AURORA - Partito della Rifondazione Comunista
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AURORA - Partito della Rifondazione Comunista
9 numero Anno II - luglio-agosto 2009 Periodico di informazione e cultura italiana per gli italiani residenti all’estero AURORA www.aurorainrete.org Giornale Editoriale per l’unità comunista i n q u e s t o n u m e r o ... di Roberto Galtieri (B) BERLUSCONI CI ODIA I l governo Berlusconi appena installato tagliò gli già scarsi fondi che, tramite il Ministero degli Esteri (MAE), erano destinati a noi emigrati (vedi Aurora nr. 1, pagina 3). Ora il Ministro Frattini taglia i nostri basilari punti di riferimento: i consolati. Nella tabella che pubblichiamo a pagina 2 si può notare l’ampiezza delle decisioni berlusconiane. Fortemente ridimensionata è la rete europea la quale, dopo i tagli operati dai governi precedenti, subisce un ulteriore, drastico e disastroso ridimensionamento. Il taglio è per noi enorme, i risparmi del bilancio del Ministero degli esteri sono, invece, esigui in sé e nulli di fronte al disagio che dovremo sopportare. Perché, Ministro Frattini ci odia così tanto? E visto che siamo alle domande, può, per esempio, il Ministro Frattini dire ai connazionali in Belgio a quanto ammonta il buco finanziario lasciato dalla direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura, Sig.ra Bianco? Può dirci in quanto tempo questo buco è stato coperto? E perché i soldi per i servizi essenziali ai Consolati arrivano invece con molto ritardo? Perché vengono sperperati soldi in luogo di dare servizi ai connazionali? Non risponderà, il Ministro Frattini, a queste nostre domande. Per quanto ci riguarda la risposta la si trova nella logica dello sperpero e della protezione dei privilegi della casta, degli ambasciatori in primo luogo; questo è il segno distintivo del MAE. Del resto, anche solo prendendo in considerazione quest’ultima decisione si evince l’incapacità manageriale e di gestione del bilancio MAE. Due esempi. Il Console di Liegi ha preso funzione 8 mesi fa; quello di Amburgo 4 mesi fa. Oggi gli chiudono le sedi. Oltre l’offesa personale, che non ha prezzo, quanto costa al MAE (segue in seconda) Ciao, IVAN: Oggi ti ricordiamo con le tue canzoni pp. 4-5 Non mi avete convinto (Troppe le stranezze in Europa) Premierato all’amatricana Notizie dal PdCI p. 11 di Michele Rosa-Clot AL nile femmi marzo DONNE E media lo 8 no n so di Claudia Cimini Come annunciato un anno e mezzo fa, in occasione dello scorso congresso, si pone in essere la proposta del Segretario della federazione, Roberto Galtieri del ricambio dei ruoli per la formazione dei quadri. Il direttivo della federazione ha dunque eletto Massimo Recchioni nuovo segretario federale; il compagno Giovanni Albino responsabile organizzazione (posto reso vacante da Recchioni) che così entra in segreteria federale ed il compagno Galtieri membro della Commissione Garanzia. Il direttivo della federazione ha infine ringraziato il segretario uscente per l’enorme lavoro svolto in tutti questi anni. pp. 6-7 di Massimo Recchioni pp. 17-18 LA RICORRENZA 14 luglio: 220 anni fa a parigi di Luca Di Mauro ... e d p. 23 altro ancora AURORA 2 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 (segue dalla prima – berlusconi ci odia – di Roberto Galtieri) Prodi, che ha continuato la chiusura dei consolati, questo governo spostare un Console? Quale logica di risparmio c’è tra la nomina sta dimostrando tutto il suo odio e disprezzo nei nostri confronti. consolare ed il suo annullamento 4 mesi dopo? quanto costa? Tagli del 50% dei fondi a noi destinati, negazione del diritto di chi paga? la risposta ce la da Totò: “ed io pago!”. Ovvero, sono voto, come abbiamo verificato poche settimane fa, ed ora un i cittadini, i lavoratori che con le tasse pagano questo spreco. E ulteriore, insensato taglio ai consolati. BASTA! che dovunque si lor signori si divertono a spostare consolati come fossero pedine levino le voci contro questa massa d’odio berlusconiano. mentre giocano a dama. Cosa significa, quale senso ha, sempre per esempio, spostare il Consolato di Bruxelles, insieme all’agenzia consolare di Genk (la quale dista n Paese Sede di chiusura Sede ricevente centinaio di km da Bruxelles), all’ambasciata italiana PAESI EUROPEI presso il Belgio a Bruxelles? Gli attuali locali del ConC. Bruxelles e Belgio A. Bruxelles solato di Bruxelles sono già dell’Ambasciata, non A.C. Genk hanno un costo di locazione, e pure con personale Belgio C.G. Liegi C.G. Charleroi ridotto ci saranno le medesime spese di manutenzioBelgio V.C. Mons C.G. Charleroi ne. Che fine faranno questi locali di proprietà dello Germania C. Saarbruecken C.G. Francoforte Stato italiano? E dove trovano, in Ambasciata, lo Germania C. Norimberga C.G. Monaco spazio supplementare necessario per l’accoglienza ai Germania C.G. Amburgo C.G. Hannover connazionali della già vasta circoscrizione consolare Germania A.C. Mannheim C.G. Stoccarda di Bruxelles e quelli che fino ad ora hanno fatto C.G. Londra Regno Unito C. Manchester riferimento all’agenzia consolare di Genk? Perché, C.G. Edimburgo a Bruxelles, hanno imposto la costruzione di seggi Francia C. Lilla C.G. Parigi elettorali angustissimi come trappole per topi quanFrancia C. Mulhouse C.G. Metz do c’era spazio a sufficienza in Ambasciata? tanto Svizzera A.C. Coira C.I.c. San Gallo da trasferisci il Consolato? Constatiamo ancora una Svizzera C.G. Losanna C.G. Ginevra volta che lor signori, al MAE, fascisticamente, “se PAESI EXTRA EUROPEI ne fregano” dei disservizi che ci creano. Invece di Australia C. Adelaide C.G. Melbourne pagare una fortuna (5.000 e mensili per l’affitto) Australia C. Brisbane C.G. Sydney una palazzina – in parte dichiarata inagibile dai vigili Stati Uniti C.I.c. Detroit C.G. Chicago del fuoco – per effettuare i corsi di italiano, che C.G. New York Stati Uniti C.G. Filadelfia prima si tenevano nella sede dell’Istituto Italiano di C. Neward A. Washington Cultura a costo locatario zero, perché non utilizzare Sud Africa C. Durban C.G. Johannesburg questi fondi per facilitare la vita dei connazionali? Zambia C. Lusaka A. Harare Oltre queste “incapacità” di gestione, dietro ma non DECLASSAMENTI più nascosto, c’è un odio profondo del centrodestra Svizzera C.G. Basilea C. Basilea nei confronti degli emigrati italiani. Pensando che Arabia Saudita C.G. Gedda C. Gedda fossimo fascisti e cretini – che alla fine è la stessa Pakistan C.G. Karachi C. Karachi cosa – ci hanno dato il diritto costituzionale al voto. Egitto C.G. Alessandria C. Alessandria Invece i connazionali hanno votato come cuore e Legenda: A. = Ambasciata - C.G. = Consolato Generale testa domandavano. I connazionali hanno sempre C. = Consolato - V.C. = Vice Consolato - A.C. Agenzia Consolare votato in massa per il centro sinistra. Ingrato anche Vaffa ‘n quorum! È finita. Il referendum elettorale non ha raggiunto il minimo neccessario di votanti e – di conseguenza – la strada verso il partito unico è per fortuna più ardua di quanto pensassimo. Non lo ha raggiunto non solo per grosso senso civico e legalitario nel nostro Paese (se è vero che da oltre 10 anni nessun referendum raggiunge il quorum, e questo non è comunque un segno esaltante per la nostra democrazia). Ma la pericolosità dei quesiti 1 e 2 ci deve far gioire per il non raggiungimento del quorun, stavolta più che in altri momenti. Perché, se la nostra posizione “teorica” era per il NO, anche l’astensione è comunque un dato “politico”. Di molti – oltre agli astensionisti cronici – che pensano che questa domanda al Paese non andasse neanche posta!! E comunque sarebbe stato troppo rischioso andare a votare, e quindi l’unica scelta politica era quella di farlo fallire. L’unico risultato che avremmo rischiato di ottenere sarebbe stato l’aiuto al raggiungimento del 50% + 1 votante. Con il terribile risultato del 55% dei seggi al partito, non coalizione, con più voti sia alla Camera che al Senato. Anche un solo voto più degli altri, senza soglia minima. Anche il fascismo prevedeva una soglia del 25%, questa legge così modificata NON lo avrebbe previsto! E la percentuale del 55% di seggi, cosa anche più grave, è solo del 12% inferiore al raggiungimento dello scopo “vero”, la possibilità di modificare la nostra Costituzione SENZA referendum confermativo! Esempio pratico?: ora pdl e lega hanno il 55% dei seggi, se avesse vinto il SI’ avrebbero il 55% del pdl più il 10% della lega. Meno male che non è andata così. AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 3 L’Elzeviro Imre Ker tész: L’EUROPA RISORGERÀ? a cura di Mariarosaria Sciglitano […] Nei tempi della rinascita dei nazionalismi dei piccoli stati est-europei, dell’ostilità etnica, questa è una grande lezione, ciò non va negato. La guerra del Kosovo ci può servire da ammonimento sul fatto che dove si creano formazioni politiche reazionarie grazie alla manipolazione dei sentimenti nazionalisti, occorre rivedere profondamente le supposte ideologie nazionaliste e i loro sostenitori, verificando che non siano, appunto, contro le Nazioni. Ciò di cui necessitano le nazioni della zona sono lo sviluppo democratico e l’integrazione europea. Quando Churchill ha pronunciato il suo discorso a Zurigo, nello stesso anno, il 1946, il più grande filosofo ungherese István Bibó, ha scritto: “Bisogna impedire che i popoli mitteleuropei ed est-europei, con le loro dispute territoriali, turbino di continuo l’Europa. L’Europa ha un assoluto bisogno di stabilità, quindi le agitazioni irredentistiche degli stati dimezzati vanno fermate con l’esercito, e allo stesso modo vanno fermati gli stati sovrani nell’oppressione delle minoranze”. Se esistesse quel “qualcosa” di cui in questo saggio – ma ancora di più nella vita reale – si sente così tanto la mancanza, allora non ci sarebbe mai bisogno della violenza. Perché lo spirito europeo per il momento è rappresentato da politici, strateghi e soldati, e questo non è un buon segno. Ma almeno è un segno, e come segno rispecchia un’urgente necessità. Nelle sfere intellettuali da tempo hanno dato voce a questa necessità figure come il conte Coudenhove-Kalergi, il cui operato è stato apprezzato anche da Churchill. Ma sin dai tempi di Platone sappiamo bene che gli ideali politici degli scrittori e filosofi sono raramente presi sul serio da chi pratica la politica attiva, e questo a volte è una fortuna, a volte una tragedia. […] Abbiamo detto all’inizio del saggio che quel “qualcosa” – il lievito spirituale della convivenza europea, l’idea europea – forse potrà nascere proprio in mezzo alle spaventose di diventare inutili, nel quale al posto della sofferenze delle guerre balcaniche. Per i paesi speranza nel futuro hanno avuto il sopravest-europei questa guerra è tragica, ma offre vento le frustrazioni per gli errori del passato loro anche l’opportunità di dimostrare la loro storico, i sentimenti di nazionalismo ferito e la appartenenza e riconoscere al contempo la collera del rancore. Non era così ovunque ma propria situazione. È vero che un’idea può ovunque persisteva il pericolo dell’esasperato fiorire solo sul suolo della cultura comune, e inattuale nazionalismo che infine ha disgredove i valori vengono generalmente intesi allo gato la Jugoslavia, che l’ha trasformata in un suolo di sanguinarie truppe speciali e di unità stesso modo da tutti. […] Senza dubbio, sulla soglia del Ventunesi- operative che urlavano slogan nazionalisti. mo secolo, in senso etico siamo rimasti soli. In Ungheria e altrove abbiamo già visto che Ci ha abbandonato il Dio universale, ci hanno coltivando in maniera autocommiserevole i abbandonato i nostri miti universali e ci ha traumi e le frustrazioni storiche si liberano abbandonato anche la verità universale. I no- le peggiori forze di una nazione, quelle che stri valori li dobbiamo creare noi, giorno dopo riconoscono e sfruttano solo le catastrofi. giorno e con quell’invisibile impegno etico che Perché non possiamo intraprendere qualcosa alla fine li porterà alla luce, elevandoli a nuova di nuovo, di più speranzoso? “Oppure l’unico cultura europea. non ci conduce né una guida insegnamento della storia deve essere che celeste né una terrena, e i coraggiosi possono l’uomo non impara mai?”, si chiede Churchill. Perché non potremmo ritenere l’Europa unita trarre forza da questo semplice fatto. Ma per le società mutilate dell’Europa un’impresa nazionale, anche per il solo fatto dell’Est, finora condotte ideologicamente, i che ogni grande e intelligente impresa liberi valori collettivi sono irrinunciabili. Proprio forze creatrici comunitarie che aiutano a super il fatto che non hanno combattuto per perare il passato e a dimenticare gli affronti la loro libertà e i loro valori, servendosene nazionali? Ma non andiamo avanti perché da qui in principalmente come strategie di sopravvivenza individuale e nazionale, a un tratto gli poi ripeteremmo soltanto il ragionamento di sono sembrati una inutile, se non addirittura Churchill. I suoi desideri e il suo programma vergognosa, collaborazione; proprio per questo tra le rovine del 1946 sembravano utopie. Da motivo una parte rilevante di queste società allora tante cose si sono realizzate e ora che piuttosto ha vissuto la libertà che si sono questo programma è sfociato in una sanguitrovate improvvisamente tra le mani, come nosa crisi, in Europa tanti sussurrano come un crollo. E quando hanno allungato le loro proprio desiderio le parole che Churchill braccia bisognose d’aiuto verso le democrazie scelse come titolo del suo discorso: “Che occidentali, le hanno trovate disponibili solo l’Europa risorga!”. Risorgerà mai? per una breve stretta di mano e un’incoraggiante pacca sulla spalla. L’Europa occidentale non Testo integrale tratto da: riusciva a decidere cosa fare Imre Kertész, Il secolo infelice dei vicini est-europei […] (Bompiani, 2007) Dobbiamo essere consapevoli dello stato d’animo Lo scrittore ungherese ha ricevuto svuotato, dell’insicurezza il premio Nobel nel 2002 esistenziale, della paura 4 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 “...A voi partigiani Darò fino all’ultimo respiro Il mio solo pensiero: liberi pensate le cose giuste le cose sbagliate liberi sempre la lotta con cuore sincero: andiamo andate volervi bene è il solo vero” O cara moglie (1965, Parole e musica di Ivan Della Mea) O cara moglie stasera ti prego, dì a mio figlio che vada a dormire perché le cose che io ho da dire non sono cose che deve sentir. e Proprio stamane là sul lavoro, con il sorriso del caposezione mi è arrivata la liquidazione, m’han licenziato senza pietà. E la ragione è perché ho scioperato, per la difesa dei nostri diritti, per la difesa del mio sindacato, del mio lavoro e della libertà. Quando la lotta è di tutti per tutti, il tuo padrone vedrai cederà, se invece vince è perché i crumiri gli dan la forza che lui non ha. Questo si è visto davanti ai cancelli, noi si chiamava i compagni alla lotta, quando il padrone fa un cenno, una mossa: l’un dopo l’altro cominciano a entrare. O cara moglie, dovevi vederli venir avanti curvati e piegati; e noi gridare: «Crumiri, venduti!» e loro dritti senza guardar. Quei poveretti facevano pena ma dietro loro, là sul portone, rideva allegro il porco padrone: l’ho maledetto senza pietà. O cara moglie io prima ho sbagliato: dì a mio figlio che venga a sentire. ché ha da capire che cosa vuol dire lottare per la libertà ché ha da capire che cosa vuol dire lottare per la libertà. e Creare due, tre, molti Vietnam (1967, Ivan Della Mea) A chi mi aspetta in buona o mala fede a chi mi chiede «A Cuba cos’hai visto?» risponderò «La rivoluzione». Amico ho visto la rivoluzione da L’Avana a Santiago nella gente giorno per giorno la rivoluzione uomo per uomo la rivoluzione come lotta continua nel presente. Ciao, Ivan: o m a i d r o o g g i t i rui ec c a n z o n i con le t A chi mi aspetta in buona o mala fede a chi mi chiede «Fidel tu l’hai visto?» risponderò «Amico si l’ho visto sette milioni ho visto di Fidel da L’Avana a Santiago nella gente giorno per giorno sempre con Fidel uomo per uomo sempre con Fidel nella lotta continua col presente» A chi mi aspetta in buona o mala fede a chi mi chiede «Fidel ti ha parlato» io urlerò «Cuba mi ha parlato». Il dovere del rivoluzionario è solo fare la rivoluzione e sola via è la lotta armata è la guerriglia nel Vietnam come in Bolivia come nel Vietnam. A chi aspetta in sola malafede e ancora chiede «Fidel ti ha parlato» io urlerò «Cuba mi ha parlato» io urlerò «Cuba mi ha parlato». Creare due tre molti Vietnam Creare due tre molti Vietnam Creare due tre molti Vietnam. Anche di te Cuba mi ha parlato anche per te Cuba mi ha parlato contro di te Cuba mi ha parlato è nella tua fabbrica il tuo Vietnam nel tuo padrone il tuo Vietnam nella tua scuola il tuo Vietnam nella carica della polizia il tuo Vietnam. Creare due tre molti Vietnam Creare due tre molti Vietnam Creare due tre molti Vietnam. Giorno per giorno sei nel Vietnam ora per ora sei nel Vietnam contro di te Cuba mi ha parlato contro di te Cuba mi ha parlato contro di te Cuba mi ha parlato. Creare due tre molti Vietnam Creare due tre molti Vietnam Creare due tre molti Vietnam. 5 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 Se il cielo fosse bianco di carta (Lettera a Chaim) (1964, Ivan Della Mea) e Se il cielo fosse bianco di carta e tutti i mari neri d’inchiostro non saprei dire a voi, miei cari, quanta tristezza ho in fondo al cuore, qual è il pianto, qual è il dolore intorno a me. Si sveglia l’alba nel livore di noi sparsi per la foresta, a tagliar legna seminudi, coi piedi torti e sanguinanti; ci hanno preso scarpe e mantelli, dormiamo in terra. Quasi ogni notte, come un rito, ci danno la sveglia a bastonate; Franz ride e lancia una carota e noi, come larve affamate, ci si contende unghie e denti l’ultima foglia. Due ragazzi sono fuggiti: ci hanno raccolti in un quadrato, uno su cinque han fucilato, ma anche se io non ero un quinto non ha domani questo campo... ed io non vivo… Questo è l’addio a tutti voi, genitori cari, fratelli e amici, vi saluto e piango. Chaìm. e Lettera a Michele (1967, Luciano e Ivan Della Mea) Mio caro Michele ricordi la lotta le grida infuocate «la fabbrica è nostra così è la città è nostra la vita» ma poi qualcosa è cambiato, Michele. E dopo la lotta ricordi Michele con giusta premura si fecero i quadri del nuovo partito e il termine nuovo non fu così nuovo, non troppo, Michele. Mio caro Michele qui scopri l’errore e dici convinto: «se non sono io da oggi in eterno per scelta di classe la vera avanguardia, può tutto avvenire». Può tutto avvenire magari il partito magari il potere ma ciò che non viene che non può venire sarà il comunismo tu questo per oggi hai capito, Michele. E allora Michele rifammi compagno e uniti e insieme lottiamo l’errore per essere nuovi per esser diversi e comunisti, da oggi, Michele. Da oggi sappiamo che questo programma avrà tempi lunghi e non si farà se chi è compagno non imparerà a vivere da compagno, Michele. Pigliarsi la fabbrica e poi la città far nostra la vita vuol dire imparare da oggi tra noi il nuovo rispetto il solo rispetto che è comunista. E questo rispetto tra liberi e uguali non è un merletto o un fatto formale è violenza di classe rifiuto totale del vecchio errore nascosto tra noi. L’errore che ormai possiamo vedere l’errore del tuo del mio potere e d’ogni potere un po’ personale per oggi è tutto; avanti, Michele. Mio caro Michele nel nuovo partito la nuova avanguardia di fatto sono io ti do la teoria e la strategia non è presunzione, Michele, ma è mia. http://utenti.lycos.it/laltraitalia/Canzoniere/Autori/DellaMea.htm 6 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 Non mi avete convinto di Massimo Recchioni (CZ) Ad otto giorni dalla nostra richiesta (denuncia di anomalie), il Consolato di Praga si è finalmente fatto vivo. Q uesto il messaggio di posta elettronica: al quale era allegata la seguente lettera del dott. De Felice Gentili Signori, in esito alle istanze formulate dalle SS.LL. a questa Ambasciata, relative alla trasmissione delle richieste di chiarimenti alle competenti Autorità italiane, si rende noto che il Ministero degli Affari Esteri ha qui comunicato che una nota di chiarimento è stata inserita sul sito web del Ministero dell’Interno: (http://www.elezioni.interno.it/europee/euro090607/EE0225.htm), che così legge: I VOTI DEI RESIDENTI NELL’UNIONE EUROPEA SONO STATI SCRUTINATI INSIEME A QUELLI DEGLI ELETTORI TEMPORANEAMENTE ALL’ESTERO (ART. 3, COMMA 4, DL N.3/09) Detta nota richiama l’art. 3, comma 4, del DL 3/2009 che si riporta di seguito: 4. Ai fini dello scrutinio congiunto delle schede votate per corrispondenza dagli elettori di cui al comma 1, lettere a), b) e c), con le schede votate dagli elettori residenti all’estero, l’assegnazione dei relativi plichi è effettuata, a cura del presidente dell’ufficio centrale per la circoscrizione Estero, ai singoli seggi in modo proporzionale, in numero almeno pari a venti buste e, in ogni caso, con modalità tali da garantire la segretezza del voto, l’inserimento in una medesima urna e la verbalizzazione unica delle risultanze di tale scrutinio congiunto tra schede votate dagli elettori temporaneamente all’estero e schede votate da elettori residenti all’estero, anche provenienti da altro ufficio consolare o Stato della medesima ripartizione. Si precisa che gli elettori di cui al comma 1, lettere a), b) e c) sono temporaneamente residenti nei Paesi extra - UE e precisamente: a) appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all’estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali; b) dipendenti di Amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all’estero per motivi di servizio, qualora la durata prevista della loro permanenza all’estero, secondo quanto attestato dall’Amministrazione di appartenenza, sia superiore a tre mesi, nonché, qualora non iscritti alle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero, i loro familiari conviventi; 7 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 c) professori universitari, ordinari ed associati, ricercatori e professori aggregati, di cui all’articolo 1, comma 10, della legge 4 novembre 2005, n. 230, che si trovano in servizio presso istituti universitari e di ricerca all’estero per una durata complessiva di almeno sei mesi e che, alla data del decreto del Presidente della Repubblica di convocazione dei comizi, si trovano all’estero da almeno tre mesi, nonché, qualora non iscritti alle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero, i loro familiari conviventi. Tanto si rende noto per debito di informazione. Molto cordialmente, Gianclemente De Felice Che significa tutto questo? E che risposta sarebbe? In essa cogliamo perlomeno delle inesattezze. La prima: non viene specificato quale categoria tra quelle menzionate è stata aggiunta ai votanti della Repubblica Ceca. L’intuito ci fa pensare che – non essendoci centinaia di professori universitari italiani sparsi per il mondi – gli unici che potrebbero essere stati interessati da questa “cooptazione” siano stati i militari italiani sparsi in giro per il mondo (Afghanistan, Iraq, ecc.). Proviamo a dare per scontata questa ipotesi. La seconda inesattezza: i trecento e passa voti in piu’ “inventati” in Repubblica Ceca sarebbero soldati. Perché, nonostante le nostre sollecitazioni e quelle dell’Ambasciata, nessuno ci ha mai spiegato come mai non sia stata conteggiata quella cifra anche tra il numero di aventi-diritto. Che non è stato ancora modificato, neanche a settimane di distanza. Perché, se la risposta era effettivamente quella? La terza, quei voti sarebbero stati “dispersi” proporzionalmente. Ma i seggi dove si sono verificati delle anomalie avevano numeri di aventi-diritto al voto completamenti diversi. Li hanno fatti arrivare tutti al 100%. Quindi aggiungendo 20 voti laddove c’erano 24 votanti ed avevano votato in 4, 300 voti laddove avevano votato in 4 su 304! Alla faccia della proporzione. Non quadra. E in nessuno di questi seggi il numero degli aventi-diritto è stato modificato! Come si fanno a contare delle percentuali di votanti, ma soprattutto di voti alle liste, se il numero degli aventi-diritto è sbagliato? Allora delle due l’una: o si è sbagliato a Praga aggiungendo piu’ voti (di militari sparsi in altri Paesi) di quanti nella stessa Repubblica Ceca fossero gli aventi-diritto. E in questo caso avrebbero sbagliato a non incrementare quest’ultimo numero. Oppure i 300 e passa voti hanno seguito quel criterio di proporzionalità – nell’essere stati assegnati a questo Paese – ma allora sono inconcebili tutti quei seggi portati “artificialmente” al 100%. Questa seconda ipotesi sarebbe di gran lunga piu’ inquietante. Non solo non ci sarebbe piu’ controllo su voti e percentuali dei militari cooptati, ma viene annacquato, o nei Paesi con meno votanti, completamente stravolto il quadro dei risultati. Nella stessa Repubblica Ceca come si fa – infatti – a fare un’analisi del voto, se, ad esempio, la lista comunista risulta aver avuto meno del 4% e senza ospiti indesiderati avrebbe l’8? Facciamo questo esempio perché la percentuale dei voti risulta addirittura dimezzata, ma questo si puo’ dire per tutti gli altri partiti, tranne uno – sempre lo stesso in tutti i Paesi anomali – che risulta invece avere un successo. E su QUESTI dati il deputato Pdl Picchi parla di grande successo in Repubblica Ceca, laddove – testualmente – “sono stati organizzati degli eventi”. Migliaia di euro e cibo per centinaia di persone per 20 ospiti miliardari ed incipriati intervenuti (sono andato personalmente a vedere), e chi doveva venire a parlare, lo stesso Picchi, per caso malato. I contribuenti hanno speso un sacco di soldi affinché il Pdl potesse conquistare 20 voti che erano già suoi. E ad Amburgo? Ad Amburgo (città e dintorni), c’erano invece tre seggi elettorali, e tutti e tre nello stesso salone. Il Consolato ha collaborato (e lavorato) decisamente bene, gli scrutatori/le scrutatrici ancora di più. Ma una delle tre sezioni ha ricevuto una busta con le schede per la III Circoscrizione (Italia centrale) che riportava “350 schede”, mentre all’interno ce n’erano solo 250! Domanda: e le altre 100 dove erano? Chiaramente, tutto a verbale. Di queste schede, moltissime erano macchiate (macchia di stampa), quindi inutilizzabili. Solo che ce ne si è accorti dopo che alcuni avevano già votato. Altra domanda: è stato un caso che proprio delle schede dell’Italia centrale, oltre a mancarne 100, il resto erano in maggioranza inutilizzabili? ovviamente, anche questo è stato messo a verbale. A Roma avranno indagato sui motivi del disguido? Ne dubitiamo. Tutto questo diventa ancora più inquietante se consideriamo che nei Paesi gonfiati, di professori o militari, tutte le cifre inventate riguardano proprio la Circoscrizione III. Il Ministero degli Esteri (su indicazione degli Interni) ci ha risposto in modo tardivo e vago. Stavamo meglio prima, la risposta è stata più sicuramente più inquietante che convincente! 8 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 Ero scrutatrice a Praga di Claudia Cimini (CZ) I n qualità di scrutatrice del Seggio elettorale di Praga n.1001, riporto di seguito la mia testimonianza rispetto alle discrepanze rilevate tra il numero degli elettori effettivi, divisi per circoscrizione, verificato e comunicato al Consolato la sera del 6/06/09 in seguito ai conteggi delle schede e dei certificati degli elettori presentatisi durante i due giorni di votazioni e dei dati, diversi, riportati dal Ministero degli Interni. Risultano infatti 323 voti in più rispetto a quelli conteggiatiemessiaverbaleneiseggidiPragaediBrno.Ivotiriportati dal Ministero sono quindi circa il doppio di quelli verificati. Nella circoscrizione III inoltre, risulta aver votato il 103 % degli elettori mentre nella circoscrizione V nessuno, quando sono state conteggiate, solo a Praga, 9 schede votate per tale circoscrizione. Nella sezione di Praga il numero totale degli aventi diritto al voto, ricavato da un elenco di elettori inviato da Roma e aggiornato dal consolato, successivamente divisi per circoscrizione, è il seguente: Circoscrizione Elettori I II III IV V 371 450 325 187 70 Totale elettori sez. di Praga: 1403 In seguito a comunicazione dell’ufficio consolare, il numero degli aventi diritto al voto viene maggiorato di n.ro 2 elementi con conseguente vidimazione delle schede corrispondenti. Il numero totale di elettori per la sez. di Praga, risulta quindi essere1405. Alla chiusura del seggio dell’ultimo giorno di votazioni, il 6/06/2009, effettuati i conteggi delle schede votate, e verificata la corrispondenza con il numero dei certificati elettorali, risultano a Praga complessivamente 287 elettori, pari al 20,5% circa degli aventi diritto al voto nella sezione. I votanti sono così distribuiti per ciascuna circoscrizione elettorale: Circoscrizione I II III IV V Numero votanti 83 79 87 29 9 Per un totale di: 287 Tali dati vengono comunicati all’addetto consolare perché vengano trasmessi in Italia, vengono messi a verbale e tutto il materiale viene imbustato e sigillato con nastro adesivo, timbro della sezione e firme dei componenti del seggio, e consegnato, in seguito alla firma delle liberatorie, all’Addetto Consolare. Dallo stesso Addetto Consolare si apprende anche il numero dei votanti nella sezione di Brno, è pari a 68. Il totale dei votanti dalla somma delle due sezioni predisposte in Repubblica Ceca, risulta quindi essere pari quindi a: –sez. di Praga votanti 287 –sez. di Brno votanti 68 –Per un totale di votanti in Repubblica Ceca di 355. DI SEGUITO SONO RIPORTATI invece I DATI UFFICIALI, TOTALI E PER CIRCOSCRIZIONE ELETTORALE, PUBBLICATI SUL SITO DEL VIMINALE. REPUBBLICA CECA Elettori 1.729 Votanti 678 39,21% Schede bianche 5 0,73% Schede nulle 14 2,06% Schede contestate e non assegnate – – 9 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 Così di seguito la divisione in circoscrizioni: REPUBBLICA CECA I CIRCOSCRIZIONE: ITALIA NORD-OCCIDENTALE Elettori 463 Votanti 106 22,89% REPUBBLICA CECA IV CIRCOSCRIZIONE: ITALIA MERIDIONALE Elettori 215 Votanti 60 27,90 % Schede bianche – – Schede bianche – – Schede nulle 1 1,66 % Schede nulle 2 1,88% Schede contestate e non assegnate – – Schede contestate e non assegnate – – REPUBBLICA CECA V CIRCOSCRIZIONE: ITALIA INSULARE* REPUBBLICA CECA II CIRCOSCRIZIONE: ITALIA NORD-ORIENTALE Elettori 590 Votanti 129 21,86% Schede bianche – – Schede nulle 5 3,87% Schede contestate e non assegnate – – REPUBBLICA CECA III CIRCOSCRIZIONE: ITALIA CENTRALE Elettori 370 Votanti 383 103,51% Schede bianche 5 1,30% Schede nulle 6 1,56% Schede contestate e non assegnate – – Elettori 91 Votanti – – Schede bianche – – Schede nulle – – Schede contestate e non assegnate – – * LA NAZIONE NON HA VOTANTI I dati da noi conteggiati e comunicati non corrispondono con quelli del Viminale. Risultano infatti 323 voti in più rispetto a quelli conteggiati e messi a verbale nei seggi di Praga e di Brno la sera precedente. Nella circoscrizione III risulta aver votato il 103 % degli elettori. L’Italia insulare non risulta avere votanti. Qualsiasi altro commento mi sembra inutile. 10 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 Europee 2009 a Medicina (Bologna) di Andrea Albertazzi (B) P ur vivendo e lavorando a Bruxelles da quasi 4 anni, ho vissuto queste elezioni europee ed amministrative da vicino, non soltanto ritornando in Italia per votare, ma partecipando allo spoglio come rappresentante di lista e soprattutto come candidato nella lista comunista nel mio paese. La domenica notte la delusione è stata forte per il mancato raggiungimento del 4%, obiettivo per il quale abbiamo tutti lavorato e che ha anche rivisto la partecipazione attiva di militanti che si erano nel tempo allontanati e che, grazie a questo progetto di Unità Comunista, si sono rifatti vivi e hanno partecipato alla campagna elettorale. Questa delusione è stata però parzialmente ribaltata dal risultato inaspettato che la nostra lista ha ottenuto alle elezioni amministrative del mio paese. Medicina è un comune della provincia di Bologna sotto i 15mila abitanti dove la leadership del PD (prima DS, PDS) non è mai stata in discussione. I comunisti hanno sempre avuto un gruppo di militanti compatto, specialmente con tanti giovani, che da anni si è sempre confrontato aspramente con l’amministrazione targata PD. Alle precedenti elezioni comunali questa presenza attiva è riuscita a dare vita ad una unica lista di rifondazione e di altri comunisti dal nome “comunisti medicinesi”, la quale aveva come simbolo, una semplice falce e martello a sfondo rosso. Questa lista riuscì a prendere l’11% dei voti garantendo 2 consiglieri di opposizione e sfiorando perfino il terzo. Il lavoro del circolo di rifondazione e dei consiglieri negli ultimi 4 anni è stato molto serio e coerente ma, prima delle recenti elezioni, il gruppo è stato investito direttamente ed indirettamente da alcune vicende personali e politiche, anzitutto legate alla situazione del PRC a Bologna, che hanno determinato le peggiori condizioni per presentare nuovamente la lista alle elezioni amministrative. Il segretario del circolo, consigliere comunale e provinciale uscente, ha lasciato il partito due mesi prima delle elezioni e c’è stata una emorragia di militanti che, in modo più o meno esplicito, hanno lasciato il partito o evitato di attivarsi per la campagna elettorale. Inoltre è nata una lista civica che raccoglieva, tra gli altri, anche un ex-segretario del circolo di rifondazione e altri che in passato, con ogni probabilità, avevano votato comunista: un notevole elemento di disturbo aggiuntivo. I restanti componenti del circolo si sono ritrovati a dover mettere in piedi una lista in condizioni drammatiche, senza nemmeno avere i nomi per comporre la lista stessa. Si è comunque riusciti a espletare tutte le formalità nei tempi previsti e ad avere anche sulla scheda elettorale del comune la falce e il martello. Per la campagna elettorale si sono spesi la bellezza di 156 euro. Le aspettative di raggiungere un buon risultato e di avere un consigliere erano quindi scarse, per non dire nulle. Vi chiederete perché vi sto a raccontare questa storia: la vicenda di Medicina ha, almeno per il sottoscritto, molto da insegnare. Al momento dello spoglio delle comunali eravamo increduli nell’aprire le schede e nel trovare così tante croci sulla falce e il martello: ci confrontavamo tra rappresentanti di lista e in tutti i seggi i voti erano numerosissimi, in alcuni casi superavano perfino quelli della lista civica. Eravamo sbalorditi ma, ovviamente, molto soddisfatti: il lunedì sera avevamo almeno un buon motivo per brindare insieme al circolo anche se avremmo scambiato volentieri il risultato delle comunali con un 4% alle europee. La nostra lista alle comunali ha raggiunto oltre l’8% e conquistato un consigliere comunale; la lista civica ha preso 50 voti più di noi e eletto anch’essa un consigliere, risultato comunque positivo; anche la destra ha aumentato e il PD è letteralmente crollato, pur eleggendo il sindaco, come da copione. La lista comunista ha preso nelle elezioni comunali 785 voti, cioè più del doppio dei voti che gli stessi elettori hanno deciso di attribuirci alle provinciali ed europee. La grande lezione che questa vicenda ha insegnato, anzitutto a noi medicinesi, è che la gente sa riconoscere quando il nostro lavoro è costante, serio e coerente. La “nostra gente” è tutt’altro che stupida e percepisce le differenze che in questi anni ci sono state tra l’impegno a livello locale e il lavoro a livelli più alti, da parte di dirigenti che militano, o hanno militato, sotto lo stesso simbolo. Il lavoro serio non si improvvisa, si costruisce negli anni, e la gente lo riconosce e lo premia. Noi ripartiamo da questo risultato e da questa consapevolezza, per realizzare un progetto alternativo di lungo periodo, senza improvvisare, a livello nazionale ed europeo. 11 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 Premierato all’amatriciana di Michele Rosa-Clot* A l telegiornale del terzo canale RAI delle sette della sera del 1.5.09, leggendo la notizia del declassamento dell’Italia a paese “parzialmente libero” (unico tra i paesi occidentali) da parte di “Freedom House”, la speaker Maria Cuffaro spiegava che tra i fattori che hanno condotto quella prestigiosa organizzazione ad una simile drastica scelta figura anche l’anomalo accentramento dei sistemi di informazione “nelle mani del capo dello Stato”. Come aveva appena spiegato Cuffaro, l’oggetto della critica di Freedom House non era Giorgio Napolitano ma Silvio Berlusconi. Tuttavia, nonostante quest’ultimo sia, tra le altre cose, anche Presidente del Consiglio e, quindi “capo del Governo”, egli non è “capo dello Stato”. Un bel lapsus! L’errore, però, non è stato corretto né nel corso del giornale né rilevato da alcuno nei giorni successivi. Un lapsus collettivo, allora. Tutti sappiamo che i lapsus sono determinati da un meccanismo psicologico profondo e rivelano molte più cose di quanto si potrebbe pensare. Eppure, da qualche tempo nutro il serio dubbio che non si tratti di “semplici” lapsus ma di veri e propri cortocircuiti concettuali della cultura politica italiana dell’ultimo decennio. Come la maggior parte degli osservatori internazionali (e qualcuno di quelli italiani) riconosce da anni, lo “stile” berlusconiano ha trasformato profondamente i modi ed il linguaggio della politica italiana. Questo è avvenuto attraverso la ripetizione ossessiva di una serie di semplificazioni che, a forza di essere ripetute, diventano refrains, ritornelli, jingle pubblicitari: il “centrodestra” è portatore di tutti i valori positivi: libertà, ricchezza, autonomia, viaggi, cioccolatini…; la “sinistra” di tutti i valori negativi: miseria, noia, schiavitù, depressione, minestre riscaldate e consumate da soli in una serata piovosa… A fame, a peste, a bello libera nos domine! Joseph Goebbles, arguto ministro della propaganda del Terzo Reich, sapeva benissimo che non era assolutamente necessario che una cosa fosse intrinsecamente vera, ma che bastasse ripeterla un numero sufficiente di volte perché lo diventasse: l’establishment berlusconiano (composto da persone infinitamente meno colte ed argute di Goebbles) *Michele Rosa-Clot. È stato professore di storia moderna e contemporanea alla City University of New York. I suoi campi di ricerca comprendono la storia sociale e culturale della rappresentanza politica negli Stati Uniti, la storia comparata delle istituzioni democratiche e la storia dell’immigrazione. 12 con le sue martellanti ripetizioni fa esattamente questo. Ma i jingles pubblicitari, come gli slogans, veicolano messaggi che vanno oltre le parole con cui vengono scanditi. Messaggi semplici che la reiterazione ossessiva rende di una potenza devastante. Come l’opposizione di “centrodestra” a “sinistra” (non a “centrosinistra, si badi bene). Ecco, quello che mi preoccupa è, appunto, il messaggio reale, non quello letterale. Una delle iterazioni a cui sto pensando è rappresentata da una parolina dall’apparenza innocua: “premier”. A differenza del caso citato sopra con cui il TG3 chiamava “capo dello Stato” il “capo del Governo”, l’uso del termine premier per indicare il Presidente del Consiglio dei Ministri non è affatto un lapsus, né lo è di poche persone. Al contrario, esso è entrato prepotentemente nell’uso politico corrente di tutto il Paese ad ogni livello della comunicazione: dalle dichiarazioni pubbliche dei parlamentari, alla stampa, alle chiacchiere da bar. Insomma parte integrante del vocabolario politico di tutto il Paese. Tutto ad eccezione del linguaggio istituzionale e diplomatico che è tenuto ad una rigorosa correttezza semantica (e difatti parla solo di “Presidente del Consiglio). Il fatto che si sia ingenerato un ridicolo doppio uso, spesso simultaneo, dei termini “Premier” e “presidente del Consiglio” non fa altro che rafforzare l’idea che essi sia in realtà sinonimi. Ma è vero che lo siano? E se non lo sono, perché si usano in questo senso? Uno dei primi usi italiani del termine premier risale al 1993 quando il Corriere della Sera pubblicò un articolo del politologo e studioso di sistemi politici e sistemi elettorali Giovanni Sartori dal titolo “Ma io non credo al super premier”. In quell’articolo Sartori criticava le proposte di Segni e La Malfa di elezione diretta del presidente del consiglio. A parte il fatto che, come Sartori giustamente osservava, si AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 trattava di un apax politico a livello internazionale (a meno di voler ricordare i plebisciti napoleonici o le finte elezioni dei ben più tristi epigoni dei piccoli padri), egli accostò il termine “Presidente del Consiglio” al termine “premier” per svolgere la sua riflessione teorica sulla forza di un premierato e sui sistemi elettorali. Da allora l’uso è invalso ed è entrato nel lessico corrente. Tuttavia, lo stesso Sartori nei suoi libri spiega chiaramente che il Presidente del Consiglio italiano non è un premier (si veda, ad esempio, Ingegneria Costituzionale Comparata, 1994). In termini teorici, il capo del governo può ricadere solo in una di queste tre categorie: un primo sopra ineguali, un primo tra ineguali o un primo tra eguali. Nel primo caso (primo sopra ineguali), il capo dell’esecutivo è anche a capo del partito di governo e nomina e revoca i ministri del suo gabinetto senza che questi possano destituirlo. Nel secondo caso (primo tra ineguali) il capo dell’esecutivo può anche non essere il capo del partito di governo ma, come nel primo caso resta in carica anche quando cambiano i membri del suo gabinetto mentre essi non possono licenziarlo. Nel terzo caso (primo tra eguali), il primo ministro cade con il suo gabinetto e deve governare con ministri a lui variamente imposti. Dei tre sistemi di governo, il sistema di “premierato”, spiega Sartori, è il primo dei tre casi. Si tratta del modello inglese detto “di gabinetto” o “modello Westminster”. Indispensabile alla configurazione del “modello Westminster” è il suo peculiare sistema elettorale maggioritario uninominale a turno unico, causa ed effetto del sistema bipartitico e della formazione di maggioranze parlamentari assolute composte da un solo partito. In Italia, invece, a differenza dell’Inghilterra e a scapito dei costanti tentativi dello schieramento berlusconiano in tutte le sue più fantasiose declinazioni, non si è mai rusciti a modificare il sistema elettorale in direzione di un maggioritario uninominale a turno unico (fortunatamente, AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 aggiungerei io. Ma questo è materiale per un altro articolo) e continuiamo a trovarci nel terzo dei tre casi elencati sopra. L’unico avvicinamento italiano al sistema inglese è dato da una coincidenza oggettiva: presidente del Consiglio dei Ministri è anche il capo (leader è il termine mediaticamente più usato, proprietario quello semanticamente forse più corretto) della coalizione elettorale vincente. Tuttavia, in nulla questa nomina è dettata da una necessità giuridica, normativa o, come in Inghilterra, consuetudinaria. Naturalmente questo non è il luogo per discutere scientificamente le varie forme di governo e le considerazioni che voglio fare non sono sulla differenza tecnica del premierato anglosassone e del sistema italiano. Piuttosto, voglio solo avanzare un abbozzo di riflessione o, se si preferisce, condividere le mie paure. Insomma: perché usare il termine “premier” per designare il Presidente del Consiglio Italiano? A mio avviso la confusione non è stata una operazione neutra ma ha trascinato un insesorabile trasformazione di sostanza, una alterazione della coscienza civile. Cerco di spiegarmi. L’aggressivo dibattito con cui si è tentato di riorganizzare il sistema politico in senso bipolare, avviando un’assordante campagna per l’adozione del premierato, o in modo più esplicitamente frequente, per l’elezione diretta del “capo del governo” è sempre fallita a stadi più o meno embrionali. Nessuna delle varie commissioni preposte alla revisione del sistema elettorale ha mai prodotto qualcosa che statuisse questa norma. Nessuna riforma costituzionale, per sciagurata che fosse, ha introdotto un nuovo sistema di governo. Nessuna riforma del sistema elettorale, per demenziale che fosse, ha mai trasformato il sistema politico italiano in senso bipolare. Con il passaggio alla “Seconda repubblica” (altro termine autoreferenziale senza alcuna logica politica) e cavalcando la tigre del disgusto popolare, nel 1993 la legge elettorale fu modificata abrogando il proporzionale per l’elezione dei Senatori e dei Deputati (4 agosto 1993 n. 276 e n. 277, legge “Mattarella” poi detta “Mattarellum” con il fortunato conio di Giuseppe Sartori). Ma “Mattarellum” prima e “Porcellum”, 13 poi non hanno avvicinato l’Italia di un solo millimetro ai sistemi politici bipolari.Allora, nella migliore delle ipotesi, il vocabolario politico degli ultimi decenni (o, almeno, una parte di esso) si è svuotato di senso. Credo, però, che non debba essere solo svuotamento di senso a preoccupare: quello è stata una caratteristica ricorrente di ogni potere nella sua relazione con l’opinione pubblica. Stando solo nel ‘900 penso, ad esempio, alla ideologia ecclesiale, al consenso filo monarchico, alle isterie anticomuniste ed alle fisime filosovietiche, penso a Luciano Violante ed alla retorica della conciliazione nazionale; penso all operazione gattopardesca e furbetta di Mani Pulite. E questo senza scomodare gli “ismi”! Piuttosto mi pare che, come per tutte le cose elencate qui sopra, sia necessario interrogarsi su cosa lo svuotamento di senso intenda riempire. Ovvero: serve a qualcosa? Perché un simile concerto? Perché (al di là delle facili battute) Dario Franceschini e Silvio Berlusconi parlano lo stesso linguaggio politico? Ed ecco, molto brevemente, il mio timore. Temo che a livello più o meno cosciente (e sospetto, per alcuni si tratti di un uso assai consapevole) l’uso del termine veicoli un portato molto concreto: poiché Berlusconi non è riuscito (per ora) a diventare “primo sopra ineguali” de jure, ha messo in atto tutto il possibile per cercare di diventarlo de facto. La trasformazione della cultura politica attraverso la trasformazione del linguaggio e, pertanto, anche delle categorie politiche, ha reso il passaggio ad un ruolo politico non previsto né dalla legislazione ordinaria né dalla Costituzione, indolore ed impercettibile. Intendiamoci, la parola “Premier”, non è l’unica componente della liturgia politica berlusconiana. Questa è composta da molti “mantra”: c’è la parola “democrazia”, ossessivamente e scandita con reverenza sacrale, stiracchiata da tutte le parti tanto da essere completamente svuotata di senso; ci sono gli ossimori bellici (le missioni di pace); ci sono anacoluti leghisti; ci sono le evocazioni (la “Sinistra”)… Insomma: un intero compendio di figure retoriche. Però trovo che la strategia Berlusconiana, tra cesarismo e bonapartismo, rivesta la questione discussa sopra di una urgenza ed una immediatezza particolari. Naturalmente spero di essere solo, come cantava Fausto Amodei tanti anni fa, un “censore della pubblica morale” e di vedere “il male anche dove non ce n’è”, però ho la sgradevole impressione di non essermi allontanato troppo dalla verità. 14 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 Venti riformatori nel Regno Unito A cura di Simone Rossi (UK) e Roberto Galtieri (B) D urante gli ultimi mesi, nel Regno Unito è scoppiato lo scandalo delle spese dei deputati, che hanno abusato del sistema vigente per richiedere fondi pubblici a titolo di rimborso per spese personali, giungendo a falsificare la propria residenza per ottenere maggiori vantaggi. Lo scandalo ha assunto dimensioni e toni maggiori, anche a causa dell’immobilismo del Primo Ministro poco risoluto nell’intraprendere misure efficaci, fino a sfociare in un sentimento di distacco e disprezzo dei cittadini verso i propri rappresentanti. Di conseguenza, alcuni politici di calibro nazionale hanno posto l’accento sulla necessità di attuare una riforma del sistema istituzionale britannico, che renda i rappresentanti maggiormente responsabili nei confronti dei rappresentati e per avvicinare le istituzioni alla popolazione. Tra le fila dei Laburisti è stato proposto di ridurre i poteri del Primo Ministro per ampliare quelli del Parlamento; tale suggestione è stata ripresa dal leader del Partito dei Conservatori (Tories), David Cameron, che lo scorso 25 maggio ha messo sul tavolo del dibattito alcuni punti definiti di straordinaria urgenza, la cui applica- David Cameron zione permetterebbe una riforma in senso democratico delle istituzioni britanniche: Limitare il potere del Primo Ministro e nel contempo in considerazione di stabilire un limite alla durata del mandato del Parlamento, ponendo termine al diritto di Downing Street a controllare i tempi delle elezioni legislative; Abolire il controllo dei partiti sul Parlamento garantendo libertà di voto durante il dibattito sulle leggi in commissione. I deputati avrebbero anche il potere di fissare i tempi del dibattito parlamentare; Incrementare il potere dei deputati di seconda fila e limitare i poteri dell’Esecutivo consentendo ai deputati di eleggere i presidenti ed i membri delle commissioni parlamentari; Aprire il processo legislativo agli esterni mandando sms, con informazioni sullo stato dell’iter parlamentare delle leggi e pubblicando su YouTube l’avanzamento dei lavori; Piegare il potere dell’Esecutivo limitando le prerogative reali che consentono al Primo Ministro, in nome del monarca, di assumere decisioni di primaria importanza; Westminster: il palazzo del Parlamento L’orologio del Palazzo di Westminster, simbolo del Parlamento e della democrazia airstocratica britannica Pubblicare le richieste di rimborso di tutti i pubblici dipendenti con un salario superiore a £150,000 (174.000 € circa); Rafforzare gli enti locali trasferendo competenze ai consigli. Questo consentirebbe agli stessi di rovesciare le decisioni dell’Esecutivo di chiudere servizi pubblici quali uffici postali, stazioni ferroviarie, fornendo loro il potere di recuperare stanziamenti per mantenerli aperti. La sola lettura delle proposte fatte da Cameron la dice lunga sull’accentramento dei poteri nell’uomo guida, derivata dalla concezione ancora feudale e monarchica della cosi detta democrazia britannica, e dunque sulla necessità di modernizzare i vecchio sistema feudale scaturito dalla Magna Charta del 1215 (http:// it.wikipedia.org/wiki/Magna_Carta). Ancora pù interessante è però stata la reazione dei Laburisti, i quali, tramite il loro ministro della Sanità, Alan Johnson, hanno proposto una modifica del sistema elettorale verso il propozionale: il modello elettorale britannico divide il territorio in circoscrizioni, ciascuna delle quali elegge il “suo” deputato con un sistema uninominale secco, per cui accede al parlamento il candidato che ha ottenuto la maggioranza relativa. Secondo questa concezione, il/la deputato/a è rappresentante del territorio, prima ancora che di un partito. Con tale sistema è già successo, nel passato, che forze (come i Verdi o il Partito LiberalDemocratico) con oltre il 15% dei suffragi elettorali non abbiano conseguito alcun seggio in Parlamento. Il sistema proporzionale, inoltre, si applicherebbe anche alla Camera dei Lord, ramo del Parlamento che attualmente non è eletto dai cittadini, dal momento che i membri vi siedono per diritto ereditario o per nomina della Corona. I cittadini britannici, solitamente pronti a difendere il proprio modello e le proprie tradizioni, sembrano aver accolto con maggior entusiasmo questo tipo di proposte. Secondo un sondaggio effettuato dai quotidiani TheGuardian e TheObserver il 3 giugno, il 84% degli intervistati è favorevole all’adozione di una Costituzione scritta, il 82% sostiene che la Camera dei Lord dovrebbe esser trasformata in un organo elettivo, il 79% ritiene sia necessario riformare il sistema elettorale; secondo la metà del campione quest’ultimo dovrebbe essere di tipo proporzionale, con una maggiore propensione verso questo modello tra gli elettori dei LiberalDemocratici (90%), seguiti dai supporter del Labour Party (70%) e dei Tories (40%). Tutto ciò ci consente di effettuare un raffronto con la situazione italiana: mentre in Gran Bretagna dopo secoli si mette in discussione un sistema feudale, in Italia, Berlusconi, dopo la repubblica vuol tornare alla monarchia attraverso mutamenti reazionari delle forme istituzionali dello Stato. 15 Rubrica AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 L avoro e Patronato PENSIONI a cura della redazione di Aurora Inziamo, da questo numero, a trattare un argomento di importanza essenziale per i cittadini italiani residenti all’estero, con materiale tratto dal sito www.inca.it I l Patronato INCA assiste e tutela i lavoratori che hanno svolto attività lavorativa in Stati con i quali vige un accordo internazionale di sicurezza sociale (Regolamenti Comunitari, Convenzioni Bilaterali, Accordo SEE). L’INCA è presente in circa 30 paesi all’estero. L’Italia è legata, sul piano bilaterale o multilaterale, a diversi Stati con accordi internazionali di sicurezza sociale che tutelano il cittadino emigrato. Area dell’Unione Europea Base b)paesi interessati dall’accordo SEE (spazio economico europeo): •L’Islanda •il Liechtenstein e la Norvegia, invece, hanno aderito all’Accordo SEE, ma non sono Stati membri dell’Unione europea. Particolarità: il 1 giugno 2002 è entrato in vigore l’accordo bilaterale tra l’Unione Europea e la Svizzera, pertanto per quest’ultima trovano applicazione i principi della normativa comunitaria in materia di libera circolazione delle persone, con particolare riferimento alle norme sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale contenute nei regolamenti CEE 1408/71 e n. 574/72. Turchia: il regolamento comunitario si applicherà anche alla Turchia perchè legata all’Italia dalla Convenzione Europea di sicurezza sociale. giuridica Articoli 48 e 51 del Trattato istitutivo. Regolamenti n. 1408/71 e 574/72 relativi all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori privati (dipendenti e autonomi) e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità. Regolamento n. 1606/98 che ha esteso il sistema di sicurezza sociale comunitario anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Nel 2004 è stato approvato un nuovo Regolamento comunitario (Reg. 883/04), che sostituirà il Reg. 1408/71, nel momento in cui sarà emanato il relativo Regolamento di esecuzione. Stati •1995 Austria, Finlandia e Svezia* •2004 Repubblica ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia •2007 Romania e Bulgaria destinatari a)paesi membri dell’ Unione Europea che attualmente comprende 27 Stati. L’allargamento dell’Area comunitaria si è realizzata nel tempo: •25 marzo1957 Germania, Belgio, Francia, Italia Lussemburgo e Paesi Bassi (sei Stati fondatori) •1981 Grecia •1986 Spagna e Portogallo Principi Generali L’esistenza di tali accordi nell’ambito della materia qui trattata consente il recupero del diritto alle prestazioni pensionistiche ogni qualvolta tale diritto non sia realizzato o realizzabile in base all’attività lavorativa assicurata in un solo paese (vale a dire in Italia, o nel paese estero convenzionato, ovvero in entrambi i paesi). Gli accordi internazionali di fatto garantiscono ai lavoratori migranti la stessa tutela prevista dalle singole legislazioni nazionali ai lavoratori che hanno sempre lavorato nello stesso Stato. Pur seguendo le norme previste dai singoli accordi, i criteri applicati ai fini della concessione delle prestazioni sono fondamentalmente omogenei: •parità di trattamento •applicazione della legge vigente nel luogo in cui viene svolta l’attività lavorativa •totalizzazione dei periodi di assicurazione. *Austria, Finlandia e Svezia sono membri dell’Unione dal 1.1.1995. Tuttavia i regolamenti comunitari sono loro applicabili fin dal 1.1.1994 in virtù dell’accordo SEE (spazio economico europeo). 16 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 Gli accordi riguardano in genere: •prestazioni di invalidità •prestazioni di vecchiaia •prestazioni ai superstiti •prestazioni in caso di morte •prestazioni in caso di disoccupazione •prestazioni in caso di infortuni sul lavoro •prestazioni in caso di malattia •prestazioni per la maternità •prestazioni per i familiari Beneficiari del sistema sono generalmente i lavoratori, subordinati e autonomi, cittadini di uno Stato contraente. Disposizioni particolari sono previste nella normativa comunitaria per gli apolidi, rifugiati familiari di lavoratore comunitario aventi la cittadinanza di uno Stato terzo; mentre sul piano delle convenzioni bilaterali taluni accordi includono nel campo di applicazione soggettivo non soltanto i cittadini, ma egualmente le persone assicurate in base alla legislazione degli Stati contraenti, a prescindere dunque dalla nazionalità (ad esempio le convenzioni con Australia, Canada, Quebec e Venezuela). Criteri per evitare la doppia imposizione fiscale Per quanto riguarda gli aspetti fiscali ,l’Italia ha stipulato apposite convenzioni per evitare la doppia imposizione fiscale L avoro e Patronato nelle pensioni. Tali convenzioni prevedono la detassazione della pensione nel Paese di erogazione e la tassazione nel solo Paese di residenza. L’Italia ha stipulato convenzioni con: Albania, Argentina, Australia, Austria, Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Belgio, Brasile, Bulgaria, Canada, Cina, Corea del Sud, Costa d’Avorio, Croazia, Danimarca, Equador, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Federazione Russa, Filippine, Germania, Giappone, Grecia, India, Indonesia, Irlanda, Israele, Kazakhistan, Kuwait, Lituania, Macedonia, Malaysia, Malta, Marocco, Mauritius, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Pakistan, Polonia, Portogallo, Regno unito, Repubblica Ceca, Repubblica federale di Yugoslavia, Repubblica Slovacca, Romania, Russia, Singapore, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti d’America, Sud Africa, Svizzera, Tanzania, Trinidad Tobaco, Tunisia, Turchia, Ungheria, Unione Sovietica, Venezuela, Vietnam, Zambia. Rubrica 17 Donne e media AL nile i m m e f o 8 marz o non sol Quando l’intrattenimento degenera in modalità sessiste e denigratorie di Claudia Cimini (CZ) L a distanza tra ciò per cui si è lottato e raggiunto, ciò per cui generazioni di donne hanno creduto e continuano a credere e a sostenere lontano dai mezzi di comunicazione di massa italiani e quello che si vede in televisione, sui giornali, sulle riviste del nostro Paese, è talmente abissale e inverosimile, che mi è sembrato necessario ricordare una minima parte di un percorso intrapreso che non deve essere dimenticato nonostante i continui assalti alla memoria fatti dai gestori di informazioni che stanno tentando da anni di costruire una nuova identità della donna-corpo “usa e sostituisci”, “spoglia e gusta”. Ho voluto riportare la traduzione di una breve parte del materiale prodotto e pubblicato da donne giornaliste e esperte di comunicazione e media spagnole facenti parte dell’AMECO, (Asociación Española de Mujeres Profesionales de los Medios de Comunicaciónes) sul rapporto tra donne e mezzi di comunicazione e ciò che vediamo e assorbiamo passivamente quando guardiamo la televisione e la maggioranza dei programmi di intrattenimento italiani. « La rappresentazione è una maniera di render visibile con immagini o parole i fenomeni di una società o di una cultura. Conoscere la ‘realtà’ non è un semplice fatto naturale, ma un artificio, una costruzione. Il linguaggio è un modo di strutturare la realtà di rappresentarla in un modo o in un altro. Ciò che definiamo realtà, altro non è che una serie di categorie che nominano la realtà stessa. Partendo da tale presupposto, è evidente come parte del pensiero femminista ha dedicato e dedica un spazio molto vasto sullo studio di tale categorie e alla critica di tali rappresentazioni, in particolare relativa alle rappresentazioni delle differenze sessuali così come proposte o create e alimentate dai media. » « È necessario analizzare, esaminare, decostruire le rappresentazioni relative ai generi per svelare come tali costruzioni, spesso pure creazioni mediatiche asservite ad interessi particolari, influenzano, strutturano il nostro modo di pensare, interpretare, riproporre la realtà. » Corpi gonfiati, tirati, rattoppati, perfetti, irreali, nauseanti, depilati, abbronzati, pornografici per il loro esser asserviti all’immaginario di una categoria del maschile universalizzatrice di desideri e omologatrice dell’ideale di bellezza e di come si pensa o si vorrebbe il femminile. Le persone sono scomparse, le personalità perdute in qualche angolo del passato, le differenze eliminate per facilitare la fruibilità del programma anche ai più distratti… restano corpi, di donne, ovviamente, da guardare, commentare, desiderare. Volgare feticismo del corpo irraggiungibile, irreale. Creatori di sogni vani, di modalità che offuscano la realtà, che innescano la passività del non-pensiero, stanno cambiando i ruoli sociali, i nostri modelli di bellezza, il rapporto che le donne hanno con il proprio corpo e che gli uomini hanno con i loro desideri e i loro oggetti del desiderio. « In passato si pensava che i mezzi di comunicazione fossero solo un ‘riflesso’ della società, quindi il riflesso degli interessi sociali dominanti, lo specchio di una società patriarcale che rinforzava una rappresentazione sessista del mondo. Successivamente i mezzi di comunicazione hanno assunto il ruolo di agenti socializzatori che competono con la famiglia, la scuola, nel processo educativo, alla formazione della soggettività da un lato e nella diffusione dei modelli che ogni persona deve seguire per poter vivere in una comunità. » 18 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 La bellezza ha smesso di esser armonia, diversità, individualità, è diventata una massa uniforme di rotondità lucide strabordanti, volgarizzate da inquadrature e movimenti caricaturali che rimandano a provocatorie accondiscendenze sessuali indirizzate ad un unico tipo di pubblico… Modello socializzatore, da seguire per poter vivere in una comunità… ma chi vuole questo modello che ci stanno proponendo da anni? A quale pubblico è indirizzato? Con quali finalità? Chi ha interesse a vedere, confondere, sovrapporre, sostituire le donne con queste immagini irreali del tubo catodico? Risposte che conosciamo, ma che non dobbiamo dimenticare di porci. « Anche gli eventi storici costituiscono la base dei paradigmi esistenti nella società che influenzano i mezzi di comunicazione. Se le donne sono state invisibilizzate nella storia, i mezzi di comunicazione faranno altrettanto. Il processo incosciente che potremmo definire pilota automatico innescato nelle modalità del pensiero che ha dominato il modo di raccontare, si può così riassumere: le donne sono sempre state presenti durante gli eventi storici, ma sono ignorate quando tali eventi vengono ricordati, analizzati, e organizzati in ciò che conosciamo come storia. Allo stesso modo le donne sono presenti negli eventi che son riportati dai media, ma sono escluse dall’esser raccontate come partecipi di essi. Invidiose delle più giovani, rabbiose, pronte a scagliarsi contro le altre se rischiano di perdere la palma della più bella. Piene di parole prive di contenuti, guardate mentre fanno spettacolo, numeri da circo per intrattenere, mai per informare perché sono presenti negli avvenimenti ma non ne sono artefici, ci sono senza esserci, perché la loro funzione non deve essere attiva ma di passività subalterna sia rispetto agli attori principali di cui non sono altro che un suppellettile facilmente sostituibile che rispetto allo spettatore, passivo consumatore di immagini artefatte. Reificazione di corpi ammutoliti, mercificati in nome di leggi di mercato e numeri che devono salire, attrarre l’attenzione dello spettatore, di colui che compra, di colui che conta o ha l’illusione di contare. « Le donne normalmente, trovano spazio nelle pagine specifiche a loro dedicate, nelle rubriche per donne, non nelle pagine dedicate all’informazione generale. Ciò dovrebbe rientrare nella strategia di segmentazione del pubblico per cui vien data attenzione agli interessi distinti di ogni gruppo di lettori. Eppure tutto ciò che rientra nell’ambito dell’informazione legata alle donne è una soft news, notizie secondarie o di importanza assai minore. » Terrorizzate e sottomesse alle ingiurie del tempo che per loro è il più acerrimo nemico, battaglie durissime, perché anche le donne sono guerrigliere, per sconfiggere cellulite e zampe di gallina. E ancora gonfiate, ritoccate, tagliate e ricucite, sempre più tonde, sempre lo no n so « Oggi il diritto alla comunicazione ha escluso completamente il ricettore, trasformandosi nel diritto unilaterale di chi gestisce i mezzi di comunicazione. La funzione dei mezzi di comunicazione è dar voce ai distinti settori della società affinché partecipino realmente allo sviluppo sociale, economico e culturale del paese. Bisogna dare la possibilità e le capacità alle maggioranze e alle minoranze affinché possano usare al meglio e appropriarsi dei mezzi di comunicazione. » » AL nile femmi8 marzo più snelle. Consigli, diete, regole, dibattiti per esser più seducenti, per attrarre, per esser guardate e considerate. Ascoltate, ma sempre prima osservate e giudicate rispetto a canoni di attrattività. Tollerate se non belle, instabili ed emotive se con opinioni che vanno al di là del loro esser corpi da guardare. Il sessismo nei programmi, specie in quelli di intrattenimento, ha raggiunto vette impensabili di degradazione delle donne, inimmaginabili in altri paesi e in altri periodi storici. Spettacoli a cui ci stiamo assuefacendo acriticamente, perché pensare stanca, e l’intrattenimento deve esser il regno del non-pensiero, lo spegnimento di qualsiasi capacità critica, il modo migliore per subire una pericolosa realtà prefatta, tossica e asfissiante. Ricordare infine le modalità per dar voce e visibilità alle donne, equiparare gli spazi tra i generi e cercare di limitare il sessismo nei mezzi di comunicazione mi sembra un modo di destarci dalla soporifera irrealtà mediatica. È antisessista: – la denuncia dell’oppressione delle donne nei vari settori lavorativi che le relegano a salari inferiori rispetto ai colleghi, lavoro precario, difficoltà di accesso a posizioni decisionali. – evidenziare e denunciare gli stereotipi e le convenzioni che opprimono le donne e le riducono a un’uniforme massa acefala, come il terrorismo della moda, il terrore di invecchiare, la rivalità tra donne, il tabù del lesbismo, la passività sessuale, il lavoro domestico e la cura dei figli, l’attività privata del suo valore perché di ambito prettamente femminile, la mitologia del sacrificio e l’abnegazione. – la critica alla virilità ridotta a capacità eiaculatoria e al piacere della gestione del potere. In tal senso viene legittimata l’immagine dell’uomo divorato dalla necessità di far carriera che provvede a tutti i beni di cui la famiglia dispone. – mostrare la partecipazione degli uomini a tutti gli interstizi della quotidianità, dalla cura dei figli, alle attività domestiche, senza che ciò diventi un ulteriore omaggio all’uomo che partecipa alla gestione reale della casa, ma un momento di comune divisione degli stessi compiti. – la ridefinizione dei ruoli di genere, mostrare uomini insicuri, con sensi di colpa e che riflettono prima di agire, e donne forti e assertive, capaci di creare e costruire e non solo di procreare e crescere figli. Perché ciò che sa fare la donna può imparare a farlo anche l’uomo! en M l i g A te L A Rubrica AZIONE R G I M E A TR IONE Z A R G E T N EI I mmaginatevi uno di quei tappeti di gomma che si mettono nella stanze dei bambini piccoli. Sono fatti di tanti quadrati di colori diversi, all’interno di ognuno dei quali c’è una lettera dell’alfabeto. Immaginate anche che aiuterete i vostri bambini a costruire questo bel tappeto seguendo l’ordine delle lettere dell’alfabeto italiano. Così cominciate dalla A, poi andate avanti con la B, e così via. Mentre le mettete a posto, i vostri bambini decidono di mettere le lettere come le vogliono loro, oppure tolgono una lettera dal suo quadrato di gomma e cercano di infilarla in un altro in cui però non riesce ad entrare bene, perché non è il suo. Se questo vi sembra faticoso, immaginatevi lo stesso tappeto, con tutte le lettere ognuna nel suo quadrato, dalla parte diritta e liscia, e provate a pensare che ognuna di queste rappresenta un momento della vostra vita. L’ordine delle lettere corrisponde alla sequenza di quello che avete vissuto. Forse alcune vi sono costate una certa fatica, altre no, ma in tutti i casi il vostro tappeto è 19 L’ALFABETO A SOQQUADRO L’alfabeto dell’emigrazione di Ornella Carnevali* (D) completo e diciamo „ a prova di bambino“. Così è la vostra vita prima che cambiate paese. Quando partite, però, dovete risparmiare spazio e decidete di staccare i quadrati del vostro tappeto e di metterli in un sacco. Mentre lo fate, dato che siete di fretta, alcune lettere escono dai loro quadrati. Quando arrivate a destinazione le lettere sono tutte mescolate, i loro quadrati anche e dovete rifare il tappeto completamente. Per un po’ non ve ne occupate, ma un giorno quel sacco decidete di svuotarlo e ve ne escono alcune lettere. La D è la prima. Avete voluto partire e per farlo, con o senza grandi sforzi, avete preso una decisione. Mentre aspettavate di partire, avete sognato un nuovo lavoro, una nuova casa, forse nuovi amici e tante altre cose. Ora che la guardate meglio, vi rendete conto che quella lettera ha un davanti, liscio, ed un retro, ruvido. Vi viene in mente che, a dir il vero, rispetto a quello che avevate immaginato prima di partire, adesso sentite una certa delusione. Oltre al fatto che non capite quello che dicono i colleghi, *Ornella Carnevali lavora in Germania come consulente/coach/trainer nel settore della diversità culturale e dell’adattamento al nuovo. Informazioni sui suoi servizi sono disponibili sul sito web: www.coaching-you.eu 20 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 vi siete anche già resi conto che il lavoro è più faticoso del previsto, la paga potrebbe essere migliore e siete sempre sfiniti. Come se non bastasse, il vostro coniuge si lamenta del grande lavoro che ha sempre da fare ed i bambini non sa più da che parte prenderli. Non avete neanche bisogno di cercare molto e già vi appare una seconda lettera, la C. Ebbene sì, vi sentite confusi. Confusi e delusi. Questo, però, non è tutto. Vi girate intorno e vi rendete conto che anche il vostro coniuge sta cercando di rifare il “tappeto della sua vita”. Preoccupati come siete del vostro e di come vi sentite, fate finta per un po’ di non vedere. Un giorno comunque ci sbattete quasi contro. Davanti a voi stanno la I e la P. il vostro coniuge che lavora a casa si sente isolato e perso. Presi come siete a fare la parte del leone, pensate bene di far finta di niente. In fondo ce la fate a malapena a dare sul lavoro quello che c’è da dare. Per un po’ non vi accorgete di una lettera che avete entrambe davanti a voi: è la L. Purtroppo sì, le litigate sono aumentate e così cercate di stare lontano da casa il più possibile. Ve ne rendere conto solo adesso. Nel frattempo sul tappeto dei bambini sono uscite la A e la S. E già: il piccolo deve andare all’asilo e la bambina a scuola. Altre due lettere rotolano su e e ent AgilM giù da tempo: la M e la T. I bambini sono spesso malati e tristi, come non vi sembrano mai stati prima. Questa confusione tra le vostre lettere e le loro continua per un certo tempo. Nei momenti di calma, anche se sono davvero pochi, cercate di tenervi in contatto con la vostra gente che è rimasta a vivere da dove venite anche voi. Questa G, che è così bella e liscia davanti a voi, la mettete nel suo riquadro e la guardate con nostalgia ogni volta che volete sentirvi a casa. Vi ricorda anche la gioia che provavate a stare insieme alla vostra gente ed la gratitudine che vi esprimeva, quando facevate loro un favore o semplicemente eravate là per loro anche nei momenti più duri. Se la girate, però, vedete che anche la G ha un lato ruvido. Così, sentite che è passato tanto tempo da quando qualcuno vi ha dimostrato gratitudine l’ultima volta. Mentre cercate di aiutare voi stessi ed i vostri cari, sentite anche che vi manca una lettera importante: la F. La vostra forza, fisica o d’animo, sembra essere sparita, o essere così assorbita dal lavoro che ve ne rimane molto poca per fare altro. Ebbene sì, vi salta all’occhio la V: per voi la vita non solo non è più la stessa, ma vi chiedete anche che vita è. Provate a guardarvi dentro e ad un certo punto sentite che, guardando la lettera N che è ancora fuori dal suo riquadro, è ora di ammettere che tutto questo nuovo vi ha sommerso come un’onda troppo grossa e che dura da troppo tempo ormai. Cercate di mettere la O al suo posto e vedete che stavate guardando il suo retro, ruvido, come quello di ogni altra lettera. Mentre la girate per vedere la parte diritta e liscia, vi viene in mente che forse con un po’ di organizzazione la vostra vita e quella della vostra famiglia funzionerebbero meglio. Certo, organizzare per far funzionare. In fondo era facile arrivarci, ma vi è servito tutto questo tempo per capirlo. Nel prossimo numero. .. te g r a z io n L’ a lfa b et o d ell’i n e A à ttualit EUROPE 21 A RIGURGITI NEONAZISTI Un partito ceco si presenta alle elezioni europee richiamandosi alla “soluzione finale“, idea aberrante ma che non scandalizza abbastanza il Paese di Massimo Recchioni (CZ) T roppe volte nella storia – purtroppo – è stato difficile stabilire quale fosse la fluttuante linea di demarcazione che divideva la xenofobia dal diritto alla sicurezza. Sulla sicurezza si sono sempre fatte battaglie di classe. La sicurezza è sempre stato il pretesto con le quali le classi più abbienti invocavano un ‘‘giro di vite” per difendere i loro privilegi dall’insidia di turno, presentatasi sotto forma di classe contadina, operaia, di lavoratori stranieri, immigrati clandestini, minoranze etniche o di altro tipo. L’esempio più recente in Italia la campagna elettorale per le politiche dello scorso anno, scientificamente ‘‘spostata” sulla sicurezza (anche perché di situazione economica, diritti e giustizia sociale ecc., cosa ci avrebbero potuto raccontare?) dalla destra xenofobo-leghista che ha convinto anche settori – ahinoi – di classe operaia. Il Museo della Cultura Rom a Brno. Ma non sembrava certo questo il caso di uno spot elettorale per le elezioni europee di un sedicente ‘‘Partito nazionale” in Repubblica Ceca, nel quale la linea non solo era netta, ma posta ad un livello così alto da essere vergognoso, nonché criminale. Difendete le vostre famiglie, il vostro stile di vita, le vostre città: è così che recitava lo spot in questione, che è stato bloccato, ma solo dopo esser stato trasmesso, dalla televisione ceca. In esso, orrore, si arrivava ad invocare, per il raggiungimento della tranquillità pubblica, la soluzione finale nei confronti delle popolazioni ‘‘parassite” di origine Rom. Troppi segnali di avvertimento c’erano stati, e tutti sottovalutati. Da anni le associazioni Rom lanciano grida di allarme e denunce, e sono puntualmente inascoltate in nome della libertà di espressione o gli episodi ricondotti ad una matrice ‘‘goliardica”. Ma, tra parentesi, non succede lo stesso anche da noi? Da noi si dà fuoco agli immigrati e si parla di una ragazzata? Non si bastonano i senzatetto e i genitori parlano dei loro figli come di ‘‘così bravi ragazzi!”. Citando solo due episodi recentissimi (ma sarebbero innumerevoli) in Repubblica Ceca: una manifestazione a Brno il primo maggio organizzata da un‘altra sedicente organizzazione, che si chiama addirittura ‘‘Partito operaio” (!!!), in realtà neonazista. In detta manifestazione tra l’altro – si scherzava sulle camere a gas) oltre alla decisione di un comune moravo, sempre a maggio, di istituire DUE PRIME classi elementari separate, la “A” per i bianchi, la ‘‘B” per i ROM. Per questo il partito nazionale – sentitosi minacciato proprio sul SUO terreno - ha scelto allora un folle gioco al rialzo – visto che pare sia consentito impunemente – riproponendo soluzioni che fanno rabbrividire solo se pronunciate. Subito dopo il ritiro dello spot la TV ceca ha messo le mani avanti per non cadere di dietro, denunciando il partito per il contenuto dello spot stesso. Per nascondere, di fatto, le proprie responsabilità. Infatti, nella Tv pubblica, qualcuno non avrebbe DOVUTO visionare quello spot? Pare che il sedicente partito, paradossalmente, presenterà una controdenuncia per limitazione della libertà di stampa! Che tristezza! Ma questo è un paese dove il nazionalismo e la xenofobia marciano di pari passo. Questo è il paese di Klaus, di colui che, pur a capo di uno stato che ha scelto attraverso lo strumento referendario di entrare in Europa, si rifiuta – persino nel semestre di presidenza ceca dell’Unione europea – di esporre la doppia bandiera sul palazzo presidenziale. 22 AURORA – n. 9 – Anno II – luglio-agosto 2009 Estensione dell’olocausto Lo stesso Klaus che in autunno aveva candidamente partecipato ai comizi elettorali del suo partito per le amministrative, perché voleva impedire un ‘‘ritorno sciagurato dei socialdemocratici” alla guida delle regioni. Che doveva partecipare, lui ‘‘super partes”, al congresso del SUO partito, ma che alla fine non vi era intervenuto non perché appunto al di sopra delle parti, ma per dissidi con l’allora presidente del consiglio e segretario del partito stesso! Lo stesso Klaus noto al mondo per le imbecillità sull’ecologismo, a suo dire dittatura del XXI secolo in quanto impedisce – ponendo dei vincoli ambientali – uno sviluppo realmente liberista dell’economia di mercato! Le conclusioni. Ora che i buoi sono scappati, si cerca di chiudere il recinto, il governo discute del futuro di questo movimento dalle finalità aberranti. Ma, nell’Europa civile del ventunesimo secolo, un’organizzazione del genere non dovrebbe essere GIÀ fuorilegge? Ma se nei primi giorni, quelli del ‘‘misfatto”, la discussione era accesa, ora si defila verso il dimenticatoio. L’onda di sdegno per quanto avvenuto sembra infatti scemare. Ovvio (?!?) che le priorità siano altre, soprattutto in campagna elettorale. Intanto è il tempo dello sdegno, della protesta, delle petizioni. Probabilmente tutto finirà in una bolla di sapone. Perché questo è il paese dove il senso di rivalsa verso le popolazioni Rom è enormemente diffuso. Rivalsa perché il sistema socialista li equiparava agli altri, dava loro un lavoro come a tutti. E questo il ‘‘bianco” non poteva sopportarlo. Ora c’è finalmente democrazia, li si può prendere a calci. I Rom si vedono lavorare per le strade, scavare per fare le fondamenta delle case. Certo, costano di meno. Sono, nonostante siano in casa loro da sempre e cittadini cechi, di fatto trattati come e peggio degli immigrati. E questo è inoltre il paese in cui la democrazia permette a chiunque di far entrare nel proprio negozio o locale chi vuole. Provate a trovare un Rom in un ristorante, in un locale da ballo, nei negozi, dovunque. Non ci riuscirete, semplicemente non li fanno entrare. E semplicemente neanche ci provano più perché sono sicuri che non li farebbero entrare. Nel frattempo, il Partito nazionale continua a manifestare tranquillo, organizza gli ultimi comizi (peraltro poco frequentati) nelle cittadine boeme e morave. Studenti, società civile, associazioni Rom e in difesa delle altre minoranze manifestano a loro volta per impedire ai nazisti i loro raduni. La polizia interviene. Volete provare a indovinare chi viene bastonato? La situazione dei Rom continua ad essere la stessa, forse a peggiorare. L’Europa interviene sempre subito quando si tratta di salvare banche. Dov’è in questi momenti? Attual ità EUROPE A Il numero esatto di persone uccise dal regime nazista è ancora soggetto a ulteriori ricerche. Recentemente, documenti declassificati di provenienza britannica e sovietica hanno indicato che il totale potrebbe essere superiore a quanto ritenuto in precedenza. Ad ogni modo, le seguenti stime sono considerate altamente affidabili. 5,6 – 6,1 milioni di ebrei 3,5 – 6 milioni di civili Slavi 2,5 – 4 milioni di prigionieri di guerra 1 – 1,5 milioni di dissidenti politici 200.000 – 800.000 tra Rom e Sinti 200.000 – 300.000 portatori di handicap 10.000 – 250.000 omosessuali 2.000 Testimoni di Geova Totale: fra i 13 e i 19 milioni di persone uccise e cremato nell’arco di quattro anni, per una media di 11.000 persone uccise e cremate ogni giorno. I triangoli I prigionieri, al loro arrivo erano obbligati ad indossare dei triangoli colorati sugli abiti, che qualificavano visivamente il tipo di “offesa” per la quale erano stati internati. I più comunemente usati erano. Giallo: ebrei – due triangoli sovrapposti a formare una stella di David con la parola Jude (Giudeo) scritta sopra Rosso: dissidenti politici, compresi i comunisti Rosso con al centro la lettera S: repubblicani spagnoli Verde: criminali comuni Viola: Testimoni di Geova Blu: immigranti Marrone: zingari Nero: lesbiche e soggetti “antisociali” Rosa: omosessuali maschi 23 LA RICORRENZA Duecentoventi anni fa a Parigi “Aux armes citoyens”, la democrazia popolare in marcia di Luca Di Mauro (F) I ntrodurre il tema della “presa della Bastiglia” citando uno come Sandro Bondi potrebbe apparire criminale ma il riferimento è obbligato visto che solo ieri il Ministro per i Beni culturali (ebbene sì), accusando tramite belante letterina a “il Giornale” il quotidiano Repubblica di essere l’unico pericolo per la democrazia in Italia, aggiungeva riflessivo a proposito del quotidiano di Scalfari: “è l’erede principale della cultura giacobina […] ed al pari di questi il ristabilimento della virtù impone qualsiasi sacrificio, qualsiasi ostacolo deve essere rimosso e ogni strumento può essere utilizzato per il raggiungimento di un fine dichiarato necessario e buono”. Anni orsono, alla vigilia del referendum sulla procreazione assistita, un altro tormentato intellettuale del calibro di Marcello Pera dichiarava: “finalmente le posizioni si delineano con chiarezza, giacobini contro antigiacobini”, poi gongolante, celebrò per mesi la sconfitta dei primi. Da un simile vaniloquio emerge un solo dato incontrovertibile: questi signori hanno il sacro terrore dei giacobini almeno quanto quello dei comunisti; ma come mai? La Rivoluzione francese non è forse stata il “salto” della storia che ha definitivamente sancito il potere della borghesia? Non è il superamento dell’ancien régime a favore del dominio liberale? Come mai i “giacobini” terrorizzano ancora i conservatori nostrani? La risposta, tutt’altro che semplice, non può essere banalizzata in poche righe ma, sostanzialmente, risiede nel fatto che i giacobini (ed ancor meno i sans-culottes) non rappresentano l’intera Rivoluzione e tanto meno ne rappresentano l’esito finale. Il loro tentativo di democrazia popolare fondato sulla partecipazione diretta attraverso i clubs terminerà il 9 termidoro anno II (27 luglio 1794) quando Robespierre e Saint-Just, dopo il colpo di Stato che li aveva rovesciati, saliranno alla ghigliottina. La Rivoluzione, dunque, non sarà di popolo e democratica fino al colpo di Stato di Bonaparte ma il 14 luglio e poi la Convenzione rappresentano il definitivo irrompere sulla scena politica delle classi basse (già ben delineate all’interno dei “ceti” prerivoluzionari) che reclamano il loro ruolo nella direzione della cosa pubblica. Il 14 luglio 1789 comunque, questo è solo futuro. La data che resterà nella storia come inizio simbolico della Rivoluzione francese (mentre gli Stati Generali erano riuniti a Versailles da circa due mesi) segue due giorni di violenze popolari durante i quali la popolazione dei faubourgs parigini aveva dato alle fiamme quaranta dei cinquanta “posti di gabella” che circondavano Parigi e che costituivano, agli occhi dei cittadini, la presenza fisica del fisco regio che innalzava a livelli ormai insopportabili i prezzi delle granaglie e dunque del pane. Il 14 luglio è martedì, alle dieci del mattino una folla di più di 40.000 uomini si presenta agli Invalides per appropriarsi delle armi che vi sono depositate ed i numerosi reggimenti posti a presidio dell’ospedale/caserma informano i loro superiori di non essere a nessun costo disposti a marciare contro i parigini. Fatta incetta di armi (vecchi fucili, 12 cannoni ed un mortaio) il fiume umano riattraversa Parigi raggiunge la Bastiglia e, mentre due delegazioni entrano senza successo nella fortezza per chieder polvere e munizioni, una folla sempre crescente si addensa sul piazzale. La piazzaforte è, in realtà, assai mal difesa, René de Launay non comanda che 82 “invalidi” e 32 soldati dei reggimenti svizzeri. Questi aprono il fuoco contro gli assedianti alle 13 e 30 ma lo scambio dura poco, l’arrivo di un gruppo di “gardes françaises” con cinque cannoni presi agli Invalides fa subito pendere la bilancia dalla parte degli assedianti. Dopo la conquista i prigionieri del terribile carcere risultano essere solo sette, e nessun “politico” (due folli, un libertino e quattro falsari) ma la folla si scatena: contro gli accordi di capitolazione il comandante de Launay e il prevosto dei mercanti di Parigi vengono decapitati e le loro teste faranno il giro di Parigi in punta di picca. Il re, dal canto suo, ha passato la giornata a caccia e non sa assolutamente nulla di quanto accaduto. L’indomani, al risveglio, è il duca de La Rochefoucauld-Liancourt a portargli la ferale notizia. «C’est une révolte?» domanda Luigi XVI. «Non sire, ce n’est pas une révolte, c’est une révolution.» Liber tà per i 5 cubani! Di seguito la lettera inviata dai legali statunitensi a tutti coloro che, in giro per il mondo, si mobilitano per i CINCO. RABINOWITZ, BOUDIN, STANDARD, KRINSKY & LIEBERMAN, P.C. ATTORNEYS AT LAW 111 BROADWAY, ELEVENTH FLOOR, NEW YORK, NY 10006-1901 – TELEPHONE (212) 254-1111 16 giugno 2009 Stimati Amici: Come sapete, abbiamo aiutato a coordinare lo sforzo di “Amicus” in appoggio alla petizione alla Corte Suprema affinché potesse riprendere in considerazione le vostre condanne. Siamo spiacenti dovervi informare che la Corte Suprema degli USA ha respinto ieri la petizione di revisione (certiorari). Come è d’abitudine, non è stata data alcuna spiegazione e non è stata resa pubblica l’informazione su come abbiano votato i nove giudici. La Corte Suprema ha agito d’accordo con la posizione del Governo degli Stati Uniti. A maggio, molto dopo che la nuova Amministrazione ha preso il potere, il Governo degli Stati Uniti ha esortato la Corte Suprema affinché respingesse la petizione dei Cinque. La lotta per la giustizia per i Cinque è lontana dalla sua fine. Il suo appoggio attivo è adesso più importante che mai. Gerardo Hernández Nordelo, uno dei Cinque, quando è stato informato riguardo la decisione della Corte Suprema, ha detto che "finché ci sia una persona che sta lottando fuori, noi seguiremo resistendo affinchè si faccia giustizia”. Ricardo Alarcón, Presidente dell'Assemblea Nazionale di Potere Popolare di Cuba, ha dichiarato “la nostra lotta per ottenere la loro liberazione non diminuirà neanche un istante. Adesso è il momento di rafforzare le nostre azioni, senza lasciare né un solo spazio da coprire né una sola porta da bussare… La lotta deve essere moltiplicata fino ad obbligare il governo nordamericano a mettere fine a questa mostruosa ingiustizia e restituire la libertà a Gerardo, Ramón, Antonio, Fernando e René”. Dobbiamo sentirci animati – come hanno fatto i Cinque – dallo straordinario appoggio internazionale, giunto da tutte le regioni del mondo e da persone di tutto il mondo politico, alla loro lotta per ottenere giustizia. È un fatto senza precedenti nella storia che si siano presentati alla Corte Suprema dodici documenti di Amicus, firmati da organizzazioni legali statunitensi, dieci premi Nobel, parlamenti stranieri, centinaia di parlamentari individuali, e moltissimi avvocati ed organizzazioni dei Diritti Umani da tutte le parti del mondo. Così degno di ammirazione come questa dimostrazione di appoggio, è il sempre più ampio appoggio internazionale nei confronti dei Cinque. Alleghiamo per vostra informazione una lista dei documenti di Amicus ed una lista parziale aggiuntiva di altri documenti in sostegno ai Cinque. Vogliamo ringraziarvi per il vostro appoggio e per gli sforzi, che siamo sicuri continuerete a portare avanti perché si faccia giustizia. Un saluto cordiale, Michael Krinsky - Leonard I. Weinglass AURORA: giornale per l’unità comunista Direttore: Massimo Congiu (HU) Direttore responsabile: Roberto Galtieri (B) Comitato di redazione: Vito Bongiorno (D), Ornella Carnevali (D), Claudia Cimini (CZ), Perla Conoscenza (B), Luca Di Mauro (F), Mario Gabrielli Cossellu (B), Massimo Recchioni (CZ), Simone Rossi (UK), Mariarosaria Sciglitano (HU), Ivan Surina (GR), Massimo Tuena (CH) Hanno collaborato a questo numero: Andrea Albertazzi (B), Michele Rosa-Clot Grafica e impaginazione: Lorenza Faes Tel. +36 20 973 97 58 – [email protected] Costi: questo numero 1,00 e – arretrati 1,50 e AURORA