decadentismo 2

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decadentismo 2
DECADENTISMO
(parte II)
La rivoluzione del linguaggio – Se la poesia diventa, con il Decadentismo, uno strumento per
rivelare il mistero di una realtà che non è più possibile cogliere attraverso gli strumenti della logica
e della scienza, allora anche il linguaggio attraverso cui essa si esprime subirà una profonda
trasformazione.
Non più immagini chiare e precise, ma un gusto per il vago, l’impreciso, capaci di evocare una
sensazione di mistero. La parola perde la sua funzione di strumento comunicativo, per acquistare
quello evocativo della formula magica. Talvolta il poeta sembra non rivolgersi nemmeno a un
pubblico, ma parlare esclusivamente a sé stesso, divenendo a tratti oscuro e incomprensibile.
Pubblico e artista – Quanto descritto sopra è il tratto distintivo di una figura di artista
“aristocratico” che disprezza il pubblico borghese, ritenuto mediocre e volgare e si chiude nella
celebrazione di un’arte di estrema raffinatezza, destinata a un pubblico eletto, di pochi iniziati.
Si tratta anche di un atteggiamento polemico nei confronti della nuova “letteratura di massa”, fatta
di romanzetti ripetitivi, fatti “in serie”, destinati al grande pubblico attraverso la pubblicazione a
puntate su giornali e riviste per famiglie (romanzi di appendice).
Poesia e musica – Tra i mezzi preferiti dagli autori decadenti per creare effetti di misteriosa
suggestione, c’è la ricerca di parole che vengono scelte e accostate più per il loro valore fonico,
musicale, che per quello legato al significato.
Per i decadenti la musica è l’arte suprema, proprio perché è svincolata dalla necessità di trasmettere
un messaggio logico – razionale; in tal modo, grazie al suo valore puramente suggestivo, è capace
di agire sulle aree più profonde e impenetrabili della psiche, fino a produrre veri e propri stati di
estasi.
Un esempio italiano di poesia fortemente legata ai valori musicali della parola è dato da Giovanni
Pascoli, le cui opere sono intessute di onomatopee e eleganti ricerche foniche.
L’uso di metafore oscure e di sinestesie1 è anche un elemento caratteristico del linguaggio
decadente.
I TEMI DELLA LETTERATURA DECADENTE
Malattia e nevrosi
La letteratura decadente rappresenta l’immagine di una civiltà “malata”, “decadente” appunto,
vicina ad un prossimo crollo.
D’altro canto la malattia, in particolare la malattia mentale, è vista quasi come una condizione
privilegiata, un segno dell’isolamento sprezzante dell’intellettuale di fronte alla massa che lo
disgusta, addirittura un fondamentale strumento conoscitivo.
Il protagonista del romanzo La coscienza di Zeno (1923) di Italo Svevo attraverso la sua malattia
riesce ad avere una visione più acuta di sé stesso e della realtà. Caratteristica, invece, della salute è
quella di non porsi domande.
Il gusto decadente ama tutto ciò che è corrotto, impuro, cadente; la città decadente per eccellenza è
Venezia, che coniuga in sé rovina, raffinatezza e mistero. A Venezia, per esempio, sono ambientati i
romanzi Il fuoco di Gabriele D’Annunzio e Morte a Venezia di Thomas Mann.
1
Forma particolare di metafora, che consiste nell'associare in stretto rapporto due termini appartenenti a sfere sensoriali
diverse: 'va col suo pigolio di stelle' (Giovanni Pascoli, Il gelsomino notturno); 'le trombe d'oro della solarità' (Eugenio
Montale, I limoni). Con la sinestesia (dal greco synáisthesis, 'percezione congiunta') si rende più incisivo o suadente il
messaggio, perché si mobilitano contemporaneamente sensi diversi.
La figura dell’inetto – una delle più caratteristiche figure della letteratura decadente è
rappresentata dall’inetto a vivere.
L’inetto è un personaggio escluso dalla vita a cui non sa partecipare per mancanza di energie vitali,
per una “malattia” che corrode la sua forza di volontà. Si tratta spesso di una persona dotata di alte
qualità intellettuali; anzi, spesso è proprio l’eccesso di pensiero, il suo continuo osservarsi e
analizzarsi, che bloccano ogni capacità di azione, di gettarsi nella vita. Rimarranno solo le sue
fantasie a compensare la frustrazione di una realtà non vissuta.
Tipici rappresentanti di questa figura sono i protagonisti dei romanzi di Italo Svevo, di Antonio
Fogazzaro, di Luigi Pirandello…
Il superuomo – L’altra faccia della medaglia rispetto all’eccesso di pensiero che blocca ogni azione
è dato dal cosiddetto vitalismo. E’ l’esaltazione della vita senza nessun tipo di freno inibitorio, la
celebrazione della forza barbarica che impone il suo dominio sui più deboli.
Un tipico esponente letterario di questo filone (che prende le mosse dal pensiero filosofico di
Nietzsche) è Gabriele D’Annunzio.
Inetto e superuomo sono, in realtà, come si è detto, due facce della medesima medaglia: sia l’uno
che l’altro rappresentano il rifiuto della “normalità borghese”, dei valori morali comunemente
accettati. L’artista prende polemicamente le distanze da questa “normalità”, tanto orgoglioso della
sua diversità da rovesciare in segni di nobiltà anche i suoi tratti negativi, “malati”.
Il “poeta maledetto” – Nasce così una delle figure più tipiche dell’epoca, quella dell’”artista
maledetto”. In aperta e compiaciuta polemica con i valori e le convenzioni del suoi tempo, l’artista
sceglie deliberatamente di condurre una vita misera, errabonda, priva di regole, condotta fino al
limite estremo dell’autoannientamento attraverso l’uso di alcol e droghe.
Questo “modello”, già inaugurato da Baudelaire, sarà seguito da diversi artisti: i poeti francesi
Verlaine e Rimbaud, per esempio. Quest’ultimo affermava tra l’altro che attraverso la “sregolatezza
di tutti i sensi” il poeta avrebbe potuto trasformarsi in “veggente”.
La donna fatale – Altra figura tipica è quella di una donna dominatrice nei confronti di maschi
fragili e sottomessi. Si tratta di figure femminili dal fascino vampiresco, a cui l’uomo non può
sfuggire, figure di donne perverse e crudeli che portano gli uomini alla follia e alla disperazione.
Esempi di questo tipo di eroina si hanno nelle opere teatrali di D’Annunzio o nella Salomè di Oscar
Wilde, ad esempio
-O-O-OIl romanzo psicologico – caratteristica degli eroi decadenti è una psicologia complessa,
contraddittoria. Gli autori decadenti sono affascinati dall’esplorazione della psiche, dai suoi aspetti
più contraddittori, oscuri, inconfessabili.
Il genere prediletto non è più allora il romanzo realistico che studia le psicologie individuali in
relazione agli ambienti sociali, ma il romanzo psicologico, nel quale la sfera sociale scompare o
viene messa in secondo piano per gettarsi nell’esplorazione profonda dei labirinti della psiche di un
singolo individuo.
Con Pirandello verrà messo in crisi il concetto stesso dell’unità dell’io: la condizione mentale di un
individuo verrà vista come un fluire magmatico di stati psicologici, privi di una vera unità. L’io
unitario si frantuma e si trasforma in una infinità di io diversi a seconda delle differenti circostanze.