saluti da teriasca - Provincia di Genova

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saluti da teriasca - Provincia di Genova
Premio FIABA PIÙ TENERA
SALUTI DA TERIASCA
di Maria CHIESA
Lasciate che mi presenti: mi chiamo Querida e sono un cane… non per modo di dire, proprio un cane in carne, ossa e
peli. Anzi, una cagnolina… I miei padroni mi definiscono Dalmata, credo voglia dire che sono bianca a macchie nere. Gli
umani danno sempre un nome a tutto, è una loro fissazione.
Quando è nata la loro seconda figlia l’hanno chiamata Anna; di punto in bianco mi sono ritrovata con due bambine da
badare tutto il santo giorno: Anna e Chiara, la sorellina più grande, di appena cinque anni.
Per fortuna fare la babysitter non mi è mai pesato. Adoro i piccoli, non ci posso fare niente, è più forte di me.
Forse dipende dal fatto che il padrone del negozio di animali vendette la mia cucciolata – Jolly e Jenny, due femminucce
– molto prima di vendere me, quando loro erano tanto minuscole da stare nel palmo di una mano…
Oh, le diede a una buona famiglia per farle vivere in campagna, dove si sta molto meglio che in città... Ma fu un duro
colpo.
Persi il pelo e l’appetito e li ritrovai solo quando un’altra buona famiglia mi prese con sé.
“Questo cane parla con gli occhi!” dissero. Ed era vero, chiedevo aiuto.
Mi portarono a vivere in un posto molto bello, affacciato su un mare azzurro e trasparente; pur non sapendo nulla del
mio dispiacere quegli umani mi vollero subito bene e io gliene fui tanto riconoscente che non so dirvi quanto…
Decisi perciò che avrei fatto da mamma guardiana ad ogni bambino nato nella casa dei miei benefattori. Volere bene
agli altri, tenetevelo a mente, ci aiuta a scordare i nostri dispiaceri: per questo ho custodito Chiara con allegria, giocando
con lei fin da quando camminavamo insieme a quattro zampe.
L’ho salvata tante volte che quasi non riesco a contarle. Io abbaiavo e papà e mamma correvano… Correva anche
nonna Marcella, la nonna più affettuosa e furba che mi sia capitato di incontrare. Quando sarò vecchia spero di
diventare come lei: nonna Querida, per la gioia dei nipoti.
Dopo quello che ho fatto merito una ricompensa, non credete?
Ah, già, voi non conoscete la storia…
Saputa la notizia dell’arrivo di una sorellina, Chiara non stava più nella pelle.
Gli umani non hanno una coda da sventolare ma si vede benissimo quando sono eccitati per la troppa felicità: lei, ad
esempio, faceva cose mai fatte…
Metteva le mani come un megafono davanti alla bocca per farsi sentire da Anna – che allora abitava in una cuccia
dentro mamma Barbara – e le parlava, facendole domande mica male… “Hai fameee?” le gridava, oppure “Stai
strettaaa?”. Poi appoggiava l’orecchio sulla pancia per ascoltare la risposta di Anna. Secondo me non sentiva niente e ci
restava di stucco.
Questa Anna cominciava a farsi troppo attendere e Chiara si stava facendo sempre più curiosa…
In fondo le avevano garantito che la nuova sorella sarebbe stata tutta sua, ma quella non arrivava mai; il papà, la
mamma e gli amici parlottavano sottovoce di lei per non creare gelosie. Inutilmente, però. A mamma Barbara brillavano
gli occhi e la sottoscritta – che è un cane di mondo – se ne accorgeva, come del resto la stessa Chiara.
Quando papà Luca la portò a conoscere Anna appena nata non potei seguirli. I cani non entrano in ospedale, e forse fu
un bene: in quelle due birbanti avrei rivisto Jolly e Jenny, e chissà quanto mi sarei messa ad abbaiare pur di ficcare loro
in testa di non mollarsi mai. L’affetto tra sorelle assomiglia molto al bene della mamma. Ma io non c’ero quel giorno… Se
ci fossi stata sento che mi sarei commossa e avrei fatto la pipì in corridoio. Meglio così, dunque.
Finalmente tutti tornarono a casa e potei godermi le bambine.
Quel giorno scodinzolai tanto che non ebbero bisogno di accendere il ventilatore; eravamo in ottobre e faceva ancora
caldo.
Nonna Marcella mi diede l’incarico di guardare le piccole e di avvisare al minimo cambiamento della situazione.
Mi piazzai nella stanza, ai piedi dei loro lettini, mentre la mamma le spogliava e le metteva a letto; cercai anche di
cantare una serenata, col solo risultato di far ridere tutti.
Dormivamo da circa tre ore quando Anna si svegliò e si mise a piangere. Chiara aprì gli occhi con un faccino perplesso
e vide il papà portarsi via la neonata per metterla nel lettone grande; il pianto cessò, come per miracolo.
La faccenda si ripeté ogni notte.
Se non era il pianto, era il rigurgito - la neonata digeriva poco il latte - a calamitare le attenzioni della famiglia.
Chiara cominciò ad andare anche lei nel lettone, a cercare di salire in braccio insieme all'intrusa scalando mamma, papà
e nonna Marcella come se fossero il Monte Bianco.
I grandi avevano un bel dirle di portare pazienza... Dover dividere in due non è come avere la mamma tutta per sé, e via
discorrendo. Eppure lei sentiva di amare tanto sua sorella.
Anna la contraccambiava a modo suo, ridendole con gli occhi, balbettandole suoni strani, lasciandosi fare qualsiasi
cosa.
Come cane da guardia la situazione mi dava pensiero, capite.
Non abbaiai quando vidi Chiara sollevare dal letto la piccolina e portarsela a spasso per casa. Forse feci male, ma non
volevo tradirla. Il tonfo fu più secco di una fucilata: caddero a terra insieme battendo la testa, mamma Barbara venne di
corsa, le sgridò e poi sgridò me.
"Questo cane dorme d'in piedi ...", disse.
Mamma Barbara rimprovera sempre con dolcezza, per questo rimasi ancora più male.
Mi presi la lavata di testa e feci finta di nulla, ma pensai a quante volte avevo distratto la bambina quando tempestava
Annuccia di baci e abbracci tanto forti da staccarle il nasino, o un braccio. Annuccia lo prendeva per un gioco, io un po'
meno ...
Ho sempre saputo, infatti, che in tanta foga sono mescolati amore e gelosia.
Anche i nostri cuccioli fanno così, non solo gli umani... Allora m'inventavo ogni volta qualcosa per distrarla. Una che
dorme d'in piedi, io? Pfui...
Il giorno del cuscino per poco non mi venne un infarto.
C'era una bella calma in casa, le due birbe riposavano, i genitori e la nonna lavoravano, intenti alle loro faccende.
A un certo punto mi si è alzato l'orecchio sinistro.
Quando c'è un pericolo, il mio orecchio sinistro si alza sempre.
Sono strisciata di soppiatto fino alla camera da letto: Anna spuntava da sotto un cuscino e Chiara vicino a lei le parlava
scherzando, come se niente fosse... Annuccia sembrava proprio una sottiletta di formaggio, schiacciata fra due bianchi
strati di pane.
Stavolta non mi sarei fatta sgridare. Nemmeno far sgridare Chiara sarebbe servito. Nessuno doveva essere sgridato.
A qualcuno doveva semplicemente essere spiegato che certi scherzi non si fanno perché sono pericolosi. Allora rubai
Anna. Avete capito bene. La rubai.
Morsicai delicatamente le fasce e la misi nella mia cuccia sulla coperta di lana, col visino scoperto affinché respirasse.
Chiara comprese che volevo rimproverarla, ma non ebbe il tempo di dire una parola perché papà e mamma piombarono
nella stanza.
Quando videro il lettino vuoto si spaventarono tantissimo.
Più io scodinzolavo per dirgli di stare tranquilli e portarli dalla piccolina, meno mi davano retta. Alla fine sentirono la sua
vocina provenire dalla mia cuccia. Non vi racconto cosa dissero di me. Specialmente papà Luca si inquietò tantissimo.
"Non possiamo più tenere Querida - esclamò, allargando le braccia - domani mi informo se qualcuno desidera un cane
Dalmata... Sono disposto a regalarla...". Mi caddero due lacrime dagli occhi tanto grosse e rotonde, che bagnarono il
vestitino di Chiara... Fino a quel momento lei era rimasta zitta e confusa, ma al sentire questi propositi (papà Luca parla
poco, però fai fatti) la bambina sbottò senza prendere fiato, tutta rossa in faccia: "E' colpa mia se Annuccia è nella
cuccia... Non mandare via Chelida - lei non sa dire ancora bene il mio nome: significa amata, il mio nome... - Ti prometto
che non metto più il cuscino addosso a nessuno, papino " e terminò la frase con il sapin. Lì è successo un fatto che
lascio giudicare a voi.
Io stavo tra Chiara e il letto, dove Annuccia era tornata nel frattempo, più vispa che mai. Praticamente ero in mezzo alle
due bambine.
Mi sono sentita improvvisamente il braccio di Chiara attorno al collo a sinistra, e il braccino di Annuccia che mi stringeva
da destra.
Luca e Barbara si sono guardati per un momento, poi sono scoppiati a ridere, ma noi tre no. Noi abbiamo resistito
immobili, come tre belle statuine, finché non sono venuti a scioglierci dall'abbraccio a viva forza.
A nonna Marcella è nata l'idea del premio; già l'ho sempre detto che è una gran donna... Dopo aver rintracciato i padroni
di Jolly e Jenny, mi hanno fatto una sorpresa. Siamo saliti in automobile tutti quanti, per una gita in campagna mi hanno
detto. Arrivati a Teriasca siamo scesi e, bighellonando un po' nel paese, siamo arrivati fino alla bocciofila, quel posto
dove gli umani tirano palle di bronzo vicino a un pallino più piccolo. Vince chi avvicina il grande al piccolo ...
Beh, insomma, devono aver pensato che la stessa legge valesse per i cani, perché a un certo punto mi sono corse
incontro le mie bambine, impazzite dalla contentezza. No, non Chiara e Anna, proprio le mie bambine. Jolly e Jenny.
Due bellissime cagnoline, con molti corteggiatori.
Adesso i miei padroni hanno deciso di lasciarmi in vacanza un po' di tempo qui a Teriasca. Fra un po' diventerò nonna
anch'io... E poi dicono che a casa è tutto tranquillo. Chiara ha preso il mio posto come guardiana di Anna, la sorveglia e
l'aspetta, sognando il momento in cui potranno giocare insieme.
Mentre vi scrivo questa lettera di saluti da Teriasca, la nonna Marcella mi strizza l'occhio.