TIRONI NANCY matricola 56129 “La professione di dottore

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TIRONI NANCY matricola 56129 “La professione di dottore
TIRONI NANCY matricola 56129
“La professione di dottore commercialista al servizio delle aziende. L’attività operativa generale e
casi esaminati durante il corso dello stage professionale.”
Tra le figure di spicco dell’economia italiana, un ruolo fondamentale è svolto dal dottore
commercialista. Ma chi è il dottore commercialista?
E’colui a cui è riconosciuta competenza tecnica nelle materie commerciali, economiche, finanziarie,
tributarie e di ragioneria.
Nonostante svolga una tra le professioni intellettuali più esposte alle dinamiche socioeconomiche e
ai cambiamenti istituzionali che spingono il professionista ad oltrepassare i confini originari delle
proprie competenze, lo strumento basilare per lo svolgimento della sua professione deriva
dall’opera di Luca Pacioli, “Summa de arithmtica, geometria, proporzioni et proporzionalità”,
pubblicata nel 1494.
Tale opera ha appunto dato vita a quel metodo veneziano di rilevazione dei conti pubblici e privati
che fu e rimane strumento insostituibile anche nell’attuale era del computer.
Il Dottore Commercialista rientra nella categoria delle professioni protette, per il cui esercizio la
legge prescrive l’iscrizione obbligatoria in albi o elenchi.
Nel sistema Italiano, lo Stato si è posto come agente di legittimazione delle professioni intellettuali,
attraverso le leggi di regolamentazione professionale emanate a partire dal 1874 e ha inoltre
contribuito nel corso del tempo a creare un diverso grado di professione-regolazione delle libere
professioni attraverso processi selettivi e di esclusione attraverso gli esami di Stato.
L’esame di Stato è solo l’ultima tappa di un lungo percorso che il dottore Commercialista deve
compiere per poter esercitare la libera professione.
Tale percorso ha inizio con il conseguimento della laurea (sia essa diploma o laurea specialistica),
per poi proseguire con i tre anni di praticantato ed, infine, terminare con l’esame per l’abilitazione
alla libera professione.
Questo lungo iter garantisce al professionista competenze, abilità e professionalità volte
nell’interesse dalla clientela. Nonostante ciò recentemente si sta diffondendo la problematica
relativa all’introduzione di standard internazionali di qualità negli studi professionali.
Operare in qualità significa agire con chiarezza, correttezza ed eticità lungo tutto il percorso
dell’attività professionale. Ma il professionista è già stato educato in tal senso, percorrendo l’iter di
cui abbiamo parlato in precedenza.
Cosa aggiunge quindi la certificazione alle competenze già acquisite?
Esistono pareri discordanti sulla questione: chi obbietta che il Sistema Qualità ha lo scopo di
migliorare e qualificare l'organizzazione dello studio, non certo la sua professionalità, e chi invece
sostiene che i professionisti si rendano conto del fatto che il cliente spesso non è in grado di valutare
la professionalità e la competenza in materia fiscale o legale del professionista, ma ne valuta
attentamente il servizio reso in termini di disponibilità, cortesia, efficacia ed efficienza.
Un ulteriore freno allo sviluppo di un Sistema Qualità in uno studio professionale potrebbe essere
costituito dei costi elevati, fra consulenza e certificazione, per una struttura di poche persone. In
realtà nel settore si pensa che invece la spesa iniziale possa essere considerata un investimento, che
potrà diventare remunerativo se si riuscirà a rivendere le competenze acquisite alle aziende-clienti.
Qualità non significa solo avere un pezzo di carta che lo certifichi, ma si può raggiungere rendendo
efficiente ed efficace ogni fase e attività tipica dello studio di un professionista, dall’organizzazione
ad ogni servizio proteso al fabbisogno del cliente.
Organizzare significa creare una struttura che stia in un rapporto corretto con le risorse disponibili,
quali quelle finanziarie, tecniche, umane e di mercato, ma significa anche saper delegare ai
collaboratori e ai dipendenti, assegnando loro precise mansioni e altrettanto precise responsabilità.
E’ proprio in questo contesto che è necessario specificare come sia nell’interesse del cliente avere
un’organizzazione collaborativa, essendo consapevoli che lo sviluppo della scienza e delle sue
applicazioni nei vari settori non consentono ad un solo professionista di avere sufficiente
preparazione per rispondere alle esigenze che si presentano odiernamente.
La partecipazione di una pluralità di professionisti nello svolgimento del contratto di prestazione
d'opera intellettuale a favore dello stesso cliente può generare una serie di vantaggi, che spaziano tra
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la possibilità di generare risultati superiori alla somma di quelli conseguibili dai singoli
professionisti ed il consentire di ripartire, tra i vari collaboratori, i notevoli costi di impianto e di
gestione di uno studio professionale.
Rispondere alle esigenze del cliente è un compito assai arduo a cui adempiere, soprattutto
considerando la continua evoluzione ed emanazione di nuove normative di natura tributaria.
A tal proposito, è rappresentativo lo “studio di settore”, uno strumento introdotto
dall’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale.
Fino al momento in cui non esistevano gli “studi di settore” il compito del professionista nella sua
assistenza ai clienti era considerato pacifico. Una volta accertata la corretta tenuta della contabilità,
la regolarità delle scritture di assestamento e quindi della redazione del bilancio e della
dichiarazione dei redditi in base alle specifiche norme imposte dal Testo Unico, un eventuale
contenzioso da parte dell’Agenzia delle Entrate si sarebbe concretizzato nel merito delle
registrazioni contabili (es. contestazione dell’imputazione di un costo, risultante da fatturazione, in
un conto piuttosto che in un altro).
Ora, invece, pur avendo operato con la diligenza dovuta, il commercialista si trova a dover spiegare
al cliente come, nonostante abbia rispettato alla lettera le norme poste dai testi tributari e abbia
rappresentato la pura realtà dell’azienda-cliente, i ricavi dichiarati risultino spesso inferiori a quelli
previsti dagli studi.
Tra i casi esaminati, ben chiarificatore è quello di un accertamento in base agli studi di settore, per
l’anno 2005, esperito verso un’azienda produttrice di imballaggi per il settore tessile. Si sottolinea
che suddetta società non realizza prodotti standard vendibili indifferentemente ad una pluralità di
acquirenti, bensì manufatti progettati e realizzati su misura per il singolo cliente.
Il contraddittorio, per tale procedimento da accertamento, è volto a rilevare come lo studio di settore
non tenga nella dovuta considerazione da un lato, del contingente andamento del mercato in cui
operano i clienti della società e, dall’altro, delle specifiche modalità di produzione dell’azienda.
In particolare si sottolinea la mancata considerazione da parte dello studio:
- della ben nota e progressiva contrazione del settore tessile, della Valle Seriana, che ha
caratterizzato questi ultimi anni, comportando una costante e preoccupante diminuzione degli
ordini.
- della percentuale molto elevata di scarto che caratterizza la produzione dei manufatti.
Rettificando la voce “costo per acquisti di materie prime” dello studio di settore, non
considerando gli scarti di materiale, l’esito dello studio stesso diventerebbe congruo e coerente.
- del concreto utilizzo dei beni strumentali: se la società da quaranta dipendenti è scesa a undici,
non è corretto considerare il valore totale dei macchinari risultanti dal bilancio;
In generale, come può il commercialista, evitare al cliente queste situazioni e rispondere alle sue
domande, se in sede di dichiarazione sono state rispettate tutte le norme, ma il caos normativo non
permette una stabilità e una coerenza all’attività da esso svolta?
O il fatto di essere congruo e coerente non conta più, oppure ci si trova in un marasma di norme che
non permettono più al professionista di consigliare il cliente.
Le soluzioni a questi problemi possono sfociare nel ricorso alla Commissione Tributaria, visto che
lo strumento studio di settore, seppur sofisticato, è sempre frutto di elaborazioni statistiche.
E’necessario quindi che il contribuente, assistito dal professionista abilitato, prepari una corretta e
convincente difesa, provando di non aver potuto raggiungere i ricavi previsti dallo studio per vari
motivi di fatto o anche presuntivi.
L’attività del commercialista sta diventando meramente “esecutiva” garantendo sempre meno
spazio alla vera e propria consulenza, poiché le norme imposte dagli enti competenti non lasciano
manovre di operatività.
Il futuro di questa figura professionale, considerando anche la recente questione degli albi unici,
resta fortemente incerta. La cosa sicura è la necessità di una stabile normativa che definisca dei
confini certi entro cui il commercialista possa operare, essendo in grado di dare informazioni certe e
definitive al cliente senza risentire della volubilità legislativa.