Pensione sempre più lontana … i Lavoratori Autonomi Andamenti di
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Pensione sempre più lontana … i Lavoratori Autonomi Andamenti di
Pensione sempre più lontana … i Lavoratori Autonomi Andamenti di carriera e calcolo pensionistico nel lavoro autonomo Quando si parla di previdenza del lavoro autonomo il riferimento normativo ancor oggi più significativo è l’introduzione del sistema di calcolo contributivo, avvenuto con la riforma “Dini” del 1995. A conferma di tale importanza, basti ricordare che quasi il 65% dei 3.900.000 artigiani e commercianti della Gestione Speciale Lavoratori Autonomi dell’INPS risulta iscritta dopo il 1995 (si veda grafico allegato). Negli anni a seguire, con il consolidamento degli interventi della riforma previdenziale, il mondo del lavoro autonomo ha visto una drastica riduzione del tasso di sostituzione del reddito al momento del pensionamento. Intervento reso ancora più sensibile con la recentissima riforma approvata con l’articolo 12 della legge finanziaria n. 122 del 30/07/2010, che ha introdotto due nuove importanti forme di ulteriore penalizzazione. Questo argomento è stato ampiamente trattato nei precedenti articoli così come è stata evidenziata il forte peggioramento che introduce il nuovo sistema di calcolo delle prestazioni contributive in proporzione ai contributi. Vorremmo però ora porre l’accento su un particolare elemento che è fortemente influenzato anche dalle scelte individuali, l’andamento dei redditi dichiarati e dei contributi accreditati nell’intero arco di attività lavorativa. Il sistema di calcolo contributivo introduce molte nuove variabili aleatorie rispetto a quanto veniva considerato nel vecchio sistema di calcolo retributivo. Il risultato è che il tasso di sostituzione della pensione rispetto all’ultimo reddito da lavoro, risulta molto meno prevedibile. Le nuove variabili che rientrano e determinano il conteggio finale sono: • • • L’effettivo importo dei contributi versati di anno in anno. La speranza di vita attesa al momento del pensionamento, determinata ed adeguata all’effettivo sviluppo demografico nazionale al momento del pensionamento, su cui è particolarmente intervenuto l’ultimo intervento dello scorso luglio. La rivalutazione applicata al montante maturato negli anni, pari all’andamento medio della crescita del prodotto interno lordo nazionale. Se il secondo ed il terzo elemento dipendono dall’andamento medio valido per l’intera collettività, la storia contributiva è un elemento di natura molto più soggettiva, che varia di caso in caso e spesso è condizionato da scelte e decisioni personali. I lavoratori autonomi sono imprenditori e scelgono autonomamente quanta parte di reddito consumare e quanta investire nell’attività. In questa duplice veste, anche la pressione contributiva spesso viene percepita come un estensione della pressione fiscale. Ciò a discapito, soprattutto per le generazioni anziane, di un livello di copertura significativo della propria pensione attesa. Non dimentichiamo, in ultimo, la variazione intervenuta anche sull’età di pensionamento di vecchiaia, su cui misurare ulteriori peggioramenti e/o mancati benefici. I dati statistici ricavati dalle dichiarazioni dei redditi, dimostrano che il reddito medio da lavoro autonomo si scosta di poco dal reddito minimo previsto dalla normativa previdenziale in materia di contribuzione (per il 2010 l’aliquota contributiva INPS è = 20% per gli artigiani titolari e 21,09% per i commercianti ed il reddito minimo sul quale applicarla è pari a 14,334 euro/annue). Uno dei fattori che spesso viene citato a spiegazione di livelli cosi bassi (inferiori al reddito medio da lavoro dipendente) è la diffusa evasione fiscale e contributiva o forme similari di elusione. È importante osservare che si tratta comunque di scelte libere del soggetto, maturate in un quadro normativo previdenziale diverso da quello che si prospetta nel futuro e che forse non tengono conto delle implicazioni a livello previdenziale. Nel vecchio sistema retributivo di calcolo, in vigore per tutti quelli che vantano più di 18 anni di contribuzione accreditati entro il 31/12/95, l’importo della pensione è proporzionale alla media rivalutata degli ultimi 15 redditi annui dichiarati, antecedenti la data di pensione. Ciò significa che le annualità accreditate prima di tale limite saranno considerate nella stessa misura sia che in quegli anni il soggetto abbia pagato il contributo minimo, sia che abbia pagato il massimo consentito. Questo non è più vero nel sistema contributivo. Anzi, il peso specifico dei primi anni di contribuzione è amplificato dal meccanismo di rivalutazione del montante maturato. In questo quadro, anche lontane annualità con reddito di molto inferiore al reddito finale, possono compromettere il tasso di sostituzione finale della pensione. Un esempio, abbastanza circostanziato, può chiarire meglio quanto asserito. Supponiamo che due soggetti artigiani titolari abbiano le stesse premesse anagrafiche, reddito finale ante pensione e numero di annualità di contribuzione accreditate. L’unica differenza è che il secondo profilo limita il proprio reddito dichiarato al reddito minimo imponibile previsto da INPS, fino a 15 anni prima della data di pensionamento, per poi elevarlo con un balzo ai livelli del profilo 1, mentre il primo profilo ha un andamento uniforme di crescita del reddito (pari ad un tasso reale del 2% all’anno oltre l’inflazione). Il grafico 2 e la tabella 1 riepilogano la fase di contribuzione sino alla decorrenza della pensione al 63° anno d’età: Profilo 1 Profilo 2 1972 1996 Anno nascita Anno inizio contribuzione Reddito iniziale Reddito finale Reddito finale a valore attuale 1972 1996 12.711 52.776 32.169 12.711 52.776 32.169 Ev oluzione a tte sa de i re dditi im ponibili 60.000 50.000 40.000 Profilo 1 30.000 20.000 Profilo 2 10.000 2034 2032 2030 2028 2026 2024 2022 2020 2018 2016 2014 2012 2010 2008 2006 2004 2002 2000 1998 1996 - Se nel vecchio sistema di calcolo retributivo le pensioni sarebbero state di pari importo per entrambi i soggetti, nel nuovo sistema il profilo 2 matura una penalizzazione sull’importo della pensione di più del 20% rispetto al profilo 1 (vedi tab 2). (Tab. 2 - Calcolo effettuato SENZA la correzione dei coefficienti demografici e dell’età di pensionamento attesa) Profilo 1 Profilo 2 Reddito lordo annuo 52.776 52.526 (a valore d’oggi) (32.169) (28.430) Pensione lorda annua 19.794 17.250 Anno di pensionamento 8/2035 8/2035 (a valore d’oggi) (12.065) (10.584) Tasso di sostituzione 37,5% 32,6% Grafico Profilo 1 Grafico Profilo 2 Come si può notare il profilo 2 dovrà contare su una pensione pari a circa un terzo del proprio reddito, un livello neanche vagamente commisurabile all’attuale tasso di sostituzione che si aggira sul 70%, per le generazioni cosiddette “anziane”. Se si considera in aggiunta che il tenore di vita della categoria non è adeguatamente rappresentato dal reddito lordo dichiarato, il tasso di sostituzione crolla ancora più in basso. Aggiungendo poi le ultime penalizzazioni intervenute (Tab. 3) notiamo che la situazione tende a peggiorare notevolmente, considerando l’anno di pensionamento atteso, maggiore di due anni, e la pensione pressoché identica in termini di copertura attesa sull’ultima retribuzione. Non dimenticando poi, evidenziato in tabella, la mancata percezione della pensione ritardata per via della riforma (*): (Tab.3 - Calcolo effettuato CON la correzione dei coefficienti demografici e dell’età di pensionamento attesa) Profilo 1 Profilo 2 Reddito lordo annuo 57.127 57.127 (a valore d’oggi) (33.469) (33.469) Pensione lorda annua 20.387 18.309 Anno di pensionamento 7/2037 7/2037 Quota di pensione non percepita nel (11.984*23 mesi = (11.984*23 mesi = 20.558) periodo (*) 21.627) (a valore d’oggi) (11.984) (10.726) Tasso di sostituzione 35,7% 32% Grafico Profilo 1 Grafico Profilo 2 Se poi confrontiamo questi dati con un profilo tipo relativo ad un retributivo puro, che potrebbe trattarsi del padre di uno di questi soggetti, notiamo come a parità di andamento contributivo (come si può notare i redditi iniziale e finale, a valore attuale, sono pressoché identici all’andamento dei profili elaborati in precedenza) la situazione sia marcatamente favorevole alle vecchie generazioni. Profilo unico di autonomo “Anziano” Anno nascita Anno inizio contribuzione Reddito iniziale Reddito finale Reddito finale a valore attuale Reddito lordo annuo (a valore d’oggi) Pensione lorda annua Anno di pensionamento (a valore d’oggi) Tasso di sostituzione 1952 1976 11.504 37.048 33.555 37.048 (33.555) 27.107 8/2015 (11.984) 73,2% Pare evidente come l’iniquità generazionale, in questo caso, è fortemente sbilanciata verso le nuove generazioni, che pagano il prezzo di errori gestionali avvenuti nel passato. E’ altrettanto evidente come le nuove generazioni, colpite altresì dall’ultimo intervento normativo, debbano attrezzarsi per risolvere le problematiche di sopravvivenza in pensione attraverso l’intervento della previdenza complementare che ,molto più che ai lavoratori dipendenti ,assume connotati di imprescindibilità La conclusione inevitabile è che la previdenza integrativa non rappresenta un introito futuro a garanzia del benessere, bensì una fonte indispensabile per le esigenze primarie. La pensione pubblica, dopo ben 40 anni di contribuzione regolare, può risultare insufficiente a garantire semplicemente la sopravvivenza!