Assoluzione per il Classico “Non c`è reato, ma ora cambi”

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“Non c’è reato, ma ora cambi”
Assoluzione per il Classico “Non c’è reato, ma
ora cambi”
Processo alla scuola umanistica, vince la difesa: si indaghi su chi non l’ha riformata
Un momento del processo-spettacolo che si è tenuto a Torino sul palcoscenico del Teatro Carignano
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MARIO BAUDINO
15/11/2014
TORINO
L’accusa è implacabile, e quando il pubblico ministero tuona «Quanto tempo
dedicate ai mitocondri?», la sala del Teatro Carignano, zeppa di studenti di
licei classici piemontesi, ha un lieve sussulto. La domanda suona tremenda e
non cerca risposta, dato per scontato che i molto probabilmente trascurati
mitocondri non sono insetti marziani ma importanti organismi cellulari, assurti
a simbolo della trascuratezza riservata alle scienze in quello che è stato lungo
il re dei licei e ora dà segni di crisi, almeno per quanto riguarda le iscrizioni.
Ieri il liceo umanistico è stato comunque assolto - non senza difficoltà - nel
processo che si è celebrato con tutti i crismi; con la corte, l’accusa e la difesa
addobbati di toga e severità sul palcoscenico. Presidente un magistrato vero, il
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procuratore della Repubblica di Torino Armando Spataro, divertito e ironico
nell’imporre e un po’ spiegare la procedura penale, pubblico ministero un
fremente Andrea Ichino, economista dell’European University Institute
(Fiesole). Alla difesa Umberto Eco.
Con tanto avvocato (e considerato anche il fattore ambientale, cioè il pubblico
orgogliosissimo della propria scuola) si sarebbe detto che non c’era partita.
Invece no. Il Classico se l’è cavata da gravi accuse quali l’iniquità sociale, la
frode nei confronti degli studenti (illusi di poter acquisire conoscenza e
possibilità che non avranno) e persino una sorta di plagio, perché favorirebbe
una visione distorta della realtà: ma il presidente ha disposto la «trasmissione
degli atti» alla Procura perché indaghi se non ci siano nuovi reati emersi dal
dibattimento a carico di chi, negando i finanziamenti, non ha permesso alla
scuola di funzionare.
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Data pubblicazione: 15/11/2014
I processi, si sa, non finiscono mai, ma la formula scelta dalla Fondazione per
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la scuola della Compagnia di San Paolo e dal Ministero della Pubblica
istruzione risulta efficace. Esempio virtuoso di giustizia-spettacolo, tiene
avvinta una trepidante platea, e nella discussione fa emergere nodi decisivi
che riguardano il classico sì, ma più in generale i problemi della formazione. I
testimoni illustri aiutano a chiarire il problema: che non è la contrapposizione
fra classico (in calo) e scientifico (preferito dagli studenti) ma il senso globale
dell’istruzione superiore, il dosaggio, il contemperamento delle discipline. Se,
come dice il testimone Luciano Canfora, insigne antichista e storico della
modernità, «la scuola è la trincea della democrazia», meglio sbarazzarla dei
luoghi comuni. L’avvocato Eco commenta che non ha senso parlare di culture
separate ma bisogna difendere la «liceità» in quanto tale.
Non mancano amene frecciate accademiche. Marco Malvaldi, romanziere di
successo e chimico, ricorda che la cultura classica è umanistica e scientifica,
tanto che sulla porta della scuola di Platone c’era scritto «Non entri qui chi
ignora la geometria». E Canfora si complimenta ironicamente, visto che
dell’Accademia non abbiano immagini, salvo quella concepita da Raffaello. Altri
come Stefano Marmi (matematico della Normale di Pisa) invitano a rivolgersi ai
numeri, poco favorevoli agli studenti del Classico.
Alla fine, tocca a Eco, che accetta i numeri ma si chiede maliziosamente quanti
umanisti ci siano oggi nel mondo delle start up, lasciando capire che ce ne
sono parecchi. La conclusione è che sarebbe necessario un nuovo liceo
umanistico-scientifico «dove insegnare non solo il teorema di Pitagora ma
anche la teoria sempre pitagorica sulle sfere, e il suo terrore dell’infinito».
Sono già trascorse quattro ore, forse più. La corte si ritira per deliberare, fra
gli applausi (anche dei mitocondri).
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