Manuale - Insegnare a leggere e scrivere metodo Fol

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Manuale - Insegnare a leggere e scrivere metodo Fol
Il metodo FOL: aspetti teorici
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Il metodo FOL: aspetti teorici
Il metodo FOL (fonologico/alfabetico ortografico lessicale) si vuole proporre sia come una metodologia didattica di apprendimento della lettura e scrittura,
che viene sviluppata nell’arco di circa 2-3 anni di scolarizzazione, a partire dalla
prima fino alla terza elementare o oltre, sia come metodologia pedagogica-riabilitativa dei ritardi o disturbi di apprendimento della lettura e scrittura.
Questo metodo può essere utilizzato anche come strumento di monitoraggio dei bambini con disturbi di apprendimento perché consente di conoscere il
livello di acquisizione delle competenze specifiche e di stabilire i processi deficitari e i relativi interventi. È rivolto principalmente alla acquisizione dei processi
di decodificazione/codificazione alfabetica e ortografica a partire dalle singole
lettere, sillabe e parole, per passare poi alle frasi semplici e composte, e infine ai
testi. Non si occupa della costruzione del testo scritto, anche se include l’acquisizione del sistema morfologico, e non si occupa della comprensione del testo.
La proposta di una metodica didattica e riabilitativa finalizzata ai processi
di lettura e scrittura è un compito arduo e complesso, in quanto la ricerca
scientifica non ha ancora definito in maniera esaustiva e completa i processi
normali di acquisizione della lettura e scrittura e i meccanismi che causano le
difficoltà. Nonostante ciò, esistono in letteratura numerose ricerche i cui risultati portano alla concordanza di diversi fattori implicati in questo processo. Il
metodo FOL, che è già stato utilizzato con buoni risultati sia in campo clinico
che scolastico (si veda il Progetto D.A. — progetto di intervento pedagogicoriabilitativo precoce sui disturbi di apprendimento in lettura e scrittura),1 è solo
una proposta alla luce di quanto finora riscontrato nella ricerca clinica.
Tale metodo prevede l’acquisizione di strategie fonologiche/alfabetiche,
ortografiche e lessicali legate ai processi di lettura e scrittura attraverso la costruzione di una rete di informazioni graduate per complessità, che devono essere
gradualmente apprese, memorizzate, consolidate e integrate rispettando i tempi di
acquisizione del bambino. Schematicamente si può dire che il metodo FOL:
a) fa riferimento a un modello teorico di apprendimento sviluppato inizialmente
nell’ambito della neuropsicologia cognitiva;
b) si avvale di una serie di unità specifiche di apprendimento che comprendono
schede di lavoro graduate in via gerarchica da somministrare all’alunno (il
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Per un approfondimento sui risultati ottenuti si veda il libro di D. Ianes e M. Tortello, La Qualità
dell’integrazione scolastica, Trento, Erickson, 1999, pp. 269-273.
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passaggio da una unità all’altra è determinato dalle acquisizioni precedenti su
cui poggiano le successive);
c) si propone di costruire una rete di informazioni fonologiche, alfabetiche,
ortografiche, morfologiche e lessicali che favoriscono l’apprendimento graduato della lettura e della scrittura.
Non si tratta di un metodo solo analitico o solo globale, ma di un metodo
che configura la successione e l’integrazione di strategie dapprima fonologiche
semplici (fonologico-alfabetiche) e poi complesse (di tipo fonologico-ortografico), quindi ortografiche, e infine lessicali. Quando il bambino inizia l’apprendimento di una parola utilizza una decodifica grafema/fonema, e quando ha
appreso quella parola non ha più bisogno di ricorrere alla ricodificazione fonologica per cui userà strategie lessicali (o visuoglobali). La lettura e la scrittura
si configurano come un continuo alternarsi di strategie fonologiche, alfabetiche,
ortografiche, morfologiche o lessicali a seconda del materiale presentato (conosciuto o non conosciuto) e delle competenze acquisite.
Le strategie didattiche basate sull’apprendimento dapprima delle corrispondenze fonema/grafema e grafema/fonema, poi di quelle sillabiche e ortografiche, e infine lessicali, anche se richiedono più tempo, danno poi risultati
positivi, sia per i bambini senza disturbi di apprendimento, ma soprattutto per
quelli con difficoltà, che possono trarre reali benefici solo da una metodologia
fonologica semplice e gradualmente più complessa. Se a un alunno con disturbi
di apprendimento viene presentata una metodica che prevede l’utilizzo di strategie prevalentemente globali, di fatto perderà 4-5 mesi di lavoro prezioso
(all’inizio della prima classe difficilmente l’insegnante può prevedere quali
sono i bambini con problemi di apprendimento e quando lo realizza è già
trascorso un congruo periodo di tempo — quattro mesi nella migliore delle
ipotesi — durante il quale il bambino ha appreso veramente poco). A metà anno
scolastico e oltre, diventa poi difficile, se non impraticabile (classi numerose,
problemi organizzativi, ecc.), ritornare a una metodologia fonologica quando
ormai il resto della classe ha imparato a leggere; così si creano i famosi «divari»
tra gli alunni che all’interno della classe vanno sempre meglio e quelli che
invece «sono sempre lì che devono arrivare». Tali divari difficilmente si ricuciscono da soli, anzi è più facile che si amplifichino nel tempo fino a creare
«diversità» considerevoli.
È mia convinzione che se all’inizio dell’anno scolastico in prima elementare tutti potessero beneficiare di una metodologia fonologica graduata, anche
i bambini con disturbi di apprendimento riuscirebbero ad acquisire semplici
strategie alfabetiche, magari con tempi più lunghi, e i successivi interventi
pedagogici-riabilitativi troverebbero un terreno già preparato in tal senso.
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Il modello teorico
A tutt’oggi, pur non esistendo ancora un modello teorico che spieghi compiutamente l’apprendimento di lettura e scrittura, vi sono comunque numerosi dati
clinici significativi. Per gli adulti i riferimenti teorici più accreditati sono quelli
sviluppati nell’ambito della neuropsicologia cognitiva con la formulazione del
modello del «doppio accesso lessicale» (Morton e Patterson, 1980; Shallice,
1981; Marshall, 1983). Coltheart (1982) postula che il riconoscimento delle
parole e la loro lettura possa avvenire attraverso due vie:
– una via visiva (via lessicale diretta), mediante la quale la parola scritta passa
direttamente dalla rappresentazione grafica alla rappresentazione lessicale, alla
comprensione del significato e alla sua pronuncia finale;
– una via fonologica (via non-lessicale), che funziona attraverso la scomposizione dello stimolo scritto nei singoli fonemi che lo costituiscono, la conversione
dei grafemi in fonemi attraverso le regole di conversione grafema/fonema,
quindi l’assemblaggio dei fonemi secondo un meccanismo sequenziale che
consente di ottenere un codice fonologico per individuare il significato della
parola nel lessico mentale (Job, 1984).
Ma per i bambini l’acquisizione del modello degli adulti non è sufficiente
poiché non ne contempla gli aspetti evolutivi.
Uta Frith (1985) e Seymour (1985), partendo da studi effettuati su bambini
inglesi, hanno proposto un interessante modello di lettura e scrittura per spiegare
come si sviluppano le varie componenti del processo di apprendimento. Frith ha
individuato nello sviluppo del processo di lettura 4 stadi dipendenti fra di loro:
– stadio logografico
– stadio alfabetico
– stadio ortografico
– stadio lessicale.
Lo stadio logografico rappresenta la prima tappa del processo di apprendimento e consiste nello sviluppo di un vocabolario visivo che interessa un ristretto
insieme di parole. Questa strategia di apprendimento permette il riconoscimento
della parola sulla base delle sue caratteristiche grafiche, ovvero fisiche. Il bambino
acquisisce pertanto la capacità di riconoscere le parole, ma in un numero limitato:
la lettura è di tipo visivo e il bambino non è in grado di leggere le parole che non
appartengono al suo vocabolario visivo.
Durante lo stadio alfabetico il bambino inizia a costruire lentamente il
meccanismo di ricodificazione fonologica; impara cioè a segmentare correttamente la parola stimolo nelle lettere che la costituiscono, e ad associare a
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ciascuna lettera (grafema) il suono (fonema) corrispondente. Questo processo
implica la capacità di segmentare la parola secondo un ordine sistematico,
sequenziale, e di associare correttamente a ogni grafema il fonema corrispondente. Pertanto la lettura di una parola avviene sulla base di una attribuzione di
corrispondenza sequenziale tra grafema e fonema.
Lo stadio ortografico, che viene raggiunto verso i 7 anni, implica l’acquisizione della capacità di segmentazione fonemica. Il bambino impara a
eseguire segmentazioni corrette anche nella lettura di parole molto complesse, per cui acquisisce delle procedure efficienti di segmentazione e di conversione grafema-fonema (Sartori, 1984) e può quindi utilizzare regole di conoscenza e di confronto basate sulle unità morfologiche che compongono le
parole. In questo stadio egli può prescindere dalla necessità di utilizzare una
strategia fonologica pura.
Nello stadio lessicale il bambino si stacca dalla necessità di utilizzare i
processi parziali e impara a lavorare su unità visive globali.
Questo modello ipotizza una struttura evolutiva che prevede il passaggio
da una fase all’altra, e le varie fasi si succedono integrandosi reciprocamente per
raggiungere l’automatizzazione dei processi. Nel processo di apprendimento
della lettura vi è una maturazione dallo stadio logografico a quello alfabetico e
poi ortografico, condizionato anche dal materiale presentato al bambino: lettere,
sillabe, parole, non-parole, frasi, testo. Anche nei bambini italiani si osserva una
fase logografica, una fase alfabetica dove si apprendono le corrispondenze
fonema/grafema con rapporto 1:1, una fase che potrebbe definirsi fonologicoortografica dove le corrispondenze sono multiple (es. sc, gh), una fase ortografica e una fase lessicale. Il metodo FOL è ispirato a tale modello e ne approfondisce ulteriormente lo sviluppo, proponendo in particolare una metodologia che
prevede:
– una fase iniziale di apprendimento del sistema grafico e di riconoscimento
visivo delle lettere, poi delle regole di trasformazione tra grafemi e fonemi (sia
fonologie pure o semplici/alfabetiche che fonologie complesse/ortografiche);
– successivamente fasi che semplificano queste operazioni, impadronendosi di
unità più complesse rispetto ai singoli grafemi, cioè imparando a lavorare su
sillabe, morfemi, affissi e singole parole, in particolare quelle che «violano le
regole di trasformazione» (il grafema è costituito da una o più lettere a cui
corrisponde un solo grafema: es. togliere = t/o/gl/i/e/r/e).
Nei bambini con ritardo o disturbi di apprendimento c’è un più o meno
marcato rallentamento delle acquisizioni e della padronanza di tali stadi.
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L’apprendimento della lettura
La lettura è un’operazione complessa che all’inizio prevede un controllo
mentale consapevole e attivo, e in seguito diventa un’operazione automatica
quando le parole vengono riconosciute visivamente come unità e non più attraverso regole di conversione grafema/fonema.
La lettura vera e propria è preceduta da una fase di «prelettura» durante la
quale il bambino comincia gradualmente a fare esperienze di lettura e scrittura
e poi a conoscere l’alfabeto.
La conoscenza del materiale alfabetico è un aspetto che deve essere valutato con particolare attenzione nei bambini in fase di apprendimento, sia in quelli
normodotati sia in quelli con difficoltà, che faticano alquanto a padroneggiarlo.
Il riconoscimento dell’alfabeto comporta un lavoro complesso: il bambino
deve imparare innanzitutto a distinguere le lettere da altri segni, quali lo scarabocchio, i numeri e i disegni, sulla base delle loro caratteristiche specifiche, poi
deve imparare a riconoscere le lettere, la loro forma, i tratti distintivi che ne
permettono la riproduzione, il valore sonoro e l’identità nominale. Alcuni bambini acquisiscono queste abilità di riconoscimento e di riproduzione dopo una
breve esperienza con estrema semplicità, altri invece hanno grandi difficoltà.
Tale abilità deve inoltre generalizzarsi ai principali sistemi grafici utilizzati in Italia e non deve essere dato per scontato che l’apprendimento del sistema
grafico del corsivo avvenga con la medesima facilità con cui in genere avviene
il riconoscimento/riproduzione/produzione dei caratteri del sistema grafico dello
stampatello maiuscolo. Per la riproduzione/produzione il bambino deve possedere una certa abilità grafo-motoria che dipende dalla maturazione dei processi
di specializzazione manuale e delle prassie costruttive.
Infine, perché il materiale alfabetico possa essere utilizzato nella fase
alfabetica, il bambino deve imparare ad assegnare alle lettere il loro valore
sonoro convenzionale, deve raggiungere cioè la competenza di integrazione
visivo-uditiva delle lettere, ovvero segno-suono e viceversa.
Il passo successivo è l’acquisizione della consapevolezza fonologica (Liberman et al., 1974; Morais et al., 1987). Il bambino deve comprendere che la
parola possiede una struttura fonologica interna, costituita da unità distinte e che
quindi la parola è scomponibile. Nella scrittura egli deve operare la scomposizione interna della parola e nella lettura la sua ricostruzione o ricomposizione
dopo aver analizzato grafema per grafema e ricodificato in fonemi. In età
prescolare i bambini di rado riescono a compiere spontaneamente operazioni di
analisi metalinguistica senza un insegnamento formale; all’inizio della scolarizzazione, in prima elementare, essi apprendono la scomposizione sillabica e poi
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quella fonemica che risulta sempre più difficoltosa rispetto alla sillabica (Liberman et al., 1974).
Il bambino deve quindi imparare a decodificare i fonemi, che sono mutevoli a seconda della posizione che occupano nella corrente acustica e fusi
all’interno delle sillabe. Numerose ricerche sui suoni linguistici hanno rilevato
che i bambini non imparano spontaneamente a segmentare una parola in fonemi,
perché il fonema viene percepito non soltanto sulla base delle sue caratteristiche
individuali, ma anche per il suo rapporto con i segmenti fonemici vicini.
Le abilità metalinguistiche
Alla luce delle più recenti ricerche sperimentali le operazioni di analisi
metalinguistica (es. fusione e analisi sillabica) sembrano rappresentare un punto
cruciale nelle relazioni tra linguaggio verbale, acquisizione della scrittura e
della lettura, anche se non sono ancora definite le interazioni causali (Morais et
al., 1987; Morais, 1993).
Numerose ricerche sperimentali hanno evidenziato uno stretto legame tra
apprendimento del linguaggio verbale e linguaggio scritto; in particolare è
emerso che l’acquisizione della lettura richiede lo sviluppo di certe competenze
linguistiche, anche se non sono ancora state identificate quelle indispensabili
per un corretto sviluppo.
Stackhouse (1990) ha così sintetizzato i deficit del linguaggio verbale che
si riscontrano nei bambini con disturbi di apprendimento:
1. span ridotto della memoria verbale nei compiti che richiedono codifica fonologica;
2. difficoltà di segmentazione in compiti metalinguistici (analisi e sintesi fonemica e sillabica);
3. difficoltà di accesso al lessico fonologico;
4. difficoltà nell’articolazione di parole multisillabiche.
In definitiva, le operazioni metalinguistiche — in particolare, segmentazione sillabica e fonemica e sintesi fonemica — sembrano costituire il nucleo e il
cardine del processo di lettura e scrittura: infatti c’è correlazione tra apprendimento della lettura e scrittura e grado di consapevolezza fonologica, cioè della
consapevolezza che i bambini hanno della struttura fonologica della parola.
L’apprendimento della fonologia e di tutte le informazioni che consentono
di utilizzare adeguatamente il materiale alfabetico non sono sufficienti per
scrivere in maniera ortograficamente corretta. È necessario conoscere e appren-
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dere, nonché applicare, le regole ortografiche specifiche di una lingua che
portano all’apprendimento di una rappresentazione ortografica stabile per ogni
parola a livello del lessico mentale: senza questa non è possibile l’immagazzinamento della parola e il suo accesso diretto.
Nella lettura, per riconoscere una parola occorre accedere al lessico mentale che, per qualsiasi parola, possiede tre informazioni fra loro collegate:
– rappresentazione fonologica: sequenza di fonemi
– rappresentazione ortografica: stringa di grafemi da cui è costituita
– rappresentazione del significato.
Queste informazioni vengono acquisite nel tempo e depositate in maniera
permanente nella memoria a lungo termine; la rappresentazione fonologica di
una parola viene acquisita prima di quella ortografica, e infatti si apprende prima
il linguaggio verbale, poi la lettura. Per acquisire la rappresentazione ortografica
di una parola esistono due modalità:
1. modalità diretta, che prevede l’utilizzo della configurazione visiva globale
della parola scritta e il suo immagazzinamento per intero;
2. modalità mediante riconversione fonologica, cioè scomposizione della parola in lettere e traduzione di ciascuna lettera o sillaba nei suoni corrispondenti.
La sequenza così ottenuta viene confrontata poi con le rappresentazioni
fonologiche che esistono nel lessico interno per verificare se essa è già conosciuta nel vocabolario, nel qual caso viene compresa e inserita nel lessico ortografico
interno in modo stabile attraverso frequenti esposizioni alla parola (nel metodo
riabilitativo qui proposto significa proporre più volte la parola).
Nella lingua italiana abbiamo poi il sistema morfologico, formato da
radici, affissi e funtori. Le parole infatti hanno anche una struttura di morfemi,
i quali sono parti della parola dotate di un significato proprio e si suddividono
in due categorie:
– le radici, che portano il significato principale delle parole
– gli affissi, che sono particelle che si aggiungono alle radici completandone o
modificandone in parte il significato. A sua volta gli affissi si suddividono in:
• prefissi, che si antepongono alla radice (es. ri-partire)
• suffissi, che invece seguono la radice (es. ripart-ire).
I funtori invece sono le parole formate da un unico morfema, quali gli articoli,
le preposizioni semplici, la maggior parte delle congiunzioni e molti avverbi.
Nel lessico mentale le parole formate da morfemi (es. radice + suffisso)
sono rappresentate in forma decomposta, cioè le radici da una parte e gli affissi
dall’altra (prefissi e suffissi), che poi combinano con tali radici. Ogni radice si
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può collegare con una o più liste di affissi compatibili (es. la radice cant sarebbe
collegata con i suffissi verbali della 1a congiunzione e con il prefisso in: in-cantare/incantare.
I funtori, che non sono decomponibili in morfemi, sono rappresentati
separatamente dal sistema delle radici e degli affissi.
I risultati che evidenziano la rappresentazione delle parole in forma
decomposta provengono da studi effettuati su soggetti adulti normali che
talora producono errori nel linguaggio spontaneo (Burani e Caramazza, 1984)
e su alcune forme di disturbo acquisito della lettura (Coltheart, 1980) in
pazienti afasici.
Quindi, nel lessico ortografico e fonologico le parole sono rappresentate
in forma decomposta e una riprova sono gli errori di tipo morfologico, che
consistono nella sostituzione di una radice o dell’affisso non in modo casuale,
ma rispettando la struttura in morfemi della parola: nella maggioranza delle
sostituzioni risulta un’altra parola, diversa ma con un significato, mentre più
rare sono le produzioni di non-parole.
Dal punto di vista dell’apprendimento questa modalità di accesso implica
che il bambino impari la «decomposizione morfologica», ovvero a scomporre
uno stimolo scritto in morfemi, e impari anche come e quando deve scomporre
(ad es. deve imparare che «cantare» si scompone in «cant-are»). Tale procedura
è indubbiamente complessa, ma si può automatizzare con l’apprendimento
determinando un notevole vantaggio nella padronanza della lettura.
In definitiva esistono due principali meccanismi di elaborazione dello
stimolo visivo o uditivo:
1. un sistema fonologico, che nel caso della scrittura implica: ripetizione fonologica, ricodificazione fonologica fonema/grafema, traduzione di singoli
fonemi nei grafemi corrispondenti; e nel caso della lettura: ricodificazione
grafema/fonema corrispondente, assemblaggio dei fonemi;
2. un sistema visivo-lessicale, ovvero un sistema di conoscenza lessicale-ortografica che permette di leggere e scrivere le parole con regole lessicali o
ortografiche e di leggere globalmente la parola.
Nel bambino «lettore buono» la lettura è prevalentemente globale e le
parole sono trattate e riconosciute come unità globali; quando invece il bambino
impara a leggere, deve analizzare le singole lettere e informazioni grafiche,
nonché la corrispondenza fonema/grafema di ciascuna di esse, e solo successivamente imparerà a riconoscere una parola in base alle sue caratteristiche
distintive, alla sua lunghezza, alla posizione delle lettere, ai rapporti C-V (consonante-vocale).
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L’apprendimento della scrittura
L’apprendimento della scrittura parte dall’acquisizione della scrittura
alfabetica e si basa sulla decodificazione dei singoli fonemi del linguaggio e
sulla loro codificazione nei grafemi corrispondenti. La scrittura italiana è una
scrittura alfabetica perché si basa su un alfabeto. I segni dell’alfabeto italiano
sono 21 e vengono proposti e utilizzati a livello grafico con i caratteri dello
stampatello maiuscolo e minuscolo e del corsivo minuscolo e maiuscolo. Il
sistema alfabetico è un cifrario del linguaggio verbale e le lettere dell’alfabeto
rappresentano delle unità linguistiche astratte, che sono i fonemi.
La scrittura è un processo complesso che comporta l’acquisizione delle
diverse componenti parziali e la padronanza di una certa competenza motoria.
Infatti scrivere è possibile solo quando il bambino ha raggiunto una adeguata
competenza nella motricità fine e nella coordinazione fine dei movimenti delle
dita. È inoltre indispensabile possedere la padronanza di un’adeguata programmazione spaziale e temporale che consenta di posizionare il segno grafico sulle
righe con ordine, procedendo nella direzione sinistra-destra. Il bambino deve
avere la conoscenza dello spazio grafico del foglio per padroneggiare visivamente le relazioni spaziali tra gli elementi grafici: alto, basso, piccolo, grande,
davanti, dietro, sopra, sotto, destra, sinistra, vicino, lontano. Conoscenza spaziale e orientamento spaziale costituiscono quindi due competenze indispensabili che devono essere organizzate precocemente (fin dalla scuola materna).
Diverse sono le competenze specifiche che il bambino deve apprendere per
potere scrivere correttamente.
L’italiano è un sistema alfabetico, cioè un sistema ortografico lineare
perché c’è una corrispondenza biunivoca pressoché completa tra grafema e
fonema. «Alfabetico» significa che gli elementi che lo costituiscono sono le
lettere dell’alfabeto, che possono essere combinate variamente tra di loro per
formare le parole; a ogni lettera corrisponde in genere un solo suono, mentre per
alcune la corrispondenza non è lineare bensì multipla (es. c = ca, ce).
All’inizio i bambini apprendono a scrivere utilizzando un meccanismo di
conversione fonema/grafema corrispondente, ovvero a ogni fonema viene attribuito il corrispondente grafema secondo un programma di montaggio sequenziale delle singole lettere che compongono la parola. Successivamente, questo
meccanismo che consente di scrivere solo le parole per le quali c’è un’esatta
corrispondenza tra fonema/grafema viene gradualmente integrato da un meccanismo visivo-lessicale. Tale dispositivo consente di apprendere le regole di
specificità ortografica e lessicale, nonché di discriminare tra parole omofone
non omografe.
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Insegnare a leggere e scrivere con il metodo FOL
Nei bambini che acquisiscono buone competenze di scrittura entrambi i
meccanismi si consolidano precocemente integrandosi a vicenda e a seconda dei
compiti proposti vengono attivate strategie specifiche. Questo non accade nei
bambini con disturbi di apprendimento. Per scrivere si deve possedere una competenza indispensabile: essere consapevoli della struttura interna della parola, cioè
sapere analizzare i singoli fonemi che la costituiscono in termini di qualità,
quantità e ordine sequenziale, avere quindi la padronanza delle unità fonologiche
della parola, delle sillabe e dei fonemi. Tali abilità metalinguistiche non sono
presenti in epoca prescolare, ma vengono acquisite durante il primo e il secondo
anno della scuola elementare con una gradualità evolutiva ben precisa: dapprima
il bambino impara a segmentare in sillabe e successivamente in fonemi (l’analisi
fonologica delle parole viene acquisita solo in seguito a un insegnamento formale).
Il bambino deve quindi apprendere a operare con la «scomposizione» —
ovvero con la segmentazione sillabica e fonemica —, deve cioè comprendere
quali sono gli elementi che compongono la parola e l’ordine di tale composizione. Deve capire come è fatta una parola e, quando comincia a capire come si può
scomporre, gli diventa accessibile il concetto di struttura interna della parola. Il
passo successivo alla segmentazione fonemica è la traduzione della sequenza
fonemica nelle lettere (grafemi) corrispondenti alla codificazione fonologicovisiva (grafemica), che deve avvenire ordinata nel tempo in una serie di segni
grafici mediante un’attività grafo-motoria ordinata nello spazio. Prima di scrivere si deve recuperare la memoria motoria per l’esecuzione della lettera; l’atto
motorio si svolge nello spazio e nel tempo, e per passare da una sequenza di
fonemi a una di grafemi è necessario avere un modello spaziale-visivo.
Nella scrittura sotto dettatura occorre possedere:
– buona abilità di discriminazione uditiva dei suoni linguistici;
– abilità di analisi acustica delle lettere della parola sequenziate nel tempo;
– capacità di convertire i singoli suoni uditi, percepiti e discriminati nei corrispondenti grafemi;
– conoscenza delle caratteristiche fisiche dei singoli grafemi;
– capacità motoria di produrre i singoli grafemi sullo spazio del foglio;
– abilità di montaggio sequenziale dei grafemi posizionandoli singolarmente
secondo l’ordine temporale dello stimolo.
Infine, alla base di ciascun tipo di apprendimento vi sono alcune funzioni
neuro-psicologiche di base: attenzione, percezione uditiva, percezione visiva,
linguaggio verbale, memoria, pensiero, spazio e tempo. Oltre a queste ve ne
sono altre che sono caratteristiche degli apprendimenti specifici: sono indispensabili entrambe.