V 102 - Società Italiana di Pediatria

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V 102 - Società Italiana di Pediatria
AreaPediatrica | Vol. 14 | n. 4 | ottobre-dicembre 2013
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[Come si fa]
Test rapidi per la diagnosi di infezione
nell’ambulatorio del Pediatra di Famiglia:
cosa è cambiato negli ultimi 10 anni
Rispetto a 10 anni fa, disponiamo di molti nuovi test
che trovano però una scarsa applicazione pratica, mentre quelli più tradizionali
sono stati oggetto di studi e revisioni sistematiche.
Luca Brivio
Pediatra di Famiglia,
Bollate (Milano)
[email protected]
D
a diversi decenni sappiamo che nella pratica
l’importante è riconoscere e trattare solo le faringotonsilliti da Streptococco beta-emolitico di gruppo A
(SBEA), ma è solo dagli anni Ottanta del secolo scorso che disponiamo di test per la rapida individuazione
dei suoi antigeni in faringe. Si era partiti con test basati
sull’agglutinazione che richiedevano parecchi passaggi
e non erano di semplice lettura. Successivamente sono
stati sviluppati test immuno-enzimatici che hanno ridotto il tempo di esecuzione a pochi minuti e semplificato
l’interpretazione dell’esito. Per ultimi sono comparsi i
test immuno-ottici, che si distinguerebbero per una più
elevata sensibilità rispetto ai precedenti, ma che in realtà
non hanno mai trovato un’ampia diffusione. Come ben
sottolineano due recenti review pubblicate sull’argomento3,4, tutti i test attualmente in commercio sono dotati di
un’elevatissima specificità (95-100%) e quindi il problema
dei falsi positivi non dovrebbe sussistere. Ma il condizionale è d’obbligo, perché esistono i portatori sani di SBEA
che possono essere affetti da una faringotonsillite virale. Il
problema più grosso è però rappresentato dalla sensibilità,
che si è dimostrata molto variabile non solo da test a test
– come era prevedibile – ma anche da studio a studio
con lo stesso test, con percentuali che oscillano fra il 75 e
il 95%. Il perché di questa variabilità intratest è noto da
tempo ed è legato soprattutto ad un fattore umano, cioè
la modalità con cui si preleva il campione da analizzare.
Più in dettaglio, il fattore che influenza maggiormente
la sensibilità è la quantità di antigene prelevata con il
tampone, cioè la carica antigenica, la cui importanza era
103
·
·
·
Test rapido per la ricerca
degli antigeni dello Streptococco
beta-emolitico di gruppo A
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C
irca 10 anni orsono scrissi un articolo su
questo stesso argomento sottolineando come alcuni test di diagnosi rapida introdotti nella pratica ambulatoriale alla fine del secolo scorso potessero
risultare molto utili nello studio del pediatra di famiglia,
al fine di perfezionare la gestione di alcune condizioni infettive1. Da allora sono stati introdotti nuovi test e
quelli più vecchi sono stati sostituiti da kit sempre più
rapidi e precisi, che sono stati oggetto di numerosi studi nell’ambito delle cure primarie. In realtà la maggior
parte dei nuovi test viene poco utilizzata in Italia, sia
perché l’evidenza scientifica della loro utilità è limitata,
sia perché sono pochi quelli per i quali è previsto un
rimborso economico dagli Accordi Integrativi Regionali
per la Pediatria di famiglia. Mi soffermerò dunque sui 3
test di più larga diffusione che sono anche supportati da
una corposa letteratura scientifica:
ricerca degli antigeni dello Streptococco betaemolitico di gruppo A
dosaggio della proteina C reattiva su sangue intero
dosaggio dell’esterasi leucocitaria e dei nitriti nelle
urine
Per chi volesse approfondire le conoscenze sugli altri
test disponibili, consiglio di consultare un sito web dedicato a tutte le metodiche diagnostiche, non solo infettivologiche, utilizzabili nello studio del pediatra di famiglia,
www.selfpediatrico.it2.
Come si fa Test rapidi per la diagnosi di infezione nell’ambulatorio del pediatra di famiglia: cosa è cambiato
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Il test rapido per gli antigeni SBEA
è indicato soprattutto quando la probabilità pre-test
di infezione streptococcica è intermedia.
stata brillantemente sottolineata anche con un curioso
esperimento nel 2000: se si strofinano contemporaneamente due tamponi e il loro estratto viene analizzato
insieme, la sensibilità del test aumenta.
Più recentemente un gruppo di ricercatori inglesi ha
messo a confronto, con un elegante esperimento in vitro, i
5 test rapidi più diffusi in Europa e ha inequivocabilmente
confermato come la sensibilità aumenti per tutti all’aumentare della carica antigenica utilizzata, ma ha anche
evidenziato che, alle cariche antigeniche più elevate, solo 2
dei 5 test raggiungono sensibilità del 90-95%, gli altri 3 test
si fermano fra il 50 e l’80%5. Perché questo esperimento in
vitro possa avere una ricaduta pratica, dovremmo sapere
a quanto ammonta la carica antigenica di un campione
raccolto in vivo con un tradizionale tampone. Purtroppo
non sembrano esserci studi pubblicati a riguardo, ma solo
una comunicazione personale di uno degli autori dello
studio inglese che riferisce come – nelle mani di personale
medico e infermieristico esperto – un tampone correttamente eseguito raggiunga concentrazioni di antigene
tali da dar luogo alle sensibilità sopra citate. Ricordo che
per tampone correttamente eseguito si intende quello
strofinato sia sulle tonsille che sulla parete posteriore del
faringe e che non sia venuto a contatto con altre parti
della cavità orofaringea.
Alla luce di questi recenti risultati viene spontaneo
chiedersi: se utilizziamo un test con una sensibilità del
90-95% ed eseguiamo correttamente il tampone, ci dobbiamo lo stesso preoccupare dei pochi falsi negativi? In
un’epoca di scarsa incidenza di complicanze suppurative e
non suppurative delle faringotonsilliti da SBEA si può in
effetti essere fortemente tentati di abbandonare la tradizionale coltura per questi test capaci di fornire una risposta
in pochi minuti e a costi relativamente contenuti. Ma gli
esperti cosa dicono? Negli Stati Uniti l’ultimo Rapporto del
Comitato sulle Malattie Infettive dell’American Academy
of Pediatrics (Red Book 2012) continua ad affermare che
“quando un bambino o un adolescente – sospettato di avere
una faringite da SBEA – ha un test rapido negativo, una
coltura negativa può fornire una maggior rassicurazione
che il paziente non abbia l’infezione”. Qui in Europa invece
le linee-guida inglesi del National Institute of Health and
Clinical Excellence (NICE) e quelle scozzesi dello Scottish
Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) invitano a
basarsi sui soli criteri clinici per la diagnosi di faringotonsillite e non raccomandano nemmeno l’uso della coltura;
per quanto riguarda i test rapidi viene solo riconosciuta
la necessità di ulteriori studi per valutarne meglio costi e
benefici. Fra queste due posizioni un po’ estreme si colloca
la linea-guida italiana pubblicata nel 2007 dall’Agenzia
Sanitaria Regionale dell’Emilia-Romagna, che riprende
il concetto già sviluppato precedentemente dalle lineeguida dell’Infectious Diseases Society of America (IDSA)
e dell’American College of Physicians, cioè quello di contemplare sì l’utilizzo dei test rapidi nel percorso diagnostico
ma in subordine alla clinica. Nella pratica il pediatra
viene invitato a non effettuare il test quando la probabilità clinica di avere la faringotonsillite da SBEA è molto
bassa (per non incappare in inutili prescrizioni antibiotiche da falsi positivi legati ad uno stato di portatore) e
nemmeno quando è molto alta (per non incappare in un
falso negativo da sensibilità non ottimale del test), ma
di effettuarlo solo con probabilità intermedie. In caso
poi di test rapido negativo viene raccomandata la coltura
di conferma solo in base alla situazione epidemiologica
contingente (Tabella 1). Per un confronto fra queste
linee-guida si rimanda alla review pubblicata sull’Italian
Journal of Pediatrics6.
Test rapido per il dosaggio della Proteina C
reattiva (PCR) su sangue intero
I
primi test di diagnosi rapida per la PCR sono
comparsi negli anni Novanta del secolo scorso ed
erano di tipo semiquantitativo. Sono ancora utilizzati
Come si fa Test rapidi per la diagnosi di infezione nell’ambulatorio del pediatra di famiglia: cosa è cambiato
artrite settica dell’anca7, mentre è tutto da valutare se un suo
uso sistematico nelle infezioni delle basse vie respiratorie
possa portare ad un risparmio di prescrizione antibiotica
come segnalato a livello di cure primarie nell’adulto8.
perché non richiedono costose apparecchiature accessorie per la lettura del risultato, ma ormai in commercio si
trovano test più precisi, di tipo quantitativo, che tramite
un lettore automatico “sfornano” in pochi minuti un
risultato accurato al mg/L. Quello di più recente immissione ha permesso anche di ridurre la quantità di sangue
capillare da prelevare dai tradizionali 25 microlitri a soli
5 microlitri e di evitare l’aggiunta di reagenti durante la
procedura. Mentre per il test rapido per gli antigeni di
SBEA esistono da anni linee-guida che raccomandano
come utilizzarlo, il test rapido della PCR è stato poco
studiato nel setting delle cure primarie pediatriche e
il suo impiego riflette le conoscenze derivate da studi
condotti con la PCR di laboratorio, per lo più in ambito
ospedaliero. Da questi studi possiamo estrapolare che
negli ambulatori dei pediatri di famiglia le situazioni
cliniche di più comune riscontro nelle quali risulta utile
dosare la PCR sono:
bambino 3-35 mesi con febbre senza altri sintomi
o segni associati
bambino che non risponde alla terapia antibiotica
entro 48 ore.
Un altro impiego molto meno frequente della PCR potrebbe essere nella distinzione fra sinovite acuta benigna e
Analizziamo più in dettaglio la prima situazione
clinica, quella del bambino di 3-35 mesi con febbre senza
altri sintomi o segni associati. In questi casi abbiamo
il difficile compito di capire se ci si trova di fronte ad
una banale infezione virale che guarirà spontaneamente
oppure ad una grave infezione batterica meritevole di
trattamento antibiotico se non addirittura di ricovero. In
queste situazioni l’ideale sarebbe poter disporre in pochi
minuti di una conta dei globuli bianchi – in particolare
dei granulociti neutrofili – di un dosaggio della proteina
C reattiva (PCR), di un dosaggio della procalcitonina
(PCT) e di un’analisi delle urine. Per la PCT non esiste
ancora un test rapido su sangue intero, mentre per gli altri
esami, benché tecnicamente sia possibile eseguirli tutti in
ambulatorio in tempi relativamente brevi, solo per il dosaggio della PCR possiamo parlare di vero e proprio test
rapido; infatti non necessita di un’apparecchiatura costosa
e ingombrante come l’analizzatore automatico o “time-
·
·
Tabella 1.
Algoritmo decisionale
nella faringotonsillite acuta
in età pediatrica.
Score clinico
McIsaac
2
–
+
–
RAD
RAD
Alto
No test
No terapia
Antibiotico
105
+
4
3
No terapia
Antibiotico
Sospetto
streptococcico1
Sospetto streptococcico:
- periodo dell’anno in cui si registra un numero
di infezioni streptococcichesuperiore all’atteso
oppure
- contatto stretto con paziente infetto
oppure
- rash scarlattiniforme
Decisione
del medico
No terapia
Follow up
Coltura
di conferma
Antibiotico
Basso
No terapia
Antibiotico subito
oppure RAD con coltura
di conferma
se necessario
1
Legenda: RAD = Rapid Antigen Detection (test rapido
per la ricerca degli antigeni SBEA).
Fonte: Linea-guida regionale 2007
dell’Agenzia Sanitaria Regionale dell’Emilia-Romagna.
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Il test rapido per la PCR deve sempre essere affiancato
alla clinica e non può essere utilizzato da solo come discriminante
per una decisione terapeutica.
consuming” come il microscopio ed è realmente eseguibile
in 5 minuti. Ma possiamo fidarci della PCR senza una
conta dei bianchi e della PCT? Per decenni le linee-guida
americane per la valutazione del bambino con febbre di
origine sconosciuta non hanno mai contemplato l’utilizzo
della PCR ma solo quello del globuli bianchi, ma è anche
vero che negli Stati Uniti la PCR non è stata largamente
utilizzata e studiata come in Europa. Da quando però è
comparsa sulla scena la PCT, la PCR è stata nuovamente oggetto di numerosi studi – inizialmente ancora solo
europei – che ne hanno confermato una capacità discriminante fra infezione batterica grave e banale infezione
virale non sostanzialmente diversa da quella della conta
leucocitaria, quando non addirittura superiore9,10. E se ne
sono finalmente accorti anche oltreoceano! Sono infatti
del 2011 sia la pubblicazione di uno studio canadese11
che la recente review statunitense sull’argomento12: in
entrambe le pubblicazioni la PCR e la PCT compaiono
al fianco dei globuli bianchi almeno con pari dignità. Il
pediatra di famiglia che decide di utilizzare il test rapido
per la PCR deve però essere a conoscenza del fatto che
la sensibilità del test non è ottimale ed è gravata mediamente da un 10-20% di falsi negativi e anche del fatto che
la PCR può non innalzarsi nelle prime 12 ore dall’esordio
della febbre13. Pertanto il suo dosaggio dovrà essere utilizzato come un parametro aggiuntivo a quelli clinici e non
come il discriminante nella decisione da intraprendere.
Meno preoccupante il fatto che anche la specificità non
sia ottimale perché i pochi falsi positivi – perlopiù dovuti
ad infezione da adenovirus – comporteranno al massimo
un invio in ospedale per un ulteriore approfondimento
diagnostico o una terapia antibiotica non necessaria. I
test rapidi in commercio ben correlano con la procedura
standard di laboratorio e chiunque li usi da tempo avrà
potuto verificarlo anche di persona in quelle occasioni in
cui un proprio paziente viene ritestato in laboratorio a distanza di poco tempo. Un utile suggerimento pratico, per
chi ancora usa test che richiedono 25 microlitri di sangue,
è quello di “pompare” il sangue verso il polpastrello prima
di pungerlo, in modo da ridurre al minimo il tempo di
raccolta del sangue per eseguire il test.
Striscia reattiva per l’esterasi leucocitaria
e i nitriti nelle urine
C
ome analizzato nel paragrafo precedente,
dosare la PCR ci aiuta a discriminare fra infezione
batterica e virale e a darci un’idea della gravità dell’infezione, ma non ci dice nulla circa la sua sede, mentre
sappiamo che – soprattutto nei primi anni di vita – è
fondamentale analizzare le urine alla ricerca di un’eventuale infezione delle vie urinarie (IVU). Data la scarsa
praticità dell’analisi microscopica delle urine che richiede
appunto l’utilizzo del microscopio, è logico chiedersi se
la ricerca dei leucociti e nitriti mediante strisce reattive
Tabella 2. Situazioni cliniche nelle quali utilizzare lo stick urine per esterasi leucocitaria e nitriti.
Età
Impiego dello stick urine
3-35 mesi
Esame microscopico immediato e urinocoltura sono i metodi preferiti per la diagnosi di IVU in questa fascia di età e dovrebbero essere sempre usati.
Quando l’esame microscopico non è disponibile nell’immediato, se i sintomi non sono specifici per IVU e il rischio di grave infezione non è elevato,
lo stick urine può agire da sostituto. La presenza di nitriti suggerisce la possibilità di infezione e dunque la necessità di iniziare la terapia antibiotica.
Un campione di urine deve comunque essere inviato in laboratorio per esame microscopico ed urinocoltura.
3 o più anni
Lo stick urine per esterasi leucocitaria (EL) e nitriti (N) è altrettanto diagnostico dell’esame microscopico e dell’urinocoltura.
Se EL+ e N+: iniziare terapia antibiotica. Inviare campione per urinocoltura solo se rischio medio-elevato di infezione grave o se precedente episodio di IVU.
Se EL– e N+: iniziare terapia antibiotica. Inviare campione per urinocoltura.
Se EL+ e N–: non iniziare terapia antibiotica a meno di presenza di sintomi urinari. Inviare campione per esame microscopico e urinocoltura.
Se EL– e N–: non iniziare terapia antibiotica e non inviare nessun campione.
Fonte: Semplificato da Tab. 4.17 e Tab. 4.18 delle Linee-Guida NICE per le IVU nel bambino.
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Conclusioni
I
3 test rapidi presi in considerazione in questo
articolo sono quelli di più ampia diffusione negli studi
dei pediatri di famiglia. Nell’Accordo Integrativo Regionale della Lombardia figurano come dotazione strumentale minima per la gestione della patologia acuta, almeno
per coloro che hanno un livello organizzativo avanzato
(forma associativa). In futuro ci si augura che la tecnologia
metta a disposizione altri test utili. Personalmente sento la
necessità di un test rapido per la mononucleosi basato non
sugli anticorpi eterofili come quello attuale ma sulle IgM
anti-EBV e così pure un test rapido che dosi le IgM antiMycoplasma ci sarebbe di grande aiuto nell’algoritmo
decisionale della polmonite. Nel frattempo continuiamo
a basarci sulla sola clinica, sapendo che – per quanti nuovi
test possano affacciarsi sul mercato – comunque un buon
medico non ne potrà mai fare a meno
.
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107
Bibliografia
le patologie acute, si avrà il tempo di istruire i genitori
anche al momento del bisogno. Al fine di ottimizzare la
performance degli stick urine è bene ricordare ai genitori
di idratare il bambino e di non somministrare cibi ricchi
di vitamina C, nonché di lavare accuratamente i genitali
prima della raccolta. Il pediatra dal canto suo non deve
dimenticare che la sensibilità dei nitriti è direttamente proporzionale al tempo di permanenza delle urine in
vescica.
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possa essere utilizzata come valido sostituto. Già nel 1999
i risultati di una meta-analisi pubblicata sull’argomento
sostenevano questa ipotesi14. Più recentemente, nel 2007,
le linee-guida inglesi del NICE hanno sottolineato come
la contemporanea positività o negatività di leucociti e
nitriti raggiunga un’ottima performance nel confermare
o escludere la presenza di un’IVU, mentre la positività di
uno dei due parametri e la negatività dell’altro impongono
comunque di effettuare un’urinocoltura e/o l’analisi microscopica15. Tutto ciò però è raccomandato per bambini
al di sopra dei 3 anni di età, mentre per i più piccoli – e
soprattutto per quelli con precedenti di IVU – si suggerisce un atteggiamento più prudente e la positività dello
stick utile al massimo per instaurare immediatamente
l’inizio della terapia antibiotica (Tabella 2).
Non è facile reperire strisce reattive solo per l’esterasi
leucocitaria e i nitriti ma tutti gli stick urine in commercio
li comprendono. L’analisi delle urine mediante questi stick
è rapidissima da eseguire (1-2 minuti) e la difficoltà sta solo nella raccolta del campione. A questo proposito, poiché
difficilmente lo studio del pediatra di famiglia è attrezzato
per fornire una disponibilità di spazio e tempo adeguati
alla raccolta delle urine nel bambino non collaborante,
sarebbe utile che i genitori venissero preventivamente
informati sulla necessità di presentarsi in studio con un
campione di urine raccolto a casa nelle 3-4 ore precedenti.
Quest’ultima opera di educazione sanitaria potrebbe essere svolta durante i frequenti bilanci di salute del primo
anno e comunque, se si lavora su prenotazione anche per