il lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione

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il lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione
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elementi Maior Simone
IL LAVORO
ALLE DIPENDENZE
DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
U Status giuridico ed economico del pubblico dipendente
U Diritti, doveri e responsabilità
U Profili giurisdizionali e trattamenti di previdenza
III Edizione
SIMONE
EDIZIONI GIURIDICHE
Gruppo Editoriale Simone
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Estratto della pubblicazione
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Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.p.A.
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Ideazione e direzione scientifica del Prof. Federico del Giudice
L’ultimo capitolo è a cura della dott.ssa Mariarosaria Solombrino
Finito di stampare nel mese di maggio 2012
dalla «Pittogramma s.r.l.» - Via Vicinale della Murata Agnano 2/B - Napoli
per conto della SIMONE S.p.A. - Via F. Russo 33/D - 80123 - Napoli
Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
Estratto della pubblicazione
PREMESSA
La disciplina del pubblico impiego — e del lavoro in generale — vive una
fase di profondo fermento: essa, infatti, si trova, da un lato, nel pieno di una
manovra legislativa epocale, la riforma Brunetta, e, dall’altro, sulla soglia di
un ulteriore intervento del legislatore diretto ad estendere la riforma citata,
a mettere a punto aspetti applicativi che attualmente ne rallentano l’attuazione nonché a rafforzare i poteri e le responsabilità della dirigenza affinché
diventi un’eccellenza professionale al servizio del Paese.
Questo volume di «elementi maior» vede la luce, dunque, in un contesto caratterizzato da innovazioni che si susseguono a ritmo vorticoso con
l’obiettivo di offrire una visione d’insieme della complessa disciplina del
lavoro pubblico, ricorrendo ad un linguaggio semplice e ad un’esposizione
sistematica e completa.
La trattazione parte dall’esame dei caratteri e dell’evoluzione normativa
dell’impiego pubblico, passando attraverso l’analisi del sistema delle fonti,
dell’accesso ai pubblici uffici e dell’organizzazione delle amministrazioni,
dei diritti, doveri e responsabilità dei dipendenti pubblici.
Ampio spazio è, poi, dedicato alla dirigenza, allo svolgimento del rapporto di lavoro e alle sue vicende estintive.
Chiude il lavoro una panoramica sui profili giurisdizionali in materia nonché sui trattamenti di previdenza dei pubblici dipendenti.
Il testo si giova, inoltre, di una serie di «questions», finalizzate ad evidenziare gli aspetti più problematici della disciplina, e di numerosi box di approfondimento che offrono un utile sguardo sull’attualità.
Un breve glossario di termini specialistici (o riferiti ad altri rami del diritto), a conclusione di ogni capitolo, facilita la comprensione degli argomenti trattati.
Il volume, giunto in breve alla terza edizione, rappresenta un agile strumento di consultazione e aggiornamento, indirizzato soprattutto a studenti, partecipanti a pubblici concorsi ed operatori del settore.
Per agevolare lo studio, il D.Lgs. 165/2001 aggiornato agli ultimi provvedimenti in materia è disponibile on line puntando il proprio smartphone sul QR
code posto in copertina oppure accedendo alla pagina: www.simone.it/d/205.
DI PARTICOLARE INTERESSE PER I LETTORI DI QUESTO VOLUME:
Vol. E13 • Testo Unico Pubblico Impiego esplicato
a cura di A. Pedaci e C. Silvestro
pp. 384 • € 25,00
È noto come uno dei rami più rilevanti del diritto amministrativo sia, da sempre,
costituito dalla disciplina dei rapporti tra la P.A. e i suoi agenti. Fondamentale è stato, in questo contesto, lo sforzo del legislatore che, con il D.Lgs. 30 marzo 2001, n.
165, ha inteso dare omogeneità alla materia del lavoro pubblico, nel quadro di un
mutato rapporto tra Stato-apparato e funzionari, permeato da orientamenti di diritto
comune. Soprattutto gli ultimi anni sono stati decisivi per il pubblico impiego. La
strada è stata tracciata dal D.Lgs. 150/2009, cd. Riforma Brunetta, che ha inaugurato un percorso complesso ed impegnativo, ma anche gli interventi legislativi intervenuti dal 2010 al 2012 hanno innovato — e innovano tuttora — il settore pubblico nel suo complesso, anche in presenza di una crisi economica di grande portata.
Questo testo unico «esplicato», aggiornato ai più recenti provvedimenti in
materia, fa il punto della disciplina alla luce di dottrina e giurisprudenza, costituendo, altresì, uno strumento di rapida consultazione per gli operatori del settore,
nell’alveo di una nuova P.A., non più soggetto autoreferenziale bensì aperto alla
collettività, al sistema economico e alle sue sfide.
La formula dell’«esplicazione», caratterizzata dall’analisi dettagliata di ciascun
articolo, si giova anche dell’ausilio di glosse, note esplicative e riquadri riassuntivi per dare un quadro agile, aggiornato ed esaustivo del T.U.
In appendice è riportato, inoltre, il D.Lgs. 150/2009, di riforma della P.A. e del
pubblico impiego.
Estratto della pubblicazione
Capitolo Primo
Il rapporto di pubblico impiego:
iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
Sommario: 1. Il principio lavorista: l’Italia come Repubblica democratica fondata sul lavoro. - 2. Gli ulteriori principi costituzionali in materia di lavoro. - 3.
Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. - 4. L’evoluzione della disciplina del lavoro pubblico: la privatizzazione. - 5. La riforma
Brunetta. - 6. Le riforme 2010/2012. - 7. Le attuali prospettive di riforma.
1. Il principio lavorista: l’Italia come Repubblica democratica fondata sul lavoro
Il lavoro è il fondamento della forma di Stato delineata dalla Carta
costituzionale, il cui articolo 1, insieme all’affermazione del principio democratico (la sovranità appartiene al popolo), prevede testualmente che:
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».
Il principio lavorista, che permea tutto il testo della Costituzione, colloca
il lavoro — e quanti lo esercitano — al centro della vita politica, economica
e sociale del Paese, offrendo tutte le garanzie possibili ai prestatori di lavoro: favorire l’occupazione costituisce, infatti, la più alta aspirazione della
Repubblica.
Il fatto che l’Italia si basi sul lavoro si correla strettamente al riconoscimento
della pari dignità sociale, assicurata ai cittadini dall’art. 3 Cost.
Per «lavoro» deve intendersi qualsiasi funzione o attività che concorra al progresso
materiale e spirituale della società; «lavoratori», pertanto, sono tutti coloro che svolgono un’attività socialmente utile (MAZZIOTTI), sia in forma autonoma che subordinata.
Per una ricostruzione esaustiva del principio lavorista, tuttavia, è necessario considerare anche gli artt. 4 e 35 Cost.
Il primo dispone che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al
lavoro, promuovendo le condizioni che rendano effettivo questo diritto
(comma 1); inoltre, viene previsto che ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o funzione
che concorra al progresso materiale o spirituale della società (comma 2).
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Capitolo Primo
Il lavoro, fonte di sostentamento dell’individuo e mezzo indispensabile per consentire a ciascuno di essere autonomo e indipendente, deve, pertanto, essere riconosciuto a tutti i cittadini e, al tempo stesso, lo Stato deve impegnarsi nel creare e
rendere effettivo tale diritto: la previsione dell’art. 4, comma 1, «non vuol significare
il riconoscimento di un diritto a un posto di lavoro per tutti i cittadini ma solo l’impegno degli organi statali a promuovere le condizioni che possano rendere più effettivo possibile tale traguardo. Si tratta, dunque, di una norma di natura prevalentemente programmatica, riferibile peraltro tanto al lavoro dipendente che a quello
autonomo» (DEL CANTO).
Vi è, pertanto, la possibilità di scegliere in tutta libertà la propria attività lavorativa; dal comma 2 dell’art. 4, invece, si ricava il dovere, per tutti coloro che ne hanno la possibilità e i mezzi, di dare il proprio contributo alla crescita della collettività.
Per rendere concreto tale diritto-dovere, che va incontro anche a coloro che non
possono svolgere attività lavorative (per raggiunti limiti di età, menomazioni psicofisiche), sono sorti, a carico dello Stato, gli istituti di assistenza e di previdenza
sociale, per la tutela di coloro che siano privi di mezzi per potersi sostenere o siano
inabili al lavoro.
L’art. 35 Cost., dal canto suo — si tratta della disposizione che apre il
Titolo III della Costituzione, dedicato ai rapporti economici — prevede la
tutela, da parte della Repubblica, del lavoro in tutte le sue forme ed
applicazioni, come pure la cura della formazione e dell’elevazione professionale dei lavoratori (commi 1 e 2).
Inoltre, tale norma costituzionale ribadisce l’impegno dello Stato italiano
nello sviluppare e migliorare le disposizioni legislative che tutelano la posizione del lavoratore non solo a livello strettamente nazionale ma anche
internazionale; ancora, nell’ottica di garantire al lavoratore una tutela sovranazionale, l’art. 35 prevede la libertà di emigrazione nonché l’obbligo di
tutela, da parte dello Stato, del lavoro degli italiani all’estero (commi 3 e 4).
2. Gli ulteriori principi costituzionali in materia di lavoro
I citati artt. 1, 4 e 35 Cost. non sono i soli a trattare del lavoro come fenomeno sociale caratterizzante la struttura dello Stato. La concezione del lavoro come «valore informativo dell’ordinamento», infatti, dà ragione delle
altre e numerose norme sul lavoro recate dalla Carta costituzionale che —
insieme alle ulteriori disposizioni che prevedono l’intervento dello Stato
nell’economia per eliminare sperequazioni e privilegi a svantaggio delle forze
del lavoro — costituiscono esplicazione del principio lavorista (MARTINES).
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Il rapporto di pubblico impiego: iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
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Tra i principi riguardanti il rapporto di lavoro in generale, troviamo:
— il principio della retribuzione proporzionata e sufficiente (art. 36, comma 1);
— il diritto irrinunciabile del lavoratore al riposo settimanale ed alle ferie annuali
retribuite (art. 36, comma 3);
— l’eguaglianza di diritti fra lavoratori e lavoratrici (art. 37, comma 1);
— il principio del contemperamento fra il diritto della maternità, proprio della donna, ed il diritto al lavoro spettante alla stessa a parità dell’uomo (art. 37, comma
1, seconda parte);
— il principio della parità di retribuzione per il lavoro dei minori, rispetto al lavoro
ordinario, e l’esigenza di una tutela legislativa appropriata del lavoro minorile
(art. 37, comma 3);
— la riserva di legge per determinare la durata della giornata lavorativa e l’età minima per poter svolgere il lavoro salariato (art. 36, comma 2 e 37, comma 2) (1);
— il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale, riconosciuto a tutti coloro che
sono inabili al lavoro (art. 38, comma 1);
— il diritto ad ogni forma di previdenza sociale da parte dei lavoratori (art. 38,
comma 2);
— il diritto all’educazione e avviamento professionale anche per coloro che sono
inabili o minorati (art. 38, comma 3).
Tra i principi costituzionali riguardanti in maniera specifica la contrattazione
collettiva vanno ricordati:
— il principio della libertà dell’organizzazione sindacale (art. 39, comma 1);
— il principio della capacità dei sindacati registrati di stipulare contratti collettivi
di lavoro vincolanti per tutti i lavoratori appartenenti alle categorie che essi rappresentano, anche se non iscritti (art. 39, comma 3);
— il riconoscimento del diritto di sciopero, circoscritto dalle leggi che lo regolano
(art. 40 Cost.).
(1) La riserva di legge è lo strumento mediante il quale la Costituzione disciplina il concorso
delle fonti con riferimento ad una determinata materia, impedendo al legislatore di lasciare che
questa venga disciplinata da atti che siano collocati ad un livello gerarchico più basso della legge
(BIN-PITRUZZELLA). In un regime a Costituzione rigida ciò rappresenta un limite per lo stesso legislatore, il quale:
a) non può consentire a fonti di rango secondario (in pratica i regolamenti dell’esecutivo) di intervenire nella disciplina di queste materie, se non in modo assai marginale;
b) deve regolare compiutamente i settori da disciplinare, in modo da limitare la discrezionalità dei
soggetti chiamati a concretizzare il dettato legislativo.
L’istituto della riserva di legge non è omogeneo né unitario; la principale distinzione è quella tra:
— riserve assolute, che escludono la possibilità di disciplinare certe materie con fonti di grado
secondario, riservando tale disciplina alla legge o ad atti aventi forza di legge;
— riserve relative, in base alle quali l’intervento della legge è previsto solo per definire le caratteristiche fondamentali della disciplina, lasciando alle fonti secondarie la possibilità di intervenire
per definire gli altri aspetti.
Estratto della pubblicazione
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Capitolo Primo
Infine, per quanto concerne nello specifico, il lavoro con le pubbliche amministrazioni, ricordiamo:
— il principio della parità nell’accesso ai pubblici uffici (art. 51);
— il dovere di adempiere con onore alle pubbliche funzioni e al servizio esclusivo
della Nazione (artt. 54 e 98);
— la riserva di legge inerente all’organizzazione dei pubblici uffici, il principio di
buon andamento dell’amministrazione e la regola del concorso pubblico per
accedere agli impieghi pubblici (art. 97);
— la responsabilità diretta degli impiegati per gli atti compiuti in violazione di diritti (art. 28).
3. Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni
A) Caratteri
Il rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni — definito tradizionalmente impiego pubblico — è quello per cui una persona fisica pone,
volontariamente e dietro corrispettivo, la propria attività, in via continuativa,
alle dipendenze di una pubblica amministrazione.
Per effetto della instaurazione di tale rapporto, il dipendente risulta stabilmente inserito nell’organizzazione istituzionale della P.A. datrice di lavoro, assumendo uno specifico status con particolari diritti e doveri.
Questo rapporto di lavoro si configura come:
— volontario, perchè sia per la costituzione che per la continuazione del
rapporto è richiesta la volontà della P.A. e quella del dipendente;
— strettamente personale, in quanto la specifica capacità intellettiva e
tecnica richiesta e la fiducia che l’ente deve avere nella persona cui
affida la cura dei propri interessi comportano che il rapporto sia costituito intuitu personae;
— sinallagmatico, dal momento che la prestazione lavorativa e la corresponsione della retribuzione sono collegate fra loro da un nesso di
corrispettività, trovando l’una la propria causa nell’altra (2);
(2) Il sinallagma è il legame reciproco che esiste, in alcuni contratti, tra prestazione e controprestazione; i contratti sinallagmatici o a prestazioni corrispettive sono quelli da cui sorgono, contemporaneamente, nell’una e nell’altra parte obblighi e diritti a prestazioni reciproche, tra loro correlate
in virtù di un rapporto di interdipendenza (TRABUCCHI). Cfr. gli artt. 1453, 1463 e 1467 del codice
civile.
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Il rapporto di pubblico impiego: iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
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— di subordinazione, essendo la prestazione lavorativa svolta alle dipendenze della pubblica amministrazione da parte di un soggetto in rapporto di istituzionale subordinazione con la stessa.
La giurisprudenza, nel tempo, ha individuato dei cd. indici rivelatori, in presenza dei quali il rapporto di lavoro è da qualificare necessariamente come impiegatizio:
l’esistenza di un vincolo di subordinazione gerarchica, il carattere esclusivo e continuativo delle prestazioni, l’osservanza di un orario di lavoro, l’esistenza di un diretto collegamento tra le prestazioni lavorative e le finalità istituzionali dell’ente, la
predeterminazione della retribuzione e l’inserimento del lavoratore nella struttura
organizzativa dell’ente (C.d.S., sez. V, 7-11-2008, n. 5582; T.A.R. Basilicata,
Potenza, 5-8-2008, n. 395; C.d.S., sez. VI, 6-6-2008, n. 2718).
Alla struttura del rapporto di pubblico impiego così come tratteggiata
non possono essere ricondotti:
— il rapporto di servizio onorario che si instaura con soggetti deputati a
svolgere funzioni pubbliche di particolare rappresentatività (es. ministri,
sindaci, componenti di commissione di concorso), di durata limitata e
con un compenso comprendente il ristoro per l’espletamento dei compiti e il rimborso delle spese sostenute;
— il rapporto d’incarico professionale, il quale trova la sua base in un contratto con cui un soggetto pone in essere determinati compiti o un’opera (locatio operis) senza vincolo di subordinazione gerarchica nonché
obblighi di orari (es. medici convenzionati).
B) Natura giuridica
L’art. 2, comma 2, del D.Lgs. 29/1993 di riforma del pubblico impiego
(ora trasfuso nel D.Lgs. 165/2001) ha realizzato una vera operazione di
«trapianto», trasferendo la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni dall’area pubblicistica (dove era prima
collocato) a quella privatistica, grazie alla affermazione per cui i rapporti
di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati
dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle
legge sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse
disposizioni contenute nel decreto medesimo.
L’assetto dei rapporti di pubblico impiego, come risultanti a seguito
della cd. «privatizzazione» è, quindi, incentrato sul valore dell’autonomia
contrattuale (individuale e collettiva).
Si tratta, tuttavia, di un modello misto: alle norme di diritto comune si
affiancano, infatti, speciali disposizioni di legge, regolamento o statuto
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Capitolo Primo
che introducono discipline limitate ai dipendenti delle amministrazioni
pubbliche.
Gli aspetti relativi alla macro-organizzazione della P.A. restano, infatti, retti da
norme e fonti di diritto pubblico. Le amministrazioni pubbliche datrici di lavoro
conservano, così, la prerogativa di disciplinare con atti autoritativi la propria organizzazione (CARINGELLA).
Tutti i profili di micro-organizzazione (e cioè le particolari determinazioni per
l’organizzazione degli uffici, a livello subdirigenziale, e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro) rientrano, invece, nella sfera in cui gli organi preposti alla
gestione (i dirigenti) agiscono con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.
Comunque, nonostante la progressiva assimilazione tra lavoro pubblico e lavoro privato, sussistono ancora differenze sostanziali che rendono le due situazioni
non omogenee. Per tale motivo è da ritenere ammissibile una disciplina differenziata del rapporto di lavoro pubblico rispetto a quello privato, in quanto il processo di
omogeneizzazione incontra il limite della specialità del rapporto e delle esigenze
del perseguimento degli interessi generali. La pubblica amministrazione, infatti,
conserva pur sempre — anche in presenza di un rapporto di lavoro ormai contrattualizzato — una connotazione peculiare, essendo tenuta al rispetto dei principi
costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento cui è estranea ogni
logica speculativa (Corte cost., 16-5-2008, n. 146).
4. L’evoluzione della disciplina del lavoro pubblico: la
privatizzazione
A) Premessa
La disciplina del pubblico impiego è stata assoggettata, negli anni, ad
un complesso ed articolato iter di riforme, che, a loro volta, devono
essere collocate nel più vasto disegno di innovazione dell’apparato pubblico nel suo complesso.
A partire dalla fine degli anni Ottanta, infatti, la pubblica amministrazione italiana è stata teatro di importanti cambiamenti, nell’ottica del superamento delle problematiche di lentezza ed inefficienza burocratica che
erano venute a crearsi parallelamente a situazioni di insoddisfazione dei
cittadini; innovazioni, queste, finalizzate ad una progressiva crescita degli
standard qualitativi delle prestazioni lavorative nonché ad un miglioramento del funzionamento della P.A., sulla base dei criteri di modernizzazione,
efficienza e trasparenza.
In questo contesto è stata di fondamentale importanza proprio la riforma
del pubblico impiego e la privatizzazione dello stesso, in quanto è stato
Il rapporto di pubblico impiego: iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
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portato avanti un progetto di ristrutturazione generale a livello sia burocratico che organizzativo, tuttora, come si vedrà, in pieno svolgimento.
B) Dal T.U. del 1957 al D.Lgs. 165/2001, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
Nel periodo immediatamente successivo alla costituzione dello Stato
unitario, il rapporto di pubblico impiego era disciplinato da norme di diritto
privato speciale. Successivamente a partire dall’inizio del XX secolo, il lavoro pubblico è stato oggetto, viceversa, di una disciplina rigorosamente
unilaterale, scandita da atti di natura legislativa o regolamentare, in seno
alla quale non veniva riconosciuto rilievo alcuno alla fonte contrattuale.
In particolare, la regolamentazione del rapporto di impiego era contenuta nel
R.D. 11 novembre 1923, n. 2395 (ordinamento gerarchico) e nel R.D. 30 ottobre
1923, n. 2960 (stato giuridico).
La prima disciplina organica del pubblico impiego in epoca repubblicana si ha con l’adozione del Testo Unico impiegati civili dello Stato,
contenuto nel D.P.R. n. 3 del 1957, che attenua la valenza gerarchica del
regime previgente.
Tale Testo Unico, insieme al D.P.R. 748 del 1972 istitutivo della dirigenza
pubblica, ha racchiuso la disciplina di riferimento fino alla emanazione della legge
quadro sul pubblico impiego, n. 93 del 1983.
Tuttavia, nonostante l’enunciazione della volontà di colmare le distanze
tra lavoro pubblico e lavoro privato, la normativa relativa all’impiego pubblico rimaneva profondamente differenziata rispetto a quella del lavoro
privato e ciò apparve evidente soprattutto a seguito della emanazione dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970).
È in tale prospettiva che si colloca il citato D.Lgs. n. 29 del 3 febbraio
1993, con cui viene suggellato il (faticoso) percorso di riavvicinamento tra
lavoro pubblico e privato e sancita la privatizzazione del rapporto di
lavoro alle dipendenze della P.A.: la disciplina dei pubblici impiegati
viene assoggettata, salvo poche eccezioni soggettive ed oggettive, alla
disciplina del lavoro privato, e, di conseguenza, alla contrattazione collettiva, e la relativa tutela viene spostata dinanzi al giudice ordinario.
Successivamente sulla base delle direttrici enunciate dalla legge Bassanini n. 59 del 1997, i DD.LLgs. 31-3-1998, n. 80 e 29-10-1998, n. 387 (cd.
seconda privatizzazione) hanno ampiamente riscritto le disposizioni del
Estratto della pubblicazione
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Capitolo Primo
D.Lgs. 29/1993. È stata, così, ulteriormente rafforzata la valenza del contratto, individuale e collettivo, quale fonte principale del rapporto di lavoro
dei pubblici dipendenti, nonché ampliati gli spazi di delegificazione e autonomia nell’organizzazione degli uffici.
L’articolo 1, comma 8 della L. 24-11-2000, n. 340 ha, poi, previsto la predisposizione di un testo unico comprendente le norme che disciplinano il rapporto di pubblico impiego privatizzato. La delega è stata attuata con l’adozione del D.Lgs. 30-3-2001, n. 165, cd. Testo unico sul pubblico impiego.
Il D.Lgs. 165/2001 ha realizzato un primo consolidamento del processo di privatizzazione e le finalità di quest’ultima riguardano:
— la crescita dell’efficienza delle amministrazioni, in relazione a quella dei
corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell’Unione europea, anche mediante il coordinato sviluppo dei sistemi informativi pubblici;
— la razionalizzazione del costo del lavoro pubblico, attraverso il contenimento della spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro
i vincoli di finanza pubblica;
— la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, assicurando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti,
applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato e garantendo pari opportunità alle lavoratrici e ai lavoratori nonché l’assenza di
qualunque altra forma di discriminazione e di violenza morale o psichica.
IL D.LGS. 30 MARZO 2001, N. 165: STRUTTURA
Titolo I
Principi generali
•
•
•
•
•
•
•
Titolo II
Organizzazione
• Relazioni con il pubblico e trasparenza
• Disciplina della dirigenza (indirizzo politico-amministrativo;
funzioni; incarichi; accesso alla dirigenza e SSPA; trattamento economico; vicedirigenza)
• Uffici, piante organiche, mobilità ed accessi
• Reclutamento del personale ed utilizzo di contratti di lavoro
flessibile
Finalità ed ambito di applicazione
Fonti
Personale in regime di diritto pubblico
Organizzazione e disciplina degli uffici e dotazioni organiche
Gestione delle risorse umane e formazione del personale
Costo del lavoro, risorse finanziarie e controlli
Partecipazione sindacale
Segue
Estratto della pubblicazione
Il rapporto di pubblico impiego: iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
Titolo III
Contrattazione
collettiva e
rappresentatività
sindacale
•
•
•
•
•
13
Contrattazione collettiva nazionale e integrativa
Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro
Disciplina del trattamento economico
ARAN e procedimento di contrattazione
Aspettative e permessi sindacali
Titolo IV
Rapporto di
lavoro
• Disciplina del rapporto di lavoro e delle mansioni
• Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi
• Codice di comportamento e disciplina della responsabilità
dei pubblici dipendenti
• Procedimento disciplinare e licenziamento disciplinare
• Pari opportunità
Titolo V
Controllo
della spesa
• Finalità e rilevazione dei costi
• Controllo del costo del lavoro
• Interventi correttivi del costo del personale
Titolo VI
Giurisdizione
• Controversie relative ai rapporti di lavoro e intervento
dell’ARAN
• Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi
Titolo VII
• Disposizioni diverse e norme transitorie e finali
Disposizioni
• Disposizioni inapplicabili a seguito della sottoscrizione di
diverse e norme
contratti collettivi
transitorie e finali • Abrogazioni di norme
C) L’ambito di applicazione delle norme sull’ordinamento del
lavoro alle dipendenze della P.A.
Il legislatore ha precisato che per «amministrazioni pubbliche», destinatarie della normativa sul pubblico impiego, si intendono tutte le amministrazioni dello Stato (comprese le scuole e le amministrazioni ad ordinamento autonomo), le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane
e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato, ed
agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, e le amministrazioni, le aziende e gli enti del servizio
sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 300 (art. 1, comma 2, D.Lgs. 165/2001).
Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni del D.Lgs.
165/2001 si applicano anche al CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano); lo
prevede il cd. Milleproroghe, D.L. 225/2010, conv. in L. 10/2011.
14
Capitolo Primo
L’art. 3, D.Lgs. 165/2001 individua le categorie di dipendenti esentate
dall’applicazione della normativa di diritto comune e dal processo di contrattualizzazione del pubblico impiego. La ratio di tali esclusioni risiede
nella peculiarità di determinate funzioni pubbliche.
Si tratta dei rapporti concernenti:
a)
b)
c)
d)
magistrati ordinari, amministrativi e contabili;
avvocati e procuratori dello Stato;
personale militare e delle Forze di Polizia di Stato;
personale delle carriere diplomatica e prefettizia, quest’ultima a partire dalla
qualifica di vice-consigliere di prefettura;
e) dipendenti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall’art. 1 del
D.Lgs. C.p.S. 691/1947 (risparmio, funzione creditizia e valutaria), e dalle leggi
281/1985 (tutela del risparmio, valori mobiliari) e 287/1990 (tutela della concorrenza e del mercato).
Il comma 1bis dell’art. 3 cit., introdotto con L. 252/2004, esclude dalla privatizzazione il personale (salvo quello volontario) del Corpo nazionale dei Vigili del
Fuoco, disciplinato da autonome disposizioni.
Inoltre, il rapporto di impiego dei professori e ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina
che lo regoli in modo organico ed in conformità ai principi dell’autonomia universitaria, di cui all’art. 33 della Costituzione ed alla legislazione successiva; il congelamento della situazione previgente è, però, venuto meno con la L. 240/2010, cd.
riforma Gelmini dell’Università, recante norme in tema di organizzazione universitaria, personale accademico e reclutamento. Si ricordi, invece, che il personale
dipendente dell’Università è retto dal relativo CCNL.
Le disposizioni del D.Lgs. 165/2001 costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, cui le Regioni a statuto ordinario devono attenersi tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti (art. 1, comma 3, D.Lgs. 165/2001, che precisa il rapporto tra fonti
statali e regionali in tema di pubblico impiego).
5. La riforma Brunetta
A) La cd. campagna «anti-fannulloni»
Nel corso del biennio 2008-2009, il progetto di riforma del pubblico impiego ha attraversato una nuova stagione. Vi è stata l’emanazione, difatti,
di una serie di provvedimenti normativi destinati ad incidere profondamente sull’organizzazione delle pubbliche amministrazioni e del lavoro alle dipendenze di queste ultime, culminati nella cd. riforma Brunetta.
Il rapporto di pubblico impiego: iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
15
Prime anticipazioni della riforma Brunetta hanno trovato, in realtà, già spazio nel
D.L. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in L. 133/2008 (cd. manovra estiva del 2008).
In tale tipico provvedimento omnibus, sono state inserite innovative norme in tema
di lavoro pubblico: la riduzione delle collaborazioni e consulenze nella pubblica
amministrazione; la revisione dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali; alcune correzioni al regime del lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni; l’introduzione di nuove forme di verifica/controllo sulla contrattazione integrativa;
la lotta all’assenteismo, condotta con un giro di vite sulla disciplina delle assenze
per malattia.
In risposta, poi, all’esigenza di sviluppare meccanismi meritocratici
nella P.A. e reagire alla scarsa qualità dei servizi, è stata emanata la L. 4-32009, n. 15, cd. legge delega per la produttività nel pubblico impiego.
L’approvazione della L. 15/2009, come è stato messo in evidenza dalla dottrina,
apre una terza stagione della riforma del lavoro nelle pubbliche amministrazioni (CARINCI).
Gli obiettivi sono i seguenti:
— convergenza degli assetti regolativi del lavoro pubblico con quelli del lavoro
privato, con particolare riferimento al sistema delle relazioni sindacali;
— garanzia della trasparenza dell’organizzazione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni e dell’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico;
— avvio di nuove linee di riforma della dirigenza pubblica;
— affermazione della selettività e concorsualità nelle progressioni di carriera;
— valorizzazione del merito e conseguente riconoscimento di meccanismi premiali;
— razionalizzazione dell’assetto della contrattazione collettiva (anche attraverso
la riduzione del numero dei comparti e delle aree di contrattazione e il rafforzamento dell’ARAN);
— implementazione dei sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e
delle strutture amministrative;
— presidio della ripartizione tra le materie sottoposte alla legge, nonché sulla
base di questa, ad atti organizzativi e all’autonoma responsabilità del dirigente
nella gestione delle risorse umane, e quelle oggetto di contrattazione collettiva;
— nuove regole per ridare efficacia alla responsabilità disciplinare.
Ulteriori indicazioni sono state poi inserite dal legislatore nella L. 18-6-2009, n.
69, nell’ambito del cd. Piano Industriale della Pubblica Amministrazione.
Si ricordino, in particolare:
a) l’assurgere del mancato rispetto dei termini di emanazione del provvedimento
ad elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale (art. 7);
16
Capitolo Primo
b) la trasparenza sulle retribuzioni dei dirigenti e sui tassi di assenza del personale (art. 21);
c) le nuove misure per agevolare la diffusione delle buone prassi tra gli uffici (art. 23).
B) Il D.Lgs. 150/2009
La delega di cui alla L. 15/2009 ha trovato attuazione con il D.Lgs. 2710-2009, n. 150, il quale reca una riforma organica della disciplina del
rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, intervenendo, in particolare, in materia di contrattazione collettiva, di valutazione
delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche, di valorizzazione del merito, di promozione delle pari opportunità, di dirigenza pubblica e di responsabilità disciplinare.
Segue una prima panoramica sui punti chiave della riforma e si fa presente sin d’ora che le singole novità verranno via via esaminate in maniera
più approfondita nel corso della trattazione.
1. La trasparenza e la valutazione della performance
Principi ispiratori della riforma Brunetta sono, innanzitutto, il criterio di
trasparenza e la valorizzazione del merito.
La trasparenza è uno dei pilastri della riforma: infatti, essa è intesa
quale accessibilità totale delle informazioni sull’organizzazione e l’attività
delle pubbliche amministrazioni.
Nella definizione del decreto delegato, una amministrazione è trasparente quando
fa accedere i cittadini — tramite la via elettiva costituita dal web — a informazioni tali
da consentire la verifica delle sue azioni e del modo in cui impiega le risorse, secondo
il principio della full (o total) disclosure. Il carattere distintivo di questa nozione di trasparenza è la sua strumentalità ad un controllo diffuso, da aprire alla generalità dei
destinatari e su un complesso ampio di informazioni, tale da consentire un giudizio
completo. È, così, prescritto che ogni amministrazione, sentite le associazioni rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, debba adottare un
Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, da aggiornare annualmente.
L’altro profilo portante della riforma riguarda l’attribuzione selettiva
degli incentivi economici e di carriera, al fine di premiare i dipendenti
capaci e meritevoli. In questo contesto si colloca il cd. ciclo della gestione
della performance.
2. La valorizzazione del merito e gli strumenti di premialità
Il decreto introduce strumenti di valutazione del merito e metodi di
incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavo-
Il rapporto di pubblico impiego: iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
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rativa, sulla base dei principi di selettività e di concorsualità nelle progressioni di carriera nonché nel riconoscimento degli incentivi.
Viene, invero, previsto che le amministrazioni pubbliche promuovono il merito e
il miglioramento della performance organizzativa e individuale, anche attraverso
l’utilizzo di sistemi premianti selettivi, secondo logiche meritocratiche, nonché valorizzano i dipendenti che conseguono le migliori prestazioni attraverso l’attribuzione selettiva di incentivi sia economici sia di carriera.
3. Le novità in materia di dirigenza, contrattazione collettiva e uffici
Il D.Lgs. 150/2009 incide sulla struttura del D.Lgs. 165/2001 con riferimento:
— alla disciplina della dirigenza: l’ampliamento della autonomia operativa dei dirigenti va, in parallelo, con le numerose disposizioni che insistono su responsabilità e sanzioni a carico di questi ultimi in relazione a
singole fattispecie e specifici comportamenti, considerati inadeguati e/o
lassisti. Inoltre, sono inserite nuove dosi di procedimentalizzazione e
importanti garanzie nella delicata problematica dei criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali;
— alla contrattazione collettiva nazionale ed integrativa: il D.Lgs.
150/2009 introduce il principio della inderogabilità delle disposizioni di
legge, regolamento e statuto sulla disciplina dei rapporti di lavoro dei
pubblici dipendenti da parte della contrattazione, a meno che non ci sia
una specifica disposizione di legge in tal senso. La fonte principale del
pubblico impiego ridiventa la legge e la contrattazione, di conseguenza,
perde notevolmente di importanza (ad essa viene lasciata la disciplina
del solo rapporto di lavoro e della valutazione della produttività);
— alla disciplina degli uffici, piante organiche, mobilità ed accessi.
Viene, tra l’altro, innovata la disciplina della mobilità individuale dei
pubblici dipendenti nonché prevista la territorializzazione delle procedure concorsuali per l’accesso ai pubblici uffici, con riferimento al luogo
di residenza dei candidati.
4. Le sanzioni disciplinari e le responsabilità dei pubblici dipendenti
Fondamentali anche le disposizioni in tema di sanzioni disciplinari e di
responsabilità dei dipendenti pubblici, soprattutto in vista della lotta all’assenteismo e alla scarsa produttività.
In particolare, il legislatore prevede la semplificazione dei procedimenti disciplinari, un incremento della loro funzionalità nonchè un innovativo sistema
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Capitolo Primo
di sanzioni, soprattutto in materia di false attestazioni di presenza e di falsi certificati medici.
5. I profili applicativi della riforma Brunetta
Il Titolo V del D.Lgs. 150/2009 concerne l’ambito di applicazione delle disposizioni contenute nel decreto in esame.
In particolare, sono attribuite alla potestà esclusiva statale le norme
sulla trasparenza, sulla qualità dei servizi pubblici e la tutela degli utenti,
sulla inderogabilità della legge da parte della contrattazione collettiva delle disposizioni in tema di merito e strumenti premiali, sul potere di organizzazione degli uffici, sui rapporti sindacali, sulla disciplina della contrattazione collettiva ed integrativa, sul legame performance-trattamento economico accessorio e sul procedimento disciplinare. Sono, viceversa, principi fondamentali dell’ordinamento, a cui devono adeguarsi Regioni ed Enti
locali, le norme sulla valutazione della performance, su merito e premi,
sulle progressioni economiche e di carriera, sull’accesso ai percorsi di alta
formazione, sul premio di efficienza e sulle aree funzionali.
È possibile esperire una class action contro una pubblica amministrazione?
La legge delega n. 15/2009, tra l’altro, ha previsto anche la predisposizione di mezzi di tutela giurisdizionale, in capo ad ogni interessato, nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici che si discostano dagli standard qualitativi ed economici fissati o che violano le norme preposte al loro operato, ledendo interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità
di utenti o consumatori.
A tale delega ha dato attuazione il D.Lgs. 20-12-2009, n. 198, che, ha introdotto la class action
«pubblica» finalizzata al recupero di efficienza dell’apparato pubblico.
Il Giudice Amministrativo ha sottolineato che si tratta di uno strumento di tutela di interessi diffusi, aggiuntivo rispetto a quelli previsti dal Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010,
novellato dal D.Lgs. 195/2011) azionabile da singoli e associazioni (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 132-2012, n. 1416).
Ai sensi della citata normativa, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una
pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei
propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo, da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti
nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici
Il ricorso — devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e del quale deve essere data immediatamente notizia sul sito istituzionale della P.A. coinvolta — non consente di ottenere il risarcimento del danno cagionato dagli atti e dai comportamenti di cui sopra (in questo
la class action pubblica si distingue dall’azione di classe contemplata nel Codice del consumo,
D.Lgs. 206/2005). Il giudice accoglie la domanda se accerta la violazione, l’omissione o l’inadempimento, ordinando alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi rimedio entro un
congruo termine.
Estratto della pubblicazione
Il rapporto di pubblico impiego: iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
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C) Le modifiche al decreto Brunetta: il D.Lgs. 141/2011
Il D.Lgs. 150/2009 è stato a sua volta novellato con il più recente D.Lgs.
1°-8-2011, n. 141, cd. correttivo Brunetta. Con la detta manovra:
— sono introdotte alcune modifiche in tema di conferimento degli incarichi dirigenziali;
— viene prevista la non applicabilità dell’art. 19, D.Lgs. 150/2009 sulle
fasce di merito e graduatoria di performance, se il numero dei dipendenti in servizio nell’amministrazione non è superiore a 15 (prima il limite era di 8 lavoratori) e i dirigenti non sono più di 5;
— è fornita l’interpretazione autentica dell’art. 65, D.Lgs. 150/2009,
che, subito dopo la riforma Brunetta, aveva generato dei dubbi applicativi.
Esamineremo nel prosieguo i singoli punti su cui è intervenuto il provvedimento citato.
6. Le riforme 2010/2012
A) Dalla manovra estiva 2010 al cd. Collegato lavoro
L’anno 2010 è stato denso di novità e cambiamenti per il mondo del
lavoro in generale e in modo particolare per il settore pubblico.
In primo luogo, occorre citare il D.L. 31-5-2010, n. 78, conv. con modif.
in L. 30-7-2010, n. 122, cd. manovra finanziaria d’estate 2010, recante
misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica. Stringenti, tra l’altro, i vincoli recati dalla manovra in questione
alle spese pubbliche e soprattutto nell’ambito del pubblico impiego.
Nello specifico:
— viene imposto uno specifico tetto al trattamento economico destinato, nel triennio 2011/2013, sia a dipendenti che a dirigenti, che non potrà superare quello
ordinariamente spettante nel 2010;
— la contrattazione collettiva subisce un blocco dal 2010 al 2012; ciò vale per
tutti i dipendenti, contrattualizzati e non;
— viene introdotto il blocco delle progressioni automatiche previste per i dipendenti, e previsto che le progressioni di carriera produrranno effetto solo da un
punto di vista giuridico e non economico;
— sono posti precisi limiti alle attività di formazione: quelle, infatti, intraprese dal 2011
in poi non possono superare le attività del 2009 e devono essere effettuate prioritariamente attraverso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA).
Estratto della pubblicazione
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Capitolo Primo
Stretta anche sugli incarichi di consulenza, studio e ricerca: dal 2011 la relativa
spesa non può superare quella sostenuta nell’anno 2009 e la violazione di tale
previsione configura illecito disciplinare e conseguente responsabilità erariale.
In secondo luogo, con la L. 4-11-2010, n. 183 (cd. Collegato lavoro),
è stata predisposta un’importante riforma della disciplina del lavoro, sia
privato che pubblico.
Il cd. Collegato tocca aspetti quali, tra l’altro, i congedi, le aspettative e
i permessi di cui possono usufruire i lavoratori in determinate circostanze,
gli ammortizzatori sociali, i servizi per l’impiego, gli incentivi all’occupazione, l’apprendistato, l’occupazione femminile, nonché le misure contro il
lavoro sommerso.
Il provvedimento interviene, inoltre, in materia di controversie di lavoro, introducendo importanti modifiche alla disciplina prevista dal codice di procedura civile
(art. 409 ss.) per lo svolgimento del processo del lavoro, portando a compimento
un articolato sistema di procedure conciliative e di arbitrato. Si anticipa, in tal sede,
che il tentativo di conciliazione perde il suo carattere di obbligatorietà e diventa
facoltativo (sul punto v. infra Cap. 9).
Per quanto concerne, poi, le specifiche misure in tema di pubblico impiego, tra i principali punti incisi dalla nuova normativa, occorre ricordare:
le concrete misure per garantire le pari opportunità e l’assenza di discriminazioni sul luogo di lavoro; le innovazioni in materia di passaggio diretto di
personale tra diverse amministrazioni e di assegnazioni temporanee; l’introduzione di specifici adempimenti formali in capo alle amministrazioni
pubbliche; le modifiche alla disciplina del trattamento dei dati personali
effettuato da soggetti pubblici. È prevista, infine, la possibilità, per i dipendenti pubblici, di essere collocati in aspettativa per massimo 12 mesi al fine
di avviare attività professionali e imprenditoriali.
B) Le manovre economiche 2011
L’aggravamento dello stato di crisi dell’economia italiana ha reso necessario il varo di una serie di misure straordinarie con l’obiettivo del risanamento del debito pubblico e della crescita economica. Tra queste bisogna
citare il D.L. 98/2011, conv. in L. 111/2011, e il D.L. 138/2011, conv. in
L. 148/2011, rispettivamente manovra finanziaria e manovra finanziaria
bis, emanate entrambe nell’estate del 2011.
Il lavoro pubblico, in particolare, è stato inciso dalle citate riforme nella prospettiva della riduzione della spesa pubblica.
Estratto della pubblicazione
Il rapporto di pubblico impiego: iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
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Tra le principali misure adottate con il D.L. 98/2011, conv. in L. 111/2011,
ricordiamo: la proroga delle norme sulle limitazioni delle facoltà di assunzione per le amministrazioni statali nonché del blocco dei trattamenti economici; la semplificazione delle procedure di mobilità individuale tra le
amministrazioni; la riduzione dell’utilizzo delle autovetture di servizio (cd.
auto blu) e la lotta, sempre più dura, all’assenteismo (estesa a categorie di
pubblici dipendenti che in precedenza non erano state toccate).
Dal canto suo, la manovra bis ha previsto, tra l’altro, un’ulteriore riduzione delle dotazioni organiche nonché l’estensione, anche al settore pubblico, della compensazione territoriale dell’obbligo di assumere soggetti disabili, in precedenza riservata al solo lavoro privato.
C) La legge di stabilità 2012 (L. 183/2011)
A fronte dell’eccezionale crisi economica che il Paese si è trovato ad
affrontare nell’estate del 2011, è stato necessario varare l’ennesima manovra economica, in grado di fornire adeguate rassicurazioni sia ai nostri
partner nell’ambito dell’Unione europea, sia ai mercati finanziari. Sicché con
la L. 12-11-2011, n. 183, cd. legge di stabilità 2012, sono state approvate ulteriori misure per il risanamento del debito pubblico e per il rilancio
dell’attività economica, che, per quanto qui interessa, hanno riguardato tra
l’altro anche la disciplina del lavoro pubblico, con particolare riguardo alla
mobilità collettiva dei dipendenti pubblici.
7. Le attuali prospettive di riforma
L’aggravarsi della crisi finanziaria che ha investito il nostro Paese e la
progressiva crescita del debito pubblico ha portato alla formazione di un
nuovo esecutivo, cd. dei tecnici, presieduto dal Prof. Monti.
Primo atto della nuova compagine governativa è stata l’approvazione
del D.L. 201/2011, conv. in L. 214/2011, detto anche decreto salva
Italia: esso reca un imponente programma di misure urgenti finalizzate alle
crescita, all’equità e al consolidamento dei conti pubblici.
Si segnalano, in particolare, per quanto in tal sede di interesse, le previsioni
dirette alla riduzione dei costi di funzionamento di autorità di governo e Province;
le nuove disposizioni in tema di trattamenti economici annui di coloro che ricevono
emolumenti o retribuzioni nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico; l’accorpamento di INPDAP e ENPALS nell’INPS, dal 1° gennaio 2012.
Estratto della pubblicazione
22
Capitolo Primo
Al decreto salva Italia, inoltre, è legata la riforma del sistema pensionistico operante dall’anno 2012, destinata a garantire il rispetto dei vincoli di
bilancio, la stabilità economico-finanziaria nonché a rafforzare la sostenibilità, nel lungo periodo, del sistema pensionistico.
Anche il successivo decreto semplifica Italia, D.L. 9-2-2012, n. 5,
conv. in L. 4-4-2012, n. 35, recante misure urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, appare finalizzato all’accrescimento di competitività
del Paese mediante lo snellimento della burocrazia e l’utilizzo delle nuove
tecnologie. Sono previste, infatti, varie misure di semplificazione a favore
di cittadini, imprese e amministrazioni stesse.
In questa sede, si ricordino le semplificazioni a favore dei cittadini per
la partecipazione a concorsi pubblici e prove selettive (le cui domande
dovranno essere presentate per via telematica, in base alle modalità stabilite dal Codice dell’amministrazione digitale) nonché le semplificazioni in
tema di lavoro in generale (tra le altre si citano quelle relative all’astensione
anticipata delle lavoratrici in gravidanza in casi specificatamente individuati; alla circolazione dei flussi informativi in materia di interventi e servizi
sociali; quelle, infine, in tema di assunzione di lavoratori extra UE e di documentazione amministrativa per gli immigrati).
Incentivata anche l’attività di ricerca svolta dal personale dipendente
inquadrato nei ruoli dei ricercatori presso appositi enti o Università, mediante la previsione del collocamento in aspettativa per l’attribuzione di
borse di studio, assegni e forme similari sovvenzionati dall’Unione europea
oppure da organismi internazionali.
Per completezza di esposizione si ritiene di menzionare anche l’ulteriore manovra emanata dall’esecutivo, cd. decreto liberalizzazioni, recato dal D.L. 24-1-2012,
n. 1, conv. in L. 24-3-2012, n. 27, nella quale sono contenute interessanti prescrizioni in tema di liberalizzazione delle attività economiche, riduzione degli oneri
amministrativi gravanti su imprese e cittadini e servizi pubblici locali.
Il mondo del lavoro in generale, nonché il volto delle pubbliche amministrazioni, tuttavia, sono ben lungi dall’aver trovato un assetto normativo ed
organizzativo omogeneo e definitivo.
Da un lato, infatti, occorre ricordare che, con la L. 3-10-2011, n. 174,
l’esecutivo è stato delegato all’emanazione di uno o più decreti legislativi
con cui raccogliere, in appositi codici o testi unici, le disposizioni vigenti
nelle materie di cui:
a) alla L. 241/1990, legge generale sul procedimento amministrativo;
Estratto della pubblicazione
Il rapporto di pubblico impiego: iter storico-evolutivo e tendenze di riforma
23
b) al D.P.R. 445/2000, cd. testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa;
c) al D.Lgs. 165/2001, T.U. pubblico impiego;
d) al D.Lgs. 150/2009, cd. riforma Brunetta.
La ratio di tale intervento è da rinvenire, essenzialmente, nell’organizzazione
delle disposizioni per settori omogenei o per materie nonché nel coordinamento
delle stesse, mediante la ricognizione ed abrogazione espressa delle norme abrogate, prive di effetto normativo o comunque obsolete.
Dall’altro lato, ancora, l’attuale situazione economica del Paese ha imposto, anche sulla scia delle indicazioni provenienti dall’Unione europea,
di riformare il mercato del lavoro, in una prospettiva di crescita dell’occupazione. L’esecutivo ha così approntato un progetto di riforma del
mercato del lavoro, ispirata al modello europeo della flexicurity, basato
sull’alleggerimento delle tutele nel rapporto e sulla garanzia di maggiori
tutele sul mercato.
I profili portanti della nuova riforma del lavoro riguardano:
— la flessibilità in entrata, finalizzata a rendere più dinamico il mercato
del lavoro;
— il sistema degli ammortizzatori sociali;
— la flessibilità in uscita, per rendere più adeguata al mutato contesto
economico la disciplina dei licenziamenti individuali e per motivi economici.
Si discute ancora sull’applicabilità, al lavoro pubblico, del progetto di
riforma, per cui appare auspicabile quanto prima un intervento chiarificatore del legislatore. Tuttavia, in questa fase, basandoci sul combinato disposto
di cui agli articoli 2, comma 2 (al lavoro pubblico si applicano il codice civile e le leggi sul lavoro nell’impresa, ferme restando le regole peculiari stabilite per il lavoro pubblico) e 51, comma 2 (lo Statuto dei lavoratori si applica
alle pubbliche amministrazioni, a prescindere dal numero dei dipendenti) del
D.Lgs. 165/2001, appare possibile sostenere che la riforma riguarderà anche
il lavoro con le amministrazioni (in tal senso, v. OLIVERI).
In argomento, la Funzione pubblica il 21 marzo 2012 ha precisato che
«Solo all’esito della definizione del testo che riguarda la riforma del mercato del lavoro si potranno prendere in considerazione gli effetti che essa
potrebbe avere sul settore pubblico. Nel qual caso è possibile che si valuterà se ricorra l’esigenza di norme che tengano conto delle peculiarità del
lavoro pubblico».
Estratto della pubblicazione
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Capitolo Primo
Si ritiene di concludere questa panoramica sull’articolata evoluzione
storica e normativa del pubblico impiego menzionando la sigla del nuovo
protocollo di intesa, di maggio 2012, tra il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, le Regioni, le Province, i Comuni e le Organizzazioni sindacali, sul lavoro nelle pubbliche amministrazioni.
L’intesa, sul presupposto dei profondi cambiamenti intervenuti negli
ultimi anni nelle strutture pubbliche, delle riforme che hanno delineato — e
delineano tuttora — un nuovo volto della P.A. italiana e, non ultima, della
crisi economica nonché della ristrutturazione del mondo del lavoro in generale, si prefigge l’obiettivo di investire nella qualità dell’amministrazione, per dare efficacia all’azione pubblica in un quadro di reale imparzialità, buon andamento e legalità e al fine di contribuire alla crescita economica del Paese, eliminando gli sprechi.
Recita l’intesa che il miglioramento delle funzioni pubbliche dovrà passare
attraverso:
— un nuovo modello di relazioni sindacali;
— la razionalizzazione e semplificazione dei sistemi di misurazione, valutazione e premialità, come pure del ciclo della performance;
— nuove regole riguardanti il mercato del lavoro nel pubblico impiego;
— i sistemi di formazione del personale;
— il rafforzamento delle prerogative e delle responsabilità della dirigenza pubblica.
Glossario
Class action: si tratta di un’azione collettiva condotta da uno o più soggetti che richiedono il risarcimento del danno non solo a loro nome, ma per tutta la «classe», ossia per tutti coloro che
hanno subito il medesimo illecito. Essa ha ad oggetto l’accertamento della responsabilità e la
condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore dei consumatori.
L’attuale disciplina, prevista dal Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005, art. 140bis, come novellato dal D.L. 1/2012, conv. in L. 27/2012, cd. decreto liberalizzazioni e competitività) e in
vigore dal 1° gennaio 2010, dispone che attraverso la class action sono tutelabili:
a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una
stessa impresa in situazione del tutto omogenea, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli artt. 1341 e 1342 del codice civile;
b) i diritti del tutto omogenei spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto o servizio nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
c) i diritti del tutto omogenei al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
Nelle dette ipotesi, ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno
o e alle restituzioni.
A differenza di questo tipo di class action, quella predisposta dal D.Lgs. 198/2009 avverso le
pubbliche amministrazioni non dà diritto al risarcimento del danno.
Estratto della pubblicazione