- Social Cohesion Days

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INCLUSIONE SOCIALE
Il 28,4% della popolazione e a rischio di poverta o esclusione sociale. Lo stabilisca l’indagine “Reddito e condizioni di
vita” (EU SILC), condotta dall’Istat nel 2013.
Nel 2013, il 19,1% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di poverta (vive cioe in famiglie che nel 2012 avevano
un reddito familiare equivalente inferiore al 60% del reddito mediano, vedi Glossario), il 12,4% si trova in condizioni di
grave deprivazione materiale (mostra, cioe, almeno quattro segnali di deprivazione su un elenco di nove, vedi Glossario)
L’indicatore sintetico di rischio di poverta o esclusione sociale, che include tutti coloro che si trovano in almeno una delle
suddette condizioni, e pari al 28,4%.
Rispetto al 2012, l’indicatore sintetico mostra una diminuzione di 1,5 punti percentuali, a seguito della riduzione osservata
nella grave deprivazione materiale (dal 14,5% al 12,4%); stabile al 19,1% il rischio di poverta, in leggero aumento la quota
di persone che vivono in famiglie a bassa intensita di lavoro (dal 10,3% all’11%).
Famiglie del Mezzogiorno. I valori piu elevati di rischio di poverta o esclusione sociale si registrano tra i residenti del
Mezzogiorno (46,2%), tra i componenti delle famiglie numerose (39,8%), con tre o piu figli (43,7%), soprattutto se minori
(45,4%) o con un solo percettore di reddito (46,1%).
Confronto con l'Europa. Per l’anno 2013, il dato europeo e ancora provvisorio e mostra una sostanziale stabilita,
passando da 24,8% a 24,5%. Il valore italiano e inferiore a quelli di Bulgaria (48%), Romania (40,4%), Lettonia (35,1%),
Lituania (30,8%) che, come l’Italia, mostrano leggeri segnali di miglioramento rispetto all’anno precedente a seguito della
diminuzione della quota di popolazione in grave deprivazione, e Ungheria (33,5%), che invece registra un ulteriore
peggioramento.
Indicatore di grave deprivazione. Nel 2013, l’indicatore di grave deprivazione passa dal 14,5% al 12,4%; si riduce la
quota di individui in famiglie che dichiarano di:
– non potersi permettere un pasto adeguato (cioe con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano) ogni
due giorni, se lo volessero (da 16,8% al 14,2%);
– non riuscire a sostenere spese impreviste pari a 800 euro (da 42,5% al 40,3%);
– non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione (da 21,2% al 19,1%).
Sostanzialmente stabili la quota di individui in famiglie che dichiarano di non potersi permettere una settimana di ferie
all’anno lontano da casa (dal 50,8% al 51,0%) e gli indicatori relativi agli arretrati per il mutuo, l’af fitto, le bollette o altri
debiti (dal 13,6% al 14,3)2.
La diminuzione osservata non intacca tuttavia la componente permanente della grave deprivazione: la quota delle persone
gravemente deprivate che lo erano anche nell’anno precedente e del tutto analoga a quella osservata per il 2012 (6,7%); si
riduce invece la quota di coloro che entrano nella grave deprivazione, non trovandosi in tale condizione nell’anno
precedente (5,7% contro l’8% del 2012) mentre cresce quella di chi ne esce (7,6% contro 5%).
Povertà in Italia. Per l'Istat, nel 2013, in Italia gli individui in condizione di povertà relativa sono 10 milioni e 48 mila, il
16.6% della popolazione. Il numero dei residenti in Italia in condizione di povertà assoluta ammonta a 6 milioni e 20 mila,
pari al 9.9% della popolazione.
2013
2012
2008
Individui in povertà
relativa
10.4 milioni
9.5 milioni
8.07 miloni
Tasso individui povertà Individui in povertà
relativa
assoluta
16.6%
6.02 milioni
15.8%
4.8 milioni
13.6%
2.8 milioni
Tasso individui povertà
assoluta
9.9%
8.0%
4.9%
Individui in stato di Povertà relativa per territorio, tra parentesi il dato percentuale
2008
2012
Nord
1.59 milioni (5.9%)
2.1 milioni (7.8%)
Centro
945mila (8.1%)
1.1 milioni (9.4%)
Sud
5.5 milioni (26.7%)
6.2 milioni (30.2%)
2013
2.3 milioni (8.5%)
1.2 milioni (10.3%)
6.4 milioni (31.1%)
Individui in stato di Povertà assoluta per territorio, tra parentesi il dato percentuale
2008
2012
Nord
848mila (3.2%)
1.7 milioni (6.4%)
Centro
359mila (3.1%)
684mila (5.7%)
Sud
1.68 milioni (8.1%)
2.3 milioni (11.3%)
2013
2.03 milioni (7.3%)
910mila (7.6 %)
3.07 milioni (14.8%)
Famiglie in povertà relativa e assoluta. Nel 2013, secondo l'Istat, si trovano in condizione di povertà relativa 3.2 milioni
famiglie residenti nel territorio italiano, pari al 12.6 % del totale. Si registra un peggioramento rispetto al 2008 anno in cui
le famiglie in condizione di povertà relativa erano 2.7 milioni. Le famiglie in povertà assoluta sono 2 milioni pari al 7.9%
della popolazione residente.
2013
2012
2008
Famiglie in povertà
relativa
3.2 milioni
3.2 milioni
2.7 milioni
Tasso povertà relativa
famiglie
12.6%
12.7%
11.3%
Famiglie in povertà
assoluta
2.0 milioni
1.7 milioni
1.1 milioni
Tasso povertà assoluta
famiglie
7.9%
6.8%
4.6%
Famiglie in povertà relativa per territorio, tra parentesi il dato percentuale (Fonte: Dati Istat)
2008
2012
2013
Nord
572mila (4.9%)
760mila (6.2%)
733mila (6%)
Centro
317mila (6.7%)
358mila (7.1%)
393mila (7.5%)
Sud
1.8 milioni (23.8%)
2.1 milioni (26.2%)
2.1 milioni (26%)
Famiglie in povertà assoluta per territorio, tra parentesi il dato percentuale (Fonte: Dati Istat)
2008
2012
2013
Nord
378mila (3.02%)
677mila (5.5%)
699mila (7.9%)
Centro
139mila (2.9%)
256mila (5.1%)
315mila (5.7%)
Sud
610mila (7.8%)
792mila (9.8%)
1 milione (12.6%)
Occupazione. Secondo i dati Istat, in Italia nel 2014 il totale dei cittadini occupati sono 22.2 milioni pari al 55.7% della
popolazione totale. Sono quasi tre punti percentuali in meno rispetto ai dati del 2008, anno che ha registrato un tasso
d'occupazione pari al 58.6% per un numero di occupati pari a 23.090 milioni.
Occupati (15 anni e più) (Fonte: Dati Istat)
2008
Totale
23.09 milioni
Maschi
13.8 milioni
Femmine
9.2 milioni
2012
22.5 milioni
13.1 milioni
9.3 milioni
2014
22.2 milioni
12.9 milioni
9.3 milioni
Occupati per terriotorio (15 anni e più) (Fonte: Dati Istat)
2008
2012
Nord
11.8 milioni
11.6 milioni
Centro
4.7 milioni
4.7 milioni
Sud
6.4 milioni
6.1 milioni
2014
11.6 milioni
4.8 milioni
5.8 milioni
Tasso d'occupazione (Fonte: Dati Istat)
2008
Totale
58.6%
Maschi
70.1%
Femmine
47.2%
2012
56.6%
66.3%
47.1%
2014
55.7%
64.7%
46.8%
Tasso d'occupazione per territorio (Fonte: Dati Istat)
2008
Nord
66.6%
Centro
62.2%
Sud
46.5%
2012
64.9%
61.0%
43.7%
2014
64.3%
60.9%
41.8%
Abbandono scolastico. In Italia nel 2013 la quota dei 18-24enni che ha interrotto precocemente gli studi è pari al 17,0 per
cento, il 20,2 tra gli uomini e il 13,7 tra le donne. Nel 2013 il valore medio dell'indicatore nell'Ue28 si attesta al 12 per
cento.
Tra i paesi che presentano incidenze inferiori al 10 per cento, i più virtuosi sono Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia e
Croazia. Mentre la posizione peggiore è occupata dalla Spagna, con un tasso di abbandoni scolastici precoci del 23,6 per
cento. Nella graduatoria dei ventotto paesi Ue, l'Italia si colloca nella quinta peggiore posizione, subito dopo la Romania
(17,3 per cento).
Nel 2013 il fenomeno degli early leavers from education and training coinvolge ancora il 21,4 per cento dei giovani
meridionali e il 14,1 per cento dei coetanei del Centro-Nord. L'incidenza maggiore si segnala in Sicilia e in Sardegna, dove
circa un giovane su quattro non porta a termine un percorso scolastico/formativo dopo la licenza media. Valori
decisamente elevati si osservano anche in Campania (22,2 per cento) e Puglia (19,9 per cento).
La spesa per la protezione sociale. Articolata nelle tre aree di intervento della previdenza, della sanità e dell’assistenza,
rappresenta una parte importante del sistema di welfare adottato dai paesi europei al fine di garantire servizi e diritti
considerati essenziali, rispettando vincoli di bilancio spesso stringenti. Nel 2013 in Italia la spesa per la protezione sociale
supera il 30% del Pil e il suo ammontare per abitante è pari a circa 8mila euro l’anno.
Nel 2012, l'Italia, con 7.972 euro annui pro capite, si colloca al dodicesimo posto tra i 28 paesi europei rimanendo al di
sopra della media Ue28 (7.558 euro).
Nel 2013, la spesa per prestazioni sociali (che rappresenta circa il 96% della spesa complessiva per protezione sociale) è
dedicata per oltre la metà alla funzione “vecchiaia” (50,4%), mentre la parte rimanente si distribuisce tra “malattia/salute”
(23,6%), “superstiti” (9,3%), “disoccupazione” (6,3%), “invalidità” (5,5%), “famiglia” (4,2%) e “altra esclusione sociale”
(0,7%).
Percentuale spesa prestazioni sociali. (Fonte: Dati Istat 2013)
Vecchiaia Malattia/Salute
Superstiti Disoccupazione Invalidità
50.4%
23.6%
9.3%
6.3%
5.5%
Famiglia
4.2%
Altra esclusione sociale
0.7%
Spesa per interventi e servizi sociali offerti dai comuni. In valore assoluto la spesa sociale gestita a livello locale nel
2011 ammonta a 7,0 miliardi di euro. Nel confronto con l’anno precedente la spesa sociale dei comuni è diminuita dell’1,4
per cento, evidenziando un cambiamento di tendenza, già in parte avviato nel 2010, rispetto alla precedente dinamica di
crescita: infatti, mentre nel periodo compreso fra il 2003 e il 2009 si è osservato un incremento medio annuo del 6 per
cento, nel 2010 l’aumentato è stato dello 0,7 per cento. Il valore medio per abitante delle risorse impiegate nel welfare
territoriale è pari a 115,7 euro all’anno e mostra un decremento di 2,1 punti percentuali rispetto al 2010. Fra i destinatari
dell'assistenza vi sono al primo posto le famiglie con figli, cui è destinato il 40,1 per cento della spesa complessiva;
seguono i disabili con il 23,2 per cento e gli anziani con il 19,8 per cento della spesa. Le politiche di contrasto alla povertà
e all'esclusione sociale assorbono il 7,9 per cento della spesa sociale dei comuni, mentre il 5,8 per cento è relativo ad
attività generali o rivolte alla "multiutenza". Le quote residue riguardano le aree di utenza "immigrati e nomadi" (2,7 per
cento) e "dipendenze" (0,6 per cento).
Prestazioni e contributi sociali degli enti di previdenza. La spesa per prestazioni sociali erogate in Italia dagli enti di
previdenza nel 2012 è pari a 305.576 milioni di euro, il 19,5 per cento del Pil e corrisponde a un importo pro capite di
5.132 euro. All’opposto, le entrate attraverso i contributi sociali ammontano a 226.458 milioni di euro (3.803 euro per
abitante, il 14,5 per cento del Pil) e coprono il 74,1 per cento della spesa. Gli enti di base rappresentano il 99,3 per cento
delle prestazioni sociali ed il 99,2 per cento dei contributi sociali.
Asili nido. Nel 2012 il 56,2 per cento dei comuni italiani ha attivato almeno un servizio tra asili nido, micronidi o altri
servizi integrativi/innovativi per l’infanzia. La disparità fra le regioni nella diffusione di servizi per l’infanzia è
particolarmente ampia, con valori dell’indicatore che variano dall’8,8 per cento in Calabria al 100,0 per cento in FriuliVenezia Giulia.
Nel 2012 la percentuale dei bambini di 0-2 anni che utilizzano servizi pubblici per l’infanzia è pari al 13,5 per cento. La
distribuzione sul territorio nazionale è molto disomogenea, con ampi divari tra il Nord-est (19,1 per cento) e il
Mezzogiorno (5,0 per cento). A livello regionale, si passa dal 2,1 per cento della Calabria al 27,3 per cento dell’EmiliaRomagna.
Speranza di vita. La speranza di vita fornisce una misura dello stato sociale, ambientale e sanitario in cui vive una
popolazione. Essa è inversamente correlata con il livello di mortalità di una popolazione, perciò, oltre a rappresentare un
indice demogra fico, è utile anche per valutare lo stato di sviluppo di un paese. Secondo i dati del 2013, la vita media degli
italiani è di 84,6 anni per le donne e di 79,8 anni per gli uomini. L’incremento dal 2003 al 2013 è di 2,6 anni per gli uomini
e di 1,8 anni per le donne.
L'Italia nel 2012 (ultimo anno disponibile per tutti i paesi dell'Ue28) presenta una delle più alte speranze di vita alla nascita
maschile (79,8 anni), preceduta solo dalla Svezia (79,9 anni). Per le donne l'Italia è al terzo posto nella graduatoria (84,8
anni) preceduta dalla Francia (85,4 anni) e dalla Spagna (85,5 anni), che detiene la più alta speranza di vita alla nascita
femminile. I paesi con la vita media più bassa sono tutti collocati nell'est Europa, sia per quanto riguarda il dato maschile
che quello femminile. Unica eccezione l'Estonia che, presentando uno scostamento di genere elevato, ha una bassa
speranza di vita maschile (71,4 anni), ma una alta femminile (81,5 anni).
In base ai dati del 2013, a livello di ripartizione territoriale, le aree dove si vive più a lungo sono le regioni del CentroNord sia per gli uomini che per le donne, mentre per il Mezzogiorno i valori si confermano al di sotto della media
nazionale. Il primato regionale tra gli uomini compete al Trentino-Alto Adige (80,8 anni)
Livello di soddisfazione per la propria situazione economica. Nel 2014 le persone di 14 anni e oltre che si dichiarano
per niente o poco soddisfatte della propria situazione economica sono il 54,6 per cento; dal 2011 la quota degli
insoddisfatti rappresenta la maggioranza della popolazione degli ultra 14enni. Va notato, comunque, che tale quota è
diminuita rispetto al 2013, sia per quanto riguarda i per niente soddisfatti (dal 18,7 per cento del 2013 al 16,6 per cento del
2014) sia per quanto riguarda i poco soddisfatti (dal 39,3 per cento al 38,0 per cento).
Indicatore sintetico di deprivazione. L’indicatore sintetico di deprivazione rappresenta una misura importante
nell’ambito dell’analisi dell’esclusione sociale. A partire da una pluralità di indicatori semplici, riferiti a diverse
dimensioni del disagio economico, l’indicatore sintetico fornisce un’utile indicazione sulla diffusione di alcune dif ficoltà
del vivere quotidiano e rappresenta un complemento all’analisi condotta in termini di povertà monetaria. Come altre
dimensioni del disagio, anche la deprivazione mostra una forte associazione con il territorio, la struttura familiare, il livello
di istruzione e la partecipazione al mercato del lavoro. Il valore dell’indicatore è marcatamente più elevato tra le famiglie
con cinque componenti o più (34,1 per cento), residenti nel Mezzogiorno (40,8 per cento), con tre o più minori (35,8 per
cento), tra le famiglie che vivono in af fitto (41,7 per cento).
Nel 2013 il 23,4 per cento delle famiglie residenti in Italia presenta almeno tre delle dif ficoltà considerate (il 12,4 per cento
nel caso di quattro o più) con differenze marcate tra i diversi indicatori: il 2,6 per cento delle famiglie residenti dichiara di
non potersi permettere l'acquisto di una lavatrice, un televisore a colori, un telefono o un'automobile, mentre sono il 50,4
per cento quelle che non possono permettersi una settimana di vacanza lontani da casa. Circa il 19 per cento delle famiglie
dichiara di non riuscire a riscaldare adeguatamente l'abitazione e il 14,5 per cento di non potersi permettere un pasto
adeguato almeno ogni due giorni. In fine, il 12 per cento delle famiglie residenti è rimasto in arretrato con almeno un
pagamento tra mutuo, af fitto, bollette o debiti diversi dal mutuo e il 40,5 per cento non riuscirebbe ad affrontare una spesa
imprevista di 800 euro. Il panorama regionale mette in evidenza il forte svantaggio dell'Italia meridionale e insulare, con
valori più che doppi rispetto alla media nazionale. Nel Mezzogiorno, le famiglie deprivate sono il 40,8 per cento di quelle
residenti, contro il 15,4 per cento del Nord-ovest, il 13,1 per cento del Nord-est e il 17,3 del Centro. Le situazioni più gravi
si registrano tra le famiglie residenti in Sicilia (50,2 per cento), in Puglia (43,0) e in Calabria e Campania (38,8). Fra le
realtà territoriali che mostrano i valori più contenuti sono presenti le famiglie residenti nella provincia autonoma di Trento
(10,6), nel Veneto (12,1), in Piemonte (12,2), in Toscana (12,5) e in Emilia-Romagna (14,1).
Diseguaglianza nella distribuzione del reddito. Nel 2012 la maggioranza delle famiglie residenti in Italia (circa il 62 per
cento) ha registrato un reddito netto inferiore all’importo medio annuo (29.426 euro, pari a circa 2.452 euro al mese).
Considerando anche il valore mediano, il 50 per cento delle famiglie ha percepito meno di 24.215 euro annui (2.018 euro
mensili). La diseguaglianza nella distribuzione dei redditi è misurata dall’indice di concentrazione di Gini che, calcolata
escludendo dal calcolo i fitti imputati, è pari a 0,324.
La Sicilia presenta il reddito medio annuo più basso (20. 897 euro, il 29 per cento in meno del dato medio italiano); inoltre,
in tale regione, in base al reddito mediano il 50 per cento delle famiglie si colloca al di sotto di 17. 690 euro annui (circa 1.
474 euro al mese). All'opposto, la provincia autonoma di Bolzano presenta il più alto reddito familiare medio annuo (36.
410 euro), seguita dalla Lombardia (34. 097 euro) e dalla provincia autonoma di Trento (32. 562 euro).
Glossario.
Grave deprivazione materiale (indicatore Europa 2020). La grave deprivazione materiale e de finita come una
situazione di involontaria incapacita di sostenere spese per determinati beni o servizi e corrisponde alla percentuale di
persone in famiglie che registrano almeno quattro segnali di deprivazione materiale su una lista di nove. Gli indicatori
uf ficiali dell’Unione Europea considerano i seguenti segnali, rilevati tramite l’indagine EU-SILC:
1. essere in arretrato nel pagamento di bollette, af fitto, mutuo o altro tipo di prestito;
2. non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione;
3. non poter sostenere spese impreviste di 800 euro (l’importo di riferimento per le spese
impreviste e pari a 1/12 del valore della soglia di poverta annuale riferita a due anni precedenti; nel 2011 la soglia – vedi
rischio di poverta- era pari a 9.583 euro, di conseguenza il valore per le spese impreviste e stato arrotondato a 800 euro);
4. non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, cioe con proteine della carne, del
pesce o equivalente vegetariano;
5. non potersi permettere una settimana di ferie all’anno lontano da casa;
6. non potersi permettere un televisore a colori;
7. non potersi permettere una lavatrice;
8. non potersi permettere un'automobile
9. non potersi permettere un telefono