Tre - IISS Pietro Sette

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Tre - IISS Pietro Sette
La scheda filmica e didattica è a cura di Giancarlo Visitilli. Ogni diritto è riservato.
Tre colonne in cronaca (Italia, 1990)
Regia: Carlo Vanzina
Cast: Gian Maria Volonté, Massimo Dapporto, Sergio Castellitto, Demetra Hampton
Durata: 98 min
Genere: drammatico, politico
Sinossi
Dal romanzo di Corrado Augias e Daniela Pasti, tra intrighi d’alta finanza e politici, ricatti, delitti e
personaggi a chiave, il film racconta le pratiche poco trasparenti, messe in atto da un uomo politico
per impadronirsi di un giornale di opposizione.
Un terrorista arabo riceve l'incarico di uccidere un agente di borsa, il misfatto innesca una serie di
ricatti e sotterfugi con cui i poteri forti che gravitano intorno al quotidiano cercano di ottenere la
supremazia. A un vice questore e a un coraggioso giornalista spetta il compito di far luce su tutta la
vicenda, ma l’uomo politico, con abili e spregiudicate mosse, riesce a mettere il bavaglio a tutta
l’inchiesta.
DENTRO IL FILM
Oltre le Vacanze… la cronaca
La settima arte è un’arte singolare, se accade, per esempio, che un regista come Carlo Vanzina,
autore di ingorde scorpacciate vacanziere al cinema, nel lontano 1990 diriga un film importante
come Tre colonne in cronaca, liberamente tratto dal romanzo omonimo di Corrado Augias e
Daniela Pasti e interpretato da un cast di eccellenti attori, da Gian Maria Volonté, Massimo
Dapporto a Sergio Castellitto, solo per citare i tre interpreti principali, attorniati da altrettanti bravi
attori e attrici, che rivelano una cura registica e una caratterizzazione dei personaggi interpretati,
poco usuali nel cinema di Vanzina.
La vicenda, ambientata in un presente, abbastanza recente, fra Milano e Roma, è molto intricata. Si
tratta di un film che possiede una sceneggiatura* strutturata a mosaico*: le varie vicissitudini che si
susseguono rappresentano singoli frammenti che lo spettatore è chiamato, a poco a poco, a
ricostruire.
A Milano, il commissario Dante Morisi (Massimo Dapporto) indaga sulla morte sospetta di un
agente di Borsa, Michele Bonaveri, apparentemente suicida. Le sue indagini lo portano a sospettare
che Bonaveri, in realtà, sia stato ucciso, ma il commissario viene trasferito a Roma per “ordini
dall’alto”. Giunto nella capitale, ritrova un suo vecchio amico, il giornalista Quinto Cecconi (Sergio
Castellitto), che lavora nel quotidiano diretto da Alberto Landolfi (Gian Maria Volonté) e di
proprietà dell’editore milanese Petroni. Il commissario e il giornalista, indagando sull’uccisione di
una ragazza araba, scoprono che la vittima era stata, a sua volta, l’assassina di Bonaveri. Morisi e
Cecconi risalgono a una misteriosa “Agenzia Jirga”, il cui capo, il terrorista arabo Anthony
Bassouri, risulta essere in contatto con il politico Aurelio Spanò e con Gaetano Leporino, un
magnate della finanza residente a Milano. Le indagini di Morisi vengono però nuovamente
ostacolate: Bassouri viene arrestato da due presunti agenti dei servizi segreti, mentre Leporino viene
trovato morto nella sua villa di Milano. Il commissario era sulla pista giusta, ma alcuni “poteri
occulti” non gli hanno permesso di giungere alla verità.
Una verità che, invece, riesce a conoscere, sebbene solo una minima parte, lo spettatore, perché, per
tutto il film si alternano e si incrociano i due piani narrativi fondamentali, a cui assiste lo spettatore:
le indagini di Morisi e Cecconi da una parte, l’intrigo politico-finanziario dall’altro. I due piani si
muovono in alternanza ma non sono del tutto separati, bensì abilmente mescolati in funzione di un
preciso messaggio che il film vuole trasmettere: come afferma Gian Maria Volonté verso la
conclusione del film, “La verità non esiste. Anche se esiste è praticamente impossibile scoprirla”.
Nonostante il film presenti alcune caratteristiche tipiche del genere giallo, non ci troviamo in una
classica vicenda dove l’investigatore scopre la verità e assicura i responsabili alla giustizia. Lo
spettatore finisce quindi per trovarsi su un piano narrativo superiore, rispetto a quello del
commissario e del giornalista, che infatti chiude la sua presenza nel film con una frase pregna di
significato: “Qui insabbiano tutto, non ti fanno capire mai niente”. Non a caso, il commissario
Morisi non incontra mai il personaggio interpretato da Gian Maria Volonté, e anche i suoi brevi
incontri con Spanò e Leporino avvengono a distanza, senza che ci sia interazione con loro, e senza
scoprire le losche manovre che stanno attuando. L’unico che, invece, sa come si sono svolti i fatti è
lo spettatore, che capisce ciò che è successo grazie all’ “occhio esterno” della macchina da presa.
Tre colonne in cronaca, quindi, costituisce un coraggioso “j’accuse” nei confronti degli intrighi
orditi dai cosiddetti “poteri forti” (politica, alta finanza, stampa), dei loro rapporti con il terrorismo
e degli oscuri segreti italiani, destinati a rimanere per sempre nell’ombra. Molto significativo, a tal
proposito, è anche il discorso pronunciato dal commissario Morisi, verso la fine del film. Dopo che
anche la morte di Leporino è stata attribuita a suicidio, il commissario spiega all’amico Cecconi che
in Italia spesso le persone si suicidano quando avviene qualcosa di grosso, e fa dei riferimenti,
anche se non citati esplicitamente, ma evidenti, ad alcuni tragici fatti della storia italiana: qualcuno
si getta da una finestra della questura (Giuseppe Pinelli), un altro si avvelena in cella con un caffè
(Michele Sindona), un altro ancora si impicca sotto un ponte (Roberto Calvi). L’atmosfera di segreti
e complotti che permea tutto il film acquista una forza ancora maggiore in virtù della bellissima
colonna sonora* di Ennio Morricone, molto efficace nell’esprimere un clima di mistero e suspense.
Le “tre colonne in cronaca” del titolo possono essere un semplice riferimento alla grande
importanza della stampa, ma possono essere interpretate anche come una metafora di alcuni
personaggi: magari i tre protagonisti principali del film (Landolfi, Morisi e Cecconi), oppure anche i
componenti della “triade” che agisce nell’ombra (Spanò, Leporino, Bassouri).
Il cinema che denuncia
Gian Maria Volonté, uno dei più grandi attori della storia del cinema italiano, si trova perfettamente
a suo agio nell’interpretare un film di denuncia politica e civile come questo, perché si tratta del
“genere” cinematografico nel quale ha dato il meglio di sé nel corso degli anni Settanta e Ottanta,
solo per citare i principali: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Elio Petri,
La classe operaia va in Paradiso (1972), ancora di Elio Petri, Sbatti il mostro in prima pagina
(1972) di Marco Bellocchio, Il caso Mattei (1972) di Francesco Rosi, Il caso Moro (1986) di
Giuseppe Ferrara. Volonté, nei panni del direttore Landolfi, sfoggia una recitazione beffarda e
sarcastica, dando vita a un personaggio che si mostra pacato e ironico con tutti, salvo poi mostrare
un carattere spregiudicato tanto quanto i suoi avversari: come ci viene suggerito dalla conclusione
del film, è stato infatti lo stesso Landolfi ad assassinare Leporino, in modo da poter trattare con il
suo socio in affari per rientrare in possesso delle azioni del giornale. Landolfi, così si rivela come
un personaggio “machiavellico”, dal momento che segue la massima per cui “il fine giustifica i
mezzi”.
Un motivo di grande interesse di questo film, consiste proprio nella scelta del cast, da parte del
regista: due generazioni di attori italiani, protagonisti soprattutto del cinema d’impegno politico e
civile. Così come della “vecchia generazione” vi è uno dei massimi rappresentanti, Gian Maria
Volonté, quella “nuova”, degli anni Novanta (anno di produzione del film), era costituita da
Massimo Dapporto e Sergio Castellitto. Dapporto è il commissario, un genere di poliziotto molto
differente, rispetto al “commissario di ferro” del poliziesco italiano anni Settanta: è un funzionario
di polizia più “umano”, che preferisce l’indagine all’azione, e che viene rappresentato con tutti i
dubbi e le difficoltà del suo essere uomo prima ancora che poliziotto, e che si rende perfettamente
conto di come la verità sia destinata a rimanere una chimera irraggiungibile. Di contro, vi é il
giornalista, interpretato da Sergio Castellitto, che vincerà il David di Donatello, come migliore
attore non protagonista. Si tratta, nel suo caso, di un personaggio dinamico, sempre con la battuta
pronta e pieno di buona volontà nel buttarsi a capofitto in ogni indagine. Di quei giornalisti che
fanno “giornalismo con le scarpe”, muovendosi, andando sui luoghi da investigare e indagare.
Il regista
Carlo Vanzina (Roma, 13 marzo 1951) è un regista, produttore cinematografico e sceneggiatore
italiano. Figlio del regista e sceneggiatore Steno (pseudonimo di Stefano Vanzina) e di Maria
Teresa Nati, è fratello minore dello sceneggiatore e produttore Enrico Vanzina. Ha frequentato il
Lycée Chateaubriand di Roma. Ha firmato alcuni dei maggiori successi del cinema italiano degli
anni Ottanta e Novanta, alfiere di quella particolare evoluzione della commedia all'italiana verso i
territori più facilmente commerciali del giovanilismo e dell'umorismo di derivazione televisiva.
Dopo un apprendistato con Monicelli, con il padre Steno e con Sordi, ha formato con il fratello
Enrico un'affiatatissima coppia di cineasti di grande versatilità ed efficienza produttiva. Dopo il suo
debutto dietro la macchina da presa nel 1976 con Luna di miele in tre, ha realizzato in 40 anni circa
60 film. I suoi primi successi sono giunti con la scoperta di Diego Abatantuono, con I fichissimi del
1981 e Eccezzziunale... veramente e Viuuulentemente mia entrambi del 1982, seguiti subito dopo
dal lancio di uno spensierato sottogenere vacanziero-nostalgico con Sapore di mare sempre del
1982. Sempre in tema di rispolveri di modelli, ha poi rivitalizzato abilmente il film a episodi con
Vacanze di Natale (film del 1983 che fu il capostipite dei cinepanettoni) e Yuppies - I giovani di
successo (1986), una formula che è stata la migliore garanzia della sua fortuna cinematografica
anche in seguito, con Sognando la California (1992), S.P.Q.R. 2000 e 1/2 anni fa (1994), A spasso
nel tempo (1996). Meno incisivi, anche se comunque accompagnati sempre da un buon riscontro di
pubblico, i film in cui Vanzina si è cimentato in altri generi come il thriller (Mystère del 1983, Sotto
il vestito niente del 1985, Squillo del 1996 e Sotto il vestito niente - L'ultima sfilata del 2011), il
sentimentale (Amarsi un po' del 1984 e Piccolo grande amore del 1993), l'avventura in costume (La
partita del 1988), il poliziesco (Tre colonne in cronaca del 1990) e la commedia meno farsesca (Io
no spik inglish del 1995). Nel 2001 sono usciti E adesso sesso e South Kensington, l'anno
successivo è stata la volta di Febbre da cavallo - La mandrakata, atteso seguito del film quasi
omonimo (Febbre da cavallo) diretto nel 1976 dal padre. Nel 2003 è uscito Il pranzo della
domenica ed ha recitato, con un cameo, nel ruolo di sé stesso nel film Natale in India di Neri
Parenti. Nel 2004 dirige In questo mondo di ladri. Nel 2005 ha diretto Il ritorno del Monnezza, un
omaggio ai film polizieschi interpretati da Tomas Milian; nel 2006 sono usciti Eccezzziunale
veramente - Capitolo secondo...me e Olè; nel 2007 2061 - Un anno eccezionale. Dal 2005 al 2008
dirige Un ciclone in famiglia, serie televisiva con Massimo Boldi. Nell'estate del 2008 esce il film
Un'estate al mare e in quella del 2009 Un'estate ai Caraibi.
Curiosità
 Il romanzo “Tre colonne in cronaca”,di Corrado Augias e Daniela Pasti, fa ampiamente
riferimento alla battaglia tra Eugenio Scalfari e Silvio Berlusconi: a fine anni Ottanta andò
in scena la cosiddetta “guerra di Segrate”, l’imprenditore Silvio Berlusconi patron di
Fininvest tentò la scalata alla grande casa editrice Mondadori. Ne scaturì una lotta tra gli
eredi Formenton, la Cir di Carlo De Benedetti e il Cavaliere;
 Gian Maria Volonté era giunto ubriaco al primo giorno di set, come il regista ha narrato nel
2005, prima di una proiezione alla romana Accademia di Francia, ma poi fu perfetto;
Vediamo un po’…
1) Chi pronuncia “Ma che lo legge a fare il giornale degli altri, tanto, il suo è sempre il
migliore”?
2) Quali sono, secondo te, le vicende illegali che descrivono appieno la figura del direttore del
giornale? Confronta le tue risposte con quelle dei tuoi compagni.
3) “Direttore, ma è giusto che anziché fare informazione facciamo politica attiva?”
“E’ quello che i lettori si aspettano da noi”.
Cosa pensi, rispetto a questa domanda e affermazione?
4) Quali sono, secondo te, almeno tre buone regole, per un quotidiano che si rispetti?
5) Una delle battute più famose del film è: “E’ un paese che ama più la Carrà che Le Carré”.
Chi la pronuncia, nel film? Sei d’accordo con tale battuta?
6) “Non leggere i giornali. La verità non sta mai sui giornali”. Ritieni sia vera
quest’affermazione? Confrontati con i tuoi compagni e stabilite, secondo voi, almeno tre
mezzi, fra quelli che ritenete utili per l’informazione.
7) “Qui a furia di scrivere quanto trucco c’ha la Dellera e dove va a ballare De Michelis,
stiamo diventando peggio di Novella 2000”. Si tratta di una battuta di estrema attualità,
rispetto all’informazione e al racconto di tanta ‘roba’ che finisce per incuriosire i lettori,
ancora oggi. Cosa pensi dei giornali e delle trasmissioni di gossip: ritieni siano
indispensabili? Per chi? Perché? Se fossi un direttore di un giornale di tal genere, quali
regole stabiliresti?
8) “Io e Monica ce ne andiamo da questo schifo”
“Il paese che la mia generazione vi consegna vi fa schifo: non ci sono punti riferimento, una
società che ha destato scandali per la sovrapproduzione”.
“Quando vedi un chirurgo uscire dalla sala operatoria e vedi, con schifo, il sangue sui suoi
guanti, poi, ti dai una spiegazione e capisci che quel sangue è lì perché necessario. Voi dove
scappate? Io ritengo più che mai necessario restare qui”.
Si tratta del bellissimo, e anch’esso attualissimo, dialogo fra un padre e i suoi due figli. Cosa
pensi, rispetto a quello che pronunciano i figli. E cosa, rispetto alle affermazioni e
giustificazioni del padre?
9) Credi che nel film ci sia una metafora che rappresenta il male? In realtà, ritieni che essa sia
emblematica per raccontare il tema del film? O essa rappresenta altro?
10) A chi consiglieresti la visione di questo film? Perché?
Se ti è piaciuto questo film…:
GUARDA
The agronomist di Jonathan Demme;
Fortapàsh di Marco Risi;
Salvatore Giuliano di Francesco Rosi;
Talk Radio di Oliver Stone;
L’asso nella manica di Billy Wilder.
LEGGI
“La bellezza e l’inferno” di Roberto Saviano
“È la stampa, bellezza! La mia avventura nel giornalismo” di Giorgio Bocca
“Mercanti di parole. Storia e nomi del giornalismo asservito al potere” di Mario Guarino
“Spoon River di Arcore. Antologia di un impero al crepuscolo” di Marco Damilano
“L’Italia, nonostante tutto” di Edmondo Berselli
ASCOLTA
“Giornalismo” di Paolo Benvegnù
“Le mie parole” di Samuele Bersani
“Maudit” di Piero Pelù
“Quello che non c’è” di Afterhours
“Bufalo Bill” di Francesco De Gregori
Cooperativa Sociale I bambini di Truffaut
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