Articles for San Zen che ride - Comune di San Zeno di Montagna
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Laura Pighi COMICITA’ LETTERARIA San Zeno di Montagna 26-29 agosto 2010 “In Italia…la storia della comicità letteraria è ancora in gran parte da fare”: questo pensiero di Italo Calvino potrebbe indicare il nostro programma di lavoro per i prossimi anni, ma credo che lo scrittore che ha sentito profondamente la serietà del riso, e ne è stato uno dei più attenti teorici, ci voglia dire molto di più.32 Calvino di fatto ci invita a rileggere tutta la letteratura italiana per farci scoprire che essa è un solo esteso e ricchissimo territorio del comico letterario tutto o quasi ancora da scoprire nonostante le recenti esplorazioni. Indicheremo rapidamente il loro susseguirsi : esse ci hanno permesso di ritrovare antichi e nuovi scrittori umoristi ancora nascosti tra le pagine della nostra letteratura, anche se ci limiteremo alla sola narrativa. Studi sul comico letterario 33. Se una gran parte dell’esplorazione è ancora ”da fare”, significa che una se pur piccola è già stata fatta. Vediamola rapidamente. Fin dai primissimi anni del Novecento erano apparse opere teoriche sul riso ancora oggi di fondamentale importanza: Bergson, Le rire, nel 1900, Freud Il motto di spirito, del 1905, Pirandello L’umorismo nel 1908 34. Poi sul comico letterario scese il silenzio dei “poveri infelici seri” come li chiamò Palazzeschi35, e bisognerà arrivare agli anni ’60 del Novecento per notare un risveglio d’interesse della critica, con una prima raccolta di testi curata da Antonio Bertolucci Umoristi del Novecento del 1959 alla quale fecero seguito dieci anni più tardi gli Umoristi dell’Ottocento36. Intanto erano apparse in Europa due opere fondamentali per la teoria dell’umorismo, Homo ludens di Johan Huizinga scritto nel 1939, apparso nella prima traduzione in italiano nel 1946 37 seguito un anno dopo da Le comique du discours di Lucie Olbrechts Tyteca 38 che ebbe però scarsa risonanza in Italia. La ricerca teorica riprese nel 1977 con una preziosa Rassegna sulla parodia in letteratura di Nella Giannetto39 alla quale seguì qualche anno più tardi uno studio su L’ironia. La 32 Gli scritti teorici di Italo Clavino sono raccolti principalmente in Collezione di sabbia, Milano, Mondatori 1990, Saggi 1945-85, 2 vol.Milano, Mondatori, 1995, Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, Milano, Mondatori 1998. 33 Per una definizione dei termini sui vari modi di ridere si veda tra le più recenti proposte : Danilo Solfdaroli, Ridere, ridere, ridere ancora…Torino. Bollati Boringhieri, 2005 34 H. Bergson, Le rire. Essai sur la signification du comique, Paris 1900;: S. Freud. Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio , 1905 ; L. Pirandello, L’umorismo 1908. 35 Aldo Palazzeschi, L’antidolore, (1914) in Opere giovanili II, Milano, mondatori 1958 36 Attilio Bertolucci, Umoristi del Novecento, Milano, Garzanti, 1959, e idem Umoristi dell’Ottocento, Milano Garzanti, 1969. 37 La traduzione italiana del 1973 è preceduta da un importante Saggio introduttivo di U. Eco 38 Lucie Olbrecht Tyteca, Le comique du discours, Bruxelles, Editions de l’Université, 1974 39 Nella Giannetto, Rassegna sulla parodia in letteratura, “Lettere italiane” XXIX, 46, 1977, pp 461-81 contraddizione consentita di Marina Mizzau 40: opere necessarie per determinare il lessico della comicità 41. Da quegli anni l’esplorazione dell’immenso terreno del comico letterario italiano si è basata soprattutto sull’analisi dei testi letterari ciò che ha permesso in una ventina d’anni di ricerche di “scoprire” autori ancora del tutto ignorati e testi comici di autori famosi. Per ricordare solo i contributi più importanti che si susseguono dal 1985 a breve distanza, rimandiamo alla Letteratura italiana. Le questioni-V dove Nino Borsellino, fa il punto su Il comico, Guido Guglielmi su L’ironia, Guglielo Gorni e Silvia Longhi su La parodia.42 Un aspetto da non trascurare è la caricatura studiata nel 1985 in La satira e la caricatura da Attilio Brilli43 e nell’87 in Parodia e utopia Fausto Curi amplia la sua ricerca ad una zona ancora misteriosa 44. L’anno dopo ecco la raccolta di studi coordinati da Giorgio Barberi Squarotti dove autori diversi passano in rassegna I bersagli della satira45 portando tutta una ricca documentazione da Leon Battista Alberti a Baretti, da Imbriani a Palazzeschi, oppure guardando attraverso lo Specchio che deforma: le immagini della parodia 46 che ci permettono di rileggere opere del Pulci, del Berni, del Folengo fino a farci incontrare Gozzano, Svevo, Calvino. Un altro percorso esplorativo che riserva numerose sorprese per chi vada alla ricerca del comico letterario nella letteratura italiana ci viene indicato una ventina di anni più tardi in due volumi dal titolo complessivo Humour, ironie, impertinence 47, presentati dalla Università di Provenza, una delle fucine più attive della critica di testi letterari italiani, dove autori diversi si accostano ad un molteplicità di documenti raggruppati attorno a tematiche come Humour et societé oppure Rire et salut. superando la classificazione di parodia o satira, ironia o sarcasmo, per leggere i documenti nel loro impatto con la realtà. Era invitabile in questo intensificarsi e incrociarsi di esplorazioni incontrare Dante e studiare il ruolo essenziale che egli assegna al riso, traccia divina nell’uomo e nell’universo per verificare come esso si dispieghi lungo tutti i venti secoli di storia letteraria italiana. 48 La comicità passa dalla ilare santità di San Francesco a periodi di fioritura nel Medio Evo e nel Rinascimento, ad altri di relativo silenzio, durante la Controriforma per esempio, per risuonare fino ai nostri giorni come una fragorosa irresistibile collettiva risata, una straordinaria colonna sonora che accompagna tutta la letteratura italiana nella sua magnifica ricchezza. Illustri comici ignoti Un altro modo per entrare nel regno del comico letterario consiste nell’esame ravvicinato di un grande autore a prima vista estraneo alla comicità: ciò si è verificato per esempio nei riguardi di Giacomo Leopardi . A Il riso leopardiano è stato dedicato un congresso internazionale a Firenze nel 1997 che ha messo in evidenza la ricchissima comicità del nostro massimo poeta lirico, trasformando completamente la stereotipata tristissima immagine costruita su di lui da una critica che identifica arte con noia 49 40 Marina Mizzau, L’ironia. La contraddizione consentita. Milano, Feltrinelli, 1984 Anche in : Danilo Solfaroli. Ridere, ridere, ridere ancora…Torino, Bollati Boringhieri 2005 42 Letteratura italiana. Le questioni vol.V, Torino Einaudi, 1986 43 Attilio Brilli, Dalla satira alla caricatura, Bari, Dedalo, 1985 44 Fausto Curi, Parodia e utopia, Napoli, Liguori, 1987 45 Giorgio Barberi Squarotti, a cura di, I bersagli della satira, Torino, Tirrenia, 1987 46 Giorgio Barberi Squarotti, a cura di, Lo specchio che deforma: le immagini della parodia, Torino, Tirrenia, 1988 47 Italies: Humour, ironie, impertinence “Revue dìétudes italiennes » 4 -1 e 2, Université de Provence, 2000 48 R. Stella, Dante et le rire, in Humour, ironie, impertinence 4/2, Un. de Provernce, 2000. 49 AA.VV Il riso leopardiano, Firenze, Olschki, 1998. 41 Un approccio di segno opposto è l’analisi di un autore famoso per una grande comicità diffusa in tutte le sue opere, come Italo Calvino: lo studio a più mani su Calvino e il comico50, ha messo in luce oltre che la straordinaria e particolare vis comica del grande scrittore e teorico della comicità, anche tanti altri “territori della comicità…poco frequentati” come Rajberti, Dossi, Imbriani. E così si è aperta una panoramica sulla incredibile ricchezza di umoristi del Novecento da Pirandello a Svevo, a Palazzeschi fino a Savinio, Zavattini, Campanile, Frassineti. E con Bruno Pischedda ci si può spingere fino a Eco, Benni, Meneghello, Tadini, Busi 51 Questa attenzione della critica verso la comicità letteraria ha prodotto tutta una ricca bibliografia raccolta da P. Santarcangeli nel 1989 in Homo ridens. Estetica, filosofia, psicologia, storia del comico 52 e nuovi studi sul concetto di umorismo e sulla psicologia del comico di cui si occupa Danilo Solfaroli del 2005 in Ridere, ridere, ridere ancora 53. Si potrebbe così smentire la previsione di Luca Clerici che nel 1994 coordinando la raccolta di studi su Calvino e il comico e sulla comicità dell’ultimo Novecento, concludeva con un certo pessimismo “non sembra delinearsi alcun tentativo di disegnare una specifica geografia complessiva dell’uso del comico nelle scrittura letteraria otto/novecentesca”54 Hic sunt leones Benché dagli ultimi vent’anni del secolo appena trascorso fino ad oggi siano stati fatti dagli studiosi dell’umorismo molti sforzi per ricuperare il tempo perduto, dobbiamo constatare che ci sono alcune aree della narrativa italiana ancora ignorate da chi volesse dedicarsi alla ricerca della comicità letteraria. Ne voglio segnalare due che hanno aspetti comuni: una è quella della narrativa di viaggi immaginari, che a prima vista pare priva di risvolti comici, e l’altra è quella della narrativa di viaggi in utopia, che, al contrario, si basa tutta su un tipo di comicità che incrocia satira e parodia, il comico di idee. Due regioni letterarie accomunate dal tema del viaggio ma soprattutto dalla presenza della fantasia, una componente indispensabile alla comicità 55. La critica letteraria italiana sulla narrativa di viaggi e in particolare infrangere su quelli immaginari risentì sull’onda di ricerche critiche fiorite in Italia ed in Europa 56 del rinnovato interesse attorno al Settecento italiano ed europeo e quindi all’Illuminismo e al mito della ragione, contrapposto alla fantasia e alla letteratura fantastica nel suo ruolo di antagonista. Da allora l’attenzione degli storici delle idee e della letteratura italiana si diresse in particolare verso una area culturale, quella Veneziana, che da secoli vedeva nei viaggi in paesi lontani una fonte inesauribile di narrativa che 50 Luca Clerici e Bruno Falcetto, a cura di Calvino e il comico, Milano, Marcos y Marcos, 1984 Bruno Pischedda, Narrazioni comiche anni ottanta: Eco, Benni, Meneghello, Tadini, Busi in Calvino e il Coimico op. cit. p, 177 52 P. Santanrcangeli, Homo ridens. Estetica, filosofia, psicologia, storia del comico, Firenze, Olschki, 1989. 53 D. Solfaroli, Ridere, ridere, ridere ancora, Torino, Borlati Boringhieri, 2005 54 Luca Clerici, op. cit. p.3 55 A. Scarsella, a c.di Fantastico e immaginario. Seminario di letteratura fantastica, Chieti Zolfanelli, 1988 56 Per un primo orientamento e una bibliografia essenziale sui viaggi reali e immaginari si veda: Laura Schram Pighi, La narrativa italiana di utopia dal 1750 al 1915, Ravenna, Longo 2003 (LSP) 51 rispondeva alle esigenze e alle attese di un nuovo pubblico, come i giovani e le donne. Per loro la fantasia poteva infrangere tutti i limiti della realtà: si pensi al Milione di Marco Polo come modello medievale del genere, seguito sempre a Venezia soprattutto da metà Settecento in poi, dalla rigogliosa fioritura del romanzo in tutte le sue varianti, tra le quali anche quello di utopia57. Rompere le dimensioni del reale col gioco della fantasia significa mettere in crisi l’idea di vero e di verosimile, di menzogna e di verità e produrre di proposito un inevitabile effetto comico che induce il lettore a chiedersi quanto di vero ci sia nelle opere serie tutte “storie verissime” fedeli alla obbiettività e alla verità storica o scientifica, le idee guida del tempo.58 Alle spalle di questa operazione di satira della cultura ufficiale ci sono due modelli narrativi che importano dall’Inghilterra due forme ancora sconosciute di umorismo. Uno è il Viaggio sentimentale (1768) di Lorenzo Sterne (1713-1768) tradotto in italiano dal più anglofilo dei nostri grandi poeti romantici Ugo Foscolo, in una traduzione così perfetta da essere scambiata come una sua opera originale, il Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia (1813 )59 . Si tratta di un’opera scritta nel momento di massima fioritura del genere romanzesco in Europa, che per un Italia che ancora non c’era, significava Venezia. 60 Il Viaggio sentimentale introduce una speciale tonalità di umorismo, leggero, ironicamente bonario, una comicità che si affianca tra Sette ed Ottocento al comico nostrano più realistico, introducendo un “umorismo sentimentale” estraneo alla ricca e secolare tradizione italiana 61. Fu accettato da numerosi scrittori italiani, gli “sterniani” un gruppo interessante studiato da un gruppo di studiosi dell’Università di Pisa una ventina d’anni fa e certamente degno di nuove ricerche. 62 . Dal Foscolo dunque si può far partire una vera e propria narrativa umoristica italiana moderna che utilizza il tema del viaggio come pretesto per osservare i lati comici della realtà, un percorso letterario che conduce ad alcuni dei nostri massimi umoristi dell’ Ottocento come Ippolito Nievo per esempio o del Novecento come Tarchetti, Dossi, e Pirandello per arrivare a Guareschi e Mosca. Tutti narratori che attendono di essere studiati soprattutto per la loro “leggerezza” come la chiamerebbe Italo Calvino, quello delle Lezioni americane. 63 L’umorismo sentimentale alla Sterne si basa sulla osservazione della realtà letta dalla fantasia, simile a quella delle favole che però partono dalla fantasia per suggerire al lettore la 57 Folco Portinari, Romanzieri del Settecento, Introduzione, Torino, UTET, 1988 Un testo fondamentale per questa problematica è lo studio di Harlad Weinrich Metafora e menzogna. La serenità dell’arte, Bologna, Il Mulino, 1976: Inoltre: Umberto Eco, Tra menzogna e ironia, Milano, Bompiani, 1998 e Mario Lavagetto, La cicatrice di Montagne. Sulla bugia in letteratura, Torino, Einaudi, 1992. 59 Ugo Foscolo, Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l’Italia, Pisa, Didot, 1813. Inoltre G. Rabizzani, Sterne in Italia. Riflessi nostrani dell’umorismo sentimentale, Roma Formigini, 1920 60 Folco Portinari, Romanzieri del Settecento, Introducione ,Torino, UTET, 1988 61 AA.VV.Effetto Sterne. La narrazione umoristica in Italia da Foscolo a Prandello, Pisa, Nistri Lischi, 1990 62 AA.VV Effetto Sterne, op, cit. ivi L. Toschi, Foscolo e altri “Sentimentals Travellers” di primo Ottocento,. pp. 90 e sgg. 63 Italo Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Garzanti 1988 58 fuga dalla realtà. Il comico delle favole che ha il bambino come lettore immaginario, costituisce un settore particolare della comicità letteraria che non mi pare ancora del tutto esplorato se si esclude Pinocchio, che è però molto più di una favola. La favolistica italiana dell’Otto e Novecento sull’onda della rinnovata attenzione romantica verso le tradizioni popolari è spesso intonata in chiave umoristica, si pensi a Gianni Rodari e naturalmente a Italo Calvino che si occupò a lungo di fiabe, raccogliendole e studiandole a più riprese, perché come commenta Mario Lavagetto “l’universo della fiaba…si configura come una grande enciclopedia del narrabile…e per Calvino non esiste…alcuna soluzione di continuità tra la fiaba e il romanzo”64. Che per lui il romanzo come la vita siano visti come un gioco, e che il gioco sia fantasia e umorismo lo possiamo verificare leggendo lo studio su L’umorismo cosmocomico di Claudio Milanini che ci mostra tutta la parodia e l’ironia contenute in quella fiaba simbolica intitolata Le cosmocomiche, che ci porta in un viaggio verso il futuro 65 Ridere è una cosa seria. Proprio questo tipo di viaggio immaginario, ricco di fantasia e di proposte per una vita diversa, che suggerisce ipotesi alternative alla realtà, quello che chiamiamo il “viaggio in utopia”, è il più ricco di comicità, di un tipo speciale, piena di idee e allusioni, ma è stato praticamente ignorato dalla critica italiana otto novecentesca. Si è creata così una zona d’ombra che deforma fortemente tutto il quadro letterario italiano66. Ecco che quando verso gli anni ’70 del Novecento l’attenzione della critica come abbiamo visto, cominciò a rivolgersi al comico letterario in generale, essendo stato il genere narrativo utopico del tutto rimosso, anche quel particolare comico che ne costituisce la caratteristica, il comico di idee, non venne ricordato benché esso sia un elemento fondante di quello specifico genere narrativo dove la comicità basata sulla fantasia è in funzione delle idee. Cominciò ad occuparsene Ultich Schulz- Buschhaus in Calvino e il comico di idee e Claudio Milanini con lo studio sulle Cosmocomiche, che abbiamo ricordato, sempre in Calvino e il comico del 1994 67 . Ma i due critici non estendono la ricerca ad altri autori italiani di narrativa di utopia,che continua ad essere una narrativa smarrita. Tra tutti i boschi narrativi italiani nei quali Umberto Eco ci porta a passeggiare per una esplorazione 68 quello di utopia dove si trova in abbondanza il comico di idee, è stato infatti fino ad una decina d’anni fa assente dalla mappa del territorio del comico letterario italiano. Si deve al coraggio di Giorgio Barberi Squarotti e di un gruppo di ricercatori se nel 1990 uscì nella collezione Teoria e storia dei generi letterari dopo le ricerche sulla satira e la parodia che abbiamo ricordato anche una prima 64 Italo Calvino, Sulla Fiaba a cura di Mario Lavagetto, Torino, Einaudi, 1988 Claudio Milanini, L’umorismo cosmocomico pp. 19 e sgg, in Calvino e il comico a cura di Luca Clerici e Bruno Falcetto, Milano, Marcos e Marcos, 1994 66 Anche l’editoria naturalmente risente dell’ostracismo verso la letteratura umoristica e non pubblica ciò che non sarà letto e venduto. 67 Luca Clerici, Calvino e il comico op. cit. 1994. 68 Umberto Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Milano, Bompiani, 1994 65 incursione ne I mondi impossibili: l’utopia69. Seguì qualche anno dopo a cura di giovani valenti ricercatori della Facoltà di Magistero (FM) della “Sapienza” di Roma una Letteratura italiana ed utopia in due volumi altrettanto preziosi. 70 Per gli studiosi italiani di letteratura inglese e francese il genere utopico costituiva da tempo un terreno di ricerca di grandissimo interesse soprattutto dopo gli studi di L. Firpo su Thomas More e la sua Utopia71, ma non ci si era ancora posta la domanda se esistesse una narrazione utopica italiana, e sul perché il genere utopico fosse assente dal panorama della narrativa italiana, escludendola da un ruolo europeo che le compete da sempre. Mancava un corpus di documenti significativi oppure erano stati rimossi dalla critica? Insomma chi aveva paura del comico letterario e perchè? . Fu per questo che negli anni ’90 a cura del Centro Interdisciplinare di Ricerche sull’Utopia dell’Università di Bologna iniziò una operazione di approfondimento delle tematiche utopiche nel campo della narrativa europea, e per la prima volta nel 2003 si dedicò attenzione anche a La narrativa italiana di utopia dal 1750 al 191572. Solo di recente una opera gigantesca a cura di Vita Fortunati e Raymond Trousson come l’Histoire transnationale de l’utopia littéraire et de l’utopisme edita in Francia nel 2008 (1359 pagine)73 può rendere l’idea delle ricerche condotte in questi anni in tutta Europa, coordinate da un manipolo di studiosi dell’utopia letteraria che non hanno dimenticato quella italiana. Molti finalmente hanno capito che ridere è utile ed importante, perché saper ridere di se stessi e del mondo vuol dire essere liberi. Come si ride in un mondo che non c’è La narrativa umoristica italiana fin dalle sue origini medievali dimostra chiaramente di continuare quella greca e latina, ma in essa le opere di Luciano di Samosata ((121-189 d.C.) costituiscono un filone di stile particolare, quello del comico serio per una comicità basata sulla fantasia e sull’assurdo.74 Luciano di Samosata ebbe in Thomas More ( 1478-1535) il suo erede moderno in Europa: il grande cancelliere inglese tradusse e pubblicò a Venezia (1506) presso il Doni i Dialoghi assieme all’amico fraterno Erasmo da Rotterdam ( 1469-1536) autore a sua volte dell’Elogio della follia, un invito a guardare il mondo alla rovescia fino ad arrivare al paradosso e all’assurdo. Lo stesso Thomas More nel 1516 appena ricevuti i resoconti dei viaggi di Amerigo Vespucci scrisse in latino un Libellus vere aureus nec minus salutaris quanm festivus una opera che nella versione italiana pubblicata a Venezia nel 69 Giorgio Barberi Squarotti, a cura di, I mondi impossibili: l’utopia, Torino Tirrenia stampatori, 1990. Per una bibliografia più completa si veda LSP 2003, op, cit. pp. 13 e sgg. 70 FM Annali del dipartimento di italianistica, Letteratura italiana ed utopia, Roma, Editori riuniti. 1994-95 71 L. Firpo, Thomas More e la sua fortuna in Italia in Studi sull’utopia, Firenze Olschki 1977, seguiti da altre numerose ricerche fino al 1996. 72 LSP, 2003, op. cit 73 Vita Fortunati et Raymond Trousson, Histoire transnationale de l’utopie littéraire et de l’utopisme, Paris, Champion, 2008 74 Emilio Mattioli, Luciano e l’umanesimo, Napoli , Istituto Studi storici 1980, inoltre Alberto Camerotto, Le metamorfosi della parola. Studi sulla parodia in Luciano di Samosata, Pisa-Roma, Istituti editoriali, 1998 1548 presso il Doni, lo stesso editore dei Dialoghi di Luciano, aveva assunto il titolo di La repubblica nuovamente ritrovata del governo dell’isola di Eutopia nella quale si vede nuovi modi di governare stati, reggier popoli, dar legge ai senatori, con molto profondità di sapienza. Storia non meno utile che necessaria75 Questa opera che si usa chiamare Utopia diede origine in tutta Europa ad un genere narrativo caratterizzato da tre costanti: comicità, fantasia e idee. Dopo un primo momento di fioritura sul finire del Cinquecento italiano tra una ristretta cerchia di eruditi (La città del Sole di Campanella del 1603 circolò in versione latina per tutta Europa ma non in Italia dove ricomparve solo a metà Ottocento quando si ritrovò il testo originale italiano) il genere utopico si sviluppò e diffuse solo a partire da metà Settecento nascendo come tanti altri tipi di romanzo, in quella officina del romanzo che era allora Venezia e l’umorismo serio, tipico della narrazione utopica, ne divenne il segno distintivo. Un testo narrativo basato sul gioco del capovolgere la verità con la fantasia, induce il lettore a leggere su due piani ciò che viene raccontato per capire ciò che l’autore vuole comunicargli. Idee e fantasia sono palesi nei testi utopici italiani sia quelli più vicini al modello inglese che alle varianti più moderne dello stile utopico vivacissimo fino ad oggi 76, ma il comico provocato dal loro gioco, quello che si chiama il comico di idee per tutto il carico di allusioni che porta con sé, richiede una analisi più sottile di cui mi sto occupando.77 Per identificare nel testo utopico questa tonalità di comico vicinissimo alla parodia, che come questa ha sempre bisogno di un soggetto al quale riferirsi, perciò deve crearsi un doppio, ho seguito il consiglio di Weinrich che suggerisce di osservare quelli che egli chiama i segnali di menzogna, che sono dopotutto dei segnali di comicità78. Ho scelto gli animali utopici e tutte le presenze del diverso dal narratore umano (automi, burattini ecc.) come indicatori e portatori di comicità. E mi sono trovata circondata da una sterminata zoologia fantastica nascosta tra le pagine di moltissima letteratura italiana, una fauna immaginaria che non ho ancora domato. La lingua come segnale di comicità. Alcuni anni fa mi sono dedicata ad un'altra cellula di comicità, la lingua, che nei testi utopici costituisce un veicolo importantissimo per trasportare le idee dell’autore fino ai suoi lettori. E di lingue in un romanzo di utopia, ce ne sono molto spesso due, la lingua dell’autore ossia del viaggiatore immaginario e quella che lui deve imparare per parlare con gli abitanti dell’isola che non c’è.79 75 T. More, Utopia, a cura di L. Firpo, Torino, UTET, 1971, e idem Studi su l’Utopia, Firenze, Olschki, 1977 LSP, Histoire transnationale, 2008 op. cit. pp 1239-1251 77 Uscirà in un prossimo numero della rivista brasiliana sulla utopia letteraria “ Morus” col titolo Il comico di idee e la zoologia fantastica 78 H. Weinrich, Metafora della menzogna: la serenità dellì arte, Bologna Il Mulino, 1976. 79 LSP, Quale italiano per l’Europa futura? “Morus, utopia e rinascimento” 2005, N°2, Unicamp, Brasile 76 Da fine Settecento e in un ambiente plurilingue come Venezia e il suo porto, là dove la narrativa d’utopia aveva iniziato il suo difficile cammino, il dibattito tra una società futura che abbia per l’espressione e anche per la comunicazione, una lingua unica e nazionale, oppure che si esprima oralmente in più lingue e dialetti, ma scriva in una unica lingua di comunicazione, era tra i più sentiti . Fino a farsi nell’Ottocento problema di identità nazionale, ossia problema politico. Uno scrittore di narrativa utopica sa bene come costruire parodia e satira : gli basta rovesciare il problema da presentare e “caricarlo” ossia esagerarne i contorni. Ed è ciò che fa Zaccaria Seriman del 1745 quando scrive il primo romanzo di viaggio in utopia, nel quale due naufraghi sbarcati nell’Isola dei Cinocefali devono imparare il linguaggio complicatissimo dei cani se vogliono aver salva la vita80. Essi sono in fondo gli antenati dei personaggi di Savinio, di Dario Fo e di Guzzini che parlano in un “mescolone” di lingue e dialetti quel plurilinguismo in cui oggi siamo tutti immersi. Con i giochi linguistici si può sempre ridere in modo intelligente non occorre arrivare nell’isola che non c’è. Basta sfogliare il Dizionario delle lingue immaginarie di Albani e Buonarroti 81 e ricordare la comicità linguistica di grandi scrittori come Gadda e Pasolini, e rileggere il maestro di tutti Giacomo Leopardi con le sue stupende invenzioni verbali in forma di animali quelli della sua Batracomachia.82 Che non è altro che la parodia dell’Odissea. Possiamo concludere che “La narrativa d’utopia, quella più ricca di idee e fantasia, quindi la più “pericolosa” ha pagato con l’anatema della critica e la conseguente esclusione dalla editoria, la proposta di soluzioni linguistiche alternative per gli italiani futuri”83 Insomma da qualsiasi parte si pensi di entrare nel territorio della comicità letteraria grande quanto tutta la narrativa italiana (abbiamo segnalato solo quegli ingressi che hanno aperto nuove prospettive, aggiungendone due ancora ignoti come i viaggi in utopia e la lingua) siamo ogni volta sorpresi di trovarci davanti ad un numero insospettato di scrittori umoristi ignoti alla critica e anche a numerosi scrittori illustri che si rivelano come Leopardi tra i maggiori creatori di comico letterario. Il che significa che la nostra esplorazione può e deve continuare per scoprire sempre nuovi tesori letterari. Ma se è vero, come diceva Calvino, la storia della comicità letteraria “è ancora in gran parte da fare”ci attende ancora un compito immenso. 80 Z. Seriman, Viaggi di Enrico Wanton, a cura di G. Pizzamiglio, Milano, Marzorati, 1977. P. Albani e B. Buonarroti, Dizionario delle iongue immaginarie, Bologna, Zanichelli 1994; inoltre LSP. Quale italiano per l’Europa futur? “Morus” N° 2, 2005 Sulla ricerca della lingua perfetta esiste una ricca bibliografia., 82 Giacomo Leopardi, Opere complete vol. I, a c. di Francesco Flora, Milano, Mondatori 1940. 83 LSP Quale italiano per l’Europa futura? “Morus, utopia e rinascimento” 2005 N° 2, Unicamp, Brasile 81 Però prima di riprendere il cammino ci possiamo chiedere: vale veramente la pena di studiare la comicità letteraria? Conclusioni La quasi totale rimozione da parte della critica italiana Otto- Novecentesca della produzione di due secoli e mezzo di un intero genere letterario come la narrativa d’utopia col suo comico di idee e l’ostracismo contro ogni forma di umorismo letterario durato tanto a lungo, anche se oggi per fortuna pare superato ( e il fato che siamo qui numerosi lo sta a dimostrare ) 84, ci porta a concludere che una intera classe sociale, quella dei colti, quella che gestisce il potere (chiesa, scuola, economia, politica) ha visto nella comicità una reale minaccia per la propria ragione di essere e ha sfoderato di conseguenza ogni possibile arma di difesa. Questo significa che la comicità, in particolare quella letteraria, la parola scritta, è ritenuta in grado di trasformare la realtà. E di questo molti hanno paura. Ipotizzare una società diversa, immaginandola lontana nel tempo o nello spazio, significa porsi in una posizione di anticonformismo che mina dalle fondamenta la stabilità di una società intera fondata sulla tradizione . Ironia, satira, parodia sono acidi corrosivi dai quali chi basa il suo potere sulla continuità, si deve difenderei con ogni mezzo. Difatti per ritrovare un corpus di testi narrativi d’utopia, si sono dovuti rovesciare sistematicamente stili, generi, idee, miti, canoni letterari della narrativa, rovistare in archivi di società editrici scomparse, rivedere cataloghi di libri censurati, proibiti. La narrativa umoristica e in essa quella di utopia, ancor più impegnata sul terreno delle idee, ha esaltato la pace in secoli di militarismo e di guerre continue, inneggia alla economia di mercato, quando in Italia non era ancora arrivata l’onda del progresso che già trasformava la vita della società mettendosi dalla parte dei più deboli, si è intromessa in una delle problematiche più dibattute, quella delle libertà religiose e del rapporto Stato e Chiesa, ha ridicolizzato la scuola e i vecchi maestri che continuavano a tramandare un sapere superato e anacronistico. Una presa di posizione che non poteva passare senza suscitare contromisure.. Infatti in epoca risorgimentale gli occupanti stranieri di una parte d’Italia, gli austriaci, riuscirono a far tacere la satira dei patrioti, e più tardi all’ inizio del Novecento la gerarchia ecclesiastica si difese scomunicando il modernismo, e poi negli anni ’20 la dittatura fascista reagì violentemente contro le idee che la narrativa umoristica diffondeva nella società italiana. Ma non furono tanto le satire sulla politica o sulla società a far paura, perché esse si possono combattere con altre idee, o con la morte, ma fu l’attacco che la comicità letteraria portò alla cultura di tipo accademico e alla lingua 84 La fiera del libro di Torino alcuni anni fa fu dedicata completamente all’umorismo, classicheggiante che riuscì a frantumare monument letterari, 85 ad attraversare, come diceva Montale, persino dei miti come D’Annunzio altrimenti indistruttibili86. E riuscì a far nascere l’italiano moderno facendo la parodia dei grandi miti letterari del tempo e creando un italiano medio, parlato e scritto da un pubblico meno colto che ha consuetudine con i dialetti o i gerghi dei mestieri. E questo significa che la comicità delle parole e della lingua in generale ha la capacità di diffondere tra nuovi livelli di lettori idee e problemi in un italiano semplice, pieno di neologismi, rendendo obsoleta e superata una lingua prima controllata da pochi. E questo a quei pochi non è mai piaciuto né ieri né oggi. Un giornale satirico, una parodia troppo trasparente, una caricatura feroce, si possono eliminare, censurare, imbavagliare, ma l’umorismo che ha il potere di trasformare la lingua e quindi la comunicazione tipica dell’uomo, può fare molto di più perché è il solo che riesce a portare chi parla al di là del dolore, nel regno della speranza, della gioia. Un autore che in tutta la sua opera ha dimostrato quanto il riso sia una delle forze più potenti dello spirito umano è stato Aldo Palazzeschi: egli invita capovolgere il reale con l’arma del comico per trovare al di là la gioia e combattere il dolore, che significa combattere la morte.. Basta leggere Perelà e l’Antidolore di Palazzeschi per ritrovare il Dio di Dante, il riso dell’universo. Palazzeschi s’immagina così Dio “fra le sue labbra divine si accentra l’universo in un’eterna, motrice, tutelare risata” ed è convinto che “la superiorità dell’uomo su tutti gli animali è che ad esso solo fu dato il privilegio divino del riso”87 Basterebbero questi due poteri del comico letterario per giustificare il cammino che oggi abbiamo iniziato, sotto lo sguardo di San Zeno, venuto dai confini della latinità quando si cominciava a Verona a ridere in italiano. Vorrei concludere questa mappa del territorio della comicità letteraria con un pensiero di Leopardi 88 che mi pare possa giustificare il nostri sforzo e infonderci il coraggio per proseguire quella esplorazione che Calvino ci ha indicato fin dall’inizio: Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno nella sua coscienza trova sé munito da ogni parte. Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire. 85 Luciano Folgore, La città dei girasoli, Milano, Mondatori 1924, e idem Il libro delle parodie. Poeti controluce e Poeti allo specchio, Milano, Ceschina 1965. Sono solo due delle numerosissime parodie diffusissime al tempo. 86 LSP, Il ruolo dell’ironia come strumento d’innovazione: Guido Gozzano o come attraversare D’Annunzio, in Studi di teoria e storia letteraria, Firenze Cesati 1996. 87 Aldo Palazzeschi, il Controdolore, in Opere, Milano Mondatori 1958 88 G. Leopardi, Opere, 1940, vol. II Pensieri LXXVIII,.p.48 Poletto Giampaolo University of Pécs