L`epigrafe greca e tre nuove epigrafi latine di Canosa

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L`epigrafe greca e tre nuove epigrafi latine di Canosa
L'epigrafe greca e tre nuove epigrafi
latine di Canosa
Canosa, la città che si gloriava d'essere bilingue, ma che sinora aveva dato solo epigrafi latine, ha ora finalmente la prima epigrafe greca. Il
rinvenimento è avvenuto lo scorso novembre nel recinto di un mausoleo
d'età imperiale, chiamato comunemente Barbarossa, dal nome della tenuta
in cui sorge; esso si trova a poche centinaia di metri dall'abitato, sulla via
di Cerignola: via che scorre sul tracciato della Via Traiana. Il mausoleo,
che, frugato scrupolosamente per molto tempo, non aveva dato alcuna
iscrizione nella parte monumentale, ha rivelato all'improvviso il suo tesoro epigrafico al limite estremo del recinto, nel lato sud-ovest, in un'umile
tomba di modestissime dimensioni, contenente le scarse reliquie d'un cadaverino che, dalla conformazione del coccige, è risultato per quello d'una
bimba. La tombicina era formata da quattro lastre: tre con epigrafi latine e
la quarta, ai piedi del sepolcro, con epigrafe greca.
Le iscrizioni non hanno fra loro rapporto alcuno né per nomi, né
per scrittura, né per tecnica epigrafica: segno evidente che si tratta di al stre prese qua e là, su tombe abbandonate, da una povera famigliola che
cosí aveva voluto o potuto inumare il corpicino della propria creatura.
Le epigrafi latine. - Le iscrizioni latine vengono qui presentate succintamente, poiché non aggiungono molto alla conoscenza di Canosa antica; non si presentano comunque prive di interesse per ciò che concerne
peculiarità linguistiche e l'onomastica, la quale è prevalentemente greca.
Si rendono qui grazie al prof. Giuseppe Morea, direttore del Museo Civico di
Canosa, per la cortesia con cui ha messo a disposizione lapidi e fotografie, e per le
informazioni fornite.
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Esse sono le seguenti:
1)
BALONIAE. / HELIADI. BALONI / VS. PRISCVS. FRATER. /
BENEMERENTI. FECIT.
Si tratta d'un Balonio Prisco che pone tomba ed epigrafe alla sorella Eliade. Interessanti i nomi. I caratteri son quelli propri della capitale quadrata
epigrafica, con grandezza decrescente da una riga all'altra. Da notare la i di
Balonius soprascritta all'asta della n (fig. 1).
2)
D. M. S. / BITALINI / SORORI / DVLCISSIM / [AE] AGATHO /
[B.] M. F. / [QVAE] VIXIT /[ANNIS] XIIII / [DIEBVS] X.
Ancora un fratello, Agatone, che cura la tomba d'una sorella, Bitaline
(= Vitalina), morta in tenera età, se XIIII, come pare potersi dedurre dagli
spazi, è l'intero numero. Il nome della fanciulla si rivela linguisticamente interessante: è in grafia fonetica, con b che rappresenta la bilabiale spirante; la i
della desinenza fa pensare non a un nome di 3a declinazione, ma a trascrizione fonetica del greco Bιταλ?νη, con ? già pronunciato i 1. A cominciare dal
quarto rigo la pietra, che è ora composta di piú pezzi, si presenta priva dell'angolo inferiore sinistro. L'integrazione delle lettere mancanti è piuttosto
facile, fuorché nell'ultimo rigo. Se X, come pare, è un numero completo e il
lapicida ha preferito l'ablativo all'accusativo, in questo rigo si poteva leggere
diebus; che è da preferire a mensibus per la maggiore corrispondenza fra spazi e
lettere. I caratteri sono vicini a quelli della capitale rustica lapidaria; la superficie, che è quadrata, è stata sfruttata piuttosto irrazionalmente (fig. 2).
3)
[D]. M. / [SATV]RNINO FILI / [QV]I VIXIT ANNIS. II / DIEBVS
XXII. / SATVRNINVS ET / SILVANA PAREN / TES BENEMEREN / TI FECERVNT.
Delle tre epigrafi la presente è l'unica che potrebbe adattarsi alla tombicina, posto che questa ne avesse avuto una propria e nella scritta non si
parlasse d'un maschietto: infatti due poveri coniugi, senza lustro di titoli e tria
nomina, ricordano il figlioletto morto a due anni: Saturnino, avente lo stesso
nome del padre. Il marmo, di forma quadrata, è rotto negli angoli superiori,
soprattutto a sinistra, ma facilissima
La v, fin dall'ultima età repubblicana, aveva una pronuncia affievolita, simile
al w inglese; in Cicerone si legge, per esempio, il bisticcio cauneas (i famosi fichi secchi di Cauno) = cave ne eas (De div. II, 84). In età imperiale si hanno grafie come
Bictorinus. Baleria ecc. citati dal BATTISTI, La crisi del latino, Firenze 1946, p. 110.
La desinenza di Bitalini p u ò essere spiegata come un caso di estensione della nuova
declinazione che la lingua popolare andava applicando ai nomi femminili di prima
declinazione: C h r e s t e-Chrestinis (o Chrestinis, per la tarda pronunzia di η) ecc., per
analogia con Iuno-Iunonis e simili. Cfr. V. PISANI, Grammatica latina stor. e comparat.. Torino 1962, p. 159. Il C.I.L. e la Peregrinatio Aetheriae sono pieni di esempi in
cui l’η è reso con i. Da questi elementi emerge la seriorità della nostra iscrizione.
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è l'integrazione delle poche lettere mancanti (fig. 3). I caratteri hanno l'agilità della capitale rustica. Da notare la mancanza dell'o in fili: forse ancora un
caso di grafia fonetica. E' notevole comunque la tendenza di questi testi,
per il resto impeccabili, a risolvere per via estragrammaticale nomi caratteristici del linguaggio affettivo (Vitalina, filius): si ha l'impressione che ogni
tanto lo scrivente non riesca a tenere a freno l'urgenza della lingua parlata.
La nuova particolarità si potrebbe spiegare con la mediazione dell'osco, a
cui si devono nell'ambito latino nominativi quali Octavis, Ianuaris 2. Non per
nulla filius nel vocativo subisce sempre il trattamento dei nomi propri in ius.
Alla base di questo marmo è disegnato un grazioso motivo floreale:
un vaso a due anse, da cui escono quattro foglie cuoriformi, disposte simmetricamente. Qualche fogliolina similare è disegnata anche nelle altre epigrafi.
L'epigrafe greca. - L'epigrafe greca è di notevole importanza perché si
tratta di testo poetico e perché essa ci porta la prima voce di Canosa bilingue; sinora il bilinguismo era solo postulato sulla fede di autori antichi, non
ultimo il Venosino 3, che aveva buttato giú quell'affermazione forse anche
per sfogare qualche vecchia ruggine campanilistica.
Il marmo, che è perfettamente conservato, ha le dimensioni di cm. 28
x 33 x 2, con lettere di circa 2 cm., elegantemente incise e colorate da una
leggera patina rossa (fig. 4).
Qui si presentano i primi risultati di uno studio che non ha la pretesa
di essere né completo né definitivo.
Testo, traduzione e prime considerazioni. - Le caratteristiche foglie cuoriformi rendono agevole la restituzione degli σt ???ι esametrici del testo, che
è il seguente:
Non sarà inutile darne una traduzione: « Mia patria è Mira, e traggo i
natali dalla Licia. Essendo mercante d'arte, venni a causa (della morte) dell'infelice fratello, Zosimo, che qui posi a ricordo per i mortali; non cosí (infatti) crebbe Nireo nella bella Sime, non i figli di Leda presso la vorticosa
corrente dell'Eurota. Pose Ametisto, fratello di Zosimo ».
Il senso è nell'insieme limpido, anche se è difficile determinare le circostanze particolari alle quali l'epigrafe si riferisce. La situazione che l'ha
ispirata può essere stata la seguente. Ametisto ha saputo a Mira della morte
del fratello (spentosi in giovane età, come si desume dal2
C.I.L. VI, 4625; XII, 5698. Cfr. anche Mercuris, Clodis in PISANI, op. cit.,
p. 160.
3 Sat.
I, 10, 30.
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