Radioastronomia Amatoriale

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Radioastronomia Amatoriale
Radioastronomia Amatoriale
Flavio Falcinelli
RadioAstroLab s.r.l. 60019 Senigallia (AN) - Italy - Via Corvi, 96
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Dopo una breve introduzione sui principi teorici e tecnici della radioastronomia, l’autore si propone di
collegare i concetti generali della disciplina con l’attività di ricerca amatoriale. Saranno illustrati alcuni
ambiti di lavoro realmente accessibili agli sperimentatori dilettanti, i possibili risultati raggiungibili e la
descrizione di progetti realizzabili, insieme all’analisi dell’attrezzatura e della strumentazione necessaria
per condurre con successo osservazioni amatoriali (antenne, ricevitori, sistemi di acquisizione e di
registrazione automatica dei dati). Le osservazioni spaziano dalla ricezione in bassissima frequenza
(limite inferiore dello spettro radio) dei fenomeni elettromagnetici indotti dall’attività della ionosfera e
collegati ad eventi naturali locali (risonanze di Schumann, fenomeni elettrici atmosferici, attività elettrica
della crosta terrestre,…), a fenomeni indotti da eventi astronomici (attività meteorica e radiodisturbi
solari), fino alla descrizione di sistemi riceventi in grado di monitorare le potenti e sporadiche emissioni
alle lunghezza d’onda decametriche di Giove e del Sole. Interessante è la costruzione di radiometri a
microonde che misurano la componente termica della radiazione solare o di altre importanti radiosorgenti.
Infine sono descritti alcuni moduli elettronici, equipaggiati con il necessario software di gestione,
sviluppati per applicazioni radioastronomiche amatoriali: utilizzando tali dispositivi qualsiasi
sperimentatore sarà in grado di accostarsi alla radioastronomia costruendo strumenti operanti in varie
bande di frequenze, con differenti prestazioni e costi. Questo materiale, disponibile in kit o come
strumentazione completa e pronta per l’uso, dovrebbe contribuire alla diffusione di questa affascinante
disciplina e consentire la realizzazione di una rete di stazioni radioastronomiche dilettantistiche con
caratteristiche confrontabili e ripetibili.
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Introduzione.
Le osservazioni astrofisiche raccolgono e classificano informazioni provenienti dagli oggetti cosmici
per comprenderne la fisica e fare previsioni sulla loro evoluzione. Questi dati consentono agli scienziati di
sviluppare modelli e teorie adeguate a descrivere i fenomeni studiati. Nell’astronomia sperimentale i
tradizionali “portatori” dell’informazione sono i fotoni (che abbracciano l’intero spettro
elettromagnetico): il tipo di fotoni prodotti dipende dalle condizioni fisiche prevalenti che caratterizzano
le sorgenti, dalla natura delle particelle radianti e da una serie di variabili (temperatura e pressione), oltre
che dalla loro dinamica e dalla presenza di campi magnetici. Ciascun fenomeno naturale manifesta
caratteristiche spettrali peculiari, privilegiando la produzione di energia in specifiche bande di frequenza:
alcuni oggetti celesti si studiano più facilmente a certe lunghezze d’onda, pur non esistendo, in realtà, un
singolo intervallo spettrale in grado di caratterizzare completamente un fenomeno. Anche se le varie
gamme dello spettro elettromagnetico impongono tecniche di rivelazione molto diverse tra loro, i dati
globalmente acquisiti conducono a risultati fisicamente coerenti e complementari.
La radioastronomia, potente di mezzi e feconda di risultati, studia i corpi celesti analizzando la
radiazione elettromagnetica da questi emessa nell’intervallo spettrale delle radioonde (banda di frequenze
compresa fra circa 20 MHz e 300 GHz) utilizzando i radiotelescopi. Un radiotelescopio è un complesso
strumento di misura che comprende un sistema di antenna collegato ad apparati elettronici riceventi e di
registrazione automatica dei dati. L’analisi dei segnali ricevuti consiste nel determinare l’intensità delle
radiazioni cosmiche captate dalle diverse direzioni dello spazio e per differenti lunghezze d’onda, oltre al
loro grado di polarizzazione. Ulteriore campo di indagine prevede l’analisi delle caratteristiche spettrali
dei segnali ricevuti per ottenere importanti informazioni sugli oggetti radioemittenti.
E’ chiara la funzione svolta da un radiotelescopio: raccogliere la debole energia elettromagnetica
proveniente dallo spazio extraterrestre e amplificarla in quantità sufficiente per consentire una corretta
misura. Si tratta di un radioricevitore equipaggiato con antenna sufficientemente direttiva che misura la
temperatura equivalente di rumore associata all’emissione di energia radio proveniente dagli oggetti
cosmici. Lo strumento si comporta come un telescopio ottico anche se, nel caso della radioastronomia, la
superficie di captazione dell’antenna può richiedere aree molto grandi. Tale superficie è imposta dai
requisiti in sensibilità dello strumento e, soprattutto, dalla necessità di raggiungere un adeguato potere
risolutivo, quindi capacità nel distinguere (risolvere) due sorgenti molto vicine o particolari
sufficientemente dettagliati di una radiosorgente estesa. Queste prestazioni impongono al sistema di
antenna dimensioni proporzionali alla lunghezza d’onda operativa: dato che le lunghezze d’onda
appartenenti allo spettro radio sono maggiori di quelle nella banda ottica da centomila a dieci milioni di
volte, per i radiotelescopi si hanno pesanti limitazioni sul piano costruttivo ed economico, anche per
raggiungere poteri risolutivi molto inferiori a quelli comunemente in uso nell’astronomia ottica. Sono
proprio queste le peculiarità che differenziano e specializzano la strumentazione radioastronomica rispetto
a quella ottica.
La storia.
La radioastronomia è nata per caso nel 1931 per opera di K. Jansky, un radioingegnere impegnato (per
conto della Bell Telephone Co.) nello studio dei disturbi naturali e artificiali che limitavano l’affidabilità
delle prime radiocomunicazioni commerciali. Lavorando con un apparato ricevente (alla frequenza di
20.5 MHz) appositamente costruito, collegato a un sistema di antenne orientabile di moderata direttività
(Fig. 1), egli registrò un “disturbo” costante di origine naturale che sembrava provenire dalla direzione del
centro galattico (costellazione del Sagittario – Fig. 2): si trattava dell’emissione radio della prima sorgente
cosmica.
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Fig. 1: La prima antenna radioastronomica della storia (1931), la famosa “giostra di Jansky”. La struttura, in
grado di ruotare di 360°, era organizzata come un array di loop quadrate collegato a un ricevitore
appositamente costruito.
Fig. 2: Le prime registrazioni radioastronomiche di Jansky.
Anche se le caratteristiche dello strumento di Jansky non erano troppo buone rispetto agli apparati
odierni, egli riuscì a rivelare l’emissione della Galassia grazie alla sua efficienza come
“radiotrasmettitore” nella banda delle lunghezze d’onda decametriche (le cosiddette onde corte).
Il pieno sviluppo della radioastronomia si ebbe dopo la seconda guerra mondiale, stimolato dalla
crescente disponibilità di sofisticate e sensibili apparecchiature elettroniche nate con le tecniche radar. Il
primo vero radiotelescopio, progettato e costruito “ad hoc”, fu un impianto di G. Reber (abilissimo
tecnico e radioamatore americano): lo strumento (Fig. 3) era composto da un’antenna a riflettore
parabolico di circa 9 metri di diametro costruita nel giardino di casa utilizzando una struttura in legno
rivestita di rete metallica da pollai a maglie fitte, collegata a un ricevitore e a un registratore a carta
sistemati nel laboratorio in cantina. Con questo strumento, funzionante alla frequenza di 160 MHz,
insieme a mirabile pazienza e tenacia, Reber compilò e presentò alla comunità scientifica la prima radiomappa della nostra Galassia: erano tracciate le linee a flusso costante in una rappresentazione cartografica
su coordinate galattiche (Fig. 3). Si evidenziò per la prima volta la struttura della Galassia alle frequenze
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radio, con picchi di emissione localizzati nella regione del Sagittario (centro galattico), del Cigno ed in
Cassiopea (due tra le più intense radiosorgenti del cielo). Questo scenario corrisponde a ciò che
vedremmo se i nostri occhi fossero sensibili alle onde radio con frequenza intorno a 160 MHz, piuttosto
che alla luce.
Fig. 3: La prima radiomappa del cielo compilata da G. Reber con il suo strumento, considerato il prototipo del
moderno radiotelescopio.
Da quel momento in poi, innescata l’attenzione del mondo scientifico verso questa nuova ed efficace
metodologia osservativa, rapidissimo è stato lo sviluppo della radioastronomia, costellato da
innumerevoli scoperte di fondamentale interesse astrofisico e cosmologico (scoperta delle stelle di
neutroni pulsar, della radiazione fossile a 3 K, dei lontanissimi oggetti quasar, della riga di emissione a
1420 MHz delle nubi di idrogeno neutro interstellare e di numerose molecole organiche). Le più recenti e
avanzate tecniche radioastronomiche comprendono lo sviluppo della radio-interferometria (tradizionale e
a lunghissima base – VLBI) e la radioastronomia spaziale. Il futuro della radioastronomia prevede il
perfezionamento delle tecniche interferometriche a elevatissima risoluzione fra strumenti a terra e
strumenti a bordo di satelliti artificiali, l’installazione di radiotelescopi sulla faccia nascosta della Luna, lo
sviluppo dei sistemi SKA (Square Kilometer Array).
E’ curioso notare come la nascita della radioastronomia e alcune delle sue tappe fondamentali siano
dovute a scoperte casuali di persone esperte di radiotecnica ma non di astronomia, impegnate nello studio
di questioni tecniche riguardanti le radiocomunicazioni.
La tecnica strumentale.
Si chiama radiotelescopio lo strumento che misura e registra il flusso di onde radio naturali prodotte
dalle sorgenti celesti (radiosorgenti). Nella sua forma più semplice è composto da un’antenna (o un
sistema di antenne), una linea di trasmissione, un radioricevitore e da dispositivi per l’elaborazione e la
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registrazione dei dati acquisiti. Questa struttura comprende anche gli eventuali organi di puntamento e di
controllo. Un radiotelescopio non è, concettualmente, troppo differente da un normale ricevitore radio.
La “finestra di osservazione” è quella delle radioonde, limitata inferiormente dai noti effetti schermanti
della ionosfera terrestre, superiormente dai fenomeni di assorbimento molecolare dovuti principalmente al
vapore acqueo (con picchi di assorbimento alle frequenze di circa 22 GHz e 184 GHz) e all’ossigeno (con
picchi di assorbimento a circa 60 GHz e 118 GHz). Una rappresentazione della trasparenza atmosferica
alle varie frequenze è riportata nelle Fig. 4, 5 e 6. L’estensione della “finestra radio”, notevolmente più
ampia di quella ottica (superiore a 10 ottave nello spettro), consente di arricchire enormemente il bagaglio
di informazioni fisiche ottenibili dall’analisi della radiazione elettromagnetica ricevuta a terra dai corpi
celesti, effettuando osservazioni peculiari, possibili solo in questa gamma di frequenze. La Fig. 6 mostra
le frequenze utilizzabili per le osservazioni radioastronomiche da terra e schematizza le cause selettive di
attenuazione delle onde radio cosmiche.
Fig. 4: Attenuazione dovuta alle proprietà di assorbimento dei gas presenti in atmosfera.
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Fig. 5: Schematizzazione della trasparenza atmosferica alle radioonde cosmiche.
Fig. 6: Frequenze utilizzabili per le osservazioni radioastronomiche da terra.
Con il generico termine radiosorgente si indica qualsiasi oggetto celeste responsabile di radioemissioni
misurabili. Tali corpi, in funzione del loro meccanismo di radiazione specifico e prevalente, esibiscono
caratteristiche chimico-fisiche molto diverse uno dall’altro. Per i nostri scopi, possiamo semplicemente
raggruppare le tipologie radiative delle sorgenti celesti in due grandi categorie:
1. radiazione termica, con andamento del flusso crescente con la frequenza;
2. radiazione non termica, con andamento del flusso decrescente con la frequenza.
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Le radiosorgenti che emettono radiazione termica si comportano, almeno in certo intervallo di
frequenze, approssimativamente come un corpo nero. Questo tipo di radiazione (legge di Planck) si
origina dall’agitazione termica delle molecole che costituiscono l’oggetto ed è proporzionale alla sua
temperatura assoluta, con legge crescente con la frequenza. Esempi di oggetti celesti considerati
radiosorgenti termiche sono il Sole quieto (in assenza di centri di attività sulla superficie), la Luna e le
nubi di gas rarefatto (idrogeno) posto in vicinanza delle stelle ad elevata temperatura superficiale.
Per giustificare l’intensità delle radioonde emesse dalle sorgenti non termiche (la maggioranza),
bisognerebbe ammettere una temperatura a valori proibitivi, inaccettabile dal punto di vista fisico. Questi
meccanismi, oggetto di studio dell’astrofisica, sono stati, per la maggioranza dei corpi celesti, spiegati in
base ad emissione di sincrotrone ed esibiscono uno spettro decrescente con la frequenza.
Soprattutto nel caso di esperimenti radioastronomici dilettantistici, è opportuno scegliere la frequenza
di lavoro in base al tipo di radiosorgente da studiare, tenendo conto che i valori di flusso per la particolare
frequenza di ricezione utilizzata, desumibili dalla Fig. 7, fissano i parametri progettuali dell’impianto
ricevente. Occorrerà tener conto anche delle eventuali difficoltà tecniche ed economiche imposte dalla
banda di funzionamento, per quanto riguarda principalmente la complessità delle antenne e dei circuiti
elettronici del ricevitore. Come si vedrà, esistono altri parametri sui quali orientare la scelta, tuttavia, ad
un primo esame, si comprende come la sezione più critica e impegnativa, dal punto di vista tecnico ed
economico, che richiede disponibilità di ampi spazi per l’installazione, é senz’altro l’antenna del
radiotelescopio: nel caso degli strumenti amatoriali, maggiore sarà la sua area efficace, più numerose
saranno le radiosorgenti che il nostro strumento sarà in grado di rivelare.
Fig. 7: Principali radiosorgenti accessibili agli strumenti dilettantistici.
E’ importante comprendere la tipologia dei segnali rivelati da un radiotelescopio. Si tratta della
radiazione elettromagnetica naturale emessa dai corpi celesti stimolata da specifici meccanismi fisici.
Come per qualsiasi fenomeno di emissione elettromagnetica naturale, il segnale radio risultante è
aleatorio incoerente, nel senso che risulta composto da innumerevoli radiazioni elementari che possono
considerarsi indipendenti, ciascuna con frequenza e fase aleatoria, polarizzazione generalmente casuale e
distribuzione delle intensità che segue una statistica gaussiana. Questo segnale è sostanzialmente identico
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al rumore termico prodotto da una resistenza posta a una determinata temperatura (legge di Nyquist):
sono quotidianamente sperimentabili gli effetti di tale rumore essendo, questo, la componente
predominante del rumore di fondo che si osserva negli apparati elettronici riceventi sintonizzati in una
zona della banda libera da trasmittenti.
Alcuni problemi non semplici da superare, ai fini della corretta misura del rumore cosmico, sono quelli
legati alla sua esigua intensità, inferiore al rumore proprio degli apparati. Le caratteristiche temporali e
spettrali del rumore cosmico sono, inoltre, simili ai segnali indesiderati sempre presenti in un ricevitore:
essendo fra loro indistinguibili, non è facile discriminare il segnale “utile” da quello disturbante. E’ per
tale motivo che in un ricevitore radioastronomico non sono applicabili le tradizionali tecniche di filtraggio
presenti negli ordinari sistemi di radiocomunicazione, tecniche che consentono di separare ed estrarre il
segnale utile (generalmente con forma ed ampiezza dello spettro ben distinguibili rispetto allo spettro
uniforme del rumore termico) dal rumore diffuso degli apparati.
Il cielo é caratterizzato da una distribuzione continua di brillanza (grandezza che quantifica le
proprietà radiative della zona osservata) con sorgenti discrete di radiazione, più o meno estese, che
spiccano rispetto al fondo diffuso. Poiché il segnale radio cosmico e il rumore termico delle resistenze
sono di identica natura, é sempre possibile (e comodo) immaginare che l’antenna ricevente di un
radiotelescopio venga sostituita da una resistenza di valore identico alla resistenza di radiazione
dell’antenna, posta a una temperatura tale che la potenza di rumore termico equivalente prodotto dalla
resistenza sia uguale alla potenza della radiazione cosmica. Questa temperatura, detta temperatura di
rumore di antenna, è la combinazione di tutti i contributi associati ai segnali captati dall’antenna
ricevente, provenienti da tutte le direzioni dello spazio, compreso il terreno. Quando il lobo principale
dell’antenna intercetta la radiazione emessa da una radiosorgente, si osserva un incremento nella
temperatura di antenna che fornisce all’ingresso del ricevitore una potenza di segnale misurabile. L’uscita
del radiotelescopio comprende anche il contributo disturbante di rumore del ricevitore dovuto agli
amplificatori e alle linee di trasmissione.
Considerando l’esiguità dei segnali radio cosmici, esiste il problema di trovare un modo efficiente per
misurare, con sufficiente precisione, affidabilità e ripetibilità, minime variazioni di segnale rispetto a un
livello di fondo relativamente costante e di notevole intensità. Poichè le variazioni del segnale da
misurare sono debolissime (si parla, mediamente, di variazioni di potenza dell’ordine di 10-18 W su un
rumore di fondo con potenza inferiore a 10-12 W), occorre un ricevitore in grado di fornire un’elevata e
stabile amplificazione, dell’ordine di 80-100 dB: in queste condizioni é facile immaginare come la misura
possa essere affetta da errori significativi se si verifica una variazione spuria, anche minima, di guadagno
nella catena ricevente. Per questo motivo la stabilità di un ricevitore radioastronomico è quasi sempre più
importante della sua sensibilità.
Il principale nemico della radioastronomia è rappresentato dall’inquinamento elettromagnetico
artificiale, sempre più diffuso e incontrollabile in zone urbane residenziali, e dall’appropriazione indebita,
operata dalle radiocomunicazioni commerciali, delle frequenze riservate per convenzione internazionale
alla ricerca radioastronomica. I disturbi atmosferici e artificiali sono molto importanti alle basse
frequenze dello spettro radio, mentre diventano trascurabili nella banda delle microonde: se, oggi, è molto
difficile pianificare osservazioni dilettantistiche nelle bande HF, VHF e UHF, soprattutto in zona urbana,
un piccolo radiotelescopio a microonde può essere installato con successo anche nel tetto o nel giardino di
casa.
E’ possibile la radioastronomia amatoriale?
Occuparsi seriamente di radioastronomia amatoriale significa impostare un’attività sperimentale dove
singole persone o gruppi di appassionati (radioamatori, astrofili, gruppi di studenti,…) possono condurre
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interessanti attività, anche di supporto alla ricerca ufficiale. Devono essere ben chiari i limiti raggiungibili
e ferma la volontà di investire tempo e pazienza nel corretto approccio verso una disciplina che si
manifesta in maniera assai meno immediata e “spettacolare” rispetto ad altre tecniche osservative (come,
ad esempio, l’astronomia ottica). Noi non siamo sensibili alle onde radio: la “visualizzazione” dello
scenario e “l’estrazione” dell’informazione che deriva dall’osservazione non è immediata, servono
strumenti (i radiotelescopi) in grado di rivelare i segnali radio e trasformarli in informazioni utilizzabili.
Tali difficoltà contribuiscono a rendere, agli occhi del profano, la radioastronomia molto meno accessibile
e “oscura” rispetto all’astronomia ottica.
Data la lunghezza d’onda della radiazione visibile e la struttura dei nostri occhi, siamo in grado di
visualizzare direttamente lo scenario osservato in forma di immagine a colori con sufficiente grado di
dettaglio per le nostre esigenze di sopravvivenza quotidiana. L’utilizzo di sistemi di amplificazione ottica,
insieme con opportune geometrie di apertura strumentale, consente di incrementare la sensibilità dei
nostri sensi per osservare meglio e più lontano. La lunghezza d’onda molto maggiore delle onde radio,
insieme alla necessità di utilizzare opportuni “trasduttori” che rivelano l’informazione proveniente dallo
scenario osservato, rende difficoltosa e non immediata la formazione di “immagini radio”: sono necessari
strumenti complessi, costosi e ingombranti per ottenere dati di “qualità visiva” paragonabili a quelli ottici.
Tali difficoltà, ben note a chi si occupa di radioastronomia professionale, si amplificano quando si parla
di radioastronomia amatoriale. Se l’approccio dell’appassionato avviene esclusivamente con la mentalità
acquisita durante l’esperienza in ottica, potrebbero essere deboli le motivazioni per iniziare e, soprattutto,
continuare una valida esperienza di radioastronomia amatoriale.
Le reali possibilità a disposizione di un dilettante radioastronomo dipendono da numerosi fattori
interagenti fra loro: l’abilità e l’esperienza dell’osservatore, le caratteristiche tecniche dello strumento
utilizzato e le caratteristiche ambientali del luogo di osservazione che deve risultare libero da qualsiasi
tipo di disturbo elettromagnetico in grado di soffocare i deboli segnali cosmici. Come si è appena visto,
l’intensità dei disturbi naturali e artificiali, come quella delle interferenze radioelettriche in genere,
aumenta al diminuire della frequenza operativa e con l’altezza del sistema di antenna dal suolo. Questo
problema, oggi molto sentito a causa della massiccia occupazione dello spettro radio, se non
adeguatamente fronteggiato può invalidare o rendere addirittura impossibili le osservazioni
radioastronomiche.
Il carattere sperimentale e un fascino intrinseco giustificano l’interesse mostrato da molti radioamatori
e astrofili verso questo tipo di attività. Essa non può, né desidera assumere posizioni competitive rispetto
alla ricerca radioastronomica ufficiale (Fig. 8): credo che la radioastronomia amatoriale possa collocarsi
rispetto a quella “accademica” così come il serio lavoro di ricerca degli astronomi ottici dilettanti (studio
e scoperta degli asteroidi, stelle variabili,...) si pone rispetto all’astronomia ottica professionale. Per
evitare delusioni è indispensabile individuare i progetti accessibili alle proprie possibilità, insieme ai
limiti raggiungibili che molto dipendono, tuttavia, dalla capacità e dalla competenza nell’organizzare il
proprio lavoro, dalla possibilità di lavorare in gruppo.
L’attività del radioastronomo dilettante appare tecnicamente difficoltosa a causa della complessità
tecnica e della limitata disponibilità commerciale degli strumenti: essendo praticamente nulla, fino ad
oggi, la reperibilità commerciale di strumentazione radioastronomica, gli appassionati sono stati i
costruttori dei propri strumenti, limitando, di fatto, la diffusione della disciplina a coloro che possedevano
interesse e competenze in elettronica (come i radioamatori). Salvo rare eccezioni, l’attività
radioastronomica amatoriale è emersa come attività limitata e sporadica. Essendo una disciplina che
richiede un minimo di conoscenze in settori paralleli quali la fisica e l’astrofisica, l’astronomia,
l’elettronica, la meccanica e l’informatica, si comprende come sia desiderabile impostare l’attività di
ricerca nello stile del lavoro di gruppo. La complessità e i costi di una simile organizzazione sono
direttamente proporzionali ai risultati che si desiderano raggiungere. E’ possibile affrontare la questione
con gradualità, costruendo le realizzazioni più ambiziose e impegnative sui “mattoni” dell’esperienza
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acquisita con i lavori precedenti che, generalmente e soprattutto all’inizio, producono un certo numero di
insuccessi, moltissimi dubbi e qualche timido ed entusiasmante successo.
Fig. 8: Divario “cosmico” fra radioastronomia professionale e amatoriale.
Tenteremo di inquadrare, suddivise per banda di frequenza e per complessità costruttiva, possibili aree
di ricerca interessanti per l’attività dilettantistica.
Banda ELF-VLF (0.3-30 kHz)
In questa regione estrema dello spettro radio non sono direttamente misurabili le radiazioni cosmiche,
essendo schermate dalla ionosfera terrestre. Si possono, tuttavia, programmare studi molto interessanti per
rivelare le perturbazioni sulla ionosfera indotte da eventi astronomici (attività meteorica, fenomeni
transienti impulsivi causati dal Sole). Interessanti sono le correlazioni con le ricerche su Radio Natura che
prevedono il monitoraggio spettrale dei fenomeni radio naturali a bassa frequenza. Gli strumenti sono
economici, semplici da costruire e da installare. Le Fig. 9 e 10 illustrano la realizzazione amatoriale di un
ricevitore ELF-VLF funzionante nella banda di frequenze da 1-13 kHz e una registrazione sperimentale.
Banda HF (3-30 MHz)
E’ la classica banda “delle onde corte”: essendo non troppo lontana dal limite inferiore dello spettro
radio è soggetta alle note fluttuazioni legate all’attività della ionosfera. Ammesso che sia possibile trovare
una frequenza libera da radio-interferenze, l’attività in questa regione dello spettro è certamente molto
interessante per lo studio delle tempeste radio del Sole e di Giove, oltre che per lo studio della radiazione
galattica (Fig. 11). A causa del loro meccanismo di emissione, in questa banda di frequenze sono
particolarmente intense le radiosorgenti non termiche. I ricevitori non sono troppo complicati da costruire,
mentre i sistemi di antenna sono ingombranti e caratterizzati da modesta direttività. Superati i problemi
legati ai disturbi artificiali e alle interferenze (particolarmente intensi a queste frequenze), questioni che
richiedono una scelta ponderata sul sito di installazione, una delle più interessanti ricerche che possono
essere condotte a livello dilettantistico riguarda il monitoraggio dei fenomeni radio transienti (radioburst) prodotti da Giove e modulati dal suo satellite Io.
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Fig. 9: Schema a blocchi e prototipo di un ricevitore ELF-VLF (1-13 kHz) ad amplificazione diretta utilizzato per
monitorare i fenomeni elettromagnetici atmosferici a bassa frequenza indotti da eventi astronomici. L’apparato,
è equipaggiato con antenne loop magnetiche di generose dimensioni. Questi sistemi riceventi, essendo molto
sensibili alle interferenze elettromagnetiche industriali, devono essere installati in zone “quiete” dal punto vista
elettromagnetico.
Fig. 10: Esempio di spettrogramma registrato con il ricevitore ELF-VLF 1-13 kHz. Uno spettrogramma consente
l’analisi in frequenza dei segnali ricevuti: l’evoluzione temporale del contenuto spettrale del segnale è
rappresentata in un grafico che riporta nelle ordinate l’asse delle frequenze, nelle ascisse il tempo, mentre
l’intensità del segnale è rappresentata con una scala di grigi (o di colori).
Banda VHF (30-300 MHz)
A queste frequenze sarà relativamente semplice la ricezione del centro galattico, di Cassiopeia A e di
Cygnus A. Installando un buon sistema di antenna accoppiato con un ricevitore abbastanza sensibile si
potranno registrare le pulsar più potenti che, a causa del loro meccanismo di emissione, presentano un
massimo di emissione proprio in banda VHF. Questa ricerca si presenta, tuttavia, tecnicamente complessa
e richiede una notevole esperienza nelle osservazioni radioastronomiche e nella messa a punto degli
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apparati. E’ interessante notare come, soprattutto nella gamma VHF, le sorgenti più vicine non sono
necessariamente quelle più potenti: eccetto il Sole e Cassiopeia A, le più intense radiosorgenti del cielo
sono tra gli oggetti più distanti dell’universo. La radiosorgente extragalattica più attiva é certamente
Cygnus A, galassia molto distante che emette una straordinaria quantità di energia apparentemente come
risultato di una o più esplosioni che ne hanno modificato profondamente la complessa struttura. Le quasar
e le pulsar sono oggetti intrinsecamente molto potenti ma quasi certamente inaccessibili ai semplici
strumenti dilettantistici.
Fig. 11: Impianto sperimentale per la ricezione in banda HF dei radiodisturbi di Giove e del Sole. Questo è un
classico, oltre che affascinante, settore di ricerca particolarmente adatto ai radioastronomi dilettanti.
Banda UHF (0.3-3 GHz)
Queste frequenze sono state molto utilizzate dalla ricerca ufficiale negli anni 1960-70: i primi grandi
radiotelescopi sono stati costruiti proprio per operare in questa banda come strumenti per la scoperta e per
la catalogazione di radiosorgenti e di pulsar. Le radiosorgenti accessibili agli strumenti dilettantistici non
sono particolarmente intense e i ricevitori sono complessi: per questi motivi non sembra consigliabile lo
studio radioastronomico dilettantistico in banda UHF, almeno nella fase iniziale.
Banda SHF (3-30 GHz)
L’osservazione radio a microonde evidenzia la componente termica della radiazione cosmica e,
utilizzando strumenti non troppo complicati, è relativamente semplice osservare il Sole, la Luna e altre
radiosorgenti (vedi Fig. 7). La diffusione sul mercato della ricezione SAT-TV, dei sistemi GPS e della
telefonia cellulare ha reso disponibili, a prezzi molto vantaggiosi, componenti elettronici e moduli adatti
alla costruzione di efficienti radiometri a microonde, insieme a una grande varietà di antenne satellitari
(riflettori parabolici circolari simmetrici o di tipo offset) operanti in banda 10-12 GHz, complete di
accessori per il montaggio e il puntamento. Nelle Fig. 12, 13 e 15 sono mostrati esempi di strumentazione
radioastronomica utilizzante tali moduli.
La banda SHF, in particolare le frequenze 10.7-11.7 GHz dedicate alla ricezione TV-SAT europea, si
prestano allo sviluppo di interessanti attività dilettantistiche di “radioesplorazione” del cielo. Inoltre,
proprio per la disponibilità di componenti commerciali che consentono una facile installazione, sembra il
miglior punto di partenza per chi desidera muovere, con successo, i primi approcci verso l’attività
radioastronomia amatoriale. I vantaggi nell’utilizzo di tali frequenze sono legati, oltre alla disponibilità
commerciale di componenti, all’assenza di disturbi e di interferenze elettromagnetiche di natura artificiale
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e al fatto che, a queste frequenze operative, le antenne esibiscono buone direttività (fasci di ricezione
sufficientemente stretti) con dimensioni contenute. Gli inconvenienti sono legati alla presenza dei satelliti
geostazionari (che, tuttavia, essendo bassi sull’orizzonte, in posizione fissa e nota, non limitano molto il
campo visivo) e al fatto che l’emissione delle principali radiosorgenti, caratterizzate da meccanismi
radiativi di natura non termica, non è particolarmente intensa in questa regione dello spettro.
Fig. 12: Semplice proposta per l’autocostruzione di un radiotelescopio a 10-12 GHz.
Fig. 13: Una soluzione più evoluta per gli sperimentatori: il KIT microRAL10+RAL126 di RadioAstroLab che
consente la costruzione di un sensibile radiotelescopio Total-Power a microonde (10-12GHz).
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Fig. 14: Schema a blocchi del radiotelescopio realizzabile con il KIT microRAL10+RAL126 mostrato nella figura
precedente. L’unità esterna LNB (con feed) è installata sul fuoco del riflettore parabolico: un cavo coassiale TVSAT da 75 Ω collega l’unità esterna con il modulo microRAL10 che comunica con il PC (sul quale è stato
installato il software DataMicroRAL10) tramite l’interfaccia RAL126 e una porta USB standard.
In tutti i casi, i vantaggi superano ampiamente gli svantaggi ed è consigliabile iniziare l’attività di
radioastronomia amatoriale proprio in banda SHF. Esempi di osservazioni sperimentali illustrati in
seguito confermano tali affermazioni.
La radiosorgente più facilmente ricevibile è il Sole, al punto che anche in campo radioamatoriale le sue
emissioni sono spesso utilizzate per calibrare le antenne (determinando il loro diagramma di radiazione) e
i ricevitori per quanto riguarda la figura di rumore (Fig. 16). La nostra stella, per la sua relativa vicinanza,
emette una forte radiazione hertziana con intensità notevolmente variabile nell’intervallo delle lunghezze
d’onda decametriche (radio-burst solari): queste fluttuazioni emissive sono generalmente associate a
fenomeni ottici peculiari sul disco come le macchie solari e i brillamenti, insieme ad altri effetti
osservabili sulla Terra come le aurore boreali e i vari disturbi alle radiotrasmissioni in onda corta, ben noti
a chi si occupa di radiotrasmissioni. Essendo legati al ciclo di attività solare, i diversi tipi di emissioni
rapidamente variabili hanno una struttura molto complessa la cui origine fisica si può trovare in qualsiasi
trattato di astrofisica. Per i nostri scopi (e nell’intervallo di frequenze utilizzabili dagli strumenti
dilettantistici) é sufficiente suddividere le radioemissioni solari in due componenti fondamentali, una
stazionaria e una variabile, chiamate rispettivamente radiazione del Sole quieto e radiazione del Sole
disturbato. In funzione del grado di attività dell’astro, l’intensità delle emissioni (con durata variabile fra
qualche secondo e qualche settimana) può passare da un valore di flusso dell’ordine di 104 Jy
(corrispondente a 104·10-26 W/(m2·Hz)) tipico della radiazione del Sole quieto, a valori pari a quasi 108 Jy
relativi alla radiazione del Sole disturbato (valutati alla frequenza di 100 MHz). Entro tale intervallo di
valori si verificano tutte le complesse radioemissioni della stella che rappresenta, senza dubbio, uno degli
oggetti celesti più adatti per iniziare l’attività di radioastronomo dilettante, oltre che per “farsi le ossa”
con la costruzione e la messa a punto della strumentazione di base: lo studio costante della radioemissione
solare e dei suoi effetti sullo strato ionosferico e sul complesso fenomeno della radiopropagazione
costituisce argomento di grande interesse in campo astronomico, radioamatoriale e per le
telecomunicazioni in genere.
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Fig. 15: Struttura di un radiotelescopio a microonde basato sul ricevitore RAL10 di RadioAstroLab.
Fig. 16: Registrazione del transito solare.
La Luna é un altro oggetto interessante: emette una densità di flusso apprezzabile per gli strumenti
amatoriali solo alle frequenze delle microonde (tipicamente nella banda dei 10 GHz), con radiazione di
origine termica caratterizzata da intensità crescente con la frequenza. Interessanti sono le registrazioni dei
fenomeni di occultazione e di eclissi che vedono la Luna come protagonista. Nella Fig. 17 è riportata la
registrazione del transito del disco lunare ottenuta con un piccolo radiotelescopio a microonde (RAL10 di
RadioAstrolab) equipaggiato con un’antenna parabolica per TV-SAT con diametro di 1.5 metri.
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Fig. 17: Registrazione di un transito lunare. La radiazione termica della Luna è ben visibile: la sua emissione è
conseguenza del fatto che l’oggetto emette approssimativamente come un corpo nero caratterizzato da una
temperatura dell’ordine di 300 K. Se nel visibile l’emissione della Luna è quasi esclusivamente dovuta alla luce
riflessa del Sole, nelle microonde si registra un’emissione dovuta alla temperatura propria dell’oggetto che
contrasta con quella del cielo “freddo”.
I pianeti, a causa dei bassi livelli di emissione, sono virtualmente inaccessibili agli strumenti
dilettantistici, eccetto Giove che risulta, come più volte evidenziato, una radiosorgente di straordinaria
potenza alle lunghezze d’onda metriche. Le sue emissioni (radio-burst gioviani) a carattere sporadico
sembrano il risultato di violenti processi che hanno luogo nell’atmosfera del pianeta, collegati (e
modulati) al moto del suo satellite Io. La potenza della radiazione decametrica di Giove é tale (dell’ordine
di milioni di Jy) da poter essere rivelata senza difficoltà da ordinari impianti per radiocomunicazioni
amatoriali: essendo tuttavia a carattere sporadico, possono verificarsi giorni successivi di osservazione
senza alcun risultato. A causa della particolarità e dell’intensità delle emissioni, lo studio costante e
sistematico delle radioemissioni di Giove nell’intervallo di frequenze da 10 MHz a circa 40 MHz
costituisce una delle attività più accessibili ed affascinanti per il radioastronomo dilettante (Fig. 11).
Questo è un classico esempio di attività dilettantistica che, se condotta con precisione e sistematicità, è di
grande interesse anche per la ricerca radioastronomia professionale.
Fig. 18: Programma di acquisizione e di registrazione dei dati DataRAL10 per il ricevitore RAL10.
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Trascurando gli oggetti di piccolo diametro angolare detti radiostelle (come, ad esempio le pulsar)
probabilmente troppo deboli e distanti per essere rivelati con antenne “normali”, vale la pena citare i
cosiddetti resti di supernova, radiosorgenti intrinsecamente molto intense: la più potente é la sorgente
nella Crab Nebula (Taurus A), caratterizzata da un’intensità di flusso, a 10 GHz, dell’ordine di 500 Jy,
rivelabile anche da strumenti relativamente semplici (Fig. 19).
Fig. 19: Registrazione del transito della radiosorgente Taurus A.
La radiosorgente più potente del cielo dopo il Sole é Cassiopeia A (17000 Jy a 100 MHz) la cui
radiazione, costante e intensa, è spesso utilizzata come sorgente di calibrazione primaria per tarare la
scala degli strumenti radioastronomici ed é molto utile come riferimento per studi sulle caratteristiche di
variabilità della ionosfera terrestre. Anche il centro della nostra galassia, Sagittarius A, é una
radiosorgente di notevole potenza (dell’ordine di 1000 Jy a 100 MHz), la prima ad essere stata scoperta
da Jansky), relativamente facile da captare con strumenti amatoriali alle lunghezze d’onda metriche.
E’ interessante concludere questa panoramica sulle possibilità della radioastronomia amatoriale
accennando alla strumentazione realmente disponibile sul mercato. Una delle osservazioni più frequenti
poste dagli appassionati riguarda proprio la difficoltà che molti sperimentatori hanno nel reperire ed
attrezzare una stazione radioastronomia funzionante. Dove trovare il materiale e le informazioni? Si è
potuto verificare come uno degli ostacoli principali alla diffusione della radioastronomia amatoriale sia
legato alla disponibilità commerciale della strumentazione e di informazioni tecniche. Fino ad ora, un
radioastronomo dilettante doveva necessariamente costruirsi i sistemi di antenna, i ricevitori e i sistemi di
acquisizioni dei dati, o adattare apparati destinati ad altri usi. Per questo motivo i primi radioastronomi
dilettanti sono sempre stati radioamatori o tecnici elettronici esperti in telecomunicazioni con la passione
di osservare il cielo: molte delle prime esperienze si sono avviate con ricevitori per radioamatori adattati
per utilizzi radioastronomici. Una virtù indispensabile, per affrontare la radioastronomia amatoriale con
successo, sembra quindi essere la pratica della tecnica elettronica. Questo comporta notevoli limitazioni e
“discriminazioni” di utenza: è un fatto che da tale disciplina siano stati finora esclusi gli astrofili,
appassionati che, possedendo un’approfondita conoscenza del cielo, sono certamente le persone più adatte
per apprezzare gli ampliamenti nell’orizzonte della conoscenza che la radioastronomia può dare alla
tradizionale astronomia ottica.
Dopo numerose richieste, per superare almeno in parte tali difficoltà, la società RadioAstroLab ha
sviluppato una serie di proposte dedicate alla radioastronomia amatoriale, con lo scopo di diffondere tale
disciplina. Per chi desidera iniziare l’attività di ricerca radioastronomia è ora possibile:
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· Acquistare strumenti (hardware e software) specificamente progettati per applicazioni
radioastronomiche.
· Acquistare moduli professionali (montati e collaudati) con i quali costruire apparecchi riceventi
secondo le proprie necessità e disponibilità economiche. Tutti i sistemi proposti sono modulari e
ampliabili anche in un secondo momento.
· Acquistare KIT per l’autocostruzione di piccoli radiotelescopi.
· Acquisire informazioni, documentazione, note applicative ed esempi di realizzazioni amatoriali.
Le figure precedenti mostrano esempi di radiotelescopi a microonde realizzabili con componenti
provenienti dal mercato TV-SAT e unità base Microwave Radiometer RAL10 di RadioAstroLab,
disponibile commercialmente. Per gli amanti dell’autocostruzione è disponibile un KIT che consente di
realizzare, in modo semplice, economico e “sicuro” in termini di affidabilità e ripetibilità di prestazioni,
uno strumento analogo. Si tratta di un ricevitore Total-Power che misura la potenza totale associata al
segnale captato dall’antenna e la potenza dovuta al rumore proprio del ricevitore (si veda, per ulteriori
dettagli, lo schema a blocchi riportato in Fig. 14). Utilizzando un circuito differenziale di postrivelazione, è possibile misurare solo le variazioni del segnale dovute alla radiazione proveniente da una
radiosorgente intercettata dal fascio di ricezione. Il sistema è equipaggiato con software di acquisizione
dedicato. Acquistando in un qualsiasi supermercato dell’elettronica di consumo (o presso i più qualificati
installatori TV-SAT) l’antenna parabolica e, nel caso del KIT, l’unità elettronica esterna (LNB+feed) e il
cavo coassiale, è semplice e immediato installare un sensibile radiotelescopio a microonde collegando il
sistema alla porta USB di un PC. Le prestazioni dello strumento saranno condizionate essenzialmente
dalla grandezza dell’antenna utilizzata.
Il ricevitore RAL10 è stato progettato per consentire agli aspiranti radioastronomi, ai gruppi di astrofili
e alle scuole di installare un efficiente radiotelescopio a microonde a basso costo, raccogliere e analizzare
i risultati delle osservazioni con strumentazione standardizzata e condivisibile da altri sperimentatori. Un
importante vantaggio che deriva nell’utilizzare sistemi standardizzati specificamente sviluppati per
radioastronomia, risiede nella possibilità di creare una rete di sperimentatori dilettanti che, in gruppo o
individualmente, pianificano osservazioni programmate con attrezzature dotate di caratteristiche
confrontabili e ripetibili. Sono accessibili gruppi di discussione sul web per approfondire questioni di
radioastronomia amatoriale, problematiche tecniche sull’utilizzo e sull’ottimizzazione della
strumentazione e, in definitiva, la possibilità di scambiarsi esperienze e confrontare i dati. In questa ottica
è ipotizzabile la creazione di una banca dati delle osservazioni amatoriali.
Doc. Vers. 1.0 del 18.04.2013
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