Una mancata conquista civile: il matrimonio omosessuale in Italia. Il
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Una mancata conquista civile: il matrimonio omosessuale in Italia. Il
Una mancata conquista civile: il matrimonio omosessuale in Italia. Il matrimonio fra persone dello stesso sesso, o anche il matrimonio omosessuale, è una delle principali fonti di dibattito nel nostro Paese. Una lotta di rivendicazione civile troppo spesso accantonata per diversi motivi: siano essi religiosi, siano essi economici. L’imperativo, oggigiorno, è: uscire dalla crisi economico, il rilancio dell’industria, il debito pubblico, l’IMU, la TARSU e molte altre sigle ancora. Il progresso materiale di un Paese deve essere accompagnato da un progresso spirituale. Vi immaginate il periodo del Rinascimento senza prima la corrente dell’Umanesimo? Una conquista di civiltà, quella dei matrimoni tra coppie omosessuali, che tarda ad arrivare. L’Italia è uno dei pochi paesi facente parte dell’Unione Europea che non riconosce e non tutela le coppie di persone dello stesso sesso. I Paesi Bassi hanno legalizzato il matrimonio omosessuale nel 2001; il Belgio nel 2003; la Spagna nel 2005; la Norvegia e la Svezia nel 2008; il Portogallo e l’Islanda nel 2010; la Danimarca e la Francia nel 2012, l’Inghilterra e il Galles nel 2013. Senza voler fare distinzioni, è da constatare come l’approvazione dei matrimoni omosessuali siano coinciso quando al governo, o nei parlamenti, era presente una ristretta rappresentanza di partiti di ispirazione cristiano-cattolica. In Germania, Irlanda, Scozia, Finlandia, Austria, Svizzera, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovenia gli ordinamenti giuridici vigenti prevedono unioni civili tra omosessuali. Volgendo lo sguardo al di là dell’Atlantico, in Canada è stato legalizzato il matrimonio tra coppie dello stesso sesso nel 2005. Un discorso più particolare è da fare per gli Stati Uniti, in quanto solo sedici dei cinquanta stati della Repubblica Federale hanno legalizzato il matrimonio gay. In Argentina il matrimonio è aperto alle coppie dello stesso sesso dal 201, mentre in Uruguay dal 2013. Persino nel vecchio paese dell’apartheid, la Repubblica del Sudafrica, è consentito dal 2006 unirsi in matrimoni gay. In Oceania, e più precisamente in Nuova Zelanda, dal 17 aprile di quest’anno è stato esteso il matrimonio alle coppie dello stesso sesso, resistendo alla forte opposizione delle associazioni cattoliche. Qui non si deve discutere sul perché alcune filosofie religiose, e relative istituzioni, non vogliano riconoscere la possibilità di far vivere, nel vincolo del matrimonio, due persone dello stesso sesso. Qui si deve discutere del perché in Italia in primo luogo non si parli più di una battaglia politica sulla liceità del matrimonio gay. In secondo luogo si dovrebbe discutere sul perché siamo uno dei pochi paesi dell’Unione Europea che non hanno una legge in proposito. L’articolo 2 della nostra Carta Costituzionale “riconosce e garantisce i diritto inalienabili dell’uomo”, mentre l’articolo 3 sancisce che “è compito della Repubblica rimuovere quegli ostacoli i ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona umana”. Essere omosessuali non vuol dire essere dei cittadini di serie B o, come afferma qualche parlamentare e viceministro, degli esseri “anormali e malati”. Bisognerebbe ricordare a tali persone che le patologie in generale, riconosciute dalla società scientifica dei medici, hanno una base organica e molecolare. Queste patologie sono trasmissibili da uomo a uomo e da uomo ad animale, e viceversa. Le persone, e chi come loro, definiscono “anormali” gli omosessuali, su basi biologiche, perché una sorta di “malattia contagiosa”, dovrebbero creare una legislazione che impedisca agli “anormali malati” di possedere cani, gatti e altri animali domestici. Non vorremmo contagiare il nostro amico a quattro zampe, vi pare? Un auspicio, affinché pregiudizi e luoghi comuni non inquinino la quotidiana attività dei lavoratori e dei giovani, è quello di farsi carico di una responsabilità. La responsabilità di lottare per un diritto civile e inalienabile: quello della libera scelta della propria sessualità.