Perché un Anno della Fede?
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Perché un Anno della Fede?
Perché un Anno della Fede? Dalla cristianità alla postmodernità Davvero provvidenziale è stata l’intuizione di Papa Benedetto di indire un Anno della fede, analogamente, pur in proporzioni diverse, all’intuizione di Papa Giovanni XXIII di indire un Concilio. Il Concilio Vaticano II infatti è stato celebrato nel vortice del cambiamento tra una società “cristiana”, e l’insorgere della “società moderna”: dono inestimabile della Provvidenza che ha consentito alla Chiesa Cattolica di far fronte alle nuove e agguerrite sfide della modernità, con la quale comunque è entrato in confronto. L’Anno della fede si colloca invece nel vortice stesso della postmodernità. Consideriamo i passaggi epocali che connettono e differenziano la cristianità, la modernità e la postmodernità. La Cristianità Nella cristianità, cristianità che va da Carlo Magno (800 d.C.) fino alle soglie degli anni 1960, il patrimonio dei valori del Cristianesimo era condiviso dalla cittadinanza, anche se non sempre adeguatamente vissuto e testimoniato; veniva trasmesso al naturale di generazione in generazione, da genitori a figli; aveva risvolti pubblici senza contestazioni, salvo rare eccezioni, anzi, sotto molti aspetti, era l’anima del vivere sociale; le sue molteplici opere di carattere sociale erano aperte a tutti i cittadini senza distinzioni: una serie di Fondatori e di Congregazioni volte all’emarginazione dei piccoli, per i quali hanno dato avvio a tante scuole, e degli anziani ammalati per i quali hanno creato strutture di supporto; la pietà popolare era diffusa e lambiva anche i poco credenti, comunque battezzati; tutti erano battezzati, tutti si sposavano in chiesa, per tutti si celebravano i funerali religiosi: le eccezioni suscitavano scandalo; pochissimi avevano l’audacia di dichiararsi atei; messa domenicale e festiva, dottrina cristiana, devozione mariana, pellegrinaggi, conventi e monasteri, funzioni, novene, tridui, quarantore, processioni, culto dei morti, pratica della via crucis, devozione al Sacro cuore di Gesù e al Sacro cuore di Maria (primi venerdì e primi sabati del mese), confraternite, associazioni (Azione Cattolica), rogazioni, benedizioni delle famiglie, venerazione del proprio vescovo e del papa.. erano tratti qualificanti della religiosità vissuta nella cristianità. Il segno più evidente di tale società era il suono delle campane che ritmavano le giornate, anche qui analogamente a quanto accade nei paesi musulmani per la preghiera annunciata dal Muezzin. Dio era riconosciuto, venerato, pregato, da qualcuno anche temuto. Veniva riconosciuta la centralità della parrocchia come luogo di socializzazione. La famiglia, considerata come struttura portante della società, aveva carattere patriarcale. Lo scenario politico era sostanzialmente limitato all’Europa cristiana, frantumata nei suoi scismi, e in perenne guerra tra uno stato e l’altro o tra alleanze di stati. Tuttavia, lungo tale periodo della Cristianità si sono incuneati alcuni elementi di “modernità”, che hanno nel Rinascimento, in Cartesio, nell’Illuminismo (con i principi della fraternità, libertà, uguaglianza) e nelle correnti filosofiche successive e, in parte conseguenti, al positivismo i loro capisaldi. La Modernità Nella modernità - fenomeno culturale che va dagli anni ’60, in corrispondenza con l’evento del Concilio fino alle soglie degli anni novanta, i cui prodromi hanno le radici nei fenomeni culturali appena accennati - il Cristianesimo, specialmente nella sua edizione di Cattolicesimo, è stato travolto da un uragano di carattere culturale che mirava a renderlo insignificante sul piano dell’evoluzione sociale, relegandolo tra le pareti delle chiese e nell’intimità delle coscienze. Come fatto culturale ha le sue matrici in alcuni fenomeni di carattere economico sociale. Anzitutto, il boom economico, figlio dell’industrializzazione, a sua volta frutto della geniale laboriosità umana (pensiamo al miracolo del Nord Est con le sue imprese micro e medie a conduzione familiare), assicurò ovunque ricchezza e benessere, con i suoi miti (la casa in proprio) e con le sue innovazioni tecnologiche (televisione, frigoriferi, lavastoviglie, autovetture.. con l’aggiunta di forte senso emulativo, ma anche di invidia e gelosia, di arrivismo), avviò un’era gloriosa di scolarizzazione; portò soprattutto i giovani dalle campagne alle fabbriche dove percepivano stipendi superiori ai guadagni dei loro genitori, che nel frattempo perdono di “autorità”, rimasti a coltivare i campi, accentuando in tal modo anche il fenomeno, inarrestabile come un’ondata marina, dell’urbanesimo (i paesi si ingrossano e le periferie delle città si ingigantiscono). Si impostò la vita sui parametri di uno stile che fosse al passo con i tempi e i desideri dell’uomo, indipendentemente dalla legge di Dio. Dio viene lentamente emarginato, in quanto ritenuto inutile, superfluo, agli effetti della costruzione della civiltà avanzata, anche se non dimenticato del tutto (molte forme di religiosità tipiche della Cristianità perdurano, anche se perdono di vigore e di smalto, mentre la catechesi entra in sofferenza). Sarà proprio frutto di questa cultura, che progressivamente si è andata radicalizzando soprattutto sotto la spinta della cultura radicale, che si è verificato il fenomeno, imprevedibile e funesto per le sue conseguenze sotto il profilo culturale dilagante e irrefrenabile, del referendum e della legge del divorzio prima (1974) e dell’aborto poi (1978). Si fece strada e si impose quella che fu definita la secolarizzazione, cioè la riduzione dell’orizzonte della sensibilità culturale: da quello che nella società cristiana faceva alzare gli occhi rivolti prima di tutto al Trascendente, a quello orizzontale, interessato sempre più, e quasi esclusivamente, all’immanenza che ha come centro l’uomo. Si passa dalla dimensione verticale teologica a quella orizzontale antropologica; dalla centralità di Dio alla svolta antropologica, anche nella catechesi e nella teologia: al centro di tutto sta l’uomo con i suoi interessi immediati terreni e le sue problematiche che ha il compito di risolvere da se stesso. La seconda matrice della modernità va riconosciuta nel fenomeno della contestazione globale, radicale, intenta a tagliare le radici del passato e a scalzare ogni forma di autorità. Partita dai paesi anglosassoni, ben presto si impastò di ideologia, soprattutto marxista gramsciana, che ha dilagato nelle scuole di ogni ordine, specialmente nelle università e nei gangli del vivere culturale sociale e giuridico, infestando la vita sociale di assemblearismi e di collettivi. Le sue frange estreme - l’estrema sinistra, cui si contrappose l’estrema destra - si organizzarono in vista della conquista del potere politico e sfociarono ben presto nella strategia del terrorismo, di destra e di sinistra, come soluzione ai problemi politici: l’epilogo nefasto di quegli anni di piombo, con la serie allucinante di stragi, di cui ancor oggi poco si sa, fu l’uccisione di Moro nel ’78 e la strage di Piazza Fontana. L’ideologia divenne la scuola dei partiti, centro focale e vero asse portante del vivere socio politico, schierati dialetticamente e capaci di coinvolgere fino alle passioni più animose e violente, creando alleanze programmatiche, un po’ ballerine a causa della piattaforma ideologica eterogenea, dal compromesso storico ai successivi tentativi alquanto ibridi. L’assalto al potere dello stato, considerato un totem sacro, fino ad evolversi sempre più in statalismo parassita e ad esporsi a tangentopoli, fu l’obiettivo della forte dialettica dei partiti. Ogni tornata elettorale era carica di tensione. Né meno caldo era il fronte del sociale contrattuale (i famosi autunni caldi), guidato dai sindacati, non sempre in accordo tra di loro, sempre sul piede di guerra e pronti a ricorrere all’arma dello sciopero. Nonostante il boom economico, o, forse, a causa dello stesso, nel mondo occidentale, Italia compresa ovviamente, si verificarono ripetute crisi di approvvigionamento e di costi in forte rialzo del petrolio (fra tutte emerge quella del ’73, nel bel mezzo delle crisi arabo israeliane): petrolio reso sempre più necessario e in quantità crescente per uso industriale, energetico, automobilistico.. E poiché i più grossi produttori di petrolio sono i paesi arabi, di fatto l’Islam fece il suo ingresso formale e in vaste proporzioni nei paesi dell’occidente, rivelando tratti di possibile collaborazione ma anche segnali minacciosi di fondamentalismo. Sul fronte internazionale nell’era della modernità hanno dominato i grandi regimi, le dittature di destra (Cile, Argentina..) o di sinistra (Urss, Cina, Cambogia, Vietnam, Cuba, Angola, Mozambico, paesi non allineati come la Jugoslavia..); ma si è verificata anche la decolonizzazione dell’Africa e di altri paesi del cosiddetto terzo mondo. Lo scenario mondiale che vide emergere due potenze, URSS e USA, tenute a freno dalla “guerra fredda”, mal governata dall’ONU che rivelò sempre più le sue carenze, anche nel governare infiniti focolai di guerra e di guerriglia, specialmente la guerra del Vietnam, si fece sempre più vasto e il coinvolgimento di ogni stato, o degli accorpamenti di stati (cfr Europa) nell’ambito della globalizzazione sempre più vistoso. Sotto il profilo economico, se gli Stati Uniti stavano marciando alla conquista dei mercati mondiali (cfr le catene della grande distribuzione, poi imitate anche localmente), di fatto furono le multinazionali a dominare la scena, depredando ovunque e senza criteri ecologici, sociali ed etici, sprofondando gli stati del terzo mondo in una voragine di debiti. Mentre la scalata a portarsi per primi sulle frontiere delle scoperte avvia la grande avventura spaziale che ha incentivato ulteriori scoperte scientifiche su tutti i fronti della ricerca. Un suo emblema, e quasi status symbol, potrebbe essere la famiglia che trapassa da patriarcale a monocellulare, sempre più sola; con il suo appartamento e la sua automobile. Di fronte all’evoluzione culturale che ha caratterizzato la modernità, alcuni teologi tentarono, piuttosto maldestramente, una via cristiana all’umanesimo orizzontale, nella cosiddetta “teologia della liberazione” che in gran parte assumeva le categorie interpretative marxiste. Mentre la Chiesa, purificata e fortificata dalla brezza dello Spirito aleggiato sul Concilio, suffragata dai Sinodi e sostenuta dai Movimenti che fanno la loro apparizione sulla scena ecclesiale, cerca le nuove vie per far fronte alla novità culturale di una società sempre più secolarizzata. Sotto il profilo della pietà popolare, che resiste, si sviluppano i pellegrinaggi, in terra santa o nei luoghi mariani. Sul fronte dell’evangelizzazione avvia la stagione degli interventi della CEI che si snodano sulla linea: “Evangelizzazione e Sacramenti” e “Rinnovamento della catechesi”. Benché, trascinati dalla forza di inerzia della Cristianità che perdurava, senza preoccuparsi più di tanto delle sfide che la modernità poneva al patrimonio dottrinale della Chiesa, che avrebbe avuto bisogno di essere accolto con più nitida consapevolezza, le generazioni che hanno attraversato la modernità non furono preparate a superare una certa superficialità della catechesi, trasmessa con i criteri che caratterizzavano la tradizione della Cristianità: una catechesi estranea alla modernità, incapace di incidere nella qualità e nello stile della vita, che nel frattempo scorreva parallela, e anche assai lontana, dalla cultura del Vangelo. Mentre nulla più era come prima, come nella Cristianità. In questo contesto la cultura della modernità si stava nel frattempo evolvendo in cultura della postmodernità. La Postmodernità Postmodernità Si tratta di un fenomeno culturale, che, a partire dalla caduta del muro di Berlino, agli inizi degli anni novanta, e da tangentopoli, per inondazione devastante come uno tsunami, con la sua irruenza irrefrenabile e travolgente e con la sua silente liquidità (o siamo già nella fase di gassosità e di evanescenza che fa sperimentare sempre più il senso del vuoto e perciò della noia?), dove domina il pensiero debole, che irrompe e si impone mediaticamente per plagio; dove è possibile tutto e il contrario di tutto; dove la stessa famiglia da monocellulare si evolve in famiglia aperta, non solidamente ancorata ma liquida; dove si prospettano i diritti dell’individuo, anche quelli che alterano la natura stessa della famiglia, come il matrimonio dei gay, ha tolto ogni punto di riferimento significativo, come era ad esempio l’ideologia politica nella postmodernità, e Dio nella Cristianità, sta corrodendo ogni forma di certezza, lasciando l’uomo, stordito e disorientato, alla deriva del senso stesso del vivere, “in assoluta libertà” da Dio e da regole vincolanti. È fenomeno dilagante nel mondo occidentale, ma sta lambendo e intaccando anche il resto del mondo, togliendo ossigeno alle ragioni del vivere, mentre si imbastisce una qualità di vita che, nel benessere diffuso, con punte concentrate (i big della ricchezza), fa sperimentare malessere e paura, ingenerata, questa soprattutto a cominciare dall’attentato alle torri gemelle, per opera di un mondo islamico, quello fondamentalista, che interpreta l’occidente come l’impero ateo che misconosce e combatte Allah. Di conseguenza, se nella modernità l’opposizione più pericolosa era quella tra USA e URSS, nella postmodernità è quella tra mondo occidentale postmoderno e Islamismo, che lo sta invadendo anche in forza della denatalità occidentale e della supernatalità loro, specialmente nella sua dimensione fondamentalista. In gran parte prosegue sulla linea dell’orizzontalismo tipico della modernità, in parte invece lo altera (ragione per cui si parla di post-modernità), soprattutto con la prepotenza con la quale impone il principio dissolutore di ogni tessuto sociale civile, qual è il senso stesso del vivere sociale: il mito dell’individuo, che dà la scalata al successo, con il suo corredo di idolatrie. Come a dire che il soggetto sociale è sostituito dal soggetto individuo. La postmodernità fa passare la cultura da un monismo collettivista, caratteristico della modernità, ad un dissennato e irrefrenabile individualismo liberista. La sua grammatica si intesse sostanzialmente dei seguenti principali aspetti, se non si vogliono definire principi. In rete tra di loro. Per maggior chiarezza, ne raggruppiamo gli aspetti attorno a due nuclei di cui appaiono, e probabilmente lo sono, efflorescenze. I termini che li rappresentano sono tutti “ismi”. Il primo nucleo è costituito, come già accennato, dall’individualismo, che fa dell’individuo un assoluto, intento a creare egoisticamente il mito di sé: uno vive per se stesso! E perciò dissolve il senso sociale; l’io diventa dio se stesso; gli altri come non esistessero, o esistono solo in rapporto a lui e in dipendenza da lui. Il digitale, che è l’emblema della postmodernità, sia per i nativi sia per i migranti, al di là delle apparenze, accentua tale cultura: lo stesso face book e twitter altro non è se non una esperienza di individualismo rapportato agli altri, i quali rivestono importanza solo se gratificano ed esaltano te, come fossero delle vitualità. Le sue efflorescenze sono rappresentate da: il soggettivismo, che esalta il soggetto come luogo di autenticità di interpretazioni: vale, ed è indiscutibile, il punto di vista soggettivo; sicché, più che fatti oggettivi, esistono interpretazioni, ermeneutiche, che in effetti creano la realtà. L’esaltazione dell’individuo lo barrica nella privacy, mentre di fatto, per il potere dei media (cfr internet) tutti sono in pasto mediatico a tutti, come a dire che il massimo di individualismo si trova, suo malgrado, in esposizione mondiale; il protagonismo, per cui una persona si percepisce di valore solo se ha un ruolo di primo piano, in tutti i settori; il frazionismo, che esalta lo spontaneismo e la molteplicità in simultanea delle esperienze (da multitaskin), da collocare in scaffalature, ritenute tutte valide in sé, da nessuno giudicabili e a nessuno comunicabili in modo da divenir significative per altri: l’esperienza consumata in sé, utile a nessuno; fa convivere, senza sussulti e turbamenti di coscienza, realtà antinomiche, come il bene e il male, il peccato e l’eroismo, preghiera e vita disordinata immorale (cfr le convivenze, “gli affari sono affari”...). Può assumere la modalità espressiva tipica del conformismo, come omologazione alienante alle leggi degli ambienti, degli spazi abitati, al punto da frantumare l’unità della persona: “Uno, nessuno, centomila”: in famiglia, a scuola, nella curva dello stadio, in discoteca, davanti ad internet.. Può assumere anche la caratteristica di frazionismo del tempo generazionale: non si riesce più a comunicare non soltanto sulla linea intergenerazionale, ma anche in quella endogenerazionale, cioè all’interno della stessa generazione, in quanto non si capiscono nell’arco di quattro – cinque anni: sembrano abitanti di pianeti diversi. il libertarismo, che fa della libertà individuale un assoluto, svincolato da ogni legame, eccetto quelli della pura convenienza o quelli legati a sanzioni; vi trova il suo humus la cultura della trasgressione, delle furbizie, del farla franca; vi domina il principio: “vietato vietare”. Tutto deve essere permesso e deve esserne riconosciuto il diritto. In questo contesto vorrebbero essere giustificati i cosiddetti “diritti individuali”, tra i quali primeggia oggi quello del matrimonio dei gay e l’adozione consentita loro. il relativismo, come dittatura al dire di papa Benedetto, veritativo ed etico: vero ed etico è ciò che giova a me; di qui il pensiero debole che evidenzia il pluralismo delle realtà e delle loro interpretazioni, e la amoralità dell’agire; l’emozionismo, con il suo partner qual è il sensazionismo, che mette in stand by la ragione e i sentimenti, per esaltare come esperienza che caratterizza l’interiorità le emozioni viscerali; l’edonismo, che ricerca solo fonti di piacere, fisico sensazionale, e ritiene il piacere il movente e lo scopo dell’agire; l’uomo cerca di “star bene con se stesso”, non importa a quale prezzo da parte degli altri; il consumismo, che sviluppa la cultura del “tutto, subito, a portata di mano, mordi e fuggi”, estensibile ad ogni ambito del vivere dell’uomo, fino a quello degli affetti; l’opinionismo, che fa dell’opinione degli esperti o pseudo esperti tuttologi una incontestabile verità; vi domina il pensiero debole che accaparra il consenso demagogico ai più sguarniti; l’indifferentismo, che sconfina spesso con l’intolleranza, nei confronti dei diversi e di quanti non fanno parte della propria cerchia di interesse, quelli fuori dal proprio face book o del proprio twitter; il lassismo, che lascia correre su tutto, anche su valori e su comportamenti non facilmente condivisibili; il pansessualismo, che mistifica la sensualità come un diritto dell’individuo, al di là di possibili limiti morali; il femminismo, inteso come movimento che rivendica la parità della donna con l’uomo, con tutti i suoi diritti, come se l’uomo fosse la misura dei diritti della donna e non la sua identità. Il secondo nucleo è costituito dall’alterazione e dal rifiuto dichiarato dei valori tradizionali. Le sue principali efflorescenze sono: l’ateismo conclamato sotto forma di agnosticismo scettico, acriticamente assunto, quale biglietto da visita di garanzia di libertà di pensiero; di fatto coincide con il panteon degli idoli oggi moltiplicati; Dio è considerato un ingombro, un essere, se c’è, da avversare; il secolarismo, fenomeno culturale tendente ad assolutizzare, rispetto ad ogni possibile riferimento alla Trascendenza, l’autonomia delle realtà temporali: politica, cultura, economia, famiglia, vita umana …; il laicismo, che esclude dal paniere della laicità, cioè dei valori umani, le espressioni della religiosità, non riconoscendole alcun diritto di intervento e di incidenza nel vivere sociale civile. In connubio con il secolarismo, il laicismo ha alterato a livello del vivere sociale il senso dello spazio e del tempo, da sempre collegati, sotto certi aspetti, al senso del sacro; di conseguenza, è responsabile della cancellazione, per usurpazione, delle espressioni forti del Cristianesimo: la domenica trascorsa nei centri commerciali; la solennità dei Santi usurpata da Halloween; il Natale sostituito da babbo natale; la Quaresima invasa dal carnevale prolungato; la festa del patrono compromessa con la sagra del quartiere o del paese … via il crocifisso dai luoghi pubblici; il razionalismo, che idolatra la dea ragione come unico criterio veritativo e apertamente sfida tutte le espressioni della religiosità, denunciandone il tasso di mitologia; lo scientismo, con il conseguente tecnologismo (cfr robotica) che, esaltando la conoscenza scientifica, fondata sul metodo della sperimentazione, come l’unica vera e indiscutibile conoscenza, da tutti condivisibile e condivisa, fa della tecnoscienza il deus ex machina, in sostituzione di Dio; non c’è più bisogno di Dio; basta la scienza a spiegare tutto; ne è figlio il mito del progresso inarrestabile in favore di tutti, a portata di mano di tutti, senza fatiche, non più frutto dell’impegno personale ma della genialità e della fortuna. Lo scientismo non intende fermarsi su nessuna soglia, nemmeno su quella della vita nascente (cfr staminali) e tramontante (cfr bioetica); l’evoluzionismo, inteso come l’insieme dei processi sociali di accelerazione temporale, dove tutto viene superato e invecchia solo dopo poco tempo (cfr le news); il “cibernismo”, che dà progressiva, incalzante ed inarrestabile accelerazione al tempo, al movimento e alle trasformazioni; consente di abbreviare i tempi di raccordo tra un luogo e l’altro fino ad azzerarli (cfr treni ad alta velocità, aerei supersonici, media attraverso i quali gli avvenimenti sono conosciuti in contemporanea in tutto il mondo, ci si vede da un capo all’altro della terra, annullando le distanze); ne consegue una frenesia che fa vivere la fretta, indotta, come angoscia, accumulando stress; il fenomenologismo, a scapito della realtà in sé e dell’autenticità della identità personale; l’io vale ciò che vale agli occhi degli altri; le apparenze valgono molto di più della realtà, che rimane in gran parte sconosciuta e lasciata nell’insignificanza; il nihilismo, che azzera tutto, a cominciare dai valori che fondano la dignità della persona umana e il tessuto sociale; l’agonismo, che considera gli altri degli antagonisti da sconfiggere e annientare; l’imperialismo mediatico, accaparrato dalle grandi agenzie culturali che dettano idee e comportamenti; il politicismo, inteso come assalto al potere economico insito nel potere politico, da parte degli avventurieri della politica. Invece che servizio al bene comune, la politica si trasforma in occasione di arricchimento individuale o di partito, mentre gli sprechi si moltiplicano, anche in funzione del clientelismo; il leaderismo, prodotto del politicismo, che moltiplica i leader a dismisura, rendendo assai faticosa la composizione di forti maggioranze, sempre in balia della volubilità dei minuscoli partiti; il populismo, che fa leva sugli umori fluttuanti ed evanescenti delle masse, specialmente nei momenti di protesta; il democraticismo, che sconfina con la frantumazione dei partiti; il globalismo, considerato più che incrocio culturale come mercato aperto a tutte le avventure delle multinazionali, delle catena della grande distribuzione, delle finanze e dell’economia, di cui la delocalizzazione, soprattutto selvaggia, è punta di iceberg; il liberismo, che autorizza l’individuo a tentare la scalata e l’accumulo delle ricchezze senza limiti, senza vincoli di morale e di imposizioni statali; tutto è in mano al dio mammona e chi lo gestisce da padrone; il finanziarismo, figlio del liberismo sfrenato, che fa delle finanze l’assoluto da cui far dipendere il destino persino degli stati; tutto è economia, tutto è finanza: un monismo assoluto che giustifica ogni forma di speculazione. Simbolo della postmodernità potrebbe essere assunto il digitale di ultima generazione, che comporta una rivoluzione di tale vastità e radicalità che non è posta solo a disposizione di tutti, al punto da avere il mondo in tasca e nelle mani, ma anche da rendere più problematiche le relazioni intergenerazionali: tra i nativi digitali, i migranti digitali e coloro che non hanno alcuna familiarità con il digitale. La risposta della Chiesa Cattolica alla Postmodernità Di fronte a questa cultura travolgente, supportata dai media, che comunque sta rivelando profonde crepe preludio di un inesorabile tramonto (cfr bolla speculativa, i rigurgiti di religiosità, il rinato bisogno di solidarietà..), la Chiesa Cattolica risponde riproponendo come servizio all’uomo, smarrito e stordito dalla postmodernità, la cultura della fede, rispettosa dell’umano e capace di farlo risorgere, attraverso quella nuova evangelizzazione, su cui il Magistero da anni sta concentrando l’attenzione e di cui il Sinodo recente si è fatto carico. Già da tempo la Chiesa ha avvertito il radicale e rapidissimo cambiamento culturale. E l’ha affrontato con atteggiamento di apertura e di fiducia, ma, nello stesso tempo, con forte e preoccupato senso di responsabilità. A partire dalla consapevolezza di ciò che stava accadendo. Non a caso il primo Convegno nazionale della Chiesa che è in Italia, a Palermo, proprio agli albori minacciosi della Postmodernità, è stato imperniato sul tema: “La Chiesa in un mondo che cambia”. La Chiesa, mentre nella sua espressione gerarchica si ritira sempre più dalla scena politica con i suoi diretti interventi, almeno in concomitanza con tangentopoli che ha posto fine alla prima Repubblica, sollecita i laici a farsene carico, previa adeguata formazione. La Chiesa che da sempre si rivolge a tutti i battezzati, laici, consacrati e ordinati, oggi avverte la necessità improrogabile di formare laici di alto profilo, perché siano testimoni, sulle frontiere dell’evangelizzazione, quali sono gli ambiti della laicità, della incidenza che ha il patrimonio della fede cristiana sulla qualità del vivere sociale civile. Facendo conoscere Dio come arché di tutte le scoperte della scienza e testimoniandoLo come garante dell’umanesimo che considera la persona umana come un assoluto rispetto al potere politico, economico, finanziario, culturale. Segnala pertanto ai laici le fonti a cui attingere i contenuti autentici della fede (fides quae): la Parola di Dio, i testi del Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica; potremmo utilmente aggiungervi la vita dei santi. Oltre che i contenuti, la Chiesa presenta anche le ragioni della fede (fides qua), facendo leva su una fede pensata senza razionalizzarla; soprattutto invita ad affidarsi a Dio (fides in quem). Come a dire che chiede al credente, e lo mette nella condizione, di credere il patrimonio dei contenuti della fede; di sapere il perché crede; di credere in Dio nel senso dell’immergersi nel suo grembo trinitario, in conformità a quanto realizzato nel sacramento del Battesimo: “Io ti battezzo, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”: la fede cristiana infatti è anzitutto fede nel Mistero dell’Amore Trinitario di Dio, nel cui grembo trova spiegazione e senso il mistero dell’uomo! Nello stesso tempo, ricorda loro di non far ricorso a metodi da crociati, mettendo a ferro e fuoco tutto ciò che costituisce il tessuto della postmodernità, che va piuttosto considerata come una aberrazione e alterazione di valori autenticamente umani, di cui non disdegna di avvalersi dei nuclei originari di positività valoriale. Pertanto, suggerisce loro di individuare possibili raccordi di confronto dialogico su quella parte positiva dei contenuti, dalla postmodernità alterati in tanti “ismi”. Concretamente, all’individualismo risponde con il riconoscimento dell’individualità, con la sua identità non clonabile e non assorbibile dal sociale; tuttavia in necessaria e vitale relazione con gli altri; al soggettivismo risponde con la soggettività che riconosce l’oggettività su cui esprimere eventualmente la propria valutazione; al protagonismo risponde con l’evangelico “Se vuoi essere primo, sii a servizio di tutti”; al frazionismo esperienziale risponde con un quadro organico di esperienze capaci di dare forza all’identità della persona, una in sé anche nella molteplicità delle esperienze; al conformismo dell’omologazione alienante risponde con l’unità e unicità della persona; al libertarismo risponde con la valorizzazione della libertà intesa come senso di responsabilità verso se stessi, la società e Dio; al relativismo risponde con la relatività, cioè con il riferimento all’Assoluto di verità e di etica; all’emozionalismo risponde con il riconoscimento del valore delle emozioni, ma nel quadro della razionalità e dei sentimenti; all’edonismo risponde con la ricerca della vera felicità nella verità, nell’amore, nella bellezza; in definitiva in Dio, secondo il detto del salmista: “La mia gioia è nel Signore”; al consumismo risponde con l’uso moderato, e solidale, dei beni, dei quali si sente responsabile anche per le generazioni successive, garantite da una ecologia della natura perché salvaguardate dall’ecologia dello spirito; all’opinionismo risponde con la presentazione della Verità come dato oggettivo da scoprire e da assimilare; all’indifferentismo risponde con la necessità per una società globale aperta al futuro della solidarietà fraterna; al lassismo risponde con la non intransigenza; al pansessualismo risponde con il riconoscimento del valore della sessualità e con la sua valorizzazione; al femminismo risponde con il riconoscimento della donna come persona, portatrice di valori specifici di cui l’umanità ha necessità ai fini della sua civiltà; all’ateismo risponde con una fede pensata, che bandisce ogni tradizionalismo, fideismo e fondamentalismo; al secolarismo risponde con il riconoscimento della secolarità, cioè dell’autonomia epistemologica delle realtà temporali, ma non dal creatore; al laicismo risponde con la laicità inclusiva di ogni valore e mai esclusiva dei valori contenuti nel patrimonio della fede; al politicismo risponde con il senso della responsabilità verso il bene comune; al razionalismo risponde con la valorizzazione della ragione come una delle due fonti di conoscenza della verità (l’altra è la fede rivelata); e rivendica senso storico sia alle origini del Cristianesimo, sia alla incidenza delle sue manifestazioni sull’evoluzione civile della storia; allo scientismo risponde con il riconoscimento del valore, relativo, della scienza; al cibernismo risponde con l’impegno a rispettare il passo consentito all’uomo per non restare vittima della velocità travolgente e a mettere il tempo a disposizione dell’uomo e non viceversa; al fenomenologismo risponde con la necessità di far risaltare l’essere sull’apparire; al nihilismo risponde con l’Essere in cui hanno consistenza tutti gli esseri creati; all’agonismo risponde con l’emulazione competitiva; all’imperialismo mediatico risponde con l’uso sapienziale dei media, posti a servizio del bene essere dell’uomo, come singolo e come collettività; al leaderismo risponde con leader di grande statura morale capaci di coagulare ampi consensi; al populismo risponde con lo stile della verità e delle promesse attuabili; al democraticismo risponde con la ricerca della comunione fraterna corresponsabile; al globalismo risponde con l’universalità del genere umano, di cui sottolinea le peculiarità di cultura; al liberismo risponde con l’impresa responsabile con ipoteca sul sociale; al finanziarismo risponde con la dipendenza delle finanze dalla politica e dall’economia, a loro volta poste a servizio del bene comune. La Chiesa educa i laici ad essere significativi negli ambiti della della laicità Stando così le cose, e prendendo atto della realtà, la Chiesa forma i suoi laici a guardare con serena obiettività la complessità culturale di oggi, per rispondervi adeguatamente. Grazie soprattutto alla loro testimonianza di vita e alla capacità di rispondere a chiunque domanda ragione della loro fede. Per questo la Chiesa sospinge i laici ad essere corresponsabili dell’evangelizzazione, cioè persone di fede negli ambiti della laicità , come li ha definiti il Convegno ecclesiale di Verona nel 2006, propri del loro vivere quotidiano, dalla famiglia, alla professione, alla sanità, all’economia, alla politica, alla ricerca scientifica, all’insieme delle professioni lavorative… senza vergogna di essere e di dimostrarsi cristiani, nella consapevolezza che l’essere cristiani nulla toglie all’essere umani, ma illumina e salvaguarda le prerogative delle realtà terrene come luce del mondo e sale della terra. Soprattutto a livello delle relazioni, nelle quali molta parte di incidenza dipende dalla capacità di essere simpatici perché empatici. Dal punto di vista pastorale la Chiesa non può non tenere in considerazione il fatto che degli attuali suoi fedeli alcuni hanno matrice esperienziale cristiana che affonda le radici nella cristianità; altri nella modernità, altri nella postmodernità. La Chiesa è pertanto interpellata dalla differenziazione di situazioni che deve accostare con metodi appropriati, senza imporre iniziative e linguaggi omologati. Con il punto di vista pastorale si interseca quello antropologico: tra le generazioni oggi vi sono distanze astrali nell’ambito delle comunicazioni intersoggettive, in forza degli stessi codici linguistici: come venirsi incontro, senza squalificarsi, per non condannarsi all’incomunicabilità? Queste ed altre tematiche vanno prese in considerazione serie per elaborarne, laici e preti insieme, possibili punti di raccordo. Alieni da conflittualità. Anche se esposti alla dialettica del confronto. Ne va della convivenza evangelizzante. pacifica e dell’efficacia della + Giuseppe Zenti Vescovo di Verona pastorale