Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
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Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
Montale Shakespeare sonetti deiresperienza. I traduttore di Francesco Erspamer Composte 1.1. dal 1944, appartengono senz'altro (la quale — 22, il il 33 e epigrafe due versi dei Sonnets), e anche di Una produzione che che Montale proprio allora 48 — periodo dei Mottetti, della IV sezione delle Oc- il un momento è espressione di paura e sconforto prima, guerra e desolazione poi; nulla di crisi, il seconda stagione alla straordinaria tarda fase della infatti reca in Finisterre e delle Silvae. e pubblicate solo a partire Shakespeare sonetti di tre montaliana, per intenderci casioni 1938 negli anni antecedenti al versioni di le accostasse si —a cidenti, ai romanzieri americani — oltre di strano che, per motivi in parte coin- Shakespeare, sue opere più alte e più alle canzoniere. A Shakespeare, cioè a un colosso della letteratura, dunque un punto fermo fra inquiete, il Sogno tante incertezze, una notte di ma a Shakespeare anche Non età di dubbi e sconvolgimenti. la carneficina elisabettiano ma non (si il le in V Amleto, uomo quanto il e artista in un'altra a caso pure negli anni seguenti, finita versioni della Le prime sono più che Commedia fra le altro il amò teatro Marlowe) del Faust di scavare traduttor Montale. il opere drammatiche e frutto di quella il degli errori, del Timone Racconto d'inverno, terreno in cui preferibilmente Occorre tuttavia distinguere liriche. estate, l'orrore ("La purga dura da sempre"), ancora ricordino di Atene, del Giulio Cesare, del costituì mezza di che il le composizioni poeta stesso ebbe a definire la sua "forzata e sgradita attività di traduttore" {Sulla poesia 567), cioè del lavoro che fu costretto a svolgere, in parte per esigenze economiche, nel rispetto dei rigidi criteri "di quasi letteralità e di assoluto scrupolo filo- logico" {Amleto 207) imposti dagli editori e dalle collane per commissionate. Al contrario Shakespeare) sembrano un prodotto più spontaneo, non solo per niale alla sua arte: nascano, sempre, una nuova attraverso in Che la comunque si questa direzione si sia i ritrovava di il paradosso di riesca a salvare la poesia, a trasmetterla riguarda solo marginalmente; leggere e interpretare da poeta più congesi poi sia proprio da questa franchigia che barriera della trasformazione linguistica, è un ci quali erano anche perché ben diverse possibilità migliori traduzioni, che solo attraverso scrittura del già scritto dologico che qui proprio le e ragione quasi ovvia che egli la ma meglio nella misura più breve, intervento gli erano concesse. le rifacimenti delle poesie (non solo quelle di i il problema meto- punto importante è che mosso Montale non appena suoi autori. QUADERNI dilalianislica Volume XI. No. 2, 1990 fu libero di Francesco Erspamer 270 Ogni traduzione veramente riuscita, sostiene Walter Benjamin, "tocca l'ori- ginale di sfuggita e solo nel punto infinitamente piccolo del senso, per continuare, secondo la legge della fedeltà, nella libertà del la e movimento linguistico, sua propria vita" (48). Montale questa "legge della fedeltà" non il "punto del senso" non lo tocca, la rispetta, La poesia che può na- lo sfiora soltanto. scere è soltanto sua, per una volta germogliata non su un'occasione della vita, non su un sogno o un I fondamenti proprio in ricordo, su un altro testo, su un palinsesto letterario. quegli anni, in alcuni saggi. Intorno assai più delle altre arti, a ma teorici di questa scelta di infedeltà scampare solo se sembra soggetta "si presta li veniva del resto esponendo, 1942 al scrisse che "la poesia, a invecchiare," destino cui riesce ad essere ricostruita e interpretata modo in di- verso, a essere fonte di altissimi equivoci" {Sulla poesia 103). Quattro anni dopo, neir"Intervista immaginaria," confermò il suo mestiere di poeta e quello legami che sussistevano i ricordando quanto di traduttore, il fra secondo avesse pesato nella sua "lotta per scavare un'altra dimensione nel nostro pesante linguaggio polisillabico" {Sulla poesia 567), una poesia che, come ha inglese, mai anche se scritta in italiano, e di traduzioni come insomma nella creazione di recentemente Ghanshyam Singh, "sembrava una cosa simile" (207). scritto Quaderno scritto Il anche se nessun poeta inglese aveva testo a fronte, nelle prime edizioni del qui sotto, è perciò soltanto un altro grimaldello per entrare, ancora una volta, nell'officina poetica di Montale, un pretesto per scoprirne i meccanismi comprendere il anche per meglio di "ri-uso," di "récriture," e forse cammino della sua lingua dagli Ossi alla Bufera. traduzioni, espunta ogni "filigrana di originale straniero," entrare nel canzoniere, nel Libro in senso stretto, ma vi Solo le possono dunque entrano a pieno titolo: ed è come opere assolutamente autonome e interamente montaliane che mi propongo qui di analizzarle. Non è una novità che inglese e italiano posseggano due diverse 'vecome notò un altro straordinario interprete di Shakespeare, Giu- 1.2. locità'; che, seppe Ungaretti, "in un medesimo gruppo di vocaboli la quantità di sillabe italiane sia superiore alle inglesi nel rapporto di circa sedici su dieci o un- Ciò comporta dei problemi dici" (13). esempio, sarà impossibile riuscire in fase di traduzione; i Sonnets, ad senza rinun- a renderli nella nostra lingua ciare a qualcuna delle loro caratteristiche: la rima, la struttura metrica, quella fonica e melodica, Di fronte la relazione fra le unità di senso e all'alternativa, Montale, unico fra i le unità prosodiche. traduttori recenti, preferì ri- Come ha spettare la metrica e accettare la semplificazione del contenuto. scritto Gilberto Lonardi, egli fare i amava "cercarsi una conti" (153). Tuttavia la costanza con cui, in mantenne le forma già data con cui tutti e tre i rifacimenti, misure dell'endecasillabo (con un'alternanza di a malore e di a minore e una grande mobilità degli accenti secondari e delle cesure) e del sonetto elisabettiano (tre quartine a rime alterne più un distico a rima baciata: ABAB/CDCD/EFEF/GG), si rivela infine, più che la dimostrazione di una Moniale traduttore dì Shakespeare volontà di rispettare le forme shakespeariane, un ennesimo esempio rigide della sua ben nota "ironia metrica." perfetta, 271 Si noti l'uso frequente della anche quando sarebbe stato agevole trovare quella grande quantità cnjumhcincnts; o ancora di il esatta; sapiente gioco di rime naturalmente complicato da equivocità. In un solo caso troviamo scherata entro è insomma "la singolare fra loro le coppie di rime. la mezzo, al rima ma- ma parola sdrucciola ("Son. XXII": "riprendere"-"rende"), la spesso assonanze e consonanze legano confermata la rima im- oppure Ad essere ambiguità del metro montaliano, che può essere letto sia seguendo gli a capo indicati nella pagina, sia capovolgendo la struttura secondo i suggerimenti delle rime mezzo" (Barberi al Squarotti 202); ambiguità presente anche nell'ossatura ritmica a causa della polivalenza delle rime. Né questa azione di svuotamento delle strutture metriche resta un divertissement fine a se stesso; al contrario essa è vedremo — di un analogo processo 2.1. Il di corrosione primo sonetto che intendo esaminare il preciso segnale è il XXXIII. Eccone immediatamente seguito dall'originale shakespeariano: Spesso, a lusingar vette, vidi splendere sovranamente rocchio del mattino, e baciar d'oro verdi prati, accendere pallidi rivi d'alchimie divine. Poi vili d'un e fuggendo Anch'io il alzarsi, intorbidata tratto quella celestiale fronte, mondo, e fumi a occidente l'astro celare sul far del il desolato il viso e l'onta. giorno ebbi mio il sole suo trionfo mi brillò sul ciglio: ma, ahimè, potè restarvi un'ora sola, rapito dalle nubi in cui s'impiglia. Pur non ne ho sdegno; bene può un terrestre sole abbuiarsi, se è così Full many flatter the a glorious il celeste. morning have I seen mountain-tops with sovereign eye, kissing with golden face the meadows green, gilding pale streams with heavenly alchemy; anon permit the basest clouds to ride with ugly rack on his celestial face, and from the forlorn world his visage hide, stealing unseen to west with this disgrace: even so my with triumphant splendour on all sun one early morn did shine my brow; was but one hour mine, the region cloud hath masked him from mc now. Yet him for this my love no whit disdaincth; but out, alack! he suns of the world mav stain — lo al livello del significato. when heaven's sun staineth. il testo, Francesco Erspamer 272 come appare testo di Shakespeare, Il ma da un primo sguardo, è fin di estre- semplicità sul piano tematico: a una descrizione naturalistica del sorgere del sole, del suo oscurarsi dietro le nuvole e del suo avviarsi al tramonto, segue scioglimento della metafora attraverso l'indicazione dell'occasione lo biografica che l'ha generata. Ma mento. Una sentenza apodittica conclude sopra questa sottile trama narrativa grazie a esso, un preciso e complesso rinvio ad si altri innanzi tutto l'antropomorfizzazione del cosmo, (omofono l'identificazione di "sun" "son" di la componi- un intenso ricorso codici, A a stratificate connotazioni linguistiche e culturali. il innesta, e la poesia vive questo livello avviene quale a sua volta comporta con 'figlio') re (riconoscibile il dai tradizionali attributi: "glorious," "sovereign," "golden," "celestial") e la conseguente utilizzazione del particolare linguaggio della corte elisabettiana. Ma di un secondo registro sovrappone: quello dell'alchimia (pratica, allora, si notevole peso sociale), di nuovo una metafora nella metafora con l'aggan- cio della figura dell'alchimista al sole e della sua arte alla luce (cfr. Serpieri 125-38). La traduzione fetta, i capace di di Montale appare, praticamente per- lettura, il senso letterale, L'identificazione del sole con principali sensi allegorici. gerita da una prima a conservare dell'originale non solo numerosi termini polisensi, distribuibili in due ma sovrano il pure è sug- 1) "occhio," serie: "baciar," "pallidi," "alzarsi," "fronte," "fuggendo," "viso" (antropomorfizza- zione del cosmo); 2) "lusingar," "sovranamente," "oro," "celestiale" (specifi- cazione della dignità regale). E persino i riferimenti (ma piuttosto estranei alla lirica novecentesca mezzanotte" te di "alchimie," "Carnevale ma si di Certi"), collocano "accendere," "vili" (fa pensare come in Alcuni elementi, come La maggior al registro alchimistico, ricordi sono mantenuti: il il "piombo fuso a centro è ovviamen- semantica anche "baciar d'oro," in quell'area ai 'metalli vili,' inglese "basest" rimanda si opposti dell'oro, esattamente 'base metals'), "fumi," "intorbidata." ai vede, sono pluri-isotopi. si parte delle variazioni rispetto al testo shakespeariano può es- sere, in questa prospettiva, imputata alla diversità degli strumenti linguistici, oppure alla peculiarità del ripetizioni di vocaboli. dove fosse modo Montale di poetare montaliano. Così, in presenza di preferì modificare la struttura della frase o, possibile, utilizzare dei sinonimi. Così la coppia "cIouds"-"cloud" "morning"-"morn" con "mattino"-"far è resa con "fumi"-"nubi"; del giorno"; "world"-"of the world" con "mondo"-"terrestre"; "heavenly"-"heaven's" con "divine"-"celeste" (ma questo caso in si provoca inglese, "celestiale"-"celeste"); "seen"-"unseen" Straordinario è poi il modo stata riprodotta in italiano. /ai/, riflesso primo verso del in cui la la ripetizione, assente in con un singolo "vidi." ricchezza omofonica del sonnet è La massiccia presenza (spesso pronome personale in rima) del suono "I" collocato in posizione di evidenza nel ("I," "eye," "alchemy,""' "ride," "hide," "my," "shine," "trium- phant," "mine," "my"), trova riscontro nel ricorrere, subito dopo del solitario "io" (altrove il pronome è sempre la comparsa sottinteso), del dittongo /io/ Montale (nelle tradiiitorc di Shakespeare prime due quartine ritrovabile soltanto 273 "occhlO," e non più ripetuto in nei quattro versi conclusivi): Anch'io e E raffollamcnto glOrno ebbi sul far del il mlO sole suo trionfo mi brillò sul ciglIO. il entrambi di sibilanti è in my Yet him for thiS SunS of couplets: love no whit diSdaincth; may the world i Stain when heaven'S Sun Staincth. Pur non ne ho Sdegno: bene può un terrestre Sole abbuiarsi, Se e coSì Da un punto scono di vista melodico, suo scioglimento, due diversi il Shakespeare che Montale es., la rie- metafora del sole e primi otto versi prevalgono "e fuggendo a occidente il i il vocaboli desolato"), nei contrario, le parole corte e dagli accenti marcati (in italiano anche graficamente: "brillò," "ahimè," "potè," "può," "è," "così"). Al 2.2. inoltre, sia ritmi: nei lunghi e poco cadenzati (per restanti sei, al ccleStc. due momenti tematici, a far corrispondere ai visibili il lettore puntiglioso tuttavia "Sonetto XXXIII" nettamente non sarà sfuggito che si segnale deir"infedeltà" montaliana. Si può sospettare che verimento degli ultimi versi shakespeariani, la il w. 11-14 nei È allontana dal testo inglese. primo il graduale impo- chiusura in tono minore — ac- cettazione pessimistica dell'imperfezione, che finisce con lo sgretolare anche il linguaggio che la veicola, tonomia d'ispirazione, che discendente in una fase cui far esplodere la l'effetto di questi tutta la poesia, di — abbiano spinto Montale a una maggiore au- concedesse gli preparazione al Ma sentenza epigrammatica. mutamenti, che solo la alla fine distico in al ciò che realmente conta è Essi modificano loro funzione. —o movimento trasformare quel di climax conclusivo, il meglio, a una seconda lettura senso di — diventa correttamente interpretabile nel suo più autentico significato. Per dimostrare l'autonomia semantica, oltre che linguistica, del "Sonetto," è necessario Indubbiamente esso lessico. il Montale degli anni '30 e '40. Solo esaminarne più da vicino appartiene a Montale, in particolare al pochissimi termini non ricordo di averli incontrati nelle ultime o nei più antichi componimenti della Bufera. essi tutti quelli semanticamente più zione di "alchimie"): "verdi" (frequente, "Keepsake" "Elegia di e i ma "astro" (almeno "Stanze"; di rilevanti (con la .sola, prevedibile ecce- quali proprio già, in in tutte le tonalità; e si r"anima verde" Pico Farnese," (cfr. ricordino le e poi gli ag- "isole verdi" di "L'anguilla"), "celestiale"-"celeste" (cfr. "Il giglio "L'arca"), "abbuiarsi" non serve portare esempi; Ossi di seppia, "Arsenio"); e rosso," "Iride"); e "Gli orecchini," "Nella serra"), "accendere" (cfr. Occasioni parte ricorre, e fra "occhio," "oro," "fumi," "fronte," "viso," "giorno," "sole," "ciglio," "nubi," per gettivi: La gran (cfr. "Dora Markus" i verbi: "rapito" (cfr. "L'anguilla"), "s'impiglia" II), "celare" (più volte, ma 274 si Francesco Erspamer dove noti in "L'orto": "là di officine celavano acri tendine alla vista San Giorgio," "Nella / nebbie che morbide che risalgono una / cima m'intorbidano i lampi / Congeniale a Montale è poi l'uso serra," "L'anguilla"). di "intorbidata" in riferimento alle fumate di fuliggine alzandosi su / l'opera di Vulcano"), "brillò" (cfr. "Costa valle / . . alzano lungo si fino al . vetri" ("Notizie dall'Amiata" i monti: "Le cono diafano della / I). Piuttosto evidenti, in particolare, le analogie con "Corrispondenze" (1936): anche un'atmosfera fumosa ("un miraggio lì tura incubi d'oro"), anche lì acque illuminate ("toppe arse dei lì, colli"; "oro / ("alla febbre nascosta dei diretti / nella costa Come maggiore, il anche che fuma"). già la composizione shakespeariana, e forse in misura persino La prima quartina celebra ti, a specchio delle gore"), ("mavette e "Sonetto XXXIII" presenta una perfetta organizzazione interna. "occhio del mattino"), che per lì una conclusione all'insegna dell'occultamento dietro densi vapori infine, 2.3. di vapori"), alchimistica / colore verde ("picchio verde"), anche il il trionfo del sole (indicato solo metaforicamente: seconda quello delle nubi (anch'esse non nominate la traslato: "fumi"); la terza riproduce riconducendoli a una dimensione non in spazio dimezzato due momen- "sole"), vv. 11- struttura retorica può vv. 9-10, epifania del sole (questa volta esplicitamente: La 12: epifania delle nuvole (esplicitamente: "nubi"). dunque essere rappresentata i generale, cosmica, bensì privata: piìi modo: nel seguente EPIFANIA DEL SOLE EPIFANIA DELLE NUBI 1 \ I 1^ 5-6 : I I I PIANO DELLA STORIA Il distico Quaderno recupera motivo della Uomo vs Dio: "L'educazione intellettuale": lotta fra luce e oscurità; ste" vs "terrestre" rende quello 1 PIANO DEL PRIVATO conferma l'equazione: l'ossimoro "sole abbuiarsi" (ripreso nel di quattro anni, il 11-12 9-10 = binomio Storia vs Individuo il cfr. "un luminoso buio") l'opposizione (in rima) "cele(oltre che, ovviamente, "L'angelo nero": "non celestiale né umano"): ! 1 . . . terrestre / sole abbuiarsi, se è così I Entrambi i il celeste. 1 motivi, il tema della sfiducia nella storia e nell'individuo, e l'immagine del sole offuscato dalle tenebre, sono za nella poesia di Montale. La dicotomia che sul fra Vediamo di dimensione pubblica piano ritmico, su quello di fondamentale importan- esaminarli più e in dettaglio. dimensione privata sintattico. Nelle è sancita, oltre prime due quartine l'uso di forme verbali non personali ("lusingar," "splendere," "baciar," "accendere," "alzarsi," "intorbidate," "fuggendo," "celare") crea un effetto di indetermina- 275 Montale traduttore dì Shakespeare tezza e di universalità, accresciuto dalla equivocità grammaticale della secon- da non strofe, in cui è immediatamente chiaro se "fronte," "mondo," "astro," "viso" e "onta" siano soggetti o complementi oggetto. effetti opposti, vv. i 9-12 sono Al contrario, con e caratterizzati dalla frequenza dei possessivi e dei sostituti personali ("io," "mio," "suo," "ahi/?iè," "restan*/," "cui," "v'im- La ricorrenza piglia"). suono del che nella terza quartina spetta Quanto al dunque che Non 2.4. ci e ricorrenti forse a torto 1 Satura, molto è stato scritto: in c'è dubbio che l'aurora rappresenti dcWimagery montaliana. si preminenza di due momenti la sera," in al già fatto non di trapasso confondono, si uno dei temi più caratteristi- Gli esempi sarebbero numerosissimi: una volta individuata nel crepuscolo è privilegiata, posti né separati; essi era posizione rinviare. pica delle Occasioni e della Bufera, la sera dell'alba. la prima persona. in significato e al valore della storia e dell'esperienza privata in Montale, motivi dominanti resta conferma /io/ soggetto al (cfr. l'ora to- Avalle 83-84) a dispetto non possono invece essere né contrapsi identificano ("un mattino / più lungo "Barche sulla Marna"), e insieme costituiscono un'ampia zona temperata, di superfici lucide e appannate, di contorni imprecisi, che pone agli eccessi del confini temporali, buio da lampi e in giorno e della notte, e che venendo spesso il si allarga oltre si op- consueti i bagliore solare attenuato dalle nebbie, il Proprio a questi fattori di moderazione è assegnato stelle. genere un valore positivo, legandoli a immagini "alte," poetiche: "Una / poi sui colli, invisibile, e li bruca" ("Bassa mandria lunare sopraggiunge marea"); "l'orizzonte di rame aquiloni al D'alti Eldoradi / "un'alba che domani per cio, ai greti arsi del un inizio, di sud strisce di luce si (Nuvole protendono reami in viaggio, chiari / "La primavera tutti / si riaffacci, . . E neppure la un non-falso, come hitleriana," senza fraintenderla: bianca ma senz'ali / di raccapric- una di rinascita; è essa stessa il punto parlerei di "fiducia resistenziale" (Carpi 111), perché il il bene è solo un non-male, il non vero crepuscolo è un non-giorno e una non-notte. La solarità degli Ossi è perduta ormai, e l'astro diurno è al massimo un povero, debole sole (ricorda quello di Sergio Corazzini), "freddoloso" ("Ti libero dai ghiaccioli"), "senza caldo" ("La rana . . ."), fronte la "grigio" ("Proda di Versilia"), primo già annotta" ("Personae separatae"); notturno, "cieco" ("La primavera hitlesole strano pendant uno facilmente sconfitto: "al giorno quale fa di arrivo. sua fugacità, sono l'unica meta cui l'uomo può c'è nessuna sicurezza, nessuna certezza: al come / di lassù! L'aurora non annuncia niente, non è metafora ." una nascita o La sua contraddittorietà, aspirare. / malchiuse porte!)" ("Corno inglese"). Si ricordi la conclusione di di dove / rimbomba cielo che / A un incerto mattino, o al ripiombare della notte, è — ma forse neppure questa scelta ci è data — queir"alba riana"), "nero" ("Iride"). allora unica alternativa infinita e senza strade, / dov'è Su un piano strettamente la lunga attesa" ("Barche sulla Marna"). retorico, l'immagine del sole nascente è com- Francesco Erspamer 276 ai fini dell'istituzione e plementare, dei significati il due immagini non sono le delle nuvole. come pars destruens. Di nuovo, e fatto. A / vapori sono i un soffio scoiattolo"), "all'alba ancora umane / primo chiaro, quando"); "poca . in- se tu a intrecvita tra sbatter crepuscolo: "È gior- fumo trasalisce" ("Perché tardi? Nel pino fumo delle mine s'inteneriva, / saliva lento pigro il . infatti attributi essenziali del . / il Come pendici a piombo" ("Punta del Mesco"), ecc. lo le del resto era già stato in dei riconosciuti "padri metafisici" di Montale, Baudelaire: "Les maisons uno ça seconda non può essere la e luce" ("Sotto la pioggia"). Le nubi no al livello prima non spetta loro funzione è piuttosto quella la vivibile: "al chiaro e al buio, soste ciarle col tuo refe insisti" ("Al d'ombra anche conservare una mediocritas non certo aurea di mescolarsi, a realizzare e a ma almeno Ma antitetiche: se alla ruolo di pars construens del componimento, terpretata una complessa della chiarificazione di umana, a quella allegoria della conoscenza et là commençaient à fumer," ("Le crépuscule du matin"). Il "Un mer de brouillards baipuait les édifices" loro valore positivo è riscontrabile lungo tutto l'arco della poesia montaliana, fin dal 1923 e dalla "nuvola grandiosa" di "Ora dei Sarcofaghi, sia il tuo passo." tificazione della foschia mattutina con uno In Finisterre c'è addirittura l'idenla donna amata: "e irrequieta la tua ."); nasconde" ("La frangia dei capelli fronte / si immaginaria": '"Intervista nell confermato esplicitamente metaforico processo "Ho proiettato la Selvaggia o la Mandetta o la Delia dei Mottetti sullo sfondo confonde con di una guerra cosmica affidato a cora in ma la Satura . chiave e terrestre, . la . . {Sulla poesia 568). non dissipare / la nebbia che ti aureola" ("L'angelo nero"); lopos va cercata parecchio a monte, grandi elegie riassuntive di Ossi di seppia, "Fine dell'infanzia": Un'alba dovè sorgere che un rigo di luce su la soglia forbita ci annunziava come un'acqua; corremmo e noi certo ad aprire la porta stridula sulla ghiaia dei giardino. L'inganno ci fu palese. Pesanti nubi sul torbato mare bolliva in faccia, tosto apparvero. che ci Era in aria l'attesa un procelloso evento. Strania anch'essa la plaga dell'infanzia che esplora un segnato cortile come un mondo! Giungeva anche per noi La An- nebbia è un elemento caratteristico del "visiting angel": "o di lettura del di . senza scopo e senza ragione, e mi sono donna o nube, angelo o procellaria" lei, angelo nero l'alba, la l'ora che indaga. fanciullezza era morta in un giro a tondo. in una delle Moniale traduttore dt Shakespeare 277 L'ora delle nubi, dell'alba che dovè sorgere, è "l'ora che indaga," in "Falsetto": "Esterina, poco a poco in sé ti i vent'anni ti minacciano, grigiorosea nube / 2.5. Alla luce di questo scavo "archeologico" il sole nel "Sonetto XXXIIl" finalmente fallaci illusioni dell'infanzia e dell'ignoranza. ripercuotono, modificandone si fumi che of- le nubi e si rivelano una allegoria dell'esperienza, della maturità, che smaschera suo malgrado che che a chiude."* fuscano questi, come / i le fascinose ma pienamente montaliani, Esiti senso, sui motivi ereditati dal il l'alchimia, per esempio, diventa semplice traslato della fin- testo inglese: zione, dell'inganno (lusinga, spaccia per oro ciò che è "pallido"). E ultime strofe non non c'è ma fallimento, si verifica lo sgretolamento del linguaggio, perché lucida e necessaria conquista di un'amara verità. Che funzione Più da vicino. è rilevabile sul Shakespeare faceva soggetto "the region cloud": perché nascondono, non mentono, un rapimento, sì, oggetto "rapito." Più sopra soggetto "fumi" Sembra che ma al ma un il ma E contrario svelano. rapimento anche, con costrutto assoluto, "fronte." i l'ufficio dei meno termini "fumi" nobili: impiglia, Infatti al ("vili" in semplice apparire natura: la le di chi Io "vette," dunque E ma può essere di "astro," inol- 'pusillanimi,' il sole si vittoriosi non 'spre- oscura da sé, possa (s)mascherare. le illusioni "verdi prati," i di cui quanto troppo facilmente mi sembra senza dubbio, rappresenta sole, il Prima chimera, lo stesso "fuggendo," "celare," "onta." gevoli' o 'abietti') sia solo quello di incutere timore: si con "s'im- complice un "intorbidata" su un avversario inadeguato, troppo fragile; o sostituirlo di cui si fa di cui sue nuvole non le duro "ugly ('turpe') rack" ('cumulo-nembo,' di tortura') si dissolve in che sono predicati tre, piano della Ecco Montale dimenticare queir"hath masked" sintassi e del lessico. anche 'strumento comun- salvifica sia quella delle nubi, e che que queste non siano connotate negativamente, piglia": nelle i dell'uomo. "pallidi rivi," cioè "sole (= paradiso) terrestre"; immagini idilliche, da "poeti laureati." il Fanno presto luogo a quel dolorosissimo, spezzato (anche graficamente, nei due versi) "desolato za che E sviluppi. mondo." Seconda chimera, la vita, è a Lui (e gli attributi, il sogno della giovinez- quel "far del giorno" che pare promettere luminosi invece "un'ora sola" è tutto ciò che illusione di Dio: alludono / crede eterna: si non a un ci spetta. re terreno, come in Infine, la grande Shakespeare) che necessariamente antropomorfi ("la nostra debole mente non può fare a meno di raffigurarselo come Persona" scriverà Montale stesso in Auto da fé 350), disseminati nelle prime due quartine. E Lui r"occhio" che splende "sovranamente" nel mattino, tradizione figurativa; e Lui ro / il pensiero di Dio discendeva celesti" di "Tempi di effigie sole "celeste" / Bellosguardo" ... III). tra mutuata da una ben (si ricordi suoni Una / attestata "Nella serra": "l'oscu- celesti"; e le "tessitrici illusione, appunto: denunciata già a livello testuale dall'uso di "astro," cioè di un termine ormai fortemente connotato nel senso di una pseudo-scienza della divinazione, l'astrologia; e Francesco Erspamer 278 soprattutto dal fatto che a essere definite "divine" siano le "alchimie" (na- turalmente l'aggettivo non può non rimandare, nella doppia direzione delle "Spesso fonti e degli esiti, alla "divina Indifferenza" degli Ossi, vivere ho incontrato," e alla "divina inesistenza" del anni, "Domande senza pure mantengono un certo valore positivo. si dichiarano fatue; e che miraggi, I le utopie, persino le comunque dei "significati," sono le vive l'uomo. "Quando dico che probabilmente il mi guardo bene esiste di esse sono inutili: briciole di speranza di cui mondo non male di quattro risposta"). Tutte parvenze, dunque, che all'apparir del vero menzogne, non sono il Quaderno dal pretendere che questa inesistenza sia priva di un significato positivo: ha certo un significato il fatto che il mondo, per noi, esista" (Intervista 27). Dei 3.1. rilievo; (Cit = tre, "Sonetto XXII" è l'unico che presenti varianti il ne propongo pertanto Uo = Uomo Città 1944; 1945): Allo specchio, ancor giovane mi credo che Giovinezza e Ma te siete una cosa. se una ruga sul tuo volto io veda me saprò che anche per Quella beltà che morte non posa. ravvolge è ancora ti parvenza del mio cuore che nel tuo alberga — e il Poni in serbo mio — tuo nel decidere chi è vecchio il il ; e come allora due? di noi tuo cuore, ed io lo stesso farò di me: del tuo così zelante come la fida nutrice in veglia presso morbo stia distante. mio cuore, invano il tuo riprendere chi l'ha avuto non lo rende. cuna, che ogni Spento il vorresti: 1-2] Allo specchio, guardandomi, mi credo giovane perché tu 4] saprò sei che anche Giovinezza. (Cit Uo) miei giorni morte spezza. (Cit) i 12] la culla, che ogni My morbo glass shall not persuade (Uo) stia distante. me I am old, so long as youth and thou arc of one date; when but in thee then look For is all that my I I doth my heart, live, as thine in me; then be elder than thou art? therefore, love, be of thyself so I, behold, days should expiate. beauty that doth cover thee in thy breast how can as time's furrows but the seemly raiment of which O death I di un certo principali di seguito alla redazione definitiva le wary not for myself, but for thee will; bearing thy heart, which I will keep so chary Montale I radulto re H Shakespeare as tender nurse hcr babc from faring ill. Presume not on thy heart when mine me thou gav'st poeta, della slain; is back again. thine, not to give Sulla tematica del testo shakespeariano tolosamente: 279 può questa volta sorvolare si fret- motivi dello specchio rivelatore e della donna specchio del i mano del tempo che traccia le rughe e del trasferimento del cuore dell'amante nel petto della persona amata, sono frequenti non solo Shakespeare (cfr. 19, 77, sonetti 2, 3, i Da un punto petrarchismo europeo. di ma 103), in in tutta la tradizione del vista retorico, il sonnci è fra i più efficaci del canzoniere. La divaricazione dell'interpretazione montaliana 3.2. le appare ancora accresciuta. la misura. Un Diversa è anzitutto l'età del protagonista; o meglio, diversa "qualità" delle informazioni che sull'età del protagonista Quello inglese mette che discordanza in risalto la l'immagine, veritiera, riflette rispetto all'origina- confronto dei due incipit ce ne dà subito fra un vecchio, di danno i due è la testi. responso dello specchio, il e ci il convincimento del per- sonaggio che dice "io," che non se ne lascia persuadere. Nella traduzione, al contrario, lo specchio è un semplice strumento, che fornisce dati da interpretare: i ragguagli non sono pertanto sono nella loro totalità giovane mi credo''). diretti, riferibili a una realtà obiettiva, ma mediati dall'opinabile giudizio del narratore ("ancor Nel prosieguo delle quartine queste differenze avran- no significative conseguenze. Shakespeare In la descrizione del destinatario intemo (o narratario), del "thou" insomma, conferma le indicazioni dello specchio, e questa volta il narratore si convince ("but when in thee time's furrows I behold, con parametri / . ."): . la morale pure obiettivi, ma In Montale, invece, sulle persone care. si then inerti, sia il è che il tempo non misura lo si dalle tracce che lascia sulle cose e "volto" dell'amata, in cui il poeta osserva, restituisce una sembianza diversa da quella resa dallo specchio: e la conclusione è che tutto è ambiguità, La ragione tempo non il esiste, che neppure la realtà esiste, che mutevolezza e incertezza. di tale divaricazione si rivela peraltro assai più profonda dell'in- tenzione di eliminare "tutte le immagini, così rapide e varie in inglese, che sembrano attribuire a dei concetti, o a dei meri oggetti, stati e umani"; né una fantasia tali comportamenti immagini possono venire considerate "un po' incongrue per italiana" (Meoli Toulmin 459-60). Si ricordi almeno la personifidi "Dora Markus" li (1939), nell'occasione cazione dello "specchio annerito" dotato di orecchie, oltre che di occhi e memoria: "[La sera] dice chio annerito che ti testo shakespeariano vide si / diversa una storia di errori." può piuttosto Il / allo spec- "tradimento" del giustificare, a livello formale, con il gusto per una bimembrazionc più marcata, costruita sulla coppia (isotopa anche grammaticalmente) "specchio"-"volto"; ma più importante è che, alla base, c'era un diverso significato da esprimere. 3.3. Passando all'esame del lessico, si è di primo acchito portati a soste- Francesco Erspamer 280 nere che i vocaboli siano soprattutto di retaggio aulico, e che questa scelta intenzionalmente operata per creare un alone di antichità, sia numerosi termini sono obsoleti e effetti di classicità. In "che," "posa" (nel senso di letterari: 'riposa'), "beltà," "parvenza," "alberga," "fida," "nutrice," "cuna," almeno un caso e in "morbo"; calco ritmico e sintattico di un verso dantesco è evi- il dente: "che Giovinezza e te siete una cosa" deriva dalla Vita nuova, e ge "Amore cor gentil sono una cosa" (20.3). Tuttavia non direi che questo repecha- '1 mantenere una "fedeltà linguistica sia dettato dal desiderio di shakespeariani, contesto culturale in cui al d'esemplarità nella storia letteraria inglese" (Musatti 129-30). notato che verso la grande poesia trecentesca quegli anni, per sua stessa ammissione: le di rappresentano 568). la mia esperienza, diciamo primo Montale; dal adoperare il li sottende, è proprio "Le poesie Monta- il di Finisterre . . . poesia così, petrarchesca" (Sulla "I sonetti shakespeariani, lo non sarebbero stati Montale petrarchesco il Piuttosto va era indirizzato si Scriveva giustamente Piero Bigongiari: splendido romanzo che ai sonetti situano, e al loro carattere si immaginabili tradotti di Finisterre che può linguaggio lucido e psicologico, di resa sentimentale diretta, di questo Shakespeare" (238). In effetti, ben prima che dantesco o petrarchesco (o leopardiano), sico di questo sonetto è, ovviamente, montaliano. prima redazione; di Città) e la forma la ranei versi di 'cunetta.' "Tempi che di il les- l'infelice variante in "culla" suggestione di Leopardi e della chiusa del "Canto notturno" ("dentro covile o cuna, è peraltro da segnalare dopo fu ripristinata inevitabilmente pesa il Se su "cuna" (già nella lemma / è funesto a chi nasce è presente il dì natale"), anche nei quasi contempo- Bellosguardo," anche se nella diversa accezione di "Ruga," parola descrittiva con cui viene resa ra "time's furrows," oltre a recuperare l'antica fonte di ("in speculo rugas adspexit," Met. 15.232), rammenta l'artificiosa metafo- Shakespeare, Ovidio all'attento lettore uno degli attributi della solita annunciatrice-risvegliatrice della Bufera: "biondo cinerei i capelli / sulla ruga che tenera / ha abbandonato il / cielo" ("Il tuo volo"). Poco da aggiungere sullo "specchio," elemento archetipico, ricorrente nella poesia moderna e segnatamente alla in Montale (cfr. Avalle 21-33). La rinuncia desueta forma "spera" (usata per esempio negli "Orecchini"), rinuncia che ulteriormente indebolisce finalizzata alla creazione di riano, è essenzialmente l'ipotesi che l'immissione un linguaggio dovuta alla di arcaismi fosse atto a rendere lo stile assonanza di shakespea- "specchio" con "vecchio." Così, pur avendo sostituito "old" con "giovane," l'incubo della senescenza ritorna fin nel primo verso, inquinando la giovinezza ("ruit hora," un altro grande tema montaliano) e confermando l'ambiguità quanto a "beltà," il suo uso in luogo di di ogni cosa umana. In "bellezza" è probabilmente dovuto a ragioni di ordine ritmico (la sua maggiore concisione) e soprattutto fonetico (l'opportunità di evitare già in "Giovinezza"). la replica della sgradevole terminazione in "-ezza," Montale traduttore dì Shakespeare 28 Di sapore indiscutibilmente montaiiano è l'immagine della "fida nutrice," da aggiungere airclcnco delie devote serve Che e dei cani fedeli. qui la tematica del ricordo irrompa nel testo e stravolga l'originario significato del sonnet shakespeariano appare evidente: nella "cuna" non viene mostrato alcun bimbo; del "babe" che È c'è traccia. in la "tender nurse" due versi semanticamente affanna a conservare si 12 inglese che l'intera similitudine del v. si in salute L'impres- sintatticamente incompiuti. isolati e non sfalda, diluendosi sione è piuttosto quella dc\ flash-hack, della improvvisa digressione (o anche regressione) verso La i provocata da una madeleine, da un keepsake. pa.ssato, il morbo frase conclusiva del v. 12, "che ogni va attribuita che alla bàlia, Assai congruo alla la stia distante," ripeteva sulla culla del bimbo-poeta. poesia di Montale (ed è stato soverchie variazioni, se eccettua si ha più che altro invocazione scaramantica: e diegeticamente caratteri dello scongiuro, della la scomparsa infatti conservato senza di "breast") è poi comples- il so gioco di scambi e sovrapposizioni fra narratore e narratario, di evidente "del eredità petrarchista: me: io," "di mie" ("Ecco "tra me del tuo," il "il mio ... nel mio ... il tuo," "il tuo nel mio," "sul tuo . . . Si ricordino infatti "tuo nelle tuo." segno; s'innerva"), "del tuo ... e del mio" ("Incantesimo"), e te" ("Il fiore che ripete"), "fra crepuscolo"), formule che me" te e "con e ulteriormente si infittiscono in me tu" ("Due nel Xenia e nelle ultime raccolte. Evidente nel "Sonetto XXII" è poi la polarizzazione del rapporto "io"-"tu" pronome (in inglese indebolito dalla presenza di un di terza persona "her"), amplificata dall'ossessiva iterazione: Allo specchio, ancor glOvane TE che Giovinezza e Ma se una ruga TUO sul saprò che anche per MI credo sieTE una cosa. ME volto IO veda morTE non posa. Quella beltà che TI ravvolge è ancora parvenza del MIO alberga -e TUO il decidere chi è Poni in farò di coME la serbo ME: il del nel MIO-; vecchio il TUO cuore che nel TUO TUO di e coME allora NOI due? cuore, ed IO lo sTEsso così zelanTE fida nutrice in veglia presso cuna, che ogni Spento il MIO morbo sTIa dislanTE. invaNO IL TUO cuore, riprendere vorresTI: chi l'ha avuto non lo rende. È soprattutto chio," terale, di significativo ritrovare r"io" nascosto nelle pieghe dello "spec- "giovane" e di "Giovinezza"; e il "tu" in che conduceva all'equazione "Giovinezza" risulta rovesciato. più riposto del E "morTE." Il "te" = "morte senso " se da un lato questo fatto contribuisce a rivelare componimento, cose e nelle parole. : dall'altro conferma la : il let- "me," senso sfiducia montaliana nelle Francesco Erspamer 282 3.4. personificato, comporta, e fetta suW incipit ribaltamento sintattico operato da Montale Il riano, per cui autore dello sguardo diventa simmetria una per- fatto è assai rilevante, l'istituzione di il prima e fra la shakespea- poeta, e non più lo specchio il la seconda metà della quartina (fra cui versi, i insolitamente, non sussistono enjambements): LUOGO: "Allo specchio" vs "sul tuo volto"; TEMPO: "ancor" (=presente, come eredità del passato) vs "se" (=futuro ipotetico); IMPRESSIONE VISIVA: "giovane mi credo" vs "una ruga ... io veda"; DEDUZIONE RAZIONALE: "che Giovinezza e te siete una cosa" vs "saprò che anche per me morte non posa." La prima semanticamente serie è costituita da elementi "ancor" positivi: (=continuazione), "giovane," "Giovinezza," "siete una cosa" (=afferm azione di esistenza); l'altra da elementi negativi: "se" (=dubbio), "ruga" (=invecchia- mento, perdita della bellezza), "morte," "non posa" (=negazione del riposo). Evidentemente lo "specchio" fornisce un'immagine della realtà più piacevoQuest'ultima, lungi dall'essere "volto" dell'amata. le di quella rivelata dal presenza confortante e salvifica, sembra essere pertanto messaggera, se non L'impressione pare confermata nel portatrice, di corruzione e di morte. stico finale: all'analisi come il grammaticale, come predicato di sostitutivo della proposizione riflessiva 'Essendosi spento'; tura, soprattutto se non ha si in mente ma cuore" complemento oggetto. In questo caso il seguente: 'Dopo aver spento che annunciatore senescenza, di il "tu" si mio "il significato del couplet sareb- mio cuore, invano il il alla let- testo inglese, esso appare piuttosto il predicato del "tu" (soggetto sottinteso della frase successiva), con be di- può venire riconosciuto, "mio cuore" (soggetto), e dunque participio perfetto assoluto "Spento" tu vorresti. rivela responsabile della . . .' Oltre morte (sia pure figurata) del poeta. Ancora una del "Sonetto si del "tu" un valore negativo. attraente, ma "è ancora / Come volta, però, occorre cautela. XXXIII," non L'immagine che purtroppo è falsa, illusoria. Il si se stesso, è r"io" che cerca di "ancor ... mi credo," sa: passato che sopravvive oltre non guardare, che una bellezza ormai e di il di attribuire all'azione osserva allo specchio è certo poeta lo parvenza." "Ancor," "ancora": è una giovinezza già verificato nell'analisi deve commettere l'errore sfiorite. si II aggrappa dai Mottetti, è allora portatore di verità: la ruga sul volto ta, ma vista ("io veda"), l'inevitabilità della È un conosciuta ("saprò"). amara testimonianza illusioni e di in mente i spunta / commento non fin è solo credu- morte non è solo postulata, ma abbandonare l'età dei in faccia l'aspra tragedia dello stato sogni e delle umano. Ritornano versi del "Balcone," quell '"imperativo" che apre le Occasioni: "Pareva facile giuoco si ricordo di altro sonetto "dell'esperienza," questo, un'altra della necessità di guardare al come sempre "tu," l'ansia . . / ."; mutare "La in nulla vita . . . . / . ."; "Ora è quella di Predi Chiappelli: "Passato e futuro . . . / che sola sull'arduo nulla tu scorgi." E il non hanno più equipaggio. Moniale traduttore dì Shakespeare la loro materia cessa, si 283 estingue nel composto del presente in eletti residui incapaci di attuare un'animazione. La figura complessiva è nella percezione di un invanire del vigor Torniamo due?," la al dell'età, del fiaccarsi dell'applicazione vitale" (107). "Sonetto XXll." La domanda del presenza di v. 8, "chi è il vecchio di noi quel solitario "noi," sanzionano l'avvenuto contatto con l'esperienza, la maturazione. La sentenza conclusiva, "chi l'ha avuto non lo rende," indica l'impossibilità averlo accettato. giuro contro la di rifiutare malattia, sono in 4. ma dono, e di tornare indietro dopo questa prospettiva un recupero del passato, un passato remoto (quasi un cerchio che presente, il L'apparizione della "fida nutrice" e della "cuna," lo scon- si chiude), non più confuso con il accettato quale prodotto dell'azione ristoratrice della memoria. Nei due sonetti esaminati in quattro serie gli elementi connotatori tendono a disporsi (corrispondenti ad altrettante isotopie semantiche), le quali a loro volta possono essere organizzate, mediante un legame di opposizione, in coppie: Francesco Erspamer 284 tazione delle cose; neppure la "tollerabilità del vivere" è a un minimum. speranza un riconoscimento. Veramente di fatto è Il Montale scattò visibilmente intorno rienza, che in che momento il 1936, quando al mezzo del cammin di sua vita, è anche il momento in o comunque si rafforza, V horror vacui. La poesia della Bufera e entrò nel sonetti (e in prospettiva bisogno di contrastare, la produzione del Montale anziano) nasce ma prima di tutto di accettare, dell'angoscia che stringe la cultura occidentale o al il poeta il cui inizia, dei nostri di qui: dal niente che è al fondo Greco 172-73). Contro Montale non potè, o piuttosto non terrore della morte. il alla fede (cfr. la dell'espe- volle, aggrapparsi desiderio di una vita ultraterrena, e neppure ricorrere a un'ancor più problematica fiducia nelle magnifiche sorti e progressive. Unico rimedio a\V impasse fu per una lucida, personale (ancorché esemplare) "forza lui allora segreta di stoico" (Scrivano 305). Strumenti gnoseologici, e non consolazione. Montale ha cercato e trovato nell'opera dei suoi "padri metafisici," nella fattispecie in dobbiamo noi cercare stesso morte sono ra, e trovare nella sua lirica. sua indagine; gli oggetti della sono temi di fascismo, il ma ca sono i la guerra, il dopoguer- verità. Non casuali autentico segnale dell'inizio di una nuova (e definitiva) fase poeti- due versi posti epigrafe all'ultima sezione delle Occasioni, in da un componimento {Sonnets 5) in cui genitori di sopravvivere nei ma il Lo e soprattutto la importanza assolutamente secondaria, semplice sfondo a una coraggiosa e faticosa (ma forse anche inevitabile) scelta di allora, Shakespeare. L'amore momento figli, Shakespeare celebra che tratti la possibilità dei componimento costituiscono di quel più negativo, l'amara metafora della decadenza e della fine: Sap check'd with frost, and lusty leaves quite gone, Beauty o'ersnow'd and bareness every where. University of Toronto NOTES 1 Dei numerosi saggi su Montale traduttore — oltre a quelli specificamente mia analisi, e dunque compresi gheroni, "Dickinson/Montale: e Cesare Segre (Milano: e i nella bibliografia — sono citati nel passo sull'erba," Eugenio Montale, a cura il Rizzoli, 1977) corso della da ricordare almeno: Marisa Buidi Annalisa Cima 91-114; e Pier Vincenzo Mengaldo, "La panchina morti (su una versione di Montale)," La tradizione del Novecento: nuova serie. Firenze: Vallecchi, 1987. 215-34. Mentre questo saggio e in bozze, escono Quaderno montaliano, il a cura di Pier Vincenzo Mengaldo (Padova: Liviana, 1989), nel quale a Montale traduttore (di Yeats) sono dedicati tre interventi; e e la poesia anglosassone (Bologna: 2 Cfr. la le "Nota dei curatori" in lar\e. Montale Da questa edizione cito tutte versioni dei Sonnets (queste ultime sono a pp. 711-13). le I shakespeariani sono invece quelli che appaiono, a fronte delle rispettive traduzioni, nel Quaderno di traduzioni (Milano: Mondadori, 1975) 16-18. 3 Qui da pronunciare /a;lki'mai/ per 4 Laura Barile, Adorale mie bel libro di Mulino, 1990). Montale, L'opera in versi 829-40. poesie montaliane, comprese testi il Il Cfr. Giorgio Barberi Squarotti, effetto della rima obbligata col precedente "eye." "La Montaliane 281-96, e Scrivano. storia," Letture 5 Ed è un caso che nell'ultimo Montale, con diverso immagine, riferita a all'esistente un altro dei come un'aureola I significato, ricompaia però grandissimi temi del nostro poeta, di nebbia al capo . . ." la la medesima memoria? "Si aggiunge ("La memoria"). Montale 6 E vedi anche la ma stemprano allora quando snello meglio e non lasciano segno A Bonora, per in / codesto concluso / mondo quale proprio / anche Il mare" non costituisce un convincente sistema al i carovane nell'aria, meno la / opera (/. / Vanno in riserva di Ettore fascino poetico, per il paragone con "Corno inglese" o con "Casa di giudizio: perche lì seconda parte sidiaria, qui costituisce la struttura significante di tutta la fra le in alto svaria. nostre giornate" le quei versi "l'idea delle nuvole ha in prevaricare del pensiero sulla fantasia" (129). sul trapassano / fugace zampillo il proposito di "Fine dell'infanzia," non mi pare convincente il non passare delle nubi ò ancora un'immagine che rimanda esplicitamente il tempo: "Ancora nell'ingannevole anello allo scorrere del e versi 882). 285 terza strofe, poi soppressa, delle prime edizioni di "Vasca"; in cui l'ora è quella dell'alba, vi si Shakespeare iradtiltorc di l'immagine era susun componimento di più lunghi dell'intera produzione montaliana. Ciò che in "Fine dell'infanzia" importava poeta era istituire una precisa corrispondenza tempo (analogamente fra quanto avrebbe anni dopo a fiumi, in una delle grandi poesie di Satura, metaforizzazione avrebbe passare delle nuvole e lo scorrere del il avvicinando fatto "L'Arno a al tempo l'acqua dei Un secondo grado Rovezzano"). di finito col risultare inutile e forse faticoso. BIBLIOGRAFIA Avalle, D'Arco Silvio. Tre saggi su Montale. Torino: Einaudi, 1970. Barberi Squarotti, Giorgio. "La metrica e altro." Gli inferi e da Pascoli a Montale. labirinto: il Bologna: Cappelli, 1974. 195-209. Benjamin, Walter. Angelus Novus: saggi e frammenti. Trad. ital. di Renato Solmi. Torino: Einaudi, 1962. Bigongiari, Piero. "Altri dati per la storia di Montale." Poesia italiana del Novecento. Firenze: Vallecchi, 1965. 226-^1. Bonora, Ettore. Lettura di Montale. dopo Carpi, Umberto. Montale il 1: Ossi di seppia. Torino: Tinenia, 1980. fascismo dalla Bufera a Satura. Padova: Liviana, 1971. 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