AURORA - Partito della Rifondazione Comunista

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AURORA - Partito della Rifondazione Comunista
9
numero
Anno II - luglio-agosto 2009
Periodico di informazione
e cultura italiana per gli italiani
residenti all’estero
AURORA
www.aurorainrete.org
Giornale
Editoriale
per l’unità comunista
i n q u e s t o n u m e r o ...
di Roberto Galtieri (B)
BERLUSCONI CI ODIA
I
l governo Berlusconi appena installato tagliò gli già scarsi fondi che,
tramite il Ministero degli Esteri (MAE), erano destinati a noi emigrati
(vedi Aurora nr. 1, pagina 3). Ora il Ministro Frattini taglia i nostri basilari
punti di riferimento: i consolati. Nella tabella che pubblichiamo a pagina 2 si può notare l’ampiezza delle decisioni berlusconiane. Fortemente
ridimensionata è la rete europea la quale, dopo i tagli operati dai governi
precedenti, subisce un ulteriore, drastico e disastroso ridimensionamento.
Il taglio è per noi enorme, i risparmi del bilancio del Ministero degli esteri
sono, invece, esigui in sé e nulli di fronte al disagio che dovremo sopportare.
Perché, Ministro Frattini ci odia così tanto? E visto che siamo alle domande, può, per esempio, il Ministro Frattini dire ai connazionali in Belgio a
quanto ammonta il buco finanziario lasciato dalla direttrice dell’Istituto
Italiano di Cultura, Sig.ra Bianco? Può dirci in quanto tempo questo buco
è stato coperto? E perché i soldi per i servizi essenziali ai Consolati arrivano invece con molto ritardo? Perché vengono sperperati soldi in luogo di
dare servizi ai connazionali? Non risponderà, il Ministro Frattini, a queste
nostre domande. Per quanto ci riguarda la risposta la si trova nella logica
dello sperpero e della protezione dei privilegi della casta, degli ambasciatori
in primo luogo; questo è il segno distintivo del MAE. Del resto, anche solo
prendendo in considerazione quest’ultima decisione si evince l’incapacità
manageriale e di gestione del bilancio MAE. Due esempi. Il Console di Liegi
ha preso funzione 8 mesi fa; quello di Amburgo 4 mesi fa. Oggi gli chiudono
le sedi. Oltre l’offesa personale, che non ha prezzo, quanto costa al MAE
(segue in seconda)
Ciao, IVAN:
Oggi ti ricordiamo
con le tue canzoni
pp. 4-5
Non mi avete
convinto
(Troppe le stranezze
in Europa)
Premierato
all’amatricana
Notizie dal PdCI
p. 11
di Michele Rosa-Clot
AL
nile
femmi marzo
DONNE
E media
lo 8
no n so
di Claudia Cimini
Come annunciato un anno e mezzo fa, in occasione
dello scorso congresso, si pone in essere la proposta
del Segretario della federazione, Roberto Galtieri
del ricambio dei ruoli per la formazione dei quadri. Il
direttivo della federazione ha dunque eletto Massimo
Recchioni nuovo segretario federale; il compagno
Giovanni Albino responsabile organizzazione (posto
reso vacante da Recchioni) che così entra in segreteria federale ed il compagno Galtieri membro della
Commissione Garanzia.
Il direttivo della federazione ha infine ringraziato il
segretario uscente per l’enorme lavoro svolto in tutti
questi anni.
pp. 6-7
di Massimo Recchioni
pp. 17-18
LA RICORRENZA
14 luglio:
220 anni fa
a parigi
di Luca Di Mauro
... e d
p. 23
altro ancora
AURORA
2
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
(segue dalla prima – berlusconi ci odia – di Roberto Galtieri)
Prodi, che ha continuato la chiusura dei consolati, questo governo
spostare un Console? Quale logica di risparmio c’è tra la nomina
sta dimostrando tutto il suo odio e disprezzo nei nostri confronti.
consolare ed il suo annullamento 4 mesi dopo? quanto costa?
Tagli del 50% dei fondi a noi destinati, negazione del diritto di
chi paga? la risposta ce la da Totò: “ed io pago!”. Ovvero, sono
voto, come abbiamo verificato poche settimane fa, ed ora un
i cittadini, i lavoratori che con le tasse pagano questo spreco. E
ulteriore, insensato taglio ai consolati. BASTA! che dovunque si
lor signori si divertono a spostare consolati come fossero pedine
levino le voci contro questa massa d’odio berlusconiano.
mentre giocano a dama. Cosa significa, quale senso ha, sempre
per esempio, spostare il Consolato di Bruxelles, insieme all’agenzia consolare di Genk (la quale dista n
Paese
Sede di chiusura
Sede ricevente
centinaio di km da Bruxelles), all’ambasciata italiana
PAESI EUROPEI
presso il Belgio a Bruxelles? Gli attuali locali del ConC. Bruxelles e
Belgio
A. Bruxelles
solato di Bruxelles sono già dell’Ambasciata, non
A.C. Genk
hanno un costo di locazione, e pure con personale
Belgio
C.G. Liegi
C.G. Charleroi
ridotto ci saranno le medesime spese di manutenzioBelgio
V.C. Mons
C.G. Charleroi
ne. Che fine faranno questi locali di proprietà dello
Germania
C. Saarbruecken
C.G. Francoforte
Stato italiano? E dove trovano, in Ambasciata, lo
Germania
C. Norimberga
C.G. Monaco
spazio supplementare necessario per l’accoglienza ai
Germania
C.G. Amburgo
C.G. Hannover
connazionali della già vasta circoscrizione consolare
Germania
A.C. Mannheim
C.G. Stoccarda
di Bruxelles e quelli che fino ad ora hanno fatto
C.G. Londra
Regno Unito
C. Manchester
riferimento all’agenzia consolare di Genk? Perché,
C.G. Edimburgo
a Bruxelles, hanno imposto la costruzione di seggi
Francia
C. Lilla
C.G. Parigi
elettorali angustissimi come trappole per topi quanFrancia
C. Mulhouse
C.G. Metz
do c’era spazio a sufficienza in Ambasciata? tanto
Svizzera
A.C. Coira
C.I.c. San Gallo
da trasferisci il Consolato? Constatiamo ancora una
Svizzera
C.G. Losanna
C.G. Ginevra
volta che lor signori, al MAE, fascisticamente, “se
PAESI EXTRA EUROPEI
ne fregano” dei disservizi che ci creano. Invece di
Australia
C. Adelaide
C.G. Melbourne
pagare una fortuna (5.000 e mensili per l’affitto)
Australia
C. Brisbane
C.G. Sydney
una palazzina – in parte dichiarata inagibile dai vigili
Stati Uniti
C.I.c. Detroit
C.G. Chicago
del fuoco – per effettuare i corsi di italiano, che
C.G. New York
Stati Uniti
C.G. Filadelfia
prima si tenevano nella sede dell’Istituto Italiano di
C. Neward A. Washington
Cultura a costo locatario zero, perché non utilizzare
Sud Africa
C. Durban
C.G. Johannesburg
questi fondi per facilitare la vita dei connazionali?
Zambia
C. Lusaka
A. Harare
Oltre queste “incapacità” di gestione, dietro ma non
DECLASSAMENTI
più nascosto, c’è un odio profondo del centrodestra
Svizzera
C.G. Basilea
C. Basilea
nei confronti degli emigrati italiani. Pensando che
Arabia Saudita C.G. Gedda
C. Gedda
fossimo fascisti e cretini – che alla fine è la stessa
Pakistan
C.G. Karachi
C. Karachi
cosa – ci hanno dato il diritto costituzionale al voto.
Egitto
C.G. Alessandria
C. Alessandria
Invece i connazionali hanno votato come cuore e
Legenda: A. = Ambasciata - C.G. = Consolato Generale
testa domandavano. I connazionali hanno sempre
C. = Consolato - V.C. = Vice Consolato - A.C. Agenzia Consolare
votato in massa per il centro sinistra. Ingrato anche
Vaffa ‘n quorum!
È finita. Il referendum elettorale non ha raggiunto il minimo neccessario di votanti e – di conseguenza – la strada verso il
partito unico è per fortuna più ardua di quanto pensassimo. Non lo ha raggiunto non solo per grosso senso civico e legalitario
nel nostro Paese (se è vero che da oltre 10 anni nessun referendum raggiunge il quorum, e questo non è comunque un
segno esaltante per la nostra democrazia).
Ma la pericolosità dei quesiti 1 e 2 ci deve far gioire per il non raggiungimento del quorun, stavolta più che in altri momenti.
Perché, se la nostra posizione “teorica” era per il NO, anche l’astensione è comunque un dato “politico”. Di molti – oltre
agli astensionisti cronici – che pensano che questa domanda al Paese non andasse neanche posta!!
E comunque sarebbe stato troppo rischioso andare a votare, e quindi l’unica scelta politica era quella di farlo fallire. L’unico
risultato che avremmo rischiato di ottenere sarebbe stato l’aiuto al raggiungimento del 50% + 1 votante.
Con il terribile risultato del 55% dei seggi al partito, non coalizione, con più voti sia alla Camera che al Senato. Anche un
solo voto più degli altri, senza soglia minima. Anche il fascismo prevedeva una soglia del 25%, questa legge così modificata
NON lo avrebbe previsto!
E la percentuale del 55% di seggi, cosa anche più grave, è solo del 12% inferiore al raggiungimento dello scopo “vero”, la
possibilità di modificare la nostra Costituzione SENZA referendum confermativo! Esempio pratico?: ora pdl e lega hanno il
55% dei seggi, se avesse vinto il SI’ avrebbero il 55% del pdl più il 10% della lega. Meno male che non è andata così.
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L’Elzeviro
Imre Ker tész:
L’EUROPA
RISORGERÀ?
a cura di Mariarosaria Sciglitano
[…] Nei tempi della rinascita dei nazionalismi dei piccoli stati est-europei, dell’ostilità
etnica, questa è una grande lezione, ciò non
va negato. La guerra del Kosovo ci può servire
da ammonimento sul fatto che dove si creano
formazioni politiche reazionarie grazie alla
manipolazione dei sentimenti nazionalisti,
occorre rivedere profondamente le supposte
ideologie nazionaliste e i loro sostenitori,
verificando che non siano, appunto, contro
le Nazioni.
Ciò di cui necessitano le nazioni della zona
sono lo sviluppo democratico e l’integrazione
europea. Quando Churchill ha pronunciato
il suo discorso a Zurigo, nello stesso anno, il
1946, il più grande filosofo ungherese István
Bibó, ha scritto: “Bisogna impedire che i popoli
mitteleuropei ed est-europei, con le loro dispute territoriali, turbino di continuo l’Europa.
L’Europa ha un assoluto bisogno di stabilità,
quindi le agitazioni irredentistiche degli stati
dimezzati vanno fermate con l’esercito, e allo
stesso modo vanno fermati gli stati sovrani
nell’oppressione delle minoranze”.
Se esistesse quel “qualcosa” di cui in
questo saggio – ma ancora di più nella vita
reale – si sente così tanto la mancanza, allora
non ci sarebbe mai bisogno della violenza.
Perché lo spirito europeo per il momento è
rappresentato da politici, strateghi e soldati,
e questo non è un buon segno. Ma almeno è
un segno, e come segno rispecchia un’urgente
necessità. Nelle sfere intellettuali da tempo
hanno dato voce a questa necessità figure come
il conte Coudenhove-Kalergi, il cui operato è
stato apprezzato anche da Churchill. Ma sin
dai tempi di Platone sappiamo bene che gli
ideali politici degli scrittori e filosofi sono
raramente presi sul serio da chi pratica la
politica attiva, e questo a volte è una fortuna,
a volte una tragedia. […]
Abbiamo detto all’inizio del saggio che
quel “qualcosa” – il lievito spirituale della
convivenza europea, l’idea europea – forse
potrà nascere proprio in mezzo alle spaventose di diventare inutili, nel quale al posto della
sofferenze delle guerre balcaniche. Per i paesi speranza nel futuro hanno avuto il sopravest-europei questa guerra è tragica, ma offre vento le frustrazioni per gli errori del passato
loro anche l’opportunità di dimostrare la loro storico, i sentimenti di nazionalismo ferito e la
appartenenza e riconoscere al contempo la collera del rancore. Non era così ovunque ma
propria situazione. È vero che un’idea può ovunque persisteva il pericolo dell’esasperato
fiorire solo sul suolo della cultura comune, e inattuale nazionalismo che infine ha disgredove i valori vengono generalmente intesi allo gato la Jugoslavia, che l’ha trasformata in un
suolo di sanguinarie truppe speciali e di unità
stesso modo da tutti. […]
Senza dubbio, sulla soglia del Ventunesi- operative che urlavano slogan nazionalisti.
mo secolo, in senso etico siamo rimasti soli. In Ungheria e altrove abbiamo già visto che
Ci ha abbandonato il Dio universale, ci hanno coltivando in maniera autocommiserevole i
abbandonato i nostri miti universali e ci ha traumi e le frustrazioni storiche si liberano
abbandonato anche la verità universale. I no- le peggiori forze di una nazione, quelle che
stri valori li dobbiamo creare noi, giorno dopo riconoscono e sfruttano solo le catastrofi.
giorno e con quell’invisibile impegno etico che Perché non possiamo intraprendere qualcosa
alla fine li porterà alla luce, elevandoli a nuova di nuovo, di più speranzoso? “Oppure l’unico
cultura europea. non ci conduce né una guida insegnamento della storia deve essere che
celeste né una terrena, e i coraggiosi possono l’uomo non impara mai?”, si chiede Churchill.
Perché non potremmo ritenere l’Europa unita
trarre forza da questo semplice fatto.
Ma per le società mutilate dell’Europa un’impresa nazionale, anche per il solo fatto
dell’Est, finora condotte ideologicamente, i che ogni grande e intelligente impresa liberi
valori collettivi sono irrinunciabili. Proprio forze creatrici comunitarie che aiutano a super il fatto che non hanno combattuto per perare il passato e a dimenticare gli affronti
la loro libertà e i loro valori, servendosene nazionali?
Ma non andiamo avanti perché da qui in
principalmente come strategie di sopravvivenza individuale e nazionale, a un tratto gli poi ripeteremmo soltanto il ragionamento di
sono sembrati una inutile, se non addirittura Churchill. I suoi desideri e il suo programma
vergognosa, collaborazione; proprio per questo tra le rovine del 1946 sembravano utopie. Da
motivo una parte rilevante di queste società allora tante cose si sono realizzate e ora che
piuttosto ha vissuto la libertà che si sono questo programma è sfociato in una sanguitrovate improvvisamente tra le mani, come nosa crisi, in Europa tanti sussurrano come
un crollo. E quando hanno allungato le loro proprio desiderio le parole che Churchill
braccia bisognose d’aiuto verso le democrazie scelse come titolo del suo discorso: “Che
occidentali, le hanno trovate disponibili solo l’Europa risorga!”.
Risorgerà mai?
per una breve stretta di mano e un’incoraggiante pacca sulla spalla.
L’Europa occidentale non
Testo integrale tratto da:
riusciva a decidere cosa fare
Imre
Kertész,
Il secolo infelice
dei vicini est-europei […]
(Bompiani,
2007)
Dobbiamo essere consapevoli dello stato d’animo
Lo scrittore ungherese ha ricevuto
svuotato, dell’insicurezza
il premio Nobel nel 2002
esistenziale, della paura
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AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
“...A voi partigiani
Darò fino all’ultimo respiro
Il mio solo pensiero:
liberi pensate le cose giuste
le cose sbagliate
liberi sempre
la lotta con cuore sincero:
andiamo andate
volervi bene è il solo vero”
O cara moglie
(1965, Parole e musica di Ivan Della Mea)
O cara moglie stasera ti prego,
dì a mio figlio che vada a dormire
perché le cose che io ho da dire
non sono cose che deve sentir.
e
Proprio stamane là sul lavoro,
con il sorriso del caposezione
mi è arrivata la liquidazione,
m’han licenziato senza pietà.
E la ragione è perché ho scioperato,
per la difesa dei nostri diritti,
per la difesa del mio sindacato,
del mio lavoro e della libertà.
Quando la lotta è di tutti per tutti,
il tuo padrone vedrai cederà,
se invece vince è perché i crumiri
gli dan la forza che lui non ha.
Questo si è visto davanti ai cancelli,
noi si chiamava i compagni alla lotta,
quando il padrone fa un cenno, una mossa:
l’un dopo l’altro cominciano a entrare.
O cara moglie, dovevi vederli
venir avanti curvati e piegati;
e noi gridare: «Crumiri, venduti!»
e loro dritti senza guardar.
Quei poveretti facevano pena
ma dietro loro, là sul portone,
rideva allegro il porco padrone:
l’ho maledetto senza pietà.
O cara moglie io prima ho sbagliato:
dì a mio figlio che venga a sentire.
ché ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà
ché ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà.
e
Creare due, tre, molti Vietnam
(1967, Ivan Della Mea)
A chi mi aspetta in buona o mala fede
a chi mi chiede «A Cuba cos’hai visto?»
risponderò
«La rivoluzione».
Amico ho visto la rivoluzione
da L’Avana a Santiago nella gente
giorno per giorno la rivoluzione
uomo per uomo la rivoluzione
come lotta continua nel presente.
Ciao,
Ivan:
o
m
a
i
d
r
o
o g g i t i rui ec c a n z o n i
con le t
A chi mi aspetta in buona o mala fede
a chi mi chiede «Fidel tu l’hai visto?»
risponderò
«Amico si l’ho visto
sette milioni ho visto di Fidel
da L’Avana a Santiago nella gente
giorno per giorno sempre con Fidel
uomo per uomo sempre con Fidel
nella lotta continua col presente»
A chi mi aspetta in buona o mala fede
a chi mi chiede «Fidel ti ha parlato»
io urlerò
«Cuba mi ha parlato».
Il dovere del rivoluzionario
è solo fare la rivoluzione
e sola via è la lotta armata
è la guerriglia nel Vietnam
come in Bolivia come nel Vietnam.
A chi aspetta in sola malafede
e ancora chiede «Fidel ti ha parlato»
io urlerò
«Cuba mi ha parlato»
io urlerò
«Cuba mi ha parlato».
Creare due tre molti Vietnam
Creare due tre molti Vietnam
Creare due tre molti Vietnam.
Anche di te Cuba mi ha parlato
anche per te Cuba mi ha parlato
contro di te Cuba mi ha parlato
è nella tua fabbrica il tuo Vietnam
nel tuo padrone il tuo Vietnam
nella tua scuola il tuo Vietnam
nella carica della polizia il tuo Vietnam.
Creare due tre molti Vietnam
Creare due tre molti Vietnam
Creare due tre molti Vietnam.
Giorno per giorno sei nel Vietnam
ora per ora sei nel Vietnam
contro di te Cuba mi ha parlato
contro di te Cuba mi ha parlato
contro di te Cuba mi ha parlato.
Creare due tre molti Vietnam
Creare due tre molti Vietnam
Creare due tre molti Vietnam.
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AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
Se il cielo fosse
bianco di carta
(Lettera a Chaim)
(1964, Ivan Della Mea)
e
Se il cielo fosse bianco di carta
e tutti i mari neri d’inchiostro
non saprei dire a voi, miei cari,
quanta tristezza ho in fondo al cuore,
qual è il pianto, qual è il dolore
intorno a me.
Si sveglia l’alba nel livore
di noi sparsi per la foresta,
a tagliar legna seminudi,
coi piedi torti e sanguinanti;
ci hanno preso scarpe e mantelli,
dormiamo in terra.
Quasi ogni notte, come un rito,
ci danno la sveglia a bastonate;
Franz ride e lancia una carota
e noi, come larve affamate,
ci si contende unghie e denti
l’ultima foglia.
Due ragazzi sono fuggiti:
ci hanno raccolti in un quadrato,
uno su cinque han fucilato,
ma anche se io non ero un quinto
non ha domani questo campo...
ed io non vivo…
Questo è l’addio
a tutti voi, genitori cari,
fratelli e amici,
vi saluto e piango.
Chaìm.
e
Lettera a Michele
(1967, Luciano e Ivan Della Mea)
Mio caro Michele
ricordi la lotta
le grida infuocate
«la fabbrica è nostra
così è la città
è nostra la vita»
ma poi qualcosa è cambiato, Michele.
E dopo la lotta
ricordi Michele
con giusta premura
si fecero i quadri
del nuovo partito
e il termine nuovo
non fu così nuovo, non troppo, Michele.
Mio caro Michele
qui scopri l’errore
e dici convinto:
«se non sono io
da oggi in eterno
per scelta di classe
la vera avanguardia, può tutto avvenire».
Può tutto avvenire
magari il partito
magari il potere
ma ciò che non viene
che non può venire
sarà il comunismo
tu questo per oggi hai capito, Michele.
E allora Michele
rifammi compagno
e uniti e insieme
lottiamo l’errore
per essere nuovi
per esser diversi
e comunisti, da oggi, Michele.
Da oggi sappiamo
che questo programma
avrà tempi lunghi
e non si farà
se chi è compagno
non imparerà
a vivere da compagno, Michele.
Pigliarsi la fabbrica
e poi la città
far nostra la vita
vuol dire imparare
da oggi tra noi
il nuovo rispetto
il solo rispetto che è comunista.
E questo rispetto
tra liberi e uguali
non è un merletto
o un fatto formale
è violenza di classe
rifiuto totale
del vecchio errore nascosto tra noi.
L’errore che ormai
possiamo vedere
l’errore del tuo
del mio potere
e d’ogni potere
un po’ personale
per oggi è tutto; avanti, Michele.
Mio caro Michele
nel nuovo partito
la nuova avanguardia
di fatto sono io
ti do la teoria
e la strategia
non è presunzione, Michele, ma è mia.
http://utenti.lycos.it/laltraitalia/Canzoniere/Autori/DellaMea.htm
6
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
Non mi avete convinto
di Massimo Recchioni (CZ)
Ad otto giorni dalla nostra richiesta (denuncia di anomalie),
il Consolato di Praga si è finalmente fatto vivo.
Q
uesto il messaggio di posta elettronica:
al quale era allegata la seguente lettera del dott. De Felice
Gentili Signori,
in esito alle istanze formulate dalle SS.LL. a questa Ambasciata, relative alla trasmissione delle richieste di chiarimenti alle competenti Autorità italiane, si rende noto che il Ministero degli Affari Esteri ha
qui comunicato che una nota di chiarimento è stata inserita sul sito web del Ministero dell’Interno:
(http://www.elezioni.interno.it/europee/euro090607/EE0225.htm), che così legge:
I VOTI DEI RESIDENTI NELL’UNIONE EUROPEA SONO STATI SCRUTINATI INSIEME A QUELLI DEGLI
ELETTORI TEMPORANEAMENTE ALL’ESTERO (ART. 3, COMMA 4, DL N.3/09)
Detta nota richiama l’art. 3, comma 4, del DL 3/2009 che si riporta di seguito:
4. Ai fini dello scrutinio congiunto delle schede votate per corrispondenza dagli elettori di cui al
comma 1, lettere a), b) e c), con le schede votate dagli elettori residenti all’estero, l’assegnazione
dei relativi plichi è effettuata, a cura del presidente dell’ufficio centrale per la circoscrizione Estero, ai
singoli seggi in modo proporzionale, in numero almeno pari a venti buste e, in ogni caso, con modalità
tali da garantire la segretezza del voto, l’inserimento in una medesima urna e la verbalizzazione unica
delle risultanze di tale scrutinio congiunto tra schede votate dagli elettori temporaneamente all’estero
e schede votate da elettori residenti all’estero, anche provenienti da altro ufficio consolare o Stato
della medesima ripartizione.
Si precisa che gli elettori di cui al comma 1, lettere a), b) e c) sono temporaneamente residenti
nei Paesi extra - UE e precisamente:
a) appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all’estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali;
b) dipendenti di Amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente
all’estero per motivi di servizio, qualora la durata prevista della loro permanenza all’estero, secondo
quanto attestato dall’Amministrazione di appartenenza, sia superiore a tre mesi, nonché, qualora
non iscritti alle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero, i loro familiari conviventi;
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AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
c) professori universitari, ordinari ed associati, ricercatori e professori aggregati, di cui all’articolo
1, comma 10, della legge 4 novembre 2005, n. 230, che si trovano in servizio presso istituti universitari e di ricerca all’estero per una durata complessiva di almeno sei mesi e che, alla data del
decreto del Presidente della Repubblica di convocazione dei comizi, si trovano all’estero da almeno
tre mesi, nonché, qualora non iscritti alle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero, i loro
familiari conviventi.
Tanto si rende noto per debito di informazione.
Molto cordialmente, Gianclemente De Felice
Che significa tutto questo? E che risposta sarebbe? In
essa cogliamo perlomeno delle inesattezze.
La prima: non viene specificato quale categoria tra quelle
menzionate è stata aggiunta ai votanti della Repubblica
Ceca. L’intuito ci fa pensare che – non essendoci centinaia
di professori universitari italiani sparsi per il mondi – gli
unici che potrebbero essere stati interessati da questa “cooptazione” siano stati i militari italiani sparsi in giro per il
mondo (Afghanistan, Iraq, ecc.). Proviamo a dare per scontata
questa ipotesi.
La seconda inesattezza: i trecento e passa voti in piu’
“inventati” in Repubblica Ceca sarebbero soldati. Perché,
nonostante le nostre sollecitazioni e quelle dell’Ambasciata,
nessuno ci ha mai spiegato come mai non sia stata conteggiata
quella cifra anche tra il numero di aventi-diritto. Che non
è stato ancora modificato, neanche a settimane di distanza.
Perché, se la risposta era effettivamente quella?
La terza, quei voti sarebbero stati “dispersi” proporzionalmente. Ma i seggi dove si sono verificati delle anomalie
avevano numeri di aventi-diritto al voto completamenti
diversi.
Li hanno fatti arrivare tutti al 100%. Quindi aggiungendo
20 voti laddove c’erano 24 votanti ed avevano votato in 4,
300 voti laddove avevano votato in 4 su 304! Alla faccia della
proporzione. Non quadra. E in nessuno di questi seggi il numero degli aventi-diritto è stato modificato! Come si fanno
a contare delle percentuali di votanti, ma soprattutto di voti
alle liste, se il numero degli aventi-diritto è sbagliato?
Allora delle due l’una: o si è sbagliato a Praga aggiungendo piu’ voti (di militari sparsi in altri Paesi) di quanti nella
stessa Repubblica Ceca fossero gli aventi-diritto. E in questo
caso avrebbero sbagliato a non incrementare quest’ultimo
numero.
Oppure i 300 e passa voti hanno seguito quel criterio
di proporzionalità – nell’essere stati assegnati a questo
Paese – ma allora sono inconcebili tutti quei seggi portati
“artificialmente” al 100%. Questa seconda ipotesi sarebbe
di gran lunga piu’ inquietante. Non solo non ci sarebbe piu’
controllo su voti e percentuali dei militari cooptati, ma viene
annacquato, o nei Paesi con meno votanti, completamente
stravolto il quadro dei risultati.
Nella stessa Repubblica Ceca come si fa – infatti – a
fare un’analisi del voto, se, ad esempio, la lista comunista
risulta aver avuto meno del 4% e senza ospiti indesiderati
avrebbe l’8? Facciamo questo esempio perché la percentuale
dei voti risulta addirittura dimezzata, ma questo si puo’ dire
per tutti gli altri partiti, tranne uno – sempre lo stesso in
tutti i Paesi anomali – che risulta invece avere un successo.
E su QUESTI dati il deputato Pdl Picchi parla di grande
successo in Repubblica Ceca, laddove – testualmente – “sono
stati organizzati degli eventi”. Migliaia di euro e cibo per
centinaia di persone per 20 ospiti miliardari ed incipriati
intervenuti (sono andato personalmente a vedere), e chi
doveva venire a parlare, lo stesso Picchi, per caso malato. I
contribuenti hanno speso un sacco di soldi affinché il Pdl
potesse conquistare 20 voti che erano già suoi.
E ad Amburgo?
Ad Amburgo (città e dintorni), c’erano invece tre seggi
elettorali, e tutti e tre nello stesso salone. Il Consolato ha
collaborato (e lavorato) decisamente bene, gli scrutatori/le
scrutatrici ancora di più. Ma una delle tre sezioni ha ricevuto una busta con le schede per la III Circoscrizione (Italia
centrale) che riportava “350 schede”, mentre all’interno
ce n’erano solo 250! Domanda: e le altre 100 dove erano?
Chiaramente, tutto a verbale. Di queste schede, moltissime
erano macchiate (macchia di stampa), quindi inutilizzabili.
Solo che ce ne si è accorti dopo che alcuni avevano già votato.
Altra domanda: è stato un caso che proprio delle schede
dell’Italia centrale, oltre a mancarne 100, il resto erano in
maggioranza inutilizzabili? ovviamente, anche questo è stato
messo a verbale.
A Roma avranno indagato sui motivi del disguido? Ne
dubitiamo. Tutto questo diventa ancora più inquietante se
consideriamo che nei Paesi gonfiati, di professori o militari,
tutte le cifre inventate riguardano proprio la Circoscrizione
III.
Il Ministero degli Esteri (su indicazione degli Interni)
ci ha risposto in modo tardivo e vago. Stavamo meglio
prima, la risposta è stata più sicuramente più inquietante
che convincente!
8
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
Ero scrutatrice a Praga
di Claudia Cimini (CZ)
I
n qualità di scrutatrice del Seggio elettorale di Praga
n.1001, riporto di seguito la mia testimonianza rispetto
alle discrepanze rilevate tra il numero degli elettori effettivi,
divisi per circoscrizione, verificato e comunicato al Consolato
la sera del 6/06/09 in seguito ai conteggi delle schede e dei
certificati degli elettori presentatisi durante i due giorni di
votazioni e dei dati, diversi, riportati dal Ministero degli
Interni.
Risultano infatti 323 voti in più rispetto a quelli conteggiatiemessiaverbaleneiseggidiPragaediBrno.Ivotiriportati dal Ministero sono quindi circa il doppio di quelli verificati.
Nella circoscrizione III inoltre, risulta aver votato il 103
% degli elettori mentre nella circoscrizione V nessuno,
quando sono state conteggiate, solo a Praga, 9 schede
votate per tale circoscrizione.
Nella sezione di Praga il numero totale degli aventi
diritto al voto, ricavato da un elenco di elettori inviato da
Roma e aggiornato dal consolato, successivamente divisi per
circoscrizione, è il seguente:
Circoscrizione
Elettori
I
II
III
IV
V
371
450
325
187
70
Totale elettori sez. di Praga: 1403
In seguito a comunicazione dell’ufficio consolare, il numero
degli aventi diritto al voto viene maggiorato di n.ro 2 elementi
con conseguente vidimazione delle schede corrispondenti. Il
numero totale di elettori per la sez. di Praga, risulta quindi
essere1405.
Alla chiusura del seggio dell’ultimo giorno di votazioni, il
6/06/2009, effettuati i conteggi delle schede votate, e verificata la corrispondenza con il numero dei certificati elettorali,
risultano a Praga complessivamente 287 elettori, pari al 20,5%
circa degli aventi diritto al voto nella sezione. I votanti sono
così distribuiti per ciascuna circoscrizione elettorale:
Circoscrizione
I
II
III
IV
V
Numero votanti
83
79
87
29
9
Per un totale di: 287
Tali dati vengono comunicati all’addetto consolare perché
vengano trasmessi in Italia, vengono messi a verbale e tutto
il materiale viene imbustato e sigillato con nastro adesivo,
timbro della sezione e firme dei componenti del seggio, e
consegnato, in seguito alla firma delle liberatorie, all’Addetto
Consolare. Dallo stesso Addetto Consolare si apprende anche
il numero dei votanti nella sezione di Brno, è pari a 68.
Il totale dei votanti dalla somma delle due sezioni
predisposte in Repubblica Ceca, risulta quindi essere pari
quindi a:
–sez. di Praga votanti 287
–sez. di Brno votanti 68
–Per un totale di votanti in Repubblica Ceca di 355.
DI SEGUITO SONO RIPORTATI invece I DATI
UFFICIALI, TOTALI E PER CIRCOSCRIZIONE
ELETTORALE, PUBBLICATI SUL SITO DEL VIMINALE.
REPUBBLICA CECA
Elettori
1.729
Votanti
678
39,21%
Schede bianche
5
0,73%
Schede nulle
14
2,06%
Schede contestate
e non assegnate
–
–
9
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
Così di seguito la divisione in circoscrizioni:
REPUBBLICA CECA
I CIRCOSCRIZIONE: ITALIA NORD-OCCIDENTALE
Elettori
463
Votanti
106
22,89%
REPUBBLICA CECA
IV CIRCOSCRIZIONE: ITALIA MERIDIONALE
Elettori
215
Votanti
60
27,90 %
Schede bianche
–
–
Schede bianche
–
–
Schede nulle
1
1,66 %
Schede nulle
2
1,88%
Schede contestate
e non assegnate
–
–
Schede contestate
e non assegnate
–
–
REPUBBLICA CECA
V CIRCOSCRIZIONE: ITALIA INSULARE*
REPUBBLICA CECA
II CIRCOSCRIZIONE: ITALIA NORD-ORIENTALE
Elettori
590
Votanti
129
21,86%
Schede bianche
–
–
Schede nulle
5
3,87%
Schede contestate
e non assegnate
–
–
REPUBBLICA CECA
III CIRCOSCRIZIONE: ITALIA CENTRALE
Elettori
370
Votanti
383
103,51%
Schede bianche
5
1,30%
Schede nulle
6
1,56%
Schede contestate
e non assegnate
–
–
Elettori
91
Votanti
–
–
Schede bianche
–
–
Schede nulle
–
–
Schede contestate
e non assegnate
–
–
* LA NAZIONE NON HA VOTANTI
I dati da noi conteggiati e comunicati non corrispondono con quelli del Viminale. Risultano infatti 323 voti in
più rispetto a quelli conteggiati e messi a verbale nei seggi
di Praga e di Brno la sera precedente. Nella circoscrizione III risulta aver votato il 103 % degli
elettori. L’Italia insulare non risulta
avere votanti.
Qualsiasi altro commento mi
sembra inutile.
10
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
Europee 2009 a Medicina
(Bologna)
di Andrea Albertazzi (B)
P
ur vivendo e lavorando a Bruxelles da quasi 4 anni, ho vissuto queste elezioni europee ed amministrative da vicino,
non soltanto ritornando in Italia per votare, ma partecipando
allo spoglio come rappresentante di lista e soprattutto come
candidato nella lista comunista nel mio paese.
La domenica notte la delusione è stata forte per il mancato raggiungimento del 4%, obiettivo per il quale abbiamo
tutti lavorato e che ha anche rivisto la partecipazione attiva
di militanti che si erano nel tempo allontanati e che, grazie
a questo progetto di Unità Comunista, si sono rifatti vivi e
hanno partecipato alla campagna elettorale. Questa delusione
è stata però parzialmente ribaltata dal risultato inaspettato
che la nostra lista ha ottenuto alle elezioni amministrative
del mio paese.
Medicina è un comune della provincia di Bologna sotto i
15mila abitanti dove la leadership del PD (prima DS, PDS)
non è mai stata in discussione. I comunisti hanno sempre
avuto un gruppo di militanti compatto, specialmente con
tanti giovani, che da anni si è sempre confrontato aspramente
con l’amministrazione targata PD.
Alle precedenti elezioni comunali questa presenza attiva è
riuscita a dare vita ad una unica lista di rifondazione e di altri
comunisti dal nome “comunisti medicinesi”, la quale aveva
come simbolo, una semplice falce e martello a sfondo rosso.
Questa lista riuscì a prendere l’11% dei voti garantendo 2
consiglieri di opposizione e sfiorando perfino il terzo.
Il lavoro del circolo di rifondazione e dei consiglieri negli
ultimi 4 anni è stato molto serio e coerente ma, prima delle
recenti elezioni, il gruppo è stato
investito direttamente ed indirettamente da alcune vicende personali
e politiche, anzitutto legate alla
situazione del PRC a Bologna, che
hanno determinato le peggiori condizioni per presentare nuovamente
la lista alle elezioni amministrative.
Il segretario del circolo, consigliere
comunale e provinciale uscente, ha
lasciato il partito due mesi prima delle elezioni e c’è stata una emorragia
di militanti che, in modo più o meno
esplicito, hanno lasciato il partito o
evitato di attivarsi per la campagna
elettorale. Inoltre è nata una lista
civica che raccoglieva, tra gli altri,
anche un ex-segretario del circolo
di rifondazione e altri che in passato,
con ogni probabilità, avevano votato
comunista: un notevole elemento di
disturbo aggiuntivo.
I restanti componenti del circolo si sono ritrovati a dover
mettere in piedi una lista in condizioni drammatiche, senza
nemmeno avere i nomi per comporre la lista stessa. Si è
comunque riusciti a espletare tutte le formalità nei tempi
previsti e ad avere anche sulla scheda elettorale del comune
la falce e il martello. Per la campagna elettorale si sono spesi
la bellezza di 156 euro.
Le aspettative di raggiungere un buon risultato e di avere
un consigliere erano quindi scarse, per non dire nulle.
Vi chiederete perché vi sto a raccontare questa storia: la
vicenda di Medicina ha, almeno per il sottoscritto, molto
da insegnare.
Al momento dello spoglio delle comunali eravamo increduli nell’aprire le schede e nel trovare così tante croci sulla
falce e il martello: ci confrontavamo tra rappresentanti di
lista e in tutti i seggi i voti erano numerosissimi, in alcuni
casi superavano perfino quelli della lista civica. Eravamo
sbalorditi ma, ovviamente, molto soddisfatti: il lunedì sera
avevamo almeno un buon motivo per brindare insieme al
circolo anche se avremmo scambiato volentieri il risultato
delle comunali con un 4% alle europee. La nostra lista alle
comunali ha raggiunto oltre l’8% e conquistato un consigliere
comunale; la lista civica ha preso 50 voti più di noi e eletto
anch’essa un consigliere, risultato comunque positivo; anche
la destra ha aumentato e il PD è letteralmente crollato, pur
eleggendo il sindaco, come da copione.
La lista comunista ha preso nelle elezioni comunali 785
voti, cioè più del doppio dei voti che gli stessi elettori hanno
deciso di attribuirci alle provinciali
ed europee.
La grande lezione che questa
vicenda ha insegnato, anzitutto a
noi medicinesi, è che la gente sa
riconoscere quando il nostro lavoro è
costante, serio e coerente. La “nostra
gente” è tutt’altro che stupida e percepisce le differenze che in questi anni
ci sono state tra l’impegno a livello
locale e il lavoro a livelli più alti, da
parte di dirigenti che militano, o hanno militato, sotto lo stesso simbolo.
Il lavoro serio non si improvvisa, si
costruisce negli anni, e la gente lo
riconosce e lo premia.
Noi ripartiamo da questo risultato e da questa consapevolezza, per
realizzare un progetto alternativo di
lungo periodo, senza improvvisare, a
livello nazionale ed europeo.
11
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
Premierato
all’amatriciana
di Michele Rosa-Clot*
A
l telegiornale del terzo canale RAI delle sette della sera del
1.5.09, leggendo la notizia del declassamento dell’Italia
a paese “parzialmente libero” (unico tra i paesi occidentali)
da parte di “Freedom House”, la speaker Maria Cuffaro spiegava che tra i fattori che hanno condotto quella prestigiosa
organizzazione ad una simile drastica scelta figura anche
l’anomalo accentramento dei sistemi di informazione “nelle
mani del capo dello Stato”. Come aveva appena spiegato
Cuffaro, l’oggetto della critica di Freedom House non era
Giorgio Napolitano ma Silvio Berlusconi. Tuttavia, nonostante quest’ultimo sia, tra le altre cose, anche Presidente del
Consiglio e, quindi “capo del Governo”, egli non è “capo dello
Stato”. Un bel lapsus! L’errore, però, non è stato corretto né nel
corso del giornale né rilevato da alcuno nei giorni successivi.
Un lapsus collettivo, allora. Tutti sappiamo che i lapsus sono
determinati da un meccanismo psicologico profondo e rivelano molte più cose di quanto si potrebbe pensare. Eppure,
da qualche tempo nutro il serio dubbio che non si tratti di
“semplici” lapsus ma di veri e propri cortocircuiti concettuali
della cultura politica italiana dell’ultimo decennio. Come la
maggior parte degli osservatori internazionali (e qualcuno
di quelli italiani) riconosce da anni, lo “stile” berlusconiano
ha trasformato profondamente i modi ed il linguaggio della
politica italiana. Questo è avvenuto attraverso la ripetizione
ossessiva di una serie di semplificazioni che, a forza di essere
ripetute, diventano refrains, ritornelli, jingle pubblicitari: il
“centrodestra” è portatore di tutti i valori positivi: libertà,
ricchezza, autonomia, viaggi, cioccolatini…; la “sinistra” di
tutti i valori negativi: miseria, noia, schiavitù, depressione,
minestre riscaldate e consumate da soli in una serata piovosa…
A fame, a peste, a bello libera nos domine!
Joseph Goebbles, arguto ministro della propaganda del
Terzo Reich, sapeva benissimo che non era assolutamente
necessario che una cosa fosse intrinsecamente vera, ma che
bastasse ripeterla un numero sufficiente di volte perché lo
diventasse: l’establishment berlusconiano (composto da
persone infinitamente meno colte ed argute di Goebbles)
*Michele Rosa-Clot. È stato professore di storia moderna e contemporanea alla City University of New York. I suoi campi di ricerca comprendono la storia sociale e culturale della rappresentanza politica negli Stati Uniti, la storia comparata delle istituzioni
democratiche e la storia dell’immigrazione.
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con le sue martellanti ripetizioni fa esattamente questo. Ma
i jingles pubblicitari, come gli slogans, veicolano messaggi
che vanno oltre le parole con cui vengono scanditi. Messaggi
semplici che la reiterazione ossessiva rende di una potenza
devastante. Come l’opposizione di “centrodestra” a “sinistra”
(non a “centrosinistra, si badi bene). Ecco, quello che mi
preoccupa è, appunto, il messaggio reale, non quello letterale.
Una delle iterazioni a cui sto pensando è rappresentata da una
parolina dall’apparenza innocua: “premier”. A differenza del
caso citato sopra con cui il TG3 chiamava “capo dello Stato”
il “capo del Governo”, l’uso del termine premier per indicare il
Presidente del Consiglio dei Ministri non è affatto un lapsus,
né lo è di poche persone. Al contrario, esso è entrato prepotentemente nell’uso politico corrente di tutto il Paese ad ogni
livello della comunicazione: dalle dichiarazioni pubbliche dei
parlamentari, alla stampa, alle chiacchiere da bar. Insomma
parte integrante del vocabolario politico di tutto il Paese.
Tutto ad eccezione del linguaggio istituzionale e diplomatico
che è tenuto ad una rigorosa correttezza semantica (e difatti
parla solo di “Presidente del Consiglio). Il fatto che si sia
ingenerato un ridicolo doppio uso, spesso simultaneo, dei
termini “Premier” e “presidente del Consiglio” non fa altro
che rafforzare l’idea che essi sia in realtà sinonimi. Ma è vero
che lo siano? E se non lo sono, perché si usano in questo
senso? Uno dei primi usi italiani del termine premier risale
al 1993 quando il Corriere della Sera pubblicò un articolo
del politologo e studioso di sistemi politici e sistemi elettorali
Giovanni Sartori dal titolo “Ma io non credo al super premier”. In quell’articolo Sartori criticava le proposte di Segni
e La Malfa di elezione diretta del presidente del consiglio.
A parte il fatto che, come Sartori giustamente osservava, si
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
trattava di un apax politico a livello internazionale (a meno
di voler ricordare i plebisciti napoleonici o le finte elezioni
dei ben più tristi epigoni dei piccoli padri), egli accostò il
termine “Presidente del Consiglio” al termine “premier” per
svolgere la sua riflessione teorica sulla forza di un premierato
e sui sistemi elettorali. Da allora l’uso è invalso ed è entrato
nel lessico corrente. Tuttavia, lo stesso Sartori nei suoi libri
spiega chiaramente che il Presidente del Consiglio italiano non
è un premier (si veda, ad esempio, Ingegneria Costituzionale
Comparata, 1994). In termini teorici, il capo del governo può
ricadere solo in una di queste tre categorie: un primo sopra
ineguali, un primo tra ineguali o un primo tra eguali. Nel primo caso (primo sopra ineguali), il capo dell’esecutivo è anche
a capo del partito di governo e nomina e revoca i ministri
del suo gabinetto senza che questi possano destituirlo. Nel
secondo caso (primo tra ineguali) il capo dell’esecutivo può
anche non essere il capo del partito di governo ma, come nel
primo caso resta in carica anche quando cambiano i membri
del suo gabinetto mentre essi non possono licenziarlo. Nel
terzo caso (primo tra eguali), il primo ministro cade con il
suo gabinetto e deve governare con ministri a lui variamente
imposti. Dei tre sistemi di governo, il sistema di “premierato”,
spiega Sartori, è il primo dei tre casi. Si tratta del modello
inglese detto “di gabinetto” o “modello Westminster”. Indispensabile alla configurazione del “modello Westminster” è
il suo peculiare sistema elettorale maggioritario uninominale
a turno unico, causa ed effetto del sistema bipartitico e della
formazione di maggioranze parlamentari assolute composte da
un solo partito. In Italia, invece, a differenza dell’Inghilterra
e a scapito dei costanti tentativi dello schieramento berlusconiano in tutte le sue più fantasiose declinazioni, non si è mai
rusciti a modificare il sistema elettorale in direzione di un
maggioritario uninominale a turno unico (fortunatamente,
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
aggiungerei io. Ma questo è materiale per un altro articolo)
e continuiamo a trovarci nel terzo dei tre casi elencati sopra.
L’unico avvicinamento italiano al sistema inglese è dato da
una coincidenza oggettiva: presidente del Consiglio dei Ministri è anche il capo (leader è il termine mediaticamente più
usato, proprietario quello semanticamente forse più corretto)
della coalizione elettorale vincente. Tuttavia, in nulla questa
nomina è dettata da una necessità giuridica, normativa o,
come in Inghilterra, consuetudinaria. Naturalmente questo
non è il luogo per discutere scientificamente le varie forme
di governo e le considerazioni che voglio fare non sono sulla
differenza tecnica del premierato anglosassone e del sistema
italiano. Piuttosto, voglio solo avanzare un abbozzo di riflessione o, se si preferisce, condividere le mie paure. Insomma:
perché usare il termine “premier” per designare il Presidente
del Consiglio Italiano? A mio avviso la confusione non è
stata una operazione neutra ma ha trascinato un insesorabile
trasformazione di sostanza, una alterazione della coscienza
civile. Cerco di spiegarmi.
L’aggressivo dibattito con cui si è tentato di riorganizzare
il sistema politico in senso bipolare, avviando un’assordante
campagna per l’adozione del premierato, o in modo più
esplicitamente frequente, per l’elezione diretta del “capo del
governo” è sempre fallita a stadi più o meno embrionali.
Nessuna delle varie commissioni preposte alla revisione del
sistema elettorale ha mai prodotto qualcosa che statuisse questa
norma. Nessuna riforma costituzionale, per sciagurata che
fosse, ha introdotto un nuovo sistema di governo. Nessuna
riforma del sistema elettorale, per demenziale che fosse, ha
mai trasformato il sistema politico italiano in senso bipolare.
Con il passaggio alla “Seconda repubblica” (altro termine
autoreferenziale senza alcuna logica politica) e cavalcando
la tigre del disgusto popolare, nel 1993 la legge elettorale
fu modificata abrogando il proporzionale per l’elezione dei
Senatori e dei Deputati (4 agosto 1993 n. 276 e n. 277, legge
“Mattarella” poi detta “Mattarellum” con il fortunato conio
di Giuseppe Sartori). Ma “Mattarellum” prima e “Porcellum”,
13
poi non hanno avvicinato l’Italia di un solo millimetro ai
sistemi politici bipolari.Allora, nella migliore delle ipotesi,
il vocabolario politico degli ultimi decenni (o, almeno, una
parte di esso) si è svuotato di senso. Credo, però, che non
debba essere solo svuotamento di senso a preoccupare: quello
è stata una caratteristica ricorrente di ogni potere nella sua
relazione con l’opinione pubblica. Stando solo nel ‘900 penso,
ad esempio, alla ideologia ecclesiale, al consenso filo monarchico, alle isterie anticomuniste ed alle fisime filosovietiche,
penso a Luciano Violante ed alla retorica della conciliazione
nazionale; penso all operazione gattopardesca e furbetta di
Mani Pulite. E questo senza scomodare gli “ismi”! Piuttosto
mi pare che, come per tutte le cose elencate qui sopra, sia
necessario interrogarsi su cosa lo svuotamento di senso intenda
riempire. Ovvero: serve a qualcosa? Perché un simile concerto? Perché (al di là delle facili battute) Dario Franceschini
e Silvio Berlusconi parlano lo stesso linguaggio politico? Ed
ecco, molto brevemente, il mio timore. Temo che a livello
più o meno cosciente (e sospetto, per alcuni si tratti di un
uso assai consapevole) l’uso del termine veicoli un portato
molto concreto: poiché Berlusconi non è riuscito (per ora)
a diventare “primo sopra ineguali” de jure, ha messo in atto
tutto il possibile per cercare di diventarlo de facto. La trasformazione della cultura politica attraverso la trasformazione
del linguaggio e, pertanto, anche delle categorie politiche, ha
reso il passaggio ad un ruolo politico non previsto né dalla
legislazione ordinaria né dalla Costituzione, indolore ed impercettibile. Intendiamoci, la parola “Premier”, non è l’unica
componente della liturgia politica berlusconiana. Questa
è composta da molti “mantra”: c’è la parola “democrazia”,
ossessivamente e scandita con reverenza sacrale, stiracchiata
da tutte le parti tanto da essere completamente svuotata di
senso; ci sono gli ossimori bellici (le missioni di pace); ci
sono anacoluti leghisti; ci sono le evocazioni (la “Sinistra”)…
Insomma: un intero compendio di figure retoriche. Però trovo
che la strategia Berlusconiana, tra cesarismo e bonapartismo,
rivesta la questione discussa sopra di una urgenza ed una
immediatezza particolari. Naturalmente spero di essere solo,
come cantava Fausto Amodei tanti anni fa, un “censore della
pubblica morale” e di vedere “il male anche dove non ce n’è”,
però ho la sgradevole impressione di non essermi allontanato
troppo dalla verità.
14
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
Venti riformatori
nel Regno Unito
A cura di Simone Rossi (UK) e Roberto Galtieri (B)
D
urante gli ultimi mesi, nel Regno Unito è scoppiato lo
scandalo delle spese dei deputati, che hanno abusato del
sistema vigente per richiedere fondi pubblici a titolo di rimborso
per spese personali, giungendo a falsificare la propria residenza per
ottenere maggiori vantaggi. Lo scandalo ha assunto dimensioni e
toni maggiori, anche a causa dell’immobilismo del Primo Ministro
poco risoluto nell’intraprendere misure efficaci, fino a sfociare in
un sentimento di distacco e disprezzo dei cittadini verso i propri
rappresentanti. Di conseguenza, alcuni politici di calibro nazionale
hanno posto l’accento sulla necessità di attuare una riforma del
sistema istituzionale britannico, che renda i rappresentanti maggiormente responsabili nei confronti
dei rappresentati e per avvicinare le
istituzioni alla popolazione. Tra le
fila dei Laburisti è stato proposto di
ridurre i poteri del Primo Ministro
per ampliare quelli del Parlamento;
tale suggestione è stata ripresa dal
leader del Partito dei Conservatori
(Tories), David Cameron, che lo
scorso 25 maggio ha messo sul tavolo
del dibattito alcuni punti definiti di
straordinaria urgenza, la cui applica- David Cameron
zione permetterebbe una riforma in
senso democratico delle istituzioni britanniche:
Limitare il potere del Primo Ministro e nel contempo in
considerazione di stabilire un limite alla durata del mandato del
Parlamento, ponendo termine al diritto di Downing Street a
controllare i tempi delle elezioni legislative;
Abolire il controllo dei partiti sul Parlamento garantendo
libertà di voto durante il dibattito sulle leggi in commissione. I
deputati avrebbero anche il potere di fissare i tempi del dibattito
parlamentare;
Incrementare il potere dei deputati di seconda fila e limitare
i poteri dell’Esecutivo consentendo ai deputati di eleggere i presidenti ed i membri delle commissioni parlamentari;
Aprire il processo legislativo agli esterni mandando sms, con
informazioni sullo stato dell’iter parlamentare delle leggi e pubblicando su YouTube l’avanzamento dei lavori;
Piegare il potere dell’Esecutivo limitando le prerogative reali
che consentono al Primo Ministro, in nome del monarca, di
assumere decisioni di primaria importanza;
Westminster: il palazzo del Parlamento
L’orologio
del Palazzo di
Westminster,
simbolo del
Parlamento
e della
democrazia
airstocratica
britannica
Pubblicare le richieste di rimborso
di tutti i pubblici
dipendenti con un
salario superiore a
£150,000 (174.000
€ circa);
Rafforzare gli
enti locali trasferendo competenze ai consigli. Questo consentirebbe agli stessi di
rovesciare le decisioni dell’Esecutivo di chiudere servizi pubblici
quali uffici postali, stazioni ferroviarie, fornendo loro il potere di
recuperare stanziamenti per mantenerli aperti.
La sola lettura delle proposte fatte da Cameron la dice lunga
sull’accentramento dei poteri nell’uomo guida, derivata dalla concezione ancora feudale e monarchica della cosi detta democrazia
britannica, e dunque sulla necessità di modernizzare i vecchio
sistema feudale scaturito dalla Magna Charta del 1215 (http://
it.wikipedia.org/wiki/Magna_Carta).
Ancora pù interessante è però stata la reazione dei Laburisti, i
quali, tramite il loro ministro della Sanità, Alan Johnson, hanno
proposto una modifica del sistema elettorale verso il propozionale:
il modello elettorale britannico divide il territorio in circoscrizioni, ciascuna delle quali elegge il “suo” deputato con un sistema
uninominale secco, per cui accede al parlamento il candidato che
ha ottenuto la maggioranza relativa. Secondo questa concezione,
il/la deputato/a è rappresentante del territorio, prima ancora che
di un partito. Con tale sistema è già successo, nel passato, che
forze (come i Verdi o il Partito LiberalDemocratico) con oltre il
15% dei suffragi elettorali non abbiano conseguito alcun seggio
in Parlamento. Il sistema proporzionale, inoltre, si applicherebbe
anche alla Camera dei Lord, ramo del Parlamento che attualmente
non è eletto dai cittadini, dal momento che i membri vi siedono
per diritto ereditario o per nomina della Corona.
I cittadini britannici, solitamente pronti a difendere il proprio modello e le proprie tradizioni, sembrano aver accolto con
maggior entusiasmo questo tipo di proposte. Secondo un sondaggio effettuato dai quotidiani TheGuardian e TheObserver il
3 giugno, il 84% degli intervistati è favorevole all’adozione di
una Costituzione scritta, il 82% sostiene che la Camera dei Lord
dovrebbe esser trasformata in un organo elettivo, il 79% ritiene
sia necessario riformare il sistema elettorale; secondo la metà del
campione quest’ultimo dovrebbe essere di tipo proporzionale, con
una maggiore propensione verso questo modello tra gli elettori
dei LiberalDemocratici (90%), seguiti dai supporter del Labour
Party (70%) e dei Tories (40%).
Tutto ciò ci consente di effettuare un raffronto con la situazione
italiana: mentre in Gran Bretagna dopo secoli si mette in discussione un sistema feudale, in Italia, Berlusconi, dopo la repubblica
vuol tornare alla monarchia attraverso mutamenti reazionari delle
forme istituzionali dello Stato.
15
Rubrica
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
L avoro e
Patronato
PENSIONI
a cura della redazione di Aurora
Inziamo, da questo numero,
a trattare un argomento di
importanza essenziale per
i cittadini italiani residenti
all’estero, con materiale tratto
dal sito www.inca.it
I
l Patronato INCA assiste e tutela i lavoratori che hanno svolto attività lavorativa in Stati con i quali vige un
accordo internazionale di sicurezza sociale (Regolamenti Comunitari, Convenzioni Bilaterali, Accordo SEE).
L’INCA è presente in circa 30 paesi all’estero. L’Italia è legata, sul
piano bilaterale o multilaterale, a diversi Stati con accordi internazionali di sicurezza sociale che tutelano il cittadino emigrato.
Area dell’Unione Europea
Base
b)paesi interessati dall’accordo SEE (spazio economico europeo):
•L’Islanda
•il Liechtenstein e la Norvegia, invece, hanno aderito
all’Accordo SEE, ma non sono Stati membri dell’Unione
europea.
Particolarità: il 1 giugno 2002 è entrato in vigore l’accordo
bilaterale tra l’Unione Europea e la Svizzera, pertanto per
quest’ultima trovano applicazione i principi della normativa
comunitaria in materia di libera circolazione delle persone,
con particolare riferimento alle norme sul coordinamento dei
sistemi di sicurezza sociale contenute nei regolamenti CEE
1408/71 e n. 574/72. Turchia: il regolamento comunitario si applicherà anche
alla Turchia perchè legata all’Italia dalla Convenzione Europea
di sicurezza sociale.
giuridica
Articoli 48 e 51 del Trattato istitutivo. Regolamenti n.
1408/71 e 574/72 relativi all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori privati (dipendenti e autonomi) e
ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità.
Regolamento n. 1606/98 che ha esteso il sistema di sicurezza
sociale comunitario anche ai dipendenti delle pubbliche
amministrazioni.
Nel 2004 è stato approvato un nuovo Regolamento
comunitario (Reg. 883/04), che sostituirà il Reg. 1408/71, nel momento in cui sarà emanato il relativo Regolamento
di esecuzione.
Stati
•1995 Austria, Finlandia e Svezia*
•2004 Repubblica ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania,
Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia
•2007 Romania e Bulgaria
destinatari
a)paesi membri dell’ Unione Europea che attualmente comprende 27 Stati. L’allargamento dell’Area comunitaria si è
realizzata nel tempo:
•25 marzo1957 Germania, Belgio, Francia, Italia Lussemburgo e Paesi Bassi (sei Stati fondatori)
•1981 Grecia
•1986 Spagna e Portogallo
Principi Generali
L’esistenza di tali accordi nell’ambito della materia qui
trattata consente il recupero del diritto alle prestazioni pensionistiche ogni qualvolta tale diritto non sia realizzato o
realizzabile in base all’attività lavorativa assicurata in un solo
paese (vale a dire in Italia, o nel paese estero convenzionato,
ovvero in entrambi i paesi).
Gli accordi internazionali di fatto garantiscono ai lavoratori migranti la stessa tutela prevista dalle singole legislazioni
nazionali ai lavoratori che hanno sempre lavorato nello stesso
Stato.
Pur seguendo le norme previste dai singoli accordi, i criteri applicati ai fini della concessione delle prestazioni sono
fondamentalmente omogenei:
•parità di trattamento
•applicazione della legge vigente nel luogo in cui viene svolta
l’attività lavorativa
•totalizzazione dei periodi di assicurazione.
*Austria, Finlandia e Svezia sono membri dell’Unione dal 1.1.1995. Tuttavia i regolamenti comunitari sono loro applicabili fin
dal 1.1.1994 in virtù dell’accordo SEE (spazio economico europeo).
16
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
Gli accordi riguardano in genere:
•prestazioni di invalidità
•prestazioni di vecchiaia
•prestazioni ai superstiti
•prestazioni in caso di morte
•prestazioni in caso di disoccupazione
•prestazioni in caso di infortuni sul lavoro
•prestazioni in caso di malattia
•prestazioni per la maternità
•prestazioni per i familiari
Beneficiari del sistema sono generalmente i lavoratori,
subordinati e autonomi, cittadini di uno Stato contraente.
Disposizioni particolari sono previste nella normativa comunitaria per gli apolidi, rifugiati familiari di lavoratore
comunitario aventi la cittadinanza di uno Stato terzo;
mentre sul piano delle convenzioni bilaterali taluni accordi
includono nel campo di applicazione soggettivo non soltanto
i cittadini, ma egualmente le persone assicurate in base alla
legislazione degli Stati contraenti, a prescindere dunque dalla
nazionalità (ad esempio le convenzioni con Australia, Canada,
Quebec e Venezuela).
Criteri per evitare la doppia
imposizione fiscale
Per quanto riguarda gli aspetti fiscali ,l’Italia ha stipulato
apposite convenzioni per evitare la doppia imposizione fiscale
L avoro e
Patronato
nelle pensioni. Tali convenzioni prevedono la detassazione
della pensione nel Paese di erogazione e la tassazione nel solo
Paese di residenza.
L’Italia
ha stipulato convenzioni con:
Albania, Argentina, Australia, Austria, Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Belgio, Brasile,
Bulgaria, Canada, Cina, Corea del Sud, Costa
d’Avorio, Croazia, Danimarca, Equador, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Federazione Russa,
Filippine, Germania, Giappone, Grecia, India,
Indonesia, Irlanda, Israele, Kazakhistan, Kuwait,
Lituania, Macedonia, Malaysia, Malta, Marocco,
Mauritius, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda,
Paesi Bassi, Pakistan, Polonia, Portogallo, Regno
unito, Repubblica Ceca, Repubblica federale
di Yugoslavia, Repubblica Slovacca, Romania,
Russia, Singapore, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti d’America, Sud Africa, Svizzera,
Tanzania, Trinidad Tobaco, Tunisia, Turchia,
Ungheria, Unione Sovietica, Venezuela, Vietnam, Zambia.
Rubrica
17
Donne e media
AL
nile
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non sol
Quando l’intrattenimento
degenera in modalità
sessiste e denigratorie
di Claudia Cimini (CZ)
L
a distanza tra ciò per cui si è lottato e raggiunto, ciò per cui
generazioni di donne hanno creduto e continuano a credere e
a sostenere lontano dai mezzi di comunicazione di massa italiani e
quello che si vede in televisione, sui giornali, sulle riviste del nostro
Paese, è talmente abissale e inverosimile, che mi è sembrato necessario ricordare una minima parte di un percorso intrapreso che non
deve essere dimenticato nonostante i continui assalti alla memoria
fatti dai gestori di informazioni che stanno tentando da anni di
costruire una nuova identità della donna-corpo “usa e sostituisci”,
“spoglia e gusta”.
Ho voluto riportare la traduzione di una breve parte del materiale prodotto e pubblicato da donne giornaliste e esperte di comunicazione e media spagnole facenti parte dell’AMECO, (Asociación
Española de Mujeres Profesionales de los Medios de Comunicaciónes) sul rapporto tra donne e mezzi di comunicazione e ciò che vediamo e assorbiamo passivamente quando guardiamo la televisione e
la maggioranza dei programmi di intrattenimento italiani.
«
La rappresentazione è una maniera di render visibile con immagini o parole i fenomeni di una società o di una cultura.
Conoscere la ‘realtà’ non è un semplice fatto naturale, ma un
artificio, una costruzione. Il linguaggio è un modo di strutturare
la realtà di rappresentarla in un modo o in un altro. Ciò che
definiamo realtà, altro non è che una serie di categorie che nominano la realtà stessa. Partendo da tale presupposto, è evidente
come parte del pensiero femminista ha dedicato e dedica un spazio molto vasto sullo studio di tale categorie e alla critica di tali
rappresentazioni, in particolare relativa alle rappresentazioni
delle differenze sessuali così come proposte o create e alimentate
dai media.
»
«
È necessario analizzare, esaminare, decostruire le rappresentazioni relative ai generi per svelare come tali costruzioni, spesso
pure creazioni mediatiche asservite ad interessi particolari, influenzano, strutturano il nostro modo di pensare, interpretare,
riproporre la realtà.
»
Corpi gonfiati, tirati, rattoppati, perfetti, irreali, nauseanti, depilati, abbronzati, pornografici per il loro esser asserviti all’immaginario di una categoria del maschile universalizzatrice di desideri e
omologatrice dell’ideale di bellezza e di come si pensa o si vorrebbe
il femminile. Le persone sono scomparse, le personalità perdute in
qualche angolo del passato, le differenze eliminate per facilitare la
fruibilità del programma anche ai più distratti… restano corpi, di
donne, ovviamente, da guardare, commentare, desiderare.
Volgare feticismo del corpo irraggiungibile, irreale. Creatori di
sogni vani, di modalità che offuscano la realtà, che innescano la passività del non-pensiero, stanno cambiando i ruoli sociali, i nostri
modelli di bellezza, il rapporto che le donne hanno con il proprio
corpo e che gli uomini hanno con i loro desideri e i loro oggetti del
desiderio.
«
In passato si pensava che i mezzi di comunicazione fossero solo
un ‘riflesso’ della società, quindi il riflesso degli interessi sociali
dominanti, lo specchio di una società patriarcale che rinforzava
una rappresentazione sessista del mondo.
Successivamente i mezzi di comunicazione hanno assunto il
ruolo di agenti socializzatori che competono con la famiglia, la
scuola, nel processo educativo, alla formazione della soggettività
da un lato e nella diffusione dei modelli che ogni persona deve
seguire per poter vivere in una comunità.
»
18
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
La bellezza ha smesso di esser armonia, diversità, individualità, è
diventata una massa uniforme di rotondità lucide strabordanti, volgarizzate da inquadrature e movimenti caricaturali che rimandano a
provocatorie accondiscendenze sessuali indirizzate ad un unico tipo
di pubblico… Modello socializzatore, da seguire per poter vivere in una
comunità… ma chi vuole questo modello che ci stanno proponendo
da anni? A quale pubblico è indirizzato? Con quali finalità? Chi ha
interesse a vedere, confondere, sovrapporre, sostituire le donne con
queste immagini irreali del tubo catodico? Risposte che conosciamo,
ma che non dobbiamo dimenticare di porci.
«
Anche gli eventi storici costituiscono la base dei paradigmi esistenti
nella società che influenzano i mezzi
di comunicazione. Se le donne sono
state invisibilizzate nella storia, i
mezzi di comunicazione faranno altrettanto. Il processo incosciente che
potremmo definire pilota automatico
innescato nelle modalità del pensiero
che ha dominato il modo di raccontare, si può così riassumere: le donne
sono sempre state presenti durante
gli eventi storici, ma sono ignorate
quando tali eventi vengono ricordati, analizzati, e organizzati in ciò
che conosciamo come storia. Allo stesso modo le donne sono presenti negli
eventi che son riportati dai media,
ma sono escluse dall’esser raccontate
come partecipi di essi.
Invidiose delle più giovani, rabbiose, pronte a scagliarsi contro le
altre se rischiano di perdere la palma della più bella. Piene di parole prive di contenuti, guardate mentre fanno spettacolo, numeri da
circo per intrattenere, mai per informare perché sono presenti negli
avvenimenti ma non ne sono artefici, ci sono senza esserci, perché la
loro funzione non deve essere attiva ma di passività subalterna sia rispetto agli attori principali di cui non sono altro che un suppellettile
facilmente sostituibile che rispetto allo spettatore, passivo consumatore di immagini artefatte.
Reificazione di corpi ammutoliti, mercificati in nome di leggi
di mercato e numeri che devono salire, attrarre l’attenzione dello
spettatore, di colui che compra, di colui che conta o ha l’illusione
di contare.
«
Le donne normalmente, trovano spazio nelle pagine specifiche
a loro dedicate, nelle rubriche per donne, non nelle pagine dedicate all’informazione generale.
Ciò dovrebbe rientrare nella strategia di segmentazione del
pubblico per cui vien data attenzione agli interessi distinti di
ogni gruppo di lettori. Eppure tutto ciò che rientra nell’ambito
dell’informazione legata alle donne è una soft news, notizie secondarie o di importanza assai minore.
»
Terrorizzate e sottomesse alle ingiurie del tempo che per loro è
il più acerrimo nemico, battaglie durissime, perché
anche le donne sono guerrigliere, per sconfiggere
cellulite e zampe di gallina. E ancora gonfiate, ritoccate, tagliate e ricucite, sempre più tonde, sempre
lo
no n so
«
Oggi il diritto alla comunicazione ha escluso completamente
il ricettore, trasformandosi nel diritto unilaterale di chi gestisce i
mezzi di comunicazione.
La funzione dei mezzi di comunicazione è dar voce ai distinti settori della società affinché partecipino realmente
allo sviluppo sociale, economico e
culturale del paese. Bisogna dare
la possibilità e le capacità alle
maggioranze e alle minoranze
affinché possano usare al meglio e
appropriarsi dei mezzi di comunicazione.
»
»
AL
nile
femmi8 marzo
più snelle. Consigli, diete, regole, dibattiti per esser più seducenti,
per attrarre, per esser guardate e considerate.
Ascoltate, ma sempre prima osservate e giudicate rispetto a canoni di attrattività. Tollerate se non belle, instabili ed emotive se con
opinioni che vanno al di là del loro esser corpi da guardare.
Il sessismo nei programmi, specie in quelli di intrattenimento, ha
raggiunto vette impensabili di degradazione delle donne, inimmaginabili
in altri paesi e in altri periodi storici.
Spettacoli a cui ci stiamo assuefacendo
acriticamente, perché pensare stanca,
e l’intrattenimento deve esser il regno
del non-pensiero, lo spegnimento di
qualsiasi capacità critica, il modo migliore per subire una pericolosa realtà
prefatta, tossica e asfissiante.
Ricordare infine le modalità per
dar voce e visibilità alle donne, equiparare gli spazi tra i generi e
cercare di limitare il sessismo nei mezzi di comunicazione mi sembra
un modo di destarci dalla soporifera irrealtà mediatica.
È antisessista:
– la denuncia dell’oppressione delle donne nei vari settori lavorativi
che le relegano a salari inferiori rispetto ai colleghi, lavoro precario,
difficoltà di accesso a posizioni decisionali.
– evidenziare e denunciare gli stereotipi e le convenzioni che opprimono le donne e le riducono a un’uniforme massa acefala, come il
terrorismo della moda, il terrore di invecchiare, la rivalità tra donne, il tabù del lesbismo, la passività sessuale, il lavoro domestico e
la cura dei figli, l’attività privata del suo valore perché di ambito
prettamente femminile, la mitologia del sacrificio e l’abnegazione.
– la critica alla virilità ridotta a capacità eiaculatoria e al piacere della gestione del potere. In tal senso viene legittimata l’immagine
dell’uomo divorato dalla necessità di far carriera che provvede a
tutti i beni di cui la famiglia dispone.
– mostrare la partecipazione degli uomini a tutti gli interstizi della
quotidianità, dalla cura dei figli, alle attività domestiche, senza che
ciò diventi un ulteriore omaggio all’uomo che partecipa alla gestione reale della casa, ma un momento di comune divisione degli
stessi compiti.
– la ridefinizione dei ruoli di genere, mostrare uomini insicuri, con
sensi di colpa e che riflettono prima di agire, e donne forti e assertive, capaci di creare e costruire e non solo di procreare e crescere
figli.
Perché ciò che sa fare la donna può imparare a farlo anche l’uomo!
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Rubrica
AZIONE
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mmaginatevi uno di quei tappeti di
gomma che si mettono nella stanze
dei bambini piccoli. Sono fatti di tanti
quadrati di colori diversi, all’interno di
ognuno dei quali c’è una lettera dell’alfabeto. Immaginate anche che aiuterete
i vostri bambini a costruire questo bel
tappeto seguendo l’ordine delle lettere
dell’alfabeto italiano. Così cominciate
dalla A, poi andate avanti con la B, e
così via. Mentre le mettete a posto, i
vostri bambini decidono di mettere le
lettere come le vogliono loro, oppure
tolgono una lettera dal suo quadrato di
gomma e cercano di infilarla in un altro
in cui però non riesce ad entrare bene,
perché non è il suo.
Se questo vi sembra faticoso, immaginatevi lo stesso tappeto, con tutte le
lettere ognuna nel suo quadrato, dalla
parte diritta e liscia, e provate a pensare che ognuna di queste rappresenta
un momento della vostra vita. L’ordine
delle lettere corrisponde alla sequenza
di quello che avete vissuto. Forse alcune vi sono costate una certa fatica, altre
no, ma in tutti i casi il vostro tappeto è
19
L’ALFABETO A SOQQUADRO
L’alfabeto
dell’emigrazione
di Ornella Carnevali* (D)
completo e diciamo „ a prova
di bambino“.
Così è la vostra vita prima
che cambiate paese.
Quando partite, però, dovete risparmiare spazio e decidete di staccare i quadrati del
vostro tappeto e di metterli
in un sacco. Mentre lo fate,
dato che siete di fretta, alcune
lettere escono dai loro quadrati. Quando arrivate a destinazione le lettere sono tutte
mescolate, i loro quadrati anche e dovete rifare il tappeto
completamente. Per un po’
non ve ne occupate, ma un
giorno quel sacco decidete di
svuotarlo e ve ne escono alcune lettere.
La D è la prima. Avete
voluto partire e per farlo, con
o senza grandi sforzi, avete
preso una decisione. Mentre
aspettavate di partire, avete
sognato un nuovo lavoro, una
nuova casa, forse nuovi amici
e tante altre cose. Ora che la
guardate meglio, vi rendete
conto che quella lettera ha
un davanti, liscio, ed un retro, ruvido. Vi viene in mente
che, a dir il vero, rispetto a
quello che avevate immaginato prima di partire, adesso
sentite una certa delusione.
Oltre al fatto che non capite
quello che dicono i colleghi,
*Ornella Carnevali lavora in Germania come consulente/coach/trainer nel settore della diversità culturale e dell’adattamento al
nuovo. Informazioni sui suoi servizi sono disponibili sul sito web: www.coaching-you.eu
20
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
vi siete anche già resi conto che il lavoro è più faticoso del previsto, la paga
potrebbe essere migliore e siete sempre
sfiniti. Come se non bastasse, il vostro
coniuge si lamenta del grande lavoro
che ha sempre da fare ed i bambini non
sa più da che parte prenderli.
Non avete neanche bisogno di cercare molto e già vi appare una seconda
lettera, la C. Ebbene sì, vi sentite confusi. Confusi e delusi. Questo, però,
non è tutto.
Vi girate intorno e vi rendete conto
che anche il vostro coniuge sta cercando di rifare il “tappeto della sua vita”.
Preoccupati come siete del vostro e di
come vi sentite, fate finta per un po’
di non vedere. Un giorno comunque
ci sbattete quasi contro. Davanti a voi
stanno la I e la P. il vostro coniuge che
lavora a casa si sente isolato e perso.
Presi come siete a fare la parte del leone, pensate bene di far finta di niente.
In fondo ce la fate a malapena a dare sul
lavoro quello che c’è da dare.
Per un po’ non vi accorgete di una
lettera che avete entrambe davanti a voi:
è la L. Purtroppo sì, le litigate sono aumentate e così cercate di stare lontano
da casa il più possibile. Ve ne rendere
conto solo adesso.
Nel frattempo sul tappeto dei bambini sono uscite la A e la S. E già: il
piccolo deve andare all’asilo e la bambina a scuola. Altre due
lettere rotolano su e
e
ent
AgilM
giù da tempo: la M
e la T. I bambini sono spesso malati e
tristi, come non vi sembrano mai stati
prima.
Questa confusione tra le vostre lettere e le loro continua per un certo tempo. Nei momenti di calma, anche se
sono davvero pochi, cercate di tenervi
in contatto con la
vostra gente che
è rimasta a vivere da dove venite
anche voi. Questa
G, che è così bella
e liscia davanti a
voi, la mettete nel
suo riquadro e la
guardate con nostalgia ogni volta
che volete sentirvi
a casa. Vi ricorda anche la gioia
che provavate a
stare insieme alla
vostra gente ed la
gratitudine che vi esprimeva, quando
facevate loro un favore o semplicemente eravate là per loro anche nei momenti più duri. Se la girate, però, vedete
che anche la G ha un lato ruvido. Così,
sentite che è passato tanto tempo da
quando qualcuno vi ha dimostrato gratitudine l’ultima volta.
Mentre cercate di aiutare voi stessi ed i vostri cari, sentite anche che vi
manca una lettera importante: la F. La
vostra forza, fisica o d’animo, sembra
essere sparita, o essere così assorbita dal lavoro che ve ne rimane molto
poca per fare altro. Ebbene sì, vi salta
all’occhio la V: per voi la vita non solo
non è più la stessa, ma vi chiedete anche che vita è.
Provate a guardarvi dentro e ad un
certo punto sentite che, guardando la
lettera N che è ancora fuori dal suo riquadro, è ora di ammettere che tutto
questo nuovo vi ha sommerso come
un’onda troppo grossa e che dura da
troppo tempo ormai. Cercate di mettere la O al suo posto e vedete che stavate
guardando il suo retro, ruvido, come
quello di ogni altra lettera. Mentre la
girate per vedere la parte diritta e liscia,
vi viene in mente che forse con un po’
di organizzazione la vostra vita e quella
della vostra famiglia funzionerebbero
meglio.
Certo, organizzare per far funzionare. In fondo era facile arrivarci, ma vi è
servito tutto questo tempo per capirlo.
Nel prossimo numero.
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L’ a lfa b et o d ell’i n
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EUROPE
21
A
RIGURGITI
NEONAZISTI
Un partito ceco si presenta alle elezioni europee
richiamandosi alla “soluzione finale“, idea aberrante
ma che non scandalizza abbastanza il Paese
di Massimo Recchioni (CZ)
T
roppe volte nella storia – purtroppo – è stato difficile stabilire
quale fosse la fluttuante linea di demarcazione che divideva la
xenofobia dal diritto alla sicurezza. Sulla sicurezza si sono sempre
fatte battaglie di classe. La sicurezza è sempre stato il pretesto con
le quali le classi più abbienti invocavano un ‘‘giro di vite” per
difendere i loro privilegi dall’insidia di turno, presentatasi sotto
forma di classe contadina, operaia, di lavoratori stranieri, immigrati clandestini, minoranze etniche o di altro tipo. L’esempio più
recente in Italia la campagna elettorale per le politiche dello scorso
anno, scientificamente ‘‘spostata” sulla sicurezza (anche perché
di situazione economica, diritti e giustizia sociale ecc., cosa ci
avrebbero potuto raccontare?) dalla destra xenofobo-leghista che
ha convinto anche settori – ahinoi – di classe operaia.
Il Museo della Cultura Rom a Brno.
Ma non sembrava certo questo il caso di uno spot elettorale
per le elezioni europee di un sedicente ‘‘Partito nazionale” in Repubblica Ceca, nel quale la linea non solo era netta, ma posta ad
un livello così alto da essere vergognoso, nonché criminale.
Difendete le vostre famiglie, il vostro stile di vita, le vostre
città: è così che recitava lo spot in questione, che è stato bloccato, ma solo dopo esser stato trasmesso, dalla televisione ceca. In
esso, orrore, si arrivava ad invocare, per il raggiungimento della
tranquillità pubblica, la soluzione finale nei confronti delle
popolazioni ‘‘parassite” di origine Rom.
Troppi segnali di avvertimento c’erano stati, e tutti sottovalutati. Da anni le associazioni Rom lanciano grida di allarme e
denunce, e sono puntualmente inascoltate in nome della libertà
di espressione o gli episodi ricondotti ad una matrice ‘‘goliardica”. Ma, tra parentesi, non succede lo stesso anche da noi? Da
noi si dà fuoco agli immigrati e si parla di una ragazzata? Non si
bastonano i senzatetto e i genitori parlano dei loro figli come di
‘‘così bravi ragazzi!”.
Citando solo due episodi recentissimi (ma sarebbero innumerevoli) in Repubblica Ceca: una manifestazione a Brno il primo
maggio organizzata da un‘altra sedicente organizzazione, che si
chiama addirittura ‘‘Partito operaio” (!!!), in realtà neonazista. In
detta manifestazione tra l’altro – si scherzava sulle camere a gas)
oltre alla decisione di un comune moravo, sempre a maggio, di
istituire DUE PRIME classi elementari separate, la “A” per i bianchi, la ‘‘B” per i ROM. Per questo il partito nazionale – sentitosi
minacciato proprio sul SUO terreno - ha scelto allora un folle gioco
al rialzo – visto che pare sia consentito impunemente – riproponendo soluzioni che fanno rabbrividire solo se pronunciate.
Subito dopo il ritiro dello spot la TV ceca ha messo le mani
avanti per non cadere di dietro, denunciando il partito per il
contenuto dello spot stesso. Per nascondere, di fatto, le proprie
responsabilità. Infatti, nella Tv pubblica, qualcuno non avrebbe
DOVUTO visionare quello spot? Pare che il sedicente partito,
paradossalmente, presenterà una controdenuncia per limitazione
della libertà di stampa! Che tristezza! Ma questo è un paese dove
il nazionalismo e la xenofobia marciano di pari passo. Questo
è il paese di Klaus, di colui che, pur a capo di uno stato che ha
scelto attraverso lo strumento referendario di entrare in Europa,
si rifiuta – persino nel semestre di presidenza ceca dell’Unione
europea – di esporre la doppia bandiera sul palazzo presidenziale.
22
AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009
Estensione dell’olocausto
Lo stesso Klaus che in autunno aveva candidamente partecipato
ai comizi elettorali del suo partito per le amministrative, perché
voleva impedire un ‘‘ritorno sciagurato dei socialdemocratici”
alla guida delle regioni. Che doveva partecipare, lui ‘‘super
partes”, al congresso del SUO partito, ma che alla fine non vi
era intervenuto non perché appunto al di sopra delle parti, ma
per dissidi con l’allora presidente del consiglio e segretario del
partito stesso! Lo stesso Klaus noto al mondo per le imbecillità
sull’ecologismo, a suo dire dittatura del XXI secolo in quanto
impedisce – ponendo dei vincoli ambientali – uno sviluppo
realmente liberista dell’economia di mercato!
Le conclusioni. Ora che i buoi sono scappati, si cerca di chiudere il recinto, il governo discute del futuro di questo movimento
dalle finalità aberranti. Ma, nell’Europa civile del ventunesimo
secolo, un’organizzazione del genere non dovrebbe essere GIÀ
fuorilegge? Ma se nei primi giorni, quelli del ‘‘misfatto”, la discussione era accesa, ora si defila verso il dimenticatoio. L’onda
di sdegno per quanto avvenuto sembra infatti scemare. Ovvio
(?!?) che le priorità siano altre, soprattutto in campagna elettorale.
Intanto è il tempo dello sdegno, della protesta, delle petizioni.
Probabilmente tutto finirà in una bolla di sapone. Perché questo è il paese dove il senso di rivalsa verso le popolazioni Rom
è enormemente diffuso. Rivalsa perché il sistema socialista li
equiparava agli altri, dava loro un lavoro come a tutti. E questo
il ‘‘bianco” non poteva sopportarlo. Ora c’è finalmente democrazia, li si può prendere a calci. I Rom si vedono lavorare per le
strade, scavare per fare le fondamenta delle case. Certo, costano di
meno. Sono, nonostante siano in casa loro da sempre e cittadini
cechi, di fatto trattati come e peggio degli immigrati. E questo è
inoltre il paese in cui la democrazia permette a chiunque di far
entrare nel proprio negozio o locale chi vuole. Provate a trovare
un Rom in un ristorante, in un locale da ballo, nei negozi, dovunque. Non ci riuscirete, semplicemente non li fanno entrare.
E semplicemente neanche ci provano più perché sono sicuri che
non li farebbero entrare.
Nel frattempo, il Partito nazionale continua a manifestare
tranquillo, organizza gli ultimi comizi (peraltro poco frequentati)
nelle cittadine boeme e morave. Studenti, società civile, associazioni Rom e in difesa delle altre minoranze manifestano a loro
volta per impedire ai nazisti i loro raduni. La polizia interviene.
Volete provare a indovinare chi viene bastonato?
La situazione dei Rom continua ad essere la stessa, forse a
peggiorare. L’Europa interviene sempre subito quando si tratta di
salvare banche. Dov’è in questi momenti?
Attual
ità
EUROPE
A
Il numero esatto di persone uccise dal regime nazista è
ancora soggetto a ulteriori ricerche. Recentemente, documenti declassificati di provenienza britannica e sovietica
hanno indicato che il totale potrebbe essere superiore a
quanto ritenuto in precedenza. Ad ogni modo, le seguenti
stime sono considerate altamente affidabili.
5,6 – 6,1 milioni di ebrei
3,5 – 6 milioni di civili Slavi
2,5 – 4 milioni di prigionieri di guerra
1 – 1,5 milioni di dissidenti politici
200.000 – 800.000 tra Rom e Sinti
200.000 – 300.000 portatori di handicap
10.000 – 250.000 omosessuali
2.000 Testimoni di Geova
Totale: fra i 13 e i 19 milioni di persone uccise e cremato
nell’arco di quattro anni, per una media di 11.000 persone
uccise e cremate ogni giorno.
I triangoli
I prigionieri, al loro arrivo erano obbligati ad indossare dei
triangoli colorati sugli abiti, che qualificavano visivamente
il tipo di “offesa” per la quale erano stati internati. I più
comunemente usati erano.
Giallo: ebrei – due triangoli sovrapposti a formare
una stella di David con la parola Jude (Giudeo) scritta
sopra
Rosso: dissidenti politici, compresi i comunisti
Rosso con al centro la lettera S: repubblicani spagnoli
Verde: criminali comuni
Viola: Testimoni di Geova
Blu: immigranti
Marrone: zingari
Nero: lesbiche e soggetti “antisociali”
Rosa: omosessuali maschi
23
LA RICORRENZA
Duecentoventi
anni fa a Parigi
“Aux armes citoyens”,
la democrazia popolare in marcia
di Luca Di Mauro (F)
I
ntrodurre il tema della “presa della Bastiglia” citando uno come
Sandro Bondi potrebbe apparire criminale ma il riferimento è
obbligato visto che solo ieri il Ministro per i Beni culturali (ebbene
sì), accusando tramite belante letterina a “il Giornale” il quotidiano
Repubblica di essere l’unico pericolo per la democrazia in Italia,
aggiungeva riflessivo a proposito del quotidiano di Scalfari: “è l’erede
principale della cultura giacobina […] ed al pari di questi il ristabilimento della virtù impone qualsiasi sacrificio, qualsiasi ostacolo
deve essere rimosso e ogni strumento può essere utilizzato per il
raggiungimento di un fine dichiarato necessario e buono”.
Anni orsono, alla vigilia del referendum sulla procreazione
assistita, un altro tormentato intellettuale del calibro di Marcello
Pera dichiarava: “finalmente le posizioni si delineano con chiarezza,
giacobini contro antigiacobini”, poi gongolante, celebrò per mesi
la sconfitta dei primi.
Da un simile vaniloquio emerge un solo dato incontrovertibile:
questi signori hanno il sacro terrore dei giacobini almeno quanto
quello dei comunisti; ma come mai? La
Rivoluzione francese non è forse stata
il “salto” della storia che ha definitivamente sancito il potere della borghesia?
Non è il superamento dell’ancien régime
a favore del dominio liberale? Come
mai i “giacobini” terrorizzano ancora i
conservatori nostrani?
La risposta, tutt’altro che semplice,
non può essere banalizzata in poche
righe ma, sostanzialmente, risiede nel
fatto che i giacobini (ed ancor meno
i sans-culottes) non rappresentano
l’intera Rivoluzione e tanto meno ne
rappresentano l’esito finale. Il loro tentativo di democrazia popolare fondato sulla partecipazione diretta
attraverso i clubs terminerà il 9 termidoro anno II (27 luglio 1794)
quando Robespierre e Saint-Just, dopo il colpo di Stato che li aveva
rovesciati, saliranno alla ghigliottina. La Rivoluzione, dunque, non
sarà di popolo e democratica fino al colpo di Stato di Bonaparte
ma il 14 luglio e poi la Convenzione rappresentano il definitivo
irrompere sulla scena politica delle classi basse (già ben delineate
all’interno dei “ceti” prerivoluzionari) che reclamano il loro ruolo
nella direzione della cosa pubblica.
Il 14 luglio 1789 comunque, questo è solo futuro. La data
che resterà nella storia come inizio simbolico della Rivoluzione
francese (mentre gli
Stati Generali erano
riuniti a Versailles da
circa due mesi) segue
due giorni di violenze
popolari durante i quali
la popolazione dei faubourgs parigini aveva dato alle fiamme quaranta dei cinquanta “posti di gabella” che circondavano Parigi e che
costituivano, agli occhi dei cittadini, la presenza fisica del fisco regio
che innalzava a livelli ormai insopportabili i prezzi delle granaglie
e dunque del pane.
Il 14 luglio è martedì, alle dieci del mattino una folla di più di
40.000 uomini si presenta agli Invalides per appropriarsi delle armi
che vi sono depositate ed i numerosi reggimenti posti a presidio
dell’ospedale/caserma informano i loro superiori di non essere a
nessun costo disposti a marciare contro i parigini. Fatta incetta
di armi (vecchi fucili, 12 cannoni ed un mortaio) il fiume umano
riattraversa Parigi raggiunge la Bastiglia
e, mentre due delegazioni entrano senza
successo nella fortezza per chieder polvere
e munizioni, una folla sempre crescente
si addensa sul piazzale.
La piazzaforte è, in realtà, assai mal
difesa, René de Launay non comanda che
82 “invalidi” e 32 soldati dei reggimenti
svizzeri. Questi aprono il fuoco contro
gli assedianti alle 13 e 30 ma lo scambio
dura poco, l’arrivo di un gruppo di “gardes françaises” con cinque cannoni presi
agli Invalides fa subito pendere la bilancia
dalla parte degli assedianti.
Dopo la conquista i prigionieri del
terribile carcere risultano essere solo sette, e nessun “politico” (due
folli, un libertino e quattro falsari) ma la folla si scatena: contro gli
accordi di capitolazione il comandante de Launay e il prevosto dei
mercanti di Parigi vengono decapitati e le loro teste faranno il giro
di Parigi in punta di picca.
Il re, dal canto suo, ha passato la giornata a caccia e non sa
assolutamente nulla di quanto accaduto.
L’indomani, al risveglio, è il duca de La Rochefoucauld-Liancourt
a portargli la ferale notizia.
«C’est une révolte?» domanda Luigi XVI.
«Non sire, ce n’est pas une révolte, c’est une révolution.»
Liber tà
per i 5
cubani!
Di seguito la lettera inviata dai legali statunitensi a tutti coloro che, in giro per il mondo, si
mobilitano per i CINCO.
RABINOWITZ, BOUDIN, STANDARD, KRINSKY & LIEBERMAN,
P.C. ATTORNEYS AT LAW 111 BROADWAY, ELEVENTH FLOOR, NEW YORK,
NY 10006-1901 – TELEPHONE (212) 254-1111
16 giugno 2009
Stimati Amici:
Come sapete, abbiamo aiutato a coordinare lo sforzo di “Amicus” in appoggio alla petizione alla Corte Suprema affinché
potesse riprendere in considerazione le vostre condanne.
Siamo spiacenti dovervi informare che la Corte Suprema degli USA ha respinto ieri la petizione di revisione (certiorari).
Come è d’abitudine, non è stata data alcuna spiegazione e non è stata resa pubblica l’informazione su come abbiano votato
i nove giudici.
La Corte Suprema ha agito d’accordo con la posizione del Governo degli Stati Uniti. A maggio, molto dopo che la nuova
Amministrazione ha preso il potere, il Governo degli Stati Uniti ha esortato la Corte Suprema affinché respingesse la petizione
dei Cinque.
La lotta per la giustizia per i Cinque è lontana dalla sua fine. Il suo appoggio attivo è adesso più importante che mai.
Gerardo Hernández Nordelo, uno dei Cinque, quando è stato informato riguardo la decisione della Corte Suprema, ha
detto che "finché ci sia una persona che sta lottando fuori, noi seguiremo resistendo affinchè si faccia giustizia”.
Ricardo Alarcón, Presidente dell'Assemblea Nazionale di Potere Popolare di Cuba, ha dichiarato “la nostra lotta per ottenere la loro liberazione non diminuirà neanche un istante. Adesso è il momento di rafforzare le nostre azioni, senza lasciare né
un solo spazio da coprire né una sola porta da bussare… La lotta deve essere moltiplicata fino ad obbligare il governo nordamericano a mettere fine a questa mostruosa ingiustizia e restituire la libertà a Gerardo, Ramón, Antonio, Fernando e René”.
Dobbiamo sentirci animati – come hanno fatto i Cinque – dallo straordinario appoggio internazionale, giunto da tutte le
regioni del mondo e da persone di tutto il mondo politico, alla loro lotta per ottenere giustizia. È un fatto senza precedenti
nella storia che si siano presentati alla Corte Suprema dodici documenti di Amicus, firmati da organizzazioni legali statunitensi,
dieci premi Nobel, parlamenti stranieri, centinaia di parlamentari individuali, e moltissimi avvocati ed organizzazioni dei Diritti
Umani da tutte le parti del mondo. Così degno di ammirazione come questa dimostrazione di appoggio, è il sempre più ampio
appoggio internazionale nei confronti dei Cinque. Alleghiamo per vostra informazione una lista dei documenti di Amicus ed
una lista parziale aggiuntiva di altri documenti in sostegno ai Cinque.
Vogliamo ringraziarvi per il vostro appoggio e per gli sforzi, che siamo sicuri continuerete a portare avanti perché si faccia
giustizia.
Un saluto cordiale,
Michael Krinsky - Leonard I. Weinglass
AURORA: giornale per l’unità comunista
Direttore: Massimo Congiu (HU)
Direttore responsabile: Roberto Galtieri (B)
Comitato di redazione: Vito Bongiorno (D), Ornella Carnevali (D), Claudia Cimini (CZ), Perla Conoscenza (B), Luca Di Mauro (F), Mario
Gabrielli Cossellu (B), Massimo Recchioni (CZ), Simone Rossi (UK), Mariarosaria Sciglitano (HU), Ivan Surina (GR), Massimo Tuena (CH)
Hanno collaborato a questo numero: Andrea Albertazzi (B), Michele Rosa-Clot
Grafica e impaginazione: Lorenza Faes
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Costi: questo numero 1,00 e – arretrati 1,50 e
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