Italia del sud in danza

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Italia del sud in danza
Italia del sud in danza
Sabato 01 Settembre 2012 09:00
Per gentile concessione della rivista dell'Enit- Agenzia per l'Italia, riproduciamo l'articolo che è apparso sul numero di luglio 2012. Tarantella, pizzica, tamurriata, il
sud del Belpaese risuona di ritmo, di leggende e di tradizioni. Musica e danza popolare
sono la voce del territorio, un modo per avvicinare con rispetto luoghi e comunità che
credono e si ritrovano nel ballo. Un’idea per assaggiare una forma di turismo
“esperienziale”
di Ester Ippolito
“La danza è l’eterno risorgere del Sole” I. Duncan
Ogni territorio ha molte voci per comunicare la sua anima: bellezze naturali, arte e storia,
gastronomia musica e danza. La musica e danza popolare sono un tessuto forte del nostro
paese, soprattutto nel sud, dove lo stile di ballo è indicato genericamente come “tarantella”, al
di là delle varianti e differenziazioni regionali. Un patrimonio culturale secondo a nessuno accompagnato da strumenti tradizionali come le castagnette, il tamburello o tamburo a cornice,
la zampogna, l’organetto, la chitarra e il mandolino- che incantò anche i viaggiatori del Grand
Tour che, nei loro itinerari nel sud, ammirarono queste danze: gli scrittori ne parlarono nei loro
ricordi di viaggio e i pittori le raffigurarono nelle loro tele.
La forza di una comunità
La danza popolare è quindi il modo ideale per entrare in contatto con un territorio e la sua
gente (sempre con il massimo rispetto), in virtù dello stretto legame tra il ballo e le occasioni
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rituali e collettive. "La musica popolare nasce e vive per supportare una funzione sociale, non è di solo ascolto
- osserva Ambrogio Sparagna, musicista ed
etnomusicologo, e fondatore e direttore dell’Orchestra Popolare Italiana di stanza
all’Auditorium di Roma. Anche
Nando Citarella
, musicista e musicologo, cultore della musica e delle danze popolari italiane, insiste sul
“simbolo
originario del rito collettivo, e devozionale, che sta alla base della danza popolare che va
assolutamente recuperato e conservato. Il ballo, inoltre, è di vitale importanza in momenti
come questi in cui la collettività soffre …sotto i piedi ci sono le nostre radici e ballando le
comunità si rinforzano”. E non si chiudono perché, come ricorda Citarella “la
lingua comune del Mediterraneo di una volta era il ballo, il ritmo dei piedi e il tamburello a
cornice…”
La danza specchio di un paese….
Le origini di questi balli si perdono nei secoli e sono il risultato di storia, miti e leggende: riti religiosi, riti pagani e propiziatori del mondo contadino, amore e corteggiamento, tradizioni del Carnevale, intreccio e reciproco specchiarsi tra danze di pura estrazione popolare e danze di
corte e di alto ceto, grazie al fiorire nel nostro paese, dal 1400 in avanti di Principati, Signorie e
Regni, dove si iniziò a “codificare” la danza. Il tutto trasformato in un linguaggio universale che
oggi unisce più generazioni creando un filo rosso di continuità e di identità. Grazie anche
all’attuale momento di riscoperta e valorizzazione di questo patrimonio, vuoi per una rinnovata
voglia di identità di tante comunità, vuoi per la volontà di mantenere un legame con le proprie
origini da parte di molti giovani che non vivono nelle proprie regioni di appartenenza, vuoi per
un netto risveglio di ricerche etnomusicologhe e antropologiche (neo folk). Il risultato: un
calendario a livello nazionale fitto di feste, meeting, appuntamenti in tema, e un forte e
costante fiorire di gruppi musicali e di scuole, laboratori e stage di danza con l’intento di dare
continuità ed eternità a questo patrimonio culturale di musica e passi, sia rimanendo
strettamente ancorati alla tradizione - quella dei nonni e dei bisnonni per intenderci - o
rielaborando e contaminando il sound con altri input culturali, accentuando talvolta anche il
senso sociale o politico del repertorio.
…e strumento di promozione
Il mito della danza popolare viene valorizzato anche all’estero (per esempio Buenos Aires)
grazie ad alcuni gruppi musicali e danzatori di origine italiane
(Sein Tempu Musica Etnica, Cecilia Arenillas)
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molto attivi su questo fronte facendone uno strumento da un lato di continuità culturale e
legame con le proprie radici, e dall’altra di promozione dell’immagine italiana. E’ grazie a questo
impegno, e con la collaborazione della rappresentanza d
ell’Enit
della capitale argentina, che sono stati realizzati eventi musicali legati alle tradizioni italiane.
Come la
Fiesta della Tarantula
del febbraio scorso a Buenos Aires tra pizzica, tamurriata e tarantella, canti di lavoro e
d’amore, con il gruppo musicale italo-argentino
Madonna Nera
e il gruppo
Sein Tempu Musica Etnica
: quest’ultimo suona con tamburelli (nella foto) firmati dal salentino
Umberto Panico
. L’obiettivo, come hanno sottolineato i rappresentanti dell’Enit, è quello di “diffondere la cultura del Sud d´Italia attraverso la musica e il ballo, avvicinando le comunità
italo argentine e proponendo al tempo stesso al pubblico argentino una esperienza più
completa della cultura e del turismo in Italia”.
Salento: la pizzica…”icona” del turismo salentino
Se musica e danza popolare possono essere strumenti di promozione turistica, vale su tutti l’
esempio del Salento, Puglia, con la sua pizzica e la sua Notte della Taranta, un evento
ormai a livello internazionale, un grande laboratorio musicale a più voci per alcuni, un grande
business per altri. Ma sicuramente una vetrina turistica del Salento. La Notte della Taranta,
giunta alla sua quindicesima edizione (25 agosto 2012 la serata finale a Melpignano), anima
ogni estate per circa dieci giorni varie cittadine del Salento con concerti serali, concludendosi
con il ‘concertone’ di Melpignano, uno degli undici comuni dell’area grecanica salentina. Ed è
proprio dall’Unione dei Comuni della Grecia Salentina e dall’Istituto Diego Carpitella che nel
1998 nacque l’idea di questa grande manifestazione. Da qui un lungo cammino e anche un
stimolo ulteriore a conoscere turisticamente il vero Salento: antica terra di emigranti che ha
mantenuto vive le sue tradizioni e va fiera del suo mare, sole, ulivi, vino e del ritmo della
pizzica, elementi che hanno iniziato a colpire l’immaginario con il film Sangue Vivo del 2000, e
il contributo del gruppo storico musicale salentino Officina Zoè. Ma cosa c’è dietro la pizzica, oggi diffusa anche fuori dei confini regionali? Una volta musica
che fungeva da terapia, stimolando al ballo, per le tarantate, le sfortunate (in percentuale
maggiore erano donne) che venivano morse dal ragno velenoso (taranta) in campagna
(fenomeno a lungo investigato dallo studioso De Martino e da altri studiosi), oggi una danza
cosiddetta “gentile “ (pizzica de core o pizzica pizzica), da ballare in momenti di festa e di
armonia, in feste e matrimoni. Come scrive il ricercatore salentino Luigi Chiriatti nel suo
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libro Morso d’amore (Kurumuny),
esaurita l’esperienza delle tarantate “
sono i giovani che hanno salvato la gioia di ballare...la gioia di suonare una musica unica al
mondo che fa ancora adesso del Salento ‘un’isola sonante, un’isola danzante”.
Un’isola danzante che non vuole sradicarsi dalla sua tradizione e non vuole neanche fare
troppo commercio di questa arte o snaturarla. “Durante le feste patronali in Salento, il paese si vestiva allegramente di luci,
colori, odori, la gente in piazza ballava la pizzica ,belli, brutti, giovani e vecchi….. Una danza
che non aveva canoni, né tanto meno stili, solo il ritmo del tamburo dettava legge..”
Con queste parole Francesca Malerba, salentina di Galatina, ricorda il senso vero di questa
danza che insegna a Roma nei corsi ideati da
U’Papadia, cantautore e percussionista salentino (Il ritmo che cura)
trasmettendo ai propri allievi tutto il retroscena antropologico e culturale.
“Parole nuove su quella musica che cantavano i nostri nonni e che ballavano le madri delle
nostre madri, quella stessa musica che curava le piaghe delle tarantate oltre che le pene
della povera gente”
. E’ così che i
Fonarà,
gruppo di musica popolare grico-salentina di Corigliano d’Otranto, spiegano la loro arte.
Napoli e dintorni… dalla tamurriata alla tarantella Napoli e altre località campane ci trascinano nella frenesia della tamurriata, un ritmo
incessante cadenzato dalla tamorra, il tipico tamburo napoletano, che guida una danza dal
carattere forte, e dalle origini antichissime, un mix
di danze di origine greche e di ispirazione dionisiaca che prende corpo in tante feste rituali
che uniscono più generazioni: si balla a coppie, importanti i movimenti delle mani
(accompagnate dalle castagnette) e delle braccia, uno sguardo a volte sensuale e a volte di
sfida lega i due ballerini, il ritmo è inebriante e continuo. Tra i vari generi la scafatese, più
sensuale, la giuglianese, più ricca di strumenti oltre al tamburo, e quella di Pagani, più
saltellante, frutto di un rito collettivo di grande entusiasmo in occasione della festa della
Madonna delle Galline (aprile). O quella
dell’Avvocata
, in onore della Madonna dell’Avvocata (Maiori, Costa Amalfitana, lunedì dopo la Pentecoste),
una processione a ritmo di tamurriata caratterizzata da movenze devozionali. La Campania
(Napoli, Sorrento, Capri e tante altre località) è anche la culla della
tarantella,
stile festoso e sereno e danza di corteggiamento di origini antiche ma la cui diffusione sul
territorio si annovera dal ‘700. Una tarantella che merita una particolare attenzione è quella di
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Montemarano
, paese in provincia di Avellino, famoso anche per il suo vino, che anima l’intera comunità in occasione del Carnevale, richiamando gli appassionati.
La Scuola di Tarantelle di Sandro Pasquali,
anche leader del gruppo musicale
Le Tarantole
e della compagnia di danza popolare che trasmette le tradizioni italiane anche a un pubblico
straniero attraverso spettacoli e performance, propone attraverso le sue lezioni di ballo un
vero e proprio viaggio culturale nel centro sud del nostro paese, mantenendo anche uno
stretto legame con il territorio con l’organizzazione di gite in loco in occasione delle feste
popolari di maggior richiamo. Così Montemarano o Pagani diventano “un’occasione unica e live per gli appassionati di
danze popolari per approfondire in un contesto festoso e di divertimento il vero spirito di
queste danze”.
Una tradizione di danza (tarantella e
pizzica), di origini antichissime e influssi lucani e calabri, la rivendica anche il Cilento, nella
bassa Campania, una terra ancora poco sfruttata dal turismo di massa e salita agli onori della
cronaca con il film Benvenuti al Sud.
Vento di tarantelle in Calabria e Sicilia
Il vento della tarantella spira forte in Calabria e in Sicilia. La Calabria si riconosce fortemente
nella sua tarantella tradizionale, legata a occasioni di festa e obbediente alla ritualità del cerchio
(rota) e del capo ballo, capo assoluto. La viddhaneddha reggina ne rappresenta una delle forme
più genuine. Molte le manifestazioni in tema, un richiamo musicale e turistico, come Radici
Sonore a Tiriolo, Tarantella Power a Badoato, delizioso borgo medievale in agosto, o il
Tarantella Festival, manifestazione itinerante in diversi centri calabresi e portatrice di tutti i
ritmi del sud italiano.
La Sicilia, infine, tra la sua arte, storia e profumi, non manca certo all’appuntamento con la
danza: dalla tarantella, in primis, ad altri generi di danze meno conosciute ma assai genuine eseguite nelle feste popolari, cui si aggiungono forti reminiscenze della contraddanza di origine
delle corti normanne, in omaggio allo scambio culturale tra classi.
La rivista dell'Enit "Enit Italia" trimestrale, esce dal 2000 e da aprile scorso viene realizzata in
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