Azione - Settimanale di Migros Ticino Vignette che parlano

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Azione - Settimanale di Migros Ticino Vignette che parlano
Vignette che parlano
/ 13.02.2017
di Ovidio Biffi
Tra i più bei lavori giornalistici con la redazione di questo settimanale, oltre a un inserto/survey sulla
Svizzera che proponeva, tradotto in italiano, l’analogo fascicolo pubblicato dagli analisti della rivista
britannica «Economist», mi piace ricordare soprattutto i numeri speciali di fine anno: quelli
pubblicati prima di Natale – affidati a scrittori, illustratori e personalità religiose (tra cui anche
l’attuale cardinal Gianfranco Ravasi) – e quelli attorno a Capodanno, in cui inserivamo un riepilogo
incentrato su vignette e citazioni, quest’ultime scelte per privilegiare i messaggi che cronache o
avvenimenti suggerivano. In casa ho ancora alcuni faldoni pieni delle mie («strane» le definiva
qualcuno) raccolte di vignette: ogni mese archiviavo una dozzina di ritagli, tratti da riviste o
quotidiani (a dominare era il mitico «Herald Tribune» che regalava ogni giorno una vignetta e strisce
di fumetti) e a fine anno con colleghi e tipografi ne sceglievo poche, cercando di rievocare
avvenimenti o personaggi del mese, anche se sovente si finiva per privilegiare e riproporre quelle
che consideravamo le migliori vignette dell’anno. A parte alcuni Altan geniali («Mi vengono in mente
opinioni che non condivido»), tra le tante «usate» una si merita ricordo imperituro. Sulla vignetta si
vede una scala che sale in cielo, sino a scomparire tra le nuvole, lasciando immaginare il paradiso o
comunque l’ultimo viaggio. Alcune persone ritratte di spalle precedono un distinto signore, ben
vestito, che al centro sta telefonando e dice: «Questi avvocati! Quando c’è più bisogno di loro, non si
fanno mai trovare…».
Rievoco questi aneddoti perché negli ultimi mesi vignette e vignettisti hanno ritrovato un posto di
primo piano nelle cronache. Il «punto zero» di questo ritorno andrebbe retrocesso a due anni fa,
all’attentato contro il giornale satirico «Charlie Hebdo», rivista che ora è tornata alla ribalta per
alcune sgradevoli vignette sui morti sotto la valanga in Abruzzo, meritandosi questo commento del
collega Mimmo Lombezzi: «Più che rabbia queste “vignette” spettrali, in cui il terrore della propria
fine ha spento la pietà per quella degli altri, suscitano un sentimento di pena». Prima ancora, in
dicembre, mi aveva colpito la quasi contemporanea morte dei vignettisti della Svizzera romanda
Raymond Burki e Philippe Bécquelin che avevano un seguito mediatico notevole. Mentre Burki era
un disegnatore tradizionale, più umorista che satirico, diventando editorialista senza parole del
quotidiano «24 Heures», il secondo, che si firmava Mix & Remix, metteva in scena una corrosiva
satira e con le sue figure stilizzate realizzate per l’«Hebdo» (testata defunta anch’essa da pochi
giorni…) aveva rivoluzionato il giornalismo disegnato non solo in Svizzera. La differenza fra i due è
ben fotografata da un aforisma di Roland Knox: «L’umorista corre con la lepre, il satirista insegue
con i cani».
Alla fine è però stato un disegno pubblicato il mese scorso sulla rivista «The New Yorker» a
convincermi a dedicare questo spazio a vignette e vignettisti. Anzi, a essere precisi l’illustrazione è
apparsa sulla pagina Facebook del popolare periodico statunitense. Mostra la carlinga di un aereo in
cui un passeggero si rivolge agli altri passeggeri dicendo: «Questi piloti snob e arroganti non sanno
più riconoscere i bisogni dei passeggeri normali come noi. Chi pensa che dovrei guidare io l’aereo?»,
e sono in molti, tra i passeggeri, ad alzare la mano. La vignetta, firmata da Will McPhail, sui social
media è subito diventata virale: gli utenti hanno immediatamente captato e commentato la
sottilissima satira del disegno contro l’ascesa dei diversi «populismi» in atto un po’ ovunque nel
mondo politico occidentale, compreso ovviamente quella che ha permesso a Donald Trump di
diventare presidente degli Stati Uniti. Per diversi giorni anche sui blog dei giornali online di casa
nostra che hanno pubblicato e commentato la vignetta di McPhail c’è stato un colorito dibattito,
ovviamente centrato su «populismi», politici imbonitori e millantatori. Difficile fare un bilancio o un
resoconto delle variegate e generalmente faziose posizioni dei blogger (nella vignetta di McPhail
qualcuno è persino riuscito a vedere una critica agli intellettuali che disprezzano i populismi...).
A mio avviso merita citazione, a mo’ di chiusura, il commento di un lettore de «Il Fatto quotidiano»
alla vignetta del «New Yorker»: «Il politico non deve “saper guidare un aereo” ma deve sapere dove
andare o meglio la rotta da seguire con l’aereo e la deve dichiarare durante la campagna elettorale.
Io semplice cittadino, con il mio voto accetto e convalido quella rotta. La bravura del politico deve
consistere nel sapersi circondare di tecnici (piloti) in grado di portare la nazione (aereo) dove
inizialmente aveva dichiarato. Purtroppo, sempre rimanendo nella metafora, siamo in presenza di
compagnie aeree (partiti politici) che dichiarano una destinazione e quando sali sull’aereo ti portano
da tutt’altra parte». Ovviamente si riferiva solo all’Italia…