I Marco allungò la mano verso il buio davanti a sé e
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I Marco allungò la mano verso il buio davanti a sé e
I Marco allungò la mano verso il buio davanti a sé e il suo braccino rimase a mezz’aria per un tempo indefinito. La luce svaniva lentamente, come una lampada che si allontanava in un tunnel sotterraneo. Lui restava fermo, immobile in quella penombra abitata da ombre e spettri fantastici e non poteva fare nulla per seguire l’uomo che se ne andava portandosi dietro la sua lampada. Avrebbe viaggiato per chissà quali mari, attraversato chissà quali città. Non sarebbe più tornato. L’uomo e la sua lampada. Giurò che l’avrebbe atteso per sempre. Non avrebbe fatto altro nella sua vita. Avrebbe atteso l’uomo e la sua lampada. Per tornare a vedere il sorriso di sua madre, i disegni di suo padre, le foto del suo cane. Avrebbe ritrovato le sue matite colorate; ci avrebbe scarabocchiato i fumetti, se le sarebbe passate sulla pelle, le avrebbe nascoste nella cassaforte di plastica. L’Uomo della Lampada conosceva la combinazione. Lui l’aveva dimenticata. 11 LUCIANO MARTELLA Ma la cassaforte non l’aveva gettata via e nemmeno il personal computer regalatogli dalla nonna. Riusciva ancora ad accenderlo e a immaginare le mille sagome d’animali che lo popolavano. A ogni immagine un nome. E una voce nel computer leggeva il nome dell’animale scritto a grandi, sconosciute lettere. Ora il gioco era diventato un altro. Ascoltava i nomi e cercava di ricordare le sagome. Quella del leone era la sua preferita. Ma per quanto si sforzasse, pigiando alla rinfusa sulla tastiera, non riusciva mai a trovarlo. Il leone. Ascoltava solo nomi d’animali lontani da lui. Si sentiva tigre, pantera, leopardo, coyote, puma, lupo, Marco, e non certo scoiattolo, zebra, alce, cerbiatto o gazzella. Non gli piaceva immaginarsi preda. Voleva essere un predatore. Non avrebbe ucciso gli altri animali. Sarebbe morto di fame per salvarli. Le immagini degli gnu che attraversavano il territorio di caccia delle leonesse, erano le ultime che ricordava d’aver visto con una certa nitidezza. In televisione. Una sera. E gli erano rimaste talmente impresse da giurare che, se fosse diventato leone, avrebbe impedito alle leonesse di cacciare nella savana. Avrebbe difeso gli gnu e loro avrebbero procurato il cibo per la sua sussistenza; se lui riusciva a vivere mangiando mille cose, lo avrebbe potuto fare anche nei panni del leone. 12 CERCHIO INVISIBILE Ma se veramente avesse potuto scegliere in tutta libertà cosa essere, avrebbe scelto d’essere cane. Come Falcor. Il suo cane. Quello che gli si sdraiava vicino e si addormentava russando con un ghigno soffocato come se cercasse di parlargli; peloso come un peluche gigantesco e piccolo come un neonato. Era Falcor. Era già vecchio quando lui muoveva i primi passi e l’Uomo della Lampada ancora non aveva deciso di partire per il lungo viaggio; eppure Falcor aveva ancora voglia di giocare con qualsiasi cosa rotolava sul pavimento. Correva, correva, e faceva scarti improvvisi, e riusciva a dribblarlo come un calciatore. Lui lo inseguiva. Ma Falcor era troppo veloce e troppo furbo, e quando non aveva più voglia di giocare si prendeva la palla tra i denti, si accovacciava in un angolo nascosto e se la sgranocchiava per bene fino a ridurla in tante strisce di plastica sparse qua e là. Lui lo sgridava, risentito, ma Falcor lo fissava con occhi talmente puri e ingenui che gli avrebbe permesso di rosicchiare persino le automobiline da corsa che custodiva nella scatola di biscotti che aveva dipinto di rosso, col “colore dei nostri motori”, su incitamento del padre ferrarista. Ma Falcor, questo, non poteva capirlo; o, semplicemente, non aveva importanza per lui che il mondo se lo sgranocchiava e se lo assaporava nel suo cantuccio. Da quando l’Uomo della Lampada era partito, Marco aveva ceduto spesso alla tentazione di assaporare la realtà delle cose con la lingua e con i 13 LUCIANO MARTELLA denti. Se non avesse visto mai nulla del mondo, forse lo avrebbe anche fatto. Invece, del mondo, qualcosa conosceva. Solo si stava trasformando in ricordo. E se il mondo cambiava, lui non poteva far altro che ricordarlo così come gli aveva insegnato l’Uomo della Lampada. O conoscerlo con i denti e col naso come faceva Falcor. 14