Strategie di lotta alla peronospora con metodi alternativi al rame
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Strategie di lotta alla peronospora con metodi alternativi al rame
RUBRICHE Imp_6_2001_3.qxd 13/02/2002 10.12 Pagina 61 A.PRO.BIO a cura di M. Iob Strategie di lotta alla peronospora con metodi alternativi al rame Sintesi di un convegno di studio In questo numero viene riportata la relazione che la dott.ssa Ilaria Pertot, ricercatrice presso l’Area di ricerca Agricoltura biologica dell’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige (TN), ha presentato in occasione del convegno «Le prospettive della viticoltura biologica» tenutosi il 1 dicembre 2001 nel Castello di Colloredo di Monte Albano nell’ambito della manifestazione «Un Biel Vivi». L’eventualità della proibizione dell’uso del rame ha reso palese in tutta la sua gravità la mancanza di ricerca e sperimentazione in agricoltura biologica e soprattutto ha evidenziato quanto sia attualmente fragile il sistema di difesa fitosanitaria in questo nuovo settore. Infatti, soprattutto da quando «il biologico» è diventato un business appetibile, in molti, dimenticando la filosofia di base dell’agricoltura biologica, hanno semplicemente pensato che fosse sufficiente sostituire i fungicidi di sintesi con fungicidi di origine naturale, credendo così di risolvere tutti i problemi. La ricerca dal canto suo non ha fatto molto per cambiare questa mentalità. Si cercano sempre nuovi prodotti, questa volta naturali, che presentino un’efficacia fungicida nei confronti delle malattie, ma non si fanno molti sforzi per gestire in modo globale la difesa. Mentre in entomologia i meccanismi di contenimento naturale delle popolazioni dei fitofagi sono stati sfruttati maggiormente (ad es. Bacillus thuringensis o Beauveria bassiana, feromoni sessuali, ecc.) per quanto riguarda le malattie crittogame, un po’ per la loro natura epidemiologica, un po’ per le difficoltà oggettive di studio, ci si è sempre limitati all’utilizzo di sostanze biocide nei confronti dei microrganismi patogeni. In realtà produrre secondo le regole dell’agricoltura biologica non è semplice: bisogna essere agricoltori molto capaci, 61 perché molte problematiche che nel convenzionale sono facilmente risolvibili, possono divenire drammatiche nel biologico. Nel limite di quanto è tecnicamente possibile, bisogna inoltre operare affinché la predisposizione delle piante alle malattie sia ridotto al minimo e pensare all’intervento fungicida solamente nella fase di rischio. Il rame è un prodotto efficace, collaudato, economico, naturale, ma pericoloso per l’ambiente. Nel breve periodo sarà necessario comunque arrivare ad una riduzione progressiva, sfruttando formulazioni che presentino efficacia maggiore anche a dosi ridotte (es. peptidati) e dosaggi ridotti intervenendo nella coltura in modo mirato sul patogeno. Tecnicamente tale riduzione è già NOTIZIARIO ERSA 6/2001 Imp_6_2001_3.qxd 13/02/2002 10.12 Pagina 62 riduzione degli interventi fitoiatrici contro Plasmopara viticola, in realtà numerosi problemi di diversa natura hanno limitato in passato questo tipo di ricerca. In Vitis vinifera non è mai stata segnalata la presenza di resistenze nei confronti di questa malattia, mentre essa è piuttosto frequente in altre specie del genere Vitis. Ciò comporta, che per avere un genitore donatore di resistenza da impiegare negli incroci, si è costretti ad utilizzare specie diverse dalla vite europea. Qui ci troviamo di fronte al primo nodo di natura legislativa, infatti il D.P.R. 162 del 12/2/1965 definisce «vino» esclusivamente il prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, di uve ammostate (pigiate) appartenenti ad una o più varietà della specie V. vinifera o di mosti di uve sempre della stessa specie. Un incrocio in cui un parentale fosse una specie americana costituirebbe un ibrido, le cui uve non potrebbero dare origine ad un prodotto denominabile vino. Questa limitazione, oltre alla convinzione che il mercato non accetterebbe volentieri prodotti nuovi oltre ai vitigni tradizionalmente coltivati, è stata uno dei principali motivi per cui i ricercatori non sono mai stati allettati dal settore del miglioramento genetico della vite. L’utilizzo delle biotecnologie (argomento controverso di cui non tratteremo) potrebbe mantenere inalterate le caratteristiche varietali permettendo l’introduzione del solo gene responsabile della resistenza alle malattie, ma al momento non sembrano esserci ancora i presupposti per una sua rea- breve periodo ottimizzazione dell’uso del rame medio - lungo periodo alternative all’uso del rame: • varietà di vite resistenti • organismi antagonisti • induzione di resistenza • integrazione dei diversi metodi Fig. 1 - Obiettivi dell’attività di ricerca sull’ottimizzazione ed eliminazione dell’uso del rame. attuabile. Nel lungo periodo è necessario cambiare mentalità: è necessario sviluppare una strategia preventiva anziché curativa e soprattutto dimenticare l’approccio settoriale e valutare la coltura nel suo contesto globale. La malattia è sempre la risultante dell’interazione della pianta con il patogeno, l’ambiente e gli antagonisti naturali. L’agricoltura biologica a cui dobbiamo tendere è un agricoltura che si autoalimenti, in cui l’intervento fungicida sia solo l’ultimo strumento a disposizione quando tutto il resto ha fallito. Quest’affermazione, condivisibile dal punto di vista teorico, è attualmente più filosofica che reale. La realtà è che l’agricoltore deve fare i conti con la Peronospora ogni volta che piove e che bastano poche minuscole zoospore per devastare la coltura. Per cercare di dare una risposta a queste problematiche, presso l’Istituto agrario di San Michele all’Adige è stata programmata un’attività NOTIZIARIO ERSA 6/2001 di ricerca articolata su più piani: un lavoro di sperimentazione per l’ottimizzazione dell’uso del rame (individuazione dei migliori formulati rameici impiegabili, dei più bassi dosaggi applicabili e del momento d’intervento ottimale) diretto a fornire una risposta all’agricoltore nel breve periodo e un lavoro di ricerca complementare tra diversi settori che mira a dare degli strumenti a medio-lungo termine per la viticoltura biologica (fig. 1). L’agire sugli interventi agronomici per limitare la sensibilità della vite alla peronospora non è assolutamente risolutivo e la scelta per la coltivazione di zone vocate a bassa pressione della malattia è un’ affermazione corretta, ma piuttosto utopica in quanto ad applicabilità. Al momento l’unica alternativa possibile ai trattamenti o ad interventi contenitivi nei confronti del patogeno è l’ottenimento di viti geneticamente resistenti alla peronospora. Nonostante l’introduzione di geni di resistenza con i metodi tradizionali di miglioramento genetico possa sembrare allettante per la 62 le applicabilità. Inoltre gran parte delle resistenze a P. viticola individuate in Vitis sono di tipo poligenico, cosa che rende difficile l’ottenimento di incroci con resistenza assoluta. Molto spesso i geni di resistenza sono associati a caratteri qualitativi sgraditi e quindi gli incroci danno luogo a piante con produzioni non molto interessanti dal punto di vista qualitativo. Soltanto Regent fino ad ora ha dato risultati proponibili sul mercato, anche se ulteriori nuovi incroci più promettenti sono in fase di sperimentazione in alcuni Istituti di ricerca. Infine è necessario ricordare le difficoltà oggettive per la valutazione della progenie degli incroci, in quanto è necessario attendere dalle piante una produzione sufficiente per effettuare una microvinificazione. Per risolvere parte di questi problemi è necessario capire le interazioni tra la pianta ed il patogeno ed individuare i geni che controllano la resistenza alla malattia e gli aspetti qualitativamente graditi o sgraditi. Solo mediante affidabili marcatori molecolari è possibile accelerare i programmi di breeding, selezionando già nelle fasi iniziali le piante che portano caratteri giudicati interessanti e scartando quelle con caratteri non desiderati. Attualmente sono in corso ricerche che, se sciolto il nodo legislativo, dovrebbero portare, nel medio periodo, all’ottenimento di varietà interessanti sia dal punto di vista della resistenza alle malattie, sia della qualità. Un altro aspetto legato alla pianta che, debitamente approfondito, potrà portare benefici anche Imp_6_2001_3.qxd 13/02/2002 10.12 Pagina 63 Fig. 2 - Programma schematico per il controllo biologico mediante l’utilizzo integrato di antagonisti con diverso meccanismo d’azione ESTATE iperparassiti, inibitori di sporulazione ed induttori di resistenza PRIMAVERA AUTUNNO induttori di resistenza e di ipovirulenza iperparassiti e competitori INVERNO inibitori, iperparassiti e competitori delle forme svernanti nel settore biologico è l’induzione di risposte di difesa da parte della pianta nei confronti del patogeno. Queste forme di difesa sono legate al riconoscimento del patogeno da parte della pianta e all’attivazione di sistemi enzimatici che portano alla limitazione o blocco dell’organismo patogeno. L’induced resistance (IR) o la systemic acquired resistance (SAR) sembrano promettenti, in quanto è sufficiente l’attivazione mediante alcune molecole (molte volte dei piccoli polipeptidi, prodotti naturalmente dal patogeno) o di particolari microrganismi (es. Bacillus spp.) per ottenere un grado, a volte anche piuttosto elevato, di tolleranza alla malattia. Nel caso della peronospora i risultati finora ottenuti indicano che probabilmente sarà difficile ottenere un controllo totale della malattia, ma sicuramente si potrà arrivare ad una riduzione notevole di sensibilità, che con opportuni interventi integrativi potrebbe portare ad una limitazione consistente dell’impiego di rame. Forse la prospettiva più interessante è data dall’impiego degli organismi antagonisti del patogeno, che si trovano naturalmente nel vigneto. Nel caso della peronospora, a causa del suo meccanismo d’infezione, probabilmente sarà molto difficile individuare un organismo che possa essere utilizzato direttamente contro il patogeno. La via che sia sta percorrendo è quella dell’individuazione di un pool di microrganismi che possano interagire con diverse fasi della malattia e che, opportunamente integrati fra loro, permettano di ottenere una consistente riduzione del patogeno. Si stanno valutando organismi che presentino attività d’iperparassitizzazione od inibizione della fase svernante (oospora), che siano in grado da agire da induttori di IR, che inibiscano la germinazione dello sporangio e delle zoopspore e che iperparassitizzino le sporulazioni del fungo (fig. 2). La novità dell’approccio consiste nel cercare d’integrare tutti questi meccanismi, insufficienti se utilizzati singolarmente, per ottenere un rilevante calo della pressione d’inoculo. In tal modo, potrebbero essere sufficienti apporti molto ridotti di rame, solo in alcune fasi del ciclo vegetativo. Per quanto riguarda sostanze di derivazione naturale con effetto fungicida o fungistatico alter- piante resistenti native al rame, finora non hanno garantito un controllo soddisfacente della peronospora, se non con livelli bassi di malattia. Uno dei problemi di più difficile soluzione è la titolazione dei composti attivi negli estratti vegetali, che quindi non permette l’ottenimento di una standardizzazione dell’efficacia. Allo stato attuale, una viticoltura biologica senza l’uso del rame sembra difficilmente attuabile e soprattutto emerge chiaramente la scarsità di conoscenze necessarie ad una gestione ecologica della vite. Probabilmente solo tra alcuni anni sarà possibile sostituire efficacemente il rame, ma solamente se saremo in grado di sostituire alla mentalità diffusa di «malattia e cura» il concetto di «prevenzione della malattia e gestione integrata degli strumenti di difesa» (fig. 3). Nel prossimo numero del Notiziario saranno riportate le sintesi delle altre relazioni del convegno «Le prospettive della viticoltura biologica». n Fig. 3 - Approccio globale nella lotta alla Peronospora zone vocate • inibitori malattia • attivatori di resistenza antagonisti • iperparassiti • competitori fungicidi naturali interventi agronomici 63 NOTIZIARIO ERSA 6/2001