Scritto e diretto da Francesco Clerici Prodotto da

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Scritto e diretto da Francesco Clerici Prodotto da
Scritto e diretto da
Francesco Clerici
Prodotto da
Velasco Vitali e Fonderia Artistica Battaglia
Per richieste stampa rivolgersi a:
[email protected]
durata: 77’ | colore & bianco e nero
www.ilgestodellemani.com
SINOSSI
Il documentario segue il processo di creazione di una delle sculture dell’artista Velasco Vitali,
dalla cera al bronzo, presso la Fonderia Artistica Battaglia di Milano.
Si tratta di un’osservazione di una squadra di esperti artigiani all’opera in una Fonderia
centenaria. Il loro lavoro disvela un’immutata cultura tecnica: quella della fusione a cera
persa, la cui tradizione risale al VI secolo a.C.
Nonostante le numerose innovazioni tecnologiche introdotte nel campo dell’arte nei secoli,
ancora oggi per creare una scultura in bronzo si devono seguire gli stessi passaggi usati nel VI
secolo a.C. per realizzare i bronzi di Riace. Questi passaggi non sono insegnati nelle scuole,
ma ci sono stati tramandati dall’antica tradizione orale attraverso l’apprendistato e
l’esperienza di generazioni di artigiani. Questo documentario è una finestra contemplativa sul
lavoro nella Fonderia Artistica Battaglia: un luogo in cui passato e presente condividono gli
stessi gesti e in cui ognuno di questi gesti è se stesso una scultura.
Questo processo centenario è raccontato attraverso la nascita di una scultura di cane
realizzata dall’artista italiano Velasco Vitali: la storia di una trasformazione di una scultura da
cera a bronzo va a svelare, anche attraverso l’uso filmati di repertorio, lo storico processo di
una fusione in bronzo, di ieri come di oggi.
Lo scultore italiano Giacomo Manzù diceva che la scultura è «un gesto delle mani, un gesto
d’amore». Questo film è la trasposizione cinematografica di quella frase.
FESTIVAL E PREMI
Premio FIPRESCI al Festival del cinema di Berlino 2015
selezione ufficiale: London Film Festival, Sarajevo Film Festival, Vilnius Film Festival Kino
Pavasaris, 33esimo Festival del Cinema Uruguayano, 33 Bergamo Film Meeting, 11th Docville
internationaale documentaire filmfestival, 30th Dok.fest International Documentary Film
Festival Munich, T-Mobile New Horizons international film festival Wroclaw, RIDM
Rencontres Internationales du Documentaire de Montréal, TalentoEmergente Cineteca
Nacional de Mexico, Loft Film Festival (Tucson, Arizona), La Valletta Film festival,
Filmfestival del Garda, Euganea Film Festival. Bellaria Film Festival, Festival internazionale
Cinema di Frontiera di Marzamemi, Donnafugata Film Festival, Mantova Film Festival,
Sciacca Film Festival, Laceno d’oro, OFF cinema Festival Poznan.
BIOGRAFIA DEL REGISTA
Francesco Clerici
(Milano, 1983)
Francesco Clerici si è laureato in Storia e Critica dell’Arte presso l’Università Statale di
Milano con una tesi su Buster Keaton e l’arte contemporanea. Dal 2003 ha insegnato
linguaggio cinematografico, presentato cineforum e condotto laboratori di produzione
cinematografica per bambini e ragazzi.
Francesco è scrittore, filmmaker, e collabora con l’artista Velasco Vitali dal 2009: per il
catalogo dell’ultima mostra di Vitali Foresta Rossa: 416 città fantasma nel mondo (Triennale
di Milano. Skira, 2013) ha scritto la serie di racconti Città Fantasma.
Dal 2009 Francesco collabora con la CICAE (Confédération Internationale des Cinéma d’Art
e d’Essai) ed è stato membro della loro giuria al 17th Sarajevo Film Festival, alla 69 Mostra
del Cinema di Venezia, al 17th Kino Pavasaris Vilnius film festival, e all’Annecy Cinema Italièn
2013.
Nel 2012 ha pubblicato il suo primo libro 24 Fotogrammi: storia aneddotica del cinema
(Secondavista Edizioni, 2012).
Il Gesto delle Mani, il suo primo documentario lungometraggio, è stato presentato al Festival
del Cinema di Berlino 2015 nella sezione FORUM, dove ha vinto il premio della critica
internazionale FIPRESCI.
Filmografia del regista
Storie nel cemento, 2010. Documentario, 28’
Premio FAI Milano Film Festival 2010
Selezione Ufficiale Sciacca film festival 2010
Kolmanskop, 2012. Mockumentario. 2’ 54’’
Traditio Symboli, 2014. Documentario. 9’ 20’’
Il Gesto delle mani, 2015. Documentario, 77’
Premio FIPRESCI al Festival del cinema di Berlino 2015
Selezione ufficiale: London Film Festival, Sarajevo Film Festival, Vilnius Film Festival Kino
Pavasaris, 33esimo Festival del Cinema Uruguayano, 33 Bergamo Film Meeting, 11th Docville
internationaale documentaire filmfestival, 30th Dok.fest International Documentary Film
Festival Munich, T-Mobile New Horizons international film festival Wroclaw, RIDM
Rencontres Internationales du Documentaire de Montréal, TalentoEmergente Cineteca
Nacional de Mexico, Loft Film Festival (Tucson, Arizona), La Valletta Film festival,
Filmfestival del Garda, Euganea Film Festival. Bellaria Film Festival, Festival internazionale
Cinema di Frontiera di Marzamemi, Donnafugata Film Festival, Mantova Film Festival,
Sciacca Film Festival, Laceno d’oro, OFF cinema Festival Poznan.
COMMENTI DEL REGISTA
Il Gesto delle Mani vuole essere un film narrativo: descrive vita, spazio, tempo e lavoro
presso la Fonderia Artistica Battaglia, un luogo storico a Milano, attualmente posto sotto
tutela da FAI - Fondo Ambiente Italiano. Questo film dà corpo e immagine al rumore e al
passare del tempo durante una giornata di lavoro in fonderia. Gli artigiani sono raccontati
solo attraverso il loro lavoro, le loro espressioni e i loro movimenti. È un omaggio al lavoro
manuale, alla sua solenne umiltà.
Il processo svelato nel documentario è quello di “nascita e rinascita” di una scultura, è la
storia di un cane di bronzo. La scultura di Velasco Vitali passa dal rosso della cera alla sua
patina finale attraverso una sorta di sacro rituale eseguito in una chiesa antica. Un gospel
laico, sulla vita e sulla nascita, per dirla in toni più ironicamente pomposi.
Nella fase di montaggio si è cercato di dare una proporzione quasi matematica tra il tempo di
lavoro e il tempo del film: a ogni minuto del film corrisponde circa un’ora di lavoro. Così da
mantenere un riferimento forte tra la durata di una fase nel documentario e la durata di
quella stessa fase nella realtà del procedimento.
La durata del film è 77 minuti, il tempo necessario per completare la fusione e la rifinitura
della scultura è di 77 ore circa.
Le sculture di cani di Velasco Vitali sono famose in Italia, e mi sono sembrate un mezzo
perfetto attraverso il quale viaggiare lungo il percorso della loro stessa realizzazione: il
perfetto protagonista di una “fiaba”.
Una fiaba zen, capace –spero- di creare uno spazio di rilassamento e quasi meditazione, di un
ritorno alle origini del lavoro manuale, dove le mani lavorano con acqua, terra, fuoco e aria.
Questo viaggio è possibile grazie alla cultura e alla sapienza di questi artigiani. Come dice lo
storico scultore italiano Giacomo Manzù: «La scultura non è un concetto. La scultura è il
gesto delle mani. Un gesto d’amore. Nella gestualità del corpo sta la relazione con il mondo, il
modo in cui lo vedi, il modo in cui lo senti, il modo in cui lo possiedi».
RASSEGNA STAMPA
Giancarlo Zappoli, Mymovies
Il documentario segue il processo creativo di una scultura in bronzo dell'artista Velasco Vitali
famoso per le sue statue di cani. Si osservano così gli artigiani della Fonderia Artistica
Battaglia (che ha sede a Milano) mentre procedono nelle varie fasi di preparazione dell'opera
per la fusione.
Sono trascorsi i millenni e indubbiamente si sono compiute innumerevoli scoperte
tecnologiche ma il processo che conduce alla realizzazione di un'opera in bronzo segue ancora
oggi lo stesso percorso che si rese necessario per realizzare i Bronzi di Riace nel sesto secolo
Avanti Cristo. Ecco allora che il poco più che trentenne Francesco Clerici decide di compiere
un'opera che tanti suoi coetanei (probabilmente culturalmente meno dotati) disdegnano:
conservare la memoria di un processo artistico. Esistevano (e vengono mostrati) alcuni
reperti filmati del lavoro della Fonderia negli Anni Sessanta ma nessuno aveva mai seguito
con tanta amorevole passione il lavoro di artisti artigiani che divengono assolutamente
necessari al creatore dell'opera.
Giacomo Manzù affermava che la scultura consiste di fatto nel gesto delle mani che è un gesto
d'amore. Clerici ne segue l'insegnamento e accompagna le mani, dell'autore prima e dei vari
artigiani poi, eliminando quasi del tutto le parole e lasciando come tappeto auditivo la musica
classica che proviene da una radio accesa e i suoni e rumori che i gesti producono. Ne nasce
un documentario stilisticamente rigoroso e quasi ipnoticamente attraente.
Lo spettatore ignaro delle tecniche le vede sviluppare sotto i suoi occhi fino a quando dal
bozzolo che ne deriva assistere al nascere della farfalla dell'opera d'arte. L'operazione, come
si diceva, è qualitativamente efficace. Allo spettatore, ignaro sino ad ora dello specifico
processo artigianale, resta solo (dopo essere stato affascinato dal 'come') una serie di
domande relative al 'perché' dei vari passaggi con la consapevolezza del fatto che non
spettava a questo documentario rispondere.
Cristiana Paternò, Vivilcinema
Nascita di un’opera d’arte attraverso il lavoro umile e paziente. L’opera è quella di Velasco
Vitali, scultore di Bellano noto soprattutto per i suoi cani, all’interno della Fonderia Artistica
Battaglia,un non luogo dove si entra in punta dei piedi e ci cattura ipnoticamente. Premio
FIPRESCI al Forum della Berlinale.
Luca Mosso, La Repubblica
Il Gesto delle mani di Francesco Clerici è l’unico italiano selezionato nel Forum, la sezione
indipendente della Berlinale, da sempre concentrata sul cinema nuovo e di ricerca. Clerici,
trentenne milanese che si era fatto notare qualche anno fa con Storie nel cemento, un
documentario sull’istituto minorile Marchiondi-Spagliardi, affronta il processo realizzativo
delle sculture in bronzo, seguendo il lavoro di Velasco Vitali e recuperando un vecchio 16mm.
Senza parole e con poca musica attraverso i gesti precisi e antichi dell’artista, il film si
confronta tra il rapporto tra materia e forma, questione fondamentale nella scultura ma
ovviamente anche nel cinema, dove il mistero della creazione è materia strettamente
materialista. Teatro dell’azione la Fonderia Artistica Battaglia di via Stilicone, luogo tutelato
dal FAI al centro di un interessante progetto di valorizzazione.
Alberto Pezzotta, Corriere della Sera
«La prima volta che sono entrato nella Fonderia Battaglia era inverno. Fuori nevicava e per le
strade c’era un gran traffico. All’interno, invece, ho trovato un luogo quasi medioevale: ritmi
lenti, silenzio, e 50 gradi di temperatura.» Francesco Clerici, esordiente di trentun anni, ha
dedicato un film a un luogo storico dell’arte e dell’artigianato milanese, che si trova in via
Stilicone e dove dal 1913 si realizzano statue in bronzo con la tecnica della fusione a cera
persa. Da Wildt a Fontana, tutti i grandi sono passati di qui. Clerici ha seguito la lavorazione
di un «cane» di Velasco Vitali, e ne ha tratto «Il gesto delle mani», con cui ha vinto il premio
della critica internazionale nella sezione Forum dell’ultimo Festival di Berlino. Il film viene
presentato al Bergamo Film Meeting il 12 alle 20.30, al cinema San Marco, prima di arrivare
a Milano al Beltrade il 21 marzo.
«La cosa affascinante è che gli artigiani della fonderia usano una tecnica che risale all’età del
bronzo e in pratica non è mai stata cambiata. È un’arte che viene tramandata oralmente, di
generazione in generazione, come le “vie dei canti” di Chatwin», racconta Clerici. Nel film
quasi non si sente pronunciare una parola: ma parlano i gesti di Velasco e dei fonditori. «Ho
studiato storia dell’arte ma come regista sono autodidatta. Ho imparato insegnando a piccoli
e grandi. Un laboratorio che ho fatto spesso alle elementari si chiamava “Raccontiamoci con
dieci gesti”. Invitavo i bambini a raccontare la loro giornata con dieci gesti, senza riprendersi
in volto. Non solo ho scoperto un modo di vedere la realtà che ci siamo dimenticati, ma mi è
stato di grande aiuto quando ho cominciato a girare il mio film nella Fonderia».
Le riprese si sono svolte dal settembre 2013 al novembre 2014. «Ho notato che in presenza di
una troupe, Lino [De Ponti], Luigi [Contino] e gli altri non erano più spontanei. Allora ho
cominciato a fare le riprese tutto da solo, registrando il sonoro in diretta. Per avere un sonoro
di alta qualità sono tornato dopo, con cinque diplomati del corso di Audio della Civica Scuola
di Cinema. Tra il divertimento degli artigiani, abbiamo registrato solo i rumori, che per
nostra fortuna sono sempre gli stessi. Poi abbiamo fatto un lavoro certosino per
risincronizzare tutto». Massimo Mariani, che è anche un musicista, ha curato il mix finale,
creando una partitura di rumori che rafforza la suggestione delle immagini. «E pensare che
alcuni distributori volevano che mettessi una voce di commento o della musica: ma non
volevo fare qualcosa di televisivo», aggiunge Clerici.
Dopo Bergamo e Milano, «Il gesto delle mani» inizia una vita internazionale che lo porterà in
Lituania, Uruguay e molti altri luoghi. Ha tutte le carte per conquistare sia i cinefili (tra i
riferimenti di Clerici c’è il documentarista tedesco Nikolaus Geyrhalter) sia chi è abituato alla
videoarte e magari alle alchimie di Matthew Barney. Intanto Clerici pensa a un progetto da
girare in Nicaragua: «Vorrei raccontare la storia di un storico cinema di Estelí e insieme
contribuire al suo recupero. Per prima cosa bisogna portare le sedie: partirò da lì».
Sergio Sozzo, Sentieri Selvaggi
Fatta salva la centralità dello spazio di questa narrazione scientifica, Il gesto delle mani è in
realtà un lucidissimo discorso sul tempo, sui tempi – di raffreddamento, di gestazione, di
invenzione. Sul tempo del cinema al lavoro. Un film-oggetto solido e tangibile, in qualche
modo non attraversabile ma da affrontare come corpo scultoreo chiuso e pesante, invoglia
eventuali spettatori-artigiani al riutilizzo di queste immagini come materia prima per nuove
astrazioni
E' sempre un momento importante quando il cinema ritorna nelle officine, a raccontare il
tempo e il respiro che il lavoro impone all'immagine, sin dalle origini uno degli istanti più alti
e compiuti che questa macchina possa replicare.
Francesco Clerici affronta il materiale del suo Il gesto delle mani con tutto il rigore e il senso
della consapevolezza che implica raccontare le operazioni quotidiane di uomini al lavoro tra
altoforni e attrezzi meccanici, e sembra cercare, per tutta l'indagine portata avanti dal suo
film, di fissare quello scarto invisibile tra l'automatismo della fabbrica e la fuoriuscita del
gesto creativo dalle mani, appunto.
Quella sintesi già contenuta nella denominazione del luogo esplorato dal film, la Fonderia
Artistica Battaglia, attiva a Milano dal 1913 nella realizzazione di opere in bronzo, attraverso
la tecnica della fusione a cera persa, rimasta sostanzialmente immutata da secoli.
Approntando un'essenzialità estetica e un processo di registrazione cari essenzialmente al
documentario di stampo antropologico, Clerici concentra il suo sguardo proprio sulla messa
in pratica di quel collegamento nascosto tra “Fonderia” e “Artistica”, annotando con le sue
riprese ogni passaggio nella creazione di uno dei celebri cani di bronzo dell'artista Velasco
Vitali: nessun commento alle immagini, zero interviste, l'unico parallelo di un filmato
d'archivio del 1967 che descrive, immutati e immutabili, gli identici procedimenti attuati
decenni prima in Fonderia.
Risulta chiaro a questo punto come, fatta salva la centralità dello spazio di questa narrazione
scientifica, Il gesto delle mani sia in realtà un lucidissimo discorso sul tempo, sui tempi – di
raffreddamento, di gestazione, di cottura, di invenzione.
Sul tempo del cinema al lavoro.
Girato con un budget ristretto in più di un anno, insieme a cinque ingegneri del suono e un
fisico delle particelle, Il gesto delle mani si sublima così a conti fatti lungo i suoi 77 minuti in
un film-oggetto di per se stesso, solido e tangibile, in qualche modo non attraversabile ma da
affrontare come corpo scultoreo chiuso e pesante: Clerici davvero pare essere da questo
punto di vista riuscito a donare forma al tempo, coordinata assoluta tra le stanze e le fornaci
della Fonderia. Paradossalmente, questo sembra invitare ed invogliare eventuali spettatoriartigiani al riutilizzo di queste immagini come materia prima per nuove astrazioni,
accostamenti, rovesciamenti, inganni.
Il movimento ribollente e magmatico del film è così molteplice, centripeto e centrifugo
insieme, interno ed esterno in ogni inquadratura: l'equilibrio trovato da Clerici a tutto
l'armamentario immaginifico della sua opera è, tra tutti, proprio il movimento di
cesellamento più sottile.
Andrea Chimento, Il sole24 ore
(…) Decisamente più incisivo è il documentario «Il gesto delle mani» di Francesco Clerici.
Si segue la lavorazione di una delle sculture dell'artista Velasco Vitali, dalla cera al bronzo. I
numerosi progressi tecnologici fatti nel campo dell'arte nel corso dei secoli non hanno
intaccato i passaggi necessari per creare un'opera di questo tipo: sono, infatti, esattamente gli
stessi usati nel VI secolo a. C. per realizzare i bronzi di Riace.
Clerici, qui al suo primo lungometraggio, ha sguardo rigoroso e riprende minuziosamente le
delicate operazioni dell'artista, senza fretta, prendendosi tutto il tempo che gli serve.
È un documentario sulla creazione di una scultura, ma è anche un interessante documento
sul tempo che, in questo caso, si è davvero fermato.
Presentato nella sezione Forum, è un film curioso e riflessivo, capace di mostrare una
professione che non è stata intaccata dai cambiamenti dell'era moderna.
Lo stile può ricordare quello di altri due autori di casa nostra come Massimo D'Anolfi e
Martina Parenti («Il castello»; «Materia oscura»), ma il regista ha già un tocco personale che
si potrà affinare col tempo. Inoltre, è anche un bel messaggio per i giovani italiani decisi a
fare cinema: con un'idea (seppur non si possiedano grandi budget, anzi) si può arrivare
persino al Festival di Berlino.
Simona Spaventa, La Repubblica
Dalla cera gentile e docile da plasmare, all'eternità metallica del bronzo. Racconta uno dei
miracoli più antichi dell'arte Il gesto delle mani, il documentario di Francesco Clerici che,
premiato dalla critica a Berlino, domani sera è al Bergamo Film Meeting per poi arrivare in
anteprima milanese al cinema Beltrade il 21 marzo.
E tutto milanese è il set di questo film senza parole, che lascia che a raccontarsi da sé siano i
gesti, i rumori e il lavoro degli artigiani della Fonderia Artistica Battaglia, aperta dal 1913 in
via Stilicone e dove sono stati forgiati con l'antica tecnica della fusione a cera persa sculture
di Giacomo Manzù e Arnaldo Pomodoro, Lucio Fontana e Marino Marini, e perfino il cavallo
della Rai di Francesco Messina. Laboratori pieni di luce che filtra dalle vetrate e di strumenti
su cui faticare, scalpelli, frese e forni, in cui è entrato con la sua telecamera Clerici, esordiente
milanese trentunenne, a filmare la continuità ideale, o meglio tutta pratica, tra un
procedimento rimasto immutato dai tempi dei Greci, nel VI secolo avanti Cristo, e l'arte
contemporanea, incarnata qui dallo scultore Velasco Vitali, in arte Velasco, impegnato a
realizzare in bronzo uno dei suoi celebri cani.
«Ho scoperto la Fonderia Battaglia molti anni fa — racconta Clerici, domani ospite alla
proiezione insieme a Velasco — e ne ho un ricordo magico: fuori nevicava, faceva freddissimo
e il traffico era impazzito, dentro era caldissimo e silenzioso». Ricordi dei tempi di studente,
Clerici è laureato in Storia dell'arte alla Statale e nel cinema è autodidatta, nella vita lavora
come assistente di Vitali, che con la fonderia ha prodotto il film «come prosecuzione naturale
dei video che avevamo girato su mie opere prodotte in manifatture artigianali tradizionali —
sottolinea l'artista, figlio del pittore di Bellano Giancarlo Vitali — come le carpenterie e le
falegnamerie della Val Gardena. Fin dal titolo che cita Manzù, il documentario sottolinea il
contrasto curioso tra la permanenza dell'artigianato, una pratica e una sapienza che si
tramandano sempre uguali nei secoli, e l'esigenza dell'arte che ogni volta si rinnova e chiede
cambiamento. Una tensione che crea suspense e sorpresa anche nel film».
Nei 77 minuti del montato, vediamo le fasi della fusione, dalla precisione dello scultore che
plasma il suo cane nella cera, alla perizia certosina degli artigiani che fissano i canali dove
scorrerà il bronzo liquido. Una «sinfonia» di gesti e rumori, come la definisce la motivazione
del premio della Berlinale, senza interviste né voci fuori campo descrittive, «perché volevo
fare un documentario visivo — dice il regista — Mi affascina la dimensione del flusso, vorrei
che lo spettatore entrasse al cinema e si ritrovasse in fonderia». Una naturalezza non facile da
ottenere, «gli artigiani di fronte a una troupe diventano innaturali, ho dovuto filmare da solo
per avere la loro fiducia, la spontaneità». Un lavoro completato da un complicato montaggio
sonoro finale, realizzato insieme a cinque neodiplomati della Civica di Cinema: «La qualità
del sonoro era troppo bassa, siamo tornati a registrare i rumori isolati e poi abbiamo mixato
gli effetti alla presa diretta ». Il risultato immerge a tal punto nella realtà della fonderia, da
aver affascinato non solo la critica, ma anche il pubblico berlinese, «ascoltare il film con 600
persone in assoluto silenzio nella sala esaurita è stato bellissimo». E adesso la strada è aperta
verso altri festival, da Vilnius a Montevideo.
Vincenzo Trione, Corriere della Sera / La Lettura
Si intitola Il gesto delle mani, il film di Francesco Clerici che è stato selezionato — unico tra
gli italiani — nel Forum del Festival del Cinema di Berlino (5-15 febbraio), la sezione
indipendente della Berlinale attenta al cinema «di ricerca»: prima proiezione l’11. Non si
tratta di un vero film (che, poi, approderà anche ai festival di Pechino e di Montevideo).
Piuttosto, siamo dinanzi a un classico documentario, che non indulge in soluzioni audaci. «La
Lettura» l’ha visto in anteprima.
Il trentenne regista milanese — autore di Storie nel cemento, sull’Istituto minorile
Marchiondi Spagliardi — si limita a registrare la genesi di una scultura di Velasco Vitali. È
una genesi che ricorda da vicino la nascita di un essere umano: il concepimento, la
gestazione, il parto. La modellazione dell’artista, che plasma, ritocca e leviga una forma in
cera. Poi, l’ingresso in scena di un’ampia squadra di maestranze: si applicano alcuni piccoli
tubi in plastica sul modello; si riveste il modello stesso con colate di terra refrattaria; si cuoce
il blocco per circa dieci giorni in forni a gas; si cola il bronzo liquido nei canali già predisposti;
infine, si estrae la scultura dalle stratificazioni in cui è incastrata. Ed ecco il prodigio: lo
svelamento dell’opera finita. Un animale di bronzo rannicchiato e pensieroso, che ha molte
assonanze con i «cani del nulla» di cui aveva parlato d’Annunzio.
Protagonista assoluta del film è la Fonderia Artistica Battaglia di Milano (in via Stilicone),
sito tutelato dal Fai: luogo leggendario, molto amato dagli scultori di varie epoche. Sullo
schermo assistiamo a un vero gioco delle parti. Dapprima l’unico «attore» è Velasco. Poi, sul
set, entrano tanti anonimi artigiani (nomi citati nei titoli di coda): eroi invisibili, custodi di
una sapienza antica, eredi di un mestiere tramandato attraverso le generazioni, abili nel porsi
al servizio dell’idea dell’artista.
Clerici ci consegna una cronaca apparentemente impersonale. Riprende in maniera oggettiva
una liturgia segnata da gesti cauti e da passaggi rallentati, da solitudini necessarie e da
momenti di collaborazione inevitabili. Nulla è lasciato al caso. Ogni scelta deve essere
programmata. Tutto — o quasi — è calcolato: si prova a ridurre al minimo l’imprevisto. Nel
film, sentiamo poche parole. Prevale il silenzio. La musica «entra» quasi esclusivamente
nell’epilogo. Il montaggio è impercettibile: a volte abbiamo la sensazione di poter spiare il
divenire di un processo quasi alchemico. Unica eccezione sono gli incroci tra le immagini «in
diretta» e quelle d’archivio (un vecchio documentario in 16 mm). Un modo per dimostrare
come la pratica scultorea, nei secoli, sostanzialmente non sia cambiata.
Camillo De Marco, Cineuropa
Protagonista del documentario di Francesco Clerici è l'artista Velasco Vitali, intento nella
realizzazione di una scultura nella Fonderia Artistica Battaglia, Pogliani e Frigerio
Il gesto delle mani, documentario del regista milanese trentenne Francesco Clerici, approda
al 45° Forum, la sezione collaterale della Berlinale dedicata alla sperimentazione. Il film sarà
ospitato in seguito dai festival di Pechino e Montevideo. Protagonista è l'artista Velasco Vitali,
intento nella realizzazione di una scultura. Ma "star" del documentario è anche la location, la
Fonderia Artistica Battaglia, Pogliani e Frigerio fondata a Milano nel 1913 e tuttora attiva,
luogo storico prediletto da molti artisti che hanno frequentato i suoi laboratori.
Con approccio classico, studiatamente piano, il giovane cineasta, già autore di Storie di
cemento su un ex istituto minorile milanese, segue per più di 70 minuti tutte le fasi della
realizzazione di un cane accucciato in bronzo. Allo scultore Velasco Vitali, che osserva la sua
creatura in cera rossa e interviene con scalpellini e altri strumenti, si avvicendano gli artigiani
che porteranno a compimento l'opera: chi applica tubicini di plastica al modello, chi lo riveste
di terra refrattaria, chi lo cuoce nei forni per giorni, chi cola il bronzo fuso e chi infine estrae
la scultura dal guscio e la porta alla vita.
Unica concessione ad un montaggio lineare sono i flashback ricavati da immagini d'archivio
in 16 millimetri che mostrano in bianco e nero come quei gesti fossero i medesimi
cinquant'anni fa. Del resto le tecniche utilizzate oggi sono esattamente le stesse usate per i
bronzi di Riace nel V secolo avanti Cristo.
Quello a cui assistiamo è un vero e proprio venire al mondo, nel rumore costante delle
fornaci, un po' come immagineremmo la fucina di Vulcano. Quello dello scultore è il gesto
che più si avvicina a quello primordiale immaginata dall'Antico Testamento, in cui un diocreatore plasma dalla terra gli esseri viventi. Ma l'arte non è solo slancio creativo, una
intuizione del momento. Piuttosto è fare, programmare, affidarsi a gesti antichi e tecniche
collaudate. Soprattutto è un lavoro non in solitaria. Gli anonimi artigiani partecipano
all'esperienza artistica, a questo venire alla luce di un'idea di bellezza che si affaccia nel
mondo. Del resto, come diceva Salvator Dalì, il meno che si possa chiedere ad una scultura è
che stia ferma.
CAST AND CREDITS
Con
Andreas Boccone
Nicolae Ciortan
Mario Conti
Luigi Contino
Simion Marius Costel
Ilaria Cuccagna
Lino De Ponti
Tommaso Rossi
Caled Saad
Antonio Serra
Elia Alunni Tullini
Velasco Vitali
Un film di
(regia, scrittura, montaggio, fotografia)
Francesco Clerici
Coordinatori di produzione
Grazia Cavanna
Costanza Clerici
Italo Clerici
Martina De Santis
Cathleen Tanti
Montaggio Audio
Michele Brambilla
Fortuna Fontò
Francesco Mangini
Mattia Pontremoli
Emanuele Pullini
Color correction
Andrea Paganini
Missaggio audio
Massimo Mariani
Musica
Claudio Gotti
Ricerche aggiuntive
Camilla Bonzanigo
Lino De Ponti
Ilaria Mariani
Logistica
Andreas Boccone
Produzione
Velasco Vitali
Fonderia Artistica Battaglia
Produttori esecutivi
Jon Barrenechea
Ena Dozo
Matteo Visconti di Modrone
Materiale d’archivio
Una Fusione d'arte di Sergio Arnold / 16 mm, muto, 1967
(archivio Fonderia Artistica Battaglia / Teche RAI)
Senza titolo, 1974
(Archivio personale di Lino De Ponti)
Con il patrocinio di
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