Stefano Giro - Il blog di steno

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Stefano Giro - Il blog di steno
MOD
Stefano Giro
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«L'uomo ragionevole adatta se stesso al mondo, quello irragionevole
insiste nel cercare di adattare il mondo a se stesso. Così il progresso
dipende dagli uomini irragionevoli.»
George Bernard Shaw
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Nadia Kirba imprecò e si lasciò cadere pesantemente sul divano.
Quel lavoro di sorveglianza era di una noia pazzesca. Si sfregò le
tempie massaggiandole piano cercando di mantenere la calma e vincere
la stanchezza. Non aveva dormito molto in quel periodo.
Il pavimento intorno a lei era disseminato di scatole e sacchetti vuoti
di cibi preconfezionati e si sentiva sporca con una gran voglia di farsi
un bagno rilassante. Si fece forza e riprese per l'ennesima volta ad
esaminare i due monitor virtuali che le fluttuavano davanti.
Mostravano, in alta risoluzione, le due stanze principali dell'
appartamento dove un paio di settimane prima, mentre l'imbecille
padrone di casa dormiva beato, aveva piazzato le video-cimici. Ancora
nulla di interessante. Quel Luis Snipes si era dato da fare, certo, ma
forse aveva sopravvalutato le sue capacità.
Appoggiò la testa all'indietro chiudendo gli occhi. E, come spesso
accadeva in quei momenti, i ricordi di quel giorno lontano la
travolsero. Anche se erano passati quasi quindici anni a Nadia pareva
ieri: la porta di casa che veniva sfondata, quell'uomo grande e grosso,
Roni Manzo, che la prendeva per i capelli buttandola in malo modo sul
pavimento.
«Mocciosa, dov'è il tuo paparino?» le aveva urlato in faccia quella
specie di orco dopo che aveva perquisito casa buttando all'aria ogni
cosa. «Non... non lo so, credo sia a lavorare» aveva risposto tremante
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lei. Roni, urlando epiteti di ogni genere, le aveva dato un ceffone
talmente violento da sollevarla da terra. A Nadia pareva di sentire
ancora oggi il sapore del sangue in bocca. Ricordava che avrebbe
voluto fingere di essere morta, ma il naso le faceva talmente male che
non era riuscita a trattenere le lacrime e i singhiozzi.
«Fermati!» aveva poi seccamente ordinato una voce di donna mentre
lei piagnucolando si stava ancora raggomitolando sul pavimento. Due
mani l'avevano delicatamente aiutata a rialzarsi da terra e a mettersi
seduta. La stessa persona le aveva poi sollevato il mento e lei, con la
vista un po' offuscata dalle lacrime che gli gonfiavano gli occhi, aveva
riconosciuto il volto attraente di Tara Kovic, una donna che tante volte
aveva visto in compagnia di papà.
«Ti ricordi di me piccola, vero?» aveva chiesto iniziando a pulirle
delicatamente il viso con un fazzoletto.
«Signora Kovic, di Aidan Kirba qui non c'è traccia, che ne facciamo
di questa qua? Vuole che me ne occupi io?» Roni Manzo le aveva
puntato il suo grosso dito contro e lei aveva avuto paura di morire. Tara
Kovic aveva scosso il capo.
«Sei un rozzo selvaggio, Roni. E' solo una bambina, perdio, e se
vogliamo trovarlo, lei ci serve.» aveva detto rialzandosi e mettendosi
davanti a lui. «Non ti avevo ordinato di aspettare, brutto idiota?»
Roni aveva alzato gli occhi fissando il soffitto.
«Io... ecco ho pensato che ...» aveva iniziato a dire prima di venire
interrotto da un violento ceffone in pieno viso. «La prossima volta
lascia che sia io a pensare. Hai una vaga idea di cosa ci sia in ballo?»
Quell'omone gigantesco non aveva aperto bocca limitandosi ad annuire
e a massaggiarsi la guancia colpita.
«E adesso ascoltami attentamente Roni. Contatta Luis Snipes e digli
di ripulire tutto. Non vorrei mai e poi mai vedere un cazzo di notiziario
che parla di problemi tra Aidan Kirba e la GSN. Dobbiamo risolverla
tra di noi questa faccenda.» Roni aveva annuito e dopo aver fatto
scivolare fuori dalla tasca un piccolo smartphone era uscito dalla stanza
portandoselo all'orecchio.
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La donna si era nuovamente rivolta a lei chinandosi. «Ascoltami
bene, piccola, non avere paura. Vogliamo solo ritrovare il tuo papà. Nel
frattempo ci prenderemo cura di te. Hai capito?» Nadia avrebbe voluto
rispondere, ma dalle labbra gonfie che le deformavano la bocca, era
uscito solo un flebile mugugno.
«Lo prenderò per un sì.» aveva detto rialzandosi. «Vedrai che il tuo
papà verrà presto a prenderti e magari domani sarà già tutto finito.»
Nadia aprì gli occhi e fissò gli schermi davanti a lei. Parole vuote,
menzogne. Suo padre non venne da lei né il giorno dopo né un anno
dopo costringendola a cavarsela da sola. Anche se ci vollero parecchi
anni, alla fine fu abbastanza forte. Quel porco aguzzino di Desk Winger
ebbe quanto si meritava quanto appiccò fuoco a lui e alla stramaledetta
casa dove la GSN la teneva rinchiusa.
Negli anni successivi aveva trovato solo piccole tracce del padre,
sufficienti però a dimostrarle che era ancora vivo. Avrebbe voluto
rivederlo, porgli delle domande, ma nonostante lui le accreditasse ogni
mese dei soldi in un conto cifrato, lei non era mai riuscita a risalire al
luogo dove si nascondeva l'ordinante di quel bonifico. Per questo ora
aveva rischiato reclutando l'ignaro Luis Snipes. Sperava che almeno
lui, da esperto informatico e ambizioso galoppino della GSN, fosse
capace di trovarlo al suo posto.
Si stiracchiò di nuovo, ma stavolta l'annoiato sbadiglio che stava
facendo si mozzò a metà quando notò qualcosa. Si piegò in avanti per
portare con un gesto in primo piano il virtual monitor che mostrava la
sala principale del piccolo appartamento. Snipes, fino ad un attimo
prima seduto alla piccola scrivania, era schizzato in piedi e stava
vorticosamente digitando sulla tastiera. Nadia con la mano destra aprì
allora una nuova schermata che mostrava il video clonato del computer
di Luis. Vide che si era inserito su un grosso ganglio finanziario della
Ipernet e che, esaminando il log del traffico che transitava attraverso di
esso, si era fermato su di una parola precisa. «K!R84. Cazzo,
finalmente Luis!» Esultò e applaudì all'immagine sospesa a mezz'aria.
Aveva davanti agli occhi uno dei nickname usati da suo padre. Sorrise e
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digitò sulla tastiera un messaggio in chat. Quella sarebbe stata senza
dubbio una serata diversa dalle precedenti.
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«Lo sapevo, accidenti, ora il vecchio Benji Law dovrà starmi a
sentire!» Luis Snipes si sentiva un genio, era al settimo cielo. Certo,
avere avuto quella transazione bancaria come traccia da cui iniziare era
stato un vero colpo di fortuna, però questo non sminuiva affatto la sua
impresa. Non era da tutti riuscire a sbrogliare quella matassa intricata e
se Aidan Kirba non avesse fatto la cazzata di servirsi di un nickname
che usava da ragazzo, forse non ci sarebbe riuscito nemmeno lui.
«K!R84 sei fottuto!» disse ridendo Luis.
«Ora mi basterà seguire il percorso all'indietro e... op-là, beccato!»
disse premendo il tasto ENTER ed eseguendo una piroetta felice.
Stava ancora sorridendo quando vide il led lampeggiante sullo
smartphone. Non ricordava di averlo lasciato acceso. Lo prese e alzò le
sopracciglia compiaciuto quando lesse il nuovo messaggio che
conteneva. “Wow, questa sì che è una sorpresa.” pensò. A quanto pare
quello schianto di ragazza che aveva conosciuto nel locale sotto casa
voleva rivederlo di nuovo. Da non credere.
Luis si bloccò un attimo prima di rispondere. Fissò lo schermo dello
smartphone, poi il monitor, poi di nuovo lo smartphone.
«Oh, al diavolo.» disse «Questa non me la posso proprio perdere.»
Confermò l'appuntamento, chiuse la chat e prima di fiondarsi sotto la
doccia ordinò online un paio di pizze.
“Quando era successo? Saranno di sicuro passate almeno un paio di
settimane.” pensò mentre si stava rivestendo. Luis focalizzò i ricordi su
quella serata, proprio nell'istante in cui lei si era seduta al suo fianco.
Come allora sentì un brivido scorrere lungo la schiena: pensava che lei
fosse la più bella cosa che avesse mai visto. Si era sentito imbarazzato
e fuori posto e probabilmente la sua mascella sarebbe finita a terra se
non fosse stata ben attaccata al viso. Rise al pensiero. Sicuramente,
anche se non ricordava bene di cosa poi avessero parlato o cosa e
quanto avessero bevuto, il suono della sua risata, la fragranza
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inebriante del suo profumo e l'eccitante contatto del suo corpo,
sarebbero per sempre rimasti impressi nella sua memoria. Purtroppo
ricordava anche l'amarezza del giorno dopo al risveglio, quando la
scoperta che lei se n'era andata aveva lasciato la triste sensazione che
fosse stato tutto un incredibile sogno.
Il campanello trillò. Guardò l'orologio. Troppo presto per le pizze,
doveva essere lei. Aprì la porta con il cuore che gli batteva talmente
forte che temette si potesse sentire. Lei era lì, con due bicchieri ed una
bottiglia in mano.
«Al vino ho pensato io, Luis.» disse entrando e appoggiando tutto sul
tavolo bar. Lui chiuse la porta e la abbracciò forte, ma lei lo respinse
con delicatezza sorridendo.
«Piano, piano, Luis, prima voglio brindare al nostro incontro!» disse
indicando la bottiglia di vino e accarezzandogli il volto.
«Hai ragione, però sono talmente felice di vederti...» Prese la
bottiglia e riempì i due calici fino all'orlo porgendogliene uno.
I bicchieri tintinnarono e Luis, dopo aver vuotato la sua coppa in un
sol sorso, si sedette sul divano invitandola a fare altrettanto. Lei obbedì
e si sistemò a cavalcioni sopra di lui. Luis si eccitò e tentò nuovamente
di abbracciarla, ma lei prese le sue mani e se le appoggiò delicatamente
in grembo.
«Allora, Luis, non hai fatto nulla di fantastico in questi giorni?» disse
con un sorriso inclinando di lato la testa. Luis rimase in silenzio e la
guardò in volto. Sarà stata colpa del trucco leggero, dei capelli neri
lucidi pettinati all'indietro e dello sguardo duro, ma stavolta lei aveva
un'aria molto diversa e sorprendentemente quasi familiare.
«Cose importanti di lavoro, sai, non so se posso... »
«Ti ricordi almeno il mio nome Luis?» disse lei interrompendolo.
«Io.. ecco...» Luis stava arrossendo imbarazzato.
«No? Lo sai perché? Perché non me lo hai chiesto e io non te l'ho mai
detto. Non ti interessa sapere qualcosa su di me?» il suo tono di voce
ora era secco e tagliente.
«Si... ecco… certo che mi interessa.» balbettò Luis inquieto.
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«Allora. Mia madre non l'ho mai conosciuta.» iniziò lei fissandolo
negli occhi. «Mio padre biologico e scomparso quando avevo nove
anni e il mio padre adottivo, se possiamo chiamarlo così, ha abusato di
me quando non ne avevo nemmeno tredici.»
«Mi, mi spiace, io...» lei gli mise un dito sulle labbra zittendolo.
«Non rattristarti per me, Luis, non ci ha più provato e ho superato il
trauma quando qualche anno fa l'ho arrostito.» Rise mostrando i denti
bianchissimi. «E' stato divertente. Ho legato quel porco di Desk Winger
al letto prima di appiccare fuoco alla casa. Spero che bruci ancora
all'inferno in questo momento.» Trascorse qualche istante prima che
Luis riuscisse a riordinare i pensieri.
«Nadia? Nadia Kirba? Non è possibile!» disse Luis terrorizzato.
«Sei... sei, diversa... e poi sei morta in quell'incendio da Winger!».
Nadia gli diede un bacio beffardo sulla fronte. «La mia anima è
morta ben prima di allora, brutto sacco di merda. Da quel giorno in cui
siete venuti a cercare mio padre la mia vita è stata un autentico cesso.»
«Io non c'entro! Ho solo ripulito la casa! Non farmi del male, ti
prego!» Quando Luis tentò disperatamente di muoversi si accorse che i
suoi muscoli non rispondevano. Guardò sul banco del bar. Il bicchiere
di lei, a differenza del suo, era ancora pieno.
«Mi... mi hai drogato?» la sua voce assunse un tono quasi isterico.
Nadia gli lasciò anche l'altra mano ed iniziò ad accarezzargli la testa
lisciandogli i capelli.
«Stai calmo ora. Rispondi a qualche mia domanda, Luis, e ti
prometto che me ne andrò senza torcerti un capello. Tra qualche ora
l'effetto dell'anestetico sparirà e riprenderai a muoverti come prima.»
Luis deglutì nervosamente. «Io so... so dove si trova tuo padre.»
Nadia si alzò, prese una sedia e si sistemò davanti a lui.
«Questo lo so già, Luis, ti stavo sorvegliando.» disse indicando i
punti in cui aveva nascosto le video-cimici.
Luis la guardò sgranando gli occhi. «Quella sera è stata tutta una
messinscena allora. Sei stata tu... tu mi hai fatto trovare il codice di
quella transazione bancaria. Perché?».
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Nadia non rispose, accavallò le gambe ed iniziò a giocherellare con
una piccola lama facendola roteare tra le dita.
«Perché la GSN ce l'ha con mio padre? Cosa ha combinato per farli
incazzare fino a quel punto?»
«Il.. il MOD.» disse Luis con un sospiro. «Quindici anni fa, prima di
scomparire, tuo padre crittografò e nascose l'accesso MOD alla
Bionet.» Nadia alzò le sopracciglia. Luis riprese. «MOD, sta per
“Moderatore”, tuo padre ha chiuso l'accesso agli altri. Il MOD, in
questo caso, ha la supervisione e il controllo totale della Bionet.»
«Bio-net? E cosa diavolo è?»
Deglutì di nuovo. «In parole semplici la Bionet è un nuovo e
rivoluzionario tipo di rete informatica globale messa a punto da tuo
padre e Tara Kovic, fondatori e poi maggiori azionisti della GSN.»
«Mai sentita. Che nome strano. Viene usato materiale organico?»
Luis stavolta fece un sorrisino tirato.
«Materiale organico. Non lo avevo mai sentito chiamare così.
Diciamo che in questo caso il prefisso “bio” sta ad indicare che i nodi
fisici della rete sono i cervelli delle persone comuni. Non conosco i
dettagli, so solo che una decina di anni prima di scomparire Aidan
Kirba e Tara Kovic scoprirono come potenziare il campo
elettromagnetico cerebrale delle persone in modo che potesse
immagazzinare e trasmettere informazioni senza bisogno di alcun
dispositivo hardware o fonte di energia esterna.»
Nadia non riuscì a mascherare la sorpresa. «La GSN è in grado di
fare questo? Mi stai prendendo per il culo Luis? Se è vero perché
nessuno ne parla?»
«Perché non è ancora pronta. O meglio lo sarebbe ma senza l'accesso
MOD è praticamente inutilizzabile. Come un immenso cinema chiuso
di cui hai perso la chiave.»
«Quindi mio padre ha la chiave di questo cinema e la GSN la rivuole
indietro per iniziare a proiettare il suo film?» Luis annuì.
Nadia aggrottò le sopracciglia e fissò il pavimento pensierosa.
«Ma lui era uno dei fondatori della GSN, perché avrebbe dovuto fare
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una cosa del genere? Perché voltare le spalle alla sua stessa azienda?»
Si rivolse nuovamente a Luis. «Ha dovuto pararsi il culo da qualcosa o
qualcuno?»
«Questo io non lo so. Te lo giuro.» disse scrollando il capo.
Udirono un trillo. Entrambi si girarono di scatto verso la porta.
«Aspetti qualcuno?»
«No! Cioè sì, avevo ordinato delle pizze.»
«Non fiatare. Ci mancavano solo le pizze...» Nadia si alzò e andò
verso la porta.
«Chi è?» chiese ad alta voce.
«Pizza Export, servizio di consegna.» rispose una voce maschile
attutita della porta chiusa. Nadia guardò dallo spioncino riuscendo a
vedere il contenitore delle pizze che l'uomo stava mostrando. Sbuffò e
spalancò la porta infastidita. Quando si trovò di fronte la mascella
squadrata e sorridente di Roni Manzo non ebbe il tempo di reagire.
«Ciao dolcezza, buon appetito.» le disse lui tirandogli addosso le
scatole e mettendogli una mano in faccia spingendola a terra. Nadia
cadde distesa all'indietro perdendo il coltello che scivolò sotto il mobile
del soggiorno. Si rialzò con l'agilità di una gatto ma si bloccò
nell'istante stesso in cui notò che Roni le stava puntando un'arma
contro.
«Complimenti bambolina, però ora stattene buona, e siediti vicino al
tuo amichetto.». Tenendola sotto tiro con la grossa pistola stava
indicando il divano. Luis tentò di muoversi.
«Roni, Roni, grazie a Dio sei qui! So dove trovare Aidan, stavo per
venire a dirvelo. Questa è Nadia, la piccola Nadia Kirba, questa pazza
mi ha drogato aiutami!» Roni si avvicinò a lei puntandogli la pistola
alla testa. Quando gli fu di fronte la squadrò compiaciuto dalla testa ai
piedi e poi con uno spintone la mise a sedere a fianco di Luis.
«Sei diventata un bel bocconcino, tesoro, davvero niente male! Ci
farei un pensierino se l'imbecille di Desk non fosse crepato dopo esserti
entrato tra le cosce.» disse ridendo. «Quindi spero tu non rimanga
delusa se preferisco non rischiare.».
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Nadia non ebbe il tempo di rispondere riuscendo solo a serrare le
palpebre percependo il sibilo della pistola che sputava silenziosa il suo
proiettile. Un liquido denso e caldo le imbrattò il viso. Riaprì con
cautela gli occhi e girandosi verso Luis vide che metà della sua testa
era sparita. Quello che era stato il suo contenuto formava ora un
macabro affresco sulla parete alle sue spalle.
«Sei proprio una vedova nera dolcezza, non ne lasci vivo uno dei tuoi
ragazzi!» Roni stava ancora ridendo in modo osceno quando le lanciò
in grembo una siringa.
«Iniettati questo, tesoro, se non vuoi fare la fine di questo idiota. Io lo
preferirei, ma c'è qualcuno che muore dalla voglia di fare due
chiacchiere con te.».
Nadia lo guardò con odio iniettandosi il contenuto in vena.
«Te lo giuro, grasso figlio di puttana, verrà il giorno in cui ti
ammazzerò come un cane rognoso solo per non sentire più la tua cazzo
di risata.».
«Brrrrrr... a parolacce sei veramente terrificante, sto già tremando
tutto...» disse lui divertito.
Nadia non riuscì a dire altro. Passarono solo pochi istanti e tutto si
fece confuso e indefinito, anche l'orribile risata di Roni Manzo.
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Il grattacielo della Global Security Network svettava sul resto della
città. Attraverso l'ampia vetrata panoramica del suo ufficio all'ultimo
piano, Tara Kovic poteva contemplare e dominare la metropoli
sottostante. Da quella altezza anche i mezzi più grandi sembravano
insignificanti insetti da schiacciare. Sorrise brevemente a quel pensiero.
La porta alle sue spalle si aprì e Benji Law, responsabile della
sicurezza della GSN, entrò fermandosi a un paio di metri da lei.
«Dimmi Ben.» disse Tara senza girarsi.
«Signora Presidente, le coordinate individuate da Snipes si sono
rivelate esatte. Abbiamo già prelevato Aidan Kirba. Non ha opposto
resistenza. Ora è sotto la nostra custodia nel Bunker. »
Dopo tutti quegli anni Tara sentì un piccolo brivido scorrere lungo la
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schiena. “Finalmente” pensò.
«Ha detto qualcosa?» Chiese girandosi.
«Nemmeno una parola. Lo abbiamo perquisito e gli abbiamo fatto
una scansione per essere sicuri che non nascondesse alcun supporto
magnetico contenente la chiave MOD che cerchiamo. E' pulito, la tiene
al sicuro da qualche altra parte, è una cosa troppo complessa da tenere
a mente.»
Tara si accigliò. «Roni è tornato?»
«Si.» Law scosse la testa. «Ha eliminato Snipes, appiccato fuoco al
suo appartamento e ha preso in custodia Nadia Kirba sedata e integra
come richiesto. Anche lei risulta pulita, sia alla perquisizione che alla
scansione. Cosa ne facciamo?»
«Falla portare giù. Ordina a Roni di tenerli separati, di mandare via
tutti e di attendere il mio arrivo.» Law annuì e se ne andò.
Tara si girò nuovamente verso la grande vetrata. Roni non aveva
mezze misure, anche se eliminando definitivamente lo scriteriato e
inaffidabile Snipes aveva probabilmente fatto finalmente la cosa giusta.
Il modo in cui aveva rintracciato Kirba era a dir poco inverosimile.
Avrebbe dovuto capire che qualcuno lo stava usando.
«Aidan, perché solo ora hai permesso che ti trovassimo?» chiese ad
alta voce alla sua immagine riflessa dal vetro. Dannazione, non era
possibile che il principale architetto della Bionet dopo quindici anni
rintanato chissà dove, si facesse improvvisamente fregare in modo così
banale. Si incamminò verso l'uscita bloccandosi un attimo prima di
varcare la soglia. Ritornò alla scrivania e digitò i comandi necessari.
Sulla superficie in vetro prese forma una indicazione luminosa:
Bionet Node Counter : 3.096.567.126
Il numero era in continuo aumento.
«Figlio di puttana, non può essere una coincidenza.»
Chiamò Law al telefono. «Si?» rispose lui.
«Ben, ho visto ora che il contatore dei nodi Bionet ha da poco
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raggiunto e superato i tre miliardi, quella che Aidan definiva “soglia
critica operativa” oltre la quale la rete si auto sostiene. Ci sono stati
accessi MOD da quando è successo?»
«Naturalmente no, signora Presidente, la avrei avvisata subito
altrimenti.» disse un Law sorpreso all'altro capo. «Aidan Kirba fino ad
ora non ha mai usato il suo accesso privilegiato MOD. Se vuole posso
comunque lanciare una scansione dei firewall e controllare se
ultimamente ci sono state attività insolite» aggiunse.
«Fallo. E tienimi informata.»
Chiuse la comunicazione e si avviò verso gli ascensori privati. Il
grattacielo della GSN si estendeva anche nel sottosuolo, ed al livello
inferiore si trovava il Bunker, il fortino inespugnabile della GSN dove
venivano custoditi i segreti più importanti. Nonostante la grande
velocità, l'ascensore impiegò diversi minuti per raggiungerlo. Appena
le porte si aprirono vide che c'era, come richiesto, il solo Roni ad
attenderla. «Di qua signora Kovic» le disse e la condusse all'ingresso di
una delle stanze che a volte la sicurezza usava per gli interrogatori.
Roni le aprì la porta e Tara volse immediatamente lo sguardo verso il
prigioniero. Lo fissò per qualche istante prima di parlare.
«Hai un aspetto di merda, Aidan.» disse infine.
Roni aveva spostato il tavolo contro il muro e l'uomo era seduto sulla
sedia da interrogatorio in mezzo alla stanza con le mani legate dietro la
schiena. I lunghi capelli neri in cui si faceva timidamente strada il
grigiore dell'età che avanzava, erano arruffati e scendevano fino alle
spalle. La lunga barba, dalle stesse sfumature, era chiazzata di rosso
agli angoli della bocca.
«Tu invece sei stupenda. Come sempre.» rispose lui alzando lo
sguardo e sorridendo debolmente. Tara vide che Roni lo aveva
picchiato. L'occhio sinistro era tumefatto e dal labbro inferiore rotto
fuoriusciva del sangue.
«E' resistente il barbone. Vuole che continui signora?» disse Roni con
il suo vocione sbattendo una mano sul ventre prominente.
«No. Vai a prendere la ragazza.» ordinò lei secca. Roni fu di ritorno
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dopo pochi secondi, spintonando Nadia verso l'altra sedia sistemata ad
un paio di metri da quella di Aidan.
La ragazza si guardò intorno disorientata incontrando lo sguardo di
quell'uomo dall'aspetto trasandato. Sarebbe stato impossibile da
riconoscere per lei se non fosse stato per quegli occhi che non avrebbe
potuto mai dimenticare.
«Sei tu?» chiese piano.
Aidan annuì lentamente con il capo. «Mi spiace tanto per tutto quello
che hai dovuto passare piccola.» disse guardandola con compassione.
«Vuoi usare mia figlia per ricattarmi, Tara?»
«Potrebbe essere una idea.» disse Tara ridendo nervosamente.
«Anche se chiamarla “figlia” forse è un po' troppo. Non trovi?» gli si
parò davanti mettendo le mani sui fianchi. Lui non rispose.
«Va bene Aidan. Proviamo così.» Estrasse la pistola e appoggiandola
con decisione sul tavolo provocò un piccolo clangore metallico.
«Dimmi dove hai nascosto il codice di accesso MOD alla Bionet e te ne
potrai uscire da qui con tua... figlia.» disse enfatizzando l'ultima parola.
«Dai a me quella pistola e faccio da sola.» disse Nadia a Tara prima
di girarsi con sguardo interrogativo verso Aidan.
«Non sai di cosa stiamo parlando, vero tesoro?» Tara ora la stava
osservando con il capo piegato di lato.
«La Bionet, certo, la rete di cervelli. Quello sfigato di Luis mi aveva
detto qualcosa prima che quel gorilla finocchio che hai a fianco
tappezzasse il muro con il suo di cervello.»
Tara prese per il braccio Roni fermandolo appena in tempo.
«Per caso ti ricordi di tua madre mia cara?» le disse.
Nadia non rispose.
«Certo che no. Come potresti?» Tara andò verso di lei. «Snipes non ti
ha detto come abbiamo fatto a potenziare il piccolo campo
elettromagnetico che un cervello umano emana?»
«Ha detto che non lo sapeva. Forse era distratto quando glielo hai
spiegato.» disse Nadia sbuffando.
Tara ignorò il suo tono ironico. «Per risolvere il problema abbiamo
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creato un virus con cui infettare gli embrioni umani. Il virus provoca
l'alterazione ereditaria necessaria nel DNA affinché la TEC, ossia la
“Trama Elettromagnetica Cerebrale”, sia abbastanza intensa da poter
essere rilevata a distanza. Dopo i primi esperimenti notammo un effetto
collaterale totalmente inaspettato quanto straordinario: abbiamo
scoperto che le TEC dei mutanti si interconnettevano tra di loro
creando di fatto una gigantesca rete naturale e spontanea. Una Bio-Net.
Ricordi come eravamo felici Aidan?»
«Lasciala stare, Tara, non capisco cosa vuoi ottenere.» disse lui.
«Voglio fargli capire che i buoni siamo noi, Aidan, e che tu sei solo
un egocentrico folle senza un briciolo di umanità.» disse lei alzando la
voce. «Oh, andiamo, e tu dov'eri?» ribatté prontamente lui.
Nadia spostava lo sguardo da uno all'altra, cercando di cogliere il
senso di quello che udiva. Tara tornò verso di lei.
«Vedi cara, per fare i test necessari dovevamo usare soggetti
legalmente invisibili. E il tuo genitore qui per risolvere il problema
decise di creare artificialmente tanti piccoli Aidan maschi e tante
piccole Nadia femmine. Più che tuo genitore dovresti chiamarlo tuo
“generatore”.»
Si avvicinò ancora di più a lei. «Non sei altro che un suo clone, mia
cara, solo l'ultimo di una serie infinita. Quanti furono Aidan? Cento?
Duecento? Trecento? Scommetto che nemmeno te ne ricordi.»
Nadia si girò verso di lui aggrottando le sopracciglia.
«Tu sei speciale.» disse guardandola. «Non immagini quanto.»
«O certo, lei è l'unico clone rimasto e di fatto è diventata il primo
nodo della nostra Bionet. Ci vorrebbe una medaglia.»
Roni rise e sfoderò un energico e beffardo applauso.
Tara oramai era un fiume in piena. «E poi, di punto in bianco il
grande Aidan Kirba decide che la Bionet è una sua proprietà privata.
Dopo tutto quello che abbiamo fatto insieme, nonostante quello che
provassi per lui, pensa bene di cancellare i miei privilegi MOD e tanti
saluti.»
«Tu non comprendi l'importanza della Bionet, Tara. Abbiamo
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l'incredibile opportunità di dare una guida forte a questo mondo privo
di fede e di speranza nel futuro, anziché... » Tara lo interruppe con un
violento ceffone in viso. «Ho capito benissimo quello che intendevi
fare, solo ad un pazzo megalomane può venire in mente una cosa
simile. Io ti amavo, stronzo, ho fatto qualunque bestialità tu mi abbia
chiesto. Ho perfino creato per te il farmaco prenatale per infettare le
puerpere di tutto il mondo con il nostro virus. Da venticinque anni
stanno nascendo mutanti come lei, ipocrita traditore! Almeno ammetti
che non ti interessava nulla di me, mi hai usata, avevi solo bisogno
dell'ingegnere e industriale farmaceutico Tara Kovic.»
Nadia, fingendo di seguire lo sfogo di Tara, piano piano si era mossa
sulla sedia cercando di trovare la posizione adatta e attendendo il
momento propizio per agire. “Ora!” pensò, e approfittando di un Roni
distratto scattò come una molla. Colpì con un calcio il volto della
presidente della GSN mentre stava ancora parlando. Tara, emettendo un
gemito, cadde all'indietro andando ad urtare il tavolo e finendo a terra
stordita. Nello stesso istante afferrò la sedia dove stava seduta e la
scagliò con forza contro Roni che, sorpreso, tentò invano di proteggersi
con un braccio estraendo la pistola. La sedia lo colpì alla tempia
facendogli perdere l'equilibrio. L'uomo cadde sul pavimento e Nadia si
tuffò sulla sua arma rimasta incustodita a terra. Si rialzò con prontezza
facendo una capriola proprio nell'istante in cui Roni le stava per
piombare addosso. Alzò l'arma e fece fuoco un paio di volte in rapida
successione. Un proiettile mancò in bersaglio, ma il secondo entrò
nell'orbita dell'occhio sinistro di Roni fuoriuscendo dalla nuca. L'uomo
crollò di schianto di fronte a lei senza avere nemmeno il tempo di
emettere un piccolo lamento.
Tara si rialzò e con la mano destra cercò di raggiungere la sua arma
ancora appoggiata sul tavolo, mentre con l'altra si reggeva il naso
insanguinato.
«Non provarci!» disse Nadia in tono perentorio. Appena Tara eseguì
l'ordine si avvicinò a lei tenendo l'arma abbassata lungo il fianco.
«Signora Kovic, lei mi hai salvata da questo gorilla quando ero
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bambina. Forse quindi è meno stronza di come vuole sembrare.» Indicò
Aidan con un cenno del capo. «Le prometto che non la ucciderò se lo
slegherà e condurrà entrambi fuori da questo cazzo di posto.»
«Stai facendo il suo gioco, ragazza, non hai idea...» Tara troncò la
frase a metà quando vide Nadia alzare la pistola puntandola alla sua
testa. Alzò le mani in senso di sottomissione e dopo aver girato alle
spalle di Aidan, liberò i suoi polsi.
«Un vero diavolo la mia ragazza.» disse Aidan ridacchiando e
massaggiandosi i polsi doloranti. Prese la pistola da sopra il tavolo e
fissò Tara che stava chinando il capo rassegnata. «Controlla che non ci
siano guardie in corridoio, Nadia.» La ragazza annuì e, abbassata
l'arma, girò per un attimo il capo verso la porta: fu in quel momento
che Tara chiuse gli occhi di riflesso quando il boato di due colpi di
arma da fuoco in rapida successione echeggiarono nella stanza. Li aprì
appena in tempo per vedere Nadia sbattere con violenza la schiena
contro il muro, colpita in pieno petto dal proiettile. Stringeva con
disperazione la pistola in mano mentre i suoi occhi sorpresi fissavano
Aidan e l'arma che ancora le puntava contro. Un rivolo di sangue le
uscì dalla bocca un attimo prima di scivolare a terra lasciando alle sue
spalle una scia rosso scarlatto. Tentò disperatamente di parlare, ma la
morte arrivò più veloce lasciandola immobile con il mento appoggiato
al petto e con i lunghi capelli neri che le coprivano il volto.
«Mi spiace tesoro, non avevo scelta.» Aidan emise un gemito
crollando sulle ginocchia e portandosi una mano al ventre. «Speciale e
veloce come una serpe anche con la pistola la mia piccola Nadia...»
Nonostante le dita serrate, il sangue iniziò a sgorgare dalla ferita
macchiando la camicia e formando piccole gocce che, dopo la breve
caduta, finivano ad imbrattare il pavimento ai suoi piedi. Si girò verso
Tara con un sorriso sofferente. «Io qui ho esaurito il mio compito, ora
nemmeno tu puoi fare più nulla.» disse infine accasciandosi sul
pavimento.
Tara Kovic rimase per un istante impietrita e confusa. Si scosse, andò
verso di lui e lo afferrò per il bavero. «Ma cosa significa tutto questo?
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MOD
Stefano Giro
Cosa cazzo stai cercando di fare pazzo bastardo?»
Lui la guardò rimanendo in silenzio. Tara iniziò a scrollarlo. «Il
codice, Aidan, ultima chiamata. Parla e ti farò rimettere in sesto, te lo
prometto, oppure vai a farti fottere e portati il tuo segreto nella tomba.»
Prese l'arma da terra e la puntò alla sua testa.
Un trillo improvviso spezzò la tensione di quel momento.
Tara afferrò lo smartphone e dopo una breve occhiata allo schermo se
lo portò all'orecchio. «Che c'è Ben?»
«Mi scusi signora Kovic, ma venti minuti fa circa dal Bunker c'è
stato un accesso al firewall che controlla l'ingresso alla Bionet. E' stata
usata una credenziale MOD!» il tono di voce era concitato.
Tara si alzò in piedi di scatto. «Che cazzo stai dicendo Ben? Venti
minuti fa? E me lo dici solo adesso?»
«Mi spiace, non stavo controllando gli accessi di manutenzione. Il
Bunker è in una zona interna di sicurezza, priva di monitoraggio
centralizzato...»
«E quindi non puoi fare niente per bloccarlo.» finì lei la frase. Il tono
aveva l'amaro tono della rassegnazione.
«No, purtroppo non è possibile. Il firewall ha eseguito sicuramente i
suoi controlli standard, ma un accesso MOD da una zona di sicurezza
interna non ha ragione di essere filtrato. E' stata caricata anche una
notevole quantità di dati, compatibile con almeno un avatar completo,
dunque sospetto che...» la comunicazione venne bruscamente interrotta
quando lei scagliò con rabbia lo smartphone contro il muro.
Tara si girò verso di Aidan e si sentì raggelare quando, nonostante la
sofferenza per la ferita mortale, vide il sogghigno compiaciuto sul suo
volto.
«Ora hai capito cosa è successo, vero Tara?» disse debolmente.
«Ho inconsapevolmente sempre custodito io la chiave per te. Vero
Aidan? Ed ora che l'hai usata per accedere alla Bionet hai voluto
distruggerla per sempre.» rispose lei in tono rassegnato guardando il
corpo senza vita di Nadia. Aidan annuì.
«Trecentoquattordici. Come vedi ricordo benissimo il suo numero,
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Stefano Giro
Tara. Nadia-314 era un soggetto speciale. Unico nel suo genere fino ad
allora. Purtroppo era anche un nodo Bionet attivo e come tale poteva
essere da voi rintracciato in qualunque momento. Ovunque si
nascondesse. E' stato crudele, non potevo portarla con me, ho dovuto
lasciarla sola.» Aidan si girò verso il corpo esanime della ragazza. «Si.
La sua TEC conteneva la chiave del mio accesso privilegiato alla
Bionet, ma solo da questo posto avrebbe funzionato. Per questo non ho
mai potuto connettermi fino ad oggi. Speravo tu la portassi da me una
volta che mi fossi lasciato catturare. Questo posto l'ho progettato io ed
è stato concepito per essere protetto da intrusioni esterne, non interne.
E' bastata la scansione che le avete fatto dopo averla portata qui per
attivare il collegamento e il caricamento in Bionet del mio avatar.
Buffo vero?» Il suo tono di voce era sempre più basso, e faticò prima di
riprendere. «Mi sono nascosto da te per quindici anni attendendo
questo momento. Hai ragione, ora la rete ha raggiunto un numero
sufficiente di nodi. Non può più essere spenta.»
Tara si chinò su di lui inginocchiandosi.
«Non farlo, Aidan, ti prego. Fermati, è da pazzi, torna in te.»
«Si chiama evoluzione, progresso, amore mio. Solo le persone
considerate dai più come irragionevoli sono artefici di grandi
cambiamenti. Sarà una nuova e magnifica era, te lo prometto.»
«Sei pazzo. Io non te lo permetterò. Il mondo intero non te lo
permetterà appena sarà informato.»
Aidan tentò di ridere riuscendo però solo a tossire debolmente.
«Ma ci credi veramente? E cosa farai? Dirai a tre miliardi di persone
di suicidarsi? Anche ora, mentre stiamo parlando, i nodi Bionet stanno
letteralmente nascendo e aumentando di numero. Senza sosta.»
«Invertirò il processo, annullerò la mutazione del DNA e farò nascere
bambini scollegati come una volta.» disse Tara.
Aidan scosse il capo.
«Non ci riuscirai. Anche se il mondo ti dovesse credere, ci saranno
persone che non ti permetteranno di farlo. E sai perché? Perché io darò
loro quello che desiderano.» La voce di Aidan si stava affievolendo
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sempre più, Tara dovette avvicinare l'orecchio alla sua bocca per
comprendere le ultime parole. Ad occhi chiusi continuò: «Pace,
giustizia... vivrò nelle loro TEC e sarò parte di loro... avranno fede... in
me... e mi ameranno... come amano...»
Una calda lacrima scese sul volto del Presidente Tara Kovic quando
anche l'ultima scintilla di vita abbandonò Aidan Kirba. Si alzò e se la
asciugò con un gesto infastidito. «Questo lo vedremo dannato folle. Nel
frattempo, spero tu bruci all'inferno.»
Law spalancò di colpo la porta e rimase paralizzato vedendo la scena.
«Non riuscivo a mettermi in contatto con lei, signora Presidente... ma
cosa... cosa è successo qui? Lei sta bene?»
Tara ritornò improvvisamente in sé.
«Si. Non rimanere lì impalato. Abbiamo due cadaveri da mettere
sotto ghiaccio in laboratorio entro trenta minuti. Alla svelta.»
Law sembrava confuso. «Ma cosa significa tutto questo? Lo abbiamo
fermato signora Kovic?»
Tara scosse la testa emettendo un risatina nervosa.
«Credi in Dio, Ben?» disse guardandolo negli occhi.
«Certo che no!» rispose lui imbarazzato.
«Peccato. Ora forse dovresti.» indicò il corpo senza vita di Aidan
Kirba. «Qui, pochi minuti fa, ne è appena stato creato uno.»
***
La vista per un attimo si offuscò e Aidan trasalì rischiando di svenire
sentendo quel fortissimo dolore all'addome. Urlando si portò le mani in
grembo piegandosi in avanti.
«Utente K!R84, si sente bene?»
Aidan si guardò i palmi delle mani pulite e volse lo sguardo confuso
davanti a se. Non era il volto di Tara Kovic quello che aveva di fronte.
Era il viso di un uomo dallo sguardo serio che non conosceva.
«Posso ora esaminare le sue credenziali?» disse.
«Le mie... le mie credenziali? Chi è lei?» la sua stessa voce gli parve
per un attimo estranea.
«Si sente bene utente K!R84? Come le ho già detto sono il
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responsabile di questa struttura di accesso.»
Aidan si guardò intorno. Era in una stanza dalle pareti completamente bianche. A parte una porta chiusa dello stesso colore, non c'era nessun quadro, nessuna finestra, nulla che rompesse la fredda uniformità
delle pareti. La luce stessa pareva non provenire da qualche oggetto
particolare, sembrava che la stanza stessa la emanasse.
Stava per chiedere spiegazioni quando all'improvviso ricordò ogni
cosa. Si tastò i polsi, i capelli corti e il viso glabro, rasato di fresco.
Non riuscì a trattenere un risolino compiaciuto.
«E' quello.. è quello l'ingresso locale alla Bionet?» chiese Aidan indicando la porta chiusa.
L'uomo si sporse appoggiando gli avambracci sulla scrivania. Il lucido laccato della superficie rifletteva in parte la sua figura.
«Sì ma, come le dicevo poc'anzi, prima di aprire quella porta devo
controllare le sue credenziali di accesso e la sua identità virtuale.»
«Naturalmente. La sicurezza prima di tutto.» rispose Aidan
sorridendo. «Cosa devo fare... ehm... posso chiamarla... “Wally”?»
L'uomo non cambiò espressione ignorando il suo tono ironico.
«Per me non fa differenza utente K!R84.» Aprì una cartellina ed
iniziò ad esaminarne la documentazione cartacea che conteneva.
“Rappresentazione un po' vintage per un firewall.” pensò Aidan
divertito. Sprofondò nella poltrona facendo scricchiolare sotto il suo
peso la pelle che la rivestiva. Appoggiò la testa all'indietro e chiuse gli
occhi. “Nadia... perdonami mia piccola Nadia, ma era necessario. Non
potevo rischiare che ti usassero contro di me.” Mentre i ricordi
affioravano dalla sua memoria, per un istante il pensiero lo travolse
sentendo una improvvisa stretta al cuore.
Wally chiuse la cartellina e la ripose nel cassetto.
«L'identità del suo avatar virtuale è pienamente confermata utente K!
R84. Le sue credenziali di Moderatore Bionet valide.» Si alzò dalla
scrivania avviandosi verso la porta chiusa facendogli un cenno con la
mano. «Mi segua, prego.» disse.
Aidan si alzò facendo scricchiolare nuovamente la pelle della
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poltrona che mantenne per qualche istante la forma del suo corpo.
Molto realistico pensò. Lo osservò mentre inseriva la chiave nella
toppa. Dopo un paio di giri abbassò la maniglia e aprì completamente
la porta. Aidan spalancò la bocca dalla sorpresa. Oltre la soglia non
c'era nulla, solo il buio assoluto e freddo delle tenebre.
«Desolante quanto perfettamente sensato.» commentò Aidan. «Solo il
Moderatore ha l'autorità necessaria per creare strutture complesse nella
Bionet.»
Fire-Wally annuì. «Ha un bel po' di lavoro da fare MOD K!R84.
Buona fortuna.» disse porgendogli la mano.
Aidan, strizzando l'occhio, ricambiò la sua energica stretta e varcò
con decisione la soglia immergendosi nell'oscurità. Ondeggiando nel
nulla avvertì all'istante una gradevole sensazione di pace e quiete. In
breve anche la percezione dei confini del suo corpo svanì. Fu in quel
momento che Aidan capì cosa doveva fare. Sorrise, allargò le braccia e,
continuando a fluttuare senza rotta in quel vuoto rasserenante, recitò la
sua litania:
«In principio MOD creò il cielo e la terra.
Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso.
“Sia la luce!”. Disse. E la luce fu.»
***
Autore:
Stefano Giro
Via Villanova, 13
33076 – Pravisdomini (PN)
Tel. +39.347.2441933
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