CONCLUSIONI
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CONCLUSIONI
CONCLUSIONI Come evidenziato dettagliatamente nel Capitolo I, il nostro studio ha incontrato severi limiti in ordine alla disponibilità di dati, da attribuire alla scarsa collaborazione delle aziende nel rispondere in modo esauriente ai questionari inviati. Questo limite non ci consente di fornire al Comitato indicazioni in qualche modo dettagliate circa le modalità da seguire per una revisione del Metodo Normalizzato. Tuttavia, riteniamo che i risultati ottenuti ci consentano di esprimere sinteticamente al Comitato alcune raccomandazioni per procedere verso la revisione del metodo. La prima raccomandazione è quella di proseguire, stimolando opportunamente le aziende anche sulla base della normativa vigente, nella raccolta dei dati secondo il formato impiegato nel questionario da noi utilizzato. Il questionario (si veda l’appendice A.2) fornisce a nostro avviso una valida traccia per la raccolta dei dati necessari ad una revisione del metodo; appare più semplice del questionario a suo tempo utilizzato in sede di predisposizione del metodo, ma allo stesso tempo provvede ad una migliore puntualizzazione delle variabili economiche e migliora la rilevazione delle variabili strutturali. La banca dati fornita al Comitato è costruita sulla base del questionario e potrà essere agevolmente ampliata e aggiornata. Come abbiamo visto, la nostra ricerca ha, inoltre, evidenziato la rilevanza di alcune problematiche contabili, che riguardano il concorso alla formazione del patrimonio ed alla determinazione del reddito delle immobilizzazioni materiali ed immateriali direttamente implicate nei processi di gestione delle risorse idriche. In questa prospettiva, poiché i gestori delle risorse operano ed opereranno in regime di concessione, specifico risalto assume la contabilizzazione e rappresentazione in bilancio dei beni non di proprietà utilizzati in concessione e dei beni di proprietà devolvibili. Come noto, i primi sono rappresentati da beni demaniali e patrimoniali indisponibili, oggetto del diritto di concessione, che sono affidati dall’ente concedente e sono funzionali alla gestione del servizio. In genere, la convenzione di concessione stabilisce l’obbligo di restituire in perfette condizioni di funzionamento le opere e gli impianti, non di proprietà, utilizzati in concessione. Per tale tipologia di beni, dunque, l’impresa concessionaria deve sostenere i seguenti costi: i) costi di acquisizione del diritto di concessione, sostenuti all’inizio o durante il rapporto; ii) costi di manutenzione e riparazione, aventi natura conservativa ed operati per: 137 mantenere in condizioni di normale funzionamento i «beni non di proprietà», onde garantire la produttività e la sicurezza originarie e la vita utile prevista; ripristinare la funzionalità originaria dei «beni non di proprietà», ponendo riparo a guasti e rotture, durante il periodo di concessione oppure in occasione della consegna dei beni o delle aree detenute in concessione; iii) costi di ampliamento e miglioramento, volti ad ammodernare, ampliare e migliorare gli elementi strutturali dei «beni non di proprietà», in modo da aumentarne la capacità, la produttività, la sicurezza o la vita utile. I beni di proprietà devolvibili sono beni costruiti dal soggetto gestore la cui titolarità deve, alla scadenza della concessione, essere trasferita agli enti concedenti in condizioni di normale funzionamento. Inoltre, nel caso in cui il contratto di concessione fra autorità d’ambito e soggetto gestore lo preveda, la devoluzione potrà essere gratuita. I beni in questione assumono, allora, i caratteri dei beni gratuitamente devolvibili. L’obbligo di devolvere i beni in condizioni di normale funzionamento comporta ulteriori conseguenze. Se le immobilizzazioni hanno vita utile superiore alla durata della concessione, l’impresa concessionaria deve realizzare, durante la concessione o al termine della medesima, i lavori di riparazione e manutenzione necessari per restituire i beni in buono stato di funzionamento. Se, invece, le immobilizzazioni hanno vita utile inferiore alla durata della concessione, queste devono essere rinnovate, una o più volte, durante la concessione, appena terminano di offrire servizi utili al processo produttivo; solo in questo modo, alla scadenza della concessione, possono essere restituiti beni in condizione di funzionare normalmente. All’atto della devoluzione, inoltre, potrebbero rendersi ugualmente necessari interventi di manutenzione e ripristino per restituire in buono stato di funzionamento quei beni che sono stati rinnovati per l’ultima volta e la cui vita utile residua termina dopo la scadenza della concessione. Dalle condizioni di devoluzione della «proprietà di concessione» derivano, dunque, costi di acquisto o di produzione delle immobilizzazioni, sostenuti all’inizio o durante il rapporto di concessione. A questi si aggiungono, analogamente ai beni non di proprietà, costi di manutenzione e riparazione e costi di ampliamento e miglioramento. Nel caso di immobilizzazioni con vita utile inferiore alla durata della concessione si pone un ulteriore, rilevante questione. Infatti, occorre considerare che il calcolo dell’ammortamento sul valore di costo originario dei beni consente di mantenere l’integrità del capitale solo e si assume l’ipotesi di una sostanziale costanza del loro costo di sostituzione. Se al contrario, è ragionevole prevedere che, a causa di svalutazione monetaria o per altre ragioni, il costo di sostituzione risulti notevolmente più alto del costo storico, non è sufficiente che i ricavi permettano di reintegrare il costo storico, ma è necessario che reintegrino anche il 138 costo di sostituzione dei fattori produttivi durevoli. In caso contrario, l’impresa concessionaria potrebbe non essere più in grado di rinnovare la proprietà di concessione e/o restituire il capitale ai soci in caso di cessazione dell’attività. Con riferimento alle su indicate problematiche contabili, si ritiene opportuno che il Comitato provveda a indicare alcune linee guida di contabilizzazione alle quali i gestori si dovrebbero attenere. Le auspicate linee guida dovrebbero avere l’obiettivo di ottenere un comportamento contabile corretto e, soprattutto, standardizzato da parte di tutti i diversi gestori. Quanto ai beni non di proprietà utilizzati in concessione, le linee guida sono di fatto contenute nei Principi Contabili elaborati dalla Commissione nazionale per la statuizione dei principi contabili degli ordini dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri. Si tratta di principi ormai sufficientemente noti ed accettati. Tuttavia, non essi sempre trovano una generale diffusione ed una puntuale applicazione nella realtà operativa. Per di più, occorre considerare che non esistono Principi Contabili specificamente dedicati ai beni non di proprietà utilizzati in concessione. Questi sono trattati in alcune parti dei principi dedicati alle Immobilizzazioni Immateriali e Materiali. Queste circostanze ci sembrano giustificare una esplicita attenzione ai Principi Contabili da parte del Comitato, il quale potrebbe richiamare ai gestori attuali e futuri il ruolo giuda di tali principi ai fini della redazione del bilancio. In particolare, il Comitato potrebbe fornire, ove necessario, esemplificazioni e chiarimenti interpretativi volti a consentire una piena e concreta applicazione dei Principi Contabili. In sostanza, si tratterebbe di mettere in adeguata ed opportuna evidenza le parti di quei principi già codificati che contengono indicazioni utili per il trattamento delle tematiche contabili in parola, rileggendo tali principi alla luce delle specifiche problematiche del settore delle risorse idriche. Quanto ai beni di proprietà in concessione, la situazione è sicuramente più complessa e delicata. Infatti, i PC sino ad oggi emanati nel nostro paese non trattano, se non incidentalmente, la questione. La logica conseguenza dell’assenza di regole di comportamento è la coesistenza di soluzioni contabili profondamente eterogenee e a volte discutibili adottate dalle imprese concessionarie della gestione di pubblici servizi, con ovvi problemi di confrontabilità nello spazio dei bilanci. Il Comitato, pertanto, in attesa di un pronunciamento della Commissione nazionale per la statuizione dei principi contabili, potrebbe intervenire proponendo, se non un vero e proprio principio contabile, quanto meno delle regole di comportamento alle quali i gestori sottoposti a vigilanza dovrebbero attenersi. A tal fine sarebbe necessario compiere uno sforzo di 139 approfondimento che, muovendo dall’osservazione della realtà e dai contributi della migliore teoria, giunga a definire criteri di generale accettazione che servano di guida alla pratica. Le regole dovrebbero essere fissate in modo da assicurare una contabilizzazione uniforme degli oneri connessi ai programmi di costruzione, esercizio e ripristino dei beni reversibili sostenuti dai gestori. Si tratta, in particolare, dei costi derivanti da: gratuita devoluzione all’ente concedente, alla scadenza della concessione, dei beni reversibili con durata superiore a quella della concessione; recupero dell’investimento relativo ai nuovi investimenti da realizzare in base alla convenzione nel periodo di esercizio della concessione; sostituzione dei beni reversibili con vita utile inferiore al periodo di durata della concessione; perdita di devoluzione dei beni reversibili con vita utile superiore al residuo periodo di durata della concessione; ripristino e sostituzione dei componenti soggetti ad usura dei beni reversibili. L’esigenza prospettata appare pressante se si tiene conto non tanto della situazione attuale quanto dei futuri assetti del settore. E’ certo, infatti, che in futuro i gestori saranno chiamati a sostenere ingenti investimenti per realizzare i piani di sviluppo delle strutture e delle risorse idriche. Specie laddove la forma di gestione dei servizi idrici prescelta dall’Autorità d’Ambito sia la concessione a privati, questi investimenti daranno vita al formarsi, nei bilanci di tali soggetti, di assets qualificabili contabilmente come beni di proprietà in concessione. Passando ad esaminare i risultati ottenuti con le nostre stime econometriche, rileviamo anzitutto come queste non confermino i risultati che sono stati presi come base per definire il Metodo Normalizzato. Non ci è purtroppo possibile valutare se ciò dipenda dalla grande differenza nelle numerosità dei due campioni: quello di 160 aziende su cui sono state stimate le regressioni per la costruzione del Metodo Normalizzato non è infatti più disponibile. I modelli che hanno ottenuto i migliori risultati di stima sono assai più semplici di quello posto alla base del Metodo. Nel nostro campione, l’80% della varianza del costo medio del servizio di erogazione è spiegato da tre variabili: la densità dell’utenza, i metri cubi erogati e il costo pro-capite del personale. Questo nostro risultato appare analogo ad altre valutazioni, recentemente compiute dalla Competition Commission della Gran Bretagna, la quale, esaminando i casi Sutton e East Surrey, ha giudicato troppo complesso il modello tariffario utilizzato da Ofwat – a cui si ispira, come è noto, quello italiano. Ad esso è stato preferito un modello enormemente più semplice, che spiega i costi sulla base del numero di abitanti e dei volumi erogati. 140 La nostra raccomandazione su questo punto è dunque quella dio utilizzare modelli più semplici di quello impiegato per la costruzione del Metodo Normalizzato. Spesso essi danno risultati altrettanto buoni, se non migliori, di modelli assai più complessi. Essendo poi tali modelli da impiegarsi in Ambiti Territoriali che appaiono significativamente diversi tra loro, quanto a quantità e qualità dei dati disponibili, riteniamo che l’uso di modelli semplici debba essere preferito ogni volta in cui sia possibile. Questa conclusione generale è confermata dai risultati ottenuti per il servizio di fognatura, ove il modello (assai semplice) del Metodo risulta sostanzialmente determinato anche dalle nostre stime. Per quanto riguarda il servizio di depurazione, abbiamo per contro mostrato come una specificazione “economica” della funzione di costo sia nettamente superiore alla specificazione “ingegneristica” a suo tempo utilizzata. L’uso di modelli economici consente quindi in generale di ottenere risultati accettabili nella stima di funzioni di costo per i tre segmenti di business del servizio idrico. Modelli semplici danno risposte soddisfacenti, e potranno essere più facilmente utilizzati dagli Ambiti Territoriali. Queste sono dunque, in estrema sintesi, le principali conclusioni del nostro lavoro: per i problemi di disponibilità dei dati più volte citati, questo non può certamente avere carattere conclusivo. Riteniamo tuttavia che esso possa fornire inputs utili al riesame del Metodo Normalizzato che il Comitato di Vigilanza ha intrapreso. 141 APPENDICE TARIFFE E DOMANDA DI ACQUA PER USI CIVILI: UN’ANALISI DELL’EVIDENZA EMPIRICA INTERNAZIONALE 142 A. PREMESSA Nella presente appendice si vuole tracciare una panoramica, il più ampia possibile, sui costi dell’acqua per usi civili e sulle principali forme di tariffazione diffuse nei paesi dell’OECD. Il lavoro prende l’avvio dall’analisi comparata del consumo d’acqua per usi civili all’interno dei paesi dell’OECD. Dopo aver realizzato un’analisi comparata delle strutture tariffarie e degli strumenti utilizzati al fine di controllare e condizionare i livelli di consumo degli utenti, si analizzano le principali determinanti del consumo d’acqua per usi civili. in particolare, si esamina il legame esistente tra il consumo di tale risorsa, il prezzo della stessa e il reddito individuale procapite. 1. L’UTILIZZO DELLE RISORSE IDRICHE Lo studio delle determinanti dei consumi d’acqua per usi civili, all’interno dei paesi OECD, si sviluppa a partire dall’analisi delle diverse modalità di utilizzo della risorsa idrica. Seguendo la ripartizione proposta dal Mediocredito Centrale1 queste possono essere ricondotte all’interno di tre gruppi principali, distinti in base alla categoria d’utenza: uso agricolo; uso industriali; uso civile (questa categoria comprende: i consumi delle famiglie, gli usi pubblici e i consumi delle aziende commerciali e le altre attività economiche). Come si può rilevare dalla tavola2 1.1 (pag. seguente), la maggior parte dell’acqua estratta viene destinata alla produzione di energia elettrica o ad usi agricoli. Risulta meno elevato il consumo di acqua proveniente dal settore industriale e l’utilizzo dell’acqua per usi civili. 1 Mediocredito Centrale (1997), Il sistema idrico in Italia: situazione attuale e prospettive. La classificazione proposta dall’OECD scorpora dalle categorie precedentemente individuate i consumi delle centrali elettriche e una categoria residuale. 2 143 Tavola 1.1 Utilizzo della risorsa idrica ripartito per categorie di utenza. Percentuale di acqua consumata, rispetto al totale di acqua estratta, per le principali tipologie di consumo. Fornitura per usi civili % 27 12 11 40 28 16 15 11 15 2 20 52 4 5 11 20 19 5 11 32 24 13 31 11 18 Industria % Agricoltura % Centrali elettriche % 80 63 33 n.d. 19 63 56 40 51 11 n.d. 61 42 n.d. n.d. n.d. 23 19 n.d. n.d. n.d. 46 48 44 66 7 Austria 8 n.d. Belgio 16 9 Canada 24 2 Rep. Ceca 28 35 Danimarca 65 Finlandia 10 12 Francia 29 2 Germania 4 40 Grecia 7 40 Ungheria Italia 20 50 n.d. 3 Lussemburgo 3 32 Messico 20 33 Olanda n.d. 73 N. Zelanda n.d. 7 Norvegia n.d. 10 Polonia 13 59 Portogallo 6 64 Spagna n.d. 12 Svezia n.d. 4 Svizzera n.d. 77 Turchia 14 6 UK 7 34 US 20 28 Media N.d. = non disponibile. Fonte: OECD (1999), Industrial water pricing in Oecd countries, Parigi. Altro % 2 10 2 4 3 4 Tuttavia poiché, per quanto riguarda l’acqua destinata alle centrali idroelettriche, non si può parlare di consumo della risorsa idrica in quanto quest’ultima può essere riutilizzata, analizziamo le principali tipologie di consumo al netto del settore idroelettrico. 144 Tavola. 1.2. Utilizzo della risorsa idrica ripartito per categorie di utenza. Percentuale di acqua consumata, rispetto al totale di acqua estratta, per le principali tipologie di consumo, al netto del consumo del settore idroelettrico. Fornitura per usi civili Industria Agricoltura Altro % % % % 31 44 25 Canada 59 35 3 3 Rep. Ceca 28 28 35 10 Danimarca 41 27 32 Francia 25 66 5 5 Germania 25 7 68 Grecia 4 14 82 Ungheria 22 22 56 Italia 10 8 82 Messico 9 34 57 Olanda 6 17 77 Portogallo 14 7 79 Spagna 57 26 11 6 UK 21 13 65 US 25 28 46 6 Media Fonte: nostra elaborazione su dati OECD (1999), Industrial water pricing in Oecd countries, Parigi. L’analisi della tavola 1.2, relativa ai consumi della risorsa idrica al netto dei consumi del settore idroelettrico, consente alcune considerazioni. Le nazioni OECD possono, infatti, essere suddivise in quattro gruppi. Al primo appartengono le nazioni in cui è prevalente il consumo per usi agricoli: Messico, Ungheria, Spagna, Portogallo, Italia, Grecia, Stati Uniti, Danimarca. Al secondo gruppo appartengono le nazioni in cui prevale il consumo industriale: Austria, Canada, Germania. Queste regioni, ad eccezione del Canada, presentano un bassissimo consumo per usi agricoli. Al terzo gruppo appartengono, infine, i paesi con un elevato consumo per usi civili: la Repubblica Ceca, il Regno Unito, la Francia. È importante tenere presente che all’interno dei singoli gruppi esistono delle situazioni fortemente disomogenee in quanto, pur essendo prevalente una certa tipologia di consumo, le singole nazioni si attestano su percentuali molto differenti. Per esempio, la Danimarca, che si distingue per la prevalenza relativa del consumo per usi agricoli, presenta livelli elevati di consumi civili e industriali; viceversa, l’Ungheria e il Portogallo presentano un consumo agricolo molto elevato e un consumo per usi civili estremamente ridotto. 145 Tavola 1.3. Estrazione dell’acqua per usi civili. M3 PRO CAPITE GIORNALIERI CANADA MESSICO USA GIAPPONE COREA AUSTRALIA N. ZELANDA AUSTRIA BELGIO REP. CECA DANIMARCA FINLANDIA FRANCIA GERMANIA UNGHERIA ISLANDA IRLANDA ITALIA LUSSEMBURGO OLANDA POLONIA PORTOGALLO SPAGNA SVEZIA SVIZZERA TURCHIA UK 0,497 0,246 0,585 0,357 0,381 0,480 0,144 0,239 0,200 0,262 0,246 0,226 0,281 0,132 0,225 0,841 0,359 0,383 0,221 0,232 0,174 0,111 0,300 0,295 0,426 0,222 0,323 Fonte: OECD (1998), sustainable consumption indicators - part iii measured indicators - selected trends and patterns, Château del la Muette, 29 settembre - 1 ottobre 1998. I dati relativi alla percentuale d’acqua estratta per usi civili, presentati in uno studio dell’OECD3, ci danno una prima idea sul consumo di acqua nei diversi Paesi dell’OECD stessa (Cfr. Tavola 1.3). Poiché l’assenza di rilevazioni sistematiche dei dati relativi all’utilizzo della risorsa idrica - dovuta in gran parte alla gestione frammentata della risorsa stessa - non consente l’analisi temporale del fenomeno analizzato, si propone un’analisi statica. I dati riportati nella Tavola 1.3, relativi ai m3 individuali e giornalieri di acqua estratta destinata ad usi civili, possono essere utilizzati come proxy del consumo pro-capite giornaliero. È importante tenere presente che tali dati approssimano per eccesso i consumi effettivi in quanto, trattandosi di una misura dell’acqua estratta ed immessa nell’acquedotto, comprende, oltre al consumo per usi civili, le eventuali perdite o gli sprechi legati al sistema distributivo. L’analisi cluster permette di individuare quattro gruppi di paesi. Al primo gruppo appartengono i paesi che si caratterizzano per un consumo pro capite giornaliero molto 3 OECD (1998) ), Sustainable consumption indicators - part III Measured indicators - Selected trends and patterns, Château del la Muette, 29 Settembre - 1 Ottobre 1998 146 elevato (supera 0,48 m3) Canada, USA, Australia e Islanda. Nel secondo rientrano i paesi che presentano un consumo pro capite giornaliero elevato (compreso fra 0,43 m3 e 0,35 m3): Italia, Svizzera, Irlanda, Corea e Giappone. Nel terzo gruppo rientra la maggior parte dei paesi: Messico, Danimarca, Austria, Olanda, Lussemburgo, Turchia, Finlandia, Ungheria, Belgio, Polonia, Spagna, Svezia, Francia, Repubblica Ceca e Regno Unito che presenta un basso livello di consumo (compreso tra 0.34 e 0.2). Infine, l’ultimo gruppo è costituito da quelle nazioni che presentano un livello di consumi pro-capite giornaliero bassissimo (inferiore a 0,15 m3), tra queste si trovano la Nuova Zelanda, la Germania e il Portogallo . L’analisi dei dati consente di evidenziare l’estrema disomogeneità economica, climatica delle nazioni appartenenti ad uno stesso cluster. Paesi profondamente differenti rispetto all’organizzazione industriale e produttiva, al livello di sviluppo economico e sociale, alla posizione geografica e conseguentemente alla temperatura, quali ad esempio il Portogallo, la Germania e la Nuova Zelanda, sono accomunati sia da bassissimi livelli di consumo pro capite, sia da una bassa percentuale di acqua destinata ad usi civili. In realtà l’appartenenza ai diversi gruppi di consumo, oltre ad essere determinata dalle caratteristiche climatiche, economiche e produttive di una nazione, è spiegabile anche in base alla maggiore o minore efficienza del sistema distributivo. In altri termini, all’interno di un cluster con consumi molto elevati potrebbero trovarsi paesi che, pur non avendo un consumo effettivo elevato, hanno un sistema distributivo inefficiente, caratterizzato da un ammontare consistente di perdite. Tenendo presente che i dati relativi al consumo comprendono anche eventuali sprechi e inefficienze nella distribuzione della risorsa, ci proponiamo di spiegare le determinanti del consumo dell’acqua per usi civili esplicitando il legame esistente tra la struttura e il livello delle tariffe, il reddito e il consumo. 2. LA STRUTTURA TARIFFARIA PER IL SERVIZIO DI FORNITURA La tariffa pagata dall’utente per il servizio di fornitura di acqua, può essere determinata secondo una delle seguenti tipologie, o secondo una combinazione delle stesse. • Tariffa fissa (standing charge o flat fee) viene applicata in modo uniforme ad una determinata classe di utenti generalmente accomunati dall’appartenenza ad una medesima area geografica. Tra i principali criteri utilizzati per la definizione di questa tariffa si segnalano: la capacità della rete o del contatore e la destinazione dell’acqua. La tariffa fissa viene spesso usata congiuntamente alla tariffa volumetrica, qualora esistano dei contatori. In questo caso il canone fisso garantisce la copertura degli ammortamenti, delle spese di installazione e manutenzione (lettura del contatore, fatturazione, spedizione della fattura, spese amministrative etc.), ed i costi operativi. • tariffa basata sul volume di acqua consumata (volumetric rate). tale tariffa solitamente copre i costi variabili collegati alla distribuzione dell’acqua (acquisto, trattamento e pompaggio), direttamente imputabili all’utente. tale tariffa può essere: 1. costante o uniforme. per ogni quantitativo di acqua consumata è mantenuto lo stesso prezzo unitario; 147 2. a blocchi crescenti. il prezzo unitario dell’acqua, aumenta con l’aumentare del consumo secondo scaglioni prestabiliti. questa struttura favorisce il risparmio della risorsa, generando una riduzione della domanda media; 3. a blocchi decrescenti. il prezzo unitario dell’acqua, diminuisce nel passare da un blocco di consumo a quello successivo. concede, quindi, sconti su elevati volumi di utilizzo. Questa tariffa volumetrica può poi essere modulata come frequentemente avviene negli Stati Uniti, a seconda della stagione. • tariffa minima o lifeline pricing. Consiste nell’applicare, ad uno specifico livello di consumo giudicato essenziale, un prezzo unitario solitamente inferiore al rispettivo costo, in modo tale che gli strati più poveri della popolazione possano usufruirne. Questo sistema di tariffazione sopravvive solo grazie alla presenza di sussidi incrociati che consentono trasferire sui consumatori che hanno un reddito più elevato le perdite dovute alle agevolazioni concesse alla fascia disagiata della popolazione. Nel valutare le differenti tariffe esaminate, occorre tener presente che una politica tariffaria efficiente prevede l’equivalenza fra prezzo e costo del servizio fornito, in quanto una tariffa dimensionata ai costi trasmette all’utente un segnale in grado di orientarne razionalmente le scelte economiche. L’equivalenza fra prezzi applicati e costi sostenuti, è una situazione ideale, ma di fatto irraggiungibile, poiché nella determinazione delle tariffe subentrano molteplici fattori quali, ad esempio, le consuetudini passate nell’utilizzare determinate tipologie tariffarie, la necessità conservare la risorsa idrica e di assicurare uno sviluppo economico, il dover assicurare a tutti i cittadini un quantitativo minimo della risorsa: vediamo dunque i sistemi tariffari esistenti in pratica, considerando – sia pure sulla base di dati non sistematici disponibili – la situazione in America e in Europa e la sua evoluzione nel corso degli anni. In America, la American Water Works Association (AWWA) ha pubblicato una raccolta di dati statistici4 relativi a 898 water utility operanti negli USA. Sulla base di tale lavoro è possibile osservare quali tipologie di tariffe sono utilizzate negli usa a livello residenziale e in quale percentuale. La tariffa costante è quella più utilizzata (39%), seguita da quella a blocchi decrescenti (33%); la tariffa a blocchi crescenti occupa solo la terza posizione in graduatoria (22%). 4 AWWA, Water Stat: the water utility database, disponibile sul sito Internet http://www.awwa.org/h20stats/h20stats.htm. 148 Figura 2.1 Struttura tariffaria residenziale applicata da 827 utility degli USA (1996) Forfetaria 4% Stagionale 2% Costante 39% A blocchi crescenti 22% A bocchi decrescenti 33% Fonte: WATER: \STATS 1996 Survey data. 1998 American Water Works Association. Dallo stesso documento è anche possibile ottenere dei dettagli sull’utilizzo delle tipologie tariffarie all’interno delle diverse aree territoriali. Tavola 2.2 Struttura tariffaria utilizzata nelle differenti aree rispetto al totale di tariffe applicate (1996). Struttura della tariffa Midwest South Northeast 46% 34% 31% 46% Costante 3% 58% 40% 32% Decrescente 36% 4% 27% 19% Crescente 15% 4% 2% 3% Altro (stagionali, etc.) Fonte: WATER:\STATS survey of 1000 utilities available on disk Spring 1998. Canada 48% 10% 10% 32% Dalla tavola 2.2 si deduce che la struttura tariffaria a blocchi crescenti è maggiormente applicata nelle aree di minor disponibilità idrica (nell’Ovest e nel Sud rispettivamente il 36% e il 27% delle tariffe sono a blocchi crescenti), in quanto favorisce il risparmio della risorsa. Per lo stesso motivo in tali aree sono frequentemente usate tariffe stagionali. È importante sottolineare che nel corso degli ultimi quindici anni si è verificato un cambiamento progressivo nei criteri di tariffazione applicati per la fornitura d’acqua alle famiglie: il crescente ricorso ad una tariffa a blocchi crescenti si accompagna alla minore rilevanza del criterio a blocchi decrescenti. Nonostante i dati relativi all’ultimo anno disponibile (si veda la tavola I.6.) confermino che la tariffa a blocchi decrescenti è ancora più 149 utilizzata rispetto a quella a blocchi crescenti, il primo criterio viene utilizzato sempre meno frequentemente, mentre cresce in modo sostanziale il ricorso al secondo criterio. Si osservi la tavola 2.3 in cui è indicato il peso percentuale delle utility che applicano una determinata tipologia tariffaria, relativamente al periodo 1982-1997. Nel 1997, circa il 31% delle utility applicava una struttura tariffaria a blocchi crescenti, e dal 1982 al 1997 la tariffa a blocchi crescenti ha conquistato 27 punti percentuali rispetto al totale delle tariffe applicate. Per contro la tariffa a blocchi decrescenti, pur essendo ancora ampiamente utilizzata, nel corso dello stesso periodo ha perso 26 punti percentuali; mentre l’utilizzo della tariffa uniforme è restato praticamente costante. Tavola 2.3. Fornitura di acqua per uso civile: struttura della tariffa domestica negli USA (1982/97). 1982(1) 1987(2) 1991(3) 1997(4) % % % % 1 3 2 Forfetaria (1) - con tariffa stagionale Uniforme rispetto al volume - senza tariffa fissa - con tariffa fissa - con tariffa minima - con tariffa stagionale 35 (2) (7) (26) (-) 32 A blocchi decrescenti - con tariffa fissa - con tariffa minima 60 (4) (56) 51 35 33 (3) (4) 45 34 4 17 17 A blocchi crescenti (3) - con tariffa fissa (1) - con tariffa minima (-) - con tariffa stagionale TOTALE 100 100 100 Numero di utility considerate (90) (112) (145) (1) Lippiatt and Weber (1982). (2) Raftelis (1989). (3) Duke and Montoya (1993). (4) Raftelis Environmental Consulting Group (1998). FONTE: OECD (1999), HOUSEHOLD WATER PRICING IN OECD COUNTRIES. 31 100 (151) Anche in tutta Europa e più in generale nei paesi membri dell’OECD, relativamente agli utenti domestici, si passa dall’applicazione di una struttura tariffaria forfetaria o a due parti (una fissa ed una volumetrica a blocchi decrescenti), verso tariffe a due parti, dove la parte volumetrica è a blocchi crescenti (cfr. Tavola 2.4). Questo criterio risulta essere economicamente efficiente in quanto, consentendo l’applicazione di prezzi prossimi al costo marginale, favorisce un consumo razionale della risorsa idrica ed incentiva il risparmio della stessa. In alcuni paesi (spagna, italia, grecia e belgio) questa tariffa viene modificata per tutelare gli utenti economicamente più deboli. La tariffa sociale prevede un limite superiore 150 alla crescita della tariffa volumetrica applicata ad utenti particolarmente disagiati (famiglie numerose a basso reddito). Tavola 2.4 Struttura tariffaria nei diversi paesi OECD. n. paesi Forfetaria Uniforme rispetto al volume - senza tariffa fissa - con tariffa fissa A blocchi crescenti - con tariffa fissa - con tariffa minima Inghilterra, Norvegia, Nuova Zelanda 3 Repubblica Ceca, Ungheria Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Olanda Polonia, Svezia, Svizzera 2 9 Belgio (2), Italia, Corea (6-10), Messico, Spagna (3), Portogallo (2-5) Grecia (5), Mista (costante a blocchi crescenti e Australia, Lussemburgo, US decrescenti TOTALE 6 1 3 24 Fonte: nostra elaborazione su dati oecd (1999), Household water pricing in OECD countries. Nel commentare i risultati della tavola 2.4, è importante sottolineare che in alcuni casi si ha una forte disomogeneità delle tariffe all’interno di una stessa nazione. È questo, ad esempio, il caso del Lussemburgo, in cui gli oltre 100 comuni mantengono un numero sorprendente di differenti tariffe basate sul volume di consumo, alcune delle quali vengono modificate utilizzando parametri molto complicati per soddisfare bisogni sociali. In Italia la maggior parte delle reti di distribuzione utilizza una tariffa a due parti, con una parte fissa e una volumetrica, solitamente a blocchi crescenti; gli utenti senza contatore pagano un ammontare fisso stabilito in base a determinati indicatori quale, ad esempio, la dimensione della proprietà. In UK e in Nuova Zelanda5, nonostante sia ancora prevalente il ricorso alla tariffa fissa, si sta diffondendo l’utilizzo dei contatori per misurare il consumo di acqua e l’uso delle tariffe volumetriche. In UK due grandi aziende che effettuano il servizio di fornitura di acqua per uso pubblico hanno posto l’obbligo di installare un contatore in tutte le nuove abitazioni e l’obbligo di installare un contatore per misurare l’acqua utilizzata per giardini e piscine, al fine di sensibilizzare l’utenza alle problematiche relative alla risorsa idrica. In uk ciascuna società determina la propria struttura tariffaria ma sia il prezzo, sia la qualità del servizio, 5 Cfr. OECD (1999), Household water pricing in OECD countries. 151 sono regolati da Ofwat (Office of water services) che determina il limite medio annuo per l’aumento delle tariffe. In Francia6, in seguito alla legge sull’acqua del 1992 che ha fra i suoi obiettivi quello di ridurre lo spreco di acqua promuovendo maggior equità nel trattamento degli utenti, è stato proibito l’uso di tariffe forfetarie. Attualmente i comuni, che fissano le tariffe, utilizzano sempre più frequentemente una tariffa volumetrica costante con quota fissa. In Austria7 si applica una tariffa volumetrica che varia fra i diversi land,. Nell’80% dei casi si tratta di una tariffa volumetrica uniforme mentre nel restante 20% si ricorre ad una tariffa a blocchi crescenti (in genere 2 blocchi). Anche in Olanda8 il 90% delle utility applica una tariffa volumetrica costante con una quota fissa che costituisce circa il 5-10%. Solo il 3% applica una tariffa a blocchi crescenti (tariffa a due blocchi) con quota fissa. Attualmente è in discussione l’ipotesi di passare ad una tariffa volumetrica pura senza elementi fissi come quella applicata in ungheria e nella repubblica ceca9.. In Danimarca10 si applica una tariffa volumetrica costante definita dai comuni, senza quota fissa. Dal 1° gennaio 1999, tutte le proprietà connesse con il servizio di fornitura di acqua per uso pubblico, devono essere dotate di un contatore per la misurazione del consumo. In Spagna, se da un lato si incentiva la riduzione dei consumi tramite l’applicazione di una tariffa composta di due parti, una fissa e una volumetrica a blocchi crescenti (in genere 3 blocchi), dall’altro lato si tutelano le classi sociali più deboli ponendo un tetto alla crescita della tariffa stessa. Anche in Portogallo è applicata una tariffa a due parti: una fissa, che varia con la grandezza del contatore in dotazione, ed una volumetrica a blocchi crescenti. I blocchi, che variano da 2 a 5, sono definiti dai singoli comuni. In Germania e Svizzera si applica una tariffa composta da una parte fissa e da una volumetrica uniforme. In queste due nazioni esistono alcuni principi guida per la fissazione delle tariffe che uniformano il comportamento delle diverse società di gestione. Tra questi: la misurazione dei consumi, il principio di copertura dei costi e della remunerazione del capitale investito. Per completezza riportiamo alcune informazioni in merito alla struttura tariffaria relativa ai servizi di fognatura che in molte nazioni è vincolata al servizio di fornitura. I dati a nostra disposizione, riorganizzati nella tavola 2.5, mostrano che nella maggior parte dei casi si tratta di una tariffa volumetrica. 6 Cfr. OECD (1999), Household water pricing in OECD countries. Cfr. OECD (1999), Industrial water pricing in OECD countries. 8 Cfr. OECD (1999), Household water pricing in OECD countries. 9 Cfr. OECD (1999), Household water pricing in OECD countries. 10 Cfr. OECD (1999), Household water pricing in OECD countries. 7 152 Tav. 2.5. Struttura tariffaria per il servizio fognario e di trattamento delle acque. AUSTRIA BELGIO CANADA DANIMARCA FRANCIA GERMANIA GRAN BRETAGNA GRECIA ITALIA PAESI BASSI PORTOGALLO REPUBBLICA CECA SPAGNA UNGHERIA USA TARIFFE SERVIZIO FOGNATURA E TRATTAMENTO DELLE FOGNE Tariffa che varia in base alla tipologia di utilizzo o all’area della casa Tariffa volumetrica; fissa a livello regionale Tariffa fissa a una determinata % di quella per la fornitura Vincolata al servizio di fornitura Tariffa volumetrica applicata sulla base dell’acqua fornita Vincolata al servizio di fornitura Vincolata al servizio di fornitura/ tariffa fissa + 100% dell’acqua utilizzata 40% della bolletta relativa alla fornitura Tariffa volumetrica sulla base dell’utilizzo di acqua Fognatura: tariffa fissa; trattamento: sulla base delle unità di inquinamento prodotte Fognatura: sulla base del valore della proprietà o della quantità di acqua; trattamento: sulla base della quantità di acqua Vincolata al servizio di fornitura Tariffa fissa o volumetrica Vincolata al servizio di fornitura Tariffa volumetrica + fissa FONTE: OECD(1999), HOUSEHOLD WATER PRICING IN OECD COUNTRIES Nel complesso, per quanto riguarda il consumo domestico all’interno dei paesi membri dell’OECD, si può affermare che si sta verificando uno spostamento da una struttura tariffaria a blocchi decrescenti o forfetaria, verso una tariffa volumetrica basata sul consumo effettivo di acqua. Nel 45% dei paesi prevale il ricorso a tariffe volumetriche uniformi, mentre il 29% ricorre a tariffe a blocchi crescenti (cfr. Tavola 2.4). È importante sottolineare che solo la Corea, la Grecia, il Portogallo e in misura minore la Spagna applicano una tariffa a blocchi crescenti realmente progressiva (con più blocchi), in cui si prevede un notevole incremento di prezzo all’aumentare dei consumi. Mentre per quanto riguarda la tariffa volumetrica costante, quest’ultima viene applicata nella sua forma pura esclusivamente da Ungheria e Repubblica Ceca . Lo spostamento verso criteri di tariffazione volumetrici, che si sta verificando nel corso di questi ultimi anni, è dovuto al fatto che, come accennato in precedenza, queste tipologie di tariffazione soddisfano criteri elementari di efficienza economica.. Alcuni studi realizzati negli Stati Uniti e in Spagna (cfr. Tavola 2.6) mostrano che un incremento delle tariffe domestiche, legato alla scelta di applicare delle tariffe volumetriche o che riflettono i costi marginali, incentiva le famiglie a ridurre i propri consumi. 153 Tavola 2.6. Variazione del livello di consumo domestico seguente ad una variazione nella struttura tariffaria. Luogo Anno Tariffa iniziale Tariffa successiva United Water Co., 1981 NY, USA Blocchi Stagionale crescenti, non 150% superiore stagionali Palm Beach, USA Blocchi crescenti e Blocchi crescenti poi decrescenti 3 blocchi 2 blocchi crescenti con crescenti prezzi molto alti per il terzo 1983 1988 Barcellona, 1989 Spain 1996 Consumo giornaliero pro capite iniziale, in m3 Risparmio Fonte Medio: 20%. Nell’ora di punta il Environmental consumo è Agency (1996) sceso da 1.75 a 1.5(1) Medio: 0,76; 14% per grandi grandi utenti > 2,5 utenti(2) 211 (1991) circa 10%(3) i Federico (1990) Sanclemente (1998) (1) Il consumo ha continuato a salire al tasso del 1,6% annuo. (2) Effetto di prezzo puro. (3) Nel 1989 è avvenuto un cambiamento nelle tariffe. Nessuna stima di consumo è disponibile per il periodo 1988/89; la stima più recente è del 1991. Il consumo per il 1996 è di 0,193 m3. Fonte: OECD (1999), Household water pricing in Oecd countries, Parigi. 3. L’elasticità della domanda A partire dall’esistenza di una relazione inversa tra la struttura tariffaria volumetrica a blocchi crescenti e il consumo pro capite di acqua, evidenziata dai risultati presentati nel paragrafo precedente, è interessante osservare quale sia il valore dell’elasticità11 della domanda rispetto a variazioni del prezzo per la fornitura d’acqua per uso familiare. La stima dell’elasticità della domanda d’acqua per usi civili è stata realizzata con modelli econometrici diversi, in numerosi paesi. Indipendentemente dal modello utilizzato, i risultati (cfr. Tavola 3.1.) Confermano l’esistenza di una correlazione inversa tra il prezzo della risorsa e il consumo. Inoltre, le stime mostrano una netta contrapposizione tra i paesi europei, caratterizzati da un’elasticità molto bassa (1-2%), e gli stati uniti in cui, ad eccezione del Wisconsin, la domanda sembra essere fortemente sensibile al prezzo (l’elasticità raggiunge in alcuni regioni l’8%). Questa notevole reattività della domanda statunitense può essere riconducibile alla maggiore diffusione delle tariffe a costi crescenti che distingue gli USA dall’Europa. 11 Con elasticità della domanda rispetto al prezzo si intende la percentuale di variazione nel livello di consumo seguente ad una variazione percentuale del prezzo. 154 Tavola.3.1. Elasticità al prezzo della domanda di acqua per usi civili (relativa al servizio di fornitura). Luogo Francia (116 comuni dell’est) -Gironde Italia (non precisato) Anni Elasticità di breve periodo Elasticità di lungo periodo Fonte 1988-93 AP, s/r: -0.22 MP, s/r: -0.18 AP, l/r: -0.26 Nauges & Thomas (1998) -0.17 Point (1993) -0.24 Critelli (1998) AP, l/r: -0.20 MP, l/r; -0.10 Höglund (1997) METÀ DEL 1990 Svezia ( 282 di 286 comunità svedesi) Stati Uniti - Wisconsin - Illinois - Illinois 1980-92 -0.12 -0.71 -0.48 Scafter&David (1985) Chicoine et al. (1986) Chicoine&Ramamurthy (1986) - Denton, Texas IBR: -0.86 Nieswiadomy&Molina DBR: -0.36 (1989) - Santa Barbara, -0.33 Renwick&Archibald California (1997) L/R = LUNGO PERIODO S/R = BREVE PERIODO AP = PREZZO MEDIO MP = PREZZO MARGINALE IBR = TARIFFA A BLOCCHI CRESCENTI DBR = TARIFFA A BLOCCHI DECRESCENTI FONTE: OECD (1999), HOUSEHOLD WATER PRICING IN OECD COUNTRIES, PARIGI. A questo proposito, è utile rilevare che negli stati uniti si ha un’elasticità pari all’8% in corrispondenza di tariffe a blocchi crescenti; per contro, il basso valore dell’elasticità della domanda europea può in parte essere spiegato con il fatto che tutte le stime presentate nella tavola 3.1 sono relative ai primi anni ’90 quando ancora in europa era prevalente l’applicazione di una tariffa forfetaria. In generale, questi risultati confermano che il prezzo è una determinante dei consumi; inoltre, ipotizzando l’esistenza di una domanda lineare, è plausibile ipotizzare che la riduzione del consumo sia tanto maggiore quanto più elevato è il prezzo. Anche uno studio condotto dal mwd (metropolitan water district)12, relativo ad un’area della california, dimostra che un aumento del prezzo reale dell’acqua provoca una diminuzione nell’uso pro capite della stessa. Dieci anni di osservazioni sul prezzo al dettaglio dell’acqua, sulla struttura demografica, sul clima, sul servizio fognario, hanno permesso di stimare che l’elasticità della domanda rispetto al prezzo varia da –0.13 a –0.27, a seconda della stagione e della tipologia di utilizzo della risorsa (familiare, industriale o commerciale). Per stimare l’elasticità della domanda al prezzo, alcuni studiosi del california department of water resources hanno costruito e stimato per l’area urbana della california, un 12 Southern California’s Integrated Water Resource Plan. 155 modello relativo alla domanda d’acqua residenziale13. Il modello econometrico incorpora tra le variabili indipendenti le politiche di gestione della domanda sia le politiche basate sul controllo del prezzo, sia politiche non di prezzo quali campagne di educazione pubblica, sussidi per l’adozione di nuove tecnologie, e il razionamento della risorsa. Per otto anni sono state osservate alcune agenzie della california che forniscono il servizio idrico al 24% della popolazione e sono stati utilizzati dati mensili relativi alla domanda. Figura 3.1 Andamento dei consumi. 60 50 40 30 20 10 0 1989 1990 1991 CCWA 1992 SBARB 1993 LADWP 1994 1995 1996 SDIEGO (1) CCWA = Contra Costa Water Agency. (2) SBARB = City of Santa Barbara. (3) LADWP=Los Angeles Department of Water nd Power. (4) SDIEGO = City of San Diego. Fonte: nostra elaborazione su dati pubblicati in Measuring the price responsiveness of residential water demand in California’s urban area, M. Renwick, R. Green, e C. McCorkle, Maggio 1998. In generale, si può affermare che l’andamento del consumo, lungo tutto il periodo, è tendenzialmente decrescente per tutte le agenzie (cfr. Figura 3.1); la riduzione maggiore è avvenuta intorno al 1990-1992, in seguito all’utilizzo congiunto di politiche di prezzo e politiche non di prezzo adottate per affrontare un periodo di grande siccità. In questa sede è importante sottolineare che i risultati delle stime consentono di concludere che il prezzo è uno strumento efficace nella riduzione della domanda, . 4. LE DETERMINANTI DEL CONSUMO PER USI CIVILI DELLA RISORSA IDRICA A partire dal legame tra la struttura tariffaria e il consumo, evidenziato nel paragrafo precedente, analizziamo le determinanti del consumo (prezzo e reddito) sulla base dei dati OECD (1999). 13 Measuring the price responsiveness of residential water demand in California’s urban area, M. Renwick, R. Green, e C. McCorkle, Maggio 1998. 156 Nella tavola seguente sono indicati i prezzi medi per la fornitura di acqua alle famiglie, aggiornati al 1996, per alcune delle maggiori città nazionali e internazionali, espressi in dollari a metro cubo14. Tavola 4.1. Prezzi medi per la fornitura di acqua alle famiglie per alcune città, (1996). US$/m3 Città Ottawa (Canada) 1,70 Budapest (Ungheria) Toronto (Canada) 0,63 Reykijavik (Islanda) Washington (USA) 0,80 Roma (Italia) New York (USA) 0,88 Bologna (Italia) Los Angeles (USA) 0,60 Milano (Italia) Tokio (Giappone) 1,16 Luxembourg (Lussemburgo) Sydney (Australia) 0,93 Amsterdam (Olanda) Vienna (Austria) 1,75 Oslo (Norvegia) Brussels (Belgio) 1,80 Lisbona (Portogallo) Prague (Rep. Ceca) 0,37 Madrid (Spagna) Copenhagen (Danimarca) 1,34 Stockholm (Svezia) Helsinki (Finlandia) 0,85 Geneva (Svizzera) Paris (Francia) 0,93 London (UK) Germania 1.70 Wellington (Nuova Zelanda) Fonte: OECD (1998), Sustainable consumption indicators - part III Measured indicators patterns, Château del la Muette, 29 Settembre - 1 Ottobre 1998. US$/m3 0,28 0,61 0,33 0,65 0,13 1,64 1,20 0,32 0,99 0,85 0,86 2,25 0,78 0.98 - Selected trends and Dalla tavola 4.1, emerge che nelle maggiori città italiane il prezzo medio al metro cubo per la fornitura di acqua alle famiglie è molto basso; anche Budapest, Oslo, Praga, Los Angeles, Reykijavik e Toronto, sono caratterizzati da prezzi bassi, mentre prezzi molto elevati sono tipici di Ginevra, Bruxelles, Vienna, Ottawa, Lussemburgo e Germania. Dopo aver calcolato il prezzo medio nazionale15, è possibile ottenere risultati interessanti analizzando la relazione esistente tra i prezzi per la fornitura d’acqua alle famiglie e il livello di consumo in m3 pro capite giornalieri, misurato come percentuale totale di acqua destinata ad usi civili, sul totale di acqua estratta. 14 15 Cfr. OECD (1998). Il dato nazionale è ricavato attraverso il calcolo della media aritmetica dei prezzi rilevati nelle diverse città. 157 Figura 4.1. Correlazione fra costo medio al m3 di acqua (1996) e livello di consumo per alcuni stati (ultimo anno disponibile). Correlazione tra tariffa e consumi 1,0 CH D ,5 B P 0,0 NZL A NL F FINDK JPN CAN AUS S UK E -,5 TARIFFAL L USA HUN ICE I CZ -1,0 -1,5 -2,5 -2,0 -1,5 -1,0 -,5 0,0 CONSUMIL Dalla figura 4.1 si evince l’esistenza di una correlazione inversa tra le tariffe applicate agli utenti domestici e il livello dei consumi, confermata peraltro dal calcolo del coefficiente di correlazione lineare (r2=-0.347). È, dunque, possibile affermare che gli stati che si distinguono per un costo ridotto della risorsa idrica saranno facilmente caratterizzati da elevati livelli di consumo. L’Islanda ne è un esempio evidente, così come gli USA e l’Australia. In altri paesi si verifica la situazione inversa: ad un prezzo elevato corrisponde infatti un consumo minore, si osservino: Germania, Belgio, Portogallo, Lussemburgo. In Svizzera, invece, la risorsa idrica è ampiamente consumata, anche se il prezzo è molto elevato: in questo caso risultano determinanti altri fattori in grado di influenzare il livello di consumo, quali il reddito e la disponibilità della risorsa idrica. Effettuando una semplice regressione lineare tra il logaritmo del consumo e il logaritmo del prezzo, è stata calcolata l’elasticità al prezzo del consumo della risorsa idrica , che risulta essere pari a –0.355. 158 Tavola 4.2. Tariffa media per il servizio di fornitura e fognatura . Consumi, m3 pro capite giornalieri (ultimo anno disponibile) Canada USA Australia Belgio Danimarca Finlandia Francia Italia Olanda Spagna Svezia Svizzera UK 0,7 1,250 1,64 2,18 3,180 2,76 3,11 0,840 3,16 1,07 2,600 1,290 2,250 0,497 0,585 0,480 0,200 0,246 0,226 0,281 0,383 0,232 0,300 0,295 0,426 0,323 Fonte: nostra elaborazione su dati OECD (1998), Sustainable consumption indicators part III, measured indicators- Selected trends and patterns pag.26, e dati OECD (1999) Household water pricing in OECD countries, pag. 38. La relazione esistente tra il prezzo dell’acqua e i consumi è robusta al variare della specificazione adottata. In particolare, una conferma ai risultati precedentemente esposti è stata ottenuta esaminando la relazione esistente tra i consumi e le tariffe complessive (comprensive delle tariffe relative al servizio di fornitura16 considerate unitamente a quello di fognatura; cfr. Tavola 4.2) e la spesa complessive espresse in relazione al reddito nazionale lordo (cfr. Tavola 4.3) e il consumo. In entrambi i casi il consumo è stato misurato come percentuale d’acqua estratta destinata ad usi civili. 16 Le tariffe relative alla tavola 4.1 si riferiscono esclusivamente al costo dell’acqua e sono una media di tre città. Per contro le tariffe presentate nella tavola.4.2. sono medie nazionali delle tariffe complessive ovvero relative al servizio di fornitura e fognatura. Per tale motivo, talvolta, si rilevano alcune incongruenze. In alcuni casi, ad esempio, la tariffa applicata per la sola fornitura di acqua risulta più elevata di quella per la fornitura e la fognatura. 159 Tavola 4.3 Spesa per i servizi idrici in relazione al reddito. SPESA1 PER GLI USI CONSUMO IN CIVILI DELL’ACQUA M3 PRODA UNA FAMIGLIA DI CAPITE QUATTRO PERSONE IN RELAZIONE AL GDP (1996) 3.62 0.225 2.25 0.111 2.17 0.262 MEDIA PER SPESA2 L’ACQUA IN PROPORZIONE AL REDDITO FAMILIARE (Y) O ALLE SPESE (E) (1997) UNGHERIA >3% (Y) 1.6% (Y) PORTOGALLO REPUBBLICA CECA GERMANIA 1.32 0.132 1.0% (Y) 1- 1.1.5% (Y) 1.6% (Y) LUSSEMBURGO 1.30 0.221 OLANDA 1.13 0.232 AUSTRIA 1.13 0.239 1-1.3% (Y) FRANCIA 1.12 0.281 BELGIO 1.09 0.2 INGHILTERRA 1.05 0.323 CANADA 1.05 0.497 1.3% (Y) SPAGNA 1.02 0.3 FINLANDIA 0.97 0.226 1.0% SVIZZERA 0.94 0.426 TURCHIA 0.87 0.222 1.2 – 1.7% (Y) AUSTRALIA 0.79 0.480 DANIMARCA 0.68 0.246 0.7% (E) GIAPPONE 0.60 0.357 SVEZIA 0.59 0.295 ISLANDA 0.47 0.841 USA 0.46 0.585 NORVEGIA 0.45 ITALIA 0.43 0.383 0.6% (E) COREA 0.43 0.381 Fonte: OECD (1999), Household water pricing in OECD countries. Nella prima colonna è inclusa la spesa per il servizio di fognatura, il dato relativo alla seconda colonna varia a seconda delle nazioni. Per quanto riguarda la prima relazione, il calcolo del coefficiente di correlazione, pari a - 0.556, conferma l’esistenza di una relazione inversa tra il livello dei consumi d’acqua e la tariffa applicata. Si tratta di un valore molto elevato che indica una forte sensibilità dei consumi al prezzo confermata dal calcolo dell’elasticità che risulta essere pari a -0.447. 160 Figura 4.2. Correlazione tra tariffa complessiva (relativa al servizio di fornitura, di fognatura e trattamento) e livello di consumo. Correlazione tra tariffe complessive e consumi NL DK 1,2 FIN F S 1,0 UK B ,8 ,6 D AUS ,4 SUI TARIFFEL ,2 USA E 0,0 I -,2 CAN -,4 -2,2 -2,0 -1,8 -1,6 -1,4 -1,2 -1,0 -,8 -,6 -,4 CONSUMIL Dalla figura 4.2 si evince che i consumi risultano essere contenuti in quegli stati in cui le tariffe sono più elevate (Belgio, Germania, Danimarca, Finlandia, Olanda); viceversa i consumi aumentano quando la tariffa risulta più bassa (Canada, USA, Australia, Svizzera). La relazione inversa tra consumi e il prezzo dell’acqua viene ulteriormente confermata nel caso in cui si esamina la relazione tra la spesa sostenuta da una famiglia media di quattro persone, pesata rispetto al reddito, e i consumi. Anche in questo caso, tra le due variabili esiste una correlazione negativa molto elevata (-0.66, si veda la figura 4.3). 161 Figura 4.3 Correlazione tra spesa per i servizi idrici e consumi 1,5 HUN 1,0 P CZ ,5 B L NLA F FIN 0,0 ESUK CH C AUS SPESAL DK S -,5 JPN I US ICE -1,0 -2,5 -2,0 -1,5 -1,0 -,5 0,0 CONSUMIL L’Italia, l’Islanda, gli Stati Uniti sono i paesi in cui alla minor spesa corrisponde un consumo molto elevato. Ancora una volta il Portogallo si distingue per un livello di spesa elevato e per un consumo estremamente ridotto. I dati della tavola 4.3 sono, inoltre, particolarmente interessanti in quanto mostrano che l’Italia è, insieme alla Corea, il paese in cui si ha la minore spesa familiare per i servizi idrici. Alla luce di questi risultati, è possibile affermare che il consumo dei servizi idrici è fortemente sensibile al prezzo (cfr. Tavola 4.4). Si tratta di un risultato importante per le implicazioni di politica economica che esso comporta: una adeguata politica di pricing può disincentivare il consumo e favorire un utilizzo razionale della risorsa idrica. Tavola 4.4 Relazione tra consumi e tariffe dei servizi idrici. TARIFFE CORRELAZIONE -0.347 COEFFICIENTI -0.355 (ELASTICITÀ) Fonte: nostra elaborazione su dati OECD. SPESA PER I SERVIZI IDRICI IN RELAZIONE AL GDP -0.66 TARIFFE ACQUA + TARIFFE FOGNATURA -0.556 -0.54 -0.447 REDDITO 0.274 0.204 Tra le determinanti del livello di consumo di acqua per usi civili non vi è solo il prezzo della risorsa, ma anche il reddito medio pro capite della popolazione. Per dimostrare ciò, consideriamo i dati relativi al consumo pro capite giornaliero di acqua, utilizzati nella tavola precedente, e verifichiamo l’esistenza di una relazione tra tali valori e il prodotto interno lordo pro capite rilevato nei diversi paesi. 162 Figura 4.4 Correlazione tra reddito nazionale e consumi. Correlazione tra reddito e consumi 11,0 CH JPN 10,5 D B DK A NL FIN USA F S UK 10,0 NZL 9,5 I AUS CAN E P 9,0 CZ HUN GNPL 8,5 8,0 -2,5 -2,0 -1,5 -1,0 -,5 CONSUMIL Dall’analisi della figura 4.4. e dal calcolo del coefficiente di correlazione (r2= 0.26) si può affermare che esiste una correlazione positiva tra il reddito pro capite di una nazione e il suo consumo di acqua: ciò è ben dimostrato, in particolare, dai casi degli stati uniti, del Giappone, della Svizzera, dell’Australia e dell’Italia. La Germania e il Belgio, invece, rappresentano un’eccezione a tale relazione, in quanto a un reddito pro capite piuttosto elevato non corrisponde un altrettanto elevato consumo di acqua. In tali casi, però, entrano pesantemente in gioco altri fattori, prima di tutto il prezzo dell’acqua che, come emergeva dalla tavola 4.1 e dalla tavola 4.3, in questi paesi risulta particolarmente elevato. I risultati conseguiti suggeriscono che il prezzo e il reddito sono due variabili chiave nello spiegare l’andamento del consumo della risorsa idrica. Al fine di esplicitare ulteriormente la relazione esistente tra le variabili e vedere in che misura prezzo e reddito riescano a spiegare l’andamento dei consumi, è stata realizzata una regressione lineare in cui l’andamento dei consumi (variabile dipendente), viene spiegato attraverso l’andamento del costo medio17 al m3 e del reddito nazionale. I risultati conseguiti (cfr. Tavola 4.5) confermano che prezzi e reddito sono fondamentali nello spiegare l’andamento dei consumi: l’elasticità dei consumi al reddito (0.609) e l’elasticità al prezzo (-0.752) risultano infatti estremamente elevate. 17 Il costo medio al m3 è stato calcolato come media dei prezzi in diverse città. Si veda al proposito la tavola 4.1 e la figura 4.1. 163 Tavola 4.5 Regressione OLS: Variabile dipendente consumo pro-capite. COSTO MEDIO AL M3 REDDITO R2 N. OSSERVAZIONI REGRESSIONE OLS (VARIABILI ESPRESSE IN LOGARITMI) -0.752 T=-2.977 (0.008) 0.609 T=3.111 (0.006) 0.392 22 Fonte: nostra elaborazione su dati OECD. Tra parentesi è indicata la significatività delle variabili Per quanto riguarda l’elasticità al prezzo, si tratta di un dato apparentemente sorprendente in quanto nettamente superiore ai valori riportati nella tavola 3.1. In realtà i risultati delle stime realizzate con i dati oecd sono riconducibili a due motivazioni fondamentali. 1) La prima motivazione è connessa alla definizione delle variabili oggetto d’indagine e, in particolare, alla corretta misurazione dei consumi effettivi per usi civili. La variabile indipendente utilizzata nelle regressioni è, infatti, una proxy del consumo civile, misurato come m3 pro-capite di acqua estratta e destinata al consumo. È evidente che questo dato, misurando l’acqua estratta, comprende, oltre al consumo effettivo, eventuali perdite o sprechi connessi alla distribuzione. Conseguentemente, un’elasticità così elevata è spiegabile in parte con la tradizionale elasticità della domanda dell’utente finale, e in parte con la variazione della domanda proveniente dal distributore. Un aumento dei costi per il consumatore si traduce in un incremento dei ricavi per il distributore che sarà incentivato a ridurre gli sprechi al fine di massimizzare i ricavi. 2) La seconda ragione è sicuramente riconducibile alla struttura tariffaria applicata nei paesi oggetto d’indagine. Le stime riportate nella tavola 3.1, rilevano un elasticità della domanda pari a circa 0.2 nei paesi europei. Si tratta di un valore molto basso che sembrerebbe indicare una scarsa sensibilità della domanda al prezzo. Tuttavia nell’interpretare tale risultato, è importante considerare che le stime in questione, oltre ad essere riferite ad una singola nazione, sono relative ai primi anni ’90, ovvero un periodo in cui in europa si applicava prevalentemente una tariffa forfetaria. Per contro, l’elevato valore dell’elasticità al prezzo rilevata sia dalle nostre elaborazioni, che dagli studi relativi agli stati uniti, si riferisce a paesi con una struttura tariffaria a blocchi crescenti. A questo proposito, si tenga presente che in questi ultimi anni nella maggior parte dei paesi oecd si è passati ad una struttura tariffaria volumetrica, spesso a blocchi crescenti. 5. CONCLUSIONI L’analisi dei dati relativi all’utilizzo civile della risorsa idrica, nei paesi dell’oecd, mette in evidenza alcuni fatti stilizzati. 1. In questi ultimi anni si registra una crescente attenzione sulla struttura delle tariffe (non più sul livello) e l’introduzione di tariffe sempre più basate su criteri “economici”. In particolare, si favorisce l’adozione di tariffe volumetriche a blocchi crescenti (benché tale evoluzione sia ancora fortemente ostacolata dagli elevati costi di misurazione dei consumi). 164 2. Il passaggio a strutture tariffarie a blocchi crescenti ha reso necessario il diffondersi dei contatori per la misurazione dei consumi. 3. Nei paesi OECD, l’applicazione di tariffe volumetriche ha determinato una maggiore sensibilità della domanda d’acqua al prezzo: l’elasticità della domanda raggiunge valori (circa il 4%) prossimi a quelli della domanda statunitense in cui si applicano tariffe a blocchi crescenti e stagionali . Conseguentemente, la definizione di una struttura tariffaria adeguata e il controllo dei prezzi costituiscono un importante strumento di politica economica per il controllo della domanda. 4. L’elevato valore dell’elasticità del consumo per usi civili al prezzo è spiegabile in parte con la sensibilità della domanda dell’utente finale, il quale all’aumentare del prezzo ridurrà il consumo, in parte, con la variazione della domanda d’acqua del distributore. Quest’ultimo, all’aumentare del prezzo, sarà incentivato a ridurre le perdite e gli sprechi attraverso una gestione efficiente della risorsa al fine di massimizzare i profitti. 5. Il prezzo e la struttura tariffaria non sono le uniche determinanti del consumo della risorsa idrica: esiste infatti una correlazione positiva significativa tra consumi e reddito nazionale. In altri termini, gli stati più ricchi consumano più acqua. 6. Tra le determinanti del consumo della risorsa idrica vi sono anche le tariffe relative al servizio di fognatura e al trattamento delle acque. 165 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI AMADUZZI A., I bilanci di esercizio delle imprese, Torino, Utet, 1981. AMODEO D., Ragioneria generale delle imprese, Napoli, Giannini, 1990. ARDEMANI E., La componente economico-aziendale del bilancio di esercizio, in E. ARDEMANI (a cura di), L’Impresa: economia, controllo, bilancio, gestione straordinaria, vol. III, Il bilancio di esercizio, Milano, Giuffrè, 1991. AWWA, Water Stat: the water utility database, disponibile sul sito Internet http://www.awwa.org/h20stats/h20stats.htm. 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