Numeri e dollari: probabilità e finanza

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Numeri e dollari: probabilità e finanza
ScienzaOrienta
13 Febbraio 2014
Università Tor Vergata-Roma
NUMERI E DOLLARI:
PROBABILITÀ E FINANZA
Lucia Caramellino
Dipartimento di Matematica
Università di Roma - Tor Vergata
[email protected]
http://www.mat.uniroma2.it/~caramell
Obiettivi
In questa conferenza vedremo un problema concreto in finanza: la determinazione del prezzo e della copertura di una opzione e degli aspetti matematici
ad essa collegati.
Si tratta di un problema interessante perché:
• il problema da risolvere ha un interesse pratico rilevante
• la sua risoluzione richiede un trattamento matematico non banale
• affrontandolo, si viene stimolati a studiare problemi che hanno un interesse,
da un punto di vista matematico, in sé
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Premessa
Spesso si crede che la finanza matematica sia la scienza di diventare ricchi prevedendo come si muoverà la borsa o inventandosi astute operazioni
finanziarie.
Sarà chiaro alla fine di questa conferenza che non è cosı̀. Si tratta piuttosto
dello studio e della valutazione dei rischi, e quindi di una matematica “politicamente corretta”. Che se i matematici avessero avuto più ascolto forse la crisi
che stiamo vivendo non ci sarebbe stata...
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1. Le opzioni
La società A deve comperare fra tre mesi una certa materia prima, ad esempio
soia, necessaria al suo processo di produzione. Un eventuale aumento del prezzo
della soia potrebbe creare delle grosse difficoltà finanziarie. La società è quindi
esposta a un rischio.
Per tenere sotto controllo questo genere di rischi sono stati introdotti degli
strumenti finanziari, ad esempio le opzioni: una società finanziaria, B, s’impegna
a fornire la soia necessaria al tempo T =tre mesi e ad un prezzo prefissato K.
La società A è ben contenta di pagare un compenso pur di avere la garanzia
di un prezzo certo. In altre parole è ben contenta di pagare un ammontare
prefissato pur di essere liberata dal rischio che un aumento dei prezzi potrebbe
crearle.
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1. Le opzioni
Quindi, il problema in questione si può vedere come la valutazione di un rischio:
la società A cede il rischio a cui è soggetta alla società finanziaria B.
Quanto vale questo rischio? E più in generale, come si fa a determinare quanto
vale (in termini di soldi) un rischio?
Queste domande sono la base della finanza matematica, una scienza moderna
che coinvolge vari aspetti matematici, quali la probabilità, la statistica, l’analisi
matematica, l’analisi numerica...
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1. Le opzioni
Una opzione d’acquisto (call) è un contratto con cui una compagnia
acquisisce il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare della merce ad
un tempo N e a un prezzo K fissati. Esistono anche delle opzioni
di vendita (put) con le quali si acquisisce il diritto di vendere della
merce ad un prezzo fissato.
Un po’ di terminologia:
• K è detto prezzo di esercizio;
• N è detto tempo di maturità.
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1. Le opzioni
Consideriamo, per fissare le idee, un’opzione call, cioè di acquisto, con prezzo di
esercizio K e maturità N . Indichiamo con SN il prezzo del titolo sottostante (la
soia) a maturità, e osserviamo che oggi non si conosce (cioè, SN è una quantità
aleatoria). Al tempo (futuro) N :
se SN > K: è più vantaggioso acquistare il bene al prezzo K piuttosto che
al prezzo di mercato SN : l’opzione è esercitata, e la società emettitrice B
deve sborsare una somma pari a SN − K;
se SN ≤ K: è più vantaggioso acquistare il bene al prezzo di mercato SN
piuttosto che al prezzo di esercizio K: l’opzione non è esercitata, e la
società B non deve pagare nulla.
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2. I due problemi legati alle opzioni
Dunque, la società che emette l’opzione (società B, nell’esempio) deve poter
disporre al tempo di maturità N di una quantità di denaro pari a
max(SN − K, 0) = (SN − K)+ ,
assumendosi cosı̀ un rischio: il prezzo SN oggi non si conosce! Quindi,
problema 1: prezzo dell’opzione
Qual è il giusto compenso che la società A deve pagare a B per il
diritto che acquisisce?
problema 2: copertura dell’opzione
Quale strategia di mercato deve seguire la società B per avere la
certezza di disporre al tempo N di una quantità di denaro pari a
(SN − K)+ ?
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2. I due problemi legati alle opzioni
Vedremo che la risposta a queste questioni non è proprio ovvia ed è, per certi
versi, sorprendente.
Fino all’inizio degli anni ’70 il problema del calcolo del prezzo delle opzioni sembrava un rompicapo. Infatti, le formule proposte erano chiaramente sbagliate:
davano valori diversi dai prezzi che venivano fissati dal mercato (cioè nella realtà
dei mercati finanziari).
Il problema venne risolto da due matematici, F. Black e M. Scholes, che, nel
1973, ricavarono una formula, che ora porta il loro nome e che invece dava il
prezzo giusto. Vedremo adesso quali sono le idee che sono alla base della formula
di Black e Scholes, e che sono anche alla base di tutto lo sviluppo dei modelli
probabilistici in finanza, un settore della matematica moderna (che parte, cioè
da problemi concreti ma che presuppone lo sviluppo di teorie matematiche
avanzate) e che è in questo momento in grande espansione.
Data l’importanza dell’impatto della loro formula sia nello sviluppo della matematica del settore, sia delle applicazioni, M. Scholes ricevette il premio Nobel (per
l’economia) nel 1997. Purtroppo, Black nel frattempo era morto.
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3. Ipotesi del mercato
Assumeremo che:
1. È possibile prendere e/o dare in prestito denaro ad un tasso r
(costante) in ogni periodo.
2. Non vi sono costi di transazione: le operazioni di prendere/dare in
prestito denaro, cosı̀ come di comprare/vendere il titolo rischioso, non
presuppongono costi aggiuntivi.
Si tratta di ipotesi ideali. Ma è ragionevole cominciare lo studio facendo delle
ipotesi semplificatrici, che poi si cercherà di rimuovere.
Aggiungiamo anche ipotesi ampiamente verificate nella realtà:
3. È permessa la vendita allo scoperto (cioè, vendere qualcosa che all’atto
della vendita in effetti non i possiede...).
4. Sono permesse operazioni riguardanti frazioni di beni, ad esempio è
possibile acquistare 0.63 azioni di una società.
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4. Il titolo “non rischioso”
Supponendo che alla fine di ogni periodo l’interesse sia calcolato sul capitale
fino ad allora maturato (interesse composto), un capitale pari a x al tempo 0 e
investito in questo modo avrà un valore pari a
x1 = x(1 + r) alla fine del primo periodo
x2 = x(1 + r)2 alla fine del secondo periodo
...
xn = x(1 + r)n alla fine dell’n-esimo periodo
Preso x = 1 (prendere o dare in prestito 1 unità di denaro), il processo
Sn0 = (1 + r)n ,
n = 0, 1, . . . , N,
prende il nome di prezzo del titolo non rischioso.
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5. Una risposta errata per il prezzo dell’opzione
Un’idea naturale, per fissare il prezzo dell’opzione, potrebbe essere di porlo
uguale alla media di quanto la società emettitrice dovrà sborsare. Ad esempio,
nell’opzione call, cioè di acquisto, con prezzo di esercizio K e maturità N , la
società che emette l’opzione deve disporre a maturità N di un ammontare pari
a
max(SN − K, 0) = (SN − K)+ .
Quindi, la società emettitrice avrebbe potuto investire al tempo 0, al tasso di
interesse r,
(1 + r)−N (SN − K)+ .
Poiché il prezzo SN non è noto oggi, può sembrare ragionevole stabilire come
prezzo dell’opzione la quantità
−N
+
E (1 + r) (SN − K) ,
che rappresenta il valor medio di (1 + r)−N (SN − K)+ calcolato pesando tutti
i possibili valori (futuri) di SN con le rispettive probabilità con cui questi valori
possono essere assunti, una quantità facile da calcolare. TUTTAVIA. . .
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5. Una risposta errata per il prezzo dell’opzione
. . . QUESTA RISPOSTA NON È CORRETTA: nei mercati finanziari si osservano prezzi che non corrispondono a quelli forniti da questa formula.
Nel seguito, risolveremo correttamente il problema del prezzo e della copertura
nell’ambito del modello di Cox, Ross e Rubinstein. Anticipiamo brevemente
quali saranno i passi e le idee di base che consentiranno di dare delle risposte
concrete:
1. la costruzione del modello probabilistico
2. la nozione di arbitraggio
3. il concetto di replicabilità dell’opzione
Oggigiorno, le grandi società (banche, finanziarie ma anche assicurazioni) non
possono fare a meno dei modelli matematici per fissare i prezzi dei loro prodotti finanziari (portafogli di investimento, polizze assicurative. . . ). La finanza
matematica costituisce quindi uno sbocco lavorativo interessante e propone
posti di lavoro ben remunerati che, soprattutto, richiedono al matematico di
fare un lavoro da matematico. E naturalmente, costituisce una fonte interessante di problemi di ricerca pura sviluppata nei vari istituti di ricerca (università,
enti, CNR, etc.).
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6. Il modello CRR per l’evoluzione del titolo
Immaginiamo il tempo diviso in N periodi (ad esempio, giorni) e supponiamo
che, in ogni periodo, il prezzo del titolo sottostante l’opzione (la soia) possa
diminuire di un fattore 1 + a oppure aumentare di un fattore 1 + b
Se Sn = prezzo al tempo n, 0 ≤ n ≤ N , stiamo quindi dicendo che −1 < a < b e
Sn+1 = Sn · Tn+1
dove
Tn+1 =
1 + a con probabilità p
1 + b con probabilità 1 − p
dove p è un numeretto in (0, 1) e dà, ripetiamo, la probabilità che il titolo salti
in basso in un generico periodo.
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6. Il modello CRR per l’evoluzione del titolo
Graficamente:
...
1 −...p..................•.. Sn · (1 + b)
..
.......
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..........
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Sn •.......................
..
............
..
............
..
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............
..
............ ...
.
............
p
..
•. Sn · (1 + a)
.
.
.|
|.
n
n+1
.............................................................................................................................................................................................................................................................
Il processo (Sn )0≤n≤N prende il nome di prezzo del titolo rischioso e questo
modello per (Sn )0≤n≤N , molto semplice, si chiama il modello di Cox-Ross-Rubinstein (CRR)
Osserviamo che si ha
Sn = S0 · T1 · · · Tn ,
n = 1, 2, . . . , N.
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6. Il modello CRR per l’evoluzione del titolo
La figura che segue mostra l’insieme di tutte le possibili traiettorie del processo
di prezzo (Sn )0≤n≤N , con N = 3. Si noti che esse formano un albero; un cammino percorribile sull’albero rappresenta una possibile traiettoria, come quella
evidenziata in rosa.
S3
. S0 · (1 + b)3
.........•
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S2
................
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•
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................
................
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................
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S1
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..........•. S · (1 + b)2 (1 + a)
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•
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..................
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0
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..................
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S0 ..............................
.
.............•................
•...................
.. .................
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..................
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................
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...........•.................
............•.
..................
. S0 · (1 + b)(1 + a)2
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..................
.
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.........•..........................
................
................
.........•.
S0 · (1 + a)3
n=0
n=1
n=2
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n=3
6. Il modello CRR per l’evoluzione del titolo
Come identificare una traiettoria, o equivalentemente un possibile cammino sull’albero? Un modo potrebbe essere quello di prendere l’insieme delle traiettorie
uguale a
Ω = {ω = (ω1 , . . . , ωN ) : ωi ∈ {1 + a, 1 + b}}.
Un ω fissato in Ω dà il valore dei salti consecutivi (cioè di T1 , . . . , TN ) e in
corrispondenza di un fissato ω ∈ Ω, il processo (Sn )0≤n≤N diviene:
Sn (ω) = S0 · ω1 · ω2 · · · ωn ,
n = 1, . . . , N.
Ad esempio, per la traiettoria in rosa si avrebbe (N = 3)

 S0 · ω1
se n = 1
S0 · ω1 · ω2
se n = 2
ω = (1
+ }b, 1
+ a}, 1
+ }b) e Sn (ω) =
| {z
| {z
| {z
 S · ω · ω · ω se n = 3
=ω1
=ω2
=ω3
0
1
2
3
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7. Il modello per il mercato
Per dare un senso rigoroso alle nostre idee, costruiamo un modello probabilistico
per il mercato finanziario. Il nostro mercato è composto da due titoli:
• il titolo rischioso, di prezzo (Sn )0≤n≤N (la soia dell’esempio), che
si evolve seguendo il modello ad albero di Cox-Ross-Rubinstein, e
• il titolo senza rischio (Sn0 )0≤n≤N , il cui prezzo si rivaluta al tasso
fisso r: Sn0 = (1 + r)n .
Ricordiamo che i primi non si conoscono a priori e dipendono dall’evoluzione del
mercato:
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7. Il modello per il mercato
l’insieme di “tutte le possibilità” del modello CRR è infatti
Ω = {ω = (ω1 , . . . , ωN ) : ωi ∈ {1 + a, 1 + b}} e Sn (ω) = S0 · ω1 · · · ωn , n = 1, . . . , N.
E ricordando che il salto in (1 + a) può avvenire con probabilità p e il salto in
(1 + b) con probabilità 1 − p, e assumendo l’indipendenza tra salti successivi, la
probabilità che si verifichi una fissata traiettoria ω ∈ Ω è
P({ω}) = pk (1 − p)N −k
dove k è il numero di volte che 1 + a compare nella sequenza ω = (ω1 , . . . , ωN ).
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8. L’arbitraggio
L’idea per stabilire il prezzo di un’opzione si basa su una nozione ben nota nei
mercati finanziari, quella di arbitraggio.
Un arbitraggio è un’operazione finanziaria nella quale
• non occorre in alcun momento investire del capitale;
• non si può avere in alcun caso una perdita e si ha, con
probabilità positiva, un guadagno.
Nella realtà, esistono soggetti specializzati a fare guadagni con l’arbitraggio.
Può sembrare un paradosso ma il loro lavoro è di utilità per la stabilità dei
mercati finanziari.
Vediamo un esempio.
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8. L’arbitraggio
Può succedere ad esempio che il cambio euro/yen sia
- a Tokyo: euro/yen=133, cioè 1 euro=133 yen;
- a Milano: euro/yen=132, cioè 1 euro=132 yen.
Un investitore (in euro) può quindi, simultaneamente, vendere x yen a Milano e
comprarne a Tokyo. Può usare gli yen comprati a Tokyo per onorare la vendita
a Milano e gli euro incassati a Milano per pagare l’acquisto a Tokyo. Alla fine
avrà realizzato un guadagno, perché avrà in mano
1
1
1
1 euro > 0,
+x ·
euro
−x ·
euro
=x
−
132
133
132
133
|
|
{z
}
{z
}
guadagno degli yen
debito degli yen
venduti a Milano
comprati a Tokio
senza aver dovuto in alcun momento disporre di un capitale e senza aver corso
nessun rischio. E questo è un esempio di arbitraggio.
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8. L’arbitraggio
In pratica situazioni di arbitraggio nei mercati finanziari si verificano (ed esistono
personaggi che ne approfittano!) ma, naturalmente, solo per tempi brevissimi
perché il mercato se ne accorge subito, riportandosi cosı̀ in una situazione di
equilibrio. Nel caso dell’esempio precedente, ad esempio, si avrebbe immediatamente un aumento della richiesta di yen a Tokyo e dell’offerta di yen a Milano
che riporterebbe i due prezzi in parità.
È dunque ragionevole che
il modello matematico scelto per la descrizione del mercato
non dia luogo a possibilità di arbitraggio.
Perché ciò accada, occorre dapprima descrivere (=definire) matematicamente
il concetto di arbitraggio. Cominciamo dunque con la definizione di “strategie
di gestione”.
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9. Strategie di gestione
Supponiamo che un investitore costituisca un portafoglio investendo nei due
titoli che abbiamo considerato. Indichiamo con
• φn = quantità di titolo rischioso nel portafoglio al tempo n;
• φ0n = quantità di titolo non rischioso nel portafoglio al tempo n.
Il suo capitale al tempo n è quindi
Vn (φ) = φ0n Sn0 + φn Sn
Al tempo n l’investitore può spostare delle quote di capitale da un titolo all’altro e quindi modificare le quantità φ0n+1 , φn+1 . Egli però dispone solo delle
informazioni relative ai prezzi fino al tempo n. Dunque φ0n+1 , φn+1 dovranno
dipendere solo dai valori di questi prezzi, cioè da S1 , . . . , Sn , e non da Sn+1 .
Le famiglie (φ0n )0≤n≤N e (φn )0≤n≤N costituiscono una strategia di gestione.
Entriamo un po’ più nel dettaglio delle principali proprietà.
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9. Strategie di gestione
Alla fine del giorno n, occorre quindi stabilire le quote φn+1 e φ0n+1 da investire
rispettivamente nel titolo rischioso e non. A fine giornata, il valore dei due titoli
rimane Sn e Sn0 rispettivamente. Quindi, il capitale detenuto
• prima del cambio di quote è φ0n Sn0 + φn Sn ;
• dopo il cambio di quote è φ0n+1 Sn0 + φn+1 Sn .
Se l’investitore si limita a spostare le quote da un titolo all’altro, dovrà risultare
φ0n Sn0 + φn Sn = φ0n+1 Sn0 + φn+1 Sn
In altre parole, le modifiche sulle quote vengono fatte senza aggiunta o ritiro di
capitale. Una tale strategia prende il nome di strategia autofinanziante.
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9. Strategie di gestione
In modo equivalente, le strategie autofinanzianti si possono definire come quelle
che soddisfano la seguente uguaglianza:
0
Vn+1 (φ) − Vn (φ) = φ0n+1 (Sn+1
− Sn0 ) + φn+1 (Sn+1 − Sn ).
È utile precisare che le quantità φ0n , φn possono prendere dei valori negativi
(un prestito, una vendita allo scoperto,. . . ) ma le strategie che è ragionevole
prendere in considerazione sono quelle per le quali il valore globale del portafoglio
non diviene mai negativo (in modo tale che l’investitore sia sempre solvibile).
D’ora in poi, le strategie di gestione φ che considereremo saranno sempre
autofinanzianti e tali che Vn (φ) ≥ 0 per ogni n = 0, 1, . . . , N .
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9. Strategie di gestione
Possiamo ora formalizzare matematicamente il concetto di arbitraggio, che,
ricordiamo, è un’operazione finanziaria nella quale
- non occorre in alcun momento investire del capitale;
- non si può avere in alcun caso una perdita e si ha, con probabilità positiva,
un guadagno.
Allora:
diremo che una strategia di gestione φ è d’arbitraggio se
V0 (φ) = 0 Vn (φ) ≥ 0 per ogni n = 1, 2, . . . , N
e VN (φ) > 0 con probabilità > 0.
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10. L’assenza di arbitraggio
Torniamo al modello CRR: per n = 1, 2, . . . , N , Sn0 = (1 + r)n e Sn = S0 · T1 · · · Tn ,
dove T1 , . . . , TN sono indipendenti e
P(Tn = 1 + a) = p = 1 − P(Tn = 1 + b),
per ogni n.
Possiamo dire che in questo mercato c’è assenza di arbitraggio? Cioè, che non
è possibile costruire strategie di arbitraggio?
Si può dimostrare (ed è un teorema abbastanza importante) che
Teorema 1. Il modello CRR è privo di arbitraggio se e solo se
a<r<b
Vediamo intuitivamente perché. Supponiamo, per semplicità, N = 1 e supponiamo che la condizione del Teorema 1 non sia vera.
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10. L’assenza di arbitraggio
1. Supponiamo r ≤ a < b.
Consideriamo la seguente strategia:
• tempo=0: si prende in prestito quanto serve per comprare una unità di titolo
rischioso (cioè S0 )
• tempo=1: si restituicono i soldi presi in prestito e si vende l’unità di sottostante
Bilancio dell’operazione: V = −S0 · (1 + r) + S1 e
con probabilità 1 − p > 0,
V = −S0 · (1 + r) + S0 · (1 + b) > 0
⇒ possibile guadagno senza dover investire alcun capitale: arbitraggio!!!
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10. L’assenza di arbitraggio
2. Supponiamo a < b ≤ r.
Consideriamo la seguente strategia:
• tempo=0: si vende (allo scoperto) una unità di titolo rischioso (con consegna
al tempo 1) e se ne investe il ricavato nel titolo non rischioso
• tempo=1: si ritira il capitale maturato e si compra una unità di sottostante
Bilancio dell’operazione: = +S0 · (1 + r) − S1 e
con probabilità p > 0,
V = S0 · (1 + r) − S0 · (1 + a) > 0
⇒ possibile guadagno senza dover investire alcun capitale: arbitraggio!!!
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10. L’assenza di arbitraggio
Se il Teorema 1 è verificato, cioè a < r < b allora
b−r
è tale che 0 < p∗ < 1.
b−a
Questo numeretto p∗ ha una proprietà importante: se supponiamo che in un
dato periodo il prezzo del bene rischioso possa variare del fattore 1 + a con
probabilità p∗ e del fattore 1 + b con probabilità 1 − p∗ , allora un capitale pari a
x investito nel titolo rischioso renderebbe in media, dopo un periodo,
∗
∗
x (1 + a) p + (1 + b) (1 − p ) = x(1 + r)
p∗ =
cioè esattamente lo stesso rendimento dell’analogo investimento nel bene senza
rischio. Quindi, se consideriamo il modello CRR con p∗ al posto di p, investire
nel titolo rischioso e nel titolo senza rischio portano allo stesso guadagno, in
media. Per questa ragione, la nuova probabilità P∗ , che deriva dalla scelta p = p∗ ,
è detta probabilità di rischio neutro. Ovviamente, si tratta di una probabilità
“artificiosa”: non ha niente a che vedere con il comportamento del titolo nella
realtà del mercato! Ciò nonostante, giocherà nel seguito un ruolo cruciale.
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11. Opzioni replicabili
Definiamo, in generale, una opzione di maturità N come una funzione h dei
prezzi Sn , n ≤ N . Gli esempi di opzioni call e put rientrano come casi particolari
in questa definizione. Ad esempio, per una opzione call sarà h = (SN − K)+ .
Dunque, la quantità aleatoria h modellizza la perdita in cui può incorrere colui
che cede l’opzione.
Si dice che un’opzione h a maturità N è replicabile se esiste una strategia φ tale
che VN (φ) = h.
Dal punto di vista della società emettitrice B, si ha:
se l’opzione è replicabile allora B può costruire una strategia che giorno per
giorno fa comprare/vendere i due titoli (rischioso e non) in modo tale da
consentire di ottenere esattamente la perdita h cui B può andare incontro
all’istante finale di maturità N .
Quindi, se un’opzione è replicabile allora la socità emettitrice ne può “gestire”
il rischio.
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12. Il giusto prezzo di un’opzione
Se l’opzione h è replicabile allora esiste una strategia di gestione φ che consente
di ottenere a maturità esattamente la perdita cui può andare incontro colui che
cede il diritto d’opzione.
Ma allora,
• φ è la giusta strategia di gestione che il venditore deve seguire per
onorare il contratto;
• il valore iniziale del portafoglio V0 (φ) è il giusto prezzo dell’opzione.
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12. Il giusto prezzo di un’opzione
Quali opzioni sono replicabili? Si può dimostrare (difficile!) che
Teorema 2. Se a < r < b, nel mercato descritto dal modello CRR tutte
le opzioni sono replicabili. Inoltre, per ogni opzione h con strategia
replicabile φ, si ha:
E∗ ((1 + r)−n Vn (φ)) non dipende da n, e in particolare
E∗ ((1 + r)−n Vn (φ)) = V0 (φ),
per ogni n = 1, 2, . . . , N,
dove E∗ denota il valor medio sotto la probabilità di rischio neutro P∗ .
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12. Il giusto prezzo di un’opzione
Quindi, nell’ipotesi a < r < b, il modello CRR è privo di arbitraggio e completo.
In tal caso, la società che emette l’opzione h può costruire una strategia (φ0n , φn )
che replica l’opzione (mercato completo), cioè tale che VN (φ) = h [ricordiamo
0 +φ S
che VN (φ) = φ0N SN
N N è il valore del portafoglio al tempo N ]. Dunque il
valore finale del portafoglio è esattamente uguale a quanto potrebbe rimetterci
finanziariamente.
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12. Il giusto prezzo di un’opzione
Ma allora, il giusto prezzo dell’opzione dev’essere il valore assunto all’istante
0 da questo portafoglio, cioè l’ammontare di denaro iniziale che è necessario
possedere per costruire il portafoglio replicante. Dal Teorema 2, segue che
∗
−N
∗
−N
V0 (φ) = E (1 + r) VN (φ) = E (1 + r) h ,
quindi
−N
prezzo dell’opzione = E (1 + r) h .
∗
Ripetiamo: il motivo che consente di considerare questo come il prezzo giusto
dell’opzione è che effettivamente esso corrisponde alla somma necessaria alla
società emittente per fare fronte all’impegno preso senza correre alcun rischio.
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12. Il giusto prezzo di un’opzione
Nel caso di un’opzione call, ricordiamo che h = (SN − K)+ , quindi
∗
−N
+
prezzo di un’opzione call = E (1 + r) (SN − K) .
Vediamo quindi qual era l’errore della formula intuitiva di poco fa, quando
suggerivamo come prezzo dell’opzione la quantità
−N
+
E (1 + r) (SN − K) .
Infatti,
il giusto prezzo si trova facendo la media rispetto ad una
nuova probabilità, che si comporta “come se, in ogni periodo,
i prezzi crescessero in media come il titolo non rischioso”, cioè
come 1 + r.
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13. Le formule
Abbiamo visto che il prezzo di un’opzione call è
∗
−N
+
∗
−N
+
C0 = V0 (φ) = E (1 + r) (SN − K)
= E (1 + r) (x T1 · · · TN − K)
quando ad x si sostituisca il valore iniziale del titolo, cioè S0 .
Se invece siamo interessati al prezzo in un generico istante n che non sia necessariamente quello iniziale, è facile vedere che occorrerà lavorare con i tempi
n, n + 1, . . . , N piuttosto che con 0, 1, . . . , N . Otteniamo cosı̀ facilmente che
∗
−(N −n)
+
Cn = Vn (φ) = E (1 + r)
(x Tn+1 . . . TN − K)
in cui x = Sn .
Il calcolo di questo valor medio è elementare. Inoltre, anche la strategia che
replica l’opzione si può calcolare facilmente. Si possono infatti ottenere le
seguenti (semplici!) formule:
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13. Le formule
• per il prezzo:
Cn = cn (Sn )
N
−n
X
−(N −n)
cn (x) = (1+r)
j
x(1+a) (1+b)
dove
N −n−j
j=0
−K
+
N − n ∗j
p (1−p∗ )N −n−j .
j
• per la copertura:
cn (x(1 + b)) − cn (x(1 + a))
dove ∆n (x) =
x(b − a)
0
−n
e di seguito φn = (1 + r)
cn (Sn ) − ∆n (Sn−1 ) · Sn ≡ ∆0n (Sn−1 )
φn = ∆n (Sn−1 )
Da notare che:
(a) queste formule non dipendono in nessun modo dalla legge di (Sn )n ;
(b) fissato n, ∆n (x) somiglia molto ad una specie di derivata di cn (x).
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14. Tutto a posto?
Queste formule sembrano molto soddisfacenti, e in realtà lo sono. Occorre però
fare un po’ di critica.
• Nel modello che abbiamo costruito le cose non vanno proprio come nella
realtà. Ad esempio nella realtà le transazioni costano. Abbiamo invece supposto
che fosse possibile spostare capitali dall’attivo di base a quello senza rischio
senza spese. Si tratta naturalmente di una questione importante in pratica.
È un’ipotesi, questa, che si può eliminare, ma al prezzo di un trattamento
matematico molto più elaborato.
• Il modello CRR funziona bene, ma non dà conto di alcune caratteristiche
tipiche dei mercati. Ad esempio è esperienza comune che i prezzi di mercato
sono soggetti ad un comportamento più disordinato che non quello del modello
CRR, con oscillazioni che sono in certi periodi più intense che in altri. Per
questo motivo, ancora adesso si studiano modelli più complicati che descrivano
bene questi comportamenti. Se vi interessa. . . c’è lavoro anche per voi!
- 38 -
14. Tutto a posto?
• In ogni caso, per poter applicare concretamente le formule che abbiamo trovato bisogna stabilire i valori di a e b, oltre che al valore di N (il numero di periodi
nei quali si suddivide il tempo). Come fare? La risposta tra poco...
• Rispetto alla probabilità di rischio neutro il prezzo del bene rischioso tende
a crescere in media esattamente come quello del bene non rischioso (quello a
tasso fisso). Quindi il prezzo dell’opzione non dipende dal fatto che il titolo
di base tenda o non tenda a crescere. Ma allora, da cosa dipende il prezzo
dell’opzione? Quali caratteristiche di un titolo danno luogo a dei prezzi elevati
per le opzioni corrispondenti?
- 39 -
15. Passaggio al limite: verso il tempo continuo
Proviamo a vedere cosa succede quando facciamo tendere il numero di periodi,
N , all’infinito e, corrispondentemente, riduciamo i valori di a, b ed r. Ciò
significa che stiamo supponendo di suddividere l’intervallo di interesse [0, T ], in
tanti sotto-intervalli sempre più piccoli come in figura:
∆t=T /N
0
t0
z }| {
t1
t2
tn
tn+1
T
tN
Poniamo anche
√
√
RT
−σ T /N
+σ T /N
r=
, 1 + a = (1 + r)e
e 1 + b = (1 + r)e
,
N
dove σ > 0 è un parametro detto volatilità. Il suo significato è abbastanza
chiaro: tanto più è grande σ, tanto più i due numeri 1 + a e 1 + b saranno diversi
e quindi tanto più si osserveranno oscillazioni nell’andamento dei prezzi.
Osserviamo che si ha sempre a < r < b: il mercato è quindi privo di arbitraggio
e completo.
- 40 -
15. Passaggio al limite: verso il tempo continuo
La figura mostra 10 simulazioni del prezzo (Sn )0≤n≤N di una unità di titolo
rischioso sotto la probabilità di rischio neutro (in rosso, (Sn0 )0≤n≤N ).
tempo = T
tempo = 0
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... ...... ............ ..............................
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. ..
S0
Dato iniziale S0 = 1; volatilità al 25% [σ = 0.25]; tasso “istantaneo” al 5%
[R = 0.05]; tempo finale T = 1 e numero di monitoraggi N = 365.
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15. Passaggio al limite: verso il tempo continuo
Qual è il comportamento del prezzo SN , quando N → ∞?
Uno studente del secondo anno del corso di Laurea in Matematica è capace di far
vedere che per N → ∞ la probabilità P∗ (log(SN /S0 ) > x) = P∗ (log(T1 · · · TN ) > x)
converge al numero
Z +∞
σ2
)T
x
−
(R
−
1
2
√
√ 2
e−t /2 dt, in cui si ponga ξ =
.
2π
σ
T
ξ
L’integrale non è altro che l’area tratteggiata nella figura che segue
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..........
..............................
ξ
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15. Passaggio al limite: verso il tempo continuo
Si può anche passare al limite nella formula che dà il prezzo dell’opzione. Si
ottiene infatti il seguente
Teorema 3. La quantità
C0N
−N
+
= E (1 + r) (SN − K)
∗
trovata per il prezzo dell’opzione converge, per N → ∞, a
C0BS = S0 Φ(d1 ) − Ke−RT Φ(d2 )
(BS)
dove:
• S0 è il prezzo iniziale del bene rischioso;
√
1 S0
σ2 log
• d1 = √
+ (R +
)T e d2 = d1 − σ T ;
2
σ T
Z zK
1 2
1
• Φ(z) = √
e− 2 t dt.
2π −∞
(BS) è la (famosa!) formula di Black-Scholes per il prezzo di un’opzione call.
- 43 -
15. Passaggio al limite: verso il tempo continuo
Osserviamo che la formula di Black e Scholes per il prezzo C0BS dell’opzione call
dipende da tutti i parametri presenti sul mercato (dato iniziale S0 e volatilità σ
del titolo rischioso, tasso d’interesse r) e dai parametri del contratto d’opzione
(prezzo d’esercizio K e maturità T ). In particolare, è facile vedere che
dC0BS
>0
dσ
per ogni
σ > 0,
quindi C0BS è una funzione crescente di σ. Ciò significa che il prezzo dell’opzione
aumenta [risp. diminuisce] all’aumentare [risp. al diminuire] della volatilità σ:
ecco qual è il parametro che fa smuovere il prezzo dell’opzione! Ricordando che
σ è legata all’ampiezza dei salti, possiamo concludere dicendo che se un titolo è
molto volatile (=alte oscillazioni dei prezzi) allora l’opzione ad essa associata è
costosa; i costi invece diminuiscono per titoli poco volatili (=basse oscillazioni
dei prezzi). In sostanza, l’opzione costa tanto, o poco, se il rischio associato al
titolo è tanto, o poco: esattamente come vorrebbe l’intuizione!
- 44 -
Conclusioni
Abbiamo affrontato un problema concreto in finanza (calcolo del prezzo e della
copertura delle opzioni) con tecniche puramente matematiche. Infatti, abbiamo
dapprima svolto alcuni passaggi obbligati in matematica applicata , fissando le
ipotesi di mercato (alcune delle quali si possono eliminare con strumenti più
avanzati) e traducendo in termini matematici
- l’evoluzione dei prezzi: costruzione del modello probabilistico;
- un fenomeno basilare nei mercati finanziari: l’assenza di arbitraggio;
- la corretta gestione del rischio: replicabilità dell’opzione.
Utilizzando poi gli strumenti della probabilità , si entra nel contesto delle dimostrazioni teoriche vere e proprie: si studiano le condizioni che rendono il
modello idoneo a descrivere un mercato privo di arbitraggio e completo.
Sotto queste ipotesi, abbiamo potuto dare una soluzione esauriente e “corretta”,
semplicemente perché produce formule che danno prezzi corrispondenti a quelli
che si osservano nella realtà dei mercati finanziari.
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