non affidatario paghi, sia pure "pro quota", le spese mediche e scolastiche ordinarie relative ai figli costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudiceinsededicognizione, qualora il genitore creditore possa allegare e documentare l’effettiva sopravvenienza degli esborsi indicati nel titolo e la relativa entità, salvo il diritto dell’altro coniuge di contestare l’esistenza del credito per la non riconducibilità degli esborsi a spese necessarie o per violazione delle modalità d’individuazione dei bisogni delminore”(526). 4 .Modalità di corresponsione e decorrenza dell’assegnoperiodico. Qualora il giudice dispongalacorresponsionedi unassegno,sitratteràdiuna somma fissa da erogarsi periodicamente, ogni mese, al genitore presso il quale il figlio è collocato, da intendersi quale rata mensile di un importo annuale, determinato tenendo conto dei criteri indicati dagli artt. 148 e 155 c.c. (527). Potrà anche essere disposta o concordata, come frequentemente avviene, una forma “mista” di adempimento,dovel’assegno periodico viene integrato dall’assunzione diretta da parte di un genitore di specifici capitoli di spesa (abbigliamento, o spese scolastiche, spese mediche, etc.). Non è da escludersi la possibilità di un accordo tra le parti o di un provvedimento giudiziario che limiti l’erogazione temporale dell’assegno, prevedendone ad esempio la sospensioneduranteunlungo periododivacanzeestivedel figlio con il genitore non collocatario. Recente giurisprudenzadilegittimità, successiva all’entrata in vigore della l. 54/06, pur confermando il pregresso consolidato orientamento, secondo cui il pagamento dell’assegno per i figli non può essere sospeso nei periodi in cui gli stessi vivanopressoilgenitorenon affidatario, né quest’ultimo può ritenersi sollevato dall’obbligo di corresponsione dell’assegno medesimoperiltempoincui i minori si trovino presso di lui ed egli provveda, pertanto, in modo esclusivo, al loro mantenimento, ha ammessochelaquantitàela durata dei periodi nei quali i figli vivono con il genitore non affidatario, possono giustificare una riduzione proporzionale della misura delcontributo(528). L’assegno per il mantenimento dei figli decorre dalla data della domanda proposta dal genitore nel procedimento di separazioneodivorzio,atteso che i diritti ed i doveri dei genitori verso la prole non subiscono alcuna variazione a seguito della pronuncia di separazione o di divorzio, rimanendoidenticol’obbligo di ciascuno dei coniugi di contribuire, in proporzione delle sue capacità, all’assistenza e al mantenimentodeifigli,dalla loro nascita (529). Analogo principio vale per i genitori naturali, tenuti al mantenimento dei figli fuori dalmatrimonio. 5.L’adeguamentoautomatico dell’assegno. Il novellato art. 155, comma 5, c.c. dispone che "l’assegno è automaticamente adeguato agliindiciISTATindifettodi altro parametro indicato dallepartiodalgiudice". Questa disposizione consente di mantenere il contributo del genitore al mantenimento dei figli concretamente attuale nonostante l’aumento del costodellavita,riducendola necessità di ricorrere in giudizio,nelcorsodeltempo, perlarevisionedell’assegno. Lal.54/06hacosìcolmato una lacuna normativa esistentenelprocedimentodi separazione personale dei coniugi, che non prevedeva l’adeguamento automatico dell’assegno, e al quale veniva quindi applicato per analogia quanto disposto in meritodall’art.6,comma11, l.div.(530). Tuttavia,volendofarsalva la libertà delle parti di concordare un criterio di adeguamento dell’assegno perifigli,l’art.155,comma 5,c.c.prevedel’applicazione dell’indice Istat solo “in difetto” di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice,conciòponendosiin contrasto con la disciplina dell’art.6,l.div.,secondola quale il criterio di adeguamento automatico dell’assegno deve essere determinato “almeno” con riferimentoagliindiciIstat. In ogni caso, il giudice devedecidere“con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale” della prole, e non può ritenere legittimi accordi tra i genitori contrari a tale interesse, anche sotto il profilo di una indicizzazione nonadeguataall’aumentodel costo della vita e alla conseguente soddisfazione delleesigenzedeifigli. 6 .La contribuzione al mantenimento dei figli con altremodalità. L’obbligo di mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autonomi economicamente, può essere adempiuto dai genitori, in sede di separazione personale o divorzio, anche mediante un accordo che attribuisca ai figli la proprietà di beni mobili od immobili, o impegni l’uno o entrambi ad effettuare tali attribuzioni patrimoniali. La giurisprudenza, nell’ammettere la validità di tali accordi, ha precisato che non si tratta di una donazione, bensì costituisce applicazione del principio, stabilito dall’art. 1322 c.c., della libertà dei soggetti di perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (531). L’accordo, se recepito nel provvedimento di separazione o di divorzio, comporta l’immediata e definitiva acquisizione al patrimonio dei figli della proprietàdeibenichel’unoo entrambi i genitori abbiano loro attribuito o si siano impegnatiadattribuire,enon èsoggettonéallarisoluzione per inadempimento, a norma dell’art. 1453 c.c., né all’eccezione d’inadempimento, ai sensi dell’art.1460c.c.(532). L’obbligo assunto dal genitore di attribuire ai figli la proprietà di un bene, sanzionatoinformaspecifica dall’art. 2392 c.c., è trasmissibile agli eredi del promittente, in quanto trova il suo titolo non già nella prestazionedimantenimento, che, nei limiti costituiti dal valoredeibeniattribuitioda attribuire è convenzionalmente liquidata e sostituita dall’impegno negoziale, ma nell’accordo chel’haestinta(533). Altre modalità di adempimento dell’obbligo di mantenimento sono configurabili, quali l’attribuzione diretta ai figli deifruttidibeniecapitali,o la corresponsione di una somma in unica soluzione, con la sola avvertenza che una tale ipotesi può avere un’efficacia solorebus sic stantibus e non può considerarsidefinitiva(534). Si è anche ritenuto che l’obbligo di mantenimento possaessereadempiutoconil trasferimento da un genitore all’altrodibeniimmobilisui quali sia stato apposto un vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. (535), che consenta di sottrarre i beni medesimi alla libera disponibilità del genitore, "impegnando gli stessi al preminenteinteressedeifigli (peraltro, attenuando il rischio di espropriazione da partedieventualicreditori)" (536). La stessa finalità di “separatezza dei beni” e tutela dei figli beneficiari rispetto ai terzi può essere realizzataconl’istituzionedi untrust(537),concordatatra i genitori in sede di separazioneodivorzio(538). 7.Larevisionedell’assegno. L’art. 155- ter c.c., introdotto dalla l. 54/06, riconosceildirittodiciascun genitore di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo al mantenimento deifigli. La revisione dell’assegno perifiglinonrichiedecome presupposto la sopravvenienzadigiustificati motivi,comeinvecerichiesto dall’art. 156 c.c. per la modifica dell’assegno di mantenimento per il coniuge separato e dall’art. 9 l. div. per la revisione dell’assegno didivorzioperl’exconiuge. La necessità di modificare la misura e la modalità del contributo economico dei genitori può infatti essere determinata anche da nuove valutazioni di circostanze preesistenti o da fatti nuovi, o da altre considerazioni nell’interessedeifigli(539). Laddove si richieda un aumento dell’assegno motivato dalle maggiori esigenze di vita ed economiche del figlio, palesemente determinate dalla sua crescita, non si ritiene necessaria una specifica prova di tale circostanza, considerata notoria(540). Viceversa, si ritiene che il giudice di merito non possa accogliere l’istanza di riduzione dell’importo dell’assegno di mantenimento, motivata dal solofattodelraggiungimento della maggiore età del figlio (541). Né la formazione di una nuova famiglia legittima di per sé una diminuzione del contributo per il mantenimento dei figli nati in precedenza, in quanto lascia inalterata la consistenza degli obblighi nei confronti degli stessi (542). Tuttavia, il giudice deve indubbiamente tenere conto,“inmisuraconsonaal tenore di vita delle parti”, dell’obbligo di mantenimento dei figli nati da una nuova relazione che una di esse abbia iniziato (543). Nel caso in cui sia intervenuta una modifica di fatto del collocamento del figlio, e il genitore affidatario o collocatario abbia consentito al figlio minorediandareaviverecon l’altro genitore, lo stesso è tenuto a concorrere al suo mantenimento anche prima ed indipendentemente da un provvedimento di modifica delle condizioni della separazione o del divorzio. L’altro genitore, presso il qualeilfigliosièrecato,può proporre la domanda per l’attribuzione di un assegno, che decorrerà da tale momento, e per il rimborso di quanto dovuto per il periodo precedente, dal verificarsi del nuovo collocamento(544). Sidevetenerepresenteche i provvedimenti emessi dal giudice e le condizioni concordate tra i genitori nel procedimento di separazione o divorzio, o di regolamentazione dei rapporti tra genitori naturali relativi al mantenimento dei figli, conservano la loro valenzasostanzialeedititolo esecutivo sino ad un successivo provvedimento giudiziario, emesso nel procedimento promosso ai sensi dell’art. 710 c.p.c., che costituisce l’unico mezzo giudiziale di modifica dei suddetti titoli (545), essendo del tutto ininfluente che si siano in concreto maturati i presuppostiperlarevisioneo lasoppressionedell’assegno. Il provvedimento giudiziario di revisione dell’assegno o di altra modalità di adempimento dell’obbligo del mantenimentononpuòavere decorrenzaanticipatarispetto alla data della domanda di modificazione proposta ex art. 710 c.p.c., ed in specie correlata al verificarsi del fatto nuovo, e non comporta la caducazione degli effetti pregressi prodotti dall’antecedente sentenza passataincosagiudicata(art. 2909c.c.)(546). Per quanto riguarda la competenza a decidere sulla revisione dell’assegno di mantenimento per i figli naturali, un recente orientamento della giurisprudenza di legittimità sostiene che, una volta attratta al tribunale per i minorenni, la competenza resta radicata presso tale tribunale anche per ogni successiva richiesta di modifica del provvedimento adottato(547). 8.Lacessazionedell’obbligo dimantenimento. L’obbligo dei genitori di contribuire al mantenimento dei figli non si protraesine die, ma neppure cessa automaticamente. Ne consegue che la raggiunta maggiore età e la raggiunta autosufficienza economica del figlio non sono di per sé condizioni sufficienti a legittimare,ipso facto, la cessazione della corresponsione dell’assegno, essendo necessario un accordo in tal senso tra i genitori o tra il genitore e il figlio maggiorenne, se non più convivente con il genitore presso il quale viveva, o un provvedimento deltribunale. Il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo deve attivare la procedura prevista dall’art. 710 c.p.c., e fornire la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che lo stesso, posto nelleconcretecondizioniper poter addivenire alla autosufficienza economica, non ne abbia tratto profitto persuacolpa(548). Nel caso in cui il figlio maggiorenne abbia reperito unlavororetribuito,siritiene che debba corrispondere alla professionalità acquisita, anche sotto il profilo del reddito, secondo le condizioni normali e concretedimercato(549). Il giudice deve valutare la stabilità del rapporto di lavoro e il trattamento economico,eataleproposito si è precisato che la mera prestazionedilavorodaparte del figlio occupato come apprendista non è di per sé tale da dimostrarne la totale autosufficienza economica, atteso che il complessivo contenuto dello speciale rapporto di apprendistato si distingue sotto vari profili, anche retributivi, da quello degli ordinari rapporti di lavorosubordinato,onde,non essendo sufficiente il mero godimento di un reddito qualechesia,occorreinvece la prova che il trattamento economico percepito nel medesimo rapporto di apprendistato sia idoneo, proporzionatoesufficienteai sensi dell’art. 36 Cost., ad assicurare all’apprendista, perlasuastessaentitàecon riferimentoanchealladurata, passataefutura,delrapporto, l’autosufficienza economica (550). Una volta dichiarato cessatol’obbligodelgenitore di contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne, il sopravvento di circostanze ulteriori che possanodeterminarel’effetto direnderequestinuovamente privo di lavoro e sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno per il raggiungimento di una adeguata capacità lavorativa (551). In tal caso il figlio dovrà agire per richiedere ai genitori gli alimenti, ex art. 433c.c.. Nelladiversaipotesiincui il figlio maggiorenne, posto nelleconcretecondizioniper poter addivenire all’autosufficienza economica, non ne abbia ancora tratto profitto, il genitore dovrà fornire la provacheciòdipendedauna condotta colpevole del figlio stesso, che persiste in un atteggiamento di inerzia nella ricerca di un lavoro compatibile con le sue attitudini,rifiutaleoccasioni che gli vengano offerte o abbandona senza valide giustificazioni il posto di lavorodaluioccupato. Tuttavia, è stata ritenuta l’assenza di colpa ed inerzia da parte del figlio che rifiuti una sistemazione inadeguata rispettoallasuapreparazione ed alle sue attitudini, compatibilmente con le condizioni economiche della famiglia,semprechetalisue aspirazioni siano realizzabili in ragionevoli limiti temporali(552). CAPITOLOXIII DOMANDEERISPOSTE SOMMARIO: 1. Assegno di mantenimento e tenore di vita dei coniugi. –2. Assegno di mantenimento e lavoro casalingo del coniuge durante la convivenza. –3.Assegno di mantenimentoedelargizionida parentieterzi. –4.Assegno di mantenimento e breve durata del matrimonio. –5. L’ accertamento della situazione economica e patrimoniale dei coniugiel’oneredellaprova.– 6. Valore probatorio delle dichiarazioni dei redditi ai fini della determinazione degli assegni per il coniuge e i figli. – 7. Rilevanza del rifiuto di produrre le dichiarazioni dei redditi. –8. Domanda di modifica dell’assegno di mantenimento, per l’intervenutacostituzionediun nuovonucleofamiliaredaparte del coniuge obbligato. –9. Ripetibilità delle somme versate a titolo di assegno di mantenimento. –10. Assegno di divorzio e condizioni economiche dei coniugi. –11. Ripetibilità delle somme versate a titolo di assegno di divorzio. –12. Rapporto di lavorodelfigliomaggiorennee cessazione dell’obbligo di mantenimento. –13.Azione di recupero degli arretrati dovuti direttamente al figlio maggiorennenonautonomo. 1.Assegnodimantenimentoe tenoredivitadeiconiugi. Sussistono i presupposti per l’attribuzione dell’assegno di mantenimento al coniuge, il cui reddito sia rimasto sostanzialmenteinvariatosia primachedopolacessazione dellaconvivenza? Al fine di stabilire la sussistenza e l’entità dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge separato, ai sensi dell’art. 156 c.c., non è corretto cristallizzare la situazione esistente al momento della convivenza matrimonialeecompararein termini numerici il reddito familiarepro-capitediallora con il reddito individuale attuale del richiedente l’assegno, per negarne il diritto. Si deve invece tenere conto del tenore di vita dei coniugi durante la convivenza, al quale va rapportato il giudizio di adeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge richiedente. Il tenore di vita di riferimento è quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi durante il matrimonio, quale elemento condizionante la qualità delle esigenze e l’entità delle aspettative del richiedente. Ai fini dell’imposizione e della determinazione dell’assegno, occorre tener conto dell’incremento dei redditi di uno di essi e del decremento dell’altro verificatosi a seguito della cessazione della convivenza e nelle more del giudizio di separazione, in quanto durante la separazione personale non viene meno la solidarietà economica che lega i coniugi durante il matrimonio,checomportala condivisionedellereciproche fortune nel corso della convivenza (Cass., 20 gennaio 2012, n. 785; Cass., 12settembre2011,n.18618; Cass., 29 luglio 2011, n. 16736; Cass., 24 febbraio 2010, n. 4531; Cass. 7 febbraio2006,n.2626;Cass. 24dicembre2002,n.18327). 2.Assegnodimantenimentoe lavorocasalingodelconiuge durantelaconvivenza. Il coniuge separato che durante il matrimonio abbia svolto solo lavoro casalingo, ma abbia capacità e opportunità di lavoro, ha diritto all’assegno di mantenimento? Laseparazioneinstauraun regime che tende a conservareilpiùpossibilegli effettipropridelmatrimonio, compatibiliconlacessazione della convivenza e, quindi, anche il “tipo” di vita di ciascunodeiconiugi. Seprimadellaseparazione iconiugihannoconcordato– o, quanto meno, accettato – cheunodiessinonlavorasse, l’efficacia di tale accordo permane anche dopo la separazione. Pertanto, ai fini dell’accertamento del diritto all’assegnodimantenimento, è ininfluente la prova tendente a dimostrare che la mogliehacapacitàlavorativa oharifiutatoconcreteofferte lavorative se la stessa, durante la convivenza matrimoniale, non ha mai svolto attività lavorativa (Cass., 29 luglio 2011, n. 16736; Cass. 16 aprile 2008, n. 10006, Cass. 25 agosto 2006,n.18547).Tuttavia,nel giudizio di separazione l’attitudine al lavoro del coniuge che richiede l’assegno, come potenziale capacità di guadagno, può comunque incidere sulla quantificazione dell’assegno (Cass. 22 marzo 2012 n. 4571). La capacità di lavoro potràassumererilevanzasolo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di una attività lavorativa retribuita, tenuto conto di ogni concreto fattore, soggettivo (quali l’età, la salute, la formazione culturale e professionale, ecc.)edoggettivo,nongiàin terminimeramenteipotetici. 3 .Assegno di mantenimento ed elargizioni da parenti e terzi. Gliaiutieconomicierogati ad un coniuge da parenti o da terzi possono escludere il diritto dello stesso a richiedere un assegno di mantenimento all’altro coniuge, in sede di separazione? Gli aiuti economici corrisposti da parenti o da terzinoncostituiscono,diper sé, espressione di capacità economicadelconiugealcui favore sono erogati, e sono inidonei ad influire in maniera stabile e certa sul tenoredivitadelrichiedente l’assegno (Cass., 21 giugno 2012, n. 10380; Cass., 18 luglio 2003, n. 11224; Cass. 30marzo2005,n.6712). Tali elargizioni sono infatti considerate di natura precaria, se comunque sussistono i presupposti per l’attribuzionedell’assegnodi mantenimento. Tuttavia, il secondo comma dell’art. 156 c.c. stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell’assegno "in relazione allecircostanze”,oltrecheai redditi dell’obbligato, tenendo conto di quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’onerato, suscettibili di incidere sulle condizionidelleparti. Laddove pertanto l’aiuto economico da parte di un parente o di un terzo, in particolare se trattasi del convivente more uxorio, assuma il carattere della stabilitàesiadientitàtaleda incidere sulle condizioni di vita del coniuge richiedente, cosìdaconsentirgliuntenore di vita analogo a quello precedente alla separazione, edaeliminareladisparitàdi redditi tra i coniugi, il giudice potrà tenerne conto nella quantificazione dell’assegno,chepotràanche essere azzerato (Cass., 8 novembre 1997, n. 11031; Cass., 26 giugno 1996, n. 5916). 4.Assegnodimantenimentoe breveduratadelmatrimonio. Nel caso di matrimonio di breve durata, dal quale non sianonatideifigli,ilconiuge che non abbia adeguati redditi propri può ottenere un assegno di mantenimento insedediseparazione? La breve durata del matrimonio non preclude, in sede di separazione, il riconoscimento del diritto all’assegnodimantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditipropri,ossiadiredditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti. (Cass., 30 dicembre 2011, n. 30216;Cass.8febbraio2006 n.2818). La durata del matrimonio integra un parametro utilizzabile in occasione della quantificazione dell’assegno divorzile e non puòpertantovalerealfinedi escludere la spettanza dell’assegno di mantenimento in caso di separazionepersonale. Tuttavia, laddove la breve durata del matrimonio abbia impedito la realizzazione di una effettiva comunione di vita, di carattere materiale e spirituale, il giudice della separazione tiene conto di tale circostanza ai fini della quantificazione dell’assegno (Cass. 22 ottobre 2004, n. 20638). 5 .L’accertamento della situazione economica e patrimoniale dei coniugi e l’oneredellaprova. A chi spetta provare il tenore di vita dei coniugi durantelaconvivenza? Il coniuge che richiede l’assegno ha l’onere di fornire la prova della fascia socioeconomica di appartenenza della famiglia all’epoca della convivenza e di provare il tenore di vita adottato in costanza di matrimonio, nonché la situazioneeconomicaattuale, e conseguentemente la sua impossidenza o inadeguatezza di redditi e sostanze (Cass., 28 aprile 2006,n.9861). Tuttavia, il coniuge richiedente non è tenuto a darne una dimostrazione specifica e diretta, essendo sufficiente che deduca anche implicitamente una condizione inadeguata a mantenere il precedente tenoredivita,fermarestando la possibilità dell’altro coniuge di contestare la pretesa inesistenza o insufficienza di reddito o di sostanze, indicando beni o proventi che evidenzino l’infondatezzadelladomanda (Cass., 29 aprile 2005, n. 8940, Cass., 27 agosto 2004, n.17136). Il giudice, in mancanza di prova da parte del richiedente, può anche desumere, in via presuntiva, il precedente tenore di vita dalla situazione reddituale e patrimoniale della famiglia al momento della cessazione della convivenza (Cass., 12 settembre2011,n.18618). 6 .Valore probatorio delle dichiarazioni dei redditi ai fini della determinazione degliassegniperilconiugee ifigli. Se nel corso del giudizio sono state prodotte le dichiarazioni fiscali e non sono emersi altri redditi del coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno, tale documentazione vincola ladecisionedelgiudice? Ledichiarazionideiredditi svolgono una funzione meramente fiscale e, in una controversia relativa a rapporti estranei al sistema tributario, non rivestono valore vincolante per il giudice, che nella sua valutazionediscrezionalepuò disattenderle. Il giudice può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie, valutandol’attivitàesercitata dal coniuge, l’importanza economica di eventuali utili d’impresa, gli investimenti, l’accumulo di cospicui risparmi nel corso della convivenza, gli elementi di fatto idonei a dimostrare la sua reale capacità di spesa, che possono essere indici di occultamento dell’effettiva consistenza della situazione economica del coniuge, nel caso questi dichiari redditi nonadeguati(Cass.14marzo 2006n.5521,Cass.11marzo 2006n.5379). Per ricostruire, al di là delle dichiarazioni fiscali, l’effettiva posizione reddituale del coniuge, il giudice può valorizzare gli elementi di fatto come fonti dipresunzione,semprechela motivazione adottata al riguardo sia congrua dal punto di vista logico, immunedaerrorididirittoe rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni (Cass., maggio2005,n.10135). 14 7 .Rilevanza del rifiuto di produrreledichiarazioni. Il rifiuto di un coniuge di produrre in giudizio le sue dichiarazioni dei redditi, costituisce criterio per attribuire l’assegno all’altro coniuge? Il comportamento del coniuge che, nonostante l’ordine di produzione del presidente o del giudice istruttore, rifiuti di depositare le proprie dichiarazioni fiscali e ogni altradocumentazionerelativa ai redditi e al patrimonio personale, non costituisce un criterio utilizzabile dal giudice per procedere alla quantificazione dell’assegno di mantenimento a favore dell’altro. Il giudice può tuttavia trarre da quella inosservanza argomentidiprova(art.116, secondo comma cod. proc. civ.). Inognicasotalemancanza costituisceunaviolazionedel doveredilealtàdellapartein giudizio, e ha conseguenze sul piano delle spese processuali (Cass. 14 marzo 2006n.5521). 8 .Domanda di modifica dell’assegno di mantenimento, per l’intervenuta costituzione di unnuovonucleofamiliareda partedelconiugeobbligato. Può essere ridotto l’importo dell’assegno di mantenimento qualora il coniuge obbligato abbia aumentato i propri oneri economici,avendoinstaurato una convivenza more uxorio con altra persona, priva di reddito, dalla quale abbia avuto un figlio naturale (553)? L’eventualemaggioronere economico derivante al coniuge obbligato al versamento dell’assegno, per aver instaurato una convivenza more uxorio con una persona priva di reddito, non assume alcuna rilevanza ai fini della riduzione o revoca dell’assegno a favore dell’altro coniuge (Cass. 24 aprile2001,n.6017,Cass.24 novembre1999,n.13053). Qualora dalla nuova unione siano nati dei figli, che ai sensi di legge hanno diritto al mantenimento, gli oneriderivantidalleesigenze del nuovo nucleo familiare possono essere tenuti in considerazione ai fini della revisione dell’assegno, a condizione che abbiano determinato un reale ed effettivo depauperamento delle sostanze o della capacità patrimoniale dell’obbligato stesso (Cass., 22marzo2012,n.4551). Si deve comunque tenere conto che il nuovo dovere di mantenimento dell’obbligato vavalutatoancheallastregua delle potenzialità economiche della nuova famiglia in cui il bambino è stato generato, e quindi avendo riguardo pure alla condizione economica dell’altro genitore (Cass. 24 gennaio2008,n.1595). 9 .Ripetibilità delle somme versateatitolodiassegnodi mantenimento. Le somme erogate a titolo di assegno di mantenimento in forza del provvedimento presidenziale,possonoessere richieste in restituzione se l’assegnovienerevocatocon lasentenza? Il provvedimento presidenziale di attribuzione dell’assegno di mantenimento,emessoinvia provvisoria ai sensi dell’art. 708, terzo comma, c.p.c., ha naturaalimentareecautelare etendeadassicurareimezzi adeguati al necessario sostentamento del beneficiario fino alla decisionefinale. Gli effetti della decisione che esclude il diritto del coniuge al mantenimento, oppure ne riduce la misura, non possono comportare la ripetibilità delle maggiori somme già corrisposte, le quali si presumono consumateperfarfrontealle necessitàdisostentamento,a meno che non vengano dimostrati gli estremi dell’eventuale responsabilità processualeaggravata,exart. 96c.p.c.,peravereilconiuge stesso “agito…in giudizio con mala fede o colpa grave”, ai sensi del primo comma,ovvero“eseguito(il) provvedimento cautelare… senza la normale prudenza”, aisensidelsecondocomma” (Cass., 20 marzo 2009, n. 6864;Cass.12aprile2006n. 8512). 1 0 .Assegno di divorzio e condizioni economiche dei coniugi. Le probabilità di lavoro del coniuge, che ne abbia la capacità e sia dotato di un titolo di studio, escludono il diritto all’assegno di divorzio? Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno di divorzio, l’impossibilità del coniuge richiedente di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento per ragioni obiettive - che costituisce una ipotesi non già alternativa, bensì esplicativa rispetto a quella della mancanza dei mezzi, in quanto rivolta a chiarire che dettaindisponibilitànondeve essere imputabile al richiedente-vaaccertatacon riferimento alla finalità perseguita dal legislatore di far sì che le condizioni economiche del coniuge più debole non risultino deteriorateperilsoloeffetto deldivorzio. Tale indagine deve essere condotta sul piano della concretezzaedell’effettività, tenendo conto di tutti gli elementi e fattori (individuali, ambientali, territoriali, economico sociale) della specifica fattispecie (Cass. 17 gennaio 2002,n.432). Ilgiudicenonpuòpertanto effettuare una valutazione che non sia fondata su dati realmente esistenti con riferimento alla fattispecie concreta, né può tener conto di redditi “virtuali” che un coniuge potrebbe astrattamentepercepire,sulla base di un apprezzamento solo probabilistico (Cass. 29 marzo2006,n.7117) 11.Ripetibilità delle somme versateatitolodiassegnodi divorzio. Nelcasoincuivengameno il diritto all’assegno di divorzio, le somme percepite devonoessererestituite? L’assegno di divorzio, attribuito allo scopo di evitare l’apprezzabile deterioramento delle precedenti condizioni di vita del coniuge richiedente, pur essendo di natura eminentemente assistenziale, è destinato nei fatti a soddisfare anche esigenze di caratterealimentare. Sotto questo profilo, l’assegno di divorzio non si differenzia dall’assegno di mantenimento corrisposto in sede di separazione, con la conseguenza che le somme corrisposte a tale titolo, nel caso in cui venga meno il diritto all’assegno o se ne riduca l’entità, non sono suscettibili di ripetizione (Cass. 9 settembre 2002, n. 13060). 1 2 .Rapporto di lavoro del figlio maggiorenne e cessazione dell’obbligo di mantenimento. Il rapporto di lavoro giuridicamente stabile del figliomaggiorennefacessare l’obbligodimantenimento? L’obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli secondo le regole degli art. 147e148c.c.noncessa,ipso facto, con il raggiungimento dellamaggioreetàdapartedi questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo nondialaprovacheilfiglio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero è stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per suacolpaodiscutibilescelta. La raggiunta autonomia economica può essere determinata sia da un rapporto di lavoro giuridicamentestabile(ossia, un contratto di lavoro a tempoindeterminato),cheda un contratto di lavoro a tempo determinato (secondo Cass. 3 novembre 2006, n. 23596, anche la mera potenzialità del conseguimento dell’autonomia economica può essere sufficiente per ottenere la declaratoria di cessazione dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne). Il conseguimento dell’indipendenza economica del figlio non coincide pertanto con l’instaurazione effettiva di un rapporto di lavoro giuridicamente stabile, ma con il verificarsi diunasituazionetalechesia ragionevole dedurne l’acquisto della autonomia economica, anche se per licenziamento, dimissioni o altra causa tale rapporto venga poi meno (Cass., 26 settembre 2011, n. 19589; Cass., 22 novembre 2010, n. 23590; 28 agosto 2008, n. 21773). 13.Azione di recupero degli arretrati dovuti direttamente al figlio maggiorenne non autonomo. Nel caso di mancato versamento da parte del padre dell’assegno a favore del figlio maggiorenne non autonomo, di cui era stata disposta la corresponsione direttaalfiglio,èlegittimata adagireperilrecuperodelle somme anche la madre che hanelfrattempoanticipatoil mantenimento? La legittimazione spetta solo al figlio maggiorenne, considerato che era stato disposto il versamento diretto dell’assegno a suo favore. Lamadrenonha,inquesto caso,un’azioneneiconfronti dell’altro genitore, neppure inviaalternativaalfiglio. In caso di convivenza del genitore con un figlio maggiorenne non autonomo, la legittimazione attiva della madre, alternativa a quella del figlio, a richiedere all’altro genitore un assegno per il mantenimento del figlio stesso, sussiste solo al fine della richiesta di erogazione a sé (Cass., 16 giugno2011n.13184;Cass., 22 novembre 2010, n. 23590). CAPITOLOXIV LAVIOLAZIONE DELL’OBBLIGODI MANTENIMENTO. PROFILIPROCESSUALPENALISTICI. SOMMARIO: 1 .Premessa. La tutela penale dell’obbligo di mantenimentoelapossibilitàdi “frazionamento” dell’interesse leso dal relativo contegno violativo. –2. Il presupposto del reato: l’esistenza di un’obbligazione alimentare. Differenze tra la nozione di “mezzi di sussistenza” e di “alimenti”. –3. Gli elementi oggettividellafattispeciedicui all’art.570,commaII,n.2,c.p. Lo stato di bisogno. –4. Il soggetto attivo del reato. –5. L’elemento psicologico e la valenza “scusante” dell’incapacità economica dell’obbligato. –6. Persona offesadalreatoepartecivile.– 7. L’azionabilità della pretesa risarcitoria in sede penale. La legittimazione del coniuge danneggiato dal reato alla costituzionedipartecivile. –8. La rappresentanza in giudizio del minore - persona offesa. – 9.Permanenzaeprescrizione.– 10. Procedibilità.Discrimen tra lafattispeciedicuiall’art.570, comma II, n. 2 c.p. e quella di mancata corresponsione dell’assegno divorzileex art. 12sexies,l.898/70. 1.Premessa.Latutelapenale dell’obbligodimantenimento e la possibilità di “frazionamento” dell’interesse leso dal relativocontegnoviolativo. L’art.570,commaII,n.2, n. c.p. punisce con la pena della reclusione fino a un anno e con la multa da € 103,00 ad € 1.032,00 la condottadichi“famancarei mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separatopersuacolpa”. Tale disposizione si differenzia dalla previsione contenuta nell’antecedente commaprimo,cheincrimina lacondottadichisisottraeai più ampi “obblighi di assistenza”(554),inquantoè tesaatutelareinmanierapiù energica( 555)gliinteressidi natura strettamente patrimonialedellafamiglia. Da ciò non si può desumere che questa disposizioneincriminisolola violazione degli obblighi morali e che la tutela degli interessi economici sia riservata in esclusiva al precetto contenuto nel secondocomma(556). Il concetto di violazione degli “obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge” è, infatti, ben più ampio – nonché assorbente della nozione di “mezzi di sussistenza”. Le due fattispecie in parola, che devono ritenersi reciprocamente autonome (557), differiscono nettamente, invece, sotto il profilostrutturale. Il comma primo dell’art. 570 c.p., infatti, contempla un’ipotesi di reato a forma vincolata in quanto, per la configurabilità sul piano tipico, occorre che la condottavengarealizzatacon modalità esecutive predefinite (558) e, precisamente, “abbandonando il domicilio domestico” o “comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla moraledellefamiglie”(559). Nell’ipotesi in cui, ad esempio, dall’abbandono della dimora da parte del soggetto obbligato consegua il venir meno per la prole d e l l ’ a s s i s t e n z aanche materiale risulterà integrata, dunque, la fattispecie di cui al comma primo della disposizione in commento e non quella di cui al comma secondo. Di contro, prescindendosi da ulteriori modalità esecutive della condotta, nell’evenienzaincuil’agente faccia mancare i mezzi di sussistenza ad un avente diritto non in grado di provvedere autonomamente al proprio sostentamento, opereràladisposizionedicui alcapoversodell’art.570c.p. Entrambe le ipotesi delittuose sono accomunate dall’essere poste a presidio delbenegiuridicodell’ordine familiare(560). Mentre su quest’ultimo aspetto la giurisprudenza ha assunto posizioni univoche, contrasti interpretativi sono sorti, invece, per quanto concerne il dato della tutela apprestata dalla norma in commento ai singoli aventi diritto. Secondo l’orientamento maggioritario formatosi sull’argomento ( 561), la protezione dei singoli componenti del nucleo familiare costituirebbe soltanto un riflesso della tutela primaria accordata, comedetto,inviaprincipale, all’ordinefamiliare. Alla luce di tale prospettazione, la norma penaleindicherebbe“…come oggetto di repressione una condotta indifferenziata rispetto al numero ed alla qualità dei soggetti lesi…” (562), di guisa che venga accordatatutelaalcomplesso degli obblighi che fa capo alla famiglia, intesa quest’ultima quale entità distintaedautonomarispetto ai singoli componenti del nucleofamiliare. L’opposto orientamento minoritario(563)sostiene,di contro,cheisingoliindividui checompongonolacomunità domesticasianodirettamente tutelati dalla norma penale, nell’ottica della “valorizzazione dei rapporti che … traggono origine e si sviluppano … all’interno della formazione sociale famiglia”(564). Laquestione,peririsvolti praticichenederivano(565), ha reso necessario l’interevento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (566) allo scopo di dirimere il contrasto interpretativo insorto all’interno della Sesta Sezione Penale della S.C. medesima. I lPlenum del Supremo Consessoharitenutodidover accogliere la tesi minoritaria non senza, tuttavia, operare alcunepuntualizzazioni. In premessa, i Supremi Giudici hanno precisato che l’argomentazione della natura plurioffensiva del reato in esame, pure addotta daalcuni,nonrivestevalenza dirimente della questione relativa alla ipotizzabilità di un reatounico oplurimo in casodicondotterealizzatein dannodipiùsoggettilesi. Ciò in quanto esistono alcune fattispecie delittuose indubbiamenteplurioffensive che, tuttavia, originano un reato che permaneunico anche se le persone offese sonopiùd’una. Si pensi al reato di strage od a quello di falso in bilancio. Correttaè,invece,apparsa la ricostruzione del percorso storico giuridico riguardante la famiglia alla luce anche dellaparticolarecollocazione topografica dell’art. 570 c.p. (contenuto nel titolo XI, rubricato “dei delitti contro la famiglia”) che, verosimilmente, ha dato luogo all’originaria visione “indifferenziata” della famiglia ovverosia ad una concezione unitaria del nucleo domestico prescindente dai singoli componenti. Le Sezioni Unite, pur avendo, come detto, aderito all’opzione minoritaria, hanno ritenuto, tuttavia, di non condividere l’assunto metodologico, sostenuto in verità anche dalla giurisprudenzamaggioritaria, secondo cui le condotte incriminate dall’art. 570 c.p. vadano considerate omogeneesottoilprofilodel benegiuridicoprotetto. I Supremi Giudici hanno, infatti, precisato che la normainparola,puressendo indubbia l’unitarietà del fine di tutela dei rapporti di assistenza in ambito familiare ad essa sotteso, contemplacondotteedeventi di diversa natura dai quali può conseguire la lesione di plurimi ed eterogenei beni giuridici e, dunque, la configurabilità diplurimi reati. Ascopoesemplificativo,si consideri la fattispecie di sottrazione agli obblighi di assistenza mediante abbandono del domicilio domestico. In siffatta ipotesi, deve ritenersi non possibile l’operazione di “frazionamento” dell’interesse protetto, in quanto la fattispecie menzionataèvoltaatutelare il bene (unico) della convivenzafamiliare. Non è pensabile, infatti, chelacondottadiabbandono del domicilio domestico possa prodursi in danno di solo alcuni dei componenti dellafamiglia. In relazione a tale previsione, dunque, è consentito affermare l’unicità del bene giuridico protetto (famiglia intesa nel suo complesso) e, conseguentemente, l’unicità della relativa fattispecie delittuosa. Diversamenteèadirsiper quanto attiene alle condotte contemplate nel capoverso dell’art.570c.p.che,invece, sono dirette a tutelare non l’astratta unità familiare bensì precisi interessi economici ed, in particolare, rispettivamente ai nn. 1 e 2 del capoverso dell’art. 570 c.p. (567), « la tutela del patrimonio del soggetto “debole” » e la « vera e propria sopravvivenza economica di questi soggetti (ndr dei soggetti deboli) » (568). Da ciò consegue la possibilità di “frazionare” l’interesse patrimoniale leso (e, specularmente, protetto) che può atteggiarsi diversamenteasecondadelle condizionidell’aventediritto (in ipotesi,uno degliaventi diritto potrebbe godere di reddito proprio il che escluderebbe lo stato di bisognodiquesti)nonchédel contegno del soggetto attivo del reato (l’agente potrebbe benessereinadempientesolo nei confronti di uno dei potenziali beneficiari dell’obbligoassistenziale). Si noti che ove, di contro, si accedesse alla prospettazione che ravvede l’unicità della fattispecie in presenza di più persone offese si dovrebbe concludere per l’inconfigurabilità sul piano tipico del reato nel caso in cui l’agente abbia omesso di apprestare i mezzi di sussistenza in favore di solo uno dei componenti della famiglia, ciò in quanto l’adempimento soggettivamente frazionato non è contemplato dalla normaincriminatrice. In punto di diritto, da tale datoconseguechenelcasoin cui l’obbligato abbia omesso di somministrare i mezzi di sussistenza in danno di più componenti del medesimo nucleo familiare si configurerà una pluralità di reati con conseguente applicabilità della disciplina del concorso formaleex art. 81, comma I, c.p. (569) nel casoincuil’agentesiatenuto ad un unico versamento monetario e della disciplina del reato continuato ai sensi dell’art. 81, comma II, c.p. (570)nelcasoincuil’agente sia tenuto a separati adempimenti. 2 .Il presupposto del reato: l’esistenza di un’obbligazione alimentare. Differenze tra la nozione di “mezzi di sussistenza” e di “alimenti”. Lafattispeciedelittuosadi cuiall’art.570,commaII,n. 2, c.p. presuppone, al fine della propria configurabilità sul piano tipico, la sussistenza di un’obbligazione alimentare (571)gravantesuunsoggetto ( c h epotenzialmente può rivestireilruolodiagentedel reato) in favore di uno o più beneficiari (che, in caso di lesionedell’interesseprotetto del quale sono titolari, assumono la qualifica di personeoffesedalreato). Tuttavia, va esclusa qualsiasi interdipendenza tra l’ipotesi di reato in commento e l’assegno liquidato dal giudice in sede civile (572) in quanto la criminalizzazione della condotta violativa dell’obbligo alimentare non ha carattere sanzionatorio dell’inadempimento civilistico. Ai fini della sussistenza del reato, ciò che rileva, infatti, è unicamente l’esistenza dell’obbligazione alimentare - a prescindere dallarelativaquantificazione (573) -, la sussistenza dello stato di bisogno dei beneficiari, la mancata somministrazione da parte delsoggettoobbligato. In base a tale assunto, è stataritenutainfondatalatesi difensiva che invocava l’insussistenza del fatto di reato sul presupposto del venir meno della operatività dell’assegno alimentare fissato in sede di separazione, per l’essere sopravvenuta sentenza di divorzio(574). In sintesi, la mancata o minore corresponsione dell’assegno stabilito dal giudicecivilenonèdipersé sufficiente ad integrare la fattispeciedicuiall’art.570, comma II, n. 2, c.p., se non risulta accompagnata dalla prova che, in ragione della omissione,sianovenutimeno i mezzi di sussistenza all’aventediritto(575). L’evidenziata autonomia tra l’assegno alimentare come determinato nel provvedimento civilistico e la fattispecie delittuosa in commento si coglie anche nella diversità di contenuto del parametro di riferimento che nel primo caso è costituito dagli “alimenti” (576) e nel secondo dai “mezzidisussistenza”. La giurisprudenza di legittimità, unanimemente, ritiene che i mezzi di sussistenza non si identificano con gli alimenti avendoessiuncontenutopiù ristrettoinquantolimitatoai soli mezzi di sostentamento (577). Nello specifico, i “mezzi di sussistenza” coincidono con ciò che è strettamente indispensabileallavita,come il vitto, l’abitazione (578), i canoni per le ordinarie utenze, i medicinali, il vestiario, le spese per l’educazione (579) e l’istruzione(580)deifigli,tra le quali ultime andrebbero ricomprese anche quelle necessarie per libri e mezzi ditrasporto(581). Nella nozione di “alimenti”, invece, rientra ancheciòcheèsoltantoutile e conforme alla condizione dell’alimentando oltre che proporzionale alle sostanze dell’obbligato. Alla luce delle varie pronunce di legittimità esaminate, dunque, parrebbe corretto affermare che un’ulteriore scriminante peculiarità del concetto di “mezzi di sussistenza” rispetto alla nozione di “alimenti sia costituita dall’impossibilità di parametrare i primi alle condizioni dell’obbligato, dovendo l’essenzialità dei “mezzi” essere ragguagliata unicamentealdatooggettivo delle esigenze indispensabili divita. Tuttavia, secondo un’isolata impostazione (582), occorrerebbe tener conto anche delle reali condizioni economiche dell’obbligato. 3 .Gli elementi oggettivi della fattispecie di cui all’art. 570, comma II, n. 2, c.p.Lostatodibisogno. Ildelittodicuiall’art.570, commaII,n.2,c.p.,sulpiano oggettivo, è integrato dalla condottadichi“famancarei mezzi di sussistenza” ai beneficiari della prestazione alimentare(583). Comedetto,per“mezzidi sussistenza” deve intendersi ciò che risulta oggettivamente indispensabileallavita. Pare corretto affermare, pertanto, che la proiezione delconcettodi“mancanzadi mezzi di sussistenza” sia rappresentata dallo “stato di bisogno” dell’avente diritto; se questi, infatti, non versasse in una situazione di “bisogno”, un eventuale inadempimento del soggetto obbligato sarebbe penalmente irrilevante (584) in quanto inidoneo a creare un effettivo stato di indigenza(585). Pertaleargomentazione,si è ritenuto di inserire il parametro dello “stato di bisogno” tra gli elementi oggettivi della fattispecie di cuiall’art.570,commaII,n. 2 c.p. nonostante la giurisprudenza di legittimità nonadottiespressamentetale qualificazione(586). Da tale assunto consegue che, nel caso in cui all’esito del procedimento penale si ravvisi l’insussistenza di detto elemento costitutivo delreato,larelativasentenza assolutoriaandràpronunciata con la formula “perché il fatto non sussiste” mancando,perl’appunto,una componentedelfattotipico. Nellospecifico,siafferma chelo“statodibisogno”non è escluso dall’aver l’altro genitore provveduto in via sussidiaria al mantenimento del figlio minore (587) oppure dal comportamento delbeneficiariofinalizzatoal recupero forzoso del credito alimentare(588). Analogamente, non sono idonei ad elidere lo stato di bisogno la fruizione da parte del destinatario della prestazione assistenziale di una modesta pensione di invalidità (589), lo svolgimento saltuario di una limitata attività lavorativa (590) o eventuali aiuti economici provenienti dal nuovoconvivente(591). L’indigenza, quale elemento materiale del delitto in commento, è esclusa, invece, dalla disponibilità di cospicue somme di danaro depositate incontibancari(592). Nel caso in cui il potenziale beneficiario non abbia raggiunto la maggiore età, non è necessario fornire unarigorosaprovadellostato di bisogno dello stesso, operando, in siffatta ipotesi, una presunzione semplice di incapacità del minore di produrre reddito proprio (593). Non integra, invece, il reato di cui all’art. 570, comma II, n. 2 c.p. la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza a figli maggiorenni non inabili a lavoro, anche se studenti (594). L’esistenza del “bisogno” va accertata nel caso concreto (595), non facendo stato nel giudizio penale il provvedimento del giudice civile che determina l’entità dell’obbligazione alimentare “… nè in ordine alle condizioni economiche del coniugeobbligato,nèperciò che riguarda lo stato di bisogno degli aventi diritto …”(596). Alla luce di tale principio (597), nell’ipotesi in cui il soggetto su cui grava l’obbligo assistenziale corrisponda agli aventi diritto una somma inferiore rispetto a quella determinata in sede civile (c.d. “autoriduzione dell’assegno”), il delitto di cuiall’art.570,cpv,n.2,c.p. non sarà integrato qualora l’importo effettivamente versato sia, comunque, tale dagarantirelecondizioniper un’esistenza dignitosa (598). Tale ultimo assunto giurisprudenzialeèsostenuto in maniera prevalente salvo una isolata, pur recente, decisione in senso difforme (599). 4.Ilsoggettoattivodelreato. Ilsoggettoattivodelreato (o agente) è colui che realizza nella realtà fattuale lacondottatipica. Inrelazioneallafattispecie dicuiall’art.570,commaII, n. 2, c.p. è, dunque,agente chi materialmente pone in essere l’azione di “far mancare i mezzi di sussistenza” ad alcuni soggetti qualificati esplicitamente contemplati dallanormaincriminatrice. La previsione in parola indica i “discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro”, “gli ascendenti” ed il “coniuge” (600) quali potenziali beneficiari della prestazione alimentare, assistiti da tutela penale (601). Da ciò consegue che la veste di soggetto attivo del reato, pur potendo apparentemente essere assunta da “chiunque” (602), in realtà, va ancorata alla sussistenza di una relazione qualificata con gli aventi diritto e, specularmente, con il bene giuridico protetto dallanorma(603). In base a tale assunto, dunque, la fattispecie in commento va inquadrata nellacategoriadogmaticadei “reatipropri”(604). In sintesi, soggetto attivo del reato di cui all’art. 570, comma II, n. 2, c.p. potrà essere solo il genitore od il coniuge sui quali incombe l’obbligo alimentare e non anche altro soggetto pur gravato da un’obbligazione assistenziale(605). Il reato in esame può configurarsi anche quando la condotta violativa dell’obbligo alimentare sia posta in essere dal coniuge separato ciò in quanto la qualifica di coniuge non viene meno con la separazione(606). 5 .L’elemento psicologico e la valenza “scusante” dell’incapacità economica dell’obbligato. Il delitto punito dall’art. 570, cpv, n. 2, c.p. si configura come reato a dolo generico (607) non essendo richiesto,inpuntoditipicità, il fineulteriore di aver agito allo scopo di far mancare i mezzi di sussistenza al soggettopassivo. Quanto alla struttura del dolo in relazione a tale ipotesi delittuosa è stato, correttamente, osservato (608) che la componente intellettiva dell’elemento psicologico (rappresentazione) (609) consiste nella conoscenza dell’obbligo, dello stato di bisogno e della capacità dell’agente di sopperire ad esso. L’elemento volitivo, invece, si sostanzia nell’intenzione di non conferirequantodovuto. Secondo un orientamento (610),ildelittoinesamepuò essere integrato anche a titolodidoloeventuale(611) nelcasoincuil’agentesisia volontariamente posto nella condizione di non poter adempiere gli obblighi di assistenza familiare, ad esempio, inopinatamente dimettendosi dal posto di lavoro. L’indagine sull’esistenza dell’elemento psicologico va condotta anche in ipotesi di inadempimento parziale (612) in cui è necessario accertare se vi sia “… nell’autore del comportamento descritto la consapevolezza di erogare insufficienti mezzi di sussistenza”(613). Il convincimento dell’obbligato di non essere tenuto alla prestazione assistenziale per la supposta mancanza dello stato di bisogno del beneficiario non esclude il dolo (614) in quanto detto contegno si traduce in un errore sul precettochenonscusa(615). Del pari, il recupero forzoso del credito alimentare operato dall’avente diritto non è idoneo a far venir meno l’elemento soggettivo del reato(616). L’intenzionalità della condotta, secondo un orientamento (617), sarebbe, invece, esclusa dall’incapacità economica dell’obbligato. Tuttavia, tale impostazione, non pare condivisibile atteso che l’impossibilità di adempimentopiùcheelidere l’elemento psicologico dell’azione opera sul diverso pianodell’“inesigibilitàdella condotta”conforme. In tale ipotesi, infatti, la condotta omissiva dolosa (618) dell’agente, pur permanendo antigiuridica (619), risulta non punibile in virtù di una valutazione che tiene conto delle concrete possibilità di obbedienza del precetto penale da parte dei destinatari(620). Appare, pertanto, corretto ricondurre l’impossibilità economica dell’obbligato alla categoria delle “scusanti” e non, invece, a quella delle “cause di giustificazione”(621). La qualificazione proposta è in linea con l’assunto secondo cui solo le prime lasciano impregiudicate le conseguenzesulpianocivile, non elidendo, a differenza delle altre, l’antigiuridicità delfatto. Nello specifico, l’incapacità economica può assumere valenza “scusante” solo allorché sia assoluta (622) e non ascrivibile a colpa (623) o anche a mera negligenza dell’obbligato (624). E’, inoltre, necessario che l’impossibilità si estenda a tutto il tempo in cui si sono verificate le periodiche inadempienze (625) e che essa sia tale da non far residuare una possibilità di adempimentoparziale(626). La prova dell’incapacità economica grava sull’obbligato il quale, per andare esente da responsabilità,deve“allegare idoneieconvincentielementi indicativi della concreta e totale impossibilità di far fronte ai propri obblighi” (627). In proposito, la Suprema Corte, nel cassare la pronuncia di merito, ha ritenuto adeguatamente documentata l’impossibilità di adempiere sulla base di cartelle cliniche relative ai ricoveri in ospedale dell’imputatoaffettodagravi crisidepressive. In tale occasione, si è affermato l’ulteriore principio secondo cui, per escludere il reato, è necessario accertare l’effettiva incidenza delle condizioni di salute sulle capacità lavorative dell’obbligato. Si rammenta che l’accertamentodellacapacità economica del soggetto non può basarsi solo sulle risultanzedelmod.740Irpef (oggi,modellounico)(628). Va escluso, inoltre, che la dichiarazione di fallimento faccia venir meno l’obbligo di fornire i mezzi di sussistenza alla famiglia, salvoilcasoincuiildissesto economico abbia prodotto una situazione di assoluta indigenza dell’obbligato (629). 6.Personaoffesadalreatoe partecivile. Lapersonaoffesadalreato (osoggettopassivo)(630)èil titolare del bene protetto dallanormapenale. Ad essa spetta il diritto di querela (631) che costituisce lacondizionediprocedibilità di determinate categorie di reati. Il soggetto passivo va tenuto distinto dal “danneggiato” che coincide, invece, con colui che ha riportato in conseguenza del reato un danno patrimonialmente apprezzabile. Le due figure possono coincidere solo in via eventuale come accade nel caso in cui il beneficiario della prestazione alimentare disattesa sia unicamente il coniuge. In tale ipotesi, infatti, il soggetto titolare del bene giuridico protetto dalla norma è anche colui che ha riportato un danno economico, come tale risarcibile. Diverso è il caso in cui la prestazione assistenziale sia stata stabilita solo in favore diunfigliominore. In detta evenienza, il coniuge assume la veste di “danneggiato”, salva la possibilitàdiacquisireanche l ostatus di persona offesa ove agisca nell’interesse del minore, quale esercente la potestàgenitoriale. In relazione al reato di omessasomministrazionedei mezzidisussistenza,possono assumere la qualifica di soggetto passivo del reato i discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro, gli ascendenti o il coniuge dell’obbligato. I discendenti sono tutelati dallanormapenalesianoessi legittimi, naturali riconosciuti (632) o anche non riconoscibili ma titolari del diritto al mantenimento exart.279c.c. I minori sono sempre garantiti, in ossequio alla presunzione semplice di incapacitàdiprodurreredditi propri(633). Idiscendentimaggiorenni, invece, godono di protezione penale solo se inabili al lavoro(634). La norma non prevede limiti nel grado di ascendenza o discendenza e, pertanto, l’obbligo penalmente sanzionato sussiste anche nei confronti dei figli dei figli e dei loro ulterioridiscendenti(635). L’art.570,commaII,n.2, c.p. non tutela, invece, altri soggettineicuiconfrontipur può sussistere l’obbligo alimentare come i fratelli o lesorelle. Ildelittoincommentopuò essere commesso in danno nelconiuge“ilqualenonsia legalmente separato per sua colpa”(636). La disposizione non è coordinataconlariformadel diritto di famiglia del 1975 che abolisce la separazione per “colpa”, introducendo il diverso concetto di “addebito”. Secondo dottrina e giurisprudenzamaggioritarie, laconfigurabilitàdelreatoin commento non avrebbe subito alcuna modifica a seguito della nuova disciplina civilistica della separazionepersonale(637). In senso contrario, è stato osservato (638) che “colpa” ed “addebito” sono concetti sostanzialmente diversi e, come tali, non suscettibili di assimilazione, a maggior ragione nell’ipotesi in cui taleoperazionedeterminiuna dilatazione della portata precettiva di una norma penale. Laconvivenzamoreuxorio non fa venir meno l’obbligo di somministrazione dei mezzi di sussistenza ai beneficiarioriginari. Insiffattaipotesi,tuttavia, il reato è escluso solo dall’adempimento parziale dell’obbligato ovverosia da una prestazione equamente ripartita tra i vari aventi diritto. Ove,invece,siailconiuge beneficiario ad aver intrapreso una stabile convivenza, è esclusa la responsabilità penale del coniuge inadempiente in quanto l’obbligo alimentare cessa temporaneamente per difettodellostatodibisogno dello stesso avente diritto (639). Si discute se la persona offesa possa validamente rinunciare al credito alimentare con ciò scriminando il reato ai sensi dell’art.50c.p.(640). L’orientamento prevalente sostiene la tesi negativa sul presupposto dell’incedibilità del diritto in parola (641) e dell’indisponibilità dell’interesse protetto dalla norma(642). Taleprospettazioneappare condivisibilequantomenonel caso in cui si proceda per violazioni commesse in dannodifigliminori. La persona offesa che intenda azionare la propria pretesa civilistica nell’ambitodelprocedimento penale può avvalersi dello strumento della costituzione dipartecivile. In tal modo, la persona offesa acquista la veste di parte. Dall’assunzione di tale status deriva la facoltà di agireperlerestituzionieper il risarcimento del danno patito in conseguenza del reatononchélapossibilitàdi partecipare attivamente al sub-procedimento probatorio (643). Lapartecivilepuò,infatti, avanzare le proprie richieste istruttorie (sia orali che documentali) ai sensi dell’art.493c.p.p.(644),può condurre l’esame diretto dei testimonideiqualihachiesto l’audizione in base all’art. 498 c.p.p. (645), può formulare opposizioniexart. 504c.p.p.alledomandeposte dallealtrepartiprocessualiai testi dalla medesima introdotti(646),hafacoltàdi controesaminare i testimoni di cui non ha chiesto la citazione(647) e di quelli in relazione ai quali non abbia “interessecomune”(648)alla parterichiedente(649),anche formulando domande suggestive che tendano a scardinare la credibilità del dichiarante. Esaurital’assunzionedelle prove,lapartecivile(dopoil pubblico ministero e prima che la parola venga data all’imputato) illustra le proprierichieste,presentando conclusioni scritte che devonocomprendere,quando sia richiesto il risarcimento dei danni, anche la determinazione del loro ammontare, ai sensi dell’art. 523,commaII,c.p.p. Lapartecivilepuò,inoltre, chiedere che l’imputato venga condannato al pagamento di una provvisionale nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiuntalaprova(650). La persona offesa che non sia costituita parte civile nel processo penale dispone, invece,difacoltàlimitate. Essa può soltanto presentare memorie in ogni stato e grado del procedimento e, con esclusione del giudizio di cassazione,indicareelementi probanti, senza, tuttavia, essere abilitata a partecipare alla formazione della prova in dibattimento mediante proposizione di domande ai testimoni. 7 .L’azionabilità della pretesa risarcitoria in sede penale.Lalegittimazionedel coniuge danneggiato dal reato alla costituzione di partecivile. Lapossibilitàdiintervento in sede penale del danneggiato (651) trova giustificazione nell’unicità del fatto valutabile sotto il duplice profilo della illiceità penale e dell’illiceità civile (652). Il vaglio globale da parte di un unico giudice non solo realizza una esigenza di economia di giudizi per quanto evita il rischio di contrasti di giudicati tra due organi giurisdizionali diversi che si trovano a dover decidere in merito al medesimofattostorico(653). Ciònonsignifica,tuttavia, cheildanneggiatononpossa azionare la propria pretesa nellanaturalesedecivile. Anzi, l’attuale assetto processual-penalistico sembra piuttosto propendere perlaseparazionedeigiudizi allo scopo di favorire la semplificazione dell’accertamentopenale. Un dato normativo, significativo in tal senso (654), è rappresentato dall’art. 652 c.p.p. in base al qualelasentenzairrevocabile di assoluzione con cui il giudicepenaledichiaricheil fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso,cheilfattoèstato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio diunafacoltàlegittima(655) ha efficacia di giudicato nel giudiziocivile,semprecheil danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi partecivile. Tale disposizione non si applica se il danneggiato ha esercitato l’azione civile nella sede propria senza trasferirla in quella penale o sel’azionecivilemedesimaè stata avviata nella sede naturale quando non è più ammessa la costituzione di parte civile nel processo penale(656). In sintesi, se si preferisce la sede civile, non opera la preclusione del giudicato di una eventuale sentenza penalesfavorevole(657). La legittimazione all’azione civile spetta al soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero ai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabilecivile(658). Il coniuge, soggetto passivo del reato di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza, può, dunque, far valereiure proprio la pretesa al risarcimento dei danni in sede penale, utilizzando lo strumento della costituzione di parte civile(659). L’azione civile in sede penale può essere esercitata personalmente o a mezzo di procuratorespeciale(660). Se l’atto di costituzione è firmato direttamente dalla parte, la relativa sottoscrizione può essere autenticata dal procuratore speciale nominato per il giudizio sempreché la procura sia apposta in calce alla dichiarazione di costituzione di parte civile (661). Tale formalità è richiesta ai fini dell’ammissibilità dellacostitu-zione. Si rammenti, che ai sensi dell’art. 122, comma III, c.p.p., non è consentita alcuna ratifica degli atti compiuti nell’interesse altrui senza procura speciale nei casi in cui questa è richiesta dalla legge o, del pari, senza procura rilasciata con le modalitàdirito. L’attodicostituzionedeve contenere le generalità della persona fisica o la denominazione dell’associazione o dell’ente chesicostituiscepartecivile elegeneralitàdelsuolegale rappresentante, le generalità dell’imputato nei cui confronti viene esercitata l’azione civile o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo, il nome e il cognomedel difensore e l’indicazione della procura, l’esposizione delleragionichegiustificano ladomanda,lasottoscrizione deldifensore(662). La dichiarazione di costituzione può essere presentata direttamente in udienza (663) oppure fuori udienza, nel qual caso la costituenda parte civile deve provvedere alle notifiche del relativo atto alle altre parti (664)(665). La costituzione di parte civile, a pena di decadenza, deve avvenire “per l’udienza preliminare” o, successivamente, fino a che non sianocompiuti gli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti(666). L’usodellalocuzione“ per l’udienza preliminare” in luogo di “nell’udienza preliminare”, lascia intendere, come chiarito dalla relazione al progetto preliminare al codice, che il danneggiato non deve attendere l’avvio dell’udienza preliminare, potendo, invece, costituirsi non appena abbia avuto conoscenza del promovimento dell’azione penaleacaricodell’imputato (667). L’assunzione della qualità di parte si realizza dal momento della costituzione, non essendo necessario un provvedimento ammissivo, sia pure implicito, da parte delgiudice. In base a tale principio, la SupremaCorteharitenutola parte civile costituitasi fuori udienza, con atto notificato alle altre parti, legittimata, per ciò solo, a formulare istanza di sequestro conservativoex art. 316 c.p.p.(668). La costituzione di parte civileproduceiproprieffetti in ogni stato e grado del processo. Non è, dunque, necessario in alcun caso rinnovare la dichiarazio- ne, vigendo il principio di “immanenza” della costituzione di parte civile(669). 8 .La rappresentanza in giudiziodelminore-persona offesa. Il minore-persona offesadanneggiato che intende costituirsi parte civile nel processo penale deve essere rappresentato, autorizzato od assistito nelle forme prescritte per l’esercizio delleazionicivili(670). Lacostituzioneavvenutaa mezzo dell’esercente la potestà genitoriale non richiede l’autorizzazione del giudice tutelare, in quanto si tratta di un atto non eccedente l’ordinaria amministrazione(671). Nell’ipotesi in cui il minore, nel corso del giudizio, diventi maggiorenne, la relativa costituzione di parte civile conservalasuavaliditàsenza necessità di rinnovazione, in assenza di dichiarazione al riguardo da parte del difensoreediiniziativedelle controparti(672). Dataleprincipioconsegue chelamancatadichiarazione del raggiungimento della maggiore età, nell’ipotesi di parte civile costituitasi a mezzo del genitore, non può essere interpretata come un’implicita rinuncia alla costituzione da parte del minoremedesimo(673). Tale orientamento appare meritevoledicondivisionein quantoconformealprincipio di “immanenza” della costituzione di parte civile (674). Nell’ipotesi in cui manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza e vi sono ragioni di urgenza ovvero vi è conflitto di interessi tra il danneggiato e chi lo rappresenta, il pubblico ministero può chiedere al giudice di nominare al minore un curatorespeciale(675). Ai sensi dell’art. 77, comma IV, c.p.p., in caso di assoluta urgenza ( 676), l’azione civile nell’interesse del danneggiato minorenne può essere esercitata dal pubblico ministero finché subentricoluialqualespetta la rappresentanza o l’assistenza ovvero il curatorespeciale. Sirammenta,infine,chela questione relativa alla legittimazione del curatore speciale di minore a costituirsi parte civile, già risolta positivamente dal giudice dell’udienza preliminare, non può essere riproposta in sede di procedimento di riesame di sequestroconservativo(677). 9 .Permanenza e prescrizione. Il delitto previsto dall’art. 570, comma II, n. 2, c.p. ha caratterepermanente(678)in quanto lo stato di consumazione perdura per tutto il tempo in cui si manifestalacondottaecessa per effetto di un contegno contrariodell’agente. Un eventuale tardivo adempimento determina la cessazione della permanenza ma non esclude il reato se l’omissione dell’obbligato si è protratta per un apprezzabile arco temporale (679). In tale ipotesi, potrà, al più, ritenersi applicabile l’attenuantedicuiall’art.62, n.6,c.p.(680). La permanenza non viene meno, inoltre, nel caso di decadenza dalla potestà genitoriale ciò in quanto il relativo provvedimento elide i poteri ma non i doveri che non siano incompatibili con le ragioni che hanno determinato il provvedimento(681). Dalla natura permanente del reato discende che la prescrizione decorre dal compimento dell’azione idonea ad interrompere la condottaillecitaoppuredalla pronuncia della sentenza di primogrado(682). In relazione a tale ultimo aspetto, dunque, la contestazione di condotte omissive realizzate in epoca anteriore a quelle valutate nellasentenzadiprimogrado divenuta irrevocabile è preclusadaldivietodelbisin idem(683)(684). 10.Procedibilità. Discrimen tra la fattispecie di cui all’art. 570, comma II, n. 2 c.p. e quella di mancata corresponsione dell’assegno divorzile ex art. 12sexies, l. 898/70. Il comma quarto dell’art. 570 c.p. stabilisce la procedibilitàex officio della fattispecie di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza commessa in dannodiminore. Ove, invece, il delitto sia realizzato in danno del coniuge, dei discendenti inabili al lavoro o degli ascendenti, la procedibilità è aquereladiparte. Data la natura permanente delreatoincommento(685), il termine per proporre quereladecorredalgiornoin cuilapersonaoffesahaavuto piena contezza del persistente inadempimento della persona obbligata, quale indice univoco, in assenza di cause di giustificazione, della violazione dell’obbligo di legge(686). L’art.570c.p.èrichiamato quoad poenam dall’art. 12 sexies, l. 898/70 contemplante, quest’ultima disposizione,lafattispeciedi omessa corresponsione dell’assegnodivorzile(687). Detta ipotesi delittuosa si differenzia dalla previsione di cui all’art. 570 comma II, n.2c.p.(688)configurandosi sul piano tipico alla verificazione delmero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudiceinsededidivorzio. La norma extracodicistica risulta applicabile alle sole ipotesi di inadempimento dell’obbligo di mantenimento in favore dei figli(689)(690). Attenendoilrinvioalsolo aspetto sanzionatorio, i Supremi Giudici hanno ribadito la procedibilità d’ufficio della fattispecie in materiadidivorzio(691). Tra le due fattispecie incriminatrici sussiste concorso formale eterogeneo (692) e non rapporto di consunzione (693), con conseguenteapplicabilità al contegno violativo di più disposizioni di legge dell’aumento di cui all’art. 81c.p.(694). CAPITOLOXV CENNIEQUESITIFISCALI SOMMARIO: 1. Brevi cenni sulla normativa. –2. Riferimenti giurisprudenziali. –3. Aspetti fiscali. –4. Contributi ed altre utilità in favore del coniuge separato. –5. Abitazione nella casa familiare. –6. Le dichiarazioni dei redditi dei coniugi separati irpef, imu, ici. – 7. Interessi sui mutui per l’acquistodellacasa. 1 .Brevi normativa. cenni sulla Il nostro codice civile prevede (art. 150) la possibilità di porre fine al rapporto coniugale mediante l’istituto della separazione personale.Tuttavial’Unione Europea ha emanato di recente ha emanato il Regolamento N. 1259/2010 del 20 dicembre 2010. Il Regolamentointervienenegli statimembriconl’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, la normativa trae spunto dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare dall’articolo 81, paragrafo3,edalladecisione 2010/405/UE del Consiglio, del 12 luglio 2010, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore del diritto applicabile in materia di divorzio e di separazione legale. L’Unione si prefigge di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone; per pervenire a una progressivaistituzioneditale spazio, l’Unione deve adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali. La separazione può essere giudiziale, qualora ne sia fatta domanda al giudice da parte di un solo coniuge e venga pronunciata con sentenza a seguito di un giudizio, oppure consensuale quando sia fruttodi un accordotraiconiugi,accordo poi omologato dal giudice (omologazione che risulta indispensabile affinché la separazione possa produrre effetti), ovvero di fatto quandolastessanonvengain alcun modo formalizzata, avendo, in tal caso, effetti estremamentelimitati. Lasentenzadiseparazione produce effetti sui rapporti patrimoniali tra i coniugi: infatti il coniuge non responsabile della separazione ha diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento qualora non abbiaredditipropriadeguati. Il coniuge responsabile del fallimento del matrimonio, se non ha redditi propri sufficienti, ha invece diritto aglialimenti. L’assegno di mantenimento ha come fine permettere al coniuge economicamente più debole di mantenere un tenore di vita compatibile con quello tenutoduranteilmatrimonio. Il diritto agli alimenti è invece concesso solo quando lapartechelorichiedenonè in grado di provvedere al proprio sostentamento con un’attivitàlavorativa. 2 .Riferimenti giurisprudenziali Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 28.08.2012 n. 33319 L’inadempimentosaltuario del pagamento dell’assegno non è sufficiente per far condannare l’ex marito per averfattomancareimezzidi sussistenza al figlio (6 mesi su 21). Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 33319/2012, accogliendoilricorsodell’ex marito contro la sentenza della Corte di Appello di Messina che confermando il primo grado lo aveva condannato per il reato previsto dall’articolo 570, secondo comma, del codice penale, sulla base della sola testimonianza della ex moglie secondo cui la quale ilproprioexconiugeerogava gli importi quando se lo ricordava, e cioè ogni tre quattromesi.Unacircostanza quest’ultima che, contrariamente a quanto sostenuto in appello, non trova per nulla riscontro nei “vaglia postali prodotti dalla difesa”, a contare i quali, all’opposto, risulta che “solo sei mensilità non furono pagate, in circa due anni. Inadempienze, spiega la Corte,bencompatibiliconil tipodilavorodell’exmarito, cameriereatempo,edunque tali “da non configurare, quanto meno sotto il profilo psicologico, quella consapevole e volontaria sottrazione agli obblighi di somministrazione dei mezzi disussistenzachecostituisce il nucleo essenziale del delitto previsto dal secondo comma dell’articolo 570 del codicepenale.” Cassazione Civile, sez. I, sentenza19.03.2012n.4296 La Corte ha riconosciuto, conlasentenzadel19marzo 2012, il diritto al figlio maggiorenne non autosufficiente, a partecipare nellacausadiseparazionedei genitori. Quindi sì all’ingresso del figlio maggiorenne nel giudizio di separazioneedidivorziodei genitori; la Corte di cassazione, sentenza 4296/2012, infatti ha riconosciuto ad un ventenne veneziano la legittimazione adintervenirenellacausatra mamma e papà per ottenere un assegno congruo che gli consentisse di proseguire in autonomia gli studi universitari. Il codice civile all’articolo 155 quinquies prevede che il giudice possa disporre in favore dei figli maggiorenni ma non autosufficienti il pagamento di un assegno anche direttamente all’avente diritto. In simili casi, secondo la Corte, si scontrano due posizioni entrambe meritevoli di tutela, quella del genitore conviventedirettaadottenere l’assegno per adempiere ai propri compiti senza dover anticipare il denaro di tasca propria; e quella del figlio avente diritto al mantenimento, “ed anzi legittimato in via prioritaria ad ottenere il versamento diretto del contributo”. Così, spiegalasentenza,ecioèche l’articolo 155 quinquies “appare rivolto al giudice della crisi familiare, chiamato ad adottare - sulla base di una prudente valutazione delle concrete emergenze del caso - quella diversa determinazione in derogaalprincipiogenerale”. E con l’ingresso in giudizio del figlio si amplia il contraddittorio consentendo al giudice di decidere “sulla base di una approfondita ed effettiva disamina delle istanze dei soggetti interessati”. D’altra parte, per l’articolo 105 del Cpc è sufficiente a ritenere ammissibile l’ingresso in giudizio “la circostanza che la domanda dell’interveniente presenti una connessione od un collegamento con quella di altrepartirelativeallostesso oggetto sostanziale, tali da giustificare un simultaneo processo”. Cassazione Civile, sez. I, sentenza28.03.2003n.4736 La sentenza precisa che l’iscrizione nelle liste di collocamento, unitamente allapresenzadicertificazioni sanitarie che sconsigliano lo svolgimento di attività lavorativeperilsoggettopiù debole economicamente, dimostrano l’oggettiva impossibilità di procurarsi i mezzidisostentamento. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 25.09.2003 n. 14252 La sentenza stabilisce che l’acquisto di una barca di maggiorpregioevaloredella precedente costituisce un elemento ai fini della valutazione della adeguatezza dei redditi per determinare l’assegno di mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabilelaseparazione. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 11.11.2003 n. 16912 La sentenza ha affermato che il coniuge separato, cui non sia addebitabile la separazione, ha diritto di otteneredall’altroconiugeun assegno di mantenimento idoneo ad assicurargli la conservazione del medesimo tenore di vita di cui godeva in costanza di matrimonio, con la conseguenza che, in forza di tale permanente solidarietà, il coniuge al quale non sia stato attribuito alcunassegno,qualoralasua situazione economica si sia deteriorata, o sia migliorata quelladell’altroconiuge,può chiederelacorresponsionedi un assegno rapportato al tenore di vita che avrebbe avutoovelaseparazionenon fosse intervenuta. La sentenza ha inoltre ricordato il che la solidarietà tra i coniugi non viene meno con laseparazioneenonconsente di escludere il diritto ad un assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge, il quale,purgodendodiredditi sufficienti, non sia in grado diconservareiltenoredivita goduto in costanza di matrimonio. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 12.12.2003 n. 19042 La sentenza riconosce il diritto alla riduzione dell’assegno di mantenimento se l’ex coniuge lavora in nero. La Corte ha confermato la sentenza dei giudici merito, ritenendo legittima la riduzione dell’assegno a carico di un professore universitario di Roma a favore della ex moglie, la qualelavoravainneropresso unnegoziodiabbigliamento. Cassazione Civile, sez. IV, sentenza 22.11.2002 n. 16462 La corresponsione dell’assegno di divorzio una t a n t u mnon integra gli estremi di un onere deducibile dal reddito, dal momento che tale somma nonassolvealmantenimento periodico, costituendo quindi, per il coniuge beneficiario, reddito imponibile ai fini dell’IRPEF. La sentenza ha accolto un ricorso presentato dal Ministero delle Finanze, ponendo fine ad una questionecontroversa. La Suprema Corte ha ribadito che l’assegno periodico e l’assegno in unica soluzione, pur avendo entrambi la funzione di regolare i rapporti patrimoniali derivanti dallo scioglimento o dalla cessazionedeglieffetticivili delmatrimonio,nonhannola stessanaturaeappaionosotto variprofilidiversietalisono stati considerati dal legislatore nella disciplina dettatainmateria. 3.Aspettifiscali. Innanzitutto bisogna fare unadistinzionetraassegnodi mantenimento destinato al coniuge separato ed assegno di mantenimento corrisposto aifigli. Aifinifiscali,l’assegnodi mantenimento corrisposto a seguito di sentenza del Giudice è deducibile dal reddito imponibile del coniuge obbligato e costituisce reddito imponibileperilconiugeche loriceve. Lequotecorrisposteperil mantenimento dei figli non possonoinveceessereportate in deduzione dal reddito imponibile del coniuge obbligatoenoncostituiscono reddito imponibile per il coniugechelericeve. L’assegno periodico di mantenimento del coniuge a seguito di cessazione del matrimonio ha un duplice profilo:risultaesserereddito assimilato a quello di lavoro dipendente per l’ex coniuge che lo riceve, mentre è un onere deducibile per l’ex coniuge che lo eroga; conseguentemente il coniuge che riceve l’assegno periodico di mantenimento deveincluderloaifinifiscali nella propria dichiarazione dei redditi tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente,mentreilconiuge che eroga l’assegno di mantenimento, deve indicare tale importo tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo nel rigo “rubricato” assegno corrisposto al coniuge, con esclusione della quota di mantenimentodeifigli. Nella dichiarazione dei redditi bisogna indicare la somma degli assegni periodici corrisposti nell’anno (pagati dal 1 gennaio al 31 dicembre, anche se di competenza diversa) in conseguenza di separazione legale ed effettiva, scioglimento o annullamento di matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, con esclusione degli assegni destinati al mantenimentodeifigli. Come si è detto, gli assegni di mantenimento versati a favore dei figli non vanno dichiarati dal coniuge che li percepisce, né dedotti dalconiugechelihaversati. Particolareattenzionedeve essere posta nel caso in cui l’assegno corrisposto al coniuge comprenda cumulativamente (e senza distinzione) anche le somme destinate al mantenimento dei figli. In questo caso l’importo dell’assegno si considera per metà destinato al coniuge e per l’altra metà aifigli. Non risultano invece deducibili le somme corrisposte in un unica soluzione al coniuge separato, essendo ben specificato dalla norma che perottenereladeduzionedal reddito complessivo del contribuente delle somme corrisposte al coniuge, deve trattarsi di assegni periodici, con conseguente esclusione di qualsiasi versamento effettuato in una unica soluzione. Schemaesemplificativo ASSEGNOALCONIUGE PerilCONIUGEEROGANTE =Onerededucibile PerilCONIUGE RICEVENTE=Altriredditidi lavorodipendente ASSEGNO DI MANTENIMENTO AL CONIUGE AFFIDATARIO PERIFIGLI PerilCONIUGEEROGANTE =Noncostituisceonere deducibile PerilCONIUGE RICEVENTE=Noncostituisce reddito 4 .Contributi ed altre utilità in favore del coniuge separato. Icontributielealtreutilità a favore del coniuge separato,diversidall’assegno di mantenimento, sono assolutamente indeducibili. In materia di oneri deducibili, l’elencazione delle erogazioni che vi rientrano è stabilita dalla legge e non è estensibile per analogia; restano, pertanto, esclusidaglionerideducibili i contributi forfettari alle s p e s edi gestioni condominiali relative all’appartamento occupato dalconiugeseparatoepagate al condominio, le spese per l’arredamento dell’appartamento comprato innomeepercontodeifigli alla madre, le spese di manutenzione straordinaria dell’immobile,ratedimutuo pagate per il coniuge che, contemporaneamente,rinunci all’assegno di mantenimento ed altri oneri, sia pure attribuiti al contribuente ad operadellasentenza. 5 .Abitazione nella casa familiare. L’uso dell’abitazione coniugale e delle sue pertinenze spettano al coniuge assegnatario ed ai membri della famiglia con luiconvivente.Comeènoto, lalegge8febbraio2006n.54 ha modificato anche tale materia, dettando prescrizioni per l’assegnazionedellacasacon ilnuovoarticolo155quater. Le novità, in estrema sintesi, riguardano la possibilità di assegnare la casa anche al coniuge non affidatarioesclusivo,oveciò corrisponda all’interesse dei figli. L’usodellacasafamiliare, comporta l’accollo delle spese relative alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché dei tributi relativi allo stesso; restano, inoltre, a carico di chiusufruiscedell’immobile, gli oneri condominiali ordinari. 6 .Le dichiarazioni dei redditideiconiugiseparatiIRPEF-IMU-ICI La dichiarazione dei redditideveesserepresentata da ciascun coniuge separato, non è ammessa la dichiarazionecongiunta. Nellamaggioranzadeicasi al centro della dichiarazione dei redditi vi è l’abitazione degliexconiugi;allalucedi recenti disposizioni di legge del goveno Monti del 2012, riguardanti l’imposizione fiscalesullacasa(irpef,imu, ici). Per individuare la corretta imputazione tributaria della propria casa, per prima cosa bisogna effettuare una distinzione tra “prima casa” ed “abitazione principale”. La differenza tra prima casa e abitazione principale, che molto spesso coincidono (es.casodiunafamigliache possiede un unicoimmobile e vi abita), è legata alla legge,laqualeriservadiversi benefici alle due categorie menzionate. Primacasa Ilconcettodiprimacasafa riferimento al possesso di una unità immobiliare, ovvero la prima che un soggetto acquista ed entra a far parte della propria disponibilità. La legge, dal 1982 ( l. 22 aprile 1982 n. 168) per l’acquistodeibenidaiprivati e dal 1993 per l’acquisto dei beni dalle società immobiliari e dai costruttori (D.L. 22 maggio 1993 n. 155), dà la possibilità al momento dell’acquisto di alcuneagevolazioni.Laparte acquirentedevedichiararedi essere residente nel comune dovel’immobileèacquistato ovvero si deve impegnare a trasferirvi la residenza entro 18 mesi; inoltre l’immobile non deve avere caratteristiche di lusso (es. categoriaA2). La parte acquirente non deve avere né la proprietà in quota o anche l’usufrutto di un immobile a destinazione abitativanellostessocomune dove sta comprando l’immobile in oggetto né avere la piena proprietà in qualsiasi comune italiano di un’abitazione che sia stata acquistata beneficiando delle agevolazioniinquestione. Soddisfatti questi requisiti davanti al notaio le imposte di registro, ipotecarie e catastali dovute scenderanno dal10al3%.L’agevolazione per l’acquisto della prima casaprevedeunobbligo:non vendere la proprietà per 5 anni dalla data di acquisto. Ove si venda la casa acquistata con le agevolazioni, si è soggetti al pagamentodiunasovrattassa del 30% sulle tasse pagate e alpagamentodelladifferenza tra il 3% e il 10% (imposta dovutasenzaleagevolazioni) nonché gli interessi. Per evitare di decadere dall’agevolazione,oltreanon vendere per 5 anni, vi è un’alternativa: ricomprare entro un anno dall’avvenuta vendita una nuova prima casa. Abitazioneprincipale Il concetto di abitazione principale è sostanzialmente assimilabile con quello di residenza, che la legge la definisce dimora abituale (cit.art.43C.C.comma2:la residenzaèilluogoincuila persona ha la sua dimora abituale), ovvero l’immobile doveunapersonaounnucleo familiare ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi; ciò comporta agevolazioniIMU(inpassato sull’ICI vi era l’esenzione); lanonimponibilitàIRPEF;la detraibilità degli interessi passivi sul mutuo contratto per l’acquisto e prezzi agevolati sulla stipula di contratti sulle utenze domestiche. Per effetto, quindi, di queste citate recenti disposizioni di legge e fatte ledistinzionidicuisopratra “prima casa” e “abitazione principale”, in funzione di queste distinzioni la legge riconosceriduzionisull’IMU (e non esclusione come disposto dalla previgente normativa in materia), tali riduzioni si applicano ai contribuenti che hanno quale abitazione principale l’immobile oggetto dell’impostasull’IMU. A tal fine è opportuno ricordare che la nozione di abitazioneprincipaleimplica l’unicità della stessa. Non si possono avere più abitazioni principali. Inoltre, tale nozione deve essere sempre riferitaaldichiarante. 7 .Interessi sui mutui per l’acquistodellacasa. Sonodeducibilidalreddito gliinteressipassivi,glioneri accessori e le quote di rivalutazione previste da clausolediindicizzazioneper mutui ipotecari contratti per l’acquistodiimmobiliadibiti ad abitazione principale (sempre che l’immobile sia adibito ad abitazione principale entro un anno dall’acquistoechel’acquisto sia avvenuto nell’anno antecedente o successivo all’accensionedelmutuo). Dal 2001, inoltre, la detrazionespettaanche: - dalla data in cui l’immobile è adibito ad abitazione principale e comunque entro due anni dall’acquisto, se l’immobile è oggetto di lavori di ristrutturazione edilizia, comprovati dalla relativa concessione edilizia o da un attoequivalente; - anche nel caso di acquisto di un immobile locato se, entro tre mesi dall’acquisto, l’acquirente notifica al locatario l’atto d’intimazionedilicenzaodi sfratto per finita locazione e se,entrounannodalrilascio, l’immobile è adibito ad abitazioneprincipale; - al contribuente acquirente e intestatario del contratto di mutuo, anche se l’immobile viene adibito ad abitazione principale di un familiare; - nel caso in cui il contribuente trasferisca la propria dimora per motivi di lavoro oppure la trasferisca in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’immobilenonsiaaffittato. Perabitazioneprincipalesi intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente. Pertanto la detrazione spetta al contribuente acquirente ed intestatario del contratto di mutuo,anchesel’immobileè adibito ad abitazione principalediunsuofamiliare (coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo grado): Tra i familiari si considera anche il coniuge separato, fino a quando non interviene la sentenza di divorzio. Il contribuentechehatrasferito la sua dimora abituale, a seguitodiseparazionelegale, non perde il diritto alla detrazione sugli interessi passivi per la propria quota dispettanza. In caso di divorzio, lo stesso contribuente mantiene lapropriadetrazionesolonel caso in cui l’immobile acquistato costituisca l’abitazione principale dei suoifamiliari(ifigli),purse conviventi con l’ex coniuge. Quest’ultimo non rientra più traifamiliari. CAPITOLOXVI LAMEDIAZIONE FAMILIARECOME PRATICADIDIVERSION PERUNASEPARAZIONE MITE SOMMARIO: 1. Riflessioni preliminari. –2. Le ragioni della mediazione. –3. Joint custodyesharedparenting.–4. Cos’è la mediazione familiare. – 5. La mediazione familiare come pratica extragiudiziale. – 6. Il posto dei figli nella mediazione familiare. –7. Caratteristiche del percorso di mediazione.–8.Conclusioni. 1.Riflessionipreliminari. La mediazione familiare riprendeuncopioneereditato dalla storia dell’uomo (695); siproponecomeunpercorso durante il quale le persone vengono aiutate a stabilire reciprociaccordi-dopoaver definito l’oggetto del contendere e le loro aspettative - che possano essere sostenuti anche per il futuro e costituire la premessa per nuove transazioni adattive. Essa rilancia costantemente l’idea chelepersonepossegganole risorse per sottrarsi alla logica della conflittualità improduttiva, in favore della logica della produttività in presenza di conflitto (696) checomportailsuperamento dello stallo - in virtù del quale altri prendono decisioni - attraverso mutui accordi e il reciproco riconoscimentodisentimenti indisponibili come, per esempio, quello della genitorialità,convenendoche la riduzione del contenzioso comporti sia una vittoria reciproca non effimera, sia un vantaggio reale per la tuteladellavitadeifigli. La figura del mediatore riprendelontanamentequella del capofamiglia o della persona autorevole e imparziale a cui si ricorreva nell’antichità per dirimere le questionidicaratterecivilee familiare, per riapparire all’internodiunaconcezione contemporaneaevolutacome possibilità d’integrazione dell’ordinario procedimento civilistico, a partire da un contesto non giudicante o socialmente sanzionatorio. Questa è una prospettiva laica che, in un’ottica sistemica e relazionale, consente di lavorare per gestione di problemi, e che risponde a parametri di efficacia all’interno di una dimensione autoformativa in età adulta sostenuta dalla figura di un operatore competente. Di fatto, la mediazione è una delle principali funzioni dell’attività di educazione che si esplica sui vari fronti delle relazioni interpersonali (697) e che istituisce la peculiarità di tutte le professionalità ed azioni che siano riconducibili a significati di ordine educativo come ricerca di una conciliazione tra le diverse istanze contrapposte, attraverso esperienze capaci di far evolvere il conflitto (698). Ovunque esperita, la pratica della mediazione, correttamente intesa ed aggiornata, riprende gli orientamenti della “Charte europeenne de la formation des médiateurs familiaux exerçant dans les situations dedivorceetdeséparation”e il relativo codice deontologico(699).Inviadel tutto preliminare, si può assumere che la peculiarità del percorso di mediazione consiste nell’assunzione diretta, da parte dei due partners, delle decisioni concernenti le conseguenze della separazione e del divorzio sul piano economico, delle responsabilità genitoriali e della riorganizzazione della vitaindividualeesocialeche le scelte in atto inevitabilmentecomportano. Per le sue molteplici potenzialità, lo “spirito della mediazione”(700)attirasudi sé l’interesse di molti professionisti delle scienze dell’uomo e delle istituzioni giudiziarie e dei servizi non soltanto per il principio innovativo del modello che coglie nel sistema familiare in crisil’aspetto di transizione verso un nuovo ciclo di vita inteso come compitoevolutivo,maanche per quegli aspetti deflattivi delcontenziosopenalechesi accompagna spesso a quello civilequandosifinisceconil guardareallavitaconiugalee familiare conclusa come alla fine della storia - e di ogni altrapossibilestoria-ecisi appella ad un giudizio tanto assoluto quanto impronunciabilesudiessa.È evidente che in letteratura e nellapraticasono,forsesolo, in apparente contrapposizione un modello cheguardaallaseparazionee al divorzio come alla morte di qualcosa di vitale e ad un lutto conseguente da elaborare e un modello che, senza affatto omettere gli aspetti emotivi della vicenda e senza, però, assolutizzarli, guarda al potenziale break evolutivo insito nella separazioneeneldivorzio.È evidente che l’epistemologia della mediazione si pone nel mezzo fra quanti tendono a sottolineare esclusivamente la separazione come occasionepositivadicrescita e condizione necessaria di sviluppo personale e quanti laconsideranosoltantocome perdita, fallimento, patologia. In tutti i casi, essa può e deveessereconsideratacome una delle possibili strategie di aiuto – non l’unica – alla coppia genitoriale per garantire quel superiore interesse dei figli che, della vicenda familiare, costituiscono l’anello più debole. Da questo punto di vista,unanuovaculturadella separazione e del divorzio, soprattutto all’indomani delle nuove “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli” (701), non può prescindere da una corretta visione di tutte quelle problematiche che accompagnano i figli nella loro condizione di prole di genitoriseparatiodivorziati. Va da sé, infatti, che per quantoifigliabbianorisorse checonsentonodisuperarele condizioni di stress, ciò nondimeno non dovrebbe essere consentito agli adulti dimetteregratuitamentealla prova i propri figli con comportamentiedazioniche, sollecitando fortemente la loro sfera emotiva ed affettiva, li sovresponga destabilizzandoli a tal punto dadareluogoaveriepropri disturbi relazionali, della condotta e della personalità. È, altresì, evidente che genitori sereni possono senz’altro aiutare meglio i figli a contenere un’esperienza defatigante e trasformarla in risorsa personale, continuando ad assolvere, in tale modo, al loro compito genitoriale, in costanza di separazione o divorzio. Daultimo–manonultimo - occorre aggiungere che l’iter giudiziario, con il suo linguaggio formale, con le sue procedure e coreografie, comunica implicitamente ai genitori che si separano un messaggio complessivo che, malgrado le intenzioni di ciascuno, finisce col rinforzare comportamenti e alimentare sentimenti per tanti versi opposti a quelli necessari per superare costruttivamente la crisi della separazione o del divorzio. Spesso accade che questi genitori si percepiscanoesicomportino come individui infantilizzati e colpevolizzati, ai limiti della patologia e della devianza, delegando ad altri la gestione dei propri affetti più intimi, la quotidianità stessadeilorofigli,ostaggie strumento di genitori irretiti dalle loro esasperate rivendicazioni. In realtà, la separazione è una possibilità implicita, anche se non desiderata o preventivata, di ogni unione; non è, dunque, né una malattia né un fatto riprovevole purché essa sia l’esito di una decisione maturata dalle parti senza che ciò comporti situazioni gravose per se stessi, per i più deboli e per la società. Del resto, molte esperienze di mediazione, in Italia e all’estero, hanno dimostrato che è possibile, anche in situazioni di contrasto, separarsi senza far mancare ai figli la preziosa risorsa della presenza congiunta di padreemadre. La mediazione familiare, infatti, ponendo l’accento sulla riorganizzazione della quotidianità dopo la separazione o il divorzio, è un percorso che invita la coppia ad accettare la legittimità delle molteplici scelte di vita che le trasformazioni individuali e socialiinattocomportano.È un’opportunità«formativa»e di aiuto che sostiene l’autorganizzazione, la consapevolezza e la responsabilità delle scelte operate. Ciò può accadere e, di fatto, è riscontrabile nella praticaperché"lamediazione rappresenta (...) l’arte e la tecnica per risolvere i conflitti al di fuori del contesto giudiziario, con l’aiuto di una terza parte imparziale, sopra un terreno che vede enfatizzati i fattori di consenso rispetto a quelli diconflitto(702). Per tutti questi motivi, si può ritenere che la mediazione possa costituire il “luogo” all’interno del quale il conflitto può essere dichiaratoelapresenzadiun mediatore autorevole e competente - educatore del possibile-necessaria. 2 .Le ragioni mediazione. della La mediazione familiare – secondoalcuni–nascecome rispostaall’inadeguatezzadel sistema giudiziario tradizionale che, piuttosto che dirimere i contrasti, a motivo della stereotipizzazione dei ruoli processuali, conduce spesso alla spersonalizzazione e all’emarginazione o alla prevaricazione e alla lite pretestuosa. Numerosi disegni di legge di revisione della legislazione in materia di separazione, prima dell’avvento della legge di modifica dell’art. 155 del codice civile (infra, n.7), auspicavano come soluzione del problema della parità di trattamento di entrambi i coniugi in sede processuale l’obbligatorietà del trattamento di mediazione familiare preliminarmente all’udienza presidenziale comunque prima della fase istruttoria-secondomodalità diverse, spesso legate anche alla tipologia di affidamento ipotizzato in via talora obbligante per il magistrato: affidamento congiunto, alternato, esercizio congiunto della responsabilità genitoriale, affidamento ad entrambi i genitori. Alcune proposte, invece, lasciavano al giudice di merito la possibilità di inviareinmododiscrezionale ocoattivolacoppiapressoun centro di mediazione e/o di consulenza familiare durante l’iter istruttorio, allorquando avesse ravvisato le condizioni per introdurre siffatta procedura. Si trattava, come si può notare, di orientamenti che, sia pure decisamente non conciliabili fra di loro - uno si muoveva all’interno di una procedura di tipo extragiudiziale o mista, l’altro di tipo decisamente intraprocessuale - aspiravano a rendere la pratica della mediazione familiare obbligatoria con ricadute procedurali spesso pregiudizievoli in caso di esito negativo, venendosi a trasformare la mediazione in una specie di consulenza tecnica per il giudice soprattutto in relazione all’idoneitàgenitoriale. Appare fuori di ogni discussione il fatto che un affidamento di tipo non monogenitoriale,aqualunque fattispeciecisipossariferire di quelle citate in precedenza, non può essere chefruttodiunaccordofrale parti o di un percorso di mediazionee,inognicaso,di una separazione personale di tipoconsensualedoveancora sia presente la stima reciproca e dove sia stata riconosciuta la capacità di accudire ed educare la prole da parte di entrambi i genitori, in ragione dell’affetto verso i propri figli. Infatti, il motivo principale per cui anche nel nostro Paese, a prescindere dalla prassi giurisprudenziale, si sta lentamente diffondendo la pratica della mediazione, risiede in un approccio culturalmente diverso alla separazione e al divorzio e alla tutela dei figli minori, così da evitare possibili traumiinessiinunmomento giàdipersédelicatodelloro ciclovitale,conlaperditadel sistemafamiliarestabilmente costituito e con il carico di ansiacheciòpuòcomportare (703). Diversamente, in costanza della logica del conflitto, qualsiasi scelta di affidamento imposta dalla legge, anche quella che teoricamente sancirebbe la piena parità di trattamento dei genitori - ma quale codice la potrebbe garantire veramente? - finirebbe col risultareunameraastrazione giuridica al pari di quell’affidamento congiunto o alternato pure previsto dalla novella divorzile (704) prima ancora che il Legislatore introducesse quello “condiviso” nella riformulazione dell’art.155 del codice civile che sancisce, in punto di diritto, la parità di trattamento della coppia genitoriale, ispirandosi alla Legislazione europea ormai copiosa quanto al diritto dei figli minori a “mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale” (comma 1). Innanzi a coppie genitoriali esasperatamente confligenti, il giudice di meritononpuòfarealtroche agire discrezionalmente stabilendo, caso per caso, quale sia l’affidamento teoricamente più idoneo nell’interesse del minore, sancendo così, una volta e per tutte, che esso non possa essere garantito che dai genitori stessi nel rispetto reciproco di una sana bigenitorialità (art. 155-bis, comma1). La mediazione appare, dunque, uno strumento utile percontenerelaconflittualità coniugale nei casi di separazione e divorzio e, soprattutto, per offrire alla coppia genitoriale un’opportunità di natura pedagogica per determinare, attraverso un condiviso progetto d’intenti, nuove e più chiare modalità di gestionedellarelazioneconi figli in cuiciascuno dei membri della coppia assuma responsabilmente il carico delle scelte: quelle che nella situazione specifica risultino eque, adeguate e sostenibili nell’esercizio della genitorialità anche a separazioneavvenuta. Col suffragio della letteratura, piace considerare la mediazione come una metodologiad’interventopiù adeguata rispetto alla logica della contrapposizione frontale che viene delineandosi nelle aule dei tribunali, anche se essa non esautora affatto le istituzioni giudiziarie nel loro insieme, sulle quali incombe l’onere della valutazione finale dell’accordoall’internodiun quadro sostanziale e procedurale di difesa dei diritti sia dei membri della coppia genitoriale che dei figli, nel pieno rispetto delle regoledigiustizia. Proprio a ragione di ciò, l’art.158 del codice civile (705) garantisce i genitori e la prole, mettendo gli uni e glialtrialriparodapossibili accordi che potrebbero violare i diritti di ciascuno degli attori, evitando che vi possano essere parti deboli e parti forti. Infatti, se da un lato, è interesse di chi esercita la mediazione puntare su percorsi progettuali di riorientamento edidelineazioneconsensuale degli accordi, dall’altro la pratica della mediazione non è alternativa all’istituzione giudiziaria e sostitutiva o concorrenzialeall’avvocatura che rimane, in linea di principio e nel suo insieme, strumento indispensabile di natura tecnico/culturale a garanziaedifesagiuridicadi ciascuncittadino. Nello stesso tempo, si tratta anche di porsi nell’ottica di ricercare in qual modo una coppia genitoriale possa essere aiutata, senza “sanitarizzare” l’aiuto ma, anzi, riconducendo l’intervento all’interno di quella teoria del ciclo di vita che include, fra i processi più generali e fisiologici di sviluppo e crescita dei sistemi viventi umani, anche quelli separativi. Nella maggior parte dei casi, si tratta di un ciclo che, per quanto conflittuale e/o ansiogeno, può essere contenuto nell’ambito delle risorse o capacità di recupero che ciascun individuo generalmente possiede o può attivare se opportunamente incoraggiatoesostenuto. La vicenda separativa o divorziale,dunque,èinsieme un evento relazionale (la rottura del rapporto di coppia) e giuridico (la definizione di un diverso assetto dei diritti e dei doveri); da quest’ultimo puntodivista,taliistitutinon possono essere collocati in un contesto di totale degiuridicizzazione e degiurisdizionalizzazione del diritto di famiglia, anche se la mediazione a fini separativipuòrientrarefrale pratichedi“diversion”e,più in generale, in una visione “mite” dell’amministrazione del diritto (706). Tuttavia, allo stato attuale della questione, quello che appare difficile da realizzare è l’integrazionefral’offertadi aiuto proveniente dal sapere frutto della teoria della mediazione (707) e l’offerta di aiuto propria del sapere giuridico sostanziale e processuale. Estranei l’uno all’altro, questi saperi sembra dovranno sempre di più interrogarsi vicendevolmente in un prossimo futuro e integrarsi pur conservando una distinzione tanto disciplinare quantoprofessionale,pernon ingenerare conflitti di competenza e ambiguità circa lo spazio specifico di intervento e di aiuto di ciascun operatore. Infatti, il problemaèmalpostoquando si pensi alla possibile elusione del sistema giuridico nella problematica separativa come se si trattasse di optare rigidamente fra un sistema totalmente “in-Court” e uno esclusivamente “out-Court”; si tratta, invece, di riconoscere lo spazio per il recupero di una capacità interlocutoria negoziale confusa, resa incerta e conflittuale dal sopravvenire diistanzeebisogninuovidai confini non ancora ridefiniti che la sola materia giuridica non può ignorare o fingere inesistenti. Tutti sanno, e le statistiche lo confermano, che la vicenda separativa e quella divorzile non si concludono con il pronunciamento della sentenza da parte del Tribunale, perdurando strascichi e contenziosi giudiziari, alimentati dal disagiopsichicoeambientale che,ingenere,hannotermine soltanto con il sopraggiungere della maggiore età dei figli e con l’apparire di nuovi scenari esistenziali. Non a caso, si è solitidistinguerefradivorzio legale, emotivo, economico, genitoriale, istituzionale. Questo vuol dire che la coppiagenitorialehabisogno diunaiutochesappiavedere oltreilcontenziosogiuridico omeglionellanaturadiesso, perché nella maggior parte d e l l evolte il problema è proprio dentro di esso: nelle motivazioni inespresse, nelle finalità non dichiarate, nelle aspettative nuove e forse ancorasfocate,neiparametri di riferimento alternativi a cui ciascuno anela, consapevolmente o inconsapevolmente, e che portadentrodisé. Alla luce di ciò, occorre individuare uno spazio reale di incontro e dialogo che si ponga come una sorta di laicolocusofcontrolinterno edesternoall’interavicenda. Inquest’otticalamediazione familiare appare come una proposta, adeguata alle istanze sociali e culturali contemporanee, a cui accedere perché rispettosa delle parti e delle risorse professionali chiamate doverosamente ad interagire nell’interesseditutti. 3 .Joint custody e shared parenting. Molti pensano alla pratica della mediazione ritenendo, implicitamente o esplicitamente, che essa sia la via naturale all’affidamento congiunto o condiviso (joint custody). In realtà, l’esito positivo della pratica della mediazione invoca una separazione personale consensuale e l’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale (sharedparenting)cherende più concretamente e immediatamente percepibile l’aspetto paritario della funzione genitoriale dopo la separazione in relazione alle necessità di accudimento e crescita armoniosa dei figli, così co- me delineato anche dalla dottrina della Corte Costituzionale sin dal 1987 (708). Il trattamento di shared parenting appare come un modo realisticamente accettabile per garantire la bigenitorialità ai figli e, al genitore non stabilmente convivente con la prole, il diritto di esercizio della responsabilità genitoriale, così come invocato dal rinnovellato art.155 del codicecivile. La nuova disciplina della separazione e dell’affidamento condiviso elimina, almeno in punto di diritto, quel trattamento vessatorio, presente nel precedente art.155, nei confronti del genitore non affidatario al quale veniva assegnato un ruolo genitoriale subalterno e, dal punto di vista pedagogico non significativo nei confronti della prole della quale veniva di fatto espropriato con motivazioni apodittiche genericamente motivate dal pregiudizio fondato sulla basa di un inveterato stereotipo culturale. A tal proposito in letteraturaèstatasostenutala tesi, suffragata proprio dalla giurisprudenza dei giudici di merito, che la figura del genitore non stabilmente convivente (non affidatario) (709) fosse trattata di fatto alla stessa stregua di quel genitoreche,aisensidell’art. 333 del codice civile, viene allontanato dalla prole a motivo dell’eventuale condottapregiudizievole,con l’evidente disparità di trattamento in ragione della quale,mentreilgenitorenon affidatario non avrebbe mai potuto chiedere l’applicazione dell’art. 332 c.c. (“Reintegrazione nella potestà”), quello sanzionato per condotta pregiudizievole avrebbe potuto aspirare alla reintegrazione nella potestà. Infatti, il precedente art.155 stabiliva che l’esercizio esclusivo della potestà sui figli rimanesse in capo al genitore affidatario, fatto salvo il diritto-dovere alla vigilanza del genitore non affidatario. Tutti coloro che a vario titolo trattano della materia della separazione sanno che la figura del genitore non affidatario era trattata in modoresidualedalgiudicedi merito anzi, spesso, la giurisprudenza dimostrava insofferenza verso la sua presenza, quando questa reclamava nell’interesse della prole il diritto-dovere all’esercizio della genitorialità. Il giudice di merito finiva con l’identificare arbitrariamente l’interesse del minore con la tutela dell’esercizio della potestà del genitore “affidatario”": genitore che la Legislazione francese, invece,definisce«locatario», in ciò rendendo più concretamente percepibile, anche semanticamente, la parità sostanziale fra le due figure genitoriali in ordine allatuteladell’interessedella prole. Con l’applicazione generalizzata dell’affidamento monogenitorialeilgiudicedi meritofiniva,inrealtà,conil facilitare – pur sanzionandolo l’assenteismo del genitore non affidatario autorizzandolo, indirettamente,adisattendere anche agli articoli 143, 2 (fatto salvo il diritto a non coabitare a seguito di pronunciamento presidenziale),147e148del codicecivile. Restailfattoche,inordine ad una ricerca condotta in Germania, i ricercatori nel trarre le loro valutazioni sostengono che i genitori “prima che possa funzionare u naffidamento congiunto dopo il divorzio hanno bisogno, tanto per cominciare, di unesercizio congiunto delle cure genitoriali nell’ambito della famiglia completa” (710). Con il terminejoint custody, dunque, in questa sede, si vuolerinviare,piùcheaduna prassi giurisprudenziale obbligatoria, ad una cultura della separazione ricca di responsabilità da parte di entrambelefiguregenitoriali vissuta in modo paritario attraverso il reciproco riconoscimento della vitale funzione parentale da svolgere nei confronti dei figli.Iltrattamentodishared parenting, quindi, rende ragione di accordi che, comunque, devono essere assunti reciprocamente perché la salvaguardia non retorica dell’interesse dei figli minori esige equità ed adeguatezza delle decisioni anche nella prospettiva di eventuali e non improbabili disarmonie che possono sopraggiungere,adistanzadi tempo,dopolaseparazionee ildivorzio. Perquestopiacedefinirela mediazione come “un mezzo per ridurre l’irrazionalità delle parti impedendo le recriminazioni personali e localizzando l’attenzione sui problemi reali, esplorando soluzioni alternative, rendendo possibile alle parti di fare o ritirare concessioni senza perdere la faccia o il rispetto; aumentando la comunicazionecostruttivatra leparti;ricordandoalleparti il costo del conflitto e le conseguenze di dispute irrisolte, fornendo un modello di competenza, integrità, imparzialità nella figura del mediatore” (711) all’interno di una visione ecologicadelconflitto(712). 4 .Cos’è la mediazione familiare. La mediazione familiare è un percorso volontario, strutturato, che porta a soluzioni più celeri di quelle prospettate dal normaleiter giudiziario ed ha l’obiettivo di sostenere le parti in lite nella ricerca di accordi equi n épraeter nécontra legem. Tale pratica non pretende di risolverelacomplessitàdelle vicissitudini che gravitano attorno alla famiglia, tenta però di aiutare a gestire e vivere un’esperienza resa spesso caotica dall’insorgenza di nodi irrisolti. “La separazione coniugale è un percorso attraverso il quale i genitori separati o in via di separazione si rivolgono liberamente ad un terzo neutrale (imparziale), per ridurre gli effetti distruttivi di un grave conflitto che interrompe o disturba la comunicazione tra loro. La mediazionemiraaristabilire la comunicazione tra le parti per poter raggiungere un obiettivo concreto: la realizzazione di un progetto di organizzazione delle relazionidopolaseparazione o il divorzio. L’obiettivo finale della mediazione familiare si realizza quando il padre e la madre, nell’interessedeifiglieloro, siriappropriano,purseparati, della comune responsabilità genitoriale. Ad essi spetta ognidecisionefinale”(713). È per questo che “la mediazione familiare non è una semplice tecnica più o meno efficace che si apprende e si usa esclusivamente nel proprio ambito professionale. È, invece,unmododipensaree diviverechetravalicailpuro mestiere.Èlacapacità: -diempatizzareconl’altro senza lasciarsi travolgere dalle sue sofferenze e senza sovrapporre a queste le proprie; - di tenere presenti gli assenti (i figli) senza farne un uso ricattatorio per ottenere pseudo-accordi basati sui sensi di colpa dei genitori; - di non confondere la maschera con l’attore che la indossa. Occorre, in altre parole, rammentare che la durezza, la bellicosità, la sgradevolezza di molti genitori in battaglia sono frutto di sofferenza, ansia, delusioneaggravatedaimodi dellaseparazione; - di resistere alle frustrazioni e al coinvolgimento emotivo che derivanodall’assistereaduri scontri tra genitori e a dialoghi instaurati a fatica e poi bruscamente interrotti, dal lavorare interrotti, dal lavorareinunclimaculturale che predica la pace ma sembra non credere alle possibili concrete soluzioni pacifiche, dalle interferenze dichigettabenzinasulfuoco quando addirittura non trae vantaggio dall’inasprimento delloscontro”(714). Secondo la definizione proposta nel 1990 dall’Association pour la Promotion de la Mediation Familiale (A.P.M.F.): “La mediazione familiare, in materia di separazione e divorzio, è un processo di risoluzione dei conflitti familiari: le coppie, coniugate o no, richiedono l’intervento confidenziale di una terza persona, neutrale e qualificata, chiamata chiaramente «Mediatore Familiare». Il ruolo del mediatore familiare è quello di portare i membri della coppiaatrovaredasélebasi di un accordo durevole e mutuamente accettabile, tenendo conto dei bisogni di ciascun componente della famiglia e particolarmente dei figli, in uno spirito di corresponsabilità e uguaglianza dei ruoli genitoriali”(715). J.M.Heynes,unodeisuoi fondatori, definisce la mediazione “come l’offerta di aiuto alla coppia, allo scopo di riequilibrare il potere contrattuale tra le parti, dove lo scambio ridiviene alla pari”. Queste definizioni pongono l’accento sulla necessità di gestire il potere all’interno della coppia, mentre la definizione fornita dall’A.P.M.F. pone l’accento sulle capacità socio-psicopedagogiche che l’operatore deve possedere all’interno della relazione professionale d’aiuto (716). “La funzione socio-psico-pedagogica del mediatore deriva dal convincimento che il superiore interesse del bambinodeveesserelaguida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione, del suo orientamento,inprimoluogo i genitori e ciò richiede un forteinvestimento”(717). In quest’ottica è evidente che la mediazione familiare differisce significativamente sia dall’arbitrato, sia dalla terapia di coppia che dalla consulenza familiare. L’intervento di mediazione purutilizzandocompetenzee strategie tipiche del colloquioclinico,sidistingue dalla terapia sotto molti aspetti. Prima di tutto, opera con un sistema, quello familiare, che ha già avviato o scelto un cambiamento, la separazione; tende da subito alla creazione di un nuovo equilibrio; è esclusivamente orientato al presente ed è interessato alla futura strutturazionepersonalechei componenti la famiglia si daranno; la durata dell’intervento è limitata nel tempo. L’intervento che, tra l’altro, comporta l’obbligatorietà della copresenza dei genitori, è circoscritto su obiettivi concordati e predefiniti; gli argomenti, inoltre, sono trattati in successione in conformità a un programma concordato sin dall’inizio dell’intervento fra mediatore ecoppiagenitoriale(718). In questa prospettiva «la Mediazione Familiare si configura come l’intervento di un professionista “imparziale” nel conflitto, che si accompagna al processo di separazione e di divorzio: essa si articola in un numero limitato di incontri, in cui è offerto ai coniugi un contesto strutturato e protetto, dove affrontare la crisi coniugale, cogliendo le opportunità evolutive che il conflitto propone anche in funzione della crescita e della maturazionedeifigli. Con la Mediazione Familiare s’intende raggiungere accordi concreti e stabili nel tempo sulle principali decisioni che riguardanogenitoriefigli:la divisione dei beni, l’affidamento e l’educazione deiminori,iperiodidivisita del genitore non affidatario, la gestione del tempo libero, etc. Sono proprio tali aspetti, infatti, che ostacolano quasi sempre il percorso di separazione, diventando terreno di scontro fra i partners su questioni relazionali di fondo rimaste irrisolte. Il Modello Sistemico, prendendo in considerazione l’intero sistema familiare coinvolto, ha il vantaggio di aiutare il gruppo familiare a superare la fase critica del suo ciclo vitale ed a raggiungere, utilizzando le risorse presenti, un assetto relazionale più soddisfacente per i membri della famiglia. L’intervento viene effettuato con la coppia e, quando è necessario,conifigli»(719). L’esito positivo della mediazione familiare conduce alla separazione personale consensuale e all’affidamento condiviso da intendersi,difatto,piùcome esercizio congiunto o condiviso della responsabilità genitoriale (sharedparenting) che come affidamento congiunto (joint custody). In sostanza, la mediazione familiare si prefigge di aiutare la coppia in conflitto a riacquistare la padronanza delledecisionidaprendereal momento della riorganizzazione della propria vita, dopo che si è verificata la crisi coniugale, intervenendo sui problemi legati alle decisioni genitoriali con l’attivazione di un percorso di contenimento dello stato di conflitto, in modo da restituire pari dignità e responsabilità alle figure adulte, confermando l’uguaglianza e la corresponsabilità di entrambi.L’operatoreagisce, quindi, sul piano della relazione-comunicazione fra lefigureadulteall’internodi un modello preferibilmente sistemico. Alla mediazione possono ricorrerefamiglieincrisi,ma non necessariamente a rischio di separazione; ad essa si può giungere soprattutto per offrire alla coppia genitoriale un’opportunità di natura psicopedagogica tale da determinare, attraverso il progetto d’intenti, nuove e più chiare modalità di gestionedellarelazioneconi figli, assumendo consapevolmente il carico dellescelte:quelleche,nella situazionespecifica,risultino essere reciprocamente le più adeguate e sostenibili nell’esercizio della genitorialità anche in costanza di separazione e divorzio. La mediazione familiare, dunque, non è un rimedio assoluto, né una via a disposizione di tutti per affrontare separazione e divorzio. Alcuni contesti sembranopiùindicatidialtri perlamediazione. In primo luogo, appaiono contesti idonei quelli che presentanolivelliconflittuali moderati, in quanto è più semplice ottenere dalla coppia un accordo mutuamente soddisfacente. La mediazione non è inefficace nei casi di alto conflitto ma lo è certamente laddove essi siano esacerbati o cronicizzati così da fiaccare ogni prospettiva di accordo.Legamidisperantie paradossali (720) non consentono di superare la rabbiaediconsiderarefinita larelazione,mentrevengono prese in considerazione strategie subdole e pervasive diricattomoraleedaffettivo quando non anche materiali edeconomiche. In secondo luogo, la mediazione sembra conseguirepiùsuccessodove ci sono più “cose” da dividere. Al contrario, la scarsità di risorse farebbe diminuire le occasioni per giungere ad un accordo accettabile, spostando la lite sui figli (721). Spesso, le parti si presentano così inaspriteedamareggiate,che possono desiderare di punire l’ex partner, di sfogare la rabbia ovvero di ottenere delle concessioni speciali in cambio della chiusura della lite. In alcuni casi, le parti decidono di lasciar trascorrere del tempo per maturare anche psicologicamente il distacco e superare l’umiliazione ricevuta.Inaltrecircostanze, invece,lecoppienonsonoin grado di comunicare efficacementeeasufficienza le loro differenti posizioni e non riescono ad arrivare all’accordo,nonostantecheil mediatore possa aver tentato di insegnare loro modalità comunicativeefficaci(722). Pertanto,talepercorsonon èperseguibile: - in quei casi in cui un genitorecoviunastiointenso nei confronti dell’altro e utilizzi i figli come un’arma persoddisfareisuoidesideri di vendetta a meno che il mediatoreriescaadisolareil conflitto, separando l’area genitoriale da quella coniugale; - nei casi di estrema indigenzaoqualoracisiauna condizione economica angustaepersistente; - in presenza di una conclamata patologia psichiatrica da parte di un coniuge; - nei casi in cui le parti si presentano ormai così cronicizzate nel conflitto da precluderequalsiasitentativo dimediazione; - nei casi di violenza perdurante e/o conclamata (723). Esistono condizioni preliminari affinché l’intervento di mediazione possa essere introdotto allorquando sia stata già avviata la procedura legale. Condizioni rappresentate dal rispetto dei “provvedimenti temporanei ed urgenti” dettatiinsedepresidenzialee dalla rinuncia a creare situazioni strumentali al conflitto come, per esempio, ilricorsoalleperiziediparte o a certificazioni mediche pretestuose; viceversa, difficilmente l’operatore potrà prestarsi per una mediazione (724). In realtà, esiste un tempo ideale, sia pure non generalizzabile per tutti, per avviare la mediazione: un tempo, cioè, collocatoinunafaseprecoce della vicenda separativa, preferibilmente prima che siano state avviate le procedure legali, in presenza d’aree di contrasto ancora fluide e non radicalizzate. Tra l’altro, nei casi di sofferenzaindividualeancora moltoacuta,inaltreparolein presenza di un forte squilibrio nella coppia, è bene rimandare l’avvio della mediazione pur delineando un possibile percorso professionalmente alternativo; differire l’inizio del lavoro senza rinunciare ad un primo competente intervento,consentenonsolo una maggiore maturazione delle parti, ma permette al mediatore di prendersi il tempo necessario per comprenderelasituazioneed evitare, così, di soccombere nelcaosdellacontesa. 5 .La mediazione familiare comepraticaextragiudiziale La mediazione familiare nonèunaconsulenzatecnica per i giudici. Essa non si pone l’obiettivo di fornire a terzi giudicanti informazioni sui rapporti esistenti tra il minore e i genitori, sulle qualitàdeigenitoristessiper definire quale sia quello potenzialmente più idoneo (non produce diagnosi né psichiatriche né psicopatologiche, né r e l a z i o n a l isulle figure genitoriali), sugli elementi che incidono sulla vita quotidiana del minore (disfunzionali e non) e sui problemi relativi alla sua crescita e alla sua educazione. La mediazione familiare non deve sacrificare le parti, non può essere assunta in maniera aprioristica e non può essere imposta con provvedimenti giurisprudenziali. Pertanto, essa non può essere resa obbligatoria con l’invio coatto della coppia, né tanto meno può essere istituita presso le istituzioni giudiziarie come una prassi peritale; ciò facendo, si correrebbe il rischio di un ritorno ansiogeno e intrusivo oltrechevanificante.Leparti in conflitto, fra l’altro, potrebbero non volere giungere ad un accordo e desiderare, invece, di rimettersi ai provvedimenti del giudice, ciascuna rappresentando il proprio legittimo convincimento ed interesse. Tutto questo impone al magistrato l’obbligo professionale e deontologico di possedere conoscenze generali nel settore delle scienze del comportamento e dell’educazione che gli consentirebberol’eserciziodi quella discrezionalità e terzietà senza le quali la pratica del buon senso si trasforma nell’assunzione di provvedimenti poveri dal punto di vista psicopedagogico, cioè dell’interesse del minore, e l’affermarsidiunapedagogia c(o)attiva all’interno delle auledeltribunale. Se «il divorzio non è un atto d’egoismo, né una vergogna sociale; è un rimedio necessario ad un matrimonio sbagliato o esaurito, in alternativa alla simulazione e al gelo affettivo. Non è una sconfitta, né un fallimento, né la devastazione; è un progetto nuovo che mette in gioco forze e debolezze nel segnodellasincerità,anchea favore dei figli per educarli alla vita e ai cambiamenti, quando sono necessari» (725), allora occorre porsi nell’ottica di aiutare la coppiaaricercarelemodalità con le quali risolvere i conflitti senza “sanitarizzare” l’aiuto e senza rendere patologico ciò che attiene alla fisiologia delle relazioni umane. È necessario considerare la separazione come una tappa all’interno dei processi più generali del ciclo di vita del sistemafamiliare.Infatti,per quanto questa fase possa essere conflittuale e/o ansiogena, ogni individuo possiede in sé risorse e capacità di recupero per contenerlaesuperarla. Il divorzio non è neanche un problema relativo solamenteallepersonechelo vivono con sofferenza e difficoltà, ma è fondamentalmente un problema sociale. Separazione e divorzio, infatti, producono effetti a lungo termine che si ripercuotono sui vari sistemi interagenti e sulle future generazioni ed è in questo sensochepuòesseredefinito unproblemasociale(726). 6 .Il posto dei figli nella mediazionefamiliare. La pratica della mediazione più diffusa in Italia è tendenzialmente di tipo“parziale”.Ciòvuoldire che il mediatore non interviene né sul piano legale, né su quello psicoterapeutico e che il suo scopoèdiadoprarsiaffinché igenitorimantenganoilloro ruologenitorialeenonusino ifigliinmodostrumentaleai rispettiviinteressi I genitori, con l’aiuto del professionista,sonoinvitatia trovare la soluzione più idonea ai loro problemi, in modo da evitare possibili ulterioridisagiaifigliminori in un momento già di per sé delicato e difficile del loro ciclovitale,conlaperditadel nucleo familiare stabilmente costituito e con il carico di ansia che ciò può comportare. Lamediazionefamiliaresi afferma e si rileva efficace perché, al di là della pur importantissima tecnica, offre ai genitori un contesto complessivo di elaborazione, in buona parte spontanea della crisi separativa, che ne favorisce il superamento in senso trasformativo e progettuale. Gli stessi genitori, ricevendo un aiuto specialistico, centrato sui principi e sulla tecnica della negoziazioneragionata(727), sono sostenuti nella formulazione, in prima persona,diunprogrammadi separazione che soddisfi le esigenze fondamentali dei bambini e degliadulti stessi (728). «Il minore è certamente la parte più debole... ma il disporsi all’interno del dissidio coniugale dal suo punto di vista può condurre ad una presa di distanza dalle cocenti vicende della coppia in crisi. Intervenire in suo nome può significare l’elusione degli elementi attivi scatenanti del dissidio finoalasciarequestiirrisolti e potenzialmente attivi in ogni momento futuro. Per agire, dunque, in nome dei minori, per andare incontro ai lori interessi indifesi, occorre agire in prima istanza in favore della coppia. Per aiutare i figli vanno innanzi tutto aiutati i lori genitori» (729). In tale ottica, il compito del mediatore è quello di assumere temporaneamente, senzasottrarlaallarelazione, la rappresentanza del bambino;eglideveassumere ilsuopuntodivistamasenza identificarvisi, deve «...portare in primo piano i suoi bisogni e le sue domande vincendo la tentazionedifornireanchele risposte, identificandosi così... con una sorta di super genitore perfetto, deve reggere la frustrazione di essere un testimone, se pur attivo e se necessario molto direttivo quanto alle regole del gioco, di un percorso altrui, un percorso che egli può solo aiutare a ritagliare, ma può e deve prescrivere, deve... mettersi al servizio dellecoppiedigenitorichesi trova di fronte, calibrandosi di volta in volta in funzione di quella mamma, di quel papà, e delle loro risorse affettive, culturali e relazionali, sapendo che la più brillante delle soluzioni nonvalenullaalconfrontodi quelpocoodiqueltantoche, con il suo aiuto, questi sapranno produrre autonomamente e quindi realisticamente rispettare a vantaggio dei loro figli» (730). Ci si potrebbe chiedere in quale modo sia possibile richiamare costantemente l’attenzione dei genitori sui bisogni dei loro figli, pur senza che questi siano presenti nel setting della mediazione. In effetti, lavorando con i genitori si puòinvitarliaparlarealungo dei bambini, del loro carattere,delleloroabitudini, chiedendogli di mostrare le lorofotografie. In tal modo, attraverso la presentazione dei bambini, il mediatore ha modo di lavorare sulla rappresentazione affettiva individuale e di coppia che i genitori hanno di loro. È, infatti, su quella presentazione che si gioca la relazionetraqueibambiniei lorogenitori,edèsempresu quella che il mediatore insieme con i genitori deve operare in una prospettiva di più ampio respiro progettuale. È vero, dunque, che nei “colloqui di mediazione familiare i bambini sono presenti dall’inizio alla fine, ma sempre nella mediazione affettiva dei loro genitori” (731). Generalmente i figli sono esclusi dagli incontri di mediazione, soprattutto se in età di prima e seconda infanzia. C’è, pero, chi sostiene che sia utile coinvolgere i bambini negli incontri in modo da modificare le interazioni all’interno del sistema familiare. In ogni modo, il problemadelcoinvolgimento o meno del minore rimane una questione aperta; la scelta migliore, probabilmente,rimanequella dellavalutazionedelcasoper caso. Forse, nell’età in cui discrezionalmente il minore può essere ascoltato dal magistratodellaseparazione, il mediatore può, col consenso delle parti, introdurlo nel percorso di mediazione limitatamente agliaspetticheloriguardano da vicino (732). È, altresì, notocheleRaccomandazioni europee (733) sostengono da tempo che i figli minori debbano essere ascoltati quandositrattadeiproblemi che li riguardano da vicino, sicché alcuni autori e scuole dimediazione,partendodalla consapevolezza che assai spesso i genitori non sono capaci di separare i loro bisogni da quelli della loro prole e che la maggior parte delle coppie che richiedono la mediazione non riescono ad accordarsi sulle necessità dei figli, ritengono che sia sempre utile introdurre i minori nelle sedute durante lequalisiragionasullescelte che li riguardano. È chiaro che non sarà loro chiesto di esprimere giudizi di valore sui genitori, ma giudizi di fatto con la ricostruzione, quando possibile, del loro personale modo di vivere la situazione. I figli, in tal modo, sono posti nella condizione di raccontare che cosa li lega a ciascuno dei due genitori, i problemi che individuano in ciascun nucleo mono-parentale, gli aspetti positivi della partecipazioneaciascunodei due nuclei, aiutando i genitori a prendere decisioni equilibrate. L’introduzione dei minori nel percorso potrebbe servire ai genitori da stimolo per il raggiungimento di un accordofavorevoleaciascun componente la famiglia e, nellostessotempo,aiutareil mediatoreamantenerefermo l’obiettivo della tutela dell’interesse del minore. Inoltre, il mediatore, tramite la relazione diretta con il bambino, potrebbe più facilmente richiamare l’attenzione dei genitori sui bisogni specifici del figlio, piuttosto che limitarsi agli aspetti globali e generali dei bisognidituttiibambiniche si trovano ad affrontare la realtàdeldivorzio,cosìcome descrittiinletteratura. In due casi potrebbe non esserenecessariointrodurrei minorinelpercorso: - quando i genitori descrivono in modo similare i bisogni dei loro figli ed hanno idee concordanti sul tipo di sistemazione a loro piùcongeniale; - quando i bambini abbiano meno di tre anni. Questo perché bambini così piccoli non sono in grado di sostenere una conversazione sui “livelli” delle persone adulte. D’altra parte, è noto che esistono modalità specifiche, protettive, atte a permettere aibambinidipartecipareagli incontri di mediazione ed evitare che essi possano percepirsi e convincersi d’essere una parte non significativa delle decisioni genitoriali. Secondo alcuni studiosi «...si fa violenza al minorequandoglisitoglieil dirittodiparolaecisirifiuta di ascoltarlo»; in effetti «...esistono molti modi indirettidisaperecosaprova, cosa pensa e cosa vuole il minore e per realizzare così davvero quel famoso interesse del minore tanto spesso sbandierato e tanto pocorispettato»(734). Nella pratica delle separazioni e dei divorzi accade sovente che la voce dei figli rimanga inascoltata e non di rado accade che il figlio siaaffidato a genitore diverso da quello atteso (735). Dovrebbe, quindi, essere compito dei genitori, che decidono di separarsi, aiutare i figli a superare il difficile momento della separazione, per evitare loro di vivere sentimenti di abbandono e angoscia. In sostanza, il destino di un bambino che vive la separazione dei genitori dovrebbe essere posto più nellemanideigenitoristessi che non deciso nelle aule di tribunale. I genitori non vanno mai deresponsabilizzati, bensì aiutati a mantenere le loro competenze o quella che viene più spesso definita come la “responsabilità genitoriale”. Proprio per questomotivo,nonècorretto attribuire al minore la responsabilità di esprimere giudizi sui genitori e decidere con chi stare: sarebbe un carico assolutamente intollerabile. Occorre, invece, ascoltare i suoi bisogni e lavorare con i genitori in modo tale che la prole possa godere dei benefici della bigenitorialità e non vederla ristretta nelle tristi e affatto pedagogiche alchimiedeldirittodivisita. 7 .Caratteristiche percorsodimediazione. del La mediazione è una pratica volontaria, condotta al di fuori delle istituzioni giudiziarie,chehaunsuoben definito setting e garanzie di segretezzaconcaratteristiche teoriche, deontologiche e procedurali alle quali fanno riferimento coloro che si riconducono direttamente o in via di principio alla Carta Europea dei Mediatori che operano nei casi di separazione e divorzio e alle Direttive europee (infra, n.38). Il modello che in questa sedevienedelineatoébasato essenzialmente su un percorso definito di conciliazione così come descritto dal Rapporto Finer. Secondo il Rapporto, la conciliazione consiste nell’ “aiutarelepartiadaffrontare le conseguenze della crisi ormai definitiva del loro matrimonio, sia che questa porti a un divorzio o a una separazione, raggiungendo accordi, dando consensi o riducendo l’entità del conflitto sull’affidamento, gli alimenti, l’accesso e l’educazione deifigli, e su tutte le questioni che richiedono decisioni per come organizzarsi in futuro” (736). Questa proposta enfatizza una visione costruttiva del conflitto, la fiducia nelle capacità dei genitori di assumeredecisioni;distingue nettamente un modello terapeutico da quello mediativo ed infine è orientato verso un approccio di empowerment (737). “La conciliazione, per definizione,devecoinvolgere ambedue i coniugi, con il consenso di entrambi, e vi possonoprendereparteanche i figli e altri membri della famiglia. I conciliatori incoraggiano i genitori a prendereinsiemeledecisioni per il futuro, decisioni che solitamente hanno conseguenze legali, oltre che sociali ed emozionali, per la famiglia nel suo complesso. Il counseling in fase di divorzio, invece, interessa spessounsoloconiuge,offre aiutopersuperareildoloree le difficoltà dell’adattamento, e generalmentenonharapporti con il processo legale del divorzio. Di norma i conciliatorinonanalizzanole percezioni, i sentimenti e i trascorsiquantoicounseloro i terapeuti, poiché la conciliazioneècaratterizzata dalla brevità, dall’intensità e dalladifficoltàdiequilibrare i contrasti di percezione e di bisogni degli interessati. Per quanto limitata nel tempo e nell’oggetto, essa può tuttavia influenzare l’interazione familiare a un livello più profondo, permettendo ai genitori di ascoltarsi a vicenda, aiutandoli a concentrarsi sui sentimenti dei figli” (738). Sta di fatto che “nella conciliazione e nella mediazione vengono usate varieformedicollaborazione (co-working), e molti di questi modelli sono influenzati da concetti e metodi mutuati dalla terapia familiare.Alcunisibasanoin larga misura su un particolare modello terapeutico, come la terapia sistemica familiare, mentre altriincorporanounaseriedi ideeetecnichetrattedafonti diverse. Pur riconoscendo il valore di questi prestiti, è importante accertare fino a che punto certi metodi di lavoro possano essere trasferiti da un processo (la terapia) ad un altro (la conciliazione) senza confondere ruoli e obiettivi” (739). Si tratta, cioè, di distinguere, non di sovrapporre o confondere gli ambiti di pertinenza delle diverse professioni pur ammettendol’usoditecniche comuni. Comesiègiàaccennatoin precedenza,nell’ambitodella metodologia d’intervento è possibile distinguere due linee di orientamento; quella di chi opta per un percorso mediativoparzialeequelladi chi preferisce una mediazioneglobale. Il percorso definito parziale si occupa dell’organizzazione delle relazionifamiliariperquanto attiene all’esercizio della genitorialità nella separazione e nel divorzio e si propone le seguenti finalità: 1.- offrire ai genitori un contesto strutturato in cui il mediatore possa sostenere i genitori nella gestione del conflitto a vantaggio della capacità di negoziare gli accordi; 2.-favorireigenitorinella ricerca delle soluzioni più adatte alla specificità della loro situazione e dei loro problemi per tutti quegli aspetti che riguardano la relazione affettiva ed educativaconifigli. Gli obiettivi di tale percorso sono da ricondurre aiseguenti: a.- continuità dei legami genitoriali per il mantenimento di stabili e significativi rapporti del figlio con entrambi i genitori; b.- responsabilità condivisa nelle decisioni da prendereriguardoaifigli; c.- equilibrio tra diritti e doveri dei genitori verso i figli; d.- comunicazione tra i genitoriperportareavantiun progettoeducativocondiviso; e.- collaborazione dei genitori nella “gestione” dei figli; f.- clima di fiducia per mantenere un adeguato livello di stima reciproca tra igenitori. L’orientamento volto alla mediazione globale, invece, si prende carico di tutti gli aspetti della separazione e del divorzio, da quelli patrimoniali (mantenimento dei figli e alimenti al coniuge, suddivisione dei beni, etc...) a quelli connessi all’esercizio della genitorialità(affidamentodei figli, regime delle visite, etc...).Questoorientamentoè piuttosto recente, data dalla seconda metà degli anni Ottanta e vede l’evolversi della co-mediazione interdisciplinare in cui più esperti fanno équipe con il mediatore. Nel percorso di Mediazionefamiliareglobale si ritiene importante esplorare la via percorsa dai coniugi e dai loro figli nel periodocomprendentelavita comune prima e la vita separata poi, per poter anticipare in quale misura le parti desidereranno prendere accordi in merito alla futura riorganizzazione,eperessere preparati ai metodi e ai terminicheessitenterannodi adottare prima della formalizzazione delle disposizionipattuite(740). Compito iniziale del mediatoreèquellodiaiutare i genitori a ricostruire un gomitolo ordinato dalla massa informe e sfilacciata costituita dal groviglio delle accuse reciproche, ponendo leregoledelsetting.Ilpasso successivo consiste nel far recuperare ai genitori la completa autonomia nei confronti di qualsiasi intervento di disturbo dell’accordo parentale. È, quindi, importante escludere dalla scena tutti coloro i quali potrebbero avere un interesse soggettivo e/o oggettivoallaprosecuzioneo all’aggravamento del conflitto. La mediazione svolgendosi solo con i genitoripuntaadattivarnele risorse affinché essi stessi sianoiveriprotagonistidella vicenda separativa: quando chi è presente è in realtà un inviatodiqualcunaltroenon può decidere in proprio, la mediazione non ha gambe per camminare. La mediazione si avvia, quindi, proprio dalla contrapposizione iniziale dei rispettivi punti di partenza delle parti in causa e dalla loro necessità di affermarsi ammettendo il conflitto, ma superando la contrapposizionefrontaleche deriva dalla negazione dell’altro. Ciascuna delle parti, infatti, di fronte alla contrapposizione non può restare indifferente, ma è costretta a prendere posizione e a collocare la comunicazione nell’ambito della conflittualità. Nel setting della mediazione nessuno ha le chiavi di risoluzione, tutti hanno la necessità di trarre dall’esperienza di vita materialicognitivi,affettivie simbolici quali indicatori d’usodellacomprensionedei fatti, valorizzando quel contesto relazionale e comunicativo marcato dalla conflittualità ma anche dalla cooperazione,incuihaluogo l’apprendimentoperlavita. Nelle prime fasi della mediazionevieneesploratoil problema, vengono prospettate modalità d’aiuto e viene chiesto a ciascuna parte in quale modo si attiverà per risolverlo. A volte l’approfondimento può partire da un accordo di massimagiàrealizzatoconil comune legale o attraverso quelli di parte. In questo caso, l’operatore attinge dal testo redatto gli ulteriori elementi sui quali le parti hanno già espresso le loro posizioni, i limiti posti da essi alla flessibilità dell’accordo e ai margini di manovrabilità. Il consenso alla mediazione costituisce un atto sostanziale e non formale di impegno, il cui rispetto ha una forte rilevanza etica per la coppia ed è condizione per la mediazione. La coppia, infatti, viene licenziata quando non si adegua al metodo di lavoro proposto o quando, per un qualsiasi motivo, non risulta possibile raggiungere un accordo sia pure minimale. Sempre in questa fase, il mediatore dovrà raccogliere le informazioni necessarie a costruire una piattaforma su cui elaborare insieme con la coppia un accordo stabile e duraturo. L’operatore può trovarsi nella condizione di dover sostenere, incoraggiare, rinforzare quegli aspetti di autostima della coppia che costituiscono la condizione necessaria per giungere all’accordo. Inizialmente, raccogliere informazioni dettagliate sul matrimonio, sulle rispettive famiglie d’origine può risultare dispersivo o peggio essere percepito dalla coppia genitoriale come un’intromissione. “Troppa attenzione alle aree problematiche personali, o della coppia coniugale, rischia di frenare o insabbiare la mediazione. Soprattutto nei colloqui iniziali c’è il rischio, per l’operatore, di lasciarsi soffocare dalla confusione e dalla depressione legate alla storia dei coniugi, facendosi irretirenegliaspettiirrigiditi della relazione; inoltre, dare troppo spazio ad elementi che esulano dal contesto attuale può sbilanciare la comunicazione sul versante della valutazione ed incoraggiare la delega. È sempre presente, specialmente all’inizio del lavoro, questa contrapposizione tra l’occuparsi deltutto e l’occuparsi delsolo” (741). Lo sforzo più grande che l’operatore deve compiere consiste nell’oscillazione consapevole tra due differenti, anche se non inconciliabili, posizioni; egli deve, da una parte, garantire l’ascoltoempatico,ilsilenzio paziente che garantisce accoglimentoecontenimento alle reciproche rappresentazioni negative ma,nellostessotempo,deve anche stanare e valorizzare tutto il buono o il bonificabile che emerge dai genitori, aiutandoli a progettareperilfuturo. Tuttalafasecentraledella mediazione, invece, è incentrata sulle modalità tramite le quali è possibile approdare ad un accordo concreto per la risoluzione o gestione dei problemi. In questa fase, è opportuno potenziare la capacità comunicativa dei genitori, inoltre, potrebbe essere utile sintetizzare ciò che si è raggiunto nel corso dei precedenti incontri, in modo tale da verificare quanto di concretosivacostruendoper i figli. L’operatore deve sforzarsi di far emergere le soluzioni, riformularle e restituirle in modo chiaro, inequivocabile e lineare, perchésoltantocosìlacoppia èingradodiprevederequelle che saranno le conseguenze delle scelte e, quindi, valutare quelle più adeguate. Queste scelte, inoltre, dovranno essere vissute dai partner della coppia come autonome e personali e, dunque, meritevoli di essere realizzate con coerenza e responsabilità nell’interesse dei figli. L’operatore, dal canto suo, dovrà cercare di comprendere le modalità positive con le quali le parti pensanodiaderireaitermini dell’accordo e, nello stesso tempo, incoraggiarlo e sostenerlo. È a questo punto del percorso che viene messa in attolanegoziazione.Tramite i colloqui, l’operatore dovrebbe essersi fatto un’ideaabbastanzaprecisadi ciòchelacoppiahainmente, cosa spera di ottenere e cosa si aspetta dall’intervento del mediatore. I genitori, infatti, giungono al colloquio con delleaspettativechesperadi vedere soddisfatte. Esse non sono altro che il frutto del suo modo personale, ambientale e culturale di concepire la conflittualità coniugale e delle modalità piùadeguateperrisolverla. Strategia del mediatore è anche quella di far emergere la conflittualità per lavorare sudiessaeaiutarelacoppia a comprendere che non è funzionalealraggiungimento degli accordi. La negoziazione, ovvero il confronto, su di un piano paritario tra il punto di vista della coppia e quello dell’operatore, offre la base per la realizzazione di una relazione autenticamente mediatrice; in tal modo, la coppia può esplicitare quello che spera di ottenere e l’operatore quello che pensa di poterle offrire; solo attraversol’incontrodiquesti modi di vedere è possibile realizzareun’areacomunein cui le divergenze possano convergere e l’operatore possa ottenere la collaborazione delle parti senza assumerenei suoi confronti un atteggiamento impositivo, paternalistico o delegittimante la comune responsabilitàgenitoriale. Ilfulcro,quindi,dituttoil percorso sta nella relazione tra l’operatore e la coppia genitoriale. È necessario pensare a questa relazione come ad uno spazio in cui possa realizzarsi il distacco; se, infatti, continuano ad esistere aree di fusione, ovvero se i coniugi continuano ad avere vita ciascunodentrol’altro,nonè possibile individuare lo spazio della differenziazione e della negoziazione onde poterraggiungereilconsenso fraleparti. Lanegoziazioneragionata, quale strategia per pervenire al consenso reciproco, costituisce - tra l’altro - un riparo contro il rischio rappresentato dal fatto che l’operatore stesso possa identificarsi con le problematiche della coppia fino al punto di vedersi annullato nel conflitto e privatodiquelrequisitodella terzietà, del quale come mediatore non può fare a meno. 8.Conclusioni. Si può ritenere che la mediazione offre uno spazio euntempoperriconoscereil conflitto in atto, permette la manifestazione delle emozioni legate all’hic et nunc delle situazioni, ma anche al tempo passato prossimo dei sentimenti che sono all’origine della crisi; offre un diritto di cittadinanza alla discussione eallanegoziazioneragionata, restituisce potere a tutte le parti aventi causa nella ricercadellesoluzioni. Lamediazionecomincialà dove non resta, apparentemente, alcuna via d’uscita al conflitto. Essa s’inscrive in un processo millenarioattraversoilquale l’uomohadasemprecercato di conoscere se stesso e di risolvere le contraddizioni personali e di relazione. Permette di ritrovare il presente allorquando ogni conflitto non è che la reiterazione del passato e di guardare al futuro, quando il presente non consente di accettare il cambiamento in atto. Il percorso della mediazione fa emergere l’autoresponsabilizzazione di ognuno e, quindi, la capacità e la necessità di autogestirsi dasoli.Ilmediatorenonèun giudice, un consigliere, un arbitro, un terapeuta, ma un catalizzatore di risorse; egli pratica la dialettica; facilita nei soggetti, attraverso una nuova conoscenza di sé, la consapevolezza di essere in grado di trovare la propria strada in compagnia degli altri. La mediazione, pur non essendo un intervento prioritariamente pedagogico, offre uno spazio riflessivo autoeducativo attraverso il quale il mediatore trasmette allepartiinconflittociòche ha appreso per se stesso nel corso della sua formazione (742). Molti studi sostengono la positività del percorso di mediazione familiare che, spesso, coincide proprio con la scelta dell’affidamento congiunto o condiviso dei figli e garantisce, anche prescindendo dal tipo d’affidamento, una maggiore partecipazione e responsabilizzazione di entrambiigenitori. All’interno del quadro delineato è, però, importante definire i confini dell’intervento dei diversi operatori impegnati nel processo di separazione e di riorganizzazione della famiglia, dal momento che tuttiiprofessionisticoinvolti ritengono di fare già un lavoro di mediazione. La specificità del ruolo e della funzione del mediatore, le cui competenze sono trasversali a più aree disciplinari, merita una riflessione sempre più approfondita, perché consente realmente ai genitori di ritrovarsi “sufficientementebuoni”edi comunicare fra di loro garantendo ai figli quell’autorevolezza, stima e rispettoreciprococheilruolo genitoriale comporta e che i figlisiattendono. INDICEALFABETICOANALITICO A Accordialatere,cap.IV,§3. Affidamentocondiviso,cap.I,§ 5,cap.II,§1,cap.VI,§6,cap. XI,§1,cap.XI,§2,cap.XII,§ 3. Alimenti,cap.I,§1,cap.III,§2, cap.XI,§4,cap.XVI,§2. Art.12sexies,l.898/70,cap.XIV, §10. Art.143c.c.,cap.I,§3,cap.III,§ 1,cap.IV,§2. Art.144c.c.,cap.I,§§2-3,cap. IV,§2. Art.147c.c.,cap.I,§5,cap.VI,§ 4.6,cap.XI,§1,cap.XII,§1.1. Art.148c.c.,cap.I,§5,cap.XI, §§4-10. Art.155c.c.,cap.I,§5,cap.II,§ 6,cap.X,§6.1,cap.XI,§§1,2, 3,7,8,11,cap.XII,§1,1.3,2. Art.156c.c.,cap.III,§§1e8, cap.IV,§§1,2e3,cap.VI,§1. Art.160c.c.,cap.I,§5,cap.V,§ 3 Art.183c.p.c.,cap.III,§3. Art.261c.c.,cap.I,§5,cap.VI,§ 4.6,cap.XI,§1. Art.30Cost.,cap.I,§5,cap.XI,§ 1.4. Art.317-bisc.c.,cap.XI,§1. Art.706c.p.c.,cap.III,§3,cap. VI,§5. Art.570c.p.,cap.XIV,§1. Art.652c.p.p.,cap.XIV,§7. Art.708c.p.c.,cap.III,§3,4,6, cap.VI,§9,cap.XIII,§9. Art.709ter,comma2,c.p.c.,cap. XI,§11. Art.5,comma6,l.898/70,cap. IV,§2,cap.V,§1,cap.VI,§ 4.3,cap.VII,§1,cap.VIII,§3, cap.X,§3,5,8.1. Assegno -Funzioneperequativa,cap.I,§ 5,cap.IV,§3. Assegnodidivorzio,cap.VII,§§ 1-7,cap.VIII,§§1-4,cap.IX, §§1-11. -Adeguamentoautomatico,cap. VI,§8,cap.VII,§§1e7,cap. IX,§9,cap.XII,§5. -Aspettativeereditarie,cap.X,§ 3. -Assegnazionecasaconiugale, rilevanza,cap.X,§6.1. -Attribuzione,criteri,cap.VIII, §3. -Cespitiereditari,cap.X,§3. -Corresponsioneperiodica,cap. X,§8.1. -Corresponsioneunatantum, cap.X,§8.2. -Criteridideterminazione,cap. VIII,§3. -Decorrenza,cap.X,§9.1. -Deducibilità,cap.X,§8.2. -Disponibilitàdeldiritto,cap. VIII,§4. -Domandadiparte,cap.VII,§2. -Estinzione,cap.X,§11. -Modalitàdicorresponsione, cap.IX,§8. -Natura,cap.VIII,§1. -Naturaassistenziale,cap.VII,§ 1,cap.VIII,§1. -Prescrizione,cap.X,§9.1. -Presupposti,cap.VIII,§2. -Presupposti,adeguatezzadei mezzi,cap.X,§2. -Presupposti,impossibilitàdi procurarsiadeguatimezzi,cap. X,§2. -Quantificazione,cap.X,§5. -Quantificazione,assegnazione casaconiugale,cap.X,§6.1. -Quantificazione,contributo personaleedeconomico,cap.X, §5.3. -Quantificazione,convivenza moreuxorio,cap.X,§6.2. -Quantificazione,duratadel matrimonio,cap.X,§5.4. -Quantificazione,fattoridi moderazione,cap.X,§1e3. -Quantificazione,ragionidella decisione,cap.X,§5.2. -Revisione,cap.X,§10. -Revisione,giustificatimotivi, cap.X,§10. -Revoca,cap.X,§11. -Rinunciabilità,cap.IX,§4. -Tenoredivita,cap.X,§3. -Tutela,garanziarealeo personale,cap.VII,§6.1. -Tutela,sequestroexart.8, comma7,l.div.,cap.VII,§6.4. -Tutela,versamentodirettoda partedelterzo,cap.VII,§6.3. -Valutazioneequitàunatantum, cap.X,§8.2. Assegnodimantenimentodel coniuge,cap.III,§1. -Accertamentoredditi,cap.VI,§ 5e6. -Adeguamentoautomatico,cap. VI,§8.2. -Assegnazionecasaconiugale, rilevanza,cap.VI,§4.1. -Attitudineallavoro,cap.VI,§ 4.3. -Attivitàlavorativa,modifica, cap.VI,§4.7. -Decorrenza,cap.VI,§8.1. -Definizioneunatantum,cap. IV,§3. -Domandadiparte,cap.III,§3. -Funzioneperequativa,cap.IV, §2. -Funzioneperequativa, -bilanciamentosituazione coniugi,cap.VI,§4.7. -Funzionesolidaristica,cap.V,§ 1. -Modalitàdicorresponsione, cap.VI,§7. -Modifica,sopravvenienze reddituali,cap.VI,§4.7e4.8. -Natura,cap.III,§1. -Prescrizione,cap.III,§6. Presupposti,cap.VI,§1. Presupposti,disparità economica,cap.VI,§2. -Presupposti,nonaddebitabilità dellaseparazione,cap.VI,§1. -Presupposti,mancanzadi adeguatiredditi,cap.VI,§1. -Quantificazione,cap.VI,§3. -Quantificazione,criteri aritmetici,cap.VI,§3. -Quantificazione,elargizionida familiari,cap.VI,§4.2. -Revocaemodifica,cap.VI,§9. -Tenoredivita,cap.VI,§5. -Tutela,garanziarealeo personale,cap.III,§7. -Tutela,ordinedirettoaiterzi, cap.III,§9. -Tutela,sequestroexart.156, comma6,c.c.,cap.III,§8. Assegnodimantenimentoperi figli,cap.XI,§1. -Accorditraigenitori,cap.XI,§ 8. -Adeguamentoautomatico,cap. XII,§5. -Assegnoperiodico,cap.XI,§2. -Competenzadelgiudice,cap. XI,§6. -Decorrenza,cap.XI,§4. -Dirittoindisponibile,cap.XI,§ 1. -Efficaciaesecutivadei provvedimenti,cap.XI,§9. -Figlimaggiorenninon autonomi,cap.XI,§4. -Figlimaggiorenni,cessazione dell’obbligo,cap.XII,§8. -Figlimaggiorenni, indipendenzaeconomica,cap. XI,§4. -Figlimaggiorenni, legittimazioneattiva,cap.XI,§ 5. -Figlimaggiorenni,limiti temporali,cap.XI,§4. -Inadempimento,misure,cap. XI,§11. -Misureatuteladell’assegno, cap.XI,§12. -Modalitàdicorresponsione, cap.XII,§4. -Poterid’ufficiodelgiudice, cap.XI,§7. -Prescrizione,cap.XI,§11. -Quantificazione,cap.XII,§1. -Quantificazione,esigenze attualideifigli,cap.XII,§1.1. -Quantificazione,risorsedei genitori,cap.XII,§1.4. -Quantificazione,tempidi permanenza,cap.XII,§1.3. -Quantificazione,tenoredivita, cap.XII,§1.2. -Quantificazione,valoredella curaedeicompitidomestici, cap.XII,§1.5. -Revisione,cap.XII,§1.7. Azionecivileinsedepenale,cap. XIV,§7. Autonomianegozialedeiconiugi, cap.IV,§3,cap.VIII,§4. B Benegiuridicoprotetto,cap.XIV, §1. Bigenitorialità,cap.XVI,§2. C Capacitàdilavoro,cap.I,§3, cap.IV,§2,cap.V,§1,cap.VI §4.3,cap.VIII,§2,cap.IX,§ 3,cap.XI,§1,cap.XII,§1. Cespitipatrimoniali,cap.XI,§1e 2,cap.X,§2. Circostanze,cap.VI,§4,cap.X, §6. Condizionideiconiugi,cap.X,§ 5.1. Conflittualitàtraigenitori,cap. XI,§3,cap.XVI,§2e7. Consensoallamediazione,cap. XVI,§6. Convivenzamoreuxorio,cap.VI, §4.5,cap.X,§6.2. Co-working,cap.XVI,§6.Comediazione,cap.XVI,§6. Curadeifigli,cap.VI,§4.3,cap. X,§5.3,cap.XII,§1. D Delitticontrolafamiglia,cap. XIV,§1. Dichiarazionedifallimento,cap. XIV,§5. Dichiarazionideiredditi,cap.VI, §4.8,cap.X,§7,cap.XII,§2, cap.XIII,§6. Discendentimaggiorenni,cap. XIV,§6. Diversion,cap.XVI,§2. Divorziocongiunto,cap.VII,§7. Divorzio,procedimento, -Contenutoprovvedimenti presidenziali,cap.VII,§4. -Esecutivitàprovvedimenti,cap. VII,§5. -Naturaprovvedimenti presidenziali,cap.VII,§4. -Pendenzagiudiziomodifica condizioniseparazione,cap. VII,§3. Prova,mancanzadi,cap.VII,§ 4. Prova,oneredella,cap.XI,§7. Reclamo,cap.III,§5,cap.VI,§ 5. Dologenerico,cap.XIV,§5. Duratadelmatrimonio,cap.VI,§ 4.4,cap.X,§5.4,cap.XIII,§4. E Eguaglianza,cap.I,§2e3. Elementopsicologico,cap.XIV,§ 5. Equità,cap.I,§6,cap.VIII,§4, cap.X,§8.2,cap.XII,§1. F Fattoridiconsenso,cap.XVI,§1. Figli -Mantenimentodiretto,cap.XI, §3. -Mantenimento,forme alternativeeintegrative,cap. XII,§4. -Mantenimento,inadempimento, misuresanzionatorie,cap.XI,§ 11. -Mantenimento,spese scolastiche,cap.XI,§3,cap. XII,§3. -Mantenimento,spese straordinarie,cap.XII,§3. -Sviluppodellapersonalità,cap. XI,§1e11. Frazionamentodell’interesse protetto,cap.XIV,§1. I ICI,cap.XV,§6. IMU,cap.XV,§6. Incapacitàeconomica,cap.XIV, §5. Indaginipatrimoniali,cap.VI,§ 5,cap.X,§7,cap.XII,§2. Ipotecagiudiziale,cap.III,§10, cap.VII,§6.2. IRPEF,cap.X,§8.2;XV,§2,6. J Jointcustody,cap.XVI,§3. L Lavorocasalingo,cap.I,§3e6, cap.IV,§2,cap.XIII,§2. Legittimazionedelcuratore,cap. XIV,§8. Legittimazione,cap.XI,§5,cap. XIV,§7. Logicadelconflitto,cap.XVI,§ 2. M Mantenimento -Dirittoal,cap.I,§1,cap.III,§ 1e3,cap.V,§1,cap.VI,§1, cap.VII,§1,cap.XI,§4e5. -Perditadeldiritto,cap.V,§3. -Rinunziaal,cap.IV,§3. Mediazionefamiliare,cap.XVI,§ 1ss. Mediazione,cap.II,§2. Mezzidisussistenza,cap.XIV,§ 2. Minore–personaoffesa,cap. XIV,§8. Modellosistemico,cap.XVI,§4. N Nascitafiglinaturali,cap.VI,§ 4.6,cap.X,§5.1. Naturaplurioffensiva,cap.XIV,§ 1. O Obbligazionealimentare,cap. XIV,§2. Obbligoalimentarecap.XI,§1, cap.XIV,§2. Omessacorresponsione dell’assegno,cap.XIV,§10. Omissionedell’obbligato,cap. XIV,§9. P Parità,cap.I,§2. Partecivile,cap.XIV,§6. Patrimonio,cap.I,§1,cap.V,§2, cap.VI,§1e2,cap.VII,§1, cap.X,§5.3. Permanenza,cap.XIV,§9. Personaoffesa,cap.XIV,§6. PoliziaTributaria,cap.VI,§6, cap.XII,§2. Potenzialitàeconomiche,cap.IV, §2,cap.V,§2,cap.V,§1,cap. X,§3. Potestà,cap.I,§1e5,cap.XI,§ 1,6e11,cap.XII,§3,cap. XVI,§3. PrenuptialAgreements,cap.I,§ 6. Prescrizione,cap.XIV,§9. Pretesarisarcitoria,cap.XIV,§7. Procedibilitàd’ufficio,cap.XIV, §10. Proporzionalità,principiodi,cap. VI,§3,cap.XI,§2,3e8,cap. XII,§1. R Ragionidellamediazione,cap. XVI,§2. Reatoaformavincolata,cap. XIV,§1. Reddito,cap.III,§1,cap.IV,§3, cap.V,§2,cap.VI,§1e2,cap. VIII,§3,cap.X,§5.1. Responsabilitàgenitoriale,cap. XI,§1e2,cap.XVI,§2. -Funzione(munus),cap.I,§5, cap.XI,§1. Riorganizzazionedella quotidianità,cap.XVI,§1. S Sentenzapenale,cap.XIV,§7. Separazione,procedimento, -Esecutivitàprovvedimenti,cap. III,§4 -Prova,mancanzadi,cap.VI,§ 4.3. -Prova,oneredella,cap.VI,§5. -Provvedimentopresidenziale, -cap.III,§4. -Reclamo,cap.III,§5. Sharedparenting,cap.XVI,§3. Sequestroconservativo,cap.XIV, §8. Separazione,rimedio,cap.II,§1. Soggettoattivodelreato,cap. XIV,§4. Solidarietà,cap.I,§3,cap.II,§2, cap.III,§2,cap.VIII,§1,cap. IX,§2. Spiritodellamediazione,cap. XVI,§1. Statodibisogno,cap.XIV,§3. Strategiedelmediatore,cap.XVI, §6. T Testimoni,cap.XIV,§6. Tutelapenale,cap.XIV,§1. U Udienzapreliminare,cap.XIV,§ 7. Utilitàeconomiche,cap.X,§2. V Vicendaseparativa,cap.XVI,§4. ELENCOAUTORICITATI ALAGNA S.,Il regime patrimoniale primario della famiglia,inVitanot.,1977,II. ALMUREDENE.,Ilmantenimento del coniuge debole: verso un trattamento differenziato dei matrimoni di breve e di lunga durata?, inFam. e dir. , n. 2/2005,127. AL MUREDEN E.,Nuove prospettive di tutela del coniuge debole. Funzione perequativa dell’assegno divorzile e famiglia destrutturata, Ipsoa, Milano, 2007. AL MUREDEN E.,Crisi del matrimonio, famiglia destrutturata e perduranti esigenze di perequazione tra i coniugi, nota a Cass. 11 ottobre2006,n.21805, inFam. edir.,3/2007,229. ANSALDOA.,Divorzio, inComm. Alpa, Zatti, Leggi complementari, 4ª ed., I, Cedam,Padova,2003. ARCERI A.,L’affidamento condiviso.Nuovidirittienuove responsabilitànellafamigliain crisi,Ipsoa,Milano,2007. ARCERI A.,Sulla reclamabilità dei provvedimenti interinali nella separazione e nel divorzio, inFam. e dir. , 2007, 280ss.. 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ZATTI P.,I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 3, Utet, Torino,1996. AUTORI MILENAPINIèavvocatodelforo di Milano, svolge dal 1981 attività esclusiva nell'ambito del diritto di famiglia. Presidente dell'AIAF Lombardia, Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia e i Minori. Collabora con riviste giuridiche del settore ed è autrice di pubblicazioni sul diritto di famiglia. BRUNO SCHETTINI Professore straordinario di pedagogia sociale presso la Seconda UniversitàdiNapoli.Didattadi mediazione familiare e penale nonché membro del direttivo e coordinatore della commissione nazionale per la professione dell'Associazione Internazionale Mediatori Sistemi. Collaboratore de' "Il Sole 24 ore" per i temi della famigliaedell'educazione". ANNA LISA BUONADONNA è avvocato penalista in Salerno. Vincitrice nell’anno 2003 del premio di eloquenza “Adolfo Cilento” per giovani avvocati penalisti, e’ specializzato in Diritto Processuale Penale comparato. Ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Procedura Penale presso l’Università degli Studi di Palermo. E’ componente della Commissione per la Formazione della Magistratura Onoraria istituita dal Consiglio Superiore della Magistratura per il Distretto di Salerno. E’ autore delle seguenti pubblicazioni: “La funzione conciliatrice del Giudice di Pace Penale” (Primo ClassificatoPremioFondazione “Pasquale Pastore” e Rotary International anno 2002); “Le figurenormativedelpropalante erga a-lios ed il regime processuale delle dichiarazioni rese dal teste-assistito”; “ La «coercibilità» del patrimonio conoscitivo dell’imputato in procedimento connesso o collegato e lo scopo dell’accertamento penale”; “Dall’ibrido «impumone» alla figura di «teste assistito»; “La responsabilità penale del neurologo”. PASQUALE RICCI è Commercialista distretto giudiziario di Napoli, Revisore dei Conti, Consulente Tecnico del Tribunale, Pubblicista, svolge dal 1986 attività di Tributarista,concollaborazioni a saggi e riviste. Dal 1990 al 1995 Membro del Consiglio Tributario del Comune di Napoli, dal 1997 al 2000 Consigliere Nazionale AssociazioneTributaristi–Dal 2001 al 2005 presidente del Collegio dei Revisori DAC ServiceS.p.a.Napoli–dal2003 al2005presidentedelCollegio dei Revisori della SICMI s.r.l. Bergamo – Dal 2001 al 2003 presidente del Collegio dei Revisori della CO.VI.m. s.r.l. Napoli – Dal 2003 al 2008 Presidente del Collegio dei revisori della Montagna s.r.l. Napoli – dal 2005 Sindaco Effettivo della GE.VI. S.p.a. – Dal 2005 al 2006 Sindaco Effettivo del M.I.U.R. dei seguenti Isituti I.T.C. Doria Napoli, D.D. II Circolo Napoli, S.M. Alighieri Napoli, S.M. Aliperti Napoli – Dal 2006 SindacoEffettivodiCittàdella Scienza S.p.a. – Dal 2003 Direttore della Mostra di Antiquariato presso la sede della Facoltà di Agraria Univeristà Federico II – Componente del comitato di redazione del giornale Il Commercialista – Direttore Responsabile del periodico di cultura e informazione “Tempi Moderni” BRUNO DE FILIPPIS, giudice dal 1978, ha esercitato, nella magistratura, funzioni direttive e semidirettive e si è occupato di importanti processi. Autore di numerosissime pubblicazioni, alcune delle quali conservate in biblioteche estere,edirettoredellaCollana “La Biblioteca del diritto di Famiglia”. Ha collaborato alla predisposizione dei testi di nuoveleggi,tracuilan.54del 2006 (Affidamento condiviso deifiglinellaseparazioneenel divorzio) e di numerose proposte di legge, sia nelle precedenti legislature, che nell’attuale. NOTES (1) Cfr.: Cass., 22 marzo 2007, n. 6979: «Il previgente art. 155 cod. civ. ed il vigente art. 155 quater cod. civ. in tema di separazione e l’art. 6 della legge sul divorzio subordinano il provvedimento di assegnazione dellacasaconiugaleallapresenza difigli,minoriomaggiorenninon autosufficienti economicamente conviventi con i coniugi; in assenzaditalepresupposto,siala casa in comproprietà o appartenga a un solo coniuge, il giudicenonpotràadottare,conla sentenza di separazione, un provvedimento di assegnazione dellacasaconiugale,nonessendo la medesima neppure prevista dall’art. 156 cod. civ. in sostituzione o quale componente dell’assegnodimantenimento». (2) In antichi libri di diritto di famiglia si leggono tesi del genere, documentate con statistiche dalle quali risultava che la maggior parte dei delinquenti, minorili e non, o delle prostitute erano nati fuori delmatrimonio. (3) Cfr.: Corte Cost., 14 aprile 1969,n.79. (4)CorteCost.,4aprile1990,n. 184. (5) Cfr.: Corte Cost., 18 aprile 1991,n.158. (6) Cfr.: Corte Cost., 7 novembre 1994, n. 377, ove la Consulta riconobbe che, dopo vent’annidallariformadeldiritto di famiglia, appariva sempre meno plausibile la regola che escludeva dall’eredità i fratelli e le sorelle naturali del defunto, a beneficioanchedilontaniparenti legittimi fino al sesto grado, ma concluse rilevando che la modifica del sistema successorio competevasoloallegislatore. (7) Corte Cost., ord. 14 dicembre2011,n.7: (8)CorteCost.184/1990cit. (9) Cfr.: P ROSPERI, L’incerto incedere della Corte Costituzionaleneiconfrontidella parentela naturale, inRass. Dir. Civ.,1991,pag.447. (10) L’uso dei termini “legittimo” e “naturale” sia consentito, anche dopo la loro abrogazione,aifiniesplicativi. (11) Cfr.: Cass., 8 giugno 1993, n. 6381, inNuova giur. civ. comm.,1994,I,pag.339. (12) Cass., 2 aprile 1987, n. 3134; 10 ottobre 1992, n. 11073, 5 aprile 1996, n. 3194, 5 aprile 1996,n.3194,27agosto1997,n. 8059. (13)Sulpunto,cfr.V.A DAMI,Il riconoscimento del figlio naturale da parte della donna coniugata,inStatocivileit.,1982, 22. (14) Cfr. Cass. pen., sez. VI, 13 dicembre2004n.4453. (15) Cass., 3 gennaio 2003, n. 14. (16) Cfr.: Cass. 22 aprile 1981, n.2383;Cass.31dicembre2008, n.30688. (17) Nel vigore della vecchia normativa, la giurisprudenza riconosceva al giudice ampi poteri inquisitori, indipendenti dalle allegazioni delle parti. Cfr. Cass., 13 novembre 1986, n. 6649. (18) Corte Cost., 9 febbraio 2011,n.83. (19) Cass., 11 gennaio 2006, n. 395. (20) Cass., 13 aprile 2012, n. 5884. (21) Cfr.: Cass., 9 novembre 2004,n.21359. (22) In ordine alla necessità ed alla funzione dell’intervento del PM, si veda, sia pure in materia differente,CorteCost.,25giugno 1996,n.214. (23) Cass., 3 febbraio 2011, n. 2645. (24) Cass., 13 marzo 1987, n. 2654. (25) Cfr.: La Repubblica, Il Corriere della Sera ed altra stampadel27novembre2012. (26) Cfr.: E. C ARBONE, Della filiazione naturale e della legittimazione,subart.262c.c.,in Commentario del codice civile a cura di L. Balestra, diretto da E. Gabrielli, vol. II,Della famiglia, UtetTorino,2010,pag.567. (27) Cfr. B IANCA, La famiglia. Lesuccessioni,ed.4,vol.II,pag. 360ss.,Giuffrè2005. (28)FAYER,Lafamiliaromana. Aspetti giuridici ed antiquari. Parteprima(Problemiericerche di storia antica), "L’Erma" di Bretschneider, Roma, 1994. Per approfondimenti sulla famiglia e la posizione della donna nel diritto romano, v. C ANTARELLA, PassatoProssimo,Donneromane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli, Milano,1996p.51;CENERINI, La donna romana. Modelli e realtà ., Il Mulino, Bologna, 2002; LOBRANO, “Uxor quodammodo domina”. Riflessioni suPaul. D. 25. 2. 1,I. Il carattere “comunitario” del diritto di famiglia nel sistema giuridico romanistaeildirittoromano.,Ed. Univ. Sassari, 1989; L OBRANO, Pater et filius eadem persona. Vol. 1: Per lo studio della patria potestas,Giuffrè,Milano,1985. (29)FAYER,Lafamiliaromana. Aspettigiuridiciedantiquari,cit., osserva che la struttura della familia si modificò «come conseguenza diretta del rallentarsi dei vincoli dell’agnazione, che avevano tenute ben salde fra loro le famiglie naturali componenti la familia proprio iure; ora, grazie anche alla corrente pratica dell’emancipazione che rendeva il filius familias pater familias della propria famiglia, la familia romana divenne sempre più simile alla famiglia moderna, basata sulla coniunctio sanguinis, e il pater familias coincidevasemprepiùspessocon il padre naturale». Lapatria potestas venne limitata indirettamente al finire dell’età repubblicana con il riconoscimentoinqualchemisura ai figli di una certa capacità di agire.Lastessacreazionedaparte di Augusto delpeculium castrense, grazie al quale i figli potevano disporre dei beni che acquistavano durante il servizio militare,einetàpostclassica,del peculium quasi castrense, che riguardavagliacquistiottenutiin occasione dell’esercizio di attività burocratiche ed ecclesiastiche,incrinaronol’unità delpatrimoniofamiliare. (30)Perilraffrontodellenorme relative al matrimonio e ai rapporti tra i coniugi nel diritto romano e nella legislazione del Regno d’Italia, v. H AIMBERGER, Il diritto romano privato e puro , RondinellaEditore,Napoli,1863, 79ess.. (31) L’art 134 del codice civile del1865recitava:“Lamoglienon può donare, alienare beni immobili, sottoporli ad ipoteca, contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali, costituirsi sicurtà, né transigere o stare in giudizio relativamente a tali atti, senzal’autorizzazionedelmarito. Il marito può con atto pubblico dare alla moglie l’autorizzazione ingenerepertuttioperalcunidei detti atti, salvo a lui il diritto di revocarla.”. (32) L’autorizzazione maritale, acuisifacevaspessoricorsoper negarealladonnaidirittipolitici, venne abolita solo nel 1919, al termine della prima guerra mondiale,concludendounalunga battaglia parlamentare, iniziata alla Camera nel 1910 dal socialistamodeneseCarloGallini. La legge 17 luglio 1919, che stabiliva norme circa la capacità giuridica della donna, abrogò l’art. 134 del codice civile del 1865, e ammise le donne “a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni ed a coprire tuttigliimpieghipubblici,esclusi soltanto,senonvisianoammesse espressamente dalle leggi, quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionari o l’esercizio di dirittiedipotestàpolitiche,oche attengono alla difesa militare dello Stato secondo la specificazione che sarà fatta con appositoregolamento.”. (33)Ilcodicenapoleonicoentrò in vigore il 21 marzo 1804; eliminava definitivamente i retaggi dell’ancién régime e creava una società prevalentemente borghese e liberale,diispirazionelaica,nella qualevenivanoconsacratiidiritti di eguaglianza, sicurezza e proprietà.Perl’Italiailvaloredel codice napoleonico fu fondante, poichéessofuportatonegliStati creatidaNapoleoneeconfluìpoi nel codice civile italiano del 1865. (34) I 556 componenti dell’Assemblea Costituente, di cui 21 donne, in rappresentanza del popolo italiano si riunirono per la prima volta il 25 giugno 1946 per nominare il Capo provvisorio dello Stato e per designare i 75 membri rappresentativi di tutta l’Assemblea.Dopocircaseimesi diattività,laCommissionedei75 sottopose il proprio progetto costituzionale all’intera Assembleachenelcorsodiquasi tutto il 1947 discusse, integrò, modificò, articolo per articolo, la bozza iniziale. Il 22 dicembre 1947 venne approvato, a larghissima maggioranza, il testo definitivo della Costituzione che una volta promulgato dal Capo ProvvisoriodelloStato,EnricoDe Nicola, entrò in vigore il 1° gennaio1948. (35) Art. 29, secondo comma, Cost. “Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridicadeiconiugi,conilimiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unitàfamiliare”. (36) JEMOLO, La famiglia e il diritto,inPaginesparsedidiritto e storiografia, Giuffrè, Milano, 1957, 228; STELLA RICTHER, Prospettive di riforma del diritto di famiglia, in Giust. Civ., 1970, IV, 270; B IN, Rapporti patrimoniali tra coniugi e principio di eguaglianza, Giappichelli,Torino,1971,71. (37) Sul principio di eguaglianzadicuiall’art.3Cost., con riferimento all’art. 29 Cost., laCortecostituzionaleneglianni ’60 si espresse più volte, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionaleproposte.LaCorte, con sentenza n. 64 del 23 novembre1961,affermòche“con riferimento all’art. 29, laddove per il principio di eguaglianza tra i coniugi si prevede che la legge ordinaria possa disporre limiti a garanzia della unità familiare, fra i limiti a detto principiosianoinprimoluogoda annoverare quelli che riguardano le esigenze di organizzazione della famiglia, e che, senza creare alcuna inferiorità a carico della moglie, fanno tuttora del marito, per taluni aspetti, il punto di convergenzadellaunitàfamiliare e della posizione della famiglia nellavitasociale”. Adistanzadianni,nel1967,la Consulta ancora sosteneva che “la parità morale e giuridica dei coniugi è garantita dall’art. 29 secondo comma della Costituzione‘conilimitistabiliti dallaleggeagaranziadellaunità familiare’. Il che vuol dire che il legislatore ordinario è appunto autorizzato ad individuare e codificare quelle limitazioni che siano obiettivamente necessarie ai fini delle fondamentali esigenze di organizzazione della famiglia e che, senza creare alcuna inferiorità a carico della moglie, fanno tuttora del marito, per taluni aspetti, il punto di convergenzadellaunitàfamiliare e della posizione della famiglia nella vita sociale" (C. Cost., sentenza n. 102 del 26 giugno 1967). (38) Si deve ricordare che l’art. 559delcodicepenale,chepuniva la moglie adultera, e il correo di questa,manonilmaritoadultero, e l’art. 151, secondo comma, del codice di procedura civile, che escludeva l’ammissibilità dell’azione di separazione personale da parte della moglie per adulterio del marito in mancanzadi"circostanzetaliche ilfattocostituiscaingiuriagrave alla moglie", vennero dichiarati costituzionalmenteillegittimicon sentenze n. 126 e n. 127 del 16 dicembre1968. (39)Apochimesidalvarodella riforma del diritto di famiglia, nella sua relazione annuale sulla giurisprudenza della Corte Costituzionale nel 1974, il Presidente Francesco Paolo Bonifacio sottolineò che “le nostre pronunzie non possono sostituire l’opera del legislatore, dappoiché non c’è settore del diritto che più del diritto di famiglia richieda una riforma organicamateriatadivalutazioni politiche:laprima,fondamentale valutazione politica essendo quella inerente alla posizione stessa della famiglia nella nuova società.Edognunvedecomesolo il legislatore possa avere questa visione organica e possa incasellare la ricchissima problematica della materia in un quadro coerente nelle sue varie parti. La riprova che è impossibile pretendere dalla Corte più di quanto nell’ambito deisuoipoteriessapossadareè offerta dalla sentenza n. 187, pronunziata a seguito di un’ordinanza che, attraverso l’impugnativa dell’art. 215 cod. civ., in sostanza finiva col chiedere una totale riforma dei rapporti patrimoniali fra i coniugi. La Corte ha solo potuto segnalare al legislatore – con parolechenonlascianodubitare trattarsi di vero obbligo – l’esigenzachetalirapportisiano adeguatialprincipiodiparitàfra coniugi e, in particolare, che sia datoildovutorilievoall’apporto delladonna,talvoltaindirettoma nonperciòmenoconsistente,alle fortune economiche della famiglia”(20gennaio1975). (40) Legge 19 maggio 1975, n. 151. (41) Per approfondimenti sull’iter parlamentare della legge di riforma del diritto di famiglia del1975,eperunesameanalitico degli articoli della legge 151/75, v. A. F INOCCHIARO – M. FINOCCHIARO, Diritto di famiglia, vol. I, Giuffrè, Milano, 1984. (42) A. F INOCCHIARO – M. FINOCCHIARO, Diritto di famiglia,op.cit.,p.262 (43) La dottrina dell’epoca attribuì diversi significati all’”accordo” ex art. 144 c.c., privilegiandosidapartedialcuni la nuova valenza della relazione tra i coniugi alla ricerca del consenso (ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, inTrattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 3, Utet, Torino, 1996, 21), e quindi l’accordo come manifestazione dell’autonomia negoziale privata dei coniugi, e da parte di altri la funzione dell’accordo come strumento per il soddisfacimento degli interessi della famiglia (MOSCARINI, Parità coniugale e governo della famiglia, Giuffrè, Milano,1974,96ss.) (44) A LAGNA, Il regime patrimoniale primario della famiglia, in Vita not., 1977, II, 850; SESTA, Diritto di famiglia, Cedam,Padova,2005,131ss. (45) Cass., 18 agosto 1994, n. 7437; Cass., 14 agosto 1997, n. 7630, inMass. Giust. civ., 1997, 1433; Cass., 29 marzo 2000, n. 3792, inFam. e dir. , 2000, 411, connotadiDE MICHEL, Assegno di mantenimento e tenore di vita deiconiugiseparati. (46) BIANCA, Diritto civile, 2. La famiglia. Le successioni., Giuffrè,Milano,2005,211. (47) DE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, Cedam, Padova, 2007, 387. (48) SESTA, Diritto di famiglia, op.cit.,328;secondol’Autore“in costanzadimatrimoniol’obbligo di contribuire ai bisogni della famigliaaltrononècheilriflesso deldoveredicollaborazioneedi assistenza morale e materiale. Venutomeno,conlaseparazione, il dovere di collaborare nell’interesse della famiglia, il dovere di contribuzione si trasforma, nei confronti del coniuge economicamente più debole, in quello di corrispondergli un assegno di mantenimento”. (49) In data 27 novembre 2012 la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato le nuove“Disposizioniinmateriadi riconoscimentodeifiglinaturali”. Ivi è previsto che tutti i figli abbianolostessostatogiuridicoe che, nel codice civile, le parole “figlilegittimi”e“figlinaturali”, ovunque ricorrano, siano sostituitidallaparola“figli”. (50)Si veda la precedente nota n.22. (51)Si veda la precedente nota n.22. (52) Legge 8 febbraio 2006, n. 54, "Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli", pubblicata nella Gazzetta Ufficialen.50del1°marzo2006. (53)Trib.Venezia,sent.16-30 giugno 2004, inIl Merito, n. 12005,connotadiPINI,Riflessioni e perplessità in merito alla risarcibilità e ai criteri di liquidazione del danno non patrimoniale a favore del figlio; nello stesso senso C. App. Bologna, 10 febbraio 2004, in Fam.edir.,n.5,2006,511eTrib. Brindisi, 26.1.2007, n. 13, www.altalex.com che riconoscendo il danno non patrimoniale conseguente alla mancata corresponsione da parte di un genitore del contributo al mantenimento del figlio ha affermato che “tale condotta rileva,sulpianocivile,intermini di violazione non di un mero diritto di contenuto patrimoniale ma di sottesi e più pregnanti diritti fondamentali della persona, in quanto figlio ed in quantominore”,eciò“oveanche allasoddisfazionedeibisognidel minore abbia già provveduto la madre.” (54) Si veda la precedente nota n.22. (55) Cass., 10 aprile 2012 n. 5652, inIl Sole 24 Ore, Mass. RepertorioLex24 (56) Cass., 10 maggio 2005, n. 9801, inFam. e dir., 2005, 365, con note di SESTA e di FAC-CI. Cass., 15 settembre 2011, n. 18853, inIpsoa, Danno e Responsabilità,2012,4,382. (57) VINCENZI A MATO, La famigliaeildiritto,inLafamiglia italiana dall’ottocento a oggi, Editori Laterza, 1988; ZANATTA, Le nuove Famiglie, Il Mulino, Bologna,1997. (58) accordi che i futuri sposi concludono per regolare alcuni aspetti della vita matrimoniale e diunaeventualecrisiconiugale. (59) OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, Giuffrè, Milano,1999,556; (60) Cass., 25 gennaio 2012, n. 1084;Cass.,4novembre2010,n. 22505 ha ribadito la “nullità per illiceità della causa” dell’accordo che contempla una rinuncia “interferente sul diritto indisponibile all’assegno di divorzio, di carattere assistenziale, ed inerente a materia nella quale le decisioni del giudice, collegate anche ad interessidiordinegenerale,sono svincolate dal potere dispositivo dei contendenti”; v. anche Cass., 10marzo2006,n.5302;Cass.,11 settembre2001,n.11575;Cass.,1 dicembre 2000, n. 15349; Cass., 18 febbraio 2000, n. 1810; in dottrina, per l’ammissibilità di accordi con i quali si dispone riguardo al mantenimento, e per la disponibilità dell’assegno di divorzio, OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, op. cit., 459 (61) A L MUREDEN ,Nuove prospettive di tutela del coniuge debole. Funzione perequativa dell’assegno divorzile e famiglia destrutturata, Ipsoa, Milano, 2007, 16 ss., evidenzia che nel nostro Paese all’affermata parità formale tra i coniugi, sul piano giuridico, ed all’accesso delle donnealmercatodellavoro,non corrisponde il raggiungimento di un’effettiva parità all’interno della famiglia. Così i "costi" che la cura della famiglia comporta, soprattuttointerminidiperditadi energie dedicate all’attività professionale o formativa gravano ancora per la maggior parte sulle donne, tanto che si riscontra un rapporto di proporzionalità inversa tra il numero di figli e il tasso di occupazione femminile a tempo pieno o di lavoropart-time. Ne deriva, secondo l’Autore, l’esigenza che le norme che disciplinano gli effetti patrimoniali della crisi coniugale e dello scioglimento del matrimonio costituiscano un efficace contrappeso rispetto alle conseguenze negative che si ricollegano ad una divisione asimmetricadellavorodomestico nella famiglia e che proprio nel momento della rottura del matrimonio possono manifestarsi in senso negativo. Se così non fosse, l’attuazione del principio costituzionale dell’eguaglianza traiconiugirisulterebbe,secondo l’Autore, gravemente compromessaesidarebbevitaad una situazione quasi paradossale in quanto gli strumenti che dovrebbero controbilanciare una divisione asimmetrica dei pesi della famiglia assisterebbero il coniugedeboleinunmomento(la fase fisiologica) nel quale normalmentelacomunionedivita rende l’esigenza di tutela superflua, per poi abbandonarlo proprioquandoglieffettinegativi connessi alla prolungata dedizioneallacuradellafamiglia si possono manifestare - e generalmente si manifestano con maggiore asprezza. Ne consegue la necessità di operare una equa divisione delle risorse ed eliminare o quantomeno ridurrelepiùfortidisuguaglianze tra i coniugi, nella consapevolezzadellanecessitàdi organizzare la vita della famiglia dopo la cessazione della convivenzamatrimoniale. (62) v. in tal senso, Cass., 18 luglio2005,n.15157,conformea Cass. 6566/1997, 3098/1995, 10512/1994; in dottrina, BONILINI, Manuale di diritto di famiglia, 3ª ed., Utet, Torino, 2005,172ss. (63) Cass., 9 ottobre 2007, n. 21099, inIl Quotidiano Giuridico, 12.10.2007; Cass. 14 febbraio2007,n.3356. (64) DOGLIOTTI, La separazione personale dei coniugi, inIl diritto di famiglia, Trattato diretto da Bonilini e Cattaneo, I, Utet, Torino, 1997, 465ss. (65) TOMMASEO, La disciplina processuale del divorzio, in BONILINI, TOMMASEO, Lo scioglimentodelmatrimonio,inIl codicecivile,Comm.Schlesinger, Giuffrè,Milano,2004,330testoe nt.108. (66) Questa tendenza è confermata dalla rilevazione dei datiISTAT,dacuiemergechele separazioni ed i divorzi sono in continuoaumento.Secondoidati più recenti (http://www.istat.it/it/archivio), nel2010leseparazionisonostate 88.191eidivorzi54.160;rispetto all’anno precedente le separazioni hanno registrato un incremento del 2,6% mentre i divorzi un decremento pari a 0,5%. I tassi di separazione e di divorzio totale mostrano per entrambiifenomeniunacontinua crescita: se nel 1995 per ogni 1.000 matrimoni erano 158 le separazioni e 80 i divorzi, nel 2010siarrivaa307separazionie 182 divorzi. La tipologia di procedimento maggiormente scelta dai coniugi è quella consensuale: nel 2010 si sono concluseinquestomodol’85,5% delle separazioni e il 72,4% dei divorzi. Nel 20,6% delle separazionièprevistounassegno mensile per il coniuge (nel 98% dei casi corrisposto dal marito). Tale quota è più alta nelle Isole (24,9%) e nel Sud (24,1%), mentre nel Nord si assesta sul 17%. Gli importi medi, invece, sono più elevati al Nord (520,4 euro) che nel resto del Paese (447,4 euro). In dottrina, sul fenomeno sociale della separazione v. B ARBAGLI e SARACENO,SepararsiinItalia,Il Mulino,Bologna,1998,15ss. (67) BARBAGLI e SARACENO, SepararsiinItalia,op.cit.,41. (68) EMERY, Il divorzio. Rinegoziarelerelazionifamiliari, FrancoAngeli,Milano,1998,56. (69) EMERY, Il divorzio. Rinegoziarelerelazionifamiliari, op.cit.,56ss. (70) Utile strumento che può aiutare i coniugi in questo percorso è la mediazione familiare, pratica affermata da anni anche nel nostro Paese, che siesprimeinvarieteorizzazionie diversi modelli, che possono riassumersi nel concetto di “procedura alternativa alla lite legale e ad altre forme di assistenza terapeutica o sociale, in cui una terza persona, imparziale,qualificataeconuna formazione specifica, chiamata mediatore, agisce per incoraggiare e per facilitare la risoluzione di una disputa tra le parti”, secondo la definizione data da HAYNES e BUZZI, Introduzione alla mediazione familiare.Principifondamentalie sua applicazione, Giuffrè, Milano,1996,11. L’art. 155-sexies, comma 2, c.c.,introdottodallelegge154/06 sull’affidamento condiviso, fa esplicito riferimento alla mediazione nel procedimento di separazione personale "per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere unaccordo". (71) v. A RDONE, MAZZONI, La mediazione familiare per una regolazione della conflittualità nella separazione e nel divorzio, Giuffrè, Milano, 1994, 45; PARKINSON, Separazione, divorzio e mediazione familiare, Erickson,Londra,1987,23ss. (72) FERRANDO, Le conseguenze patrimoniali del divorziotraautonomiaetutela,in Dir. fam. e pers., 1998, I, 722 ss; ROSSI-CARLEO,Laseparazionee il divorzio, in Tratt. dir. priv., diretto da Bessone, IV, I, Torino, 1999,281. (73) A L MUREDEN, Il mantenimento del coniuge debole: verso un trattamento differenziato dei matrimoni di breveedilungadurata?,inFam. e dir., n. 2/2005, p. 127, dove l’Autore mette in luce la positività della prassi instaurata neiPaesidicommonlaw:“Inquel contestosièdatemposviluppata la c.d. clean break theory, ossia la tendenza a definire una volta per tutte le conseguenze patrimoniali del divorzio evitando che si protraggano nel tempo rapporti patrimoniali collegatiadunmatrimonioormai venuto meno. L’obiettivo viene realizzato, ove possibile, mediante l’attribuzione al coniugedebolediunasommauna tantum o di una parte del patrimonio del coniuge economicamenteforte.Unasimile impostazione risulta funzionale siaaconsentireagliexconiugidi lasciarsi alle spalle la passata esperienza per ricominciare una nuova vita, sia a garantire maggiormente il coniuge debole che, ricevendo in un’unica soluzione quanto a lui dovuto, si pone al riparo dal rischio che l’altro non adempia ai suoi obblighi(inargomentoBlumberg, TheFinancialIncidentsofFamily Dissolution, cit., 393 ss.; Katz, FamilyLawinAmerica,NewYork, 2003,87).” (74) Cass., 29 luglio 2011, n. 16736, incd rom Fam. e dir., Ipsoa; Cass., 25 agosto 2008, n. 18547; Cass., 4 aprile 2002, n. 4800, inGiur. It ., 2003, 686; Cass.29marzo2000,n.3792,cit. (75) Cass., 2 luglio 1990, n. 6774,inGiur.It.,1991,I,1,424. (76) Cass., 4 aprile 2002, n. 4800,cit. (77)Art. 156 c.c. - Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi. “Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggiodelconiugecuinonsia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato. Restafermol’obbligodiprestare glialimentidicuiagliartt.433e seguenti. Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commiedall’art.155. La sentenza costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudizialeaisensidell’art.2818. In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudicepuòdisporreilsequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamentesommedidanaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agliaventidiritto. Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti.” (78) Cass., 5 novembre 1987 n. 8153,inMass.Giur.It.,1987. (79)daultimo,Cass.,27giugno 2006,n.14840,inForoIt., 2007, 1,138,I. (80) Secondo Cass., 23 aprile 1998, n. 4198, “la richiesta di alimenti costituisce un ‘minus’, necessariamente ricompreso in quella di mantenimento (Cass. 5677/96; 2128/94) : con la conseguenza che non comporta vizio di extrapetizione il riconoscimento al coniuge separatodiunassegnoalimentare in luogo del richiesto assegno di mantenimento”. Recentemente Cass., 22 novembre 2010, n. 23591 ha ribadito che il diritto agli alimenti non può assicurare al coniuge meno abbiente, al quale è stata addebitata la separazione, “lo stesso agio goduto prima della crisi coniugale, ma deve solo consentirgli di disporre di mezzi adeguati a condurre una vita dignitosa. È a questo criterio che deve ispirarsi la determinazione della sua misura, sicché non rilevano le condizioni patrimoniali del coniuge chiamato a soddisfare col suo sforzo economico le anzidette esigenze.” (81) SALVANESCHI, I procedimenti di separazione e divorzio,inFam.edir.,n.4/2006, 356. (82) Cass. 12 aprile 2006 n. 8512, inGuida al dir. , 2006, n. 30,52. (83) Cass., 20 marzo 2009, n. 6864, inIl Sole 24 Ore, Mass. RepertorioLex24,haribaditoche “la decisione che nega il diritto delconiugealmantenimentoone riducelamisuranoncomportala ripetibilità delle maggiori somme corrisposteinforzadiprecedenti provvedimenti non definitivi, qualora, per la loro non elevata entità, tali somme siano state comunquedestinateadassicurare ilmantenimentodelconiugefino all’eventuale esclusione del diritto stesso o al suo affievolimento in un obbligo di natura solo alimentare, e debba presumersi, proprio in virtù della modestiadelloroimporto,chele stesse siano state consumate per fini di sostentamento personale”; nellostessosenso,Cass.12aprile 2006n.8512,cit.;Cass.,5ottobre 1999, n. 11029, inFam. e dir., 2000, 292; Cass., 23 aprile 1998, n. 4198, inGiust. civ. Mass ., 1998, 872; Cass., 12 aprile 1994, n.3415,inFam.edir.,1994,531. (84) Cass., 30 novembre 2007, n. 25015, inFamiglia e Minori, 2008, 2, 69, in relazione alla modificabilità e revocabilità dei provvedimentiemessiexart.708 c.p.c., reclamabili ai sensi dello stessoart.708,comma4,c.p.c.,e l’appello avverso la sentenza definitiva, ha precisato: “I provvedimenti temporanei ed urgenti emessi nel corso del procedimento di separazione personale dei coniugi ai sensi dell’articolo 708 c.p.c., costituiscono provvedimenti modificabilierevocabiliincorso di causa e comunque idonei a produrre effetti soltanto provvisori fino alla sentenza che conclude il giudizio (Cass. 1978/23; 1983/6389), restando destinati ad essere assorbiti e superatidadettasentenza(Cass. 1990/1309), con la conseguenza chel’attodiappellononpuòche avere ad oggetto la sentenza definitiva,restandoinammissibili, per carenza d’interesse, le censure sollevate invece contro i provvedimenti provvisori e urgenti o anche contro le ordinanze emanate dal tribunale per regolamentare l’andamento del processo. Infatti, l’interesse all’impugnazione, manifestazione del più generale interesse ad agire,vaapprezzatoinrelazione alla utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi pratici sulla decisione adottata (Cass. 2006/13593; 2007/12952).” (85)SecondoTrib.Modena,ord. 5 ottobre 2006, in Fam. e dir., 2007, 4, 401, “Nel nuovo processo familiare, riformato primadallaleggen.80del2005e poi dalla legge n. 54 del 2006, il reclamo alla Corte d’appello, ex art. 708, comma 4, c.p.c., ed il ricorso per la revoca o modifica dell’ordinanza presidenziale, ex art. 709, ultimo comma, c.p.c., costituiscono due strumenti di tutela alternativi. Onde evitare decisioni contrastanti, pertanto, unavoltasceltalaviadelreclamo nonèammessaistanzadirevoca, se non in presenza di un "mutamento nelle circostanze". Non coltivata e perciò perenta la via del reclamo, appare, invece, ammissibile il ricorso per revoca/modifica al G.I., allo scopo di rivedere il provvedimento presidenziale anche sotto il profilo dell’opportunità, in quanto il potere del G.I. non appare più condizionato dal requisito del "mutamento nelle circostanze". Il Trib. Napoli, ord. 9 novembre 2006, in Il Corriere del Merito, 2007, 1, 26, ha dal canto suo sostenuto che “in pendenza del termine per la proponibilità del reclamo in corte d"appello, in forzadelprincipiodialternatività dei mezzi di tutela, e al fine di evitare contrasti tra provvedimenti, non è possibile chiedere al giudice istruttore la modifica o la revoca dei provvedimenti presidenziali, adottati nelle cause di separazione, anche in ipotesi di sopravvenienze.”. E ancora,App. Napoli, 30 agosto 2006, in Il Corriere del Merito, 2006, 11, 1255, ha ribadito che “nel corso del procedimento di separazione personale dei coniugi è inammissibileilreclamoproposto innanzi alla Corte d’Appello avverso i provvedimenti adottati dalGiudiceistruttore,dimodifica erevocadiquellipresidenziali.”; nello stesso senso App. Cagliari, 18 luglio 2006, in Foro It., 2006, 11,3242. (86)DANOVI,Reclamoerevoca nel processo di separazione e divorzio, inVentiquattrore Avvocato,2010,n.10,59,ritiene che “una lettura costituzionalmente orientata induce a scegliere come soluzione maggiormente appagante quella volta ad autorizzare la revoca e modifica da parte dell’istruttore anche del provvedimento emanato dalla Corte d’Appello in sede di reclamo, subordinandola tuttavia alla presenza di nuove circostanze, ritenendo che il potere revocatorio generale e incondizionato previsto dal nuovo art.709,comma4,c.p.c. si sia ormai consumato per effetto della pronuncia in sede di reclamo da parte di un giudice superiore, ma sopravviva un più limitato potere di modifica/revoca, in ossequio alla clausola rebus sic stantibus”. DANOVI precisa peraltro che “nell’ipotesi in cui il reclamo sia stato concretamente esperito, in pendenza dello stesso non è ammissibilelaproposizionedella revoca/modifica, essendo la sede del reclamo idonea a fare valere qualunque circostanza, anche sopravvenuta, tale da incidere sull’assetto dei provvedimenti presidenziale”. V. anche, dello stessoAutore, Reclamo, revoca e modifica dei provvedimenti sommari nella separazione e nel divorzio, in Il giusto processo civile,2008,vol.3,fasc.1,203. (87) App. Bologna, decreto 8 maggio 2006, con nota di TOMMASEO, Provvedimenti presidenziali e motivi di reclamo alla corte d’appello, inFam. e dir., n. 6/2007, p. 617; secondo App. Trento, 6 luglio 2006, inLa Rivista dell’AIAF, 2006, 4, 53 s. “va evidenziato il carattere necessariamente sommario delle decisioni presidenziali e conseguentemente i limiti dei poteri di controllo affidati al giudice del reclamo, con la conseguenza che possono assumere rilievo ed essere eliminati soltanto errori decisionali evidenti e frutto di una non corretta valutazione degli elementi di massima acquisiti nella fase iniziale del processo di separazione, senza alcuna anticipazione dell’istruttoria vera e propria demandata al G.I.”. V. anche App. Bologna, 13 novembre 2006,inFam.edir.,2007,280ss. con nota di A RCERI, Sulla reclamabilità dei provvedimenti interinalinellaseparazioneenel divorzio. (88)TOMMASEO,Provvedimenti presidenziali e motivi di reclamo allacorted’appello,cit.,617. (89) Cass., 26 gennaio 2011, n. 1841;Cass.,6novembre2008,n. 26631 (90)DANOVI,Reclamoerevoca nel processo di separazione e divorzio,cit. (91) Cass., 4 aprile 2005, n. 6975, inGuida al dir. , 2005, n. 16,39,connotadiFIORINI. (92) Cass., 23 agosto 1985, n. 4502; Trib. Milano, 10 febbraio 1999. C.Cost.,29gennaio1998,n.2, nel precisare che “l’istituto della prescrizioneèfinalizzato-com’è noto-adunobiettivodiprimaria importanza, che è quello di garantirelacertezzadeirapporti giuridici, facendo venir meno il diritto non esercitato per un determinato periodo di tempo. In tale prospettiva, la sospensione della prescrizione si caratterizza perlapeculiarità,rilevataanche dalgiudiceaquo,costituitadalla tassatività dei casi previsti dalla legge.Seinfattiognidiritto,salvo specifiche eccezioni, "si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge" (art. 2934 cod. civ.), ne deriva coerentemente che non è possibile riconoscere ipotesi di sospensione che non siano espressamente regolate dal codice civile o da altre norme speciali in materia (v., ad esempio, l’art. 168, secondo comma della legge fallimentare). Èperquestochel’art.2941cod. civ. contiene un elenco ben determinato di casi, enucleabili in base a rigorosi criteri formali e giustificati dalla particolarità delle situazioni ivi previste”, ha affermato che “la sospensione dellaprescrizioneimplicaprecisi elementi formali e temporali che si ravvisano nel coniugio”, e “la stessanaturadellaprescrizioneistituto finalizzato a conferire stabilitàarapportipatrimonialiimponeperildecorsodeitermini l’adozione di parametri di riferimento certi ed incontestabili, quali possono essere offerti soltanto dall’esistenzaodalvenirmenodi un vincolo giuridico quale il matrimonio.” (93) Cass., 4 aprile 2005, n. 6975,cit;Cass.,1giugno2010,n. 13414. (94)Cass.,12settembre2005,n. 18097; Cass., 1 giugno 2010, n. 13414. (95) FINOCCHIARO F., Del matrimonio, II, II ed., in Comm. Scialoja-Branca,subartt.84-158, Bologna-Roma, 1993, 440 ss. OBERTO, I rimedi all’inadempimento degli obblighi di mantenimento nell’ambito della crisi della famiglia, in Fam. edir.,2008,77ss. (96) Cass. 12 maggio 1998, n. 4776, in Ventiquattrore Avvocato, 2006, 2, 13, annotata da FELCIOLONI, ha ribadito “il carattere non cautelare e atipico del sequestro di cui all’art. 156 comma 6, cod. civ, che presupponendo l’inadempimento diobblighiperiqualiviègià’un titolo con efficacia esecutiva, si distingue sia dal sequestro giudiziario, che da quello conservativo. Il giudice delle leggi ha posto in luce differenze significative tra il sequestro in questione ed il sequestro conservativo (Corte Cost. 19 luglio 1996 n. 258, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 156, comma 6, nella parte in cui non prevede che il giudice istruttore possa adottare, nel corso della causa di separazione, il provvedimento di sequestro ex art. 156 c.c.), osservando che mentre il sequestro conservativo presuppone, secondo una consolidata tradizione, la sussistenzadel"fumusboniiuris" e del "periculum in mora", il provvedimento previsto dall’art. 156 c.c. presuppone un credito già’ dichiarato, sia pure in via provvisoria, e può’ essere disposto pur in mancanza del secondo di detti requisiti, sulla basedellasempliceinadempienza agli obblighi di mantenimento. È stato pure sottolineato in giurisprudenzacheilsequestrodi cuiall’art.156c.c.nonhanatura cautelare, essendo finalizzato ad una funzione di coazione, anche psicologica, all’adempimento degli obblighi di mantenimento posti a carico di uno dei coniugi (Cass. 20 febbraio 1989 n. 4861, 5 febbraio 1988 n. 1261; Corte Cost. n. 258 del 1996 cit.).” V. anche Cass., 28 gennaio 2000, n. 944. In dottrina, OBERTO, I riumedi all’inadempimento degli obblighi di mantenimento nell’ambito della crisi della famiglia, in Fam. e dir., 2008, 77 ss., secondo cui “tale strumento nonèincludibilenellec.d.misure cautelari atipiche di cui all’art. 669-quaterdeciesc.p.c.,inquanto ha caratteri peculiari rispetto all’ordinario sequestro conservativo disciplinato dagli art.671eseguentic.p.c.”. (97) Cass., 28 maggio 2004, n. 10273,inCorriereGiur.,2004,8, 1002; Cass., 12 maggio 1998, n. 4776,inMass.,1998. (98) Cass., 2 febbraio 2012, n. 1518,incdromFam.edir.,Ipsoa. (99)Corte.cost.19luglio1996, n.258,inGiur.It., 1997,I,16,ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 156, 6° comma,c.c.,percontrastocongli art. 3, 29, 30 e 31 Cost., nella parte in cui non prevede che il giudice istruttore possa adottare nel corso della causa di separazione, il provvedimento di sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato al mantenimento.L’esigenzadidare tempestiva ed efficace soddisfazione alle esigenze di mantenimento del coniuge bisognoso e, soprattutto, dei figli minorisussisteancheprimadella sentenza di separazione in relazione agli obblighi di mantenimento stabiliti in sede presidenzialeeperciòdeveessere riconosciuta anche al giudice istruttore la competenza a disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato. Inoltre la Corte costituzionale, con pronuncia del 18 aprile 1997, n. 99, inForo it., 1998, I, 3074, ha ritenuto applicabili nelle controversie tra genitori naturali concernenti il mantenimento di figli riconosciuti, come conseguenza sistematicamente deducibile dall’art. 261 cod. civ., le misure del sequestro e dell’ordinedipagamentoalterzo, previste dall’art. 156, comma 6, c.c., in quanto tali misure, sebbene inquadrate nel procedimento di separazione dei coniugi,rappresentanounaforma di attuazione del principio di responsabilitàgenitoriale,ilquale postula il tempestivo soddisfacimentodelleesigenzedi mantenimento del figlio, a prescindere dalla qualificazione dello status. In senso conforme Cass. 15 settembre 2006, n. 19946, che ha sostenuto l’applicabilità del sequestro previsto dall’art. 156, comma 6, cod. civ., in favore del figlio minorenne nell’ambito di un procedimento per la dichiarazione giudiziale di paternitànaturale. (100) La Corte costituzionale consentenzadel31maggio1983, n.144hadichiaratol’illegittimità costituzionale del comma 6° dell’art.156c.c.nellaparteincui non prevede che le disposizioni ivicontenutesiapplichinoanche a favore dei figli di coniugi consensualmente separati; con sentenza del 19 gennaio 1987, n. 5 ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale dello stesso comma nella parte in cui non prevede che le disposizioni ivicontenutesiapplichinopureai coniugi separati consensualmente. Inoltre la Corte costituzionale, conpronunciadel18aprile1997, n.99,inForoit.,1998,I,3074,ha ritenuto applicabili nelle controversie tra genitori naturali concernenti il mantenimento di figli riconosciuti, come conseguenza sistematicamente deducibile dall’art. 261 cod. civ., le misure del sequestro e dell’ordinedipagamentoalterzo, previste dall’art. 156, comma 6, c.c., in quanto tali misure, sebbene inquadrate nel procedimento di separazione dei coniugi,rappresentanounaforma di attuazione del principio di responsabilitàgenitoriale,ilquale postula il tempestivo soddisfacimentodelleesigenzedi mantenimento del figlio, a prescindere dalla qualificazione dello status. In senso conforme Cass. 15 settembre 2006, n. 19946, che ha sostenuto l’applicabilità del sequestro previsto dall’art. 156, comma 6, cod. civ., in favore del figlio minorenne nell’ambito di un procedimento per la dichiarazione giudiziale di paternitànaturale. (101) Corte cost. 19 gennaio 1987n.5,cit. (102)Cortecost.6luglio1994n. 278, inGiust.Civ.,1994,I,2404, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 156, comma 6 c.c., per contrasto con gliart.3e30Cost.,nellapartein cui non prevede che il giudice istruttorepossaadottarenelcorso della causa di separazione il provvedimento di ordinare ai terzi debitori del coniuge obbligato al mantenimento di versare una parte delle somme direttamenteagliaventidiritto. (103) Cass. 19 maggio 2011, n. 11062, incd rom Fam. e dir., Ipsoa, ha precisato che “l’art. 156, sesto comma, cod. civ., nell’attribuirealgiudice,incaso d’inadempimento dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento, il potere di ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto, postula una valutazione di opportunità che implica esclusivamenteunapprezzamento in ordine all’idoneità del comportamento dell’obbligato a suscitare dubbi circa l’esattezza e la regolarità del futuro adempimento e, quindi, a frustrare le finalità proprie dell’assegnodimantenimento.” (104)Cass.6novembre2006,n. 23668, inFam., pers. e succ., 2007, 2, 168, con nota di SCA-RANO. (105) Corte cost., 18 febbraio 1988, n. 186, inCons. Stato, 1988, II, 232, ha dichiarato incostituzionalel’art.158c.c.per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che il decreto di omologazione della separazione consensuale dei coniugi costituisca titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, ai sensi dell’art. 2818 c.c.,comelocostituisce,aisensi dell’art.156,5°comma,cod.cit., la sentenza che pronunzia la separazione personale dei coniugi. (106) Secondo un recente orientamento, la valutazione del coniuge, circa la sussistenza del pericolo di inadempimento del coniuge obbligato ai fini dell’iscrizione ipotecaria, rimane sindacabile nel merito, sì che la mancanza originaria o sopravvenuta di tale pericolo determina l’estinzione della garanzia ipotecaria, e il conseguentedirittodell’obbligato di ottenere dal giudice l’emanazione dell’ordine di cancellazione dell’ipoteca ai sensi dell’art. 2884 c.c.. (Cass., 6 luglio 2004, n. 12309, inMass. Giur.It.,2004). (107)Cass.,29gennaio1980,n. 679. (108)Cortecost.15aprile1992, n.176,inForoIt.,1994,I,41 (109) v. Corte cost., ord. 12 gennaio 2012, n. 6, che peraltro non si è pronunciata nel merito, dichiarando la questione manifestamenteinammissibileper difetto di legittimazione del giudicerimettente. (110) BIANCA, Diritto civile, 2. La famiglia. Le successioni, op.cit., 211, sostiene che “il coniuge separato conserva il diritto all’assistenza materiale, che tuttavia, venendo meno la convivenza, si traduce nel diritto adunassegnodimantenimento”; BONILINI, Manuale di diritto di famiglia, op. cit., 187, sottolinea che“l’assegnodimantenimentoche è costituito da una prestazionepecuniariaperiodicaè espressione della solidarietà coniugale, e ha funzione assistenziale, non già sanzionatoria: il coniuge obbligato al pagamento dell’assegno, quindi, è colui che versa nelle condizioni economiche migliori, sia esso responsabile o meno del fallimentodelmatrimonio”. (111)SESTA,Dirittodifamiglia, Cedam, Padova, 2005, op. cit., 328; secondoDE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 372,“l’attualeprevisionedell’art. 156 si pone in rapporto di continuitàconl’art.143cod.civ. che prevede per ciascuno dei coniugil’obbligodicontribuireai bisogni della famiglia, e lo trasforma, in costanza di separazione,neldoveredifornire al coniuge privo di adeguati redditi propri quanto necessario per il proprio mantenimento”; v. a n c h eDE FILIPPIS, Il diritto di famiglia. Leggi, prassi e giurisprudenza, Cedam, Padova, 2011, 529; DE FILIPPISCASABURI, Separazione e divorzio nella dottrina e nella giurisprudenza, Cedam, Padova, 1998, 353, osservano che l’obbligo di mantenimento stabilito dall’art. 156 c.c. è una “continuazione e nel contempo un affievolimento del dovere di contribuzione” previsto in costanza ed in piena vigenza del matrimonio. (112) ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, in Trattato di diritto privato, diretto daRescigno,Utet,Torino,237. (113) Secondo FALZEA, Il dovere di contribuzione nel regime patrimoniale della famiglia,inRiv.Dir.Civ.,I,1977, 621, “l’obbligazione di mantenimento del coniuge separato sostituisce l’obbligo di contribuzione vigente durante la convivenza matrimoniale (art. 143,3°co.),obbligovenutomeno per effetto della separazione”; CALOGERO, La separazione giudiziale,inTrattatodidirittodi famiglia, diretto da Zatti, I, 2, Giuffrè, Milano, 2002, 1058 ss., sostiene che l’assegno di mantenimento costituisce uno strumento volto a garantire al coniuge economicamente più debole “un passaggio meno traumatico alla nuova situazione”. (114) SESTA, Codice della famiglia, I, Milano, 2007, 604 evidenzia che “una conformazione dell’obbligo di mantenimento speculare all’obbligo di contribuzione sancito dall’art. 143 c.c. risente chiaramente della più vetusta rappresentazione dell’istituto, originariamente concepito quale mero periodo di ripensamento, prodromico alla riconciliazione, durante il quale rimanevano integri tutti i doveri (anche di natura strettamente personale) nascenti dal matrimonio. Diversamente, una visione dell’obbligo di mantenimento quale apporto – sui generis – strettamente commisurato ai mezzi dell’obbligato, diretto alla soddisfazione della legittima aspettativa del coniuge più debole di non vedere sensibilmente deteriorato, in dipendenza della separazione, il proprioprecedentetenoredivita, appare più rispondente alla funzione dell’istituto così come attualmente disciplinato. Funzionechebenpuòdefinirsi– anche per ciò che riguarda l’assetto dei rispettivi interessi patrimoniali – ‘preparatoria’ al futurodivorzio”. (115)MOROZZODELLAROCCA, voceSeparazione personale (dir. priv.), in Enc. Dir., XLI , Giuffrè, Milano, 1989, 1397 ss..; BESSONE-ALPA-D’ANGELOFERRANDO-SPALLAROSSA, La famiglianelnuovodiritto,IVed., Zanichelli, Bologna, 1997, 125; SESTA, Diritto di famiglia, op. cit., 329, sottolinea come “il difetto di redditi adeguati non vada inteso come stato di bisogno,bensìcomemancanzadi redditi sufficienti ad assicurare alconiugeiltenoredivitagoduto durante il matrimonio, di modo che, in mancanza di tale condizione, non può essere imposto alcun assegno di mantenimento a carico di un coniuge, qualunque sia la consistenzadeisuoiredditi”. (116) GRASSETTI, Sub art. 156, inCommentarioaldirittoitaliano della famiglia, a cura di Cian, Oppo eTrabucchi, II, Cedam, Padova,1992,707. (117) FINOCCHIARO, Del matrimonio, op. cit, 426 e ss.; ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazionedeiconiugi,op.cit.,., 241 e ss.; CALOGERO, La separazione giudiziale, op. cit., 1 0 6 7 ;DE FILIPPIS, Il diritto di famiglia. Leggi, prassi e giurisprudenza, op. cit., 531;DE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio,op.cit.,388,osservache “il concetto di tenore di vita goduto o godibile non deve essere inteso in senso letterale, poiché la separazione, determinando maggiori spese ed eliminando le economie che derivano dal vivere insieme, non può non comportare un abbassamento del livello generale di possibilità economiche. Esso deve pertanto intendersicomeriequilibriodelle dueposizioni,talecheentrambii coniugi, dovendo ridimensionare ilpropriostandardeconomico,lo facciano nella medesima misura. Pertanto, il concetto di tenore di vita è collegato a quello di disparità tra le situazioni economichedelledueparti,quali risultano in costanza di separazione, ed all’esistenza di unosquilibrio.” (118)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 389;contra BAR-BIERA, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati, II ed., Zanichelli, Bologna, 2001, 22, il quale sostiene che non ha senso pretendere la ricostruzione di una comunione di vita ormai cessata,portandoiltenoredivita del coniuge beneficiario dell’assegno ad un livello addirittura più elevato e quindi diversodaquellogodutodurante la convivenza; CARBONE, Sul concetto di adeguatezza dei redditidelconiugeseparato,nota a Cass., 26 novembre 1996, n. 10465, inGiust. civ., 1997, I, rileva che appare illogico che "il soggetto,ilquale,durantelavita matrimoniale abbia pacificamente condiviso, o al massimo tollerato, un tenore di vita inferiore alle possibilità economiche per le ragioni più svariate (...), possa poi pretendere, a separazione avvenuta, un assegno non commisurato al tenore di vita matrimoniale, obiettivamente dimostrabile, ma al tenore che sarebbe stato, secondo un giudizio ipotetico, il più consono allesostanzedellacoppia". (119) OBERTO, I contratti della crisiconiugale,op.cit.,388ss. (120) DOGLIOTTI, La separazione giudiziale, op. cit., 504, sottolinea che, nell’accertamentodellamancanza di adeguati redditi da parte del coniuge richiedente l’assegno, occorre far riferimento alla situazione esistente al momento dellaseparazione. (121) SecondoDE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 391,“selepartiavevanostabilito che un coniuge non lavorasse o magari abbandonasse un lavoro che prima aveva, ciò non può mancarediinfluenzareilgiudizio divalutazionedellapossibilitàdi procurarsi mezzi adeguati. Per converso, un coniuge che abbia svolto attività lavorativa nel periodo di convivenza non può, in assenza di validi motivi, quali unmaggiorcaricoperlacuradei figli, smettere di lavorare e pretenderecheisuoimezzisiano valutati sulla base della nuova situazione.” (122) BIANCA, Diritto civile, 2. La famiglia. Le successioni, op. cit., 212, secondo l’Autore “lo statodibisogno,tuttavia,sussiste anche quando il coniuge abbia una capacità lavorativa specifica ma sia involontariamente disoccupato ovvero trovi difficoltà a conciliare il lavoro con le esigenze familiari. È irrilevante,ancora,cheilconiuge bisognoso abbia la capacità lavorativa se le concrete possibilità di esplicazione di tale capacitànonsianoconfacenticon le sue attitudini o risultino eccessivamente gravose in relazione al livello di vita matrimoniale”. (123) PAJARDI, La separazione personale dei coniugi della giurisprudenza, Giuffrè, Milano 1989, 303; nello stesso senso BARBIERA, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati, op. cit., 37, secondo il quale “caduto insieme alla potestà maritale l’accollo prioritario al marito degliobblighieconomicinonviè ragioneperassicurarealseparato economicamente debole rendite parassitarie prescindendo dalle sueattitudiniallavoro”. (124) ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, op. cit., 243; DALLA VALLE-ONGAROPANTALEONI-SICCHIERO, Separazione, divorzio, annullamento del matrimonio, Utet,Torino2000,195. (125) A L MUREDEN, Crisi del matrimonio, famiglia destrutturata e perduranti esigenze di perequazione tra i coniugi, nota a Cass. 11 ottobre 2006, n. 21805, in Fam. e dir., 3/2007, 229, rileva che “all’affermata parità formale tra coniugi, sul piano giuridico, ed all’accesso delle donne al mercato del lavoro, su quello sociale, non corrisponde il raggiungimento di una effettiva parità all’interno della famiglia. Studi condotti dall’Eurostat, infatti, testimoniano che i "costi" che la cura della famiglia comporta, soprattutto in termini di perdita di energie dedicate all’attività professionale o formativa gravano ancora per la maggior parte sulle donne. Così, in particolare, la nascita dei figli incide negativamente sui tassi di occupazione delle madri e positivamentesuquellideipadri, siriscontraunchiarorapportodi proporzionalità inversa tra il numero di figli e il tasso di occupazione femminile ed anche la scelta di optare per un lavoro part-time risulta decisamente più accentuata per le madri. Occorre poi tenere presente che le esigenze di tutela del coniuge che, avendo deciso di dedicarsi prevalentemente alla cura della famiglia abbia rinunciato a svolgere attività extradomestica produttiva di reddito, o, quantomeno, abbia subito un significativo rallentamento nel proprio percorso professionale o formativo restano latenti nella fase fisiologica del rapporto e si manifestano con particolare evidenza al momento della crisi coniugale”. L’Autore sostiene pertanto che “proprio nel momento della crisi e della dissoluzione del matrimonio i coniugi sono chiamati ad una sorta di "collazione delle potenzialità". (126) Secondo SESTA, Diritto di famiglia,op.cit.,329,“iltermine redditi (art. 156, comma 2, c.c.) deve intendersi in senso ampio quale sinonimo di mezzi, comprensivodunquenonsolodei redditiinsensostretto,maanche deicespitiingodimentodirettoe delle altre utilità suscettibili di valutazione economica. E ciò benchè l’art. 156, comma 2, c.c. menzioni esclusivamente il reddito del coniuge obbligato, a differenzadell’art.143c.c.cheal contrario determina l’obbligo di contribuzione in relazione alle “sostanze e capacità di lavoro” delconiuge”. (127) M. FINOCCHIARO, nota a Cass.,12aprile2001,n.5492,in Giust.Civ.2002,I,3237. (128) BRIGUGLIO, Separazione personale dei coniugi, NNDI- App., VII, Utet, Torino, 1987, 129. (129) SCARDULLA, La separazione personale tra i coniugi e il divorzio, Giuffrè, Milano,1996,319. (130)MANTOVANI,Separazione personale dei coniugi, I) Disciplina sostanziale, EG, XXVIII, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da G.Treccani,Roma1992,18. (131) BIANCA, Diritto civile, 2. La famiglia. Le successioni, op. cit.,226ss.,tuttaviaribadisceche “l’accordo relativo agli effetti economicidellaseparazioneodel divorzio non può privare in tutto o in parte il coniuge del diritto assistenziale all’assistenza coniugale o postconiugale spettantegli per legge”; OBERTO, Icontrattidellacrisiconiugale,II, op. cit., 748, sostiene invece che “con riferimento alle prestazioni previste dagli artt. 156 c.c. e 5 l. div., ai coniugi sia rimesso un amplissimopoteredispositivoper quanto attiene alla determinazione consensuale, sia dell’an che del quantum, con la conseguenza che al riguardo le partisarannoliberediattenersiai criteri legislativi fissati, così come di derogarvi, ovvero di ispirarsiaprincipidiversirispetto aquelliprevistidallanormativa.”. (132) così ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi,op.cit.,138. (133) FALZEA, La separazione personale,Giuffrè,Milano,1943, 98; A ZZOLINA, La separazione personale dei coniugi, III ed., Utet,Torino,1966,203ess.. (134) OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, op. cit., 217; FINOCCHIARO A.-F INOCCHIARO M . ,Diritto di famiglia, op. cit., 689. (135) ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, op. cit., 142. (136) TOMMASEO, Della separazione personale dei coniugi, inCommentario al diritto italiano della famiglia, a cura di Cian, Oppo e Trabucchi, VI,I,Cedam,Padova,1993,590. (137) BIANCA, Diritto civile, 2. La famiglia. Le successioni, op. cit., 229;contra OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, op. cit., 457 ss., ritiene che l’art. 160 c.c. vale quale disposizione generale in relazione alle sole norme ivi contenute, che si riferiscono ai diritti e doveri tra gli sposi in costanza di convivenza,enonvigenellafase della crisi coniugale, nella regolamentazionedeirapportitra coniugi separati; COMPORTI, Autonomia privata e convenzioni preventive di separazione, di divorzio e di annullamento del matrimonio, inForo It., 1995, V, c.113. (138)Secondolaconcezionec.d. privatistica,seguitadalladottrina maggioritaria - che individua nel consenso la causa della separazione - la funzione dell’omologazione è quella di attribuire efficacia all’accordo privato, senza operare alcuna integrazione della volontà negoziale, v. F ALZEA, La separazione personale, op. cit., 77. ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, op. cit., 139; MANTOVANI, Separazione personale dei coniugi, I, Disciplinasostanziale,op.cit.,29, ritengono che l’omologazione abbia una funzione di mero controllo, di legittimità o di merito. BRECCIA, Separazione personale dei coniugi, Digesto Italiano, IV civ., XVIII, Utet, Torino 1998, 376, sostiene che il tribunale debba svolgere un controllo di legittimità, sulla ritualità della fase presidenziale, l’esistenza del consenso e l’inesistenzadiclausolenulle. Secondo altra dottrina non sarebbe però sufficiente il mero giudizio di liceità: A UTORINO STANZIONE-ZAMBRANO, Separazioneindirittocomparato, Digesto Italiano, IV civ., XVIII, Utet, Torino, 1998, 438, ritiene necessarioungiudiziopositivodi meritevolezza delle condizioni pattuite;ZATTI,Idirittieidoveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, op. cit., 140 e MANTOVANI, Separazione personale dei coniugi, I, Disciplina sostanziale, op. cit., 29, ritengono possibile il rifiuto dell’omologazione nel caso di clausolevessatorie,dacuiemerga unaposizionediinferioritàdiun coniuge verso l’altro, ove il sacrificio nasconda uno stato di debolezza che condizioni il consenso. Contra, altri negano il potere del tribunale di sindacare la legittimità sostanziale dell’accordo, salva la conformità degli accordi all’interesse della prole, ritenendo che l’omologazione del verbale di separazione consensuale sottoscrittodaiconiugi,verificata la legittimità formale del procedimento, sia un "atto dovuto"; il rifiuto dell’omologazione-conriguardo alle condizioni economiche della separazione relative ai coniugi – costituirebbe non uno "specifico potere" riconosciuto al giudice, ma un provvedimento negativo conseguente all’accertamento d’ufficio,exartt.160e1421c.c., della nullità di un accordo negoziale per violazione di una norma imperativa di legge, v. DORIA, Autonomia privata e causa familiare. Gli accordi traslativi tra i coniugi in occasione della separazione personaleedeldivorzio, Giuffrè, Milano,1996,318. Da parte di altri ancora, si sostiene che il procedimento di separazione consensuale sia "fisiologicamente" non idoneo a verificaregliaccordipatrimoniali formulati dai coniugi, v. POLLI-CE, Autonomia dei coniugi e controllo giudiziale nella separazione consensuale: il problema degli accordi non omologati,inDG,1988,107. (139) BIANCA, Diritto civile, 2. La famiglia. Le successioni, op. cit., 229; SCARDULLA, La separazione personale tra i coniugieildivorzio,op.cit.,359, afferma che “il diritto al mantenimento ed agli alimenti è assolutoedinderogabileequindi irrinunciabile ed ogni accordo che prevede una rinuncia in via preventiva o che maschera una rinuncia è nullo, in quanto concernente un diritto indisponibile. E’ del pari nullo ogniaccordoaventeadoggettola rinuncia alla revisione eventuale dell’accordo sul trattamento economicoosullasentenzachelo hadeterminato.…Nelrispettodi tali inderogabili principi, dettati dalla finalità della tutela dell’interessedellafamiglia,nulla vieta che i coniugi … possano giungere ad un accordo (sia in sede di separazione giudiziale che consensuale) sull’entità dell’assegno o che il coniuge a cui favore dovrebbe essere, in astratto, corrisposto riconosca (o rappresenti) la sua attuale autosufficienza … Tale accordo però non preclude al coniuge cheavevariconosciutolapropria autosufficienza e quindi rinunciato validamente alla corresponsione dell’assegno per laqualedifettavanoipresupposti – la possibilità successiva di convenire l’altro in giudizio perché provveda a corrispondere l’assegno … ove quelle condizioni … sono venute meno. …Va ancora aggiunto che l’accordo anzidetto, non potendosi considerare come una rinuncia, è valido in quanto scaturisce da una libera ed obiettiva valutazione delle possibilitàenecessitàdientrambi iconiugi,conlaconseguenzache essosarebbenulloovefossestato inficiato da errore sulla situazione economica dell’obbligato o determinato da violenza.”. (140) CECCHERINI, I rapporti patrimoniali nella crisi della famigliaenelfallimento,Giuffrè, Milano,1996,192;ZATTI,Idiritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi,op.cit.,258;DEFILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 260; COMPORTI, Autonomia privata e convenzioni preventive di separazione, di divorzio e di annullamentodelmatrimonio,op. cit.,114ess.,ammettelavalidità della rinuncia al mantenimento, che però deve intendersi sempre soggetta alla clausola implicita rebussicstantibus. (141) OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, op.cit., 388 e ss.,sostienelapienavaliditàdegli accordi aventi ad oggetto atti di disposizione del diritto al mantenimento tra coniugi separati, e mette in luce la contraddizione della tesi che distinguetrainammissibilitàdella rinuncia all’an e libera determinazione delquantum dell’assegno “atteso l’evidente carattere dispositivo di entrambi gliaccordi”. (142) BIANCA, Diritto civile, 2. La famiglia. Le successioni, op. cit.,226ss. (143) SCARDULLA, La separazione personale tra i coniugieildivorzio,op.cit.,365 ss. (144)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio,op.cit.,259ss.,ammette che l’accordo di separazione consensuale possa contenere “una pattuizione che preveda l’adempimento dell’obbligo di mantenimentoinunicasoluzione, mediante l’elargizione di una somma di denaro o il trasferimento di un bene immobile”, e precisa che “il coniuge che riceve il bene non compie alcuna rinuncia” – alla prestazione periodica dell’assegno – “quanto acconsente ad una diversa regolamentazione, che evidentemente considera conveniente”; CECCHERINI, I rapporti patrimoniali nella crisi della famiglia e nel fallimento, op.cit.,223; (145)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 260 ammette la “possibilità di corrispondere quanto dovuto per il mantenimento in unica soluzione” anche in sede di separazione, fermo restando che “l’accordo di separazione consensuale è valido rebus sic stantibus” e “non può contenere una clausola di rinuncia a future revisioni, ove sopraggiungano nuovecircostanze,perleesplicite previsioni dell’art. 156 u.c. cod.civ. e 710 cod. proc. civ.”; DOGLIOTTI, La separazione giudiziale, op. cit., 505 e ss.; ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, op. cit., 259;RABITTI,Laprestazioneuna tantum nella separazione dei coniugi, in Familia, 2001, 615 e ss.;OBERTO,Icontrattidellacrisi coniugale, II, op. cit., 795 ss., sostiene la piena validità dell’accordo per la corresponsione in unica soluzione dell’assegno di mantenimento al coniuge separato, poichè “una volta superato l’ostacolo concernente l’asserita non disponibilità del diritto al mantenimento del coniuge separato e dimostrata l’inapplicabilità dell’art. 160 c.c. alla crisi coniugale” si deve lasciare il massimo spazio all’autonomiadelleparti. (146) ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, op. cit., 259; DOGLIOTTI, La separazione giudiziale,op.cit.,508;OBERTO, Prestazioni "una tantum" e trasferimento tra coniugi in occasione di separazione e divorzio, Collana Biblioteca del Diritto di Famiglia, diretta da Dogliotti, Ipsoa, Milano, 2000, 41. (147) SCARDULLA, La separazione personale tra i coniugieildivorzio,op.cit.,367; AULETTA, Gli accordi sulla crisi coniugale,inFamilia,2003,I,66, sostienel’invaliditàdegliaccordi preventivididivorziostipulatiin sede di separazione, in quanto privano il coniuge bisognoso, in misura totale o parziale, del diritto al sostentamento, o finiscono con l’incidere sulla libertà di aprire la crisi o di determinarne gli effetti; BONILINI, L’assegno postmatrimoniale, in BONILINI e TOMMA-SEO,Loscioglimentodel matrimonio, inIl codice civile, Commentario Schlesinger diretto da Busnelli, Giuffrè, Milano, 2004, par. 25, afferma che gli accordi preventivi di divorzio non sono attualmente praticabili nel nostro ordinamento: “a mio avviso,soltantounanovellazione della disciplina vigente in materia di divorzio potrebbe legittimarne il tanto invocato ingresso nel sistema; a ben vedere, peraltro, essa dovrebbe orientarsi a ridisegnare l’intera struttura dell’istituto divorzile e, soprattutto, dei caratteri dell’assegno post-matrimoniale. Sembra, quindi, assai arduo che ildibattitopossaessererisoltoin senso positivo, in via di interpretazione, richiamando l’applicazione dei principì contrattuali.Insintesi,almenotre sonoleperplessitàsalientichele intese preventive, relative all’assegno post-matrimoniale, suscitano: la circostanza che il divorzio costituisca una condizione, il cui avveramento dipende essenzialmente dalla volontà delle parti, dato che a questeultimecompetel’iniziativa del procedimento e l’entrata nel processo, attraverso l’offerta di prove; soprattutto, il fatto che il trascorreredeltempogiuochiun ruolo fortemente negativo sulla sistemazioneattuatamediantegli accordi in vista del divorzio, il cui valore è, pertanto, quasi del tutto ridimensionato dalla clausola rebus sic stantibus; la circostanza, infine, che, ove i coniugi intendano abbreviare i tempiprocessuali,potrannofarlo attraverso la proposizione della domanda congiunta di divorzio, eventualmente rimeditando e formalizzandoprecedentiaccordi non vincolanti.” Per l’ammissibilità degli accordi preventivi di divorzio di natura economicaepatrimoniale,insede di separazione, v. O BERTO, I contratti della crisi coniugale, I, op.cit.,483ss;OBERTO, Accordi preventivi di divorzio: la prima picconata è del Tribunale di Torino, nota a Trib. Torino, sez. VII,ord.20aprile2012,secondo il quale “l’accordo concluso sui profili patrimoniali tra i coniugi in sede di separazione legale ed in vista del divorzio non contrasta né con l’ordine pubblico,néconl’art.160c.c.”,, inFam.eDir., n. 8-9, 2012, 803; OBERTO, Contratti prematrimoniali e accordi preventivi sulla crisi coniugale, i nFam. e Dir., n. 1, 2012, 69; BUSNELLI,PrefazioneadAA.Vv., La famiglia e il diritto fra diversità nazionali ed iniziative dell’Unione Europea, a cura di Amram e A. D’Angelo, Padova, 2011,XIX. (148) BIANCA, Diritto civile, 2. La famiglia. Le successioni, op. cit., 218; SCARDULLA, La separazione personale tra i coniugieildivorzio,op.cit.,101; BONILINI, L’assegno postmatrimoniale, op. cit., par. 25, afferma il principio dell’indisponibilità sostanziale preventiva dell’assegno di divorzio, nella fase della separazione, in ossequio alla natura assistenziale dell’assegno post-matrimoniale. (149) DE PAOLA, nota a sent. Cass., 4 aprile 1998, n. 3503, in Fam.eDir.,1998,333. (150)MOROZZODELLAROCCA, voceSeparazione personale (dir. Priv.) in Enc. Dir., op. cit., 1381; ZATTI, nota a Cass. 13 febbraio 1985,n.1208,inNuovagiur.civ. comm.,1985,I,658. (151) CARBONE, Autonomia privataerapportipatrimonialitra coniugi(incrisi),notaaCass.22 gennaio 1994, n. 657, in Fam. e Dir.,1994,145;F ERRARI,Ancora in tema di accordi fuori dal verbale di separazione, Nuova giur. civ. comm., 1994, I, 710; DOGLIOTTI, Separazione e divorzio. Il dato normativo, I problemi interpretativi, Utet, Torino,1995,18. (152) BRECCIA, Separazione personale dei coniugi, op. cit., 377;ZATTI,Idirittieidoveriche nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, op. cit., 144; una posizione intermedia è espressa da MANTOVANI, Separazione personale dei coniugi,I)Disciplinasostanziale, op.cit.,20,secondocuil’accordo non omologato vale a regolare i rapporti tra le parti finché non intervenga una revoca del consenso, che fa rivivere l’efficacia delle determinazioni originarie. (153) Cass., 12 settembre 2011, n.18618;Cass.,29luglio2011,n. 16736;Cass.,24febbraio2010,n. 4531;Cass.,14dicembre2006,n. 26835; Cass., 25 agosto 2006, n. 18547; Cass., 27 giugno 2006, n. 14840;Cass.,7febbraio2006,n. 2626; Cass., 22 ottobre 2004, n. 20638,inGuidaaldir.,2007,20, 45. (154) Cass., 28 aprile 2006, n. 9878,Guida al dir. , 2006, n. 30, sottolinea che “la conservazione del precedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiario dell’assegno costituisce un obiettivo tendenziale, e non sempre la separazione, aumentando le spese fisse dei coniugi, ne consente la realizzazione; sicché esso va perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato, richiamate dall’art. 156, comma 2, c.c.”; conf.Cass.,16novembre2005,n. 23071;Cass.,7febbraio2006,n. 2626; Cass., 30 marzo 2005, n. 6712; Cass., 27 giugno 1997, n. 5762,inGiust.civ.,1998,I,149. (155) Cass., 14 dicembre 2006, n. 26835; Cass., 25 agosto 2006, n. 18547; Cass., 27 giugno 2006, n.14840;Cass.,7febbraio2006, n.2626;Cass.24dicembre2002, n. 18327, inFam. e dir., 2003, 275. (156) Cass., 22 ottobre 2004, n. 20638; Cass., 11 aprile 2000, n. 4558; Cass., 26 giugno 1996, n. 5916;28aprile1995,n.4720;27 febbraio1995,n.2223;18agosto 1994, n. 7437; 2 luglio 1990, n. 6774. (157) Cass., 19 marzo 2004, n. 5555, inRiv. Dir. Fam. e pers ., 2004,343. (158) Cass., 29 luglio 2011, n. 16736; Cass., 19 marzo 2004, n. 5555,cit.;Cass.7marzo2001,n. 3291, inFam. e dir., n. 6/2001, 608,connotadiNADDEO. (159) Cass., 16 dicembre 2004, n. 23378, inFam. e dir., n. 2/2005,127. (160) Cass., 14 dicembre 2006, n.26835,cit.;Cass.14novembre 2001, n. 14162; Cass., 27 giugno 1997,n.5762. (161) Cass., 12 settembre 2011, n.18618;Cass.,24luglio2007,n. 16334,inFam.eDir.,n.11/2007, 1060; Cass., 24 aprile 2007, n. 9915; Cass., 27 giugno 2006, n. 14640;Cass.,7febbraio2006,n. 2625, inForo it., 2006, I, 1751; Cass.,22ottobre2004,n.20638; Cass., 18 settembre 2003, n. 13747, inArch. civ., 2004, 7/8, 943;Cass.,26novembre1996,n. 10465, inFam. e dir., 1997, 167; Cass.,18agosto1994,n.7437,in NuovaGiust.Civ.,1995,I,551. (162) Cass., 22 settembre 2011, n.19439;Cass.,24luglio2007,n. 16334, cit.; Cass., 4 aprile 2000, n.4800,inGiur.It., 2003,4,686, connotadiBARBIERA. (163) Cass., 22 settembre 2011, n. 19439; Cass. 16 maggio 2005 n. 10210, inGuida al dir. , 2005, n.29,55,connotadiGALLUZZO; Cass. 26 novembre 1996, n. 10465. (164) Cass., 24 aprile 2007, n. 9915; Cass., 5 luglio 2006, n. 15326; Cass., 27 giugno 2006, n. 14640; Cass., 9 marzo 2006, n. 5061; Cass., 22 ottobre 2004, n. 20638. (165) Cass., 7 luglio 2008, n. 18613,rigettandoilricorsodiuna moglie che lamentava la violazione dell’art. 156 c.c., per non avere i giudici del merito valutato l’inadeguatezza dell’assegno di mantenimento, sulla base delle rispettive capacità economiche dei coniugi e in rapporto al tenore di vita da lorofruitodurantelavitacomune (erastatoattribuitoallamoglieun assegno mensile di euro 18.000,00, a fronte di un imponibile lordo annuo dichiarato dal marito di euro 820.000,00, considerato anche che il marito, nel corso della convivenza coniugale versava ogni mese 30.000 dollari alla moglie), ha affermato che “nella determinazionedelmantenimento del coniuge deve tenersi conto del tenore di vita "normalmente" godibile in base ai redditi percepitidallacoppia,epertanto colui al quale è riconosciuto il diritto a tale assegno potrà chiedere,pertaletitolo,lesomme necessarie a integrare entrate sufficienti a soddisfare le sue esigenze di vita personale e di relazionealmedesimolivellogià raggiunto nel corso del matrimonio, non dovendosi nell’assegno comprendere, di regola, somme che consentano atti di spreco o di inutile prodigalità del suo destinatario. … il mantenimento non è quindi destinato allo svolgimento di attività diverse da quelle strettamente inerenti allo sviluppo della vita personale fisica e culturale (sport, viaggi, letture, frequenza di corsi) - e di relazione (incontri, vacanze, ricevimentietc.),delconiugeche lo riceve, e quindi non serve per gli investimenti o per consentire una eventuale attività imprenditoriale di chi ne beneficia”. (166) Cass., 28 aprile 2006, n. 9878, inGuida al dir., 2006, n. 30,52;Cass.,16novembre2005, n. 23071 inGiust. Civ. Mass ., 2005, 11; Cass., 30 marzo 2005, n.6712. (167)Cass.,8novembre2006,n. 23801, inMass. Rep. Lex24; Cass., 20 ottobre 2005, n. 20290, i nFam., pers. e succ., 2007, 2, 107, con nota di ZUCCHI; Cass., 22 gennaio 1994, n. 657, inDir. Fam.,1994,868,eVentiquattrore Avvocato Contratti, 2007, 4, 73, connotadiDIGIACIN-TO. (168) Sul decreto di omologazione, Cass., 30 aprile 2008, n. 10932, inIl Corr. Giur ., 2008, 6, 753, nel confermare il suo consolidato indirizzo, ha ribaditoche“èprivodeicaratteri della definitività e della decisorietà, poichè incide su diritti soggettivi, senza tuttavia decidere su di essi e non ha attitudine ad acquistare l’efficacia del giudicato sostanziale. Il decreto viene emesso nell’ambito di un procedimento di volontaria giurisdizioneesisostanziainun provvedimento con il quale il tribunale, esercitato positivamenteilpropriocontrollo sull’osservanza del rito e sulla conformità delle clausole convenzionali sottopostegli dai coniugi alle norme imperative che regolano la materia ed all’ordine pubblico, imprime efficacia giuridica all’accordo intervenuto tra le parti (Cass. n. 3390 del 2001). Le specifiche condizioni dell’accordo sono modificabili, per circostanze sopravvenute, attraverso il procedimento di cui all’articolo 710 c.p.c., richiamato dall’articolo 711 c.p.c.; il provvedimentodiomologazioneè impugnabile con reclamo alla corte di appello ai sensi degli articoli 739 e ss. c.p.c. (Cass. n. 3390 del 2001), ma è anche revocabile per vizio proprio di legittimità - dovuto a inosservanza di norme processuali o sostanziali -, in base alle disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio,contenutenegliarticoli 737-742 bis c.p.c. (Cass. n. 8712 del1990).Indefinitiva,ildecreto di omologazione costituisce un atto di controllo privo di contenuto decisorio, perchè incide ma non decide su diritti soggettivi perfetti, non avendo attitudine ad acquistare la efficacia del giudicato sostanziale. Gli eventuali vizi di legittimità non si convertono in motividigravameesonoinogni tempo deducibili nell’ambito della giurisdizione camerale; sono pure eccepibili in un processoordinario-adesempio, riguardante lo scioglimento del vincolo matrimoniale -, dove l’esistenzadiunvalidodecretodi omologazione si presenti come imprescindibile condizione di legittimità dell’azione (Cass. n. 8712 del 1990)”; Cass., 8 marzo 2001,n.3390,inArch.civ.,2002, 1,120. (169) Sulla definizione della separazione consensuale come negozio di diritto familiare, “espressamente previsto dagli artt. 150 e 158 cod. civ. e disciplinato nei suoi aspetti formali dall’art. 711 c.p.c. ”, Cass., 15 maggio 1997, n. 4306, ha precisato: “detto accordo ha un contenuto essenziale - il consenso reciproco a vivere separati - ed un contenuto eventuale, costituito dalle pattuizioni necessarie ed opportune, in relazione all’instaurazione di un regime di vita separata, a seconda della situazione familiare (affidamento dei figli; assegni di mantenimento; statuizioni economiche connesse)”; “rientra pertinentemente nel contenuto eventuale dell’accordo di separazione ogni statuizione finalizzata a regolare l’assetto economico dei rapporti tra i coniugi in conseguenza della separazione, comprese quelle attinenti al godimento ed alla proprietà dei beni, il cui nuovo assetto sia ritenuto dai coniugi stessi necessario in relazione all’accordo di separazione e che ilTribunale-conl’omologazione - non abbia considerato in contrasto con interessi familiari prevalenti rispetto a quelli disponibilidiciascunodiessi”;v. anche Cass., 20 novembre 2003, n. 17607, inGuida al dir., 2004, 7, 70, che conferma la “natura negoziale dell’atto che dà sostanza e fondamento alla separazione consensuale, atteso che in tale accordo si dispiega pienamente l’autonomia dei coniugi e la loro valutazione della gravità della crisi coniugale,conesclusionediogni poterediindaginedelgiudicesui motivi della decisione di separarsi e di valutazione circa lavaliditàditalimotivi,inpiena coerenza con la centralità del principio del consenso nel modello di famiglia delineato dalla legge di riforma ed in ragione del tasso di negozialità dallastessaleggericonosciutoin relazione ai diversi momenti ed aspettidelladinamicafamiliare”. (170)Cass.,25gennaio2012,n. 1084;Cass.,4novembre2010,n. 22505; Cass., 10 marzo 2006, n. 5302; Cass. 1 dicembre 2000, n. 15349,inArch.civ.,2001,1,110; Cass., 14 giugno 2000, n. 8109; Cass.,18febbraio2000,n.1810; Cass.,20marzo1998,n.2955. (171) Cass., 10 agosto 2007, n. 17634; Cass., 10 marzo 2006, n. 5302. (172)Cass.,18febbraio2000,n. 1810. (173)Cass.,8novembre2006,n. 23801,Foro It., 2007, 4, 1189, I; Cass., 20 ottobre 2005, n. 20290, cit.; Cass. 30 agosto 2004, n. 17434,Guida al dir. , 2004, 42, 73;Cass.28luglio1997,n.7029, inGiust.civ.Mass.,1997,1287. (174) Cass., 20 ottobre 2005, n. 20290, cit.; Cass., 11 giugno 1998, n. 5829, inGiust. civ. Mass., 1998, 1292, eGuida al dir.,2004,38,45;Cass.30agosto 2004,n.17434,cit.. (175) Cass., 11 giugno 2008, n. 15557; Cass., 6 giugno 2008, n. 15086, inFamiglia e Minori, 2008, 7, 60; Cass., 22 maggio 2008, n. 13097; Cass., 3 ottobre 2005,n.19291,inForoIt., 2006, 5,1362,I,connotadiCASABURI. (176) sulla perdita del diritto al mantenimento a seguito della pronuncia di addebito, Cass., 1 agosto 1994, n. 7165, inForo it. Rep., 1994, voceSeparazione di coniugi,n.79. (177)Cass.,24febbraio2006,n. 4204; Cass., 19 ottobre 1988, n. 5698,inGiur.It.,1989,I,1,450. (178) secondoDE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 388,“ilconcettoditenoredivita goduto o godibile non deve essere inteso in senso letterale, poiché la separazione, determinando maggiori spese ed eliminando le economie che derivano dal vivere insieme, non può non comportare un abbassamento del livello generale di possibilità economiche. Esso deve pertanto intendersicomeriequilibriodelle dueposizioni,talecheentrambii coniugi, dovendo ridimensionare ilpropriostandardeconomico,lo faccianonellamedesimamisura”. (179) Cass., 24 aprile 2007, n. 9915; Cass., 5 luglio 2006, n. 15326; Cass. 16 maggio 2005, n. 10210, inGuidaaldir.,2005,29, 55,connotadiGALLUZZO;Cass., 22 ottobre 2004, n. 20638; Cass. 24 dicembre 2002, n. 18327; Cass.,28aprile1995,n.4720. (180) Cass. 4 aprile 2002, n. 4800,Arch.civ.,2003,3,325. (181) Cass., 22 settembre 2011, n.19349;Cass.,5luglio2006,n. 15326; Cass. 16 maggio 2005, n. 10210,cit.. (182) Cass., 22 settembre 2011, n. 19349;DE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 389. (183) Cass. 24 aprile 2007, n. 9915; Cass., 7 febbraio 2006, n. 2625, inForo it., 2006, I, 1751; un recente orientamento della giurisprudenza di merito, Trib. Firenze,3ottobre2007,inFam.e dir., 1/2008, 53, sostiene che l’assegno di mantenimento al coniuge deve consentire dopo la separazione “ai due nuovi nuclei un tenore di vita analogo tra loro”, e sottolinea che “per valutarel’effettodiunaqualsiasi ripartizionedellerisorsetraidue coniugioccorrevalutareiltenore divitadellafamigliaoriginariae confrontarlo con quello che avrebbero le due famiglie risultanti dalla separazione in relazione alla ripartizione di risorse di volta in volta considerata. La questione delicata è che il tenore di vita delle famiglie che si vogliono confrontare non dipende solo dalle risorse a disposizione ma anche dai bisogni differenti, che si determinano in relazione alla diversacomposizionefamiliare.”, mettendoancheinlucel’esigenza di tener conto della tipologia di speseedeibisognichevarianoda famiglia a famiglia, in considerazione del reddito, della sua composizione e della zona geografica di residenza, per cui “mentre la spesa tipica di una famiglia con un basso livello di benessere economico risulta sbilanciata verso beni di prima necessità (tipicamente beni alimentari), una famiglia agiata devolverà una quota importante delle proprie risorse economiche abenidilussoevoluttuari:ossia all’aumentare del reddito diminuisce l’importanza relativa dellaspesapergenerialimentari e per bisogni primari, mentre cresce per altre categorie di beni.” (184) Cass., 28 aprile 2006, n. 9878,Guida al dir. , 2006, n. 30, 52; Cass., 16 novembre 2005, n. 23071,inGiust.Civ.Mass., 2005, 11; Cass., 30 marzo 2005, n. 6712,Foro it. Rep., 2005, voce Separazionediconiugi,n.11. (185) Cass., 11 agosto 2011, n. 17193. (186) Cass., 24 luglio 2007, n. 16334, inQuestioni di diritto di famiglia, Maggioli, 2008, 1, 38, con nota di A RCERI; Cass. 24 aprile 2007, n. 9915; Cass. 12 giugno 2006, n. 13592; Cass., 3 ottobre 2005, n. 19291, inForo It., 2006, 5, 1362, I, con nota di CASABURI;Cass.,30marzo2005, n.6712;Cass.,18settembre2003, n.13747. (187) SERVETTI e MANGANO, Provvedimenti concernenti la casa coniugale ed il mantenimento, in Le prassi giudiziali nei procedimenti di separazione e divorzio, Il diritto vivente. Riflessioni e approfondimenti dal C.S.M, Utet, Torino, 2007, 94; Cass. 24 aprile 2007, n. 9915; Cass., 7 marzo 2001, n. 3291, cit.; Cass., 23 aprile 2010, n. 9719 ha precisato che“lavalutazioneinordinealle capacità economiche delconiuge obbligato ai fini del riconoscimento e della determinazione dell’assegno a favoredell’altroconiugenonpuò che essere operata sul reddito nettoenongiàsuquellolordoin perfetta corrispondenza con la situazione che si verifica in costanzadimatrimonioincuisul reddito netto la famiglia fa affidamento e sul quale ogni possibilità di spesa viene rapportata”. (188) SERVETTI e MANGANO, Provvedimenti concernenti la casa coniugale ed il mantenimento,op.cit.,94. (189) SERVETTI e MANGANO, Provvedimenti concernenti la casa coniugale ed il mantenimento,op.cit.,95. (190) SERVETTI e MANGANO, Provvedimenti concernenti la casa coniugale ed il mantenimento,op.cit.,95. (191)Cass.,20gennaio2012,n. 785; Cass., 7 febbraio 2006, n. 2626; Cass. 3 ottobre 2005, n. 19291, cit.; Cass., 24 dicembre 2002, n. 18327, inFam. e dir., 2003, 275; Cass., 28 settembre 2001, n. 12136, inFam. e dir., 2002,271. (192) Cass., 12 settembre 2011, n. 18618 secondo cui “in mancanza di prova sul tenore di vita, può sopperire l’ammontare complessivo del patrimonio e dei redditi dei coniugi, dando esso luogo ad una presunzione sul tenore di vita da essi goduto duranteilmatrimonio”;Cass.,10 luglio 2008, n. 19066; Cass., 7 dicembre2007,n.25618;Cass.,4 aprile 2002, n. 4800, inGiur. it ., 2003, 686, con nota di BARBIERA;Cass.,19marzo2002, n. 3974, inForo it. Rep., 2002, v o c eSeparazione di coniugi, n. 84; Cass., 8 maggio 1998, n. 4679, inForoit.Rep.,1998,voce Separazione di coniugi, n. 77; diversamente,secondounrecente orientamento dei giudici di merito, Trib. Firenze, 3 ottobre 2007, cit., è necessario effettuare unaprecisaindagine,avvalendosi di un’analisi econometrica che definisceequantificalerisorsee ibisognidiciascuno. (193) Cass., 24 aprile 2007, n. 9915; Cass., 30 marzo 2005, n. 6712;Cass.,18settembre2003,n. 13747. (194) Cass., 14 agosto 1997, n. 7630,inForoIt.Mass.,1997. (195) Cass., 12 giugno 2006, n. 13592, e Cass. 28 aprile 2006, n. 9878, inGuida al dir. , 2006, n. 30, hanno ribadito che la determinazione dell’assegno di mantenimento richiede una valutazione complessa e globale, che non è ancorata a criteri aritmetici o alla ripartizione dei redditi per quote, dovendosi comunque operare un bilanciamento tra la situazione economica e patrimoniale dei coniugi, al momento della decisione. (196) In altri Paesi europei, tra cui ad esempio la Germania, il Belgio e la Danimarca, il giudice quantifica l’assegno per il coniuge e i figli sulla base di tabellecheriportanoilcostodella vita e dei figli, elaborato su basi statistiche per fasce di reddito, e dinumeroedetàdeifigli. (197) Cass., 3 ottobre 2005, n. 19291;Cass.,9settembre2002,n. 13065, inFam. e dir., 2002, 587, con nota di LIUZZI; Cass. 14 agosto1997,n.7630. (198) Cass., 6 maggio 1998, n. 4543, inGiust. Civ. Mass ., 1998, 941. (199) Cass., 12 marzo 2012, n. 3922haaffermatoche“larevoca dell’assegnazione della casa familiare costituisce elemento valutabile ai fini del riconoscimento dell’assegno di divorzio, in quanto essa incide negativamente (e, normalmente, in modo rilevante) sulla situazione economica della parte che debba ottenere in locazione altroimmobileperfarfrontealle proprie necessità abitative, e ne può, quindi, derivare un peggioramento della situazione economica dell’ex coniuge tale da renderla insufficiente ai fini della conservazione di un tenore divitaanalogoaquelloavutoin costanza di matrimonio” (nello stesso senso, Cass., 20 aprile 2011, n. 9079; Cass., 30 marzo 2005,n.6712);Cass.,9settembre 2002,n.13065,cit. (200) Cass., 21 giugno 2012, n. 10380; Cass., 18 luglio 2003, n. 11224,Fam.edir.,2004,88. (201)Cass.,8novembre1997,n. 11031, inFam. e dir. , 1998, 347; Cass.,26giugno1996,n.5916,in Fam.edir.,1996,530. (202) Trib. Roma, 2 maggio 2006, inRiv. dir. fam. e pers. , 2006,1200. (203) Cass., 21 giugno 2012, n. 10380. (204) Cass. 21 settembre 2005, n. 18604, inGuida al dir. , 2005, n.43. (205) Cass., 22 marzo 2012, n. 4571;Cass.,11dicembre2003,n. 18920; Cass. 17 ottobre 1989, 4163. (206) Cass., 25 agosto 2006, n. 18547; Cass., 16 dicembre 2004, n. 23378,Fam. e dir., 2/2005, 127; Cass., 19 marzo 2002, n. 3975,inGiust.Mass.,2002,489. (207) Cass., 19 marzo 2004, n. 5555,Riv.dir.fam.epers. , 2004, 343;Cass.,7marzo2001n.3291, Fam.edir.,2001,608,connotadi NADDEO;Cass.,4aprile1998,n. 3490; Cass. 18 agosto 1994 n. 7437,Nuova Giust. Civ., 1995, I, 551. (208) Secondo Cass., 23 luglio 2010, n. 17347, “il rifiuto di accettare possibilità d’impiego non può essere considerato, di per sè solo, espressione di renitenzaaprovvederealproprio mantenimento se non si dimostri cheleofferteeranoadeguatealla qualificazione professionale e alla dignità personale del coniuge,tenutoanchecontodelle condizioni economiche e sociali godute prima della crisi matrimoniale”. (209) Cass., 2 luglio 2004, n. 12121, inRiv. dir. fam. e pers. , 2005,46,eForoIt.,2006,2,580, I,hasostenutoche“l’attitudineal lavoro proficuo, come potenziale capacitàdiguadagno,appartiene certamente al novero degli elementi valutabili dal Giudice della separazione per definire la misura dell’assegno, dovendo egli considerare a tal fine non soltanto i redditi in denaro, ma anche ogni utilità o capacità propria dei coniugi, suscettibile di valutazione economica (Cass. nn. 4543/1998, 7630/1997, 961/1992, 11523/1990, 6774/ 1990). Ma il mancato sfruttamento della supposta attitudine al lavoro non equivale adunredditoattualené,dipersé ed in modo univoco, lascia presumere la volontaria ripulsa di propizie occasioni di reddito. L’inattività lavorativa, infatti, non necessariamente è indice di scarsa diligenza nella ricerca di unlavoro,finchénonsiaprovato, ai fini della decisione sull’assegno, il rifiuto di una concreta opportunità di occupazione: solo in tal caso lo stato di disoccupazione potrebbe essere interpretato, secondo le circostanze, come rifiuto o non avvertitanecessitàdiunreddito; il che condurrebbe ad escludere il diritto di ricevere dal coniuge (cfr. Cass. nn. 3975/2002, 4163/ 1989), a titolo di mantenimento, le somme che il richiedente avrebbe potuto ottenere quale retribuzione per l’attività lavorativa rifiutata o dismessa senza giusto motivo”; v. anche Cass.,19marzo2002,n.3975,in Giust.civ.Mass.,2002,489. (210) Cass., 30 dicembre 2011, n.30216,haribaditoche“intema di separazione personale dei coniugi, allabreve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi”, e “al più, alladurata d e lmatrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento”; Cass., 8 febbraio 2006, n. 2818; Cass., 16 dicembre 2004, n. 23378, in Fam. e dir., 2/2005, 127; Cass., 22 ottobre 2004, n. 20638inForoit.,Rep.2004,voce Separazionediconiugi,n.73. (211) Cass. 10 agosto 2007, n. 17643, inGuidaaldir.,2007,42, 76; Cass. 12 dicembre 2003, n. 19042, inDir. Fam ., 2004, 373; Cass., 8 agosto 2003, n. 11975; Cass., 4 aprile 1998, n. 3503, in Giur.it.,1999,1608. (212) Cass., 25 novembre 2010, n.23968haprecisatoche“purela relazione stabile del coniuge avente diritto almantenimento non esonera l’altra parte dall’obbligo di corrispondere l’assegno dimantenimentoinsuo favore, in rapporto agli articoli 155e156c.c.,inmancanzadella provacheilconviventeprovveda integralmente ai bisogni di chi chiede il contributo”; Cass., 20 gennaio 2006, n. 1179; Cass., 22 aprile 1993, n. 4761, in Guida al dir.,n.11/1995,66. (213) Cass., 27 marzo 1993, n. 3720. (214) Cass., 24 aprile 2001, n. 6017,Familia,2001,864. (215) contra, Cass., 27 gennaio 2004, n. 1398, e Cass., 22 novembre2000,n.15065,dovesi èsostenutoche“laformazionedi unanuovafamiglianonlegittima di per sé una diminuzione del contributo per il mantenimento dei figli nati in precedenza, in quanto costituisce espressione di unasceltaenondiunanecessità elasciainalteratalaconsistenza degliobblighineiconfrontidella prole. Tuttavia …. il Giudice del meritodeveindubbiamentetenere conto, in misura consona al tenore di vita delle parti, dell’obbligo di mantenimento dei figlinatidaunanuovarelazione cheunadiesseabbiainiziato”. (216) Cass., 22 marzo 2012, n. 4551, consolidando l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sul punto, ha precisato che la costituzione di un nuovo nucleo familiareolanascitadifiglinon comporta automaticamente l’accoglimento della domanda di riduzione dell’assegno avanzata dalconiugeobbligato,dovendoil giudice verificare se i sopravvenuti oneri familiari del coniuge obbligato al versamento dell’assegno determinino un effettivo depauperamento delle sue sostanze, così da effettuare una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti; Cass., 20 gennaio 2006, n. 1179; Cass., 4 aprile 2002, n. 4800; Cass., 24 aprile 2001,n.6017,inDir.Fam. ,2001, 864. (217) Cass., 4 aprile 2002, n. 4800, inGiur. It ., 2003, 4, 686, con nota di BARBIERA; Cass., 5 giugno 1997, n. 5024, inFam. Dir.,1997,305. (218) Cass., 19 settembre 2006, n.20256;Cass.,7febbraio2006, n.2626;Cass.,24dicembre2002, n. 18327; Cass., 28 settembre 2001, n. 12136, inFam. e dir. , 2002, 271; Cass. 7 maggio 1999, n. 4570; Cass. 22 aprile 1998, n. 4094; Cass. 10 marzo 1994, n. 2349. (219) Cass., 12 marzo 2012, n. 3914; Cass., 20 gennaio 2012, n. 785. (220) Cass., 28 aprile 2006, n. 9861. (221) Cass., 29 aprile 2005, n. 8940,Fam.edir.,n.4/2005,434; Cass., 27 agosto 2004, n. 17136, inGuidaaldir.,2004,37,75. (222) Cass., 12 settembre 2011, n.18618. (223) Cass., 28 aprile 2006, n. 9861; Cass. 6 ottobre 2005, n. 19446; Cass., 16 luglio 2004, n. 13169; Cass. 7 maggio 2002, n. 6541; Cass., 24 maggio 2001, n. 7068; Cass. 5 agosto 1997, n. 7199. (224) Cass., 19 ottobre 2006, n. 22500; Cass., 19 aprile 2000, n. 5126. (225)RecentementeilTribunale di Roma e il Tribunale di Monza hanno introdotto una prassi che prevedel’inserimentoneldecreto presidenziale che fissa l’udienza di comparizione delle parti nei giudizidiseparazioneedivorzio, ed i termini per la notificazione del decreto e del deposito della memoriadifensivadelconvenuto, della richiesta alle parti di depositare le dichiarazioni dei redditidegliultimitreannieuna dichiarazione sostituiva di atto notorio(aisensieperglieffettidi cui al d.P.R. 445/2000) contenente l’indicazione di circostanzeinerentialredditoeal patrimonio di ciascuno dei coniugi. I provvedimenti sono pubblicati inFam. e dir., n. 4, 2012. (226) Cass., 12 giugno 2006, n. 13592; Cass. 11 marzo 2006, n. 5379; Cass. 14 maggio 2005, n. 10135, inForo it. Rep., 2005, vocePresunzione, n. 6; Cass. 19 giugno 2003, n. 9806,Foro it. Rep., 2003, voceProva civile in genere,n.50. (227) Cass. 17 maggio 2005, n. 10344, inGuida al dir. , 2005, n. 25,46. (228) Cass. 22 marzo 2012, n. 4551; Cass., 28 gennaio 2011, n. 2098haribaditocheilpoteredel giudicediattivare,d’ufficioosu istanza di parte, indagini patrimoniali avvalendosi della poliziatributaria“nonpuòessere attivato a fini meramente esplorativi, sicchè la relativa istanza e la contestazione di parte dei fatti incidenti sulla posizione reddituale del coniuge tenuto al predetto mantenimento devonobasarsisufattispecificie circostanziati”. (229) Cass., 24 aprile 2007, n. 9915. (230) Cass., 22 marzo 2012, n. 4551; Cass., 25 maggio 2007, n. 12308;Cass.,17maggio2005,n. 10344,cit. (231) Cass., 23 aprile 2010, n. 9719; Cass., 28 aprile 2006, n. 9861; Cass., 17 maggio 2005, n. 10344. (232) Cass., 30 luglio 1997 n. 7127,Giust. Civ., 1998, I, 1413, connotadiCASINI. (233) Cass., 30 luglio 1997 n. 7127, cit., ha affermato che “in tema di separazione personale dei coniugi, il giudice ha facoltà di determinare l’assegno periodico di mantenimento, che unconiugeèobbligatoaversare infavoredell’altro,inunasomma di danaro unica o in più voci di spesa,lequali,nelloroinsiemee correlate tra loro, risultino idonee a soddisfare le esigenze del coniuge in cui favore l’assegno è disposto, rispettando il requisito generale di determinatezza o determinabilità dell’obbligazione(art.1346c.c.). Pertanto, il coniuge può essere obbligato a corrispondere, oltre ad un assegno determinato in somma di danaro, anche altre spese, quali quelle relative al canone di locazione per la casa coniugale ed i relativi oneri condominiali, purché queste spese abbiano costituito oggetto di specifico accertamento nel loro ammontare e vengano attribuite nel rispetto dei criteri sanciti dai commi primo e secondodell’art.156c.c.". (234) Cass., 23 dicembre 1988, n. 7044, inGiust. Civ., 1988, I, 1062; Cass. 13 maggio 1999, n. 4748. (235) Cass., 22 ottobre 2002, n. 14 8 8 6 ,Giust. civ. Mass. , 2002, 1829; Cass., 8 gennaio 1994, n. 1 4 7 ,Giur. it . 1994, I, 1, 844, e Fam.edir.,1994,281. (236) Cass., 11 aprile 2000, n. 4 5 5 8 ,Giust. civ. Mass. , 2000, 775;Cass.,8gennaio1994,cit. (237) Cass., 20 agosto 1997, n. 7 7 7 0 ,Giust. civ. Mass. , 1997, 1455. (238) Cass., 12 dicembre 2003, n. 19042,Riv. dir. fam. e pers. , 2004,373. (239) Cass., 22 ottobre 2002, n. 14886,cit. (240) Cass., 26 settembre 2011, n.19589;Cass.,17luglio2008,n. 19722; Cass., 7 gennaio 2008, n. 28;Cass.n.14886/2002;Cass.n. 4558/2000. (241)Cass.9settembre2002,n. 13060,Giur. it ., 2003, c. 1794; Cass.,5giugno1990,n.5384. (242) Cass. 23 aprile 1998, n. 4198,Foro it. Rep., 1998, voce Separazione di coniugi, n. 92; Cass. 12 aprile 1994, n. 3415, Giust.Civ.,1994,I,c.2865. (243) Cass., 4 febbraio 2000, n. 1226,Fam. e dir., 6, 2000, 582, con nota di Ivaldi; Cass., 3 novembre 1994, n. 9047,Giust. Civ.,1995,743. (244) Cass. 11 aprile 2011, n. 8227, nel sottolineare che “la legge prevede un criterio di adeguamento automatico dell’assegno divorzile”, precisa che ciò “comporta che esso è rivalutabile anche in assenza di domandadiparteesenzaobbligo dimotivazione”;Cass.,4febbraio 2000, n. 1226,Fam. e dir. , 2000, 582 Cass., sez. I, 6 dicembre 1999, n. 13610, inGiust. civ. Mass.,1999,2451. (245) Cass., 11 marzo 2006, n. 5378. (246) Cass., 27 agosto 2004, n. 17136,cit.. (247) Cass., 8 maggio 2008, n. 11489, inGuidaaldir. 2008, 33, 62,connotadiDETULLIO;Cass., 22 novembre 2007, n. 24321, in Famiglia e Minori, 2008, 2, 69; Cass.,5marzo2001,n.3149 (248)Cass.,2dicembre2004,n. 22606. (249)Cass.,7dicembre1999,n. 13666. (250) Cass., 11 marzo 2006, n. 5378. (251)Cass.,20gennaio2012,n. 785;Cass.,26settembre2007,n. 20204. (252) Cass., 26 settembre 2011, n.19589;Cass.,17luglio2008,n. 19722; Cass., 7 gennaio 2008, n. 28. (253) BIANCA, Diritto civile, 2, Lafamiglia.Lesuccessioni,2005, Giuffrè, Milano, 285, precisa che “il diritto all’assegno postmatrimoniale ha la sua fonte nella legge. La sentenza o l’accordo delle parti non creano il diritto ma ne accertano l’esistenza o ne fissano il contenuto.Ildirittohainfattipur sempre la sua causa nella solidarietàpostconiugaleelasua fattispecie costitutiva nei presuppostiprevistidallanorma. Dalla sentenza o dall’accordo delle parti dipendono invece la liquiditàel’esigibilitàdeldiritto. Il provvedimento giudiziale che dispone la corresponsione dell’assegnoè,precisamente,una sentenza di condanna emessa a seguitodell’accertamentoedella determinazionedeldirittodell’ex coniuge nei confronti dell’altro. Essa costituisce titolo esecutivo perl’eserciziodeldiritto.”. (254) Cass., Sez. un., 26 aprile 1974,n.1194. (255) DOSSETTI, L’attribuzione dell’assegno di divorzio, in L’assegno,lapensioneeglialtri diritti di DOSSETTI, MORETTI, MENOTTI, PASTORI, La Tribuna, Piacenza,2003,31ss. (256)TOMMASEO, La disciplina processuale del divorzio, in BONILINI, TOMMASEO, Lo scioglimento del matrimonio, in Commentario Schlesinger, 2ª ed., Giuffrè,Milano,2004,351. (257) Cass., 28 aprile 2008, n. 10810, con riferimento alla domanda di parte, ha precisato che “per accertare se sia stata o meno proposta, il giudice di merito deve avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesafattavalereconriguardo alle finalità che la parte intende perseguire, con la conseguenza che un’istanza non espressamente e formalmente proposta può ritenersi implicitamente introdotta e virtualmente contenuta nella domanda dedotta in giudizio quando si trovi in rapporto di connessione necessaria con il "petitum" e la "causa petendi" formulati sia dalla parte stessa, che dalla controparte, senza perciò introdurre un nuovo "thema decidendum"; v. anche Cass. 5 luglio 2001 n. 9058, in Familia, 2002, 270; e, più in generale, Cass. 9 aprile 2004 n.. 6972, Cass. 28 aprile 2004 n. 8128. (258) Cass., 2 febbraio 1998, n. 1031; Cass., 15 novembre 1982, n. 6094, inDir.Fam.Pers ., 1983, 25. (259) Cass., 8 febbraio 2012, n. 1779 ha da ultimo ribadito che “tra il giudizio di divorzio e quello di modifica delle condizioni della separazione personale, pendenti dinanzi a giudici diversi, non ricorrono i requisitidell’identitàdipetitume di causa petendi che costituiscono, insieme con l’identità dei soggetti, presuppostiindispensabiliperché possa ravvisarsi l’identità di causa ai sensi dell’art. 39 cod. proc.civ..Sitratta,percontro,di procedimenti del tutto autonomi, sia per la diversa struttura, finalità e natura dell’assegno di divorzio rispetto a quella di separazione, sia perché per effetto della pronunzia di divorzio perde efficacia il regolamento economico stabilito in sede di separazione”. La Suprema Corte ha altresì precisato con la stessa pronuncia che “ciò non esclude che la domanda di adeguamento dell’assegno di separazione possa essere proposta dinanzi allo stesso giudice del divorzio, data, anzi, l’opportunità del simultaneus processus per la definizione di questioni patrimoniali indubbiamente connesse (Cass., sez. 1^, 10 dicembre 2008, n. 28.990; Cass., sez.1^,24agosto1994,n.7488); con l’unico limite naturale del divieto di duplicazione dei due assegni e di preclusione della revisione dell’assegno di separazione ove l’ordinanza presidenziale o del giudice istruttore di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 4, comma 8, contenga già disposizioni sui rapporti economicitraiconiugi”. (260) Cass., 8 febbraio 2012, n. 1779; Cass., 8 maggio 1992, n. 5497; Cass., 24 agosto 1994 n. 7488 ha affermato che “poiché l’assegno di mantenimento in favore di uno dei coniugi in regime di separazione è dovuto fino al passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia il divorzio, deve sempre ritenersi ammissibile - proprio per l’opportunità del simultaneus processus innanzi allo stesso giudice per la definizione delle questioni patrimoniali indubbiamente connesse - la domanda di adeguamento dell’assegno di separazione nel corso del giudizio di divorzio, anche se il coniuge che tale adeguamento richiede non si opponga alla pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e richieda, contestualmente, la corresponsione dell’assegno di divorzio ai sensi dell’articolo 5 della legge 898/1970 e sempre chenonsirichieda,perlostesso periodo, la concessione di entrambigliassegni.” (261) Cass., 8 febbraio 2012, n. 1779; Cass., 8 luglio 2005, n. 14381;Cass.,2settembre1997,n. 8381. (262) Cass., 8 luglio 2005, n. 14381; SALVANESCHI, Provvedimenti presidenziali nell’interesse dei coniugi e della prole e procedimento cautelare uniforme, inRiv. dir. priv. , 1994, 1066. (263)TOMMASEO, La disciplina processualedeldivorzio, op. cit., 349 ss.; GRAZIOSI (a cura di),I processi di separazione e di divorzio, Giappichelli, Torino, 2008, 60, sostiene che il presidente non ha autonomia di valutazione sul contenuto dei provvedimenti emessi nel giudizio di separazione, che possono essere modificati solo con il procedimento ex art. 710 c.p.c. (264)TOMMASEO, La disciplina processualedeldivorzio, op. cit., 349 ss.; SALETTI, Aa.Vv., Procedimento e sentenza di divorzio, inIl diritto di famiglia, I, inFamiglia e matrimonio, Trattato diretto da BONILINI, CATTANEO, Utet, Torino, 1997, 601. (265) Cass., 30 marzo 1994, n. 3164, inGiust. civ. Mass. , 1994, 429 (266) la risposta affermativa sembra prevalere: TOMMASEO, La disciplina processuale del divorzio, op. cit., 410; SALETTI, Aa.Vv., Procedimento e sentenza di divorzio, op. cit., 616; SAL-VANESCHI,Iprocedimentidi separazione e divorzio dopo la novella del processo civile, in Riv. dir. priv ., 1996, 50;contra, GRAZIOSI, La sentenza di divorzio, Giuffrè, Milano, 1997, 298, sostiene che tali norme non sarebbero applicabili al giudizio di divorzio, per il quale continuerebbe a valere la disposizione speciale di cui all’art.4,11°co.,l.divorzio,che non prevede l’inibitoria dell’efficacia esecutiva della sentenza. (267)SERVETTI,Imezziditutela perl’adempimentodegliobblighi patrimoniali nella separazione e neldivorzio, inFam.edir., 1995, 4,387ss. (268) Cass. 10 aprile 1992, n. 4391. (269) Secondo Tommaseo,Sui titoliidoneiperiscrivereipoteca giudiziale a garanzia delle obbligazioni assunte nella separazione e nel divorzio, in Fam.edir.,n.3/2011,289,nota a Trib. Vicenza, decreto 27 maggio2010(checonfermaCass. 10 novembre 1994, n. 9393), “titolo idoneo per iscrivere ipotecagiudizialeagaranziadei creditidimantenimentodispostia favoredelconiugedivorziatonon èsoltantolasentenzadidivorzio, come vuole la lettera dell’art. 8 legge div., ma anche il decreto che modifica tale sentenza nei medesimicapisuccessivamenteal suo passaggio in giudicato”; BONILINI, TOMMASEO, Lo scioglimento del matrimonio, Milano,2010,457ss. (270)Cortecost.,ord.17giugno 2002, n. 272, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 708, 3° e 4° comma, c.p.c. sollevatainriferimentoagliartt.3 e 30 della Costituzione, nella parteincuilanormanonammette l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale in forza dei provvedimenti provvisori e urgenti emanati dal presidente in sede di separazione; Cass. 25 novembre 2000, n. 1100, ord., in Corr.giur.2001,339ss.,connota di F. D ANOVI, All’esame della Consulta la questione dell’iscrivibilità di ipoteca giudiziale in forza di ordinanza exart.708c.p.c. (271)SERVETTI,Imezziditutela perl’adempimentodegliobblighi patrimoniali nella separazione e neldivorzio,cit.,387ss. (272)Cass.,29gennaio1980,n. 679, inGiust. civ. , 1980, I, 1342: “L’iscrizione ipotecaria in base alla sentenza attributiva dell’assegno di divorzio, che l’art. 8 comma 2 della l. 1 dicembre 1970 n. 898, prevede senza indicare alcun criterio per la determinazione della somma per cui può essere presa, può essere fatta per la somma indicata dal creditore (art. 2838 c.c.), con la possibilità per il debitore di chiederne la riduzione con ricorso al giudice, il quale non gode di discrezionalità piena, ma deve applicare criteri che facciano riferimento ad elementi obiettivi, qualiletabelleprevistedalr.d.9 ottobre 1922 n. 1403 per la costituzionedellerenditevitalizie immediate. La prelazione così precostituita dal creditore dell’assegno può essere fatta valere solo nei limiti delle rate scaduteenonpagateenonincide sulla disponibilità del bene ipotecato e sulla capacità di essere garanzia di future obbligazioni, restando anzi soggetta alla riduzione ai sensi del comma 2 dell’art. 2873 c.c. dopo l’estinzione di un quinto dellasommacapitalizzata”. (273) Cass. 6 luglio 2004, n. 12309,haaffermatoche“posto… chel’aventediritto,perséoperi figli, oltre che dalla garanzia ex lege nascente dall’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 c.c., può essere tutelato nei rispettivi interessi da specifiche garanzie imposte al debitore dalla sentenza di divorzio o di separazione(nonchénelcasodel verbale di separazione omologato), quando vi sia il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento delle sue obbligazioni, pare inevitabile dover concludere, sulla base di una lettura in chiave "sistematica" delle riportate disposizioni (la quale tenga altresì conto, da un lato, pur sempre dell’autonomia, rispetto all’art. 2818 c.c., ivi richiamato, delle previsioni di cui all’art. 8, secondo comma, della legge n. 898del1970edicuiall’art.156, quinto comma, c.c., nonché, dall’altro lato, del fatto che anche le misure del sequestro di parte dei beni del coniuge obbligatoedell’ordineaiterzidi versamento diretto agli aventi dirittosonosubordinate,anorma del penultimo comma dell’art. 156c.c.,comepurealsensidelle disposizioni affini contenute nei commi dal terzo al settimo dell’art. 8 della citata legge n. 898/1970,qualisostituitidall’art. 12 della legge n. 74 del 1987, al "caso di inadempienza" dell’obbligato, ancorché, evidentemente, in queste ultime ipotesi debba trattarsi di una "sottrazione all’adempimento" già avvenuta e non già soltanto del mero "pericolo" di tale sottrazione), nel senso che la valutazione del creditore, ai fini dell’iscrizione ipotecaria, circa la sussistenza di siffatto pericolo restasindacabilenelmerito,onde la relativa mancanza, originaria o sopravvenuta, determina, venendo appunto meno lo scopo per cui la legge consente il vincolo, l’estinzione della garanzia ipotecaria già prestata e, di conseguenza, il sorgere del diritto dell’obbligato ad ottenere dal giudice, dietro accertamento delle condizioni anzidette, l’emanazione del corrispondente ordine di cancellazione ai sensi dell’art. 2884 c.c.. Nella specie, quindi, va esente da censura la decisionedellaCorteterritoriale, làdovequesta,"tenutocontodel corretto adempimento del B., in misura anche superiore al dovuto" ciò che, evidentemente, equivale ad un apprezzamento negativo circa "il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento" stesso, ha quindi ordinato la cancellazione dell’ipoteca fatta iscrivere dall’odierna ricorrente sull’immobile di esclusiva proprietàdelconiuge.”; v. anche Cass., 20 novembre 1991, n. 12428, che ha precisato che è rimessa alla valutazione del creditore la sussistenza del pericolo di inadempimento che giustifical’iscrizionedell’ipoteca giudizialeinforzadellasentenza di divorzio che imponga all’altro coniuge la corresponsione dell’assegno. (274) Art. 19 L. n. 74/1987: “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimentodiscioglimentodel matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonchè ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisionedegliassegnidicuiagli articoli 5 e 6 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registroedaognialtratassa.” (275) Cass. 27 gennaio 2004, n. 1398; Cass., 11 aprile 1991, n. 3817. (276) CARPI, GRAZIOSI, Procedimentiintemadifamiglia, inDigestociv.,XIV,Utet,Torino, 1996, 523 ss.; A NSALDO, Divorzio, inComm. Alpa, Zatti, Leggi complementari, 4ª ed., I, Cedam, Padova, 2003, 303 ss.; BARBIERA, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati , op. cit.,126. (277)SERVETTI,Imezziditutela perl’adempimentodegliobblighi patrimoniali nella separazione e nel divorzio, cit., 387 ss.;DE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 595, sostiene che “in favore dell’applicabilità dellaproceduraperilpagamento diretto da parte del terzo solo ai provvedimentieconomicidisposti aseguitodisentenza,depongala configurazione sistematica della norma, la quale, al primo ed al secondo comma, si riferisce alla sentenza e non può, nel comma successivo, mutare, senza esplicita previsione, il proprio ambito di riferimento, divenendo applicabile in corso di causa. Questa conclusione risponde a principi di ragionevolezza, in quanto, finchè il giudizio si sta svolgendo (e pertanto non sussistono né la preoccupazione diaggravareilcaricogiudiziario con nuove domane, né quella di costringere la parte a porre in essere nuove iniziative processuali) è opportuno che ogni vicenda che riguarda l’oggetto della causa sia sottoposta al vaglio del giudice dellastessae,permiglioretutela delle parti, sia inserita nell’ambito della valutazione complessiva che lo stesso deve compiere”. (278) CECCHERINI, I rapporti patrimoniali nella crisi della famigliaenelfallimento, op. cit., 403. (279) secondo DOGLIOTTI, Separazione e divorzio. Il dato normativo. I problemi interpretativi, op. cit., 206, il sequestro a garanzia degli obblighi patrimoniali in sede di separazione personale presuppone l’inadempienza dell’obbligato, mentre quello introdotto nella disciplina del divorzio presuppone il mero pericolodiinadempimento. (280)SERVETTI,Imezziditutela perl’adempimentodegliobblighi patrimoniali nella separazione e nel divorzio, cit., 387 ss.; CUSATTI, Il «nuovo» sequestro dei beni dell’ex-coniuge a tutela del diritto al mantenimento, in Dir.egiust.,1987,348ss.. (281)DOGLIOTTI,Separazionee divorzio. Il dato normativo. I problemi interpretativi , op. cit., 206 ss., sostiene che il sequestro ex art. 8, ult. co., l. div. svolge anche una funzione in una certa misura, olato sensu cautelare, tenuto conto che è diretta a conservare la garanzia e ad assicurare l’adempimento soprattutto di prestazioni future periodiche; CECCHERINI, I rapporti patrimoniali nella crisi della famiglia e nel fallimento, op. cit., 266 ss., lo avvicina al sequestro conservativo previsto dall’art. 1878 c.c., a tutela della rendita vitalizia, con caratteri di specialità, perché oltre ad essere strumento di esecuzione forzata per le rate pregresse, opera in funzionecautelareperleratenon ancorascadute. (282)Cass.,19febbraio2003,n. 2479 ha messo in luce le differenze della natura e della funzione dello strumento di cui all’art. 8, co. 7, l. 1.12.1970, n. 898, da quelle del sequestro conservativo; Trib. Milano, 5 dicembre1995,inForoit.1996,I, c.1050,eGiur.It.,1995,I,2,878: “ilsequestrodipartedeibenidel coniuge obbligato previsto dal comma6dell’art.156c.c.,nonha natura cautelare e, quindi, non essendo assoggettato in forza dellaclausoladicompatibilitàdi cuiall’art.669-quaterdeciesalla nuova disciplina cautelare uniforme, non è impugnabile con il reclamo previsto dall’art. 669terdecies”. (283) SERVETTI, I mezzi di tutela per l’adempimento degli obblighi patrimoniali nella separazione e nel divorzio, cit., 387ss.,secondolaquale“ragioni di ordine sistematico portano a ritenere che nelle more del procedimento di divorzio l’assegno periodico eventualmente spettante ad un coniuge non possa che essere qualificato come di mantenimento, destinato, in caso di positivo apprezzamento della domanda ad esso relativa, a convertirsi in quello divorzile (dalle connotazioni e dalle conseguenzedeltuttoparticolari) solo con l’emanazione della sentenza: da tali rilievi discenderà altresì l’osservazione che prima di tale momento decisorio l’assegno in questione sarà assoggettato alla disciplina propria del regime di separazione personale, non essendo consentito neppure a limitati effetti della sua tutela il ricorso ad istituti che hanno per loro natura riguardo alla sola prestazione periodica ex art. 5.. Tali argomentazioni rivestono, invero, valenza risolutiva anche in ordine alla accennata controversa questione della competenza ad autorizzare il sequestro atipico qui in esame, poiché ne resta esclusa la possibilità che ad emettere il provvedimento in parola sia il giudice istruttore, il quale in ragione della stessa determinazionetemporaledelsuo ambito di competenza non potrà mai trovarsi di fronte all’esigenza di approntare una tutela ad un assegno divorzile che... nella sua esatta qualificazione giuridica non è ancoravenutoadesistenza.”. (284)FIGONE,Sulmantenimento delfiglioinregimedidivorzio,in Fam. e dir., 1995, 359 ss., 360; Trib.Verona,17novembre1993, inFam.edir.,1994,444,connota diRusso,secondocui“il rimedio del sequestro previsto dalla disciplinadeldivorziopuòessere adottato dal giudice istruttore, anche a cautela dell’obbligo discendente da provvedimenti provvisori ed in pendenza del giudiziodidivorzio”. (285) Da ultimo, v. Cass., 7 dicembre2011,n.26365. (286) Cass. 19 settembre 2000, n.12389. (287) Cass., 11 giugno 1997, n. 5244. (288)TOMMASEO, La disciplina processualedeldivorzio, op. cit., 429; SALETTI, Aa.Vv., Procedimento e sentenza di divorzio, op. cit., 609, sostiene invece che gli accordi di natura patrimoniale tra i coniugi non possono mai essere disattesi dal giudice. (289) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit.,284. (290) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit.,284. (291) QUADRI, La nuova legge sul divorzio. I. Profili patrimoniali, Jovene, Napoli, 1987, 34; BARBIERA, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati,op.cit.,28ss.. (292) DOGLIOTTI, Più luci che ombrenellariformadeldivorzio, i nGiust. civ., 1987, II, 493; BONI-LINI, L’assegno postmatrimoniale, in BONILINI e TOMMASEO, Lo scioglimento del matrimonio, inIl codice civile, Commentario Schlesinger diretto da Busnelli, Giuffrè, Milano, 2004, 557 e s.; A. e M. FI-NOCCHIARO, Diritto di famiglia. III. Il divorzio, Giuffrè, Milano, 1988, 398 e ss; FERRANDO, Le conseguenze patrimoniali del divorzio tra autonomiaetutela,cit.,722ss. (293) Cass., Sez. un., 29 novembre1990,n.11490,inForo it ., 1991, I, 67, con note di QUADRI e CARBONE; v. anche Cass., Sez. un., 29 novembre 1990,nn.11489,11491,11492. (294) DOGLIOTTI, Più luci che ombrenellariformadeldivorzio, cit.,492ss.. (295) MACARIO, Assegno di divorzioemezziadeguati,inForo it., 1990, I, 1165, nota a Cass., 2 marzo 1990, n. 1652, che, sulla base della natura esclusivamente assistenziale dell’assegno e della necessità di non creare posizioni di «pura rendita», ha affermato che «la valutazione relativa all’adeguatezza dei mezzi economici del richiedente deve essere compiuta con riferimento non al tenore di vita da lui godutoduranteilmatrimonio,ma ad un modello di vita economicamente autonomo e dignitoso,quale,neicasisingoli, configurato dalla coscienza sociale»; QUADRI, La nuova legge sul divorzio, I, Profili patrimoniali, cit., 34 ss., ha sostenuto la tesi che il presupposto del diritto all’assegno di divorzio consiste nell’incapacità del coniuge divorziato di condurre un’esistenzadignitosa. (296)DOSSETTI,Loscioglimento del matrimonio: gli effetti della pronunziadidivorzio,inIldiritto di famiglia, Trattato diretto da BonilinieCattaneo,I,Famiglia e matrimonio, Utet, Torino, 1997, 640; DOSSETTI, L’attribuzione dell’assegno di divorzio, op. cit., 57 ss.; BONILINI, L’assegno postmatrimoniale,op.cit.525. (297)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio,op.cit.,573. (298) così RIMINI, La tutela del coniuge più debole fra logiche assistenziali ed esigenze compensative,inFam.edir.,n.4, 2008, 412 ss. osserva che “per evitare il formarsi di inique rendite parassitarie, la prassi giurisprudenziale finisce con il creare modeste rendite sostanzialmente vitalizie che vengono percepite dagli ex coniugi che hanno dedicato la vita alle esigenze della famiglia come compensazioni del tutto insufficienti dei loro sacrifici; mentre vengono percepite dagli ex coniugi che non hanno ricevuto durante il matrimonio significativi contributi come una ingiusta, seppur modesta, assistenza vitalizia a chi non ha titoloperpercepirla.”. (299)DOSSETTI,Loscioglimento del matrimonio: gli effetti della pronunzia di divorzio, op. cit., 644, sostiene che “l’assegno non va considerato necessariamente edinmodoaprioristico,nécome effettodellasussistenzatragliex coniugidiunparticolarevincolo di solidarietà, né come aiuto al coniuge privo di mezzi, ma piuttosto come concreto strumento per riequilibrare la situazione del coniuge che si trova in stato di inferiorità economica”. (300) RIMINI, La tutela del coniuge più debole fra logiche assistenziali ed esigenze compensative, cit., 412 ss., rileva che “il coniuge più debole generalmente, al momento dello scioglimentodelmatrimonio,non cerca affatto assistenza – e considera anzi offensiva per la propria dignità la sola idea di chiedere assistenza – ma pretende una giusta ricompensa per i sacrifici spesso assai rilevanti compiuti durante il matrimonio a favore della famigliaedicoluichesitrovaad essere,almomentodeldivorzio,il coniuge più forte. Talora chiede anche un indennizzo perché ritienediaversubitountortoda partedelconiugepiùfortecheha violatoidoverichederivanodal matrimonio. Questa discrasia fra il fondamento che il coniuge deboleattribuisceaipropridiritti e la natura assistenziale attribuita all’assegno divorzile nella ricostruzione giurisprudenziale non può portare ad una soluzione equilibrata e soddisfacente del conflitto postconiugale.”; v. QUADRI,Definizionedegliassetti economici postconiugali ed esigenze perequative, inRiv. dir. fam.epers.,2005,1307. (301) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit., 277 ss.; CECCHERINI, I rapporti patrimoniali nella crisi della famiglia e nel fallimento, op.cit.,337ss.. (302) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit, 278, sottolinea che “per livello di vita matrimoniale deve intendersi il livello di vita che i coniugi avevano concretamente tenutooavrebberopotutotenere inbaseailororedditi”. (303) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit,279 (304) A RGIROFFI, Gli alimenti. Profili oggettivi del rapporto, Utet,Torino,1993,30ss. (305) BONILINI, L’assegno postmatrimoniale, op. cit., 558; BRUSCUGLIA, GIUSTI, Sub art. 5 l.d., inCommentario alla riforma deldivorzio,Ipsoa,Milano,1987, 79; CARBONE, Il contrasto non composto sul tenore di vita «paraconiugale», inFam. e dir., 1994,19;LUMINOSO, La riforma del divorzio: profili di diritto sostanziale. (Prime impressioni sulla l. 6.3.1987 n. 74), inDir. fam. e pers., 1988, 455; MACARIO, Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, sub art.10,inNuoveleggiciv.comm ., acuradiLIPARI,Cedam,Padova, 1987, 899 ss.; FER-RANDO, Le conseguenze patrimoniali del divorzio tra autonomia e tutela, cit., 729; TRABUCCHI, La funzione di assistenza nell’assegno di divorzio e l’assegnoincorsodiseparazione legale,inGiur.It.,1982,I,1,146. (306) DOSSETTI, L’attribuzione dell’assegno di divorzio, op. cit., 62. (307) RIMINI, La tutela del coniuge più debole fra logiche assistenziali ed esigenze compensative,cit.,412ss.osserva che "considerazioni di natura compensativa (la misura del contributo dato da ciascun coniuge al soddisfacimento delle esigenzefamiliarieladuratadel matrimonio) e indennitaria (le ragioni della decisione) possono portare all’annullamento del dirittodelconiugepiùdebole”. (308) DOSSETTI, L’attribuzione dell’assegno di divorzio, op. cit., 64; CECCHERINI, I rapporti patrimoniali nella crisi della famigliaenelfallimento, op. cit., 329ss.. (309) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit,281. (310) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit,281. (311) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit, 292 ss., osserva che “l’accordo delle parti non muta lacausadeldirittoall’assegno,e cioèlasolidarietàpostconiugale, e neppure il suo titolo che è pur sempre la legge. L’assegno determinativo dell’assegno postmatrimoniale ha piuttosto la natura di un negozio di accertamento” che ne fissa il contenuto e la decorrenza degli effetti. (312)perunapprofondimentov. BONILINI, L’assegno postmatrimoniale,op.cit.,524ss. (313) A. e M. F INOCCHIARO, Dirittodifamiglia.III.Ildivorzio, op.cit.,442ss. (314)MOROZZODELLAROCCA, Un problema ancora insoluto: la natura dell’assegno periodico di divorzio,notaaCass.1°febbraio 1974,n.263,inDir.efam .,1974, 375; GRASSI, La legge sul divorzio, Jovene, Napoli, 1971, 196. (315) BARBIERA, Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, inCommentario del codice civile Scialoja-Branca, Zanichelli, Bologna-Roma, 1971, 147;BARBIERA, Il divorzio dopo la riforma del diritto di famiglia, i nCommentario del codice civile Scialoja-Branca, Zanichelli, Bologna-Roma, 1979, 326 ss.; VINCENZI A MATO, I rapporti patrimoniali, inCommentario sul divorzio a cura di RESCIGNO, Giuffrè, Milano, 1980, 340; SANTOSUOSSO, Il divorzio, in Trattatodidirittoprivato, diretto da RESCIGNO, III, Utet, Torino, 1982,361ss.. (316) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit,, 294; BONILINI, L’assegno post-matrimoniale, op. cit. , 524 ss. (317)BONILINI,L’assegnopostmatrimoniale,op.cit.,517.;A.e M. FINOCCHIARO, Diritto di famiglia. III. Il divorzio, op. cit., 448; MORETTI, Assegno di divorzio e autonomia privata, in L’assegno,lapensioneeglialtri diritti di DOSSETTI, MORETTI, MENOTTI, PASTORI, La Tribuna, Piacenza, 2003, 198, rileva che “anchesenzaapprofondirequale sia in realtà il contenuto dell’accordo che i coniugi possono raggiungere e quanto incisivo sia l’intervento del tribunale, quello che certamente emerge è la previsione di una necessariavalutazionegiudiziale di equità, ossia che, senza tale giudizio, l’accordo dei coniugi non è vincolante, ma rimane privodieffetti.…Nelmomentoin cui, riformando la normativa sul divorzio,sièaccentuatoilpotere dispositivodeiconiugi,siè,nello stesso tempo, data chiara dimostrazione di come questo poterenonsiaassoluto”. (318) QUADRI, La nuova legge sul divorzio, op. cit., 48 ss.; CARBONE, L’assegno di divorzio tra disponibilità ed indisponibilità, nota a Cass. 4 giugno 1992, n. 6857, inCorr. giur., 1992, 866; CARBONE, Autonomia privata e rapporti patrimonialitraconiugi(incrisi) ,notaaCass.22gennaio1994,n. 657, cit., 148 ss.; SESTA, Diritto difamiglia,Cedam,Padova,2005, 356,osservacheilmeccanismodi controllo giudiziale sull’equità dell’accordo non è in grado di operare in caso di divorzio su domanda congiunta; OBERTO, Sulla natura disponibile degli assegni di separazione e divorzio:traautonomiaprivatae intervento giudiziale (seconda parte), inFam. e dir., n. 5, 2003, 495,sottolineache“quanto … al principiodisolidarietàconiugale non si riesce a comprendere per quale motivo esso dovrebbe spingersi al punto da imporre di non tenere conto alcuno della volontà liberamente espressa per motivi, come s’è visto, assolutamente insindacabili dall’avente diritto: altro è imporre un reciproco dovere di soccorsoed’assistenzacontrola volontà dell’obbligato, altro è invecepretenderechetaledovere trovi applicazione contro la volontà dell’avente diritto, in violazione del principio di autoresponsabilità e di affidamento nel canone fondamentalesecondocui(anche tra coniugi!) pacta sunt servanda.”. (319)BONILINI,L’assegnopostmatrimoniale,op.cit.,519. (320) BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit,229. (321) OBERTO, I contratti della crisi coniugale, op. cit., 483 ss.. nelsostenerel’ammissibilitàdella rinuncia all’assegno, rileva che dallaprevisionedellavalutazione d’equità del tribunale si può trarre solo un’indicazione nel senso dell’inammissibilità di una rinunzia preventiva, ma non di unarinunziatoutcourt. (322)BONILINI,L’assegnopostmatrimoniale,op.cit.,519. (323) Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, questi accordi di natura patrimoniale violano il principio di indisponibilità dell’assegno di divorzio,nontengonocontodella possibilità di revisione dell’assegno stesso o di richiedernel’attribuzionedopola pronuncia di divorzio, hanno causaillecitasestipulatifuoridal giudizio di divorzio in quanto pregiudicanoildirittodidifesae si traducono in un atto di disposizione dello status coniugale; v. Cass., 25 gennaio 2012,n.1084;Cass.,4novembre 2010, n. 22505; Cass., 10 marzo 2006, n. 5302; Cass., 9 maggio 2000, n. 5866, inGiust. Civ. Mass.,2000,964. (324) MORETTI, Assegno di divorzioeautonomiaprivata, op. cit., 211 ss.; F ERRANDO, Crisi coniugale e accordi intesi a definirnegliaspettieconomici,in Familia, 2001, 250; COMPORTI, Autonomia privata e convenzioni preventive di separazione, di divorzio e di annullamento del matrimonio, cit., 105 ss.; VALIGNANI, Familia, 2001, 381; DE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio,op.cit.,523,affermache “ogni accordo di carattere economico può influenzare la libertà di disposizione dello status e tradursi in una forma di disposizione di esso, condizionando sia la parte che intenda conseguire un vantaggio patrimoniale,siaquellachedeve attribuirloeche,nonessendopiù in grado di mantenere quanto promesso,puòvederefrustratala propriaaspirazioneadottenereil divorzio. È pertanto strumentale la distinzione tra questioni relative allo status, come tali indisponibili, e questioni patrimoniali, di cui le parti potrebbero liberamente disporre, per la stretta connessione che esiste tra le une e le altre. Neppure può dirsi che non sia riconosciuto spazio all’autonomia privata, poiché la stessa può tranquillamente estrinsecarsi, ad esempio attraverso un divorzio consensuale, con l’unico limite della non ammissibilità di convenzioni preventive.” ;contra BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni, op. cit., 230, secondo il quale la nullità degli accordi preventivi non può essere desunta dal principio di indisponibilità del diritto all’assegno, in quanto tale principio non esclude la validità degli accordi che determinano la misura dell’assegno posti in esserenellafasedeldivorzio,ma “sembra piuttosto doversi spiegare in ragione della indeterminatezza dell’oggetto, in quanto gli effetti economici che gliaccordipreventivivorrebbero regolare non sono valutabili prima che vengano in essere i presuppostidelseedelquanto”. (325) OBERTO, I contratti della crisi coniugale, op.cit., 442 ss.; CARBONE, Accordi patrimoniali deflattividellacrisiconiugale, in Fam.edir.,2000,430ss. (326)Cass.Sez.un.,sentenzedel 29 novembre 1990, n. 11489, n. 11490,inForoit.,1991,I,67,con note di CARBONE e QUADRI; n. 11491 e n. 11492, in Vita Not., 1991,161. (327) In alcune pronunce la Suprema Corte aveva sostenuto che “a seguito della riforma introdotta dalla l. 6 marzo 1987 n. 74, all’assegno di divorzio è statariconosciutadallegislatore (art. 10 legge cit., che ha modificato l’art. 5 l. 1 dicembre 1970 n. 898) natura eminentemente assistenziale, per cui ai fini della sua attribuzione assume ora valore decisivo l’autonomia economica del richiedente, nel senso che l’altro coniugeètenutoadaiutarlosolo se egli non sia economicamente indipendente nei limiti in cui l’aiuto si renda necessario per sopperire alla carenza dei mezzi conseguentealladissoluzionedel matrimonio, in applicazione del principio di solidarietà postconiugale, che costituisce il fondamento etico e giuridico dell’attribuzione dell’assegno divorzile.Pertanto,lavalutazione relativa all’adeguatezza dei mezzi economici del richiedente deve essere compiuta con riferimento non al tenore di vita da lui goduto durante il matrimonio,maadunmodellodi vitaeconomicamenteautonomoe dignitoso,quale,neicasisingoli, configurato dalla coscienza sociale” (Cass., 2 marzo 1990, n. 1652, inRiv. dir. fam. e pers. , 1990,437) (328) In questo senso, Cass., 13 aprile 2012, n. 5876; Cass. 14 gennaio 2008, n. 593; Cass., 28 febbraio2007,n.4764;Cass.,19 ottobre2006,n.22500;Cass.,28 aprile 2006, n. 9861; Cass., 23 febbraio2006,n.4021;Cass.,16 maggio2005,n.10210;Cass.,15 ottobre 2003, n. 15383; Cass., 7 maggio 2002, n. 6541; Cass., 5 luglio 2001, n. 9058; Cass., 16 giugno2000,n.8225,inGiur.It ., 2001, 462, con nota di CASTAGNARO; Cass., 19 luglio 1999, n. 7672, inGiur. It ., 2000, 465,connotadiLOBASSO;Cass., 27 luglio 1998, n. 7352, inGiur. It, 1999, 692, con nota di DE ROBERTIS. (329) Da ultimo, Cass. 23 febbraio2006,n.4021;Cass.,12 dicembre2003,n.19026. (330) Cass., 13 aprile 2012, n. 5876sottolineachelanozionedi adeguatezza postula“un esame comparativo della situazione reddituale e patrimoniale attuale del richiedente con quella della famiglia all’epoca della cessazione della convivenza”, tenendo altresì conto“dei miglioramenti della condizione finanziariadell’onerato,anchese successivi alla cessazione della convivenza, i quali costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta durante il matrimonio”; Cass., 28 gennaio 2004, n. 1487; Cass. 13 aprile 1994 n. 3429; Cass., 2 luglio 1990,n.6774. (331) Cass., 30 novembre 2007, n.25010;Cass.,24gennaio2007, n.1595;Cass.,12dicembre2003 n.19026;Cass.7maggio1998,n. 4617, inFam. e dir., 1998, 525; Cass.,1dicembre1993,n.11860, inFam.edir.,1994,12. (332) Cass. 28 gennaio 2004, n. 1487, inFam. e dir., 2004, con nota di LIUZZI, ha affermato che “nella determinazione dell’importo dell’assegno divorzile, occorre tenere conto degli eventuali miglioramenti della situazione economica del coniuge nei cui confronti si chieda l’assegno, anche se successivi alla cessazione della convivenza, qualora costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta durante il matrimonio e trovino radice nell’attività all’epoca svolta e/o nel tipo di qualificazione professionale e/o nella collocazione sociale dell’onerato, adeguatamente valutando se siano riferibili al tempoanterioreosuccessivoalla separazione,mentrenonpossono essere valutati i miglioramenti che scaturiscano da eventi autonomi, non collegati alla situazione di fatto ed alle aspettativematuratenelcorsodel matrimonio”; conf. Cass. 26 settembre 2007, n. 20204; Cass., 17 novembre 2006, n. 24496; Cass.,6ottobre2005,n.19446,in Guida al dir., 2007, 43, 47, con nota di GRA-GNANI; Cass. 28 gennaio 2000, n. 958, inGiust. Civ.,2000,I,679. (333) Cass., 16 luglio 2004, n. 13169. (334) Cass., 28 gennaio 2004 n. 1487; Cass., 13 aprile 1994 n. 3429. (335)Cass.,21febbraio2008,n. 4424;Cass.30novembre2007,n. 25010 ha chiaramente affermato che “la determinazione dell’assegno di divorzio, alla stregua dell’art. 5 della legge 1 dicembre1970n.898,modificato dall’art. 10 della legge 6 marzo 1987 n. 74, è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, peraccordotralepartieinvirtù didecisionegiudiziale,invigenza di separazione dei coniugi, poiché, data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate e diversificate situazioni, e delle rispettive decisioni giudiziali, l’assegno divorzile, presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e di alimenti, operanti nel regime di convivenza e di separazione, e costituisce effetto diretto della pronuncia di divorzio, con la conseguenza che l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare mero indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione.”; Cass., 2 luglio 2007, n. 14965, inFam. e dir., n. 12, 2007, 1090, con nota di RUSSO; Cass., 10 marzo 2006, n. 5302;Cass.,11settembre2001,n. 11575,inGiur.It .,2002,704ein Fam.edir.,2002,285,connotadi SCIANCALEPORE. (336) Cass., 28 gennaio 2008, n.1758, ha ribadito che “il diniego dell’assegno divorzile non può fondarsi sul rilievo che negli accordi di separazione i coniugi pattuirono che nessun assegno fosse versato dal marito perilmantenimentodellamoglie, dovendo comunque il giudice procedere alla verifica del rapporto delle attuali condizioni economiche delle parti con il pregresso tenore di vita coniugale”; Cass., 20 gennaio 2006, n. 1203 ha ancora recentemente confermato che “poichè l’assegno di divorzio è determinato sulla base di criteri autonomi e distinti rispetto a quellirilevantiperiltrattamento economico al coniuge separato, non rappresenta una circostanza decisiva, ai fini della dimostrazione della attuale autosufficienza economica del coniuge richiedente l’assegno di divorzio,lamancatarichiesta,in sede di separazione, da parte di questo, di un assegno di mantenimento”; conf. Cass., 10 marzo 2006, n. 5302; Cass., 11 settembre 2001, n. 11575, cit.; Cass., 22 novembre 2000, n. 15055, inNuovo dir. , 2001, 563, connotadiPEDRINI. (337) Cass. 30 novembre 2007, n. 25010, cit.; Cass., 2 luglio 2007, n. 14965, cit.; Cass., 19 ottobre 2006, n. 22500; Cass., 9 luglio 2004 n. 12666,Guida al dir., 2004, 32, 71. In dottrina, RIMINI,Latuteladelconiugepiù debole fra logiche assistenziali ed esigenze compensative, cit., 412 ss. osserva che “chiunque conosca la prassi quotidiana dei nostri tribunali ben sa che l’assegno divorzile finisce con l’essere la proiezione, dopo la cessazione del vincolo, dell’assegno di mantenimento, determinato dal giudice del divorzio nell’identico ammontare fissato al momento della separazione.…Ciòsignificache, quando il coniuge più debole ottiene il riconoscimento del diritto ad un assegno di mantenimento al momento della separazione, la determinazione delsuoorizzontetemporaleviene effettuata troppo spesso prescindendo dall’accertamento del suo effettivo contributo alle esigenze della famiglia e dalla valutazione della possibilità, almeno dopo il divorzio, di trovareunlavorochegarantisca adeguati redditi propri, cosicché non è infrequente che si formino situazioniincuiunconiugegode di una rendita ingiustificata a tempo indeterminato. Questa prassi, ad un primo esame, potrebbe portare ad affermare che, al momento del divorzio, i nostri tribunali tutelano eccessivamenteleragionidell’ex coniuge più debole, giacché proiettano, anche dopo la cessazionedelvincolo,ildirittoa godere del tenore di vita matrimoniale – garantito al coniuge separato dall’art. 156 c.c. – senza tenere in gran conto gli altri parametri indicati dall’art. 5, l. div., che invece dovrebbero operare, come si è visto, come fattori di moderazione. Ma questa conclusione non regge ad un esame più profondo: infatti il giudice della separazione, consapevole del fatto che l’assegno di mantenimento sarà quasi certamente confermato al momento del divorzio, ritenendo iniquo che la parte più debole abbiasempredirittoamantenere vitanaturaldurante il medesimo tenore di vita matrimoniale, finisce con il prevedere … un assegno di mantenimento assai inferioreallamisurachegli(ole) consentirebbe di mantenere il tenoredivitamatrimoniale.”. (338) A. Milano, 14 febbraio 1997, inFam. e dir., 1997, 447, connotadiGIULIANO. (339) Cass. 4 giugno 1992, n. 6857, inCorr. giur ., 1992, 863, connotadiCARBONE, e inGiur. it., 1993, I, 1, 340, con nota di DALMOTTO, ha affermato che l’opzione da parte del legislatore “per il criterio di solidarietà post-coniugale, sul presupposto dell’impossibilità oggettiva del coniuge più debole di svolgere attività lavorativa retribuita, comportal’esistenzadellimitedi indisponibilità cui soggiacciono, secondo un principio generale dell’ordinamento, emolumenti di varia natura correlati alle esigenze della vita (pensione, alimenti, retribuzione, ecc.)"; negli stessi termini, per la giurisprudenza risalente, v. Cass. 6dicembre1991,n.13128,Cass. 7 settembre 1995, n. 9416, Cass. 16 novembre 1994, n. 9645 , in Fam.edir.,1995,239,connotadi PADOVINI, relative a casi di rinunziapreventiva. (340)Cass.,25gennaio2012,n. 1084;Cass.,4novembre2010,n. 22505;Cass.,21febbraio2008,n. 4424,haribaditoche“gliaccordi con i quali i coniugi intendano regolare,insedediseparazione,i lororeciprocirapportieconomici in relazione al futuro divorzio con riferimento all’assegno di mantenimento sono nulli, per illiceità della causa, stante la natura assistenziale di tale assegno, previsto a tutela del coniuge più debole, che rende indisponibile il diritto a richiederloinsededidivorzio”. (341)Cass.,21febbraio2008,n. 4424; Cass. 10 marzo 2006, n. 5302. (342) Cass. 10 marzo 2006, n. 5302. (343) Cass., 14 giugno 2000, n. 8109, inForo. It., I, 2001, 1318 con note di RUSSO e CECCHERINI,inFam.edir.,2000, 429, con nota di CARBONE, e in Guida al dir., 2000, n. 24, con comm.diM.FINOCCHIARO. (344) Cass., 27 dicembre 2011, n.28892;Cass.14gennaio2008, n. 593; Cass., 2 luglio 2007, n. 14965, cit.; Cass., 19 ottobre 2006, n. 22500; Cass. 22 agosto 2006, n. 18241; Cass. 16 maggio 2005n.10210;19marzo2003,n. 4040, inArch. Civ., 2004, 116; Cass.17marzo2000,n.3101. (345) Cass., 29 ottobre 1996, n. 9439, inForo it., 1997, I, 1541, connotadiQUADRI. (346) RUSSO, Ancora sull’assegno divorzile: la Cassazione conferma l’orientamento, commento a Cass.,2luglio2007,n.14965,in Fam. e dir., n. 12, 2007, 1090, osserva che “date le recenti aperture della giurisprudenza in tema di danno endofamiliare”, anche nel caso in cui non sussistano i presupposti per l’assegno divorzile, l’ex coniuge può in separato giudizio far accertare il suo diritto ad essere risarcito “per violazione degli obblighifamiliarinellamisurain cuil’attoantigiuridicoabbialeso un bene costituzionalmente protetto. Il danno familiare ed "endofamiliare" integra, secondo una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., danno non patrimoniale, vale a dire un danno rilevante e risarcibileinquantosioffendano beni costituzionalmente protetti, configurabileadesempioquando la lesione di un diritto fondamentale della personalità avviene da parte di altro componente della famiglia, non potendo ritenersi che diritti definiti inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i titolari si pongano o meno all’interno di un contesto familiare e dovendo dall’altro lato escludersi che la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio - ove si realizzino condottediintrinsecagravitàtali da integrare aggressione ai dirittifondamentalidellapersona - riceva la propria sanzione, in nomediunapresuntaspecificità, completezza ed autosufficienza del diritto di famiglia, esclusivamente nelle misure tipicheprevistedatalesettoredel diritto.”. (347) Secondo Cass., 27 dicembre 2011, n. 28892“ai fini della quantificazione in concreto del- l’assegno di divorzio, assumono rilevanza le "ragioni della decisione" - da intendersi noncomecausedelfallimentodel matrimonioinrelazioneallaloro addebitabilitàpercomportamenti anteriori alla separazione, che non possono essere accertate al di fuori del giudizio di separazione (Cass. 22 novembre 2000,n.15055;2giugno1981,n. 3549;11giugno1980,n.3712)ma al "contributo personale" dato dal coniuge alla vita familiare, valutando unicamente a tal fine il suo comportamento nelcorsodelmatrimonio.” (348) Cass., 30 novembre 2007, n.25010;Cass.,24gennaio2007, n.1595;Cass.,28aprile2006,n. 9861;Cass.,12dicembre2003,n. 19026; Cass., 17 marzo 2000, n. 3101,inGius,2000,1440. (349) BONILINI, L’assegno postmatrimoniale,op.cit.,532ss., mette in luce come la normativa del divorzio accentui la situazione di maggiore indipendenza cui dovrebbero tendere ed aspirare entrambi i coniugi; Cass., 16 luglio 2004 n. 13169. (350) Cass., 29 novembre 2007, n.24938;Cass.,17gennaio2002, n.432,inFam.edir.,2002,317. (351)Cass.,28gennaio2004,n. 1487. (352) Cass., 4 maggio 2000, n. 5582. (353) Cass., 28 marzo 2003, n. 4736, inDir. e Giust. , 2003, 16, 24,connotadiAFFINITO. (354)Cass.,22febbraio2006,n. 3838; Cass., 28 marzo 2003, n. 4736, inRiv. dir. fam. e pers ., 2003,65. (355) Cass., 15 ottobre 2003 n. 15383, inGuidaaldir. ,2003,47, 47. (356) Cass., 16 maggio 2005, n. 10210, inGuida al dir., 2005, n. 29,55,connotadiGALLUZZO. (357)Cass.Sez.un.,11490/90. (358) Cass., 30 novembre 2007, n.25010;Cass.,24gennaio2007, n.1595;Cass.,28aprile2006,n. 9861. (359) Cass., 5 agosto 1997, n. 7199, inGiur. It ., 1998, 416, con notadiRUNFOLATE-STINI. (360) Cass., 12 marzo 2012, n. 3914; Cass., 20 gennaio 2012, n. 785; Cass., 28 gennaio 2004, n. 1487, inFam. e dir., 2004, con notadiLIUZZI. (361)v.nota7,cap.IX;Cass.,8 febbraio 2000 n. 1379, inDir. e Giust., 2000, f.6,. ha cassato la decisionedellaCortedimerito,la quale aveva escluso che si potesse prendere in considerazione, ai fini della liquidazione dell’assegno divorzile,l’incrementoreddituale dell’ex coniuge funzionario di banca,lacuipromozionenonera dovutaadautomatismidicarriera, ma alle sue personali capacità, senza fornire alcuna motivazione in ordine al ritenuto carattere eccezionale ed imprevedibile della progressione di cui si trattava. (362) Cass., 26 settembre 2007, n. 20204, inIl Quotidiano Giuridico, n. 1-10-2007, ha negato la revisione dell’assegno, ritenendo che il successo economico conseguito dal coniugeobbligatocircadiecianni dopo la cessazione della convivenza matrimoniale “è derivatodallasuaattivitàliberoprofessionale, la quale costituisce, rispetto alla precedente attività di pubblico dipendente,nongiàilfruttodiun prevedibile sviluppo di carriera, ma un evento eccezionale, determinato dalla scelta di accedere al pensionamento anticipatoedidedicarsiallavita professionale autonoma, una scelta non prevedibile sulla base delle circostanze preesistenti e comportanteunaforteassunzione dirischi”;Cass.28gennaio2004, n. 1487, cit., nel precisare che il giudice non può limitarsi a considerare unicamente l’entità del reddito rispettivamente percepito dai due coniugi prima del divorzio, ma deve altresì valutare se e come tali redditi siano variati sino al momento della decisione, e soprattutto se eventuali incrementi del reddito dell’obbligato siano destinati a cessareentrouncertotermine,ha cassatoladecisionedimeritoche, nel determinare la misura dell’assegno, aveva tenuto conto degli emolumenti percepiti dal coniuge eletto alla carica di consigliere regionale, senza considerare la circostanza che tale reddito sarebbe venuto a cessare alla scadenza del mandato. Tuttavia Cass., 12 marzo2012,n.3914hasostenuto che si possa tener conto “del miglioramento delle condizioni economiche del coniuge obbligatoderivantedaunevento imprevisto, come nel caso di specie la vincita al Superenalotto, …al fine di valutare se le condizioni patrimoniali dell’obbligato consentano di corrispondere l’assegno divorzile che sia determinato in relazione al tenore di vita goduto durante il matrimonio”. (363) Cass., 30 maggio 2007, n. 12687 ha affermato il principio secondo il quale “le successioni ereditarie ricevute dopo il divorziodalsoggettooneratodel pagamento di un assegno divorzile, in mancanza di un peggioramento della situazione economica del soggetto beneficiario dell’assegno, non sono idonee a giustificare l’aumento dell’assegno, concorrendo il relativo incremento patrimoniale unicamente nella valutazione della capacità economica dell’obbligato a pagare l’assegno già in atto”; Cass., 28 febbraio 2007, n. 4764; Cass. 18 marzo1996,n.2273,inDir.fam ., 1996,1371. (364) Cass., 9 marzo 2000 n. 2662,Mass.Giur.It.,2000. (365)Cass.,22febbraio2006,n. 3838; Cass. 6 ottobre 2005, n. 19446; Cass. 16 luglio 2004, n. 13169; Cass. 7 maggio 2002, n. 6541; Cass. 24 maggio 2001, n. 7068. (366) Cass., 15 giugno 2005, n. 12838, inFam e dir. , 2005, 664; Cass., 10 giugno 2005, n. 12283, inFamedir.,2005,664;Cass.,16 giugno 2000, n. 8225, inGiust. civ.Mass.,2000,1319. (367) secondo Cass., 29 marzo 2000, n. 3792, cit., il giudice del merito non è tenuto ad un’esatta quantificazione dei redditi dei coniugi, potendo avvalersi di elementi presuntivi, idonei a fornire sicuri dati sulle rispettive capacità economiche; Cass., 21 agosto 1997, n. 7799, inGiust. civ.Mass.,1997,1460. (368) Cass., 10 agosto 2001, n. 11059, inFam. e dir. , 2001, 648; Cass.,3ottobre2000,n.13068,in Giust.civ.Mass.,2000,2077. (369) Cass. 14 gennaio 2008, n. 593; Cass., 16 maggio 2005 n. 10210; Cass., 16 luglio 2004 n. 13169. (370) Cass. 10 marzo 2006, n. 5302; Cass. 16 maggio 2005, n. 10210; Cass. 16 luglio 2004, n. 13169. (371)Cass.17dicembre2003,n. 19309, ha precisato che devono essere considerati in sede di divorzio, rientrando peraltro nell’indennitàdifinerapportoex art.12bis,vuoil’indennitàdicui all’ art. 2120 c.c. (ovvero il trattamento di fine rapporto, propriamente detto, per i lavoratori privati, che, a seguito della riforma introdotta dall’ art. 1dellaL.29maggio1982,n.297, laqualehaprofondamenteinciso sulla struttura dell’indennità di anzianità disciplinata dal precedente art. 2120, diversamente regolandone le modalità di calcolo in ragione dell’intero sviluppo nel tempo della carriera lavorativa del soggetto percettore, ha visto accentuare la propria natura di retribuzione differita, ad esigibilità condizionata all’estinzione del rapporto), vuoi l’indennità di buonuscita spettante ai dipendenti pubblici, vuoi le indennità di cui agli artt. 2118 e 2119 c.c. (mancato preavviso e giusta causa), vuoi i premi,lepartecipazioniazionarie e le elargizioni per prassi aziendali. (372) Cass., 6 ottobre 2005, n. 19446, in relazione a compensi perlavorostraordinarioeapremi di produttività, ha tuttavia precisato che “non si vede come possanoconsiderarsieccezionali, occasionali o imprevedibili gli incrementi patrimoniali dovuti a emolumenti quali i compensi per lavorostraordinariooipremidi presenza e di produttività. In particolare, sulla scorta della comune esperienza, va osservato che il c.d. straordinario, pur essendo legato a esigenze di servizio teoricamente non sistematiche,finisceconl’essere, almeno in una certa misura, una componente costante della retribuzione; il premio di presenza si sostanzia, generalmente, in una somma prevista in via ordinaria e, in parte o in tutto, proporzionata all’assiduità del dipendente; il premio di produttività, infine, ha anch’esso carattere permanente e, a prescindere dai criteri in base ai quali viene riconosciuto, assume di fatto carattere di integrazionestipendiale”. (373)Cass.,28gennaio2004,n. 1487; Cass., 8 febbraio 2000, n. 1379. (374) Cass., 29 ottobre 1998, n. 10801, inGiust.civ.Mass. , 1998, 2211; Cass., 20 marzo 1998, n. 2955, inGiust. civ. Mass. , 1998, 620. (375) Cass., 29 marzo 2006, n. 7117, ribadendo che nella determinazione dell’assegno divorzilesidevefarriferimentoa dati concreti, ha cassato la pronuncia della Corte d’appello perché aveva tenuto conto, nella quantificazione dell’assegno divorzile, di “redditi virtuali” della ex moglie ed aveva considerato, quale circostanza decisiva, che “la laurea della donna potrebbe darle un’entrata didue,tremilionialmese”. (376) Cass., 21 giugno 2012, n. 10380;Cass.,9settembre2002,n. 13060. (377) Cass.,11 ottobre 2006, n. 21805, inDir. e giust., 17.10.2006. (378)Cass.,9settembre2002,n. 13060, inGiust.civ.Mass ., 2002, 1644, ha ritenuto motivata la sentenza impugnata che, ai fini delladeterminazionedellamisura dell’assegno di divorzio, aveva attribuito rilievo alla convivenza more uxorio del coniuge richiedente protrattasi, successivamenteallaseparazione, perunperiodoparialladuratadel matrimonio; Cass., 27 dicembre 2011, n. 28892, pur avendo affermato che le "ragioni della decisione" che assumono rilevanza ai fini della quantificazione in concreto dell’assegno di divorzio, non sonodaintendersiqualicausedel fallimento del matrimonio in relazione alla loro addebitabilità per comportamenti anteriori alla separazione, che non possono essere accertate al di fuori del giudizio di separazione, ma al "contributo personale" dato dal coniuge alla vita familiare, valutandounicamenteatalfineil suocomportamentonelcorsodel matrimonio, ha tuttavia tenuto in considerazionenelcasodispecie “lo scarso contributo dato dalla moglie alla gestione complessiva della vita familiare, in ragione del comportamento e della condottadivitatenutidurantegli anni della convivenza. Ciò sulla base della considerazione che la vita libera e disordinata, l’abitudine di frequentare locali notturni della riviera romagnola anche durante i primi anni di matrimonio quando i figli erano piccoli, l’abuso di sostanze alcoliche e di psicofarmaci (che l’hanno in seguito costretta a sottoporsi a terapie psicoanalitiche contro la dipendenza), circostanze non contestateingiudizio,nonhanno certo contribuito a creare un clima di serenità in seno alla famiglia o facilitare il rapporto con il marito, che risulta essere statocostrettoinpiùoccasionia intervenire, anche in presenza delle forze dell’ordine, per aiutareorecuperareladonnain difficoltàacausadell’assunzione disostanzealcoliche". (379) Cass., 22 novembre 2000, n. 15055, inGiust. civ. Mass ., 2000, 2402, ha confermato la decisione di merito che, preso atto che la separazione era stata pronunciata senza addebito, non aveva attribuito rilievo, ai fini dell’assegno di divorzio, alla pregressa relazione extraconiugale di uno dei coniugi. (380) BONILINI, L’assegno postmatrimoniale,op.cit.,552. (381) RUSSO, Ancora sull’assegno divorzile: la Cassazione conferma l’orientamento, commento a Cass.,2luglio2007,n.14965,cit. (382) Cass. 14 gennaio 2008, n. 593; Cass. 28 aprile 2006, n. 9876. (383)DOSSETTI,Loscioglimento del matrimonio: gli effetti della pronunzia di divorzio, op.cit., 648. (384) Cass., 25 giugno 2003, n. 10075; Cass., 5 novembre 1992, n. 11978, inForo It., 1993, I, 1123. (385)DOSSETTI,Loscioglimento del matrimonio: gli effetti della pronunzia di divorzio, op.cit., 650. (386) Cass., 11 ottobre 2006, n. 21805,inDir.egiust.,2006. (387) Cass., 28 maggio 2008, n. 14056; Cass. 12 luglio 2007, n. 15611; 19 marzo 2003, n. 4040; Cass.,16giugno2000,n.8233. (388) Tuttavia Cass. 22 settembre 2011, n. 19349 ha sostenuto che l’instaurazione di un’effettiva convivenza fra i coniugi non è richiesta quale condizione per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge, precisando che “la mancata convivenza può, infatti, trovareragionenellepiùdiverse situazioni o esigenze, e va comunque intesa, in difetto di elementi che dimostrino il contrario, come espressione di unasceltadellacoppia,dipersè non escludente la comunione spiritualeemateriale,dallaquale nonpossonofarsiderivareeffetti penalizzanti per uno dei coniugi ed alla quale comunque non può attribuirsi efficacia estintiva dei diritti e doveri di natura patrimoniale che nascono dal matrimonio”. (389) L’art. 6, comma 6, l. div., chesiritieneabrogato,disponeva invece che “L’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggioreetà.Inognicasoaifini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragionidelladecisioneefavorire il coniuge più debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirenteaisensidell’art.1599 delcodicecivile”. Cass.,Sez.un.,28ottobre1995, n. 11297, inFam. e dir. , 1995, 533, aveva poi affermato che l’art. 6, comma 6, l. div., non attribuiva al giudice il potere di disporre l’assegnazione della casa familiare a favore del coniugeprivodiundiritto–reale opersonale–sull’immobileeche non sia affidatario della prole minorenneoconviventeconfigli maggiorenni non ancora provvisti, senza loro colpa, di sufficientiredditipropri. (390) Cass., 2 febbraio 2006, n. 2338, inForo it., 2006, I, 1361; Cass., 25 agosto 2005, n. 17299, inFam.edir. ,2006,81;Cass.,10 giugno2005,n.12295,inFam. e dir.,2005,663;Cass.,1dicembre 2004, n. 22500, inFam. e dir. , 2005, 137; Cass. sez. I, 9 luglio 2004, n. 12666, inForoit., 2006, I,575. (391) Cass., 12 marzo 2012, n. 3922; Cass., 20 aprile 2011, n. 9079; Cass., 12 gennaio 2005, n. 408,inFam.edir.,2005,408. (392) Secondo Cass., 25 novembre 2010 n. 23968, “la convivenzadelconiugeconaltre persona, avente carattere occasionale o temporaneo, non incidedipersèdirettamenteedin astratto sull’assegno di mantenimento”;lagiurisprudenza dilegittimitàèinfattipacificanel sostenere che il presupposto per la riconoscibilità di un assegno divorzile viene meno solo ove la convivenza“assumaicaratteridi stabilità e continuità, e i conviventi elaborino un progetto ed un modello di vita in comune analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sulmatrimonio”(Cass.,12marzo 2012, n. 3923; Cass., 11 agosto 2011, n. 17195); v. anche Cass. 26 gennaio 2006, n, 1546; 9 aprile 2003, n. 5560; secondo Cass.,8luglio2004,n.12557,in Guida al dir. , 2004, 32, 70, “in assenza di un nuovo matrimonio, il diritto all’assegno di divorzio di per sé permane nella misura stabilita dalla sentenza di divorzio, anche se il suo titolare instauri una convivenza "more uxorio"conaltrapersona”,salvo che si provi da parte dell’ex coniuge onerato, che “tale convivenza ha determinato un mutamento "in melius", pur se non assistito da garanzie giuridichedistabilità,madifatto adeguatamenteconsolidato,delle condizioni economiche dell’aventediritto,aseguitodiun contributo al suo mantenimento dapartedelconvivente,oquanto meno da risparmi di spese da questa derivatigli”; in ogni caso ha precisato la Corte nella stessa sentenza, “la relativa prova non puòesserelimitataaquelladella mera instaurazione e del permanere di una convivenza more uxorio dell’avente diritto con altra persona, essendo detta convivenzadiperséneutraaifini del miglioramento delle condizioni economiche del titolare, potendo essere instaurata con persona priva di redditi e patrimonio, e dovendo l’incidenza economica di detta convivenza essere valutata in relazione al complesso delle circostanze che la caratterizzano”; Cass., 8 agosto 2003, n. 11975, inFam. e dir., 2004,195,precisachefraifattori capaci di incidere sulla nozione di "adeguatezza" dei mezzi “è suscettibile di acquisire rilievo anche la eventuale convivenza "more uxorio", la quale, quando si caratterizzi per i connotati della stabilità, continuità e regolarità tanto da venire ad assumere i connotati della cosiddetta "famiglia di fatto" (caratterizzata, in quanto tale, dalla libera e stabile condivisione di valori e dei modelli di vita, in essi compresi anchequelloeconomico)fasìche la valutazione di una tale "adeguatezza" non possa non registrare una tale evoluzione esistenziale, recidendo - finché duri tale convivenza (e ferma rimanendo in questo caso la perdurante rilevanza del solo eventuale stato di bisogno in sé ove"noncompensato"all’interno della convivenza) - ogni plausibile connessione con il tenore e con il modello di vita economici caratterizzanti la pregressa fase di convivenza coniugale, ed escludendo - con ciòstesso-ognipresuppostoper il riconoscimento, in concreto, dell’assegno divorzile fondato sullaconservazionedeglistessi”. V. anche Cass., 9 aprile 2003, n. 5560; secondo Cass., 17 gennaio 2002,n.432,inGiust.Civ.,2002, I, 1001, con nota di M. FINOCCHIARO, “al fine di escludereildirittodell’exmoglie, privadiadeguatiredditipropri,a percepirel’assegnodidivorzioa carico dell’altro coniuge non è sufficiente la prova limitata all’accertamento della convivenza della stessa con un terzo, ove manchi qualsiasi riferimento a prestazioni di assistenza di tipo coniugale in suo favore conseguenti al nuovo rapporto”; Cass., 2 giugno 2000, n.7328. (393)DOSSETTI,Loscioglimento del matrimonio: gli effetti della pronunzia di divorzio, op.cit., 648. (394) MACARIO, Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, op. cit.,904ss. (395)DOSSETTI,Loscioglimento del matrimonio: gli effetti della pronunzia di divorzio, op.cit., 647. (396) Cass., 24 novembre 1999, n. 13053, inForo It., 2000, I, 1229. (397) Cass., 22 marzo 2012, n. 4551; Cass., 21 maggio 2002, n. 7435,inFam.edir.,2002,604 (398) Cass., 21 maggio 2002, n. 7435; Cass., 10 agosto 2001, n. 11059, inFam. e dir., 2001, 469, con nota di CARBONE; Cass., 21 giugno2000,n.8417,inGiur.It ., 2001,21,connotadiBARBIERA; Cass., 16 giugno 2000, n. 8225; Cass., 3 luglio 1996, n. 6087, in Fam. e dir., , 1996, 431, con nota di CHIZZINI; Cass., 8 novembre 1996, n. 9756, inFam. e dir. , 1997,16,connotadiCHIZZINI. (399) BARBIERA, Il divorzio dopo la riforma del diritto di famiglia, op. cit., 330; A. e M. FI-NOCCHIARO, Diritto di famiglia. III. Il divorzio, op. cit., 582. (400) Cass., 19 marzo 1991, n. 2932,inArch.loc.,1991,553. (401) Cass., 16 novembre 1994, n.9645,inMass.,1994 (402) BONILINI, L’assegno postmatrimoniale,op.cit.,506. (403) BARBIERA, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati , op. cit., 25 ss.; DOSSETTI, Lo scioglimento del matrimonio: gli effetti della pronunzia di divorzio, op.cit., 651. (404) Corte cost., ord. 29 marzo 2007, n. 113, ha sottolineato comeillegislatore,nelcasodegli assegni periodici, abbia ritenuto di“assimilarliairedditidilavoro dipendente assoggettandoli a tassazioneincapoalconiugeche li percepisce e correlativamente, al fine di evitare doppie imposizioni, li ha considerati oneri deducibili da parte del coniugechelicorrisponde;eciò, in ragione sia della loro periodicità (e, quindi, della loro pertinenza a più periodi d’imposta)siadellapossibilitàdi unalororevisioneeconomicaper sopraggiuntigiustificatimotivi”. (405)Cass.,18febbraio2000,n. 1810 (406) A UTORINO STANZIONE MUSIO, Il divorzio. Disciplina, procedure e profili comparatistici, Ipsoa, Milano, 2002,83. (407) Cass., 22 novembre 2002, n. 16462;DE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 586, sostiene invece che il controllo secondo equità del Tribunale deve essere esercitato “ipotizzandounacapitalizzazione del diritto e verificando se vi sia sproporzione tra il risultato dell’operazione e la somma offerta, nonché tenendo presente che la perdita della rendita può significare, per il benficiario, perditadicertezzaperilfuturoe che la stessa, ove sussista, deve essere compensata.”; secondo DOGLIOTTI, Alcuni problemi interpretativi in materia di separazioneedivorzio, inFam. e dir., 1997, n. 5, 479 e ss., “dovrebbe trattarsi, seppur lasciando qualche margine all’autonomia delle parti, di una vera e propria capitalizzazione dell’assegno che sarebbe stato corrisposto periodicamente, in relazioneallapresumibiledurata dellavitadelbeneficiario”. (408) Cass., 12 ottobre 1999, n. 11437evidenziache“all’oggetto della liquidazione” in unica soluzionesiaddicemaggiormente la qualificazione di "attribuzione patrimoniale", piuttosto che quelladi"reddito". (409)SESTA,Dirittodifamiglia, op.cit.,356;secondoDOGLIOTTI, Alcuni problemi interpretativi in materia di separazione e divorzio, cit., “il controllo del giudice dovrebbe limitarsi soprattutto all’importo, ma nulla vieta che possa ritenere iniqua anche la corresponsione in se stessa: così ad es. quando il beneficiariositrovasseinstatodi stretto bisogno e necessitasse di una prestazione periodica, evidentemente adeguabile al costo della vita, fossero prevedibili mutamenti di circostanze in un termine piuttosto breve (miglioramento dei redditi dell’obbligato o peggioramento per il beneficiario)chenonpotrebbero farsi valere successivamente, essendoinammissibileunanuova domanda di contenuto economico. Tuttavia il Tribunale deve usare tale potere con estrema cautela, per evitare pesanti interferenze ed inopportunipaternalismi”. (410) Cass., 19 settembre 2000, n.12389. (411) La giurisprudenza di legittimitàhatuttaviamanifestato recentemente un orientamento non univoco sulla questione se spetti o meno la pensione di reversibilità all’ex coniuge che abbia percepito l’assegno divorzile in unica soluzione: Cass. 3 luglio 2012, n. 11088, escludendo tale diritto dell’ex coniuge, ha sostenuto che “la corresponsione in unica soluzione dell’assegno divorale, giusta il disposto dell’articolo 5, comma 8, esclude la sopravvivenza, in capo al coniugebeneficiario,diqualsiasi ulteriore diritto di contenuto patrimoniale nei confronti dell’altro coniuge”, nello stesso senso, Cass. 8 marzo 2012, n. 3635 e Cass., 5 gennaio 2001, n. 126, inFam. e dir. , 2001, 128; Cass. 29 luglio 2011, n. 16744 e Cass. 28 maggio 2010, n. 13108, hannoinveceaffermatol’opposto principio secondo cui anche la corresponsione, in unica soluzione, al coniuge "più debole"disommedidenaro(odi altre utilità patrimoniali), soddisfa il requisito della previa titolaritàdell’assegnodidivorzio che consente al coniuge medesimo di accedere alla pensione di reversibilità o (in concorso con il coniuge superstite)aunasuaquota. (412)Cass.,6novembre2006,n. 23659;Cass.,22novembre2002, n. 16462; Cass. 12 ottobre 1999, n.11437. (413) Corte cost., ord. 6 dicembre 2001, n. 383, ha precisatoche“sull’accordotrale parti l’importo da corrispondere informaperiodicavienestabilito in base alla situazione esistente al momento della pronuncia, con laconseguentepossibilitàdiuna loro revisione, in aumento o in diminuzione; mentre al contrario quanto versato una tantum - che noncorrispondenecessariamente alla capitalizzazione dell’assegno periodico - viene concordato liberamente dai coniugi nel suo ammontare e definisceunavoltapertutteiloro rapporti per mezzo di una attribuzione patrimoniale, producendo l’effetto di rendere non più rivedibili le condizioni pattuite, le quali restano così fissatedefinitivamente”. (414) Corte cost., ord. 29 marzo 2007,n.113,sièpronunciatanel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 1, letterac),e47,comma 1, letterai), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Udine, che sosteneva che la Corte cost. nell’ordinanza n. 383 del 2001, non aveva adeguatamente considerato: “a) che l’accordo raggiunto dalle parti, circa l’adempimentoinunicasoluzione – invece che mediante assegni periodici – dell’obbligazione derivante dallo scioglimento o dalla cessazione del vincolo matrimoniale, «vale […] a determinare il “modo” di estinzione dell’obbligazione, ma non ne muta la natura», data la «perfetta equivalenza sotto il profilogiuridicoefunzionale»di tale forma di adempimento con quella rappresentata da esborsi periodici, rispetto alla comune finalità di sovvenire il coniuge economicamente piú debole, in conformità ad un provvedimento giudiziario; b) il pagamento una tantum di un assegno al coniuge – in misura corrispondente alla capitalizzazione di un assegno periodico – è fatto idoneo a ridimensionare l’entità dei rilevatori di ricchezza di chi ha effettuato l’esborso e, quindi, ad incidere sulla capacità contributiva del solvens, al pari del pagamento di assegni periodici; c) l’indeducibilità dell’assegno corrisposto una tantum, prevista dal censurato art. 10, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 917 del 1986, comporta una ingiustificata disincentivazione del ricorso dei coniugi a tale tipo di assegno, rispetto agli assegni periodici, dalla legge considerati, invece, deducibili;…”. (415)Cass.,21febbraio2008,n. 4424. (416) Cass. 30 novembre 2007, n.25010;Cass.,12luglio2007,n. 15611; Cass., 29 marzo 2006, n. 7117; Cass., 6 marzo 2003, n. 3351. (417) TOMMASEO, Commento all’art. 4, l. 1 dicembre 1970, n. 898, inCommentario al diritto italiano della famiglia, a cura di Cian, Oppo e Trabucchi, VI, 1, Cedam,Padova,1993,301ss. (418)Cass.,14gennaio2004,n. 336. (419)Cass.,21febbraio2001,n. 2492. (420) Cass., 25 maggio 2007, n. 12317; Cass. 29 aprile 1982 n. 2687;23gennaio1980n.549. (421) Cass. 15 giugno 1995, n. 6737; Cass. 20 maggio 1985 n. 3080; la tesi è stata ancora sostenuta da Cass., 15 giugno 1995,n.6737,inFam.edir.,n.5/ 1995, 434, secondo la quale “nelle obbligazioni relative al pagamentodell’assegnodivorzile e del contributo per il mantenimento dei figli, come in quelle alimentari, la determinazione monetaria della prestazionenonèfineasestessa, ma è legata ad un determinato potere di acquisto, che deve essere salvaguardato nonostante il variare del valore intrinseco della moneta, per non compromettere la funzione delle suddette obbligazioni, che consiste nell’attribuire al beneficiario un apporto periodico incidente "in misura reale"sullesuecondizionidivita. Pertanto, nei confronti di tali obbligazioni - che si differenziano dalle obbligazioni cosiddettedivaluta,assoggettate al principio nominalistico - si deve tener conto del variare del potere di acquisto della moneta siaaifinidelloroaggiornamento periodico, sia anche ai fini della loro stessa liquidazione, specialmente quando intercorre un notevole lasso di tempo tra il momento della liquidazione e l’epoca alla quale le prestazioni sono riferite.”; CARBONE, L’assegno di divorzio tra debito di valuta e debito di valore, nel commentare tale pronuncia, critica questa interpretazione, rilevando che l’assegno di divorzio non ha natura alimentare, e non è un debito di valore bensì solo un “debito indicizzato”, e osserva che “l’insisteresullafiguradeldebito di valore, significa il non prendere atto della tendenza normativa che intende sostituire le tecniche "valoristiche" non soddisfacentiperprestazionilato sensu alimentari con quelle di indicizzazionelegaleogiudiziale, caratterizzate cioè da una predeterminazione dei criteri cui è collegata la dinamica delle prestazionimonetarie”. (422) Cass. 15 giugno 1995, n. 6737; Cass., 25 maggio 2007, n. 12317. (423) Cass. 28 gennaio 2008, n. 1761, confermando il pregresso consolidato orientamento, ha affermato che “il provvedimento di revisione dell’assegno divorzile-previstodallaL.n.898 del 1970, art. 9, - postula non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma anche la idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti”; Cass., 2 maggio2007,n.10133;Cass.,11 marzo 2006, n. 5378, inFam., pers. e succ., 2006, 791; Cass, 4 settembre 2004, n. 17895; Cass., 27settembre2002,n.14004. (424) Cass., 11 marzo 2006, n. 5378,inFam.,pers.esucc.,2006, 791, ha cassato la pronuncia del giudice di merito, che aveva sostenuto che “le ripercussioni economicamente negative della scelta”dell’exconiugeobbligato –cheavevasceltodisvolgereun lavoro part time anziché a tempo pieno - “non potrebbero comunque assumere rilievo”, “dovendosi escludere che decisioni basate su considerazionipersonalipossano ledereidiritticonsolidatiditerze persone"; la Suprema Corte ha invece ritenuto che quelle scelte, pienamente legittime, “costituiscono altresì esplicazione di fondamentali diritti di libertà della persona, qualiquellidiliberadisponibilità delle proprie energie fisiche ed intellettive e di libera scelta dell’attivitàlavorativa(artt.2e4 Cost.,comma2)”;v.ancheCass., 4aprile2002,n.4800,inGiur. it ., 2003, 686, con nota di BARBIERA. (425) Cass. 24 gennaio 2008, n. 1595, ha riconosciuto la sopravvenienza di giustificati motivi ai fini della revisione dell’assegno di divorzio, per la nascita di un figlio, generato da successiva unione, che, considerate tutte le circostanze del caso concreto, abbia determinato un reale ed effettivo depauperamento delle sostanze o della capacità patrimoniale dell’obbligato, accertato all’esito di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti; ha inoltre precisato che il dovere di mantenimento dell’obbligatoversoilfiglionato dalla successiva unione va valutato anche alla stregua delle potenzialità economiche della nuova famiglia in cui il bambino èstatogenerato,equindiavendo riguardo pure alla condizione dell’altrogenitore;v.ancheCass., 3 agosto 2007, n. 17041,Fam. e dir.,2007;Cass.,11marzo2006, n.5378. (426) Cass., 2 maggio 2007, n. 10133; Cass., 23 agosto 2006, n. 18367, inDir. e giust. del 7/9/2006; Cass., 27 settembre 2002, n. 14004, inFam. e dir. , 2003, 14; Cass., 28 agosto 1999, n.9056,inFam.edir.,1999,579. (427) Cass., 12 marzo 2012, n. 3914; Cass. 20 gennaio 2012, n. 785; Cass., 28 gennaio 2000, n. 958,inFam.edir.,2000,586. (428) Cass., 3 agosto 2007, n. 17041, cit., esaminando il caso dell’exconiuge,privodiassegno, chescegliediandareinpensione o di dimettersi, raggiunta l’età pensionabile, ha ribadito come non possa essere aprioristicamente esclusa l’incidenza dell’evento dedotto, in ragione del fatto che il decremento consegua ad una libera scelta dell’ex coniuge che richiedeexnovol’assegno. (429) Cass., 9 gennaio 2003, n. 113. (430)Cass.,27gennaio2012,n. 1253; Cass., 14 maggio 2004, n. 9185. (431) DOSSETTI, Il diritto di famiglia, I, Famiglia e matrimonio, diretto da BONILINICATTANEO, Utet, Torino, 1999, 662; secondo Cass., 16 gennaio 1982, n. 268, inGiust.civ., 1982, I,946,"l’exconiuge,beneficiario dell’assegno di divorzio, in caso di fallimento dell’obbligato, non può pretendere l’adempimento del credito, neppure in moneta fallimentare, per il tempo successivo all’apertura del procedimento concorsuale", e il correlativodirittosiestingue. (432)Cass.,14febbraio2003,n. 2196,Arch. Civ. , 2003, 931, “lo statobiologicodiprocreazionefa sorgere a carico del genitore (legittimo o naturale) tutti i doveri di cui all’art. 147 c.c., compreso quello di mantenimento, che unitamente ai doveridieducareeistruireifigli, obbligaigenitoriexart.148c.c. afarfronteadunamolteplicitàdi esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale”. (433) La giurisprudenza di legittimità è univoca nell’affermare che il dovere di mantenimento non coincide necessariamente con l’inizio dell’esercizio della potestà, poiché sorge con e per il fatto stesso della procreazione, e non dalla data dell’eventuale successivo riconoscimento o accertamento della genitorialità; v. da ultimo Cass., 3 novembre 2006, n. 23596: “Nell’ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solodeigenitori,tenutoperciòa provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo dell’altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità o di maternitànaturale,essendosorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto,istruitoededucatoda parte di entrambi i genitori. Da ciòconsegue,perunverso,cheil genitorenaturale,dichiaratotale con provvedimento del giudice, non può sottrarsi alla obbligazione nei confronti del figlio per la quota parte posta a suo carico, ma è tenuto a provvedervi sin dal momento della nascita, e, per altro verso, che il genitore il quale ha provveduto in via esclusiva al mantenimentodelfigliohaazione nei confronti dell’altro per ottenere il rimborso "pro quota" delle spese sostenute dalla nascita. Tale azione non è tuttavia utilmente esercitabile se non dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della filiazione naturale (atteso che soltanto per effetto della pronuncia si costituisce lo "status" di figlio naturale, sia pure con effetti retroagenti alla data della nascita),conlaconseguenzache detto momento segna altresì il "dies a quo" della decorrenza della prescrizione del diritto stesso”;v.ancheCass.,2febbraio 2006, n. 2328, inGuida al dir., 2006, n.19, 84; Cass. 26 maggio 2004,n.10124,inMass.ForoIt., 2004; Cass., 22 novembre 2000, n. 15063, inGiust.Civ., 2001, I, 1296,cheprecisa:“lacircostanza che i genitori siano o meno conviventi non ha alcuna rilevanzainrelazioneall’obbligo di mantenimento dei figli, che incombesuentrambiigenitoriin quanto nascente dal fatto stesso dellaprocreazione”. In dottrina, BESSONE-ALPAD’ANGELO-FERRANDO- SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto, op.cit., 265; PINI, Lafiliazione,inTrattatodidiritto minorile, di Musacchio, Cedam, Padova,2007. (434) Si veda la nota 22 del capitoloI. (435) Cass., 23 marzo 1995, n. 3402. (436) Corte cost., 13 maggio 1998, n. 166, inFam. e dir., 3,1998, 205, con nota di CAR-BONE;Cass.,19aprile2002, n.5714,inFam.edir., n.4,2002, 415;Cass.,3aprile2002,n.4765, i nFam. e dir., n. 4, 2002, 351; Cass.,8maggio2003,n.6970,in Fam. e dir., n. 4, 2003, 319, con notadiFIGONE. (437)Cortecost.,30luglio2008, n.308. (438) Cass., 12 settembre 2011, n.18618;Cass.3agosto2007,n, 17043; Cass., 24 aprile 2007, n. 9915; Cass. 22 marzo 2005 n. 6197,inGiust.civ.Mass .2005,4; Cass., 14 febbraio 2003, n. 2196, cit.; Cass., 19 marzo 2002, n. 3974. (439) Cass., 12 settembre 2011, n. 18618; Corte cost., 30 luglio 2008, n. 308; Corte cost., 13 maggio1998n.166,cit. (440) Secondo Trib. Catania, sentenza12luglio2006,n.2597, i nwww.affidamento condiviso.it, “il dovere contributivo previsto dagliartt.30Cost.,147e148c.c. che su ciascun genitore grava in misura proporzionale al proprio reddito e che rimane intatto pur nel dissolvimento del consortium vitae, può assumere modalità diversedisoddisfacimentolegate all’affidamento dei figli e al concreto atteggiarsi delle condizioni di vita, reddituali e lavorative dei coniugi in lite. L’ottica in cui si muove il legislatore è quella per cui, tendenzialmente, nel rapporto conifiglinullaconl’affidamento condiviso dovrebbe mutare se non nei limiti in cui la non più costante presenza giornaliera dell’unoincidenelfarfrontealle quotidiane necessità economiche della prole. Il modo in cui far frontealdoverecontributivopuò essere: - diretto (ciascuno dei genitori provvede al mantenimento,recitalanorma)e cioè provvedendo in proprio all’acquisto dei beni e al pagamento delle spese necessarie; ovvero indiretto e cioè mediante il versamento all’altro coniuge della somma in denaroaconguagliocheresidua ove il modo diretto non copra interamente il budget a proprio carico (art. 155 comma 4 “il giudice stabilisce”ove necessario”lacorresponsionedi un assegno”)”. Nel caso di specie, il Trib. di Catania, considerato che i genitori avevano pari potenzialità di reddito, in quanto entrambi insegnanti, e che era previsto un pari periodo di permanenza della figlia presso entrambi, ha disposto che ciascun genitore provvedesse al mantenimento diretto nei periodi di rispettiva permanenzaehapostoacaricodi ciascuno il 50% delle spese scolastiche e di vestiario e di quelle per le attività sportive o ricreative cui abbia dato il suo assenso, nonché il 50% di quelle dicaratteresanitario. (441) DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio , Cedam,Padova,2006,106,rileva che il mantenimento diretto "fa entrare il genitore nella quotidianità del figlio, coinvolgendolo in essa ben diversamente da quanto avviene con la "delega in bianco" all’altro genitore, che l’assegno incarna"; nello stesso senso, ARCERI,L’affidamentocondiviso. Nuovi diritti e nuove responsabilità nella famiglia in crisi, Ipsoa, Milano, 2007, 152; SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) Profilisostanziali, inFam. e dir., n. 4, 2006, 377, osserva che“il mantenimento diretto rappresenta … la forma di contribuzione più in linea con lo spirito ed il significato della riforma - che, deve ricordarsi, mira a dare attuazione al principiodellabigenitorialità-e, nel contempo, appare il più consono al modello della spartizione dei compiti e delle responsabilitàeducative,dimodo ché, nella misura in cui esercitano la potestà, i genitori devono, in linea di principio, anchecontribuiredirettamenteal soddisfacimento delle necessità dei figli salvo, se necessario, disporre il riequilibrio tra loro mediante l’assegno. In tale prospettiva, dunque, l’assegno sembrerebbenoncostituirepiùla modalitàordinariaattraversocui il genitore dà attuazione al proprio dovere di mantenimento, avendo invece assunto una funzione residuale rispetto alla contribuzione diretta, tant’è che, secondo il tenore dell’art. 155 c.c., il giudice lo dispone, solo ovenecessario”. (442) DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, op. cit., 106, che osserva: “all’assegno si deve far ricorso nell’ipotesi in cui vi siano inadempienze o siano posti in essere comportamenti idonei a danneggiare i figli o a rendere non tempestive le prestazioni in loro favore ” ;contra, PADALINO, L’affidamento condiviso dei figli, Giappichelli, Torino, 2006, 60, sostienecheinordinealmododi contribuzione al mantenimento dei figli, "nulla è cambiato rispetto alla disciplina abrogata". (443) Secondo SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) Profili sostanziali, cit., 377, “a ben vedere, la dichiaratanaturariequilibratrice dell’assegno è chiara testimonianza della circostanza che l’obbligo di mantenimento debba essere adempiuto essenzialmente in via diretta; l’inciso iniziale, dunque, che consente ai genitori di concordare modalità diverse di contribuzione, mediante accordi chedebbonoavereformascritta, deve essere inteso come un riferimento alla possibilità che essi determinino come assumere direttamente parte degli oneri relativi al mantenimento dei figli mediante l’attribuzione di un bene o attraverso il pagamento diretto di beni o prestazioni in favoredeifigli”. (444) Trib. Catania, sentenza 12 luglio 2006, n. 2597, in www.affidamentocondiviso.it; Trib.Catania,ord.24aprile2006, ivi. (445)Cass.,20gennaio2012,n. 785; Cass., 29 luglio 2011, n. 16736; Cass. 18 agosto 2006 n. 18187, inGiust.civ.Mass ., 2006, 7ss. (446) SecondoDE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, op. cit., 104 ss., per determinare l’entità del mantenimento diretto si deve fare riferimento sia al reddito dei genitori, che costituisce il parametro immediato, per valutare la proporzionalità tra il contributo degli stessi, sia, in funzione integrativa, ai cinque criteri enunciatidall’art.155c.c. (447) Secondo Trib. Catania, sentenza12luglio2006,n.2597, cit.,intalicasi“nonv’ènecessità di imporre all’uno o all’altro il versamento di un assegno periodico, fermo restando che ciascun genitore dovrà provvedere al mantenimento diretto nel periodo di rispettiva permanenza e che sarà tenuto al 50% delle spese scolastiche e di vestiarioediquelleperleattività sportive o ricreative cui abbia dato il suo assenso, nonché al 50% di quelle di carattere sanitario”. Nello stesso senso, Trib. La Spezia, ord. 14 marzo 2007: “in tema di mantenimento dei figli minori, l’adozione di un regimediaffidamentoalternatocon suddivisione paritaria della convivenzaedeltempotrascorso conl’unoeconl’altrogenitoreimpone il venir meno di qualsivoglia contributo di mantenimento della prole a caricodiungenitoreedinfavore dell’altro; conseguentemente ciascun genitore potrà e dovrà sopportare gli oneri quotidiani nel momento in cui la figlia ne è convivente. Viceversa, quanto aglionerinonquotidiani(qualiil rinnovo del vestiario, l’acquisto dei libri scolastici e le spese per le vacanze), l’unica scelta possibile è quella della loro attribuzione in misura paritaria adentrambiiconiugi;setrattasi di oneri straordinari (ad es., apparecchio ortodontico o corsi di recupero), sarà necessario il previo accordo delle parti, fatta salva l’urgenza del caso; per gli onerinonstraordinari(quale,ad es., l’acquisto di vestiti), ogni genitore potrà assumere l’iniziativa di affrontarli e chiederne il rimborso all’altro coniuge per la quota di sua spettanza.”. (448)Cass.,24gennaio2011,n. 1611; Cass., 16 giugno 2011, n. 13184; Cass., 26 settembre 2011, n.19589;Cass.,11gennaio2007, n. 407; Cass., 6 ottobre 2006, n. 21572, inGuida al dir. , 2006, n. 49, 54; Cass., 18 agosto 2006, n. 18187, inGuida al dir. , 2006, n. 35,42;Cass.,20maggio2006,n. 11891, inDir. e giust ., 2006, 25,18; Cass., 7 aprile 2006, n. 8221, inMass. Giust. Civ., 2006, 4. (449)Cass.21febbraio2007,n, 4102: Cass., 18 agosto 2006, n. 18187, cit., ha precisato che l’obbligo del mantenimento perdura “indipendentemente dal raggiungimento della maggiore età,finchélefiglienondiventino autosufficienti dal punto di vista economico”; Cass. 3 aprile 2002, n.4765. (450)Cass.,24gennaio2011,n. 1611; Cass., 16 giugno 2011, n. 13184; Cass., 26 settembre 2011, n.19589;Trib.Messina,decreto5 maggio 2006, www.affidamentocondiviso.it. In dottrina, SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) Profili sostanziali, cit., 377, osserva che “la norma disciplina l’ipotesi in cui il giudice della separazionedebbadeciderecirca il mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti della coppia che si sta separando; essa consente al genitore obbligato di instare affinché il giudice, "valutate le circostanze", disponga che egli versi l’assegno direttamente al figlio. La disposizione, pertanto, non troverà automaticamente applicazione qualora il figlio divenga maggiorenne successivamenteallaconclusione del procedimento, e quindi l’assegnoasuotempodispostoin sedediseparazionecontinueràa dover essere corrisposto al genitore in favore del quale era stato attribuito, salva la facoltà delfigliodidomandarealgiudice competente secondo le regole ordinarie di vederselo corrispondere direttamente, e salva la facoltà del genitore obbligato, che voglia versare l’assegno dovuto direttamente al figlio, di agire ex art.710 c.p.c. perlamodificaintalsensodelle condizioni di separazione”; contra, M. FINOCCHIARO, Assegno versato direttamente ai maggiorenni, inGuida al dir. , 2006, 11, 41-42, secondo cui il diritto alla contribuzione fissato dalgiudicedurantelaminoreetà del figlio cessa automaticamente quando questi raggiunga la maggiore età; successivamente, su domanda del figlio nei confrontidientrambiigenitori,il giudicepuòdisporre,exnovo,in favore dello stesso figlio un assegno periodico; secondo l’Autore, per effetto di quanto statuito nell’art. 155quinquies c.c., al figlio deve anche riconoscersi la legittimazione ad intervenire nel giudizio di separazioneodivorzio. (451) Cass., 7 aprile 2006, n. 8221,cit. (452) Cass., 7 aprile 2006, n. 8221, cit.; conforme a Cass., 4 aprile 2005, n. 6975, inGuida al dir.,n.16,39. (453) Cass., 26 settembre 2011, n.19589;Cass.,26gennaio2011, n. 1830. Sul diritto del figlio maggiorenne a percepire l’assegnodimantenimentoanche nelcasoincuisiaprivodireddito per avere rifiutato un impiego non adeguato alla sua preparazione,v.Cass.,18gennaio 2005, n. 951, inDir. e giust., 2005, 6, 29 con nota di FITTIPALDI; Cass., 3 aprile 2002, n. 4765, inDir.Fam.pers. , 2002, 310;Cass.,22novembre2000,n. 15065, inGiust.civ.Mass. , 2000, 2406. (454) Cass., 7 aprile 2006, n. 8221,cit. (455) Cass., 26 settembre 2011, n.19589;Cass.,7aprile2006,n. 8221,cit.;Cass.3aprile2002,n. 4765; Cass. 30 agosto 1999, n. 9109; Cass. 11 marzo 1998, n. 2670; Cass. 7 maggio 1998, n. 4616. (456) Cass., 26 settembre 2011, n.19589;Cass.,28gennaio2008, n. 1761; Cass., 2 dicembre 2005, n.26259;Cass.,7luglio2004,n. 12477. (457) BIANCA, Diritto civile, 2, La famiglia. Le successioni., op. cit., 244, nel condividere la posizione della prevalente giurisprudenza sulla concorrente legittimazione a richiedere l’assegno del figlio maggiorenne edelgenitoreconluiconvivente, precisa che la legittimazione del genitore è fondata sulla continuità dei doveri di mantenimento che gravano su di lui nella persistenza della convivenza, mentre la legittimazionedelfigliodivenuto maggiorenne trova fondamento nella titolarità del diritto al mantenimento; l’Autore ritiene inoltrechesussistaunrapportodi “solidarietàattiva”trailgenitore convivente già affidatario e il figlio, cui consegue che l’adempimento eseguito all’uno libera il genitore, obbligato alla corresponsione dell’assegno, nei confrontidell’altro;contra,perla tesicheilsolofigliomaggiorenne è legittimato a richiedere e a ricevere l’assegno, nonché ad agire in caso di inadempimento del genitore obbligato o per le modifichedell’assegno,v.A.eM. FINOCCHIARO, Diritto di Famiglia,op.cit.,569ss.. (458)Cass.,24febbraio2006n. 4188, secondo cui “il genitore, separatoodivorziato,cuiilfiglio sia stato affidato durante la minore età, continua, pur dopo che questi sia divenuto maggiorenne, ma coabiti ancora conluienonsiaeconomicamente autosufficiente, ad essere legittimato iure proprio, in assenzadiun’autonomarichiesta dapartedellostesso,arichiedere all’altro genitore tanto il rimborso, pro quota, delle spese giàsostenuteperilmantenimento delfiglio,quantoilversamentodi un assegno periodico a titolo di contributo per detto mantenimento”;Cass.,27maggio 2005, n. 11320,Foro it., Rep. 2005, voceMatrimonio,n.18,“Il genitore,separatoodivorziato,a cui il figlio sia stato affidato durante la minore età, pur dopo che il figlio (non ancora autosufficiente) sia divenuto maggiorenne, continua, in assenzadiun’autonomarichiesta da parte di quest’ultimo, ad esserelegittimatoiureproprioad ottenere dall’altro genitore il pagamento dell’assegno per il mantenimento del figlio, sempre chetrailgenitoregiàaffidatario e il figlio persista il rapporto di coabitazione; al fine di ritenere integrato il detto requisito della coabitazione, basta che il figlio maggiorenne - pur in assenza di unaquotidianacoabitazione,che può essere impedita dalla necessità di assentarsi con frequenza, anche per non brevi periodi,permotivi,adesempio,di studio - mantenga tuttavia un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, facendovi ritorno ogniqualvolta gli impegni glielo consentano, e questo collegamento, se da un lato costituisce un sufficiente elemento per ritenere non interrottoilrapportochelolega alla casa familiare, dall’altro concreta la possibilità per tale genitore di provvedere, sia pure con modalità diverse, alle esigenze del figlio”; Cass.,18 aprile2005,n.8007:“Il genitore affidatario, il quale continui a provvedere direttamente ed integralmente al mantenimento dei figli divenuti maggiorenni e non ancora economicamente autosufficienti, resta legittimato non solo ad ottenere "iure proprio", e non già " capite filiorum", il rimborso di quanto da lui anticipato a titolo di contributo dovuto dall’altro genitore, ma anche a pretendere detto contributo per il mantenimento futuro dei figli stessi. La legittimazione del genitore concorre, peraltro, con quelladelfiglio,laqualetrovail suo fondamento nella titolarità del diritto al mantenimento, ed i rapporti tra le due legittimazioni si risolvono in base ai principi della solidarietà attiva, applicabiliinviaanalogica”. (459) SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: A) profili sostanziali, cit., 386; PADA-LINO, L’affidamento condiviso dei figli, cit., 175, secondo cui l’intento del legislatore non è stato quello di privare il genitore della legittimazione a riscuotere l’assegno di mantenimentoiure proprio, ma piuttosto di ribaltare la regola circa la corresponsione applicata in giurisprudenza, imponendo al giudice di valutare prioritariamente il pagamento dell’assegno a favore del figlio sulla base della mera richiesta avanzatadalgenitoreonerato;DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, op. cit., 131, rileva che la nuova normativa “consente di continuare a ritenere” che sussiste una legittimazione concorrenteperilgenitoreeper il figlio, “sia pure sulla base dei nuovi elementi di merito e dei mutatipresupposti”. (460) M. FINOCCHIARO, Assegno versato direttamente al maggiorenne,cit.,41. (461) Cass., 16 giugno 2011 n. 13184;Cass.,22novembre2010, n.23590;Cass.,12ottobre2007, n.21437,nelriconoscerealfiglio divenuto maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente, unalegittimazione"iure proprio " all’azione diretta a ottenere dal genitore non convivente il contributo al proprio mantenimento, ha tuttavia precisatoche“laddoveilgenitore affidatario non abbia agito nel giudiziodiprimogradoanchein rappresentanza del figlio, allora minore, bensì azionando un proprio autonomo diritto, il compimento della maggiore età da parte del figlio non dà luogo ad alcun effetto interruttivo, nè legittima il figlio, che non era partediquelgiudizio,aproporvi appello”; Cass.,19 gennaio 2007, n.1146;App.Trento,ord.6luglio 2006; Trib. Messina, ord. 31 ottobre 2006; Trib. Messina, decreto 5 maggio 2006, in www.affidamentocondiviso.it. (462)Trib.Bologna,sentenza22 maggio 2006, n. 1212, in www.minoriefamiglia.it (463)Trib.min.Milano,decreto 12maggio2006,est.Zamagni,in www.affidamentocondiviso.it, cui hanno fatto seguito numerose pronunce dello stesso tribunale, tutte conformi, si è dichiarato incompetente a decidere in materia di affidamento dei figli naturali, sostenendo che la previsione dell’art. 317bis c.c. che esclude dall’esercizio della potestàilgenitorenonconvivente con il figlio, salvo attribuire al giudice il potere di disporre diversamente,nonpuòritenersiin vigoreaseguitodellanovelladel 2006, che ha sancito per tutti i figli il principio della bigenitorialità. Secondo questa tesi,ilgiudicedevepertantofare riferimento per le questioni relative all’affidamento e al mantenimentodeifigli,legittimie naturali,agliartt.155ess.c.c.,e non più all’art. 317bis c.c., in quanto la l. 54/06 prevede una disciplinaunitariachesiriferisce all’affidamento dei figli come al loro mantenimento, con la conseguenza che non è più scindibile la competenza tra T.O. e T.M. in relazione alle diverse questioni, e unico giudice competentenonpuòcheessereil tribunaleordinario;v.ancheTrib. min. Roma, decreto 23 ottobre 2006. (464) Trib. Milano, ord. 20 luglio2006,Pres.Siniscalchi,Rel. Bonfilio; Trib. Min. Bologna, decreto26aprile2006;Trib.Min. Trento,decreto11aprile2006,in www.affidamentocondiviso.it, hanno sostenuto il permanere della competenza in materia di affidamento dei figli naturali in capo al tribunale per i minorenni in forza del combinato disposto degli artt. 317bis c.c. e 38 disp. att. c.c., e della competenza del tribunale ordinario per le domande di natura economica. Ritenendo la propria incompetenza per materia a conoscere una controversia in relazione alla quale il Tribunale periminorennidiMilanosierain precedenza dichiarato incompetente, il Tribunale di Milano con ordinanza del 20.7.2006 ha disposto la trasmissione del procedimento alla Cassazione, richiedendo d’ufficio il regolamento di competenza. Su tale controversia la Cassazione si è pronunciata conl’ordinanzadel3aprile2007, n.8362. Il Trib. di Monza, con ord. 10 ottobre 2006, Pres. Rel. Calabrò, ha invece sostenuto la competenza del T.M. sia in materia di affidamento dei figli naturali, che di mantenimento e assegnazionedellacasafamiliare. Secondo questo orientamento, la l. 54/06, nel disporre che il giudice debba decidere sull’affidamento condiviso e contestualmentefissareanche“la misuraeilmodoconcuiciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli” e nel prevedere l’applicabilità delle disposizioni anchealleunionidifatto,hafatto venire meno il precedente sdoppiamento di competenze; conformi Trib. Monza, sentenza 29giugno2006,est.Buratti;Trib. Catania,sentenza14aprile2006; App. Napoli 27 settembre 2006, inwww.affidamentocondiviso.it. (465)Cass.,ord.3aprile2007,n. 8362, inFam. e dir., n. 5/2007, 446, con nota di TOMMASEO; Cass., ord. 20 settembre 2007, n. 19406 e Cass., ord. 25 settembre 2007, n. 19909, entrambe in Famiglia e Minori, 2007, 10, 45, con nota di RUO; Cass., ord. 7 febbraio2008,n.2966. (466)Cass.,16gennaio2012,n. 514;Cass.20giugno2011,ord.n. 13508;Cass.ord.3aprile2007,n. 8362. (467)Cass.,ord.25agosto2008, n.21754,n.21755,n.21756. (468) Significative novità sono stateintrodotte,inquestamateria, dalle “Disposizioni in materia di riconoscimentodeifiglinaturali”, definitivamente approvate dalla Camera il 27/11/2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 dicembre 2012. Ivi, infatti, la competenza delTribunaleperiminorenniper le controversie di cui all’art. 317 bis c.c. è stata abrogata e le predette questioni sono state integralmente rimesse al Tribunale ordinario. La nuova normativa prevede altresì, come disposizionediattuazione,lasua applicazione ai giudizi instaurati adecorreredalladatadientratain vigoredellalegge. (469)Sivedalaprecedentenota n.37. (470) V. succ. paragrafo 9 di questocapitolo. (471) Cass., 3 agosto 2007, n, 17043; Cass., 15 marzo 2006, n. 1329,Guida al dir., 2006, n. 22, 48; Cass., 24 febbraio 2006, n.4205;Cass.,22novembre2000, n.15065;Cass.,4maggio2000,n. 5586. (472) Cass. 3 agosto 2007, n. 17043; Cass. 15 marzo 2006, n. 1329, inGuida al dir., 2006, n. 22,48;Cass.24febbraio2006,n. 4205;Cass.22novembre2000,n. 15065; Cass. 4 maggio 2000, n. 5586. (473) BIANCA, Commento all’art. 6, l. 1 dicembre 1970, n. 898, inCommentario al diritto italiano della famiglia, a cura di Cian, Oppo e Trabucchi, VI, 1, Cedam, Padova, 1993, 383, evidenzia la nullità degli atti di rinunzia, transazione e cessione del diritto al contributo nel suo complesso, ma si esprime per la validità delle rinunzie e delle transazioni aventi ad oggetto le prestazioni arretrate; in giurisprudenza, Cass. 21.05.1984 n.3115. (474) TOMMASEO, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: b) Profili processuali , i nFam. e dir., 4, 2006, 388, osserva che “vige pur sempre la regola, già enunciata dal comma 7dell’art.155(oraabrogato)ma ancora presente nella disciplina processuale del divorzio (art. 6, 9° comma), per cui la contemplazione dell’interesse superiore del minore può anche infrangere il principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato consentendo al giudice di dare ai propri provvedimenti contenuti anche diversi ‘rispetto alle domande dellepartioalloroaccordo’.”. (475) DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, op. cit., 110, osserva che “il ‘far salvi’ gli accordi tra le parti significa attribuire al giudice poteri di intervento solo ove essi manchino. Tale scelta si spiega con il favore attribuito dalla novella legislativa all’autodeterminazione delle parti.” (476) PADALINO, L’affidamento condiviso dei figli, op.cit., 65, esclude che l’autonomia dei genitori possa spingersi fino a derogare al principio della proporzionalità nella contribuzione, prevedendo, ad esempio,lapossibileesenzionedi un genitore da qualunque forma di contribuzione. TOMMASEO, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: b) Profili processuali , cit.,388,rilevachelavalutazione della congruità degli accordi “è definitivamente rimessa al giudice di merito: si tratta di accordi sindacabili dal giudice sotto il profilo della loro contrarietàall’interessemoralee materiale dei figli minori, ma anche quando siano contrari a norme di norme di ordine pubblico”. (477) Cass., 3 aprile 2007, n. 8362. (478) C. Cost., 20 novembre 2009, ord. n. 310; Trib. min. Milano, decreto 14 dicembre 2007;Trib.min.Bologna,decreto 2 aprile 2008, in www.minoriefamiglia.it. (479) C. Cost., 20 novembre 2009, ord. n. 310; Trib. min. Bologna,decreto2aprile2008. (480)Trib.min.Milano,decreto 14dicembre2007,cit. (481) Cass., 23 marzo 1995, n. 3402,“l’obbligodimantenimento dei figli minori, siano essi legittimi o naturali, spetta primariamenteeintegralmenteai loro genitori, e nel caso in cui uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l’altro, nel preminente interessedeifigli,devefarfronte per intero alle loro esigenze con tuttelesuesostanzepatrimoniali e sfruttando la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l’inadempiente per ottenere un contributo”; questo orientamento è stato confermato da Cass., 16 settembre 2011, ord. n. 19015 e Cass., 30 settembre 2010, n. 20509, che ha precisato: “pertanto l’obbligo degli ascendentidifornireaigenitorii mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli - che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori - va inteso non solo nel senso che l’obbligazionedegliascendentiè subordinatae,quindi,sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgereperunaiutoeconomico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli”, e continua atrovareadesionenellepronunce dei giudici di merito, Trib. Bologna,2febbraio2006,n.282, i nIl merito, 2006, 5, 44; Trib. Roma, 7 aprile 2004, inGiur. merito, 2004, 7-8, I, 1332; Trib. Napoli, 8 marzo 2001, incd rom Fam. e dir., Ipsoa; Trib. Milano, 30giugno2000,inFamilia,2001, 5, 534. Tuttavia, secondo Cass., 16settembre2011,ord.n.19015 “la natura sussidiaria delle obbligazioni degli ascendenti di cui all’art. 148 c.c. comporta che esse siano esercitabili anche allorché uno dei due genitori “non possa o non voglia adempiere al proprio dovere” (così Cass., n. 20509 del 2010), con conseguente concorrenza degli ascendenti in solido, nei confronti del genitore che provvedeamantenereilminore”. (482) Corte cost. 14 giugno 2002,n.236. (483) Cass. 17 aprile 2007, n. 9132. (484) Art. 709-ter c.p.c. (Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienzeoviolazioni). “Per la soluzione delle controversieinsortetraigenitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710ècompetenteiltribunaledel luogodiresidenzadelminore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimentiopportuni.Incaso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolinoilcorrettosvolgimento delle modalità dell’affidamento, puòmodificareiprovvedimentiin vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativapecuniaria,daun minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassadelleammende. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabilineimodiordinari.” (485) per un approfondimento, v . DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, op. cit., 148 ss.: DOGLIOTTI (a cura d i ) ,Affidamento condiviso e diritti dei minori (Legge 8 febbraio 2006, n. 54), Giappichelli,Torino,2008. (486)Cass.15febbraio2012,n. 2170; Trib. Roma 17 febbraio 2012,n.3304eTrib.Varese,ord. 7 maggio 2010, inbanca dati Lex24 Il Sole24Ore; Trib. Modena29gennaio2007(eTrib. Modena 21 luglio 2006): “Le sanzioniprevistedall’art.709-ter c.p.c. sono applicabili anche nelle ipotesi di inadempimenti concernenti le statuizioni d’ordine patrimoniale, e non soltanto a quelle concernenti l’affidamento dei figli. Ciò in quanto la richiamata disposizione normativa sanziona le “gravi inadempienze”, e tali possono sicuramente essere gli inadempimenti d’ordine economico, trattandosi di crediti alimentari sanzionati anche penalmente, e, quindi, già sottoposti a valutazione di gravità da parte del legislatore penale”; Trib. Bologna, decreto 19 giugno 2007, che si è pronunciato in una controversia relativa alla misura ed alle modalità di ripartizione delle spese straordinarie sostenute nell’interesse del figlio minore; Trib.ReggioEmilia,ordinanza30 aprile 2007, ha affermato che “il perduranteinadempimentodiuno dei coniugi nel versamento delle sommeposteasuocaricoatitolo di concorso nel mantenimento della moglie e della figlia giustifica il suo ammonimento ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c.”; Trib. Modena, ordinanza 7 aprile 2006, in un caso di inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno a favoredelfiglio,harichiamatoil genitore “all’adempimento dei propri obblighi sanciti dal provvedimento presidenziale, tramite l’ammonimento e la conseguente inflizione della sanzione del pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, salvo successivamente disporre, nel caso di protrazione dell’inottemperanzaedispecifica prova dei danni, il risarcimento patrimoniale a carico del convenuto”. Il testo integrale dei citati provvedimenti è pubblicato suwww.minoriefamiglia.it. In senso contrario, C. App. Caltanissetta,ord.3maggio2012, i nIl Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 2012, 25, pg. VII, annotata da PORRACCIOLO, secondo cui “L’articolo 709-ter del Cpc persegue lo scopo di meglio disciplinare le conseguenze dell’affidamento condiviso e di fornire uno strumento per la soluzione dei conflitti tra genitori che riguardino i figli. Ne consegue che l’inadempimento degli obblighi patrimoniali (nella specie:nonpuntualenécompleto versamento dell’assegno di mantenimento disposto in favore delle figlie minorenni; omesso rimborso della quota dovuta per le spese straordinarie sostenute dall’altro genitore nell’interesse della prole minorenne) non integra gli estremi delle gravi inadempienze o degli atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, e dunquenonèpunibileconalcuna dellesanzioniprevistenelcomma 2°dellostessoarticolo709-ter.”. In dottrina, v. DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, op. cit., 149, secondo il quale “l’espressione ‘modalità dell’affidamento’ deve essere intesa in senso ampio, con riferimento anche alle modalità di carattere economico, relative al mantenimento diretto o indiretto(assegno)dellaprole”. (487) Trib. Roma, 17 febbraio 2012n.3304,inbancadatiLex24 Il Sole24Ore. Secondo Trib. Messina, 5 aprile 2007, est. Russo, inFam. e dir., n. 1/2008, 60 ss., con nota di LA ROSA, il risarcimentodeldannoexart.709 ter c.p.c. nn. 2 e 3, è una misura che può essere considerata alla stregua dei“punitive damages dell’esperienza anglosassone, vale a dire sanzioni inflitte all’autore di un comportamento illecito e cioè una condanna al risarcimentodeldannochenonè diretta a compensare ma a punire, al fine di dissuadere chi ha commesso l’atto illecito dal commetternealtri”. (488) Trib. Messina, 5 aprile 2007, cit.; sotto il profilo processuale, GRAZIOSI (a cura di),Iprocessidiseparazioneedi divorzio, Giappichelli, Torino, 2008,sostienecheilgiudicenon possa procedere d’ufficio e sia necessarialadomandadellaparte i n t e r e s s a t a ;contra, LUPOI, Commentoall’art.709tercpc, in Commentario breve al codice di proceduracivile,acuradiCarpiColesanti- Taruffo, Cedam, Padova, 2006, ritiene possibile perilgiudiceprocedered’ufficio relativamente all’ammonimento ed alla condanna a sanzione pecuniaria. (489) D’ANGELO, Il risarcimento del danno come sanzione? Alcune riflessioni sul nuovo art. 709 ter c.p.c., in Familia,2006,1031. (490)Nellepronuncedeigiudici di merito che dispongono in ordinealrisarcimentoexart.709 ter c.p.c. si rileva che la misura risarcitoria è applicata a prescinderedall’accertamentodel danno e delle sue conseguenze, rapportandola, viceversa, alla gravità della condotta, con ciò aderendo alla soluzione che assimila questa tipologia di risarcimento ai danni punitivi, e nonalladisciplinaexart.2043e 2059c.c.. In analoghi casi di inadempimento dell’obbligo di mantenimento, si è anche riconosciuta la sussistenza di un dannoesistenziale.CosìilTrib.di Modena, con ordinanza del 12 settembre 2006, inIl merito, 2007, 1-2, 4, in un caso di mancato mantenimento da parte delpadrenaturale,taledichiarato giudizialmente, ritenuta la violazione degli artt. 147, 148 e 261 c.c., e la conseguente sussistenzadiundannodinatura esistenziale nei confronti del figlio naturale e della di lui madre, ha condannato il genitore al risarcimento del danno da costoro subito, nonché al rimborsodellesommespesedalla madre per il mantenimento del figliostesso,eatuteladelcredito ha autorizzato il sequestro conservativo sui beni dell’obbligato e sulle somme e cose al medesimo dovute. V. anche Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, inFam. e dir. , 2001, 159, con nota di DOGLIOTTI, che ha affermato la responsabilità aquiliana del padre naturale che, successivamente alla dichiarazionegiudiziale,peranni avevarifiutatodicorrispondereal figlioimezzidisussistenza. (491) TOMMASEO, Riflessioni sulle impugnazioni e sui reclami nel diritto di famiglia e delle persone (In particolare, nella disciplina della separazione di cuiallaleggen.54del2006), in Fam.edir. ,1,2008,97ss.Cass., 220ttobre2010,n.21718. (492) Cass., 22 ottobre 2010, n. 21718;Cass.,22gennaio2009,n. 1611. (493)SecondoCass.,4dicembre 1996, n. 10813, inGiust. civ. Mass., 1996, 1670, “in tema di separazione personale dei coniugi, l’ordine al terzo di versare direttamente agli aventi diritto parte delle somme di denaro periodicamente dovute all’obbligato può estendersi anche all’assegno in favore dei figliminori,nonostantel’art.156 c.c. richiami il precedente art. 155 solo nel comma 4 (dove è prevista l’imposizione di idonee garanzierealiepersonali)”. (494)CorteCost.18aprile1997, n.99,inForoit.,1998,I,3074,ha affermato che “al pari dell’estensibilità dell’ordine di distrazione delle somme previsto dall’art. 148 cod. civ. - che può essere applicato, secondo costantegiurisprudenza,ancheai figli naturali, e che ammette la possibilitàdiunatuteladelfiglio nei confronti del genitore mediante ordine ai terzi debitori di distrazione di una parte dei redditi di chi è obbligato al mantenimento - anche il sequestro di cui all’art. 156 cod. civ.èunaformadiattuazionedel principio di responsabilità genitoriale, il quale postula che sia data tempestiva ed efficace soddisfazione alle esigenze di mantenimentodelfiglio(sentenza n. 258 del 1996), a prescindere dalla qualificazione dello status. La norma che tale disposizione esprime deve pertanto ritenersi ugualmente applicabile (al di fuori del procedimento di separazione), da parte del giudice competente (v. sentenza n.23del1996)nellecontroversie concernenti il mantenimento dei figli naturali poiché il sequestro de quo consiste, secondo quanto detto, in un ulteriore mezzo di tutela speciale ma non eccezionaledellaprole.” (495) OBERTO, I rimedi all’inadempimento degli obblighi di mantenimento nell’ambito dellacrisidellafamiglia, inFam. edir.,n.1,2008,82. (496) Sul criterio di proporzionalità richiamato dall’art. 148 c.c., v. Cass. 16 ottobre 1991, n. 1090,Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 10, "l’art. 148 c.c.,nelprescriverecheentrambi i coniugi adempiano all’obbligazionedimantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo, non detta un criterio automatico per la determinazione dell’ammontare dei rispettivi contributi, fornito dal calcolo percentuale dei redditi dei due soggetti (che finirebbe per penalizzare il coniuge più debole), ma prevede un sistema più completo ed elastico di valutazione,chetengacontonon solodeiredditi,maanchediogni altra risorsa economica e delle cennate capacità di svolgere un’attività professionale o domestica,echesiesprimasulla base di un’indagine comparativa delle condizioni - in tal senso intese-deidueobbligati". (497) Trib. Firenze, 3 ottobre 2007, inFam.edir,n.1/2008,39 ss. (498) CosìDE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, op. cit., 104. Cass. 21 giugno 2011, n. 13630 ha precisato che “ai fini della quantificazione dell’assegnodimantenimentoper i figli devono essere presi in considerazione una serie di parametri che, all’esito di una valutazioneolisticaecomparata, portino ad una individuazione dell’apportodinaturaeconomica a carico del genitore che, essenzialmente,tengacontodelle esigenzedeiminori.Esigenzeche, pur collegate all’età, non possono prescindere – nel rispetto del principio di proporzionalità che presiede all’obbligo di mantenimento – dalle risorse economiche dei genitori, dal tenore di vita già goduto e, in definitiva, dalle aspettative che derivano, o possono derivare, dalla collocazione sociale della famiglia”. (499) Una analitica indicazione dei parametri rilevanti ai fini della determinazione del c.d. ‘assegno perequativo’ è stata svolta dal Tribunale di Bologna nella pronuncia del 9/22 maggio 2006, inwww.minoriefamiglia.it., doverisultanoconsiderati:icosti abitativi sostenuti da entrambi i genitori; la nascita di un nuovo figlio di uno dei due; le aumentate esigenze del figlio nel tempo; il miglioramento della condizione economica del padre; i tempi della presenza del figlio presso ciascun genitore; il patrimonio complessivo e la valutazione comparativa dei redditi di questi, ed infine il valore dei compiti domestici e di cura sostenuti dalla madre conviventeconilfiglio. (500) Cass., 21 giugno 2011 n. 13630, secondo cui “ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento a favore del figlio minore, le buone risorse economichedell’obbligatohanno rilievo non soltanto nel rapporto proporzionale col contributo dovuto dall’altro genitore, ma anche in funzione diretta di un più ampio soddisfacimento delle esigenze del figlio, posto che i bisogni, le abitudini, le legittime aspirazionidiquesto,eingenere le sue prospettive di vita, non potrannononrisentiredellivello economico - sociale in cui si collocalafiguradelgenitore”. (501) Cass., 16 maggio 2008, n. 12461. (502) Cass., 19 marzo 2002, n. 3974. (503) Cass., 18 agosto 2006, n. 18187; Cass., 2 maggio 2006, n. 10119. (504) A RCERI, Onere di mantenimentodellaproleetempi di permanenza presso ciascun genitore, nell’affidamento alternato e nell’affidamento condiviso, inFam. e dir., n. 4, 2008,392,osservache“sepureè vero che con l’affidamento condivisononsièintesoimporre una suddivisione rigidamente paritaria dei tempi di permanenza del figlio presso l’uno o presso l’altro genitore, è altrettanto vero che la legge ha inteso assicurare che tali tempi siano tali da assicurare una presenza significativa, nella vita del figlio, a ciascuna figura parentale, dando per scontato, quindi,cheindettiperiodidinon sporadica frequentazione, il genitore convivente provveda in tuttoepertuttoalleesigenzedel figliostesso”. (505)Cass.,17gennaio2001,n. 566,inGiust.civ.Mass .2001,99, secondo cui, in mancanza di diverse disposizioni“il contributo al mantenimento dei figli minori, determinato in una sommafissamensileinfavoredel genitore affidatario, non costituiscailmerorimborsodelle spese sostenute dal suddetto affidatario nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale determinato, tenendo conto di ogni altra circostanza emergente dal contesto, in funzione delle esigenze della prole rapportate all’anno; ne consegue che il genitore non affidatario non può ritenersisollevatodall’obbligodi corresponsione dell’assegno per iltempoincuiifigli,inrelazione alle modalità di visita disposte dal giudice, si trovino presso di lui ed egli provveda pertanto, in modo esclusivo, al loro mantenimento”; v. anche, recentemente, Cass., 3 agosto 2007,n.17055. (506)Cass.,sez.I,3luglio1999, n. 6872, inGiust. civ. Mass. , 1999, 1551; Cass., 22 marzo 2005,n.6197. (507) Cass. 24 gennaio 2007, n. 1607. (508)Cass.,8novembre1997,n. 11025; Cass., 17 settembre 1992, n.10659,secondocui,lamancata occupazione lavorativa del genitore non affidatario non ha effetto di per sé ai fini della contribuzione al mantenimento dei figli, dovendosi tenere conto della complessiva situazione patrimonialedell’obbligato. (509) Secondo Cass., 3 agosto 2007, n. 17055, il canone di locazione sostenuto dal genitore affidatario assume rilevanza ai fini della determinazione del contributo di mantenimento del minore a carico dell’altro genitore. (510) Cass., 16 maggio 2005, n. 10197, inFam. pers. e succ., 2005,456. (511) Cass., 22 marzo 2012, n. 4551;Cass.30novembre2007,n. 25010;Cass.,22novembre2000, n.15065,inFam.edir.,2001,34. (512) Cass., 12 marzo 2012, n. 3923; Cass., 11 agosto 2011, n. 17195; Cass. 3 agosto 2007, n. 17043;Cass.24febbraio2006,n. 4203. (513) Cass., 24 aprile 2001, n. 6017, inFamilia,2001,864,“per determinare la misura dell’assegno di mantenimento occorre considerare l’onere economico, gravante sul coniuge obbligato, derivante dal mantenimento di figli nati da relazioneextraconiugale,manon il preteso onere di mantenimento dellaconviventemoreuxorio”. (514) Trib. Firenze, 3 ottobre 2007,cit. (515) TOMMASEO, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: b) Profili processuali , cit., 388 e ss., rileva che “il dare le informazioni economiche è oggettodiundovereenondiun onere: qui le parti hanno un doverediveridicitàcoordinatoa un dovere di collaborazione, e il giudice ha tutti i poteri per integrare e colmare le eventuali insufficienze della documentazioneprodotta”. (516) GRAZIOSI (a cura di),I processi di separazione e di divorzio,op.cit.,96;nellostesso sen so ,DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio, op. cit., 113, secondo il quale “la collocazione della disposizione nell’ambito dei provvedimenti relativiaifigli,inducearitenere che essa non possa applicarsi ai rapportipatrimonialitraconiugi, valeadire,nonpossaapplicarsi né in assenza di figli, né, ove gli stessi esistano, qualora non vi siano questioni aperte in ordine allerispettivecontribuzioniperil loromantenimento.” (517) GRAZIOSI (a cura di),I processi di separazione e di divorzio,op.cit.,96ess. (518) Cass. 19 luglio 1999, n. 7662, inGuida al Dir. 1999, 83; inGiur.It .2000,465,connotadi LoBasso. (519) Cass., 5 maggio 1999, n. 4459, interpretando il previgente testo dell’art. 155 c.c. aveva già precisato che “il concetto di "spese straordinarie" è ben distinto, dal punto di vista ontologico, e da quello delle coerenti implicazioni giuridiche, dalla nozione di "scelte straordinarie" invocato dal ricorrente (rectius, "decisioni di maggiore interesse", secondo il disposto della norma richiamata edelcorrispondenteart.155c.c. perilcasodiseparazione),intese come decisioni che più marcatamenteincidonosullavita, sull’istruzione e sui valori guida nell’educazione dei figli. E se pureèverocheassaidifrequente la realizzazione di scelte siffatte comporta esborsi straordinari, ovvero,sottooppostaprospettiva, che l’erogazione di tali esborsi trova il proprio presupposto in momenti decisionali attinenti ad aspetti importanti della vita dei figli, è, tuttavia, altrettanto vero che l’interferenza tra le due categorie non ne determina la coincidenza, ben potendo ipotizzarsidecisionifondamentali privedispesa(adesempioquelle che attengono all’educazione religiosa) e, per converso, decisioni non rilevanti dal punto di vista della vita e dell’educazione dei minori e, tuttavia, assai onerose sul piano economico (si pensi a viaggi all’estero o, per altro aspetto, a necessarie terapie mediche)”, ed era giunta così ad escludere un obbligo di concertazione del genitoreaffidatarioconl’altro,in ordine alle spese straordinarie, fatto salvo comunque il dovere del genitore affidatario di coinvolgere l’altro genitore nelle relative decisioni; v. anche, recentemente, Cass., 17 dicembre 2007, n. 26750 che ha ritenuto giustificato il rifiuto opposto dal padre a contribuire alla spesa di uninterventodichirurgiaestetica dellafiglia,chenonavevafinalità curativa ed era stato deciso unilateralmente dalla madre, in quanto era da annoverarsi tra le decisioni di maggior importanza, o di indirizzo, e avrebbe dovuto essere previamente concordato conl’altrogenitore. In dottrina, A RCERI, Onere di mantenimentodellaproleetempi di permanenza presso ciascun genitore, nell’affidamento alternato e nell’affidamento condiviso, cit., 389, sostiene che “nel caso di spese straordinarie "pure", ben può affermarsi che l’obbligo di preventiva concertazione assolve più che altro ad una esigenza di collaborazione e buona comunicazione tra i genitori, ma non incide senz’altro sulla sussistenza e configurabilità del dirittoalrimborsoafavoredichi lehaanticipate”. (520) v. Cass., 26 settembre 2011,n.19607;nelcasodispecie si è sostenuto che “le spese di soggiorno negli U.S.A. per la frequentazione di corsi di lingua inglese devono considerarsi una spesa di sicura utilità, se non addirittura necessaria, rispetto alleesigenzediapprendimentodi una studentessa universitaria di lingue intenzionata a intraprendere la professione di interprete”, nonostante il padre, dichiarato tenuto al rimborso pro quota,nonavessepartecipatoalla decisione. (521)Cass.14febbraio2007,n. 3336; in dottrina,DE FILIPPIS, Il matrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio, op. cit., 381, sostiene che “in assenza di esplicite previsioni, si può ritenere che i genitori debbano provvedere anche alle spese straordinarie, impreviste o non previste, ‘in misura proporzionalealproprioreddito’ ”. (522)DEFILIPPIS,Ilmatrimonio, la separazione dei coniugi ed il divorzio,op.cit.,381. (523)Cass.,24febbraio2011,n. 4543; Cass. 28 gennaio 2008, n. 1758. (524)Cass.,24febbraio2011,n. 4543; Cass. 28 gennaio 2008, n. 1758. (525) A RCERI, Onere di mantenimentodellaproleetempi di permanenza presso ciascun genitore, nell’affidamento alternato e nell’affidamento condiviso,cit.,389. (526) Cass., 23 maggio 2011, n. 11316 (527) Cass. 25 maggio 2007, n. 12308;Cass.17gennaio2001,n. 566. (528) Cass. 25 maggio 2007, n. 12308,inFam.edir.,n.10,2007, 947, ha motivato tale orientamento precisando che “le spesedimantenimentodeiminori che il coniuge affidatario di questi deve sopportare con incidenza prevalente (ovvero le spese generali di alloggio e di organizzazione domestica) persistono senza soluzione di continuità e sono tendenzialmente illimitate, vuoi perchè il diritto-dovere del genitorenonaffidatarioditenere i figli presso di sè per taluni periodi(dellasettimana,delmese o dell’anno) potrebbe, in concreto, non venire esercitato, vuoi perché sarebbe impossibile o estremamente difficile, in relazione ai periodi nei quali è previsto che i minori vadano a stare con il genitore non affidatario, eliminare le spese generali sopraindicate. … Ciò, tuttavia,nonescludecheancheil genitore non affidatario debba approntare le condizioni per poter tenere con sè i minori nei periodi prefissati, ma tale obbligo, in quanto limitato nel tempo (e questa è la normalità della regolamentazione giudiziariadell’affidamento),può essere assolto con una organizzazioneche,puridoneae sufficiente allo scopo, sia connotatadallasuacorrelazione con la precarietà e con la temporaneità dell’obbligo stesso, onde,comevisonospeseche,nei menzionati periodi, il genitore affidatario non sopporta (vitto e curaquotidianadeiminori),così visonospese(quelleoraindicate ed altre) che, in relazione particolarmente alla quantità e alladuratadeiperiodineiqualiè previsto che i minori medesimi debbano vivere con il genitore non affidatario, quest’ultimo è tenuto a sopportare, potendo similicircostanzegiustificareuna riduzione proporzionale della misuradelcontributo”. (529) Cass., 23 ottobre 2007, n. 22255; Cass., 2 maggio 2006, n. 10119; Cass., 3 novembre 2004, n.21087. (530) Cass., 2 marzo 1994, n. 2051,inFam.edir.,1994,266. (531)Cass.,21febbraio2006,n. 3747; Cass., 2 febbraio 2005, n. 2088; Cass., 17 giugno 2004, n. 11342,inGiust.civ.,2005,I,415; Cass.,6febbraio2004n.2288,in Guida al dir. , 2004, n. 19, 54, secondocui“possonodirsidiretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ex articolo 1322, comma2,delcodicecivile,tuttii contrattiatipicinoncontrarialla legge, all’ordine pubblico e al buoncostume”. (532) Cass., 17 giugno 2004, n. 11342,inGiust.civ.,2005,I,415, ha espresso tale orientamento in uncasoincuiilpadre,cheaveva assuntol’impegnoditrasferireun immobile alla figlia, era stato convenuto in giudizio per l’esecuzione specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c., aveva chiesto la risoluzione della pattuizione deducendol’inadempimentodella madre all’obbligazione, da costei assunta nel medesimo accordo di separazione tra coniugi, di consentirechelafiglialovedesse efrequentasse. (533)Cass.,5settembre2003,n. 12939. (534) In dottrina, A UTORINO STANZIONE, Conseguenze del divorzio rispetto ai figli, in STANZIONE, MUSIO, Il divorzio.Disciplina, procedure e profili comparatistici, Ipsoa, Milano, 2002, 152; OBERTO, Famigliaerapportipatrimoniali. Questioni d’attualità, Giuffrè, Milano, 2002, 681; Id., Prestazioni "una tantum" e trasferimenti tra i coniugi in occasione di separazione e divorzio, in Collana «Biblioteca del Diritto di Famiglia », diretta da Dogliotti, IPSOA, Milano, 2000,149ss.. (535) Art. 2645-ter c.c. (Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibiliapersonecondisabilità, apubblicheamministrazioni,oad altri enti o persone fisiche).“Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superioreanovantaannioperla durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensidell’articolo1322,secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferentestesso.Ibeniconferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazioneepossonocostituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiticontrattipertalescopo.” (536) Trib. Reggio Emilia, decreto 23 marzo 2007, inIl CorrieredelMerito,2007,6,699, ha ritenuto “valido, in quanto aventecausalecita,l’accordotra coniugi, raggiunto in sede di verbale di separazione consensuale, con il quale l’uno trasferisce all’altro, in adempimento dell’obbligo di mantenimento dei figli minori, talune porzioni immobiliari, con l’impegno di quest’ultimo di non alienarli prima della maggiore etàdeibeneficiariedidestinarne i frutti in loro favore, e detto accordo, ove trascritto ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., è opponibile erga omnes”. Il decreto 23.3.07 del Trib. di Reggio Emilia richiama in motivazione Cass., 17 giugno 2004, n. 11342, cit., secondo cui “l’accordo di separazione che contenga l’impegno di uno dei coniugi, al fine di concorrere al mantenimento del figlio minore, di trasferire, in suo favore, la piena proprietà di un bene immobile, trattandosi di pattuizione che dà vita ad un contratto atipico, distinto dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, [è] volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondol’ordinamentogiuridico, aisensidell’art.1322cod.civ.”. Indottrina,OBERTO,Vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e rapporti patrimoniali tra coniugi,inFam.edir. ,n.2,2007, 202,secondoilquale“ènotoche latesiormaiprevalenteaffermail carattere atipico delle convenzioni e dei relativi regimi patrimoniali: se dunque all’autonomia negoziale è concesso di liberamente dar vita a convenzioni matrimoniali disegnanti regimi diversi da quelli previsti dagli artt. 159 ss. c.c., a maggior ragione sarà consentitoaiconiugidiavvalersi di strumenti negoziali tipici (ancorché non previsti da norme tipicamente giusfamiliari) per conseguireilrisultatodiottenere un regime divergente da quelli legislativamente nominati come tali.”. Né, secondo l’Autore, significative obiezioni possono insorgere “avuto riguardo al carattere essenzialmente unilaterale dell’atto costitutivo del vincolo”; a maggior ragione “potrà riconoscersi nella creazione del vincolo ex art. 2645-ter c.c., alle condizioni predette, la natura di convenzione matrimoniale, allorquandoilnegoziocostitutivo nell’interesse della famiglia assumaunastrutturabilateraleo plurilaterale (si pensi alla costituzionediunvincolosubeni dientrambiiconiugie/oditerzi, sullabasediunaccordotratuttii soggetti coinvolti) e pertanto possa qualificarsi come "convenzione", cioè accordo di dueopiùsoggetti.”. (537) Iltrustèunistitutocreato dai tribunali di equità dei Paesi dellacommonlaw,regolamentato dalla Convenzione adottata a L’Ajail1°luglio1985,ratificata dall’Italia e resa esecutiva con legge 16 ottobre 1989, n. 364, in vigore dal 1° gennaio 1992. Il trust non ha una disciplina civilistica interna al nostro ordinamento, ma trova tuttavia legittimazione a seguito di detta legge di ratifica. In base all’art. 21 della Convenzione, l’Italia è tenuta a riconoscere, con gli effetti giuridici minimi previsti dall’articolo 11 della stessa Convenzione, itrust costituiti in Paesi che li regolano nelle rispettive legislazioni, salve restando solo le proprie competenze in tema di ordine pubblico ed in materia fiscale, in forza degli articoli 18 e 19 della Convenzione. Recentemente, l’articolo 1, commida74a76dellalegge27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento tributario nazionale disposizioni in materia d itrust, includendo itrust tra i soggetti passivi dell’imposta sul redditodellesocietà(IRES).Intal modoèstatariconosciutaaltrust un’autonoma soggettività tributaria rilevante ai fini dell’imposta tipica delle società, degli enti commerciali e non commerciali. Ai sensi dell’art. 2 della Convenzione, pertrust si intendono “i rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente - con atto tra vivi o mortis causa - qualora dei beni sianostatipostisottoilcontrollo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico. Il trust presenta le seguenti caratteristiche: a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno partedelpatrimoniodeltrustee; b)ibenideltrustsonointestatia nome del trustee o di un’altra personapercontodeltrustee; c)iltrusteeèinvestitodelpotere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre benisecondoiterminideltruste le norme particolari impostegli dallalegge.” (538)v.Trib.Milano,decretodi omologa di verbale di separazione consensuale, del 23.2.2005, inRivista del notariato, 2005, 4, 85, che ha ritenutoomologabileilverbaledi separazioneconsensualetralecui condizioni era contemplato l’obbligo di un coniuge ad istituire intrust un immobile di sua proprietà con la finalità di adibirloadabitazionedellafiglia e dell’altro coniuge, con previsione dell’obbligo di trasferimento dello stesso immobile alla figlia al compimento dei suoi trent’anni; Trib. Milano, decreto di omologa di verbale di separazione consensuale, del 7 giugno 2006, i nTrusts e attività fiduciarie, ottobre 2006, 575, che contiene l’istituzione di untrust autodichiarato, con la finalità di “perpetuareibeneficiconnessial preesistente fondo patrimoniale anche per i casi in cui il fondo stesso dovesse cessare, mantenendo il vincolo di destinazioneimpressoaibenidel fondo per soddisfare i bisogni della famiglia, assicurando ai figli B. e A., alla madre e, ove necessario, al padre, lo stesso tenoredivitagodutoincostanza diconvivenzadeigenitori,sinoa che i figli non avranno completato il ciclo di studi e avranno raggiunto l’autonomia economica”. Itrusteeeranoidue coniugidisponenti. (539) DE FILIPPIS, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio , op. cit.,119ss. (540) Cass., 3 agosto 2007, n. 17055. (541) Cass., 20 maggio 2006, n. 11891,inDir.egiust.,2006,f.25, 18. (542) Cass., 22 marzo 2012, n. 4551; Cass., 30 novembre 2007, n.25010;Cass.,27gennaio2004, n. 1398, inGuida al dir., 2006, 46, 38, con nota di PADALINO; Cass., 22 novembre 2000, n. 15065, inGuida al dir., 2001, 4, 80. (543) Cass., 30 novembre 2007, n. 25010, pur respingendo il ricorso ritenendo “corretta la decisione del giudice di secondo grado di non attribuire alcun rilievo, ai fini della richiesta riduzione della misura dell’assegno divorzile, ai nuovi oneri assunti dall’attuale ricorrente per effetto della costituzione di un nuovo nucleo familiare, avuto riguardo alla complessiva situazione patrimoniale dello stesso, di consistenza tale da rendere irrilevanti, ai fini che qui interessano,dettinuovioneri”,ha ammesso la possibilità di revisione per tali motivi, precisando che “ove, a sostegno della richiesta, siano allegati sopravvenuti oneri familiari dell’obbligato, il giudice deve verificare se detta sopravvenienza determini un effettivo depauperamento delle sue sostanze, facendo carico all’istante - in vista di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti - di offrire un esauriente quadro in ordine alle proprie condizioni economicopatrimoniali”.Nellostessosenso, v. anche Cass., 11 settembre 2007, n. 19065; Cass., 23 agosto 2006, n. 18367, inGuida al dir. , 2006, 37, 60, con nota di GALLUZZO. (544) Cass., 16 ottobre 2003, n. 15481, inGiust.civ.Mass ., 2003, 10. (545) Cass., 7 gennaio 2008, n. 28. (546) Cass., 12 marzo 2012, n. 3922;Cass.,26settembre2011,n. 19589; Cass. 7 gennaio 2008, n. 28. (547)Cass.,ord.5maggio2011, n.9936. (548) Cass., 26 settembre 2011, n. 19589; Cass., 16 giugno 2011, n.13184;Cass.,24gennaio2011, n. 1611;Cass., 6 novembre 2006, n. 23673, inDir. e giust ., 2006; conformi:Cass.,7aprile2006,n. 8221,inFam.,pers.esucc.,2006, 582;Cass.,4aprile2005,n.6975, i nDir. e giust ., 2005, f. 24, 27; Cass.,1dicembre2004,n.22500; Cass., 3 aprile 2002, n. 4765, in Familia, 2003, 195; Cass., 12 dicembre2002,n.17717,inFam. edir.,2003,349;Cass.,16giugno 2000, n. 8235, inFam. e dir., 2000,513. (549) Cass., 17 novembre 2006, n. 24498 ha precisato che “una volta che sia provata la prestazione di attività lavorativa retribuita, resta rimessa alla valutazionedelgiudicedelmerito la eventuale esiguità del reddito percepito, al fine di escludere la cessazione dell’obbligo di contributo a carico del genitore nonaffidatario”. (550)Cass.,11gennaio2007,n. 407. (551) Cass., 26 settembre 2011, n. 19589; Cass., 22 novembre 2010,n.23590;Cass.21febbraio 2007, n. 4102; Cass., 2 dicembre 2005,n.26259;conformeaCass., 7luglio2004,n.12477. (552) Cass. 3 aprile 2002, n. 4765,inFam.edir.,2002,p.351, connotadiNASTI. (553) Si veda la nota 22 del capitoloI. (554) L’art. 570 c.p., al comma primo, stabilisce che: “chiunque, abbandonando il domicilio domestico,ocomunqueserbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottraeagliobblighidiassistenza inerenti alla potestà dei genitori, oallaqualitàdiconiuge,èpunito conlareclusionefinoaunannoo conlamultada103euroa1.032 euro”. (555)Comesipuònotare,infatti, la condotta sussumibile nella fattispeciedicuialprimocomma dellanormaincommentoèpunita con la pena detentiva da applicarsi alternativamente alla pena pecuniaria. Ove dovessero ritenersi integrate, invece, le ipotesi contemplate nel comma secondodellastessanorma,ainn. 1 e 2, le pene detentiva e pecuniaria saranno applicate congiuntamente. (556) Sul punto, si vedaDE FILIPPIS inManuale di diritto di famiglia, Parte Penale, Cedam, Padova,2006,pag.92. (557) Secondo Cass. Pen., Sez. VI, 6 novembre 2006, n. 41735, Rv.235301,“ilreatodicuiall’art. 570, comma secondo, cod. pen. costituisce una fattispecie autonoma di reato e non una figura circostanziata rispetto a quella del comma primo dello stesso articolo, per cui non è possibile operare il giudizio di comparazione con circostanze attenuanti” (in senso conforme, Cass. Pen., Sez. VI, 27 gennaio 2011, n. 6297,Rv.249344 .Piùdi recente, la sesta Sezione della S.C.,consentenza13marzo2012, n. 12307,Rv. 252604 , ha precisato, inoltre, che dall’autonomia delle fattispecie inparoladiscendel’impossibilità di configurare tra le medesime una “progressione criminosa che possa far ritenere assorbita la contestazione del comma primo nellasecondadisposizione”. (558)Sidicono“aformalibera” quei reati astrattamente realizzabili con qualsiasi modalità esecutiva, senza che rilevi l’articolazione dell’azione tipica in particolari forme. Tali ipotesi delittuose si giustappongonoallacategoriadei reati “a forma vincolata” che si caratterizza per il rilievo sul piano tipico di particolari modalità di esecuzione del fatto, come descritte dalla fattispecie incriminatrice. Per l’approfondimento di tale argomento, si veda MANTOVANI, i nDiritto Penale, parte generale, II ed., CEDAM, Padova, 1988, pag.159. (559) A ben vedere, tuttavia, nonostantelafattispecieinesame rientri tecnicamente nella categoria dei reati a forma vincolata,ilricorsoallalocuzione “comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie” sembra celare l’intenzione legislativa di dare rilievo ad un’amplissima rosa di modalità esecutive del reato che vengano valutatequesteultimedalgiudice del merito come “contrarie all’ordine od alla morale”, quasi implicitamente riconoscendosi l’impossibilità di contenere il parametro della “contrarietà” entro una puntuale codificazione normativa. (560) Tale dato è riconosciuto unanimemente dalla giurisprudenza di legittimità fin da Cass. Pen., Sez. VI, 6 novembre 1972, n. 1221,Rv. 123176. (561) Il più recente precedente giurisprudenziale che si colloca in linea con l’impostazione maggioritaria è Cass. Pen., Sez. VI,14gennaio2004,n.1251,Rv. 228226. (562) Cass. Pen., Sez. VI, 14 gennaio 2004, n. 1251,cit., in motivazione. (563)TracuiCass.Pen.,Sez.VI, 19 giugno 2002, n. 36070,Rv. 222666. (564) Testualmente, Cass. Pen., Sez. VI, 19 giugno 2002, n. 36070,cit. (565) Dalla risoluzione della questione di cui al testo deriva l’applicabilità o meno al caso in esame della disciplina del concorsoformaledicuiall’art.81 c.p.secondocui:“èpunitoconla penachedovrebbeinfliggersiper laviolazionepiùgraveaumentata sino al triplo chi con una sola azioneodomissionevioladiverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesimadisposizionedilegge”. (566) SS.UU., 26 febbraio 2008, n. 8413, in www.overlex.com/leggisentenza.asp id=997. (567)Sirammentachel’art.570, cpv,n.1,c.p.puniscelacondotta dichi“malversaodilapidaibeni del figlio minore o del coniuge” ed al successivo n. 2, descrive la condotta di chi “fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendentidietàminore,ovvero inabiliallavoro,agliascendentio al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”. (568) Così, letteralmente, SS.UU., 26 febbraio 2008, n. 8413,cit. (569) Il primo comma dell’art. 81 c.p. stabilisce che: “è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più graveaumentatasinoaltriplochi conunasolaazioneodomissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizionedilegge”. (570) Il capoverso dell’art. 81 c.p., rinviando al primo comma, prevede che: “alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diversedisposizionidilegge”. (571) Non è, invece, necessaria l’esistenza di un provvedimento giudiziale di separazione “…in quanto l’obbligo morale e giuridico di contribuire al mantenimento dei figli grava sui genitori anche in caso di separazionedifatto”.Intalsenso, Cass. Pen., Sez. III, 8 febbraio 2008,n.17843,Rv.240153. (572) Ciò in quanto “i relativi obblighi, quello civile e quello penale, hanno natura, funzione, giustificazione e presupposti del tutto diversi”. Così, Cass. Pen., Sez.VI,20ottobre1982,n.2324, Rv.157933. (573) Il provvedimento del giudice civile con cui è stato fissato l’obbligo del versamento di un assegno, infatti, può costituire un punto di partenza per l’accertamento del reato solo nella misura in cui dimostra la sussistenza di uno stato di bisogno dei beneficiari. Sull’argomento, Cass. Pen., Sez. VI,27giugno1989,n.12670,Rv. 182094.Ilmedesimoprincipiodi diritto è stato ribadito da Cass. Pen.,Sez.VI,12novembre2009, n. 49501,Rv. 245653 , con l’ulteriore precisazione secondo cui “… il giudice penale deve accertare, nell’ipotesi di mancata corresponsione da parte del coniuge obbligato al versamento dell’assegno stabilito in sede di separazione coniugale, se per effetto di tale condotta siano venuti a mancare in concreto i mezzi di sussistenza ai beneficiari”,conciòrimarcandosi la necessità di condurre in sede penale un vaglio autonomo e più rigoroso. (574)Così,Cass.Pen.,Sez.VI,5 febbraio 1998, n. 3450,Rv. 210087. (575)Inuncaso,èstatoritenuto inidoneo a garantire le esigenze primariedivital’importo–paria circa 500 euro – versato dall’imputato alla figlia minore rispetto a quello imposto dal giudice civile – pari a 1000 euro – tenuto conto delle concrete possibilità economiche dell’obbligato, titolare di due studi odontoiatrici e ritenuta l’irrilevanza, ai fini della valutazione degli obblighi genitoriali di mantenimento gravanti sull’imputato, la situazione economica della moglie e gli aiuti forniti dal convivente di quest’ultima. Detta prospettazione si pone, dunque, in linea con quanto sostenuto in senso maggioritario dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai fini della sussistenza della fattispecie tipica, occorre accertare in concreto, con giudizio autonomo e complessivo, se dalla condotta violativa dell’obbligazione alimentare sia effettivamente derivato lo stato di bisogno del soggetto passivo, a prescindere dalle valutazioni operate in sede civile.Perunapprofondimento,si veda Cass. Pen., Sez. VI, 3 febbraio 2010, n. 14906,Rv. 247022. (576) Previsti dagli artt. 433 e ss.,c.c. (577) Ex plurimis, Cass. Pen., Sez.VI,8luglio2004,n.37137in www.foroeuropeo.it/sen/cas/04/371 Sivedaanche,Cass.Pen.,Sez.VI, 20 ottobre 1982, n. 2324,Rv. 157933. (578) Cass. Pen., Sez. VI, 8 luglio 2004, n. 37137cit., sottolinea che, ovviamente, un tale obbligo non può ritenersi sussistente in relazione ad un alloggio di lusso; ciò in quanto l’“essenzialità” non deve essere rapportata alle condizioni sociali odallepregresseabitudinidivita del beneficiario. Sull’argomento, siveda,indottrina,DEFILIPPISin Manuale di diritto di famiglia, Parte Penale, Cedam, Padova, 2006,pag.94. (579) Così, Cass. Pen., Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 13900,Rv. 252608.Ivi,perlaprimavolta,la S.C. ricomprende nel concetto di cui al testo anche le spese per l’educazione dei figli e non solo quelle per l’istruzione scolastica con ciò legittimando una sia pur limitataespansionedellanozione di “ciò che è strettamente indispensabileallavita”. (580) In tal senso, Cass. Pen., Sez. VI, 8 luglio 2004, n. 37137, cit. (581) Cass. Pen., Sez., VI, 23 maggio 1980, n. 11503,Rv. 146490. (582) Cass. Pen., Sez., VI, 23 maggio1980,n.11503,cit. (583)Eprecisamente,secondoil dettato normativo dell’art. 570 cpv, n. 2, c.p., ai “discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”. (584)Daultimo,Cass.Pen.,Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 12516,Rv. 252606. (585)Insiffattaipotesi,l’avente diritto potrà agire solo in sede civile per vedere soddisfatto il creditoalimentarevantato. (586) Cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 8 luglio 2004, n. 37137 in www.foroeuropeo.it/sen/cas/04/371 ove,inmotivazionesilegge“per la configurabilità del reato in esame(ndrprevistodall’art.570, comma II, n. 2, c.p.), deve dimostrarsi la sussistenza, in concreto, del duplicerequisito (ndr il corsivo è di chi scrive) dellostatodibisognodell’avente dirittoedellacapacitàeconomica dell’obbligatodifornirealprimo i mezzi indispensabili per vivere”. Più di recente, si segnalano Cass. Pen., Sez. VI, 3 febbraio 2010, n. 14906,Rv. 247022; Cass. Pen., Sez. VI, 4 febbraio 2011, n. 8912,Rv. 249639 nonché Cass. Pen., Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 12516,Rv. 252606 ove compare il riferimento espresso alla nozione di“statodibisogno”che,siapur in assenza di una esplicita qualificazione giuridica in tal senso, viene di fatto considerato quale elemento di tipicità della fattispecie, discendendo dalla mancanza di quest’ultimo l’inconfigurabilità del reato in commento. (587) Secondo Cass. Pen., Sez. VI, 23 aprile 1998, n. 10216,Rv. 211573, “in tema di obblighi di assistenza familiare, entrambi i genitorisonotenutiaovviareallo statodibisognodelfigliochenon sia in grado di procurarsi un proprio reddito. Commette pertantoilreatodicuiall’art.570 c.p.ilgenitorechenonadempiea tale obbligo; né lo stato di bisogno può ritenersi soddisfatto se al mantenimento provveda in via sussidiaria l’altro genitore, specialmentesequest’ultimonon abbia risorse ordinarie e per tale motivononpossacompiutamente provvedervi, incontrando difficoltà nel mantenimento del minore”.Conforme, Cass. Pen., Sez. VI, 21 marzo 1996, n. 5525, Rv.204875, Cass.Pen.,Sez.VI,3 febbraio 2010, n. 14906,cit. nonché Cass. Pen., Sez. VI, 4 febbraio2011,n.8912,cit. (588) In tal senso, Cass. Pen., Sez.VI,26aprile2007,n.33808, Rv.237325ovesiprecisa,inoltre, che il recupero coattivo del credito alimentare da parte dell’avente diritto si pone, rispettoallaperpetrataomissione, come un “post factum” dimostrativo della pregressa facoltà di spontaneo adempimento da parte dell’obbligato. (589) In applicazione del principio di cui al testo, Cass. Pen.,Sez.VI,1dicembre2003,n. 7 1 5 ,Rv. 228262 , ha ritenuto correttaladecisionedeigiudicidi meritocheavevanoconfiguratoil reatodicuiall’art.570,commaII, n.2,c.p.nellaarbitrariariduzione dapartedelgenitoredell’assegno per il mantenimento del figlio minore handicappato stabilito in sede di separazione dei coniugi, ritenendo non sufficienti ad elidere lo stato di bisogno la percezionedapartedelminoredi una modesta pensione di invalidità e la circostanza che fosse assistito economicamente dal genitore affidatario, che svolgevaun’attivitàlavorativa. (590) Si veda, Cass. Pen., Sez. VI,14febbraio1994,n.4636,Rv. 198824 secondo cui “per la sussistenza del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, previsto dall’art.570commasecondocod. pen., in presenza del totale inadempimento da parte dell’obbligato degli obblighi impostigli, non rileva che il soggetto passivo svolga saltuariamente un lavoro retribuito, ma occorre che dalla attività lavorativa egli tragga quantooccorreperfarfrontecon dignità alle elementari necessità divita”. (591) In tema, Cass. Pen., Sez. VI, 3 febbraio 2010, n. 14906, cit.,inmotivazione. (592) In tal senso, Cass. Pen., Sez.VI,20ottobre1982,n.2324, Rv.157933. (593) Sull’argomento, Cass. Pen., Sez. VI, 26 marzo 2003, n. 26725,Rv.225875secondocuila presunzione in parola è suscettibile di essere superata laddove il minore disponga di redditi patrimoniali propri eccezion fatta per il caso in cui questi derivino da espletamento di attività lavorativa, la quale, anzi,costituisceprovadellostato dibisogno.Intema,sivedaanche Cass. Pen., Sez. VI, 13 novembre 2008,n.2736,Rv.242854 ,ovesi precisa, inoltre, che l’incapacità del minore di produrre reddito propriononèelisaneanchedalla percezione da parte dell’avente diritto minorenne di eventuali elargizioniacaricodellapubblica assistenza. (594) Sul punto, si veda, Cass. Pen.,Sez.VI,25novembre1993, n. 895,Rv. 196946 . I Supremi Giudici hanno, a tal proposito, evidenziato che “l’onere di prestare i mezzi di sussistenza, penalmente sanzionato, ha … un contenuto soggettivamente e oggettivamente più ristretto di quellodelleobbligazionipreviste dallaleggecivile.Inipotesipotrà sussisterelafattispeciedelittuosa di cui all’art. 388, comma I, cod. pen. sempreché ricorrano i requisiti da tale norma previsti (compimento di atti fraudolenti diretti ad eludere gli obblighi di cuitrattasi)”.Inrelazioneadetto ultimo aspetto, appare utile rammentare che la previsione contenuta nel successivo comma II del medesimo art. 388 c.p., invece, non potrà trovare applicazione in caso di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza, in quanto la stessa, sanzionando la mancata esecuzione dolosa dei provvedimenti del giudice civile che concernano l’affidamento di minoriodialtrepersoneincapaci, attieneairapportipersonalienon anche a quelli economici del provvedimentoemessoinsededi separazione.Sullatematica,Cass. Pen., Sez. VI, 2 maggio 2000, n. 9 4 1 4 ,Rv. 217704 . Anche la giurisprudenza di merito si è uniformata a tale orientamento; exmultis, Trib. Nola, 25 febbraio 2008, n. 362 inGuida al dir., n. 15,12aprile2008,pag.95.Perla diversa disciplina contenuta nell’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898, quanto ai figli maggiorenni, si veda Cass. Pen., Sez. VI, 22 settembre 2011, n.36263,Rv.250879. (595)Sullanecessitàdicondurre unapprezzamentospecificodello “stato di bisogno” in relazione allepeculiaritàdelcasoconcreto, si veda Cass. Pen., 28 marzo 2012,n.12516,Rv.252606. (596) Testualmente, Cass. Pen., Sez. VI, 20 aprile 1983, n. 6082, Rv. 159664 . Il medesimo principioèribaditodaCass.Pen., Sez.VI,5febbraio1998,n.3450, Rv. 210087 . In senso parzialmentedifforme,Cass.Pen., Sez. VI, 27 giugno 1989, n. 1 2 6 7 0 ,Rv. 182094 ove si sottolinea che “il provvedimento del giudice civile con cui è stato fissato l’obbligo del versamento di un assegno, può costituire un punto di partenza per l’accertamento del reato nella misura in cui dimostra la sussistenza di uno stato di bisogno dei beneficiari”. Tuttavia, anche la pronuncia da ultimo menzionata non sembra attribuire una valenza probante assoluta – in relazione alla sussistenzadellostatodibisogno -alprovvedimentocivilistico. (597) Nonché in considerazione della più volte evidenziata autonomiatral’ipotesidireatoin commento e l’assegno liquidato dalgiudiceinsedecivile. (598)Cfr.Cass.Pen.,Sez.VI,10 aprile 2001 in http://www.legalionline.com/html/a (599) È stato recentemente affermato,infatti,che“ilcorretto adempimento dell’obbligazione gravante sul genitore in favore dei minori consiste nella dazione (messaadisposizionedelminore) dei mezzi di sussistenza, nella qualità e nel valore fissato dal giudice e comporta, di necessità ed agli effetti dell’applicazione dei disposti normativi dell’art. 570 cpv. c.p., n. 2, l’apprestamento solo ed esclusivamente di quel bene o di quel valore che il giudice della separazione o del divorzio ha ritenuto di determinare … Non è pertanto consentito al soggetto tenuto di autoridurre l’assegno disposto a favore dei minori, salva la sua comprovata incapacità di far fronte all’impegno”.Testualmente,Cass. Pen., Sez. VI, 14 dicembre 2010, dep.15febbraio2011,n.5752,in www.la previdenza.it/news/documenti/cass Tale impostazione, tuttavia, non pare condivisibile atteso che dal suo recepimento deriverebbe una indiscriminata dilatazione dell’ambito di rilevanza penale dei contegni pur minimamente violativi deldictum reso dal giudicecivile. (600) La norma specifica “il coniuge il quale non sia legalmente separato per sua colpa”,comesivedràinfra,∫VI. (601) Non sono, invece, contemplati altri parenti come i fratelli o le sorelle, nei cui confronti pure sussiste l’obbligo alimentare previsto dall’art. 433 c.c.Sulpunto,sivedaDEFILIPPIS inManuale di diritto di famiglia, Parte Penale, Cedam, Padova, 2006,pag.94. (602) La norma in commento, infatti,testualmenterecita“chi fa mancare…”. Apparentemente, dall’utilizzo di tale pronome relativo indefinito sembrerebbe discendere la non necessarietà dell’esistenza in capo all’agente di una particolare qualifica soggettiva. (603) Da cui consegue la c.d. “legittimazione al reato” dell’agente. Con tale espressione sisuoleindicarelacapacitàdiun soggetto di arrecare offesa al benegiuridico.Detta“attitudine” discende dal particolare rapporto esistente tra l’agente medesimo ed il bene tutelato. Si veda MANTOVANI, inDiritto Penale, parte generale, II ed., CEDAM, Padova,1988,pag.144. (604) La dottrina penalistica effettua un distinguo tra i reati “comuni” ed i reati “propri”. I primi si contraddistinguono per l’essereilfattotipicorealizzabile d aqualsiasi persona (es. lesioni personali, ingiurie, minacce etc.). I secondi, di contro, sono reati “…di cui possono essere autori soltantodeterminate persone…”. Co s ì ,FIORE, inDiritto Penale, parte generale, Vol. I, UTET, 1997, pag. 159. L’A., osserva, inoltre, che nel reato proprio “… assumeunaspecificarilevanzala qualità o posizione del soggetto attivo, che vale a porlo in una particolare relazione con il bene protetto dalla norma…la speciale relazione dell’autore con il bene tutelatopuòassumererilevanza,o in quanto determina l’esistenza stessa di un illecito penale, che non si configurerebbe affatto in mancanza della particolare qualità del soggetto; ovvero in quantodàluogoalconfigurarsidi undiversotipodiillecitopenale” (es. appropriazione indebita di danaro o di cose altrui che, se commessidalpubblicoufficialeo dall’incaricato di un pubblico servizio che ne abbia la disponibilità per ragioni del suo ufficiooserviziocostituisconoil delitto di peculato previsto e punitodall’art.314c.p.,mentrese commessidaunprivatocittadino integrano il fatto tipico dell’appropriazione indebita contemplatanell’art.646c.p.). (605) Per la ragione esplicitata nella nota 42, dunque, non potrà assumere la veste di soggetto attivo del reato il fratello o la sorella. (606) Sull’argomento, DE FILIPPIS inManuale di diritto di famiglia,cit.,pag.94. (607) In tal senso, Cass. Pen., Sez. VI, 7 ottobre 1993, n. 185, Rv. 197226. Conformemente si è espressa, più di recente, Cass. Pen., Sez. VI, 22 dicembre 2010, n. 785,Rv.249202. Indottrina,si precisacheildoloègenerico“… quando la legge richiede la semplice coscienza e volontà del fatto materiale, essendo indifferente per l’esistenza del reato il fine per cui si agisce…”. Per un approfondimento della tematica,sivedaMANTO-VANI,in Diritto Penale, parte generale, II ed., CEDAM, Padova, 1988, pag. 314. (608) In dottrina,DE FILIPPIS in Manuale di diritto di famiglia, Parte Penale, Cedam, Padova, 2006,pag.102. (609) Perrappresentazione si intende la conoscenza delle circostanze in cui il soggetto attivo del reato agisce per l’effettività dell’atto volitivo. Si v e d a ,FIORE, inDiritto Penale, parte generale, Vol. I, UTET, 1997,pag.212. (610) Cass. Pen., Sez. VI, 18 febbraio 1989, n. 5287,Rv. 183987. (611) Il dolo eventuale o indiretto si configura quando la volontànonsidirigedirettamente verso l’evento, ma l’agente lo accetta come conseguenza eventuale, accessoria della propria condotta. Si veda, MANTOVANI, inDiritto Penale, cit.,pag.306. (612) Pur se legittimamente rifiutato dall’avente diritto ai sensidell’art.1181cod.civ. (613) Nel senso di cui al testo, Cass. Pen., Sez. VI, 7 febbraio 1984,n.2081,Rv.162997. (614) Cass. Pen., Sez. II, 5 maggio 1994, n. 7640,Rv. 198687. (615) Si rammenta che solo l’erroresulfattochecostituisceil reato (e non anche l’errore sul precetto) può escludere la punibilità dell’agente ai sensi dell’art. 47 c.p. Il principio sussunto nel brocardoignorantia legis non excusat è positivizzato nell’art.5c.p. (616) In tal senso, Cass. Pen., Sez.VI,26aprile2007,n.33808, Rv. 237325 . Anche la prevalente giurisprudenza di merito si è uniformata a tale orientamento. Ex plurimis, si veda Trib. Terni, 24 gennaio 2012, n. 48, in www.diritto.net,inmotivazione. (617) Cass. Pen., sez. VI, 12 aprile1991,n.4152,Rv.187312. (618)Deveritenersichel’azione continui ad essere “dolosa” in quanto l’impossibilità di adempiere non incide sul piano dell’imputazione soggettiva della condotta che resta pur sempre ascrivibilealsuoautore. (619)Inquantocontravvienead un divieto contenuto nell’ordinamento, in assenza di “norme permissive”. Per un approfondimentodeltema,FIORE, i nDiritto Penale, parte generale, Vol.I,UTET,1997,pagg.120ss. (620) Ciò in quanto è lo stesso diritto penale a modellare la propriapretesaall’osservanzadei precetti in relazione alla possibilità concreta di esigere la condotta conforme. Tale pretesa statuale viene autolimitata in presenza di situazioni al verificarsi delle quali non è possibile richiedere ai consociati il rispetto della norma. Sulla nozione di “inesigibilità” si veda FIORE,inDirittoPenale,cit.,pag. 345. (621)Contra,Cass.Pen.,Sez.VI, 25 ottobre 1990, n. 4152,Rv. 1873. (622) Perché possa ritenersi scusata la condotta di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza è necessario che la situazionedidifficoltàeconomica incuiversal’obbligatositraduca in “uno stato di vera e propria indigenza”. Così, Cass. Pen., Sez. VI, 24 luglio 2007, n. 30150 http://www.affidamentocondiviso.it 030150-2007,%20massima.htm. Intema,sivedaancheCass.Pen., 21 ottobre 2010, n. 41362,Rv. 248955,ove,inmanierarigorosa, si precisa che “… l’incapacità economicadell’obbligato…deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ... indisponibilitàdiintroiti”. (623) In tal senso, Cass. Pen., Sez. VI, 21 settembre 2001, n. 37419,Rv.220712 . Il riferimento al concetto di “incolpevole” situazione di impossibilità scriminante si rinviene anche in Cass. Pen., Cass. Pen., 21 ottobre 2010,n.41362,cit. (624) Si veda, Cass. Pen., Sez. VI, 1 giugno 1989, n. 13706,Rv. 182275ovesiaffermache“aifini dell’esenzione da responsabilità in ordine al reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, di cui all’art. 570, secondocomman.2cod.pen.,lo stato di disoccupazione non coincide necessariamente con l’incapacità economica, né quest’ultima discrimina quando sia dipesa da comportamento anche soltanto negligente del soggetto in relazione all’obbligo, nella specie, di mantenere la prole”.Cfr.Cass.Pen.,Sez.VI,29 novembre 1985, n. 1232,Rv. 171772 ove, invece, si specifica che “l’incapacità economica…è rilevante (ndr ai fini dell’esclusione di responsabilità) solo se non siavolontariamente determinata”. (625) In tal senso, Cass. Pen., Sez. VI, 11 dicembre 1969, n. 2 4 0 9 ,Rv. 113681 ove si puntualizzachel’art.570,comma II, n. 2, c.p. sanziona l’inadempimento di una “obbligazione avente ad oggetto prestazioni di carattere periodico”. (626) Cass. Pen., Sez. VI, 25 giugno 1999, n. 1283,Rv. 216826, secondo cui l’omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza in presenza di una capacità economica che avrebbe consentito un adempimento parziale non esclude la responsabilitàpenale. (627) Cass. Pen., Sez. VI, 25 giugno1999,n.1283,cit. (628)Ciòinquantolerisultanze del modello 740 (divenuto poi modellounico)noncostituiscono prova certa ed ineccepibile dell’effettivo ammontare dei redditi del soggetto, in quanto esse hanno valore solo fino a prova contraria, dato che il fisco può sempre impugnarle o rettificarle. Sul punto, Cass. Pen., Sez. VI, 8 maggio 1981, n. 7937, Rv.150106. (629)Così,Cass.Pen.,Sez.VI,1 marzo1995,n.5780,Rv.201674. (630) I due termini sono equipollenti perFIORE, inDiritto Penale, parte generale, Vol. I, UTET,1997,pag.160. (631)Ai sensi dell’art. 120 c.p., “ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d’ufficio o dietro richiesta o istanzahadirittodiquerela…”. (632) A tal proposito, è stato osservato da Cass. Pen., Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 15952,Rv. 252588, che “l’obbligazione, penalmente rilevante ex art. 570, comma secondo, cod. pen., in capo al padre naturale di non far mancareimezzidisussistenzaal figlio minore non nato in costanza di matrimonio presuppone la prova della filiazione da acquisirsi mediante l’atto di riconoscimento formale ovvero mediante altro modo consentito, non esclusa eventualmente l’applicazione della pregiudiziale di stato ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 cod. proc. pen.”. Nel caso originante la pronuncia testè riportata, la S.C. ha cassato la sentenza della Corte territoriale che aveva condannato il padre naturale, ritenendo provato il rapportodifiliazionesullascorta delle sole dichiarazioni della madre. (633) Secondo Cass. Pen., Sez. VI, 26 marzo 2003, n. 26725,Rv. 225875 “… la mancata corresponsione dell’assegno per ilmantenimentodelfigliominore stabilito in sede di separazione dei coniugi integra la fattispecie di cui all’art. 570 cod. pen., in base alla presunzione semplice che il minore sia incapace di produrre reddito proprio, presunzionesuscettibilediessere superata laddove il minore disponga di redditi patrimoniali sempre che non si tratti di retribuzione per attività lavorativa, la quale, anzi, costituisce prova dello stato di bisogno”. (634) L’inabilità al lavoro deve derivare da menomazioni fisiche o psichiche. Per alcuni, nel concetto di inabilità dovrebbe rientrare anche il caso della “disoccupazioneinvolontaria”.Si veda,“Ilreatodiviolazionedegli obblighi di assistenza” in http://www.ilmatrimoniointribunale Tale ultimo assunto sembrerebbe maggiormente in linea con il principio di diritto proclamato dalla Prima Sezione Civile della Suprema Corte (3 aprile 2002, n. 4765) secondo cui “i genitori restanoobbligatiaconcorreretra loro, secondo il principio dettato dall’articolo 148 c.c., nel mantenimentodelfigliodivenuto maggiorenne qualora questi non abbia ancora conseguito, senza sua colpa, un reddito tale da renderlo economicamente autonomo e che, pertanto, detto obbligo non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età,mapersistefinchéilgenitore oigenitoriinteressatidimostrino che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovveroèstatodaloropostonelle concrete condizioni per essere autosufficiente” in http://www.altalex.com/index.php? idnot=4382. Secondo Cass. Pen., Sez. VI, 25 novembre 1993, n. 8 9 5 ,Rv. 196946 , invece, non integrailreatodicuiall’art.570, comma II, c.p., la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza a figli maggiorenni non inabili a lavoro, anche se studenti. (635) Sul punto,DE FILIPPIS in Manuale di diritto di famiglia, Parte Penale, Cedam, Padova, 2006,pag.94. (636) Così testualmente l’art. 570,commaII,n.2,c.p. (637) La stessa Corte Costituzionale nella motivazione della sentenza n. 472 del 1989 con la quale venivano dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione nonché inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, in relazione alla fattispecie delittuosa di cui all’art. 570, comma II, n. 2, c.p., ritiene che la “separazione senza colpa” debba oggi intendersi come “separazione senza addebito”. In http://www.giurcost.org/decisioni/1 89.html. (638) DE FILIPPIS inManuale di dirittodifamiglia,cit.,pag.95. (639) Ciò in quanto si presuppone che il coniuge beneficiario riceva i mezzi di sussistenza dal proprio conviventemore uxorio. Si veda, “Il reato di violazione degli obblighi di assistenza” in http://www.ilmatrimoniointribunale Tale situazione, tuttavia, non esclude l’obbligo genitoriale di mantenimento nei confronti dei figli minori pur in presenza di aiuti economici forniti dal convivente del coniuge beneficiario. In argomento, Cass. Pen.,Sez.VI,3febbraio2010,n, 14906,Rv.247022. (640)L’art.50c.p.stabilisceche “nonèpunibilechiledeoponein pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne”. Come si evince chiaramente dal dettato normativo, la possibilità di disporre validamente del diritto di cui si è titolari costituisce presupposto di operatività della scriminante del “consenso dell’aventediritto”. (641) L’incedibilità del credito alimentare è sancita dall’art. 447 c.c.Sullamedesimaposizionesiè assestata anche Cass. Pen., 12 marzo 1970, inCass. Pen. Mass., 1971,799. (642)Cass.Pen.,Sez.VI,1aprile 1969,n.773,Rv.112862. (643) Il procedimento volto alla formazione della prova nel contraddittorio delle parti, in considerazione dell’autonomia funzionalecheleèpropria,viene definito “sub-procedimento probatorio”. (644) A mente dell’art. 493 c.p.p., “il pubblico ministero, i difensori della parte civile, del responsabilecivile,dellapersona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell’imputato nell’ordine indicano i fatti che intendono provare e chiedono l’ammissionedelleprove”. (645)Aisensidelprimocomma dell’art. 498 c.p.p., “le domande sono rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha chiesto l’esame deltestimone”. (646) L’art. 504 c.p.p. stabilisce che“salvochelaleggedisponga diversamente, sulle opposizioni formulate nel corso dell’esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delleparti private il presidente decide immediatamente e senza formalità”. (647) In ossequio al disposto di cui al comma secondo dell’art. 498 c.p.p., successivamente all’esame condotto dalla parte che ha chiesto l’esame del testimone,altredomandepossono essere rivolte dalle parti che non hannochiestol’esame,secondoil seguente ordine: pubblico ministero, difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligataperlapenapecuniariae dell’imputato. Tale ordine è derogabile con il consenso delle partiaisensidell’art.496,comma II,c.p.p. (648) Per “interesse comune” deve, ovviamente, intendersi “interesse processuale comune”. Il pubblico ministero e la parte civile, ad esempio, sono accomunati dal medesimo interesse all’affermazione di responsabilità dell’imputato. Di contro,ilresponsabilecivileedil civilmente obbligato per la pena pecuniaria hanno interesse paralleloaquellodell’imputatoa vedere esclusa la responsabilità penalediquest’ultimo. (649)Talelimitazioneèprevista dall’art. 499, comma III, c.p.p. chevietaallapartechehachiesto la citazione del testimone ed a quella che ha un interesse comune di formulare domande che tendono a suggerire le risposte. Questa previsione ha lo scopo di preservare la genuinità della dichiarazione e di scongiurare, specularmente, deposizioni“concertate”. (650) L’art. 539 c.p.p. stabilisce che “il giudice, se le prove acquisite non consentono la liquidazione del danno, pronuncia condanna generica e rimettelepartidavantialgiudice civile. A richiesta della parte civile,l’imputatoeilresponsabile civile sono condannati al pagamento di una provvisionale nei limiti del danno per cui si ritienegiàraggiuntalaprova”. (651) Le cui richieste dovrebbero avere come naturale destinatarioilgiudicecivile. (652) Così, SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA i nDiritto Processuale Penale, Vol. II, Nuova ed., Giuffrè ed., 2004,pag.179. (653) SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA i nDiritto Processuale Penale, cit., pag. 179, sottolineano, inoltre, che tale operazione è consentita dall’accettazione da parte del nostro ordinamento del principio di unità del potere giurisdizionale che favorisce l’intrecciarsi di rapporti tra la giurisdizione penale e le altre giurisdizioni. Sul principio dell’unità della funzione giurisdizionale, si veda anche Cass.Pen.,Sez.IV,9marzo2001, n.9795,Rv.218283. (654) Così, SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA i nDiritto Processuale Penale, cit.,pag.179. (655) Tutte pronunce sfavorevoli che per chi intenda ottenere un risarcimento per dannoderivantedareato. (656)Eciòinbasealdispostodi cui all’art. 75, comma II, c.p.p. a cui rinvia l’art. 652, comma I, c.p.p. (657)Nelcasoincuil’imputato chieda che il giudizio si svolga nelle forme del rito abbreviato, è conveniente per la parte civile non accettare il rito alternativo, ondeevitarediincorrere,incaso di assoluzione, nella limitazione di cui all’art. 652 c.p.p. applicabile anche all’ipotesi di abbreviato, in base al comma secondo della medesima disposizione. (658)Così,l’art.74c.p.p. (659)Semprechéabbia“illibero esercizio dei diritti” che intenda far valere in giudizio come previsto dall’art. 77, comma I, c.p.p. La disposizione da ultimo menzionata, al comma secondo, stabilisce,inoltre,chesemancala persona a cui spetta la rappresentanzaol’assistenzaevi sonoragionidiurgenzaovverovi è conflitto di interessi tra il danneggiatoechilorappresenta, il pubblico ministero può chiedere al giudice di nominare un curatore speciale. La nomina può essere chiesta altresì dalla persona che deve essere rappresentata o assistita ovvero dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante. (660) Tale è la previsione contenuta nell’art. 76 c.p.p. Si rammenta che l’art. 122 c.p.p. stabilisce che “quando la legge consentecheunattosiacompiuto per mezzo di un procuratore speciale, la procura deve, a pena di inammissibilità, essere rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve contenere, oltre alle indicazioni richieste specificamente dalla legge, la determinazione dell’oggetto per cuièconferitaedeifattiaiquali si riferisce. Se la procura è rilasciata per scrittura privata al difensore, la sottoscrizione può essere autenticata dal difensore medesimo.Laprocuraèunitaagli atti”. (661)Intalsenso,Cass.Pen.,16 novembre 1999, n. 13107,Rv. 214577. (662)Glielementirichiestidalla leggeperl’ammissibilitàdell’atto di costituzione di parte civile sonocontenutinell’art.78c.p.p. (663) Ai sensi dell’art. 78, commaI,c.p.p. (664) Secondo SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA i nDiritto Processuale Penale, Vol. II, Nuova ed., Giuffrè ed., 2004,pag.183,trale“altreparti” va ricompreso anche il pubblico ministero, spettando a quest’ultimoilpoteredichiedere l’esclusione della parte civile, ai sensi dell’art. 86 c.p.p.Contra, Cass. Pen., Sez. IV, 23 aprile 1997,n.5270,Rv.208530 ,ovesi specifica quanto segue: “posto chelacostituzionedipartecivile realizzal’inserzionenelprocesso penale di un rapporto civilistico per il risarcimento del danno e per le restituzioni, di cui sono partiildanneggiato,daunlato,e l’imputato ed il responsabile civile,dall’altro,neconsegueche lealtreparti,cuiessadeveessere notificata, sono appunto l’imputato ed eventualmente il responsabile civile con esclusione del pubblico ministero,cheèdeltuttoestraneo alsuddettorapporto”. (665)Lanotificaallealtreparti, in caso di costituzione fuori udienza, è imposta dall’art. 78, commaII,c.p.p.Generalmente,si opta per la costituzione “fuori udienza” nei casi in cui la parte civileintendapresentareunalista testimoniale che, a sensi dell’art. 468 c.p.p., a pena di inammissibilità, deve essere depositata nella cancelleria del giudicecheprocedealmenosette giorni prima dell’udienza. Ciò in quanto, diversamente, la parte civile non ancora costituita non potrebbe esercitare facoltà processuali spettanti unicamente a l l eparti (costituite) del processo. In senso parzialmente difforme, si veda, però, Cass. Pen., Sez. V, 8 giugno 2005, n. 28748,Rv. 232297 , secondo cui “in tema di diritti e facoltà della persona offesa, è ammissibile la richiesta di testi, mediante il deposito della relativa lista, da parte della persona offesa, costituitasi fuori dell’udienza, in data precedente la notifica della dichiarazione di costituzione di parte civile, in quanto tale richiestaècompresanellafacoltà di indicazione di elementi di provadicuiall’art.90cod.proc. pen., con la conseguenza che la personaoffesadalreato,divenuta parte processuale a mezzo dell’atto di costituzione di parte civile, può certamente avvalersi del mezzo di prova già proposto, senza necessità di ripresentare la listatestimonialegiàdepositatain tempo utile rispetto a quello indicato dall’art. 468, comma primo,cod.proc.pen.,mentregli effetti della costituzione di parte civile, formalizzata fuori udienza riguardano, ai sensi dell’art. 78, comma secondo, cod. proc. pen., l’instaurazione del contraddittorio civile nella sede penale”. (666)Sivedal’art.79,commiIe II, c.p.p. che rinvia all’art. 484 c.p.p. (667) Ciò in quanto l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero costituisce condizione imprescindibile per l’individuazione del soggetto nei confronti del quale è possibile esercitare l’azione civile. Così, SIRACUSANO-GALATITRANCHINA-ZAPPALÀ, inDiritto Processuale Penale, Vol. II, Nuovaed.,Giuffrèed.,2004,pag. 184. (668) Cass. Pen., Sez. III, 6 febbraio 2008, n. 12423,Rv. 239335. (669) Il principio di “immanenza” della costituzione di parte civile è codificato nell’art.76,commaII,c.p.p. (670) Il minore non ha, infatti, capacità di stare in giudizio da solo, mancando il requisito della “libera disponibilità dei diritti”, come prescritto dall’art. 77, commaI,c.p.p. (671) In tal senso, Cass. Pen., Sez.VI,1ottobre2007,n.40719, Rv.237962. (672) Cass. Pen., Sez. I, 22 giugno 2006, n. 24683,Rv. 234842, ove, in motivazione, si precisache“…peravereeffetto, ai sensi dell’art. 300 c.p.c., la perditadellacapacitàdiunaparte di stare in giudizio deve essere dichiarata dal difensore, proseguendo in caso contrario il processo tra le parti originarie …”.Ciòsignificache,nelcasoin cui il procuratore speciale di parte civile dichiari la perdita di capacità di stare in giudizio del rappresentante, si dovrà provvedere a rinnovare la dichiarazione di costituzione a nome del danneggiato divenuto maggiorenne. Analoga rinnovazione andrà operata nel caso in cui la controparte sollevi tempestivamente l’eccezione di caducazionedellacostituzione.Si vedaancheCass.Pen.,Sez.IV,7 novembre 2001, n. 7726,Rv. 221132, secondo cui “in tema di capacità processuale della parte civile, viene meno la rappresentanza del minore da parte del genitore costituitosi, allorché,nellemoretrailgiudizio di primo grado e quello d’impugnazione, il figlio sia divenuto maggiorenne; in tal caso, tuttavia, la contestazione della costituzione di parte civile per sopravvenuta invalidità è preclusa se non viene eccepita tempestivamente,subitodopoche sia compiuto, per la prima volta, l’accertamento della costituzione delleparti”. (673) In tal senso, Cass. Pen., Sez. VI, 23 novembre 2004, n. 452,Rv.230949. Conforme,Cass. Pen., Sez. VI, 2 ottobre 1997, n. 9725,Rv.209010. (674)Sivedanotan.109. (675) A norma dell’art. 77, commaII,c.p.p. (676) Come può accadere, ad esempio, nel caso in cui si proceda a carico dell’imputato con le forme del giudizio direttissimo. (677)Così,Cass.Pen.,Sez.III,6 febbraio 2008, n. 12423,Rv. 239336. Tale principio è applicabile a tutte le questioni di ammissibilità ed esclusione della partecivile. (678) In tal senso, Cass. Pen., Sez. VI, 4 dicembre 2003, n. 7 1 9 1 ,Rv. 228601. Conforme, Cass. Pen., Sez. VI, 11 maggio 2010, n. 22219,Rv. 247393 . Contra, in dottrina,BATTAGLINI, Osservazioni sulla natura giuridica del reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, inGiust. pen. 1956, II,248. (679)Sìdaprodurreun’offesaal bene giuridico protetto dalla norma. (680)L’attenuantedicuialtesto è applicabile nel caso in cui l’agente si sia adoperato spontaneamenteedefficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolosedelreato. (681) Permangono, dunque, in capoalgenitoredecadutoidoveri di natura economica (oltre a quelli di natura morale). Si veda, Cass. Pen., Sez. VI, 21 marzo 2000, n. 4887,Rv. 216132. In senso conforme, si veda Cass. Pen.,Sez.VI,29ottobre2009,n. 43288,Rv.245254. (682) Cass. Pen., Sez. VI, 4 dicembre 2003, n. 7191,Rv. 228601. Conforme, Cass. Pen., Sez. VI, 30 ottobre 2008, n. 4 3 7 9 3 ,Rv. 242228 . Si veda anche, Cass. Pen., Sez. VI, 11 febbraio 2009, n. 7321,Rv. 242920,ovesiribadisceche“… ilterminediprescrizionedecorre dalla data della sentenza di condanna di primo grado e non dalla data di emissione del decreto di citazione a giudizio, ovvero da quella del formale eserciziodell’azionepenale”. (683) In tal senso, Cass. Pen., Sez.VI,30aprile2003,n.26714, Rv.225874. (684) Il principio delne bis in idem o divieto di un secondo giudizioècodificatonell’art.649 c.p.p. che, testualmente, recita: “l’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovosottopostoaprocedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo”. (685) Comesupra si è detto, ∫ IX. (686) Così, Cass. Pen., Sez. VI, 11 maggio 2010, n. 22219,Rv. 247393. (687)L’art.12sexiesmenzionato stabilisce: “al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli artt. 5 e 6 della l. n. 898/70 si applicano le pene previste dall’art. 570 c.p.”. La fattispecie in parola si configura in punto di tipicità per il solo fatto del mancato versamento dell’assegno stabilito nella sentenza divorzile o anche nell’ipotesi di un adempimento parziale e ciò indipendentemente dalla circostanza che tale omissionecomportiilvenirmeno dei mezzi di sussistenza per il beneficiario dell’assegno. Sul punto,siveda,Cass.Pen.,Sez.VI, 6 luglio 2000, n. 7910,Rv. 217076. (688) Per la cui configurabilità occorre la sussistenza dell’ulteriore requisito dello “stato di bisogno” degli aventi diritto. Si veda diffusamente supra,∫III. (689) Siano essi maggiorenni o minorenni. (690) Dovendosi escludere, invece, l’inadempimento di analogo obbligo posto nei confronti del coniuge separato cui è applicabile la tutela predisposta dall’art. 570 c.p. In tema, si veda Cass. Pen., Sez. VI, 22 settembre 2011, n. 36263,Rv. 250879. (691) Cass. Pen., Sez. VI, 25 settembre 2009, n. 39938,Rv. 245004 nonché Cass. Pen., Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 39392,Rv. 237663, in motivazione. Si veda anche, Cass. Pen., Sez. VI, 19 dicembre2006,n.14,Rv.235753 , ove tra l’altro si osserva che tale regime è stato ritenuto non meritevoledicensuradallaCorte Costituzionale con sentenza n. 325 del 1995 e con ordinanze n. 209del1997en.423del1999.In senso difforme, Cass. Pen., Sez. VI, 2 marzo 2004, n. 21673,Rv. 229636. (692) Si ha concorso formale di reati quando il soggetto agente pone in essere più reati con una sola azione od omissione. Il concorso èeterogeneo quando dall’unicaactio delittuosa sia derivata la violazione di più norme diverse tra loro. Per un approfondimento, si veda MANTOVANI, inDiritto Penale, parte generale, II ed., CEDAM, Padova, 1988, pag. 441. La giurisprudenza più recente si è assestata sulla posizione dogmatica di cui al testo. A tal proposito, si vedano Cass. Pen., Sez. VI, 16 giugno 2011, n. 34736,Rv. 250839 è Cass. Pen., 13 marzo 2012, n. 12307,Rv. 252605. In senso difforme, invece,sieraespressaCass.Pen., Sez. VI, 18 novembre 2008, n. 6575, Rv. 243529 in base alla quale “ … nel caso in cui la mancata corresponsione da parte dell’obbligato dell’assegno fissato dal giudice in sede di divorzio per il mantenimento del figlio minore privi costui dei mezzi di sussistenza, tale condotta deve essere inquadrata nel paradigma dell’art. 570, commasecondo,cod.pen.”. (693) Secondo il criterio di consunzione (o fenomeno dell’ “assorbimento”), la norma consumante prevale sulla norma consumatainbasealprincipiolex consumens derogat legi consuptae. È consumante “la normailcuifattocomprendeinsé il fatto previsto dalla norma consumata,echeperciòesaurisce l’intero disvalore del fatto concreto”. Testualmente, MANTOVANI, inDiritto Penale, parte generale, II ed., CEDAM, Padova, 1988, pag. 450.Al lume di tale argomentazione non appare corretto qualificare la disposizione extrcodicistica di cui al testo quale norma “speciale”. (694) In materia di concorso formale di reati, l’art. 81 c.p., al primo comma, stabilisce che: “è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più graveaumentatasinoaltriplochi conunasolaazioneodomissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizionedilegge”. (695) Cf. DEL BEL BELLUZ A., Storia della mediazione, in “FamigliaOggi”,n.11(1997). (696) Cf. A RIELLI E., SCOTTO G.,Iconflitti.Introduzioneauna teoria generale, Bruno Mondatori,Milano1998. (697) Cf. Voce: «MediazioneMediare», in Bertolini P., Dizionario di pedagogia e scienze dell’educazione, Zanichelli,Torino1996. (698) DEMETRIO D., Convergenze e peculiarità pedagogiche. Le professioni educative non scolastiche nelle multiplerealtàdelladomanda, in "Studium Educationis", n.1 (1997). (699) Il Documento è reperibile nella traduzione pubblicata dalla Rivista “Famiglia Oggi”, n.6 (1994),pp.9-14. (700) Cf. MORINEAU J. (a cura d i),Lo spirito della mediazione, FrancoAngeli,Milano1998. (701) Legge 8 febbraio 2006, n.54. (702) GULLOTTA G., SANTI G., Dal conflitto al consenso. Utilizzazione di strategie di mediazione in particolare nei conflitti familiari, Giuffé, Milano 1988,p.41. (703)Perunostudiosistematico, cf. POLÀCEK K.,Conseguenze psicologichedeldivorziosuifigli, interventi per ridurle, in “Orientamenti Pedagogici”, n. 4 (1991) e Schettini B.,Il disagio dei figli di genitori separati: aspetti psicodinamici e psicopedagogici, in "Rassegna di ServizioSociale",n.2(2000). (704)"Oveiltribunaleloritenga utile nell’interesse dei minori, anche in relazione all’età degli stessi, può essere disposto l’affidamento congiunto o alternato" (Legge 1 dicembre 1970,n.898,art.6). (705)“Separazioneconsensuale. – (I). La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l’omologazione del giudice. - (II). Quando l’accordo dei coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli è in contrastoconl’interessediquesti il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell’interessedeifiglieincasodi inidonea soluzione, può rifiutare allostatol’omologazione”. (706) Cf. ZAGREBELSKY G.,Il dirittomite,Einaudi,Torino1992. (707) Sul punto, cf. MAZZEI F., SCHETTINIB.,Principigeneralie istitutivi di etica e deontologia per la professione di mediatore , in “Civitas et Iustitia”, n. 1 (2004),pp.211-226. (708) Anche se per altra fattispecie,nell’otticadellanuova visione del ruolo dei genitori nella vita familiare, ed in particolare del modo in cui essi debbono con eguali diritti e doveri concorrere all’assistenza alla prole... la Corte Costituzionale già nel 1996, con riferimento ad una letteratura psicopedagogia consolidata, riconosceva che «il figlio va tutelato, non solo per ciò che attiene ai bisogni più propriamente fisiologici, ma ancheinriferimentoalleesigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono collegate allo sviluppo della sua personalità... Inquestocontesto,ancheilpadre è idoneo - e quindi tenuto - a prestare assistenza materiale e supporto affettivo al minore... ritenendosi irrazionale che non sia assicurata al bambino la presenzanelprimoannodivita... anche del padre, in sostanza di quello dei genitori che a loro giudizio sia meglio in grado via viadiassisterlo,perun’atmosfera il più possibile di serenità... riconoscendo non solo il diritto dovere di entrambi i genitori ad assistereilfiglio,purseditenera età,masoprattuttoilsuperamento della concezione di una rigida distinzione dei ruoli e che un equilibrato sviluppo della personalità del bambino esige spesso l’assistenza da parte di entrambe le figure genitoriali anche per aspetti di carattere affettivo e relazionale...» (Sentenzan.179del2aprile1993 -RelatoreF.Casavola). (709)Inquestasedesipreferisce parlare di “genitore stabilmente convivente/genitore non stabilmente convivente” in luogo del termine più propriamente tecnico/giuridico di “affidatario» cheperòsicaratterizzaperlasua marcata antipedagogicità. Infatti, il termine, nella cultura giuridica e, per travaso, in quella comune significa «espropriazione» di qualcuno da qualcuno/qualcosa, cheèl’esattocontrariodiciòche invece andrebbe fatto nell’interesse del minore. Stranamente, fino al febbraio 2006, le cautele invocate per l’affido eterofamiliare e per l’adozione, di cui alla vigente normativa, erano del tutto neglette nei casi di affidamento ex art.155 del c.c. Ciò dimostra come vi fosse una prassi giurisprudenziale e quindi un comportamento del tutto diverso fra il giudice della separazione e del divorzio e il giudice del Tribunaleperiminorenni,sottola cui giurisdizione cade l’istituto dell’affido e dell’adozione; del tutto garantista quest’ultimo, stereotipatoilprimo. (710) BERNARD C., SCHAFFLER E . ,L’alibi di papà. Le colpe sommerse del padre assente, in "Psicologia contemporanea", n.121(1994),p.57. (711) BROWN D.,Divorce and familymediation:Historyreview, futuredirections,in“Conciliation andCourtsReview”,n.20(1982), 2,pp.1-44. (712) Cf. BUSSO P.,Lotta e cooperazione. Percorsi per un’evoluzione ecologica del conflitto,ArmandoEditore,Roma 2004. (713) SCAPARRO F.,Etica della mediazione familiare, in Ardone R., Mazzoni S. (a cura di),La mediazione familiare: per una regolazione della conflittualità nella separazione e nel divorzio, Giuffrè,Milano1994,pp.55-58. (714) Cf. SCAPARRO F., Prefazione, in Bernardini I. (a cura di),Genitori ancora. La mediazione familiare nella separazione, Roma, Editori Riuniti,1994. (715) In: A A.VV. ,Médiation familiale, Atti del I Congresso Europeo,Caen20-30novembre/1 dicembre1990.Anche,Infran.5. (716) HEYNES J.M., BUZZI I., Introduzione alla mediazione familiare.Principifondamentalie suaapplicazione,Giuffré,Milano 1996. Anche Schettini B.,Teoria e metodologia della mediazione familiare. Manuale per operatori sociali, Libreria dell’Università Editrice,Pescara1997,p.53. (717) SCHETTINI B.,op.cit., p. 53. (718)Ibidem,52. (719) Dal “Regolamento” dell’Associazione Internazionale Mediatori Sistemici, art.1. Cf. BASSOLI F., M ARIOTTI M., FRISONR.(acuradi),Mediazione sistemica, Edizioni Sapere, Padova1999. (720) Cf. CIGOLI V., GALIMBERTI C., MOMBELLI M., Il legame disperante”; RaffaelloCortina,Milano1988. (721) Cf. SARACENO C. PRADI R. (a cura di),I figli contesi, Unicopli,Milano1992. (722)Cf.A NGELOC.(acuradi), La coppia in crisi, Edizioni ITF, Roma1990. (723) GULLOTTA G., SANTI G., op.cit.,pp.60-61. (724)Ibidem,p.55. (725) Cf. BERARDINI DE PACE A . ,La separazione insieme, in AlagnaL,(acuradi),Sperling& Kuppler,Milano1996. (726) Cf. GULOTTA G., SANTI G., CIGOLI V. (a cura di), Separazione, divorzio e affidamento dei figli. Giuffrè, Milano 1983 ed ancora:Il dover disporre dell’altro e il poter negoziare con l’altro nella coppia genitoriale divorziata, in “Terapia familiare”, n.72 (2003), pp.5-26;Illavorodimediazione: alla ricerca dei fondamenti clinici, in “Mediazione Familiare Sistemica”, n. 5/6 (2007), pp. 116-124. (727) Cf. FISHER R., URY W., PATTON B.,L’arte del negoziato. Perchivuoleottenereilmeglioin una trattativa ed evitare lo scontro,Corbaccio,Milano2005. (728) BERNARDINI I.,Genitori ancora responsabili, in Schettini B. (a cura di),Operatori e mediazione familiare. Contenuti, problemi,esperienzeaconfronto , La Ricerca Psicologica, Napoli 1994,pp.107-110. (729) STARACE G., Considerazioni cliniche in tema di mediazione familiare, in Schettini B. (a cura di),op.cit., p. 45. (730)BERNARDINII,Ibambinie la mediazione familiare , in ArdoneR.,MazzoniS.(acuradi), Lamediazionefamiliare:peruna regolazione della conflittualità nella separazione e nel divorzio, op.cit.,p.251. (731)Ibidem,p.250. (732) SCHETTINI B.,Teoria e metodologia della mediazione familiare,op.cit.,1997,pp.59-60. L’art155-sexiesdelcodicecivile stabilisceche“ilgiudicedispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”. (733) A tal proposito si rinvia alla Raccomandazione n.9 (98) sulla mediazione familiare, adottatadalComitatodeiMinistri il 12 gennaio 1998, nel corso della616^riunionedeiDelegati. (734) QUILICI M., Violenza e superficialità: due comportamenti da abbattere nell’interesse del minore, in SchettiniB.(acuradi),op.cit.,p. 94. (735)IMPRUDENTEA.,Funzione dell’avvocato e proposte di riforma. Ipotesi a confronto, in SchettiniB.(acuradi),ibidem,p. 99. (736)Cf.FinerReport,Reportof the committee on one-parent families, London, HMSO, Cmnd 5629,1974. (737) Cf. PICCARDO C., Empowerment. Strategie di sviluppo organizzativo centrate sulla persona, RaffaelloCortina, Milano1995. (738) Cf. PARKINSON L.,La mediazione familiare. Modelli e strategie operative, Erickson, Trento2003. (739)Cf.Ibidem. (740) Il mediatore si procurerà di ricordare che le disposizioni pattuite prefigurano obblighi da assumere reciprocamente; essi, recepiti in sede giurisdizionale sotto forma di decreto di omologazione, diverranno veri e propri atti giuridici, la cui inottemperanza può costituire reato. (741) BUSELLATO G., in Schettini B. (a cura di),op. cit., pp.19-20. (742) MORINEAU J.,op.cit., pp.15-17.