Viticoltura - Mille Vigne
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Viticoltura - Mille Vigne
millevigne - bimestrale - sped. in a.p. dl 353/2003 conv. in L.27/02/2004 n. 46 art. 1, comma 1, cns/to - una copia euro 4 - in caso di mancato recapito, inviare al cmp Torino per la restituzione al mittente previo pagamento resi n. 2 2012 Garganega, la regina del Soave Difesa vite 2012 Conosciamo la peronospora? Fertirrigazione Chi ti ha invitato, Brett? Vino biologico, la UE ha deciso Paglia, vignaiolo on line Commercio elettronico l’Editoriale Succhiaruote, maldicenti e troll Rassegna non esaustiva di comportamenti eticamente scorretti Q uando si parla di etica di impresa è utile prendere ad esempio alcuni casi concreti. La prima scorrettezza la commetterei io stesso se non citassi il fantasioso estensore di una metafora ciclistica, quella del “succhiaruote”, al settore del vino: si tratta dell’amico Carlo Macchi. In riferimento alla manifestazione “Nebbiolo Prima”, degustazione cieca dei grandi vini di Langa a cui partecipano giornalisti e buyer da tutto il mondo, scrisse Carlo sul suo sito Winesurf.it: “ negli anni diversi produttori divenuti famosi nel frattempo, che da un giudizio negativo hanno solo da perderci, hanno abbandonato l’evento. Così facendo evitano la valutazione bendata e comparata dei propri vini in un momento in cui sono magari chiusi o non pronti. Questo è lecito, anche se il rischio di svuotare di peso la manifestazione era ed è fin troppo reale. Meno lecito (e meno etico) è purtroppo lo sport del “succhiaruote” cioè il non partecipare a Nebbiolo Prima ma sfruttare la venuta in zona di molti giornalisti (a spese d’altri...) per invitarli nella propria cantina dove, in tutta calma e tranquillità, fargli assaggiare i vini. Questo è sbagliato, come è sbagliato da parte di noi giornalisti accettare inviti o addirittura telefonare per fare una visita in cantine non partecipanti”. Di episodi simili se ne contano molti in giro per l’Italia: per fortuna i giornalisti più seri si ribellano e allora il succhiaruote rischia un effetto boomerang. A volte non è soltanto il timore del confronto o il desiderio di risparmiare a spingere a questi comportamenti, ma anche la rivalità, per non dire l’odio, tra produttori e gruppi di essi. So di redattori di guide che devono frazionare le degustazioni di una stessa denominazione in tempi e luoghi diversi perché i gruppi “non si parlano”. E c’è di peggio. Scrive Giancarlo Gariglio, uno dei curatori della guida Slowine, sul sito omonimo: “Durante le nostre visite in cantina, sapete qual è la cosa più sgradevole che ci è capitata? Sentir parlare male del proprio vicino. Alcuni lo fanno utilizzando dei sottointesi, (…) altri addirittura ci hanno portato in campo facendoci ve- di MAURIZIO GILY dere il proprio filare e confrontandolo con quello dell’altro produttore (e magari non era neanche il suo, NdR) . Un sistema produttivo che si comporta così con la stampa e i possibili clienti è destinato al fallimento”. Io pensavo che questa cattiva abitudine fosse tramontata, almeno tra i produttori di qualità: in genere chi parla male degli altri è quello che fa il vino più cattivo. Ma se questo malcostume è ancora diffuso come scrive Gariglio vuol dire che siamo davvero indietro. Purtroppo il tempo è scaduto. È inutile parlare di terroir se chi è deputato a valorizzarlo ci sputa sopra. La rivalità e la concorrenza sono una cosa, la maldicenza un’altra. La solidarietà tra i produttori nei confronti dell’esterno è uno dei più forti elementi di qualunque marketing territoriale. Se il vicino compie azioni illegali lo si segnala ai carabinieri, se sono solo immorali lo giudicherà l’Eterno. Ma in ogni caso non è opportuno confidarlo a clienti e turisti. Siamo davvero stanchi di citare impietosi paragoni con la Francia, dalla quale, sotto questo aspetto, ci separa ancora un abisso. Chi non capisce queste regole elementari è destinato al declino, ma purtroppo rischia di trascinare con sé anche il prodotto e la denominazione. L’ultima frontiera della maldicenza è, infine, offerta da internet: i commenti sui blog e sui social network. Personalmente penso che usare il web per sparare giudizi negativi su un vino o addirittura su una cantina sia lecito, anche se non di buon gusto. Ma chi lo fa deve avere il coraggio di metterci il nome e la faccia e, ovviamente, deve essere un consumatore, o comunque non può essere un produttore concorrente sotto false spoglie, perché in quel caso non è solo un maldicente, ma una carogna. A volte la carogna usa il falso nome, per lo più storpiato, di una persona vera: la fantasia del popolo della rete in questo caso lo chiama troll, come lo spirito maligno della mitologia nordica capace di assumere sembianze altrui per attuare un disegno malvagio. Una fantasia poetica, che a dire il vero mal si attaglia alla prosa scialba di certe persone, dalla mente piccola come le loro azioni. 38° Concorso Enologico della provincia di Alessandria: “Premio Marengo DOC”. Estratto Regolamento 2012 APERTURA ISCRIZIONI: 1° MARZO 2012 • CHIUSURA ISCRIZIONI: 30 MARZO 2012 www.asperia.it e www.al.camcom.gov.it per i moduli d’iscrizione e il Regolamento completo. Art. 1 – ORGANIZZAZIONE. La Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Alessandria, tramite la propria Azienda Speciale ASPERIA (di seguito indicata come “Ente Organizzatore”), con la collaborazione della Regione Piemonte e della Provincia di Alessandria, bandisce il 38° Concorso Enologico della provincia di Alessandria denominato “PREMIO MARENGO DOC”. Omissis. Art. 2 – FINALITA’ DEL CONCORSO. Le finalità del Concorso sono le seguenti: valorizzare per ogni singola zona di produzione i vini qualitativamente migliori, favorendone la conoscenza e l’apprezzamento; stimolare le categorie interessate al continuo miglioramento qualitativo del prodotto; orientare il consumatore nella scelta dei vini predetti, dando suggerimenti circa il migliore accostamento alla gastronomia locale e nazionale; favorire la commercializzazione dei vini vincitori, con peculiare attenzione ai mercati esteri. Art. 3 - VINI AMMESSI. Saranno ammessi al Concorso i vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC), a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) e i vini spumanti di qualità prodotti con uve della provincia di Alessandria. Omissis. Art. 4 - REQUISITI DI PARTECIPAZIONE E CONTROLLI. Possono partecipare al Concorso le aziende produttrici di vino. Omissis. Saranno escluse dal Concorso le aziende i cui titolari o amministratori delegati abbiano subito, nel biennio precedente, condanne passate in giudicato per frode in commercio o sofisticazione. Omissis. Art. 5 - MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE, PRELIEVI E PROCEDURE. La partecipazione al Concorso è gratuita. Omissis. I campioni, costituiti da 6 bottiglie per ogni tipo di vino, potranno essere prelevati: a) direttamente da un responsabile dell’azienda, tramite autocertificazione; b) o da un incaricato dell’Ente Organizzatore. Omissis. Art. 6 - VINI NON AMMISSIBILI. Non sono ammessi al Concorso: i vini già premiati nelle precedenti edizioni del Concorso; i vini appartenenti a partite con caratteristiche non conformi a quanto previsto dal presente Regolamento; i vini presentati da produttori singoli o associati, o da aziende che abbiano avuto a loro carico con sentenza passata in giudicato, procedimenti giudiziari dovuti a frodi o sofisticazioni. Art. 7 – ANONIMIZZAZIONE A DUE CODICI. Le operazioni per rendere anonimi i campioni da sottoporre alle Commissioni di degustazione saranno effettuate in due momenti, con l’attribuzione di due distinti e appositi codici. Omissis. Art. 8 – LE COMMISSIONI E LE TIPOLOGIE DI DISTINZIONE. Le Commissioni sono di due tipi: le Commissioni di degustazione, in numero variabile; la Commissione finale di degustazione. Omissis. Le tipologie di distinzione da attribuirsi sono: il Premio “Premio Marengo DOC”, da conferirsi con Diploma; il Premio “Selezione Speciale”, da conferirsi con Diploma e medaglia; il Premio “Marengo d’Oro”, da conferirsi con Diploma, medaglia e targa. Art. 9 PREMIO “PREMIO MARENGO DOC”. Omissis. Art. 10 – PREMIO “SELEZIONE SPECIALE”. Omissis. Art. 11 - COMMISSIONE FINALE E PREMIO “MARENGO D’ORO”. Omissis. Art. 12 – DISTINZIONI SU RICHIESTA DELLE AZIENDE VINCITRICI. Omissis. Art. 13 - DISPOSTI DI GARANZIA. Le aziende partecipanti potranno richiedere le schede di valutazione relative ai vini da loro presentati. L’Ente Organizzatore avrà cura di inviare le schede stesse, in forma anonima, senza l’indicazione dei nomi e delle firme dei componenti delle Commissioni, che devono restare anonimi. Non sarà invece reso noto l’elenco delle aziende partecipanti al Concorso, né il punteggio assegnato ai singoli campioni. I dati forniti dalle aziende saranno utilizzati nel rispetto delle previsioni del Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali). L’elenco delle aziende partecipanti al Concorso non verrà reso noto. Art. 14 - PROMOZIONE DELLE “SELEZIONI SPECIALI” E DEI PREMI “MARENGO D’ORO”. Omissis. Art. 15 - COMITATI ORGANIZZATORI. Omissis. Art. 16 – CONTROLLI. Omissis. L’Ente Organizzatore si riserva di effettuare, direttamente presso le aziende e tramite propri incaricati, i controlli che riterrà opportuni sulle partite di vino premiate. Qualsiasi controversia concernente il presente Regolamento o collegata ad essa, comprese quelle relative alla sua interpretazione, validità ed esecuzione, sarà sottoposta ad arbitrato rituale rapido, secondo le previsioni del Regolamento della Camera Arbitrale del Piemonte, qui richiamato integralmente. Omissis. Art. 17 - CLAUSOLA DI CONCILIAZIONE. Le parti sottoporranno al tentativo di conciliazione previsto dal Servizio di Conciliazione della Camera Arbitrale del Piemonte qualsiasi controversia derivante dal presente concorso o in relazione allo stesso. In caso di mancato raggiungimento di un accordo, le parti saranno libere di adire l’Autorità Giudiziaria Ordinaria: in tal caso la competenza è del Foro di Alessandria. Art. 18 – RINVIO. Per tutto ciò non espressamente previsto dal presente Regolamento si fa riferimento al decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 16 dicembre 2010 “Disciplina dei concorsi enologici, in applicazione dell’articolo 21, comma 3, del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61. SICUREZZA FORUM INIMITABILE STORIA novità 2012 ORUM TRADIZIONE OSTANZA EI RISULTATI DAL 1994 STORIA AFFIDABILITÀ GARANZIA DI EFFICACIA Prodotto fitosanitario autorizzato dal Ministero della Salute. Seguire attentamente le istruzioni riportate in etichetta. Usare i prodotti fitosanitari con precauzione. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto. Si prega di osservare le avvertenze ed i simboli di pericolo nelle istruzioni per l’uso. OSTANZA EI RISULTATI AFFIDABILITÀ UNICO ANTIPERONOSPORICO COSTANZA NEI INIMITA STORIA UNICO AFFIDABILITÀ SPECIALISTA TRADIZIONE DAL 1994 STORIA AFFIDABILITÀ FORUM TOP ANTIPERONOSPORICO SPECIALISTA INIMI COSTANZA NEI R GARAN DI EFFI INIMITABILE NOVITÀ 2012 GARANZIA DI EFFICAC FORUM SICUREZZA AFFIDABILITÀ GARANZIA DI EFFICACIA STORIA GARANZIA DI EFFICACIA COSTANZA NEI RISULTATI TOP DAL 1994 FORU ANTIPERONOSPORICO www.basf-agro.it www.seminiamofiducia.it SPECIALISTA INI UNICO 4 il Viticoltura 6 Garganega, la regina del Soave G. Ponchia, D. Tomasi Sommario Eventi, Cultura e Società 26 Paglia, vignaiolo on line N. Regazzoni 10 Difesa della vite 2012 28 Arnaldo Rivera 12 Conosciamo la peronospora? 30 L’Asti e il Sol Levante D. Dellavalle A. Vercesi 16 Fertirrigazione D. Zuccari Enologia 20 Chi ti ha invitato, Brett? T. Scott Legislazione 22 Vino biologico, la UE ha deciso la Redazione Economia 24 Commercio elettronico K. Walter Seguite MILLEVIGNE su: L. Tablino C. Fracchia Millevigne, il periodico dei Viticoltori Italiani DIRETTORE RESPONSABILE: Maurizio Gily - [email protected] EDITORE: VIGNAIOLI PIEMONTESI Sca Direttore: Gianluigi Biestro AMMINISTRAZIONE, REDAZIONE e ABBONAMENTI: Via Alba 15 Castagnito, tel 0173 210311 fax 0173212223 http://www.millevigne.it/periodico/periodico [email protected] - [email protected] REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ALBA N. 2/2006 DEL 28/06/2006 Per la pubblicità sulla rivista: 392 4246661 - [email protected] Per la pubblicità sul sito web: www.vinoclic.it Stampa: Marzo 2012 - L’Artistica Savigliano, Savigliano (CN) Foto di copertina: Giulia Cavedini, Consorzio di Tutela del Soave Hanno collaborato a questo numero: Daniele Dellavalle, Cristina Fracchia, Maurizio Gily, Monica Massa, Giovanni Ponchia, Nicolò Regazzoni, Tony Scott, Lorenzo Tablino, Diego Tomasi, Anna Maria Vercesi, Katrin Walter, Diego Zuccari © è vietata la riproduzione anche parziale di testi e immagini senza l’autorizzazione dell’editore e degli autori. L’editore e la redazione di Millevigne ricordano con affetto il Dr Giuseppe Caldano, esperto giurista, amico e gentiluomo. 5 Viticoltura GARGANEGA la regina del Soave di GIOVANNI PONCHIA Consorzio di Tutela Soave e Recioto di Soave Storia e diffusione L a storia del vitigno Garganega è legata in modo indissolubile alla storia dei vini bianchi di Soave, pur rappresentando una varietà-chiave nel panorama del vigneto Italia. In copertina, grappolo di Garganega, sullo sfondo le mura di Soave (foto Giulia Cavedini). Già nel 15 a.C. il territorio veronese faceva parte amministrativamente della Rezia inferiore, insieme all’Alto Adige e alla Valtellina; risalgono proprio a quel periodo le annotazioni storiche legate alla qualità dei vini retici, effettuate da vari scrittori romani tra cui Plinio il Vecchio e Marziale, relative quasi certamente ai vini prodotti nell’agro veronese, dove i “Pagus” soavesi che si estendevano da Colognola ai Colli a Monteforte continuarono a produrre vini anche nell’epoca successiva alla caduta dell’Impero Romano. Nei secoli a venire sono numerose le testimonianze raccolte in merito a produzioni di grande pregio nella zona del Soave. Cassiodoro (503 d.C.) descrive il vino acinatico bianco, antenato dell’attuale Recioto di Soave, vino ottenuto dall’appassimento per diversi mesi dei migliori grappoli di uva garganega, selezionati in vigna. Risalgono al 1276 documentazioni notarili di terre arative “cum vineis” in Soave e di vigne “sclavis et majoribus” nella frazione di Castelcerino. Con la fine del 1200 il bolognese Pier de’ Crescenzi aveva segnalato nel suo trattato di agronomia “Ruralium Commodorum” che la Garganega era tra le varietà più coltivate dell’epoca. In un inventario redatto nel 1592 per elencare i terreni di godimento della decima a favore della chiesa di Brognoligo (oggi frazione di Monteforte d’Alpone), è riportata 6 l’esistenza di terreni con viti “schiave e garganiche”. Nel 17° secolo la viticoltura (e l’economia in generale) nel Soavese riceve nuovi impulsi e si arriva a importanti estensioni vitate, soprattutto nella zona dell’attuale Soave classico, dove la Garganega, assieme all’altro autoctono di questo territorio, il Trebbiano di Soave, continua a dar vita a vini bianchi di grande finezza e fama, che vengono commercializzati ampiamente al di fuori del territorio di produzione. Con la prima metà del 1900 i viticoltori del territorio iniziano a sostituire il Trebbiano di Soave, vitigno molto sensibile all’umidità per via della compattezza degli acini, con la Garganega, varietà che sui terreni di origine vulcanica del soavese sa esprimersi in modo generoso e con meno problemi di sanità delle uve. Al di fuori dell’area del Soave, la Garganega è coltivata anche in altri areali del veronese, soprattutto nell’area della DOC Lessini e della DOC Bianco di Custoza. Appena oltre i confini orientali della DOC Soave troviamo il vitigno coltivato anche nel vicentino (dove costituisce la base del Gambellara DOC), nei Colli Berici fino ad arrivare ai Colli Euganei nel padovano. Viene coltivato anche in Sicilia con il nome di Grecanico. Origine genetica e geografia Come abbiamo visto la Garganega rappresenta un antico e rinomato vitigno, coltivato soprattutto nel Veneto ed in particolare nelle province di Verona e Vicenza, anche se la sua origine è ancora ignota. Con queste premesse era plausibile ipotizzare che questo vitigno avesse potuto generare delle progenie nel corso Viticoltura dei secoli o che potesse avere delle relazioni di parentela con altri vitigni, con i quali condivide l’areale di coltivazione. Dal confronto con i dati di archivio del database molecolare dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano (ora CRA-VIT), sono emerse delle possibili relazioni di parentela di primo grado, approfondite estendendo l’analisi molecolare a 36 loci SSR, validando questo rapporto per una nutrita serie di vitigni, alcuni dei quali di rilievo economico e/o storico, come il Trebbiano toscano alias Ugni blanc, il Catarratto, il Frappato, la Marzemina bianca e il Grecanico. Questi risultati delineano il ruolo giocato in Italia dalla Garganega nell’evoluzione della piattaforma ampelografica nazionale. I risultati delle analisi molecolari soni stati confrontati, come già detto sopra, con il database molecolare del CRA-VIT. Per quanto concerne le relazioni di pedigree, la Garganega mostra un legame di primo grado con una serie di vitigni, primo fra tutti il noto e diffuso Trebbiano toscano (Ugni blanc); poi l’Albana, della Romagna, citato anch’esso nel 1200 da Pier de’ Crescenzi; l’Empibotte, la Malvasia bianca di Candia a sapore semplice, la Marzemina bianca, il Catarratto ed infine il misconosciuto Greco del Pollino. Non essendo ancora conosciuti i genitori della Garganega, è difficile fare delle ipotesi sul suo esatto rapporto con i vitigni evidenziati. Caratteri agronomici e attitudini colturali Vigoria elevata, un ciclo vegetativo tra i più lunghi per le varietà a bacca bianca (circa 160 giorni dal germogliamento alla vendemmia, spesso inoltrata fino a fine ottobre), produttività discreta e costante, sensibilità media all’oidio e alla muffa grigia e ridotta alla peronospora sono tra le caratteristiche principali del vitigno che predilige potature lunghe e forme di allevamento piuttosto espanse come la tradizionale pergola veronese. La pergola è tuttora la forma di allevamento più diffusa, anche se negli ultimi 15 anni è stata frequentemente sperimentata la controspalliera con potatura a Guyot semplice con densità variabili tra le 4000 e le 5000 viti/ha. Gli anomali e a volte stravaganti decorsi climatici registrati nell’ultimo quindicennio hanno messo in luce la grande duttilità della Garganega in fase di maturazione nell’adattarsi ai diversi andamenti stagionali. In particolare, soprattutto nelle annate caratterizzate da un forte stress idrico, si è potuto notare come questo vitigno, negli areali del Soave, riesca a riprendersi ed a portare all’ottimale maturazione l’uva con dati quantitativi interessanti in zuccheri e acidità. I produttori che utilizzano tutto il lungo ciclo vegetativo senza anticipare le fasi della raccolta molto spesso riescono a vendemmiare uve di grande complessità, adatte alla produzione di vini molto espressivi e di carattere. Cloni di Garganega presenti nella zona di produzione della DOC Soave Varietà Cloni Ha Garganega ISV CV 24 1710 Garganega R4 1513 Garganega Garganega Garganega Garganega Totale ISV CV 69 ISV CV 84 ISV CV 11 altre selezioni 723 658 526 723 5853 Fonte Consorzio Tutela Vini Soace e Recioto di Soave Cloni di Garganega iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite 25/05/1970 Garganega B. Garganego * *Ai soli fini della designazione G.U. 149 17/06/1970 Garganega B. I - Rauscedo 4 24/12/1969 2 D.P.R. 1164/69 in G.U. 48 24/02/1970 Garganega B. I - FEDIT 9 C.S.G. 24/12/1969 3 D.P.R. 1164/69 in G.U. 48 24/02/1970 Garganega B. I - ISV-CV 69 04/08/1987 1/17 G.U. 227 29/09/1987 Garganega B. I - ISV-CV 84 04/08/1987 1/17 G.U. 227 29/09/1987 Garganega B. I - ISV-CV 24 15/07/1993 1/17 G.U. 179 02/08/1993 Garganega B. I - ISV-CV 11 01/03/1999 1 G.U. 86 14/04/1999 Garganega B. I - ISV-CV 18 01/03/1999 1 G.U. 86 14/04/1999 Garganega B. I - ISV sn 29 Angelini 09/06/2005 1/54 G.U. 210 09/09/2005 Garganega B. I - VCR 7 02/02/2006 2 G.U. 61 14/03/2006 Garganega B. I - VCR 13 02/02/2006 2 G.U. 61 14/03/2006 Garganega B. I - VCR 39 02/02/2006 2 G.U. 61 14/03/2006 Garganega B. I - VCR 105 02/02/2006 2 G.U. 61 14/03/2006 Garganega B. I - GAR VISP 28/05/2010 58/83 (VitisSpiazzi) G.U. 189 14/08/2010 Garganega B. I - GAR VISP REC 28/05/2010 58/83 (VitisSpiazzi) G.U. 189 14/08/2010 Fonte CRA-VIT Conegliano (TV) 7 Viticoltura La Garganega in Italia Anno 1970 2000 2010 Ettari 13.800 11.600 11.300 % vigneto Italia 1,2 1,7 1,8 La Garganega in Veneto Anno 1982 1990 2000 2010 Verona 8.750 8.800 8.400 8.400 Vicenza 2.850 2.960 2.400 1.600 Padova 500 390 270 140 TOTALE 12.100 12.150 11.070 10.140 Caratteristiche aromatiche della Garganega Le carattestiche qualitative dei vini ottenuti da uve Garganega dipendono non solo dalla ricchezza in zuccheri delle uve e dalla conseguente gradazione alcolica, ma dalla presenza, sempre nelle bacche, di altri composti che possono essere evidenziati solo con tecniche cromatografiche di elevata sensibilità. A questo gruppo appartengono, tra l’altro, i composti aromatici, la cui incidenza sulla qualità del vino è determinante anche per l’impronta varietale insostituibile e non imitabile che gli conferiscono. Nel caso specifico della Garganega i precursori aromatici che si accumulano durante la maturazione e da cui derivano le principali sensazioni olfattive percepibili nel vini di Soave appartengono alle famiglie dei monoterpeni, norisoprenoidi e benzenoidi. Ai terpeni sono associate le note floreali (rosa, acacia), d’agrumi e di tiglio riconducibili principalmente a linalolo, geraniolo, nerolo e -terpineolo. Abbondante anche la presenza di Norisoprenoidi, a cui vengono associati i sentori di frutta matura, di the, eucalipto e fieno. Nella complessità aromatica del vino hanno 8 V ioletta FF ieno ieno C iliegia Acacia Acacia B anana F iori F iori Speziato Mandorla Mandorla Sambuco F F rutta rutta matura matura Mela verde C annella C annella La carta aromatica del Soave uno spazio rilevante le note caratteristiche di mandorla, lo speziato e il balsamico, quest’ultimo attribuito alla presenza del metil salicilato. Da sperimentazioni emerge che in un range di variazioni delle temperature minime notturne di settembre compreso tra 9,5 e i 16 °C, i contenuti nei composti terpenici responsabili delle note floreali più tipiche del vino passano da valori vicini a 250 µg/L alle temperature più fresche, dove maggiori sono le escursioni termiche, fino ad abbassarsi a valori inferiori a 100 µg/L con temperature intorno ai 16 °C. Per i composti come il metil salicilato, da cui le note balsamiche e resinose, i valori più alti si manifestano con l’aumentare delle temperature notturne. Nei versanti più soleggiati, dove maggiori sono le temperature diurne, maggiori sono anche i composti norisoprenoidi che conferiscono una evidente impronta di frutta matura ed esotica. Proprio da questo netto legame tra clima ed aromi e dalla variabilità morfologica e quindi climatica del comprensorio del Soave, ha preso forma grazie ad un accurato lavoro di zonazione, una dettagliata carta aromatica del vino Soave. Forme di allevamento per la Garganega, tradizione ed evoluzione A cura di Diego Tomasi - CRA-VIT Conegliano La viticoltura del Soave ha iniziato nell’ultimo ventennio un percorso di ammodernamento della sua struttura produttiva, attraverso una rivisitazione dell’impostazione degli impianti e l’adozione di nuove soluzione tecniche. La necessità di uscire da schemi per troppo tempo creduti inamovibili, è stata dettata dal bisogno di adeguare il vigneto alle nuove esigenze del consumo, della gestione e della manutenzione degli impianti. Per secoli la vite di Garganega ha trovato nella pergola l’unico riferimento e negli ampi sesti di impianto la sola maniera di sfruttare la superficie. Dalla fine degli anni novanta si è fatta strada una nuova concezione supportata da prove sperimentali che hanno visto nel filare una alternativa nell’impianto del vigneto. Accanto ad una scelta più oculata del portinnesto, del clone e del sesto di impianto, anche la forma di allevamento è stata messa in discussione e l’attenzione è stata rivolta alla spalliera. E’ quindi iniziata una attenta analisi di confronto tra la pergola e la spalliera con potatura a cordone speronato e a Guyot. Il Centro di Ricerca per la Viticoltura e il Consorzio di Tutela del Soave, sin dal 2002 hanno dato inizio, accanto agli studi di zonazione, ad alcuni approfondimenti basati sullo studio dell’interazione tra forme di allevamento e qualità delle produzioni. L’obiettivo principale è stato quello di far fronte alla necessità di ridurre l’impiego di manodopera, di rendere più agevole la raccolta dell’uva e in generale di semplificare la gestione e la manutenzione del vigneto. La verifica è stata portata sulla pergola e sulle sue versioni riviste in chiave moderna che prevedono una struttura di sostegno più leggera, più aperta e più rispondente ad Viticoltura una gestione semplificata della chioma. Sul lato opposto si sono valutate le risposte produttive e qualitative del cordone speronato e del Guyot. Nel primo caso (potatura corta) la fisiologia produttiva della Garganega ha reso la risposta produttiva troppo incerta e altalenante nel corso delle diverse annate. L’attenzione si è quindi spostata sulla potatura a Guyot e i risultati in vigneto hanno portato a positive considerazioni complessive. A favore di quest’ultima soluzione vi è soprattutto la semplificazione nella gestione della parete vegetativa, della potatura e della raccolta. Bisogna però anche sottolineare la difficoltà incontrata da molti viticoltori nell’affrontare una nuova forma di allevamento con diverse necessità in termini di potatura e di gestione annuale. La maggior problematica risiede nel carico produttivo che deve trovare un perfetto equilibrio con la parete vegetativa, pena un immediato calo qualitativo. La pergola da questo punto di vista permette un maggior raggio d’azione e il suo equilibrio risulta più stabile e meno soggetto all’andamento stagionale e alla quantità d’uva presente. A far data dal 2003 ci si è dovuti però confrontare con un sempre più evidente cambio climatico cui ha fatto seguito un innalzamento delle temperature e una maggior frequenza delle ondate di calore. È sorta quindi in tutta la sua importanza l’urgenza di analizzare la risposta della Garganega in relazione all’esposizione dei grappoli alla radiazione solare, così diversa nella pergola e nella spalliera. L’analisi ha riguardato non solo la componente zuccherina e acida dell’uva, ma anche la quantità e la qualità degli aromi, molto sensibili ai valori termici esterni. Accanto alle uve si sono analizzati i vini e le prove si sono protratte sino al 2011. Una lunga serie di dati produttivi, qualitativi ed enologici hanno permesso di stilare un giudizio circostanziato sulla composizione gusto-olfattiva dei vini ottenuti con uve più (pergola) o meno (Guyot), protette dalla vegetazione. Soprattutto in certe annate, a dir il vero sempre più frequenti (2003-2006-2011), la temperatura dei grappoli esposti al sole rischia di eccedere i livelli ottimali per la sintesi e la conservazione degli aromi. Il confronto tra pergola e Guyot si è fatto quindi determinante per analizzare una risposta viticola ed enologica dettata dal sistema di conduzione. Nel caso della pergola i dati assicurano una maggior ricchezza aromatica stante l’ottimale microclima che si viene a creare e che permane nell’intorno del grappolo. Con la potatura a Guyot invece si ottengono uve più ricche in zuccheri, con minor acidità e con un quadro aromatico più indirizzato verso valori di forte impronta aromatica fruttata. Si ringraziano per la collaborazione Antonio Calò, Angelo Costacurta, Marina Niero ESSERE UN PASSO AVANTI E’ NELLA NOSTRA NATURA UN PEZZO IMPORTANTE DELLA STORIA DELL’IRRIGAZIONE. UN GRANDE PASSO VERSO UN FUTURO SOSTENIBILE. Dopo i primi tentativi di sviluppare la tecnologia a goccia nel 1960, Netafim ha proseguito realizzando il primo impianto produttivo per l’irrigazione a goccia. Da allora siamo cresciuti fino a diventare leader globali con soluzioni innovative ed intelligenti che hanno rivoluzionato l’irrigazione a goccia e la microaspersione. In tutto il mondo aiutiamo gli agricoltori impegnandoci a fornir loro pratiche innovative che promuovono l’efficienza e la sostenibilità. 1990 1965 1970 2011 NETAFIM CRESCI DI PIU’ CON MENO WWW.NETAFIM.IT [email protected] TEL. 0185 18720 9 Viticoltura Novità difesa vite 2012 I l panorama dei fitofarmaci per la difesa del vigneto è in continua evoluzione e per quest’anno le novità più sostanziose derivano dalla revisione europea dei fitofarmaci, mentre l’introduzione di nuove sostanze attive è limitato a pochi casi. Il processo di revisione europea ha determinato l’esclusione dal commercio di alcuni fitofarmaci e la riclassificazione di altri, quasi sempre inseriti in classi tossicologiche meno favorevoli e spesso con l’aggiunta di frasi di rischio. Tra le molecole utilizzate in viticoltura che vengono escluse dal commercio a partire dal 2012 troviamo mepanipyrim, un principio attivo ad azione antibotritica, in passato commercializzato da Sipcam col marchio Frupica; discorso simile va fatto per la molecola diserbante ad azione ormonale MCPA, il cui impiego viene da quest’anno revocato sulla vite. Più complessa e tuttora incerta è la sorte cui andrà incontro il glufosinate ammonio, molecola erbicida ad azione disseccante, commercializzata da Bayer con il marchio Basta: in seguito alla revisione delle sostanze attive impiegate in agricoltura, il glufosinate ammonio è passato da una classe tossicologica favorevole (n.c.), che per il suo impiego non richiedeva il possesso del “patentino”, ad una classe tossicologica ben più restrittiva, “T” (tossico). A seguito di tale riclassificazione la vecchia formulazione di Basta è stata revocata dal commercio e Bayer ha presentato una nuova registrazione, sempre classificata T, che, pur con le dovute precauzioni imposte dalla sua tossicità, potrà essere impiegata nei Paesi della Comunità Europea, sempre che nel frattempo non intervengano indicazioni più restrittive da parte degli stati membri. Cosa che è avvenuta in Italia ove, in attesa di maggiori studi sulla tossicità del glufosinate ammonio, si è deciso di sospenderne l’impiego, al momento fino al 29 febbraio 2012. Dopo questa data la nuova registrazione potrà, o essere ammessa all’impiego anche in Italia, oppure venire definitivamente esclusa dal commercio nel nostro paese. In ogni caso la classificazione “T” del glufosinate ammonio comporta l’esclusione di questo erbicida da qualsiasi impiego nei programmi di difesa a basso impatto ambientale (anche conosciuta come difesa eco-compatibile o integrata). Che, è bene ricordarlo, dal 2014 diventeranno ad adesione obbligatoria. Un altro esempio di riclassificazione che coinvolge un gran numero di fitofarmaci ampiamente diffusi in viticoltura è quello del mancozeb: come noto già dal 2011 tutti i fungicidi contenenti mancozeb sono passati dalla classe tossicologica Xi (irritante) a Xn (nocivo), con conseguente obbligo di possedere il patentino per l’acquisto e l’im- 10 di DANIELE DELLAVALLE piego di tali prodotti; ai formulati a base di mancozeb è stata inoltre aggiunta la frase di rischio R63, che evidenzia “possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati”. La frase R63 è valutata piuttosto negativamente nell’ambito dei fitofarmaci, di conseguenza si tende a limitare l’impiego se non addirittura ad escludere dalle norme tecniche per la produzione a basso impatto ambientale i formulati che ne sono in possesso. Vista l’importanza e la diffusione del mancozeb e considerate le modalità e le tempistiche che hanno portato alla sua riclassificazione, per il 2011 non sono state apportate variazioni alle norme tecniche riguardo al mancozeb, variazioni che saranno invece applicate dal 2012: non potranno essere impiegati su vite per più di tre volte fitofarmaci contenenti mancozeb, indipendentemente dalla sua concentrazione all’interno di ciascun formulato. La limitazione nell’impiego del mancozeb, molecola relativamente economica, comporterà un sensibile aumento dei costi della difesa del vigneto, in quanto prodotti alternativi ci sono ma sono tutti più cari. Inoltre nell’impostare le strategie di difesa occorrerà considerare che il minor impiego del mancozeb, fungicida attivo contro molti funghi patogeni, potrebbe favorire lo sviluppo di fitopatie secondarie, come il black rot (lo scorso anno in alcuni vigneti sono stati osservati sintomi diffusi di tale malattia); di conseguenza nelle strategie di difesa che non prevedono l’impiego di mancozeb è opportuno prevedere l’inserimento di fungicidi attivi anche contro il black rot, come alcuni IBE o Strobilurine. Terminato il capitolo riguardante la revisione europea dei fitofarmaci e le conseguenze di questa sulla legislazione nazionale e sui disciplinari per le produzioni agricole a basso impatto ambientale, passiamo ora alla descrizione di due nuove molecole ad azione fungicida, attive contro la peronospora della vite. La prima per ordine di tempo ad arrivare sul mercato italiano è l’amisulbrom, molecola appartenente alla classe chimica delle sulfonamidi, che agisce nelle cellule fungine inibendone i processi respiratori. Attraverso l’inibizione dello sviluppo delle zoospore e dei conidi blocca lo sviluppo del micelio e la produzione di spore; la sua azione nei confronti della malattia è triplice: preventiva, curativa ed antisporulante. Possiede un elevato potere adesivo alle cere del grappolo, quindi resiste molto bene al dilavamento causato dalla pioggia. Ha un ottimo profilo tossicologico e residuale. Attualmente la molecola viene commercializzata in miscela con mancozeb da Scam, con il nome commerciale di Sanblight; le dosi d’impiego su vite sono di 200-250 g/hl ed il periodo di carenza è di 28 giorni; l’intervallo previsto tra i trattamenti è di 10-12 giorni. Viticoltura L’amisulbrom è stato inserito nelle norme tecniche per la difesa integrata delle colture con le stesse limitazioni previste per il mancozeb, e cioè impiego possibile solo fino a fine fioritura ed al massimo tre trattamenti per anno complessivamente con qualsiasi prodotto contenente mancozeb; inoltre, avendo lo stesso meccanismo d’azione di ciazofamide (Mildicut di Belchim) sono previsti al massimo tre trattamenti complessivi tra amisulbron e ciazofamide. L’altro principio attivo che si affaccia sul mercato antiperonosporico della vite è ametoctradina, molecola appartenente alla nuova classe chimica delle pirimidilamine, che agisce inibendo la respirazione cellulare delle cellule fungine. Non essendo né citotropico né sistemico agisce preventivamente e per contato; grazie all’elevata affinità con le cere dell’acino, resiste fortemente al dilavamento. Viene commercializzato da Basf con il marchio Enervin Top, miscela di ametoctradina e metiram; le dosi di impiego sono di 2,5 Kg/ha, con un massimo di tre trattamenti per anno, una distanza tra i trattamenti di 8-12 giorni ed un periodo di carenza di 35 giorni. La sua registrazione, recentissima, non ha per il momento consentito l’inserimento nei disciplinari di produzione per l’agricoltura a basso impatto ambientale ma, grazie al suo ottimo profilo tossicologico (n.c., non classificato), si prevede l’inserimento potrà avvenire in tempi brevi. 12A0000questa SANBLIGHTbreve PP orizzontale 20 xcon 14,5.pdf 1 24/01/12 11:28 Terminiamo rassegna le ultime modifiche apportate alle norme tecniche per la difesa integra- ta della vite. Probabilmente per compensare la già citata limitazione imposta all’impiego del mancozeb, dal 2012 viene inserito tra i principi attivi utilizzabili contro peronospora, il propineb, una “vecchia” molecola fungicida ad azione di contatto ed attività polivalente contro diverse specie fungine. Le norme tecniche prevedono che questo principio attivo possa essere impiegato fino a fine fioritura. Il propineb viene commercializzato da Bayer con il marchio Antracol. L’esclusione del Basta dalle norme tecniche per la difesa integrata ha comportato maggiori difficoltà nel contenimento delle erbe infestanti; per tale motivo sono state aumentate le dosi massime annue per due erbicidi impiegabili in vigneto: – le dosi massime di glifosate (Roundup e molti altri marchi commerciali) sono passate, per formulati al 30,4%, da 7 a 9 litri per ettaro per anno, da ridurre in proporzione alla superficie effettivamente trattata in caso di trattamenti solo sotto il filare; – le dosi massime di carfentrazone (Spotlight di Belchim e Affinity di Sumitomo) sono passate, solo per i vigneti in allevamento (fino a 3 anni di età), da 1 a 2 litri per ettaro per anno, anche in questo caso da ridurre in funzione della superficie effettivamente trattata. Nota: il presente articolo è frutto di una ricerca fatta su internet e presso le principali aziende distributrici di agro-farmaci; si declina ogni responsabilità per eventuali omissioni o inesattezze. Nuovo Fungicida ad azione antiperonosporica a base di Amisulbrom C M Y CM Sanblight San blig MY CY CMY K ht Sanblight Elevatissima adesività alle cere Massima resistenza al dilavamento Nuovo meccanismo di azione Sanblight, il fungicida che non molla la presa SCAM S.p.A. Strada Bellaria, 164 - 41126 Modena - Tel. 059.586511 - Fax 059.460133 - e-mail: [email protected] - www.scam.it 11 Viticoltura Conosciamo la Peronospora? P lasmopara viticola (Berk. t Curt.) è l’agente causale della peronospora della vite. Il patogeno è originario dell’America settentrionale, dal quale arriva in Europa e precisamente in Francia, a Bordeaux, nel 1878, probabilmente insieme con piante di viti americane importate per essere utilizzate come portainnesti resistenti alla fillossera. L’introduzione di P. viticola nel vecchio continente non passa inosservata poiché i fitopatologi francesi che avevano osservato i sintomi della malattia durante viaggi di studio nel Nord America erano consapevoli del pericolo che la malattia costituiva per la viticoltura europea e controllavano attentamente i vigneti prossimi soprattutto ai porti nei quali attraccavano navi provenienti dagli Stati Uniti. L’allarme era del tutto giustificato in quanto V. vinifera si rivela molto suscettibile nei confronti di P. viticola che in breve tempo determina perdite consistenti di produzione in tutte le zone viticole europee nelle quali si diffonde con impressionante rapidità. La prima segnalazione in Italia risale nel 1879 quando la malattia viene osservata presso Santa Giuletta, in provincia di Pavia. Il meccanismo di infezione La ragione della suscettibilità della vite europea è la mancanza di co-evoluzione tra l’ospite e il patogeno con la conseguente necessità di proteggere adeguatamente il vigneto per poter assicurare al coltivatore una produzione economicamente remunerativa. I danni sono dovuti alle infezioni che si verificano sui tessuti fotosintetizzanti dell’ospite, in particolare foglie e grappoli. Sulle foglie il patogeno determina la comparsa di macchie clorotiche tondeggianti (macchie d’olio) e a contorno geometrico (peronospora a mosaico). La necrosi del tessuto infetto induce la riduzione della superficie fotosintetizzante della pianta e, quando la malattia è particolarmente grave, una precoce defogliazione. Su grappolo le infezioni precoci provocano un leggero cambiamento di colore con succesLe “macchie d’olio” 12 Attacco su grappolino di Prof. ANNAMARIA VERCESI Università di Milano, DIPROVE Sez. Patologia Vegetale siva deformazione dell’infiorescenza che assume la caratteristica forma ad uncino e in seguito la necrosi della parte infetta. Sulle porzioni colonizzate dei giovani grappoli e delle foglie il patogeno, dopo la comparsa dei sintomi, differenzia una muffetta biancastra, che nel caso delle foglie è localizzata sulla pagina inferiore. Sugli acini a partire dall’allegagione il sintomo della malattia è costituito dall’assunzione di un colore rossastro violaceo, seguito da un disseccamento e dalla caduta delle bacche infette questa particolare sintomatologia è denominata peronospora larvata, non è associata alla presenza di muffetta biancastra ed è spesso confusa con alterazioni indotte da scottature o da altri patogeni. P. viticola è un parassita obbligato della vite, in grado di svilupparsi attivamente solo a spese delle cellule vive del proprio ospite nelle quali differenzia un organo specializzato, l’austorio che gli consente di assorbire le sostanze nutritive necessarie alla sua crescita. La sopravvivenza del patogeno durante il periodo nel quale l’ospite è privo di tessuti fotosintetizzanti è affidata a strutture quiescenti in grado di conservare la propria vitalità anche in presenza di condizioni ambientali avverse. Tali strutture sono le oospore, che vengono differenziate a seguito della riproduzione sessuata dl patogeno. Nelle parti infette della pianta, nel corso dell’estate e soprattutto all’avvicinarsi della caduta delle foglie compaiono gli organi maschili, gli anteridi, quelli femminili, gli oogoni: dal processo di fecondazione, attuato dai nuclei dell’anteridio che penetrano all’interno dell’oogonio, ha inizio la formazione dell’oospora, che acquisisce la capacità d germinare alla fine di un periodo di maturazione, all’incirca alla fine di novembre. Durante tale periodo, i due nuclei, provenienti dall’anteridio e dall’oogonio si fondono, la parete si ispessisce e vengono accumulate sostanze di riserva. L’oospora inizia a germinare quando le condizioni esterne ridiventano favorevoli e ciò si verifica quando la temperatura media è prossima o superiore ai 10 °C e il terreno rimane a lungo umettato. Dal momento in cui le condizioni am“Larvata” su grappolo “Peronospora mosaico” su foglia adulta Viticoltura bientali sono favorevoli alla germinazione delle oospore, perché abbiano luogo le infezioni primarie, così denominate perché causate dall’inoculo formato dalle strutture svernanti, occorre che l’ospite sia suscettibile. Convenzionalmente la suscettibilità dell’ospite si ritiene raggiunta quando il tralcio è lungo almeno 10 cm. Le condizioni necessarie e sufficienti per il verificarsi delle infezioni primarie sono riassunte nella cosiddetta regola dei tre dieci: tralci lunghi almeno 10 cm, temperatura media pari o superiore ai 10 cm e una pioggia di almeno 10 mm in 24 -48 ore. La regola dei tre dieci va ritenuta particolarmente valida se il momento nel quale vengono soddisfatte le condizioni in essa riportate è preceduto da piogge abbondanti e ripetute che favoriscono le germinazione delle oospore. Le infezioni primarie possono verificarsi ripetutamente durante la stagione vegetativa della vite finché le oospore continuano a germinare. Le strutture sessuate del patogeno germinano formando il macrosporangio dal momento in cui la temperatura giornaliera media si attesta sui 10 °C ed in presenza di umettazione del suolo in modo più o meno intermittente fino a fine giugno. Da metà maggio in avanti la germinabilità delle oospore si manifesta soprattutto a seguito di piogge ripetute e diminuzioni consistenti delle temperature. Il numero delle infezioni primarie per ettaro può variare considerevolmente ma non è generalmente tale da causare danni immediati alla vite. Il macrosporangio disperso dalla pioggia viene depositato sulla pagina inferiore della foglia o sui giovani grappoli e germina a sua volta libe- rando zoospore bi flagellate che si muovono per mezz’ora circa nell’acqua avvicinandosi agli stomi. Terminata la fase mobile le zoospore si muniscono di parete e formano un tubetto germinativo che penetra nell’ospite esclusivamente per via stomatica. Le condizioni che consentono l’infezione dell’ospite sono una temperatura compresa tra 5 °C e 29 °C e una bagnatura di durata tale che il prodotto tra le ore di umettazione e la temperatura sia pari ad almeno 50. All’interno dell’ospite P. viticola forma un micelio intercellulare che differenzia austori nelle cellule del tessuto lacunoso. Le cellule rimangono vive e forniscono tramite l’austorio il Prodotto fitosanitario autorizzato dal Ministero della Salute. Usare i prodotti fitosanitari con precauzione. Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto. TM Trade Mark. L’alba di un giorno nuovo. Senza sorprese. TM Libero da peronospora con meno trattamenti 67 COSTA ATLANTICA 3 / 7 GIUGNO 2012 www.bayercropscience.it 13 Viticoltura materiale nutritivo necessario per la crescita del patogeno. Una volta completata la colonizzazione dell’ospite si assiste alla comparsa del sintomo sull’organo infetto: il periodo che intercorre tra l’infezione dell’ospite e la comparsa dei sintomi è detto periodo di incubazione la cui durata dipende da temperatura ed umidità relativa. spersione dell’inoculo dal quale dipende la contaminazione dell’ospite e dalla bagnatura indispensabile per il verificarsi della fase mobile delle zoospore indicano chiaramente che andamenti meteorologici caratterizzati da frequenti precipitazioni e da una temperatura contenuta sono generalmente associati con gravi epidemie di peronospora. Le infezioni secondarie La lotta guidata A parità di temperatura la durata del periodo di incubazione è inferiore in presenza di umidità relative medie giornaliere superiori al 65 %. Il periodo di incubazione raggiunge il valore minimo pari a 4 giorni a temperature comprese tra 22 e 24 °C con umidità relative elevate e si allunga progressivamente man mano che la temperatura scende verso i 12-13 °C o si avvicina ai 30 °C. Alle temperature più contenute il periodo di incubazione può raggiungere le due settimane. La durata del periodo di incubazione è solitamente più prolungato su grappolo rispetto alla foglia. Dopo la comparsa dei sintomi il patogeno dà luogo alla riproduzione asessuata con conseguente comparsa della muffetta biancastra- Quest’ultima è infatti costituita dai rami sporangiofori che fuoriescono dagli stomi e portano all’estremità gli sporangi. La riproduzione asessuata avviene con alternanza di luce (4h)/buio (4h) durante la quale la temperatura deve essere superiore ai 10 °C ed inferiore ai 30 °C e l’umidità relativa superare il 98 %. L’intensità della sporulazione è massima nell’intervallo compreso tra i 15 ed i 25 °C. Gli sporangi sopravvivono per un breve lasso di tempo e vengono rapidamente devitalizzati a 30 °C. La loro dispersione è affidata alla pioggia e meno efficientemente alla rugiada. Gli sporangi germinano emettendo zoospore che danno origine alla infezioni secondarie secondo le modalità precedentemente illustrate. Il numero dei cicli secondari d’infezione dipende dalla precocità di comparsa delle CVT OB66 infezioni primarie, dalle condizioni nelle quali avviene la sporulazione, la dispersione degli sporangi e l’efficienza con la quale le zoospore infettano l’ospite. Mentre le foglie possono essere infettate durante tutta la stagione vegetativa della vite, i grappoli rimangono suscettibili al patogeno solo fino alla degenerazione degli stomi, avvenuta la quale la penetrazione è impossibile così come la fuoriuscita dei rami sporangiofori dalla bacca, fenomeno che determina la comparsa della cosiddetta peronospora larvata. I valori di temperatura favorevoli alle varie fasi del processo infettivo di P. viticola, l’importanza assunta dalla pioggia nella di- L’importanza del meteo Data l’influenza del clima sullo sviluppo del fungo, un tema ampiamente studiato da oltre un secolo, per l’attuazione di una strategia di lotta guidata è importante disporre sul territorio di stazioni meteorologiche, che oggi sono in genere di tipo elettronico e “visibili” da remoto, per rilevare i principali parametri climatici. Esistono vari software per elaborare previsioni di infezione e consigli di difesa, sulla base dei modelli matematici citati nell’articolo: tuttavia è prudente considerarli più come un supporto alle decisioni che non come un’alternativa all’esperienza di un tecnico in carne ed ossa. Anche le previsioni del tempo, oggi molto più attendibili che all’epoca dei “pionieri” della lotta guidata (il primo Consorzio Antiperonosporico fu fondato ad Acqui nel 1927), sono di grande aiuto rispetto alle decisioni da prendere. (Nota della Redazione) 14 La sequenza di eventi connessi con la diffusione della malattia in campo è molto complessa e rende difficoltoso quantificarne la consistenza basandosi unicamente sulle condizioni necessarie e sufficienti per il loro verificarsi. Per tale motivo sono stati messi a punto modelli matematici che consentono di stimare il rischio d’infezione cui è esposto l’ospite. Una loro utilizzazione dopo averne valutato l’affidabilità consente di razionalizzare la strategia di intervento eseguendo un trattamento solo in presenza di un’elevata probabilità che si verifichino gravi infezioni. Attualmente la strategia di intervento, denominata lotta guidata, prevede l’esecuzione di un primo intervento allo scadere dell’80 % del periodo di incubazione calcolato a partire dal momento in cui vengono soddisfatte le condizioni previste nella regola dei tre dieci e un nuovo trattamento con le stesse modalità prima indicate in conseguenza del verificarsi di nuove infezioni dovute a piogge o prolungate bagnature della vegetazione, nel rispetto dei tempi di persistenza dei fungicidi impiegati nell’intervento precedente. In ogni caso occorre effettuare tre interventi cautelativi a cavallo della fioritura per poter proteggere adeguatamente il grappolo nel momento di massima suscettibilità. La Vite: fisiologia, terroir e coltivazione Autori: Alain Carbonneau, Alain Deloire, Benoît Jaillard Traduzione: Anne Meglioli CVT GJ1 Casa editrice Eno-One Pagine: 429 Prezzo: Euro 59,00 Questo trattato di viticoltura è frutto della collaborazione fra Alain Carbonneau, uno dei maggiori esperti di viticoltura, Alain Deloire e Benoît Jaillard e costituisce una sintesi del pensiero della Scuola di Viticoltura di Montpellier, dove sia Carbonneau che Deloire svolgono da anni attività di docenza. Nei nove capitoli del libro vengono affrontate tutte le tematiche viticole, con un ampio corredo di riscontri sperimentali in gran parte recenti. La prima parte descrive il comportamento della vite e le necessità fisiologiche della pianta in relazione all’acqua, all’anidride carbonica, all’irraggiamento solare, alla temperatura e agli elementi minerali. Nella seconda parte sono trattati gli aspetti ambientali e tecnologici della coltivazione, viene presentato un nuovo approccio climatologico e nuove conoscenze sulla dinamica della maturazione dell’uva. Al centro dell’opera viene posto il rispetto del terroir viticolo, allo scopo di ricercare e perseguire costantemente una produzione caratterizzata dalla tipicità e da elevati standard qualitativi in relazione agli obiettivi di mercato.Il testo è ricco di esempi, fotografie e grafici che aiutano a comprendere meglio i contenuti degli argomenti analizzati. È un libro interessante, ideale sia per chi è semplicemente appassionato di viticoltura, per gli studenti in enologia, per chi è viticoltore e per chi intende diventarlo nel rispetto dell’ambiente e del territorio. Viticoltura Ciolos in Piemonte: sulla liberalizzazione degli impianti non è detta l’ultima parola È il viticoltore che valorizza il vino italiano. Un convegno al Vinitaly Il Commissario europeo all’Agricoltura Dacian Ciolos ha partecipato in gennaio all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Al termine della cerimonia il Commissario Ciolos ha tenuto una lectio magistralis sulle prospettive dell’agricoltura in Europa e ha risposto alle domande degli studenti. Infine ha tenuto una conferenza stampa, nel corso della quale Millevigne ha chiesto al Commissario se non pensa che sia opportuno rivedere la prevista liberalizzazione degli impianti viticoli dal 2016, vista la contrarietà della maggioranza dei viticoltori europei. Il Commissario ha risposto di non avere il potere di modificare una decisione presa da una maggioranza qualificata del Consiglio. Tuttavia, vista le notevoli pressioni contrarie che arrivano dai viticoltori italiani, francesi e spagnoli, ha istituito una commissione di esperti (High Level Group) per valutare il possibile impatto della misura sull’economia della filiera e presentare una relazione al Consiglio e al Parlamento europeo. Il dato di fatto è che la riduzione del potenziale viticolo dell’Europa, che ha perso 162.000 ettari di vigneti negli ultimi tre anni, non è stata sufficiente a riequilibrare il mercato, obiettivo che costituiva, in un certo senso, la premessa della liberalizzazione. Martedì 27 marzo alle ore 10,30 presso la Sala Salieri del Palaexpo della Fiera di Verona si terrà il convegno dal titolo “Il vino si fa con l’uva: valorizzare la figura del viticoltore per valorizzare il vino italiano.” La produzione dell’uva è alla base del sistema viti-vinicolo, eppure negli ultimi anni il coinvolgimento del comparto viticolo nelle discussioni per definire le strategie di sviluppo del vino italiano è stato marginale. L’ultima vendemmia, quantitativamente la più bassa degli ultimi 60 anni, è un campanello d’allarme. Per discutere di questi temi Cantine Viticoltori Veneto Orientale e Vinitaly hanno organizzato questo incontro, moderato da Lorenzo Biscontin, Direttore Generale della cantina Bosco Viticultori. Parteciperanno: Maurizio Gily, Direttore Responsabile Millevigne, Adriano Orsi , Presidente Comitato Vitivinicolo Fedagri, Lucio Mastroberardino, Presidente Unione Italiana Vini, Stefano Graziani, Presidente Med&A, Marco Simonit, cofondatore della Scuola Italiana di Potatura della Vite. Cantine Viticoltori Veneto Orientale (Vi.V.O. s.a.c.) è la nuova realtà nata dalla fusione tra la Cantina di Campodipietra e la Cantine Produttori Riuniti del Veneto Orientale, ed è una delle principali cooperative vitivinicole italiane, con otto stabilimenti produttivi, un fatturato superiore a 30 milioni di euro, una base sociale di 2.120 soci, attivi su oltre 3.200 ettari di vigneto. Affidabilità senza condizioni PERGADO®: l’antiperonosporico antipioggia. PERGADO protegge foglie e grappoli nelle fasi più delicate, ha un’elevata resistenza al dilavamento grazie alla doppia attività LOK+FLO® e la sua efficacia è prolungata anche nelle situazioni più difficili. La superiore protezione dei grappoli permette di tutelare la qualità, per produzioni di valore. PERGADO è disponibile in combinazione con Mancozeb, Folpet, Rame e Fosetil-Al. Syngenta è uno dei principali attori dell’agro-industria mondiale. Il gruppo impiega più di 26.000 persone in oltre 90 paesi che operano con un unico proposito: sviluppare il potenziale delle piante al servizio della vita. Agrofarmaci autorizzati dal Ministero della Salute; per relativa composizione e numero di registrazione si rinvia al catalogo dei prodotti o al sito internet del produttore; leggere attentamente le istruzioni. ® Marchio registrato di una società del gruppo Syngenta. TM 15 Viticoltura I molti vantaggi della FERTIRRIGAZIONE in vigna Q uando in Italia, circa 25-30 anni fa, si cominciarono a realizzare i primi impianti di irrigazione a goccia su vigneto, si respirava un’aria di scetticismo da parte dei viticoltori sulla loro reale necessità e sui possibili benefici che avrebbero apportato. La prima obiezione era che la vite non aveva bisogno d’acqua, che doveva “soffrire” la siccità per poter dare buoni frutti, e, anche laddove ce ne fosse stato bisogno, come avrebbero potuto tante piccole gocce sopperire al fabbisogno idrico di un vigneto? A distanza di tempo il sistema goccia ha avuto ragione anche dei più scettici e, complici i cambiamenti varietali, quelli climatici, l’aumento delle densità d’impianto e, non ultimo, il mercato che richiedeva una certa costanza produttiva in termini sia di qualità che di quantità, si è diffuso in moltissimi areali viticoli interessando oggi una percentuale importante dei vigneti italiani. Oggi stiamo assistendo, anche da parte di coloro che hanno superato in passato gli scetticismi iniziali verso l’impianto a goccia, realizzandolo sul proprio vigneto, allo stesso scetticismo nei confronti della tecnica della fertirrigazione. Ed allo stesso modo si sente dire che questi apporti nutritivi rischiano di peggiorare la qualità del vino. Per cui spesso capita di imbattersi in aziende con impianti molto ben realizzati, perfettamente funzionanti, che vengono utilizzati male e poco per irrigare e per niente per fertirrigare. Anche in quei casi in cui l’irrigazione sul vigneto viene fatta correttamente, con attenzione alle fasi fenologiche e controllando lo stress idrico, quasi mai si pratica la fertirrigazione, oppure viene praticata commettendo molti errori, a causa delle poche informazioni reperibili in merito e della mancanza di esperienza degli stessi tecnici vitivinicoli. In definitiva possiamo affermare che avere un impianto di irrigazione a goccia sul vigneto senza utilizzarlo per la fertirrigazione significa sfruttarlo mediamente solo al 50% delle sue potenzialità. di diego zuccari Questo grazie ad uno sviluppo maggiore delle barbatelle nei primi anni di impianto ed una maggior sanità delle piante, le quali una volta entrate in produzione avranno meno problemi e maggior resistenza rispetto a barbatelle che abbiano sofferto siccità e carenze minerali. La fertirrigazione rispetto alla concimazione granulare tradizionale presenta il vantaggio di poter apportare i nutrimenti in funzione dell’accrescimento. E’ dimostrato come anche una fertilizzazione granulare più frazionata possibile garantisca migliori risultati (Porro et al, 2009), pertanto risulta evidente come la fertirrigazione rappresenti il modo migliore e più efficace in assoluto per frazionare l’apporto degli elementi nutritivi in funzione dei fabbisogni del vigneto. Il presupposto fondamentale per poter effettuare una fertirrigazione ottimale è la conoscenza a priori delle curve di assorbimento della coltura e contemporaneamente dei suoi fabbisogni idrici, in modo da far coincidere il più possibile la nutrizione minerale con quella idrica. Un altro dei fattori che rende in molte situazioni la pratica della fertirrigazione molto conveniente è la possibilità di intervenire con tempestività nella nutrizione. In molti areali vitivinicoli la coltivazione su terreni tendenzialmente argillosi o ricchi di limo non consente in molte Perché fertirrigare: vantaggi riscontrati Un impianto a goccia anche se utilizzato solo per una irrigazione di qualità si ripaga nei primi 4-5 anni dell’investimento iniziale, grazie soprattutto al maggiore e più uniforme attecchimento delle barbatelle (Zuccari, 2006); possiamo ipotizzare che, utilizzandolo sin dall’inizio anche per nutrire le viti attraverso la fertirrigazione, possa all’incirca dimezzare i tempi di ritorno dell’investimento. 16 Una centralina per la fertirrigazione Viticoltura annate di intervenire nel momento ideale con la concimazione granulare, perché proprio in quel periodo abbondanti precipitazioni rendono i terreni impraticabili. Questo costringe spesso gli operatori ad intervenire con le concimazioni granulari quando ormai è troppo tardi affinché gli elementi apportati si rendano disponibili al vigneto nei giusti tempi. Anche per quanto riguarda i costi, questa pratica non si discosta molto da quelli che si devono affrontare per una concimazione granulare, possiamo affermare che in generale la fertirrigazione, laddove siano presenti impianti a goccia, incide allo stesso modo di una concimazione granulare. Ma se consideriamo aziende nelle quali la concimazione granulare viene frazionata con due o più passaggi, e se consideriamo come una corretta fertirrigazione riduca notevolmente fino ad eliminare gli interventi di concimazione fogliare, essa rappresenta sicuramente una pratica agricola che consente un discreto risparmio economico nella gestione del vigneto. Anche i maggiori costi dovuti ai numerosi interventi che si rendono necessari possono essere abbattuti oggi con l’adozione di sistemi di automazioni in grado di gestire quasi completamente in remoto le operazioni di miscelazione ed iniezione dei fertilizzanti nell’impianto. A proposito del numero di interventi va sottolineato come, lavorando in fertirrigazione con un numero di interventi che possono variare da un minimo di 6-8 nei terreni più pesanti fini anche a 12-14 interventi in quelli più leggeri, siamo in grado di ridurre le quantità complessive di unità fertilizzanti apportate rispetto ad una concimazione granulare, nella quale per forza di cose si deve sempre tener conto delle notevoli perdite per dilavamento che si hanno dal momento dell’intervento a quando la coltura comincia ad utilizzare gli elementi distribuiti. Pertanto non ultimo è il vantaggio dal punto di vista ambientale che ne consegue, riducendo le perdite di fertilizzanti per dilavamento e di conseguenza l’inquinamento ambientale nelle falde acquifere che spesso si registra con le concimazioni granulari. Oltre all’utilizzo di concimi minerali idrosolubili, che è fondamentale siano di buona qualità, al fine di non incorrere in problemi legati alla solubilità che possono complicare le operazioni di miscelazione e creare occlusioni negli impianti, è possibile utilizzare anche concimi organici idrosolubili, autorizzati anche per i vigneti coltivati in regime biologico. Infine va sottolineato come la fertirrigazione possa assumere un ruolo importante condizionando la freschezza e la formazione di aromi nei vini, in particolare sui bianchi, rosati e spumanti, ma anche in molte varietà destinate a vini rossi, soprattutto in relazione alla formazione di aminoacidi nella bacca. Diverse prove sperimentali sono tuttora in corso su questo tema. Effetti positivi si riscontrano inoltre anche sulle quantità di uva per ceppo e sulla sanità delle uve, oltre che sulla gradazione zuccherina (°Brix), sulla acidità titolabile e sull’APA (Bigot et al, 2010) Fertirrigazione: esperienze in atto Di fondamentale importanza è l’approfondimento degli argomenti fin qui trattati, dal momento che questa pratica sul vigneto, almeno in Italia, si può considerare di nuova introduzione. Pertanto va sottolineato ed apprezzato come alcune importanti Aziende vitivinicole e/o Centri di Ricerca si stiano attivando in tal senso, impostando prove sperimentali in varie areali e su diverse varietà dove l’obiettivo generale è mettere a confronto diverse tesi di fertirrigazione con apporti diversi di elementi nutritivi verso una tesi testimone che è normalmente rappresentata dalla concimazione granulare tradizionalmente fino ad oggi eseguita e/o talvolta anche con concimazioni granulari che vedano l’apporto di concimi specifici a rilascio controllato. In questa sede si riportano alcune di queste esperienze in corso: 1. La Tecnica della Fertirrigazione per il raggiungimento di Specifici Obbiettivi Produttivi ed Enologici su Pinot grigio con diversi Portinnesti nell’areale Isontino – Az. Tenimenti Angelini ( ex Puiatti) – Romans d’Isonzo (GO) – Referente: Bigot G. 2. La fertirrigazione nella zona Doc Piave - Aziende viticole nella zona di Spresiano e Marene del Piave (TV) – CRA-VIT – Referente: Tomasi D. 3. Vini Rossi Internazionali - Più aziende , una per Provincia - Merlara (PD), Belfiore (VR) e Lonigo (VC) CRA-VIT e Veneto Agricoltura 4. Prove di fertirrigazione su uve per vini rossi e rosati – Tenuta la Lodola Nuova di Ruffino – Cortona (AR) – Referenti: Fasoli V. e Zuccari D. Conclusioni I vantaggi di questa pratica sono molti: agronomici, enologici, economici e persino ecologici. Tuttavia molto deve essere ancora fatto al fine di divulgarla e soprattutto è fondamentale la messa a punto dei diversi protocolli applicativi che consentano di adattare la tecnica ai diversi obiettivi enologici, in modo da poter incidere quanto più possibile, attraverso la fertirrigazione, sui parametri organolettici del prodotto finale. A queste condizioni un impianto di irrigazione a goccia e fertirrigazione è sicuramente uno strumento molto efficace per produrre ogni anno uve di elevata qualità. Zuccari D. (2006) Costi e benefici dell’irrigazione a goccia del vigneto. VQ 5: 38-46. Porro D., Dorigatti C., (2009) – Meglio concimare la vite con apporti frazionati. L’Informatore Agrario 9: 27-47. Bigot G, Deledda F, Corbatto M., Pavan G., Schippa M. (2010) La tecnica della fertirrigazione per il raggiungimento di specifici obiettivi produttivi ed enologici su Pinot grigio con diversi portinnesti nell’areale Isontino. Atti CONAVI 2010 17 Viticoltura “Ascoltare” la pianta Vigna, ricerca, ambiente, vino. Un convegno a Conegliano. U n interessante convegno tecnico sulla viticoltura contemporanea si è svolto lo scorso 21 gennaio a Conegliano. Ad organizzarlo è stato il gruppo “Simonit & Sirch preparatori d’uva”. Marco Simonit e Pier Paolo Sirch sono due tecnici viticoli friulani molto conosciuti in tutta Italia, che hanno sviluppato nel corso di diversi anni un metodo cosiddetto di “potatura ramificata”, il cui scopo principale è tutelare la salute della pianta, in particolare dei suoi vasi conduttori, e prolungarne la vita. Simonit e Sirch contano oggi su una squadra numerosa di collaboratori e, oltre ad offrire alle imprese servizi di consulenza tecnica, formazione professionale e operazioni colturali, hanno fondato diverse “scuole di potatura della vite” che offrono ogni anno seminari teorico-pratici in cui si illustra il loro metodo. In apertura il moderatore Carlo Cambi ha definito un vigneto da 15.000 viti per ettaro un “campo di concentramento”: quasi un annuncio che qualche dogma della viticoltura moderna sarebbe stato messo in discussione. Cambi ha citato le viti plurisecolari di qualche hortus conclusus, protetto da mura di antichi conventi: piante di grande sviluppo, alle quali è stato lasciato spazio per crescere e ramificarsi. “Abbiamo cominciato con l’imitare i vini degli altri – ha detto ancora Cambi – per poi passare ad imitare i vigneti degli altri, invece di preservare la nostra originalità”. Diego Tomasi, ricercatore del CRA-VIT di Conegliano, ha tracciato un inquadramento della viticoltura in provincia di Treviso con le sue diverse zone geo-pedologiche e climatiche, soffermandosi su alcune prove comparative tra diverse forme di allevamento, realizzate su vitigni diversi e su terreni diversi (dal volume “Delle terre del Piave: uve, vini e paesaggi”, CRA-VIT). La prevedibile conclusione è che non esiste un vigneto modello per tutte le situazioni. Ad esempio su Merlot e Carmenére il Guyot abbinato a densità piuttosto elevate ha dato buoni risultati qualitativi ma a prezzo di un notevole impegno nella gestione, il Bellussi ha prodotto in modo costante e con pochi scarti qualitativi tra un’annata e l’altra, il Sylvoz invece si è dimostrato molto sensibile all’effetto annata. Sulle argille di Campo di Pietra una prova su Pinot grigio ha mostrato che l’infitti- Secondo Simonit la potatura ramificata (sinistra) consente di evitare l’ostruzione dei vasi da parte del legno morto (destra). 18 di maurizio gily mento non solo ha depresso la produzione, ma anche la presenza di precursori aromatici. Il relatore ha concluso proponendo alcuni interrogativi volti a rivisitare il concetto di infittimento degli impianti, abbinato molto spesso a severi tagli di potatura annuali; nel considerare con maggior attenzione la longevità del vigneto; nel rispettare la genetica del vitigno e il suo adattamento al terroir con una gestione annuale meno assistita. Roberto Causin, patologo dell’università di Padova, ha trattato il tema delle malattie del legno; poiché esse sono una causa primaria di morte delle piante, o della loro obsolescenza economica, contrastarle adeguatamente rende effettivamente più longevo il vigneto. Le malattie del legno sono molte, oltre alle più citate come l’Esca. Due punti critici di particolare importanza sono, ha spiegato Causin, le ferite del legno e la filiera vivaistica. La vite non è in grado di chiudere le ferite con una produzione di corteccia, come fanno altre piante, ma esiste comunque una reazione, con produzione di gomme, tille (cioè cellule allungate di riempimento) e tessuti di cicatrizzazione. Tale reazione però non avviene quando la vite è in riposo, quindi la raccomandazione è di effettuare meno tagli possibile, in particolare su legno vecchio, e, se inevitabili, non farli in pieno inverno ma ad avvenuto risveglio vegetativo. Il prof. Attilio Scienza ha raccontato brevemente la storia evolutiva della vite e di come essa abbia mantenuto, malgrado la pressione selettiva dell’uomo e la sua forzatura in una coltura specializzata, i caratteri fisiologici di una liana, cioè di una pianta che si arrampica sugli alberi. Tra questi caratteri la grande capacità metabolica, quindi la velocità di crescita e la capacità di trasportare la linfa grezza a grandi altezze superando pressioni contrarie elevate. Contrariamente ad altre piante arboree la vite non produce un callo di cicatrizzazione annuale, per la caratteristica delle liane di eliminare tutti gli anni attraverso il fellogene (il cambio secondario esterno) le strutture anatomiche più esterne (ritidoma). Per questo motivo quelli che sembrano i cerchi di crescita annuali all’interno del cilindro centrale di una struttura secondaria sono in realtà dovuti al differente sviluppo dei vasi nel corso della primavera-estate e negli anni in funzione della diversa disponibilità idrica. Ma da questi segni non si può risalire all’età della vite. La “costrizione” di questa pianta entro modelli viticoli adatti alla coltivazione comporta in alcuni casi una perdita parziale di questa efficienza. La “tillosi”, una delle cause di parziale ostruzione dei vasi da parte di cellule allungate, è una risposta della pianta a condizioni di stress idrico favorito da ambienti più luminosi di quelli che la vite selvatica frequenta in natura. La produzione di gel e gomme è una risposta ad operazioni di manipolazione della chioma che talvolta può incidere sulla capacità di trasporto dei vasi. Ma è soprattutto la mancanza di un tessuto cicatriziale sul taglio di tessuti vecchi che, causando la formazione dei coni di disseccamento, porta alla formazione delle carie profonde che spesso vengono Viticoltura confuse con l’esca, ma sono ben altra cosa e sono i maggiori responsabili della riduzione della circolazione all’interno di viti vecchie. Ed è venuto il momento di Marco Simonit che, proprio riallacciandosi a quest’ultima considerazione, ha spiegato la tecnica della potatura ramificata o “potatura soffice” e di come questa tecnica consenta di mantenere più sana la struttura della pianta e di prolungarne così la vita, evitando da un lato le occlusioni dei vasi derivanti dai “coni di cicatrizzazione”, porzioni di legno necrotizzato che si formano a monte dei tagli effettuati, dall’altro l’ingresso di parassiti fungini. Il principio è quello di non effettuare tagli su legno di oltre due anni. I tecnici friulani affermano modestamente di non aver inventato nulla, ma di aver studiato e rielaborato conoscenze agronomiche e tradizioni viticole antiche, osservate in contesti diversi. In effetti il principio del rispetto del legno “vecchio” è noto da tempo. Il problema è che in passato la manodopera abbondava, era esperta e qualificata, e la pianta poteva essere lasciata più libera di crescere in varie direzioni, perché non c’erano particolari esigenze di meccanizzazione e di “razionalizzazione” degli impianti: sono proprio queste esigenze, in genere, alla base dei cosiddetti “tagli di ritorno”. In effetti a mio avviso il merito dei “preparatori d’uva” è quello di aver messo a punto un insieme di tecniche grazie alle quali un principio antico viene applicato ai modelli viticoli moderni, nei quali sembrava difficile applicarlo. Per conoscere tali tecniche nel dettaglio è possibile frequentare i loro corsi (www.preparatoriuva.com): ci sono anche diversi video su “youtube”. Una cosa che Simonit ha sottolineato è che, per rispettare il legno evitando i tagli di ritorno, occorre accettare il fatto che una pianta non può mantenere la stessa forma e dimen- Sviluppo controllato e continuità dei vasi linfatici su cordone speronato (a) e Guyot (b) [da www.simonitesirch.it] sione per tutta la sua vita produttiva, e a questo occorre pensare già al momento dell’impianto. Evitando, ad esempio, una distanza sula fila troppo ravvicinata, e considerando attentamente anche il vigore del vitigno e la fertilità del suolo. Gli ultimi interventi sono venuti da due esperti stranieri, lo svizzero François Murisier, vicepresidente dell’OIV, che ha illustrato alcune linee guida per una viticoltura sostenibile, su cui sta lavorando l’Organizzazione elaborando esperienze viticole di tutto il mondo, e il professore di enologia di Bordeaux (nonché consulente e produttore) Denis Dubourdieu, che ha parlato del “valore del vino tra natura e cultura”. Dubourdieu è ricco di immaginazione e spesso provocatorio. Ecco qualche sua perla: “Il fast food ha messo lo zucchero in tutti i cibi, il fast wine ha messo lo zucchero in tutti vini”. “Un grande vino non è tutto il frutto, ma la sua parte migliore. L’estrazione selettiva è preferibile all’estrazione totale”. “Il terroir non è una fortuna, ma un handicap terribile, superato dall’uomo. Dove fare il vino è facile si fanno vini noiosi” (Dubourdieu si riallaccia alla scuola degli scienziati dei paesi “freddi”, da Peynaud a Jackson, secondo cui i vini migliori si fanno in condizioni limite di coltivazione della vite). SCASSI PER VIGNETI FRANCO EUGENIO s.p.a. Frazione Valdoisa, 4/D - 14015 San Damiano d’Asti (AT) Tel. 0141 975202 - 0141 971377 - Fax 0141 983114 E-mail: [email protected] - [email protected] www.francoeugenio.it FRANCO EUGENIO s.p.a. La Franco Eugenio è nata nel 1950 a San Damiano, industriosa cittadina sulle colline del Monferrato, ai confini del Roero e delle Langhe. La passione della famiglia Franco che si tramanda di padre in figlio, è la lavorazione della terra delle colline per ogni tipo di coltivazione, ma in particolar modo per la realizzazione di frutteti e vigneti. Con un’esperienza maturata in più di cinquant’anni di lavoro, grazie ad escavatori e ruspe tecnologicamente all’avanguardia, la Franco Eugenio SpA si è specializzata in SCASSI, LIVELLAMENTI e DRENAGGI e realizza impianti di ogni dimensione, potendo disporre di mezzi con potenza da 150 a 350 CV e raggiungendo una profondità di scasso fino a 130 cm. Contattateci per un preventivo gratuito. Il sig. Franco Eugenio e i suoi tecnici saranno a vostra disposizione per sopraluoghi in campo e per individuare insieme a voi la miglior soluzione alle vostre necessità. 19 Enologia CHI TI HA INVITATO, BRETT? di tony scott I difetti olfattivi causati dai Brettanomyces a volte si presentano mesi dopo l’imbottigliamento, causando grossi problemi ai produttori. Uno studio australiano individua possibili cause e prevenzione. L ’etilfenolo e l’etilguaiacolo sono sostanze volatili con una bassissima soglia olfattiva, tanto che una concentrazione tra i 400 e i 600 microgrammi per litro di Etilfenolo (millesimo di milligrammo) è percepita dalla maggior parte dei degustatori come un difetto e una spoliazione dei caratteri di fruttato e freschezza, con differenze che dipendono sia dalla soggettività del degustatore che dalle caratteristiche del vino. I descrittori utilizzati per descrivere questo difetto vanno dal medicinale alla stalla equina, e sono sintetizzati dall’espressione “carattere Brett”. La produzione di etilfenoli da parte dei lieviti del genere Brettanomyces, può avvenire, talvolta, anche in vini già imbottigliati. In Australia alcuni produttori hanno riscontrato differenze tra i vini della stessa partita, conservati nei propri magazzini, che non presentavano il difetto, e quelli esportati in Asia e USA, dove essi sono stati contestati per la presenza del carattere Brett. Rispondendo alle sollecitazioni della filiera L’Australian Wine Research Institute, tramite il suo servizio WES (Winemaking and Extension Service, il braccio operativo che si occupa delle sperimentazioni applicate e di immediata ricaduta pratica) ha condotto uno studio per individuare cause e mezzi di prevenzione. In un articolo pubblicato sulla rivista Practical Winery and Vineyard Adrian Coulter dell’AWRI ne sintetizza i risultati. Tra le partite di vino problematiche l’AWRI ha individuato due diversi “scenari”: in un caso il difetto era presente in tutte le bottiglie, con differenze nel contenuto di EF (etilfenolo) distribuite in un intervallo 600-1200 μg/l; nel secondo caso (scenario B) vi erano differenze più marcate tra i campioni, con contenuti in EF che andavano da meno di 100 a oltre 2500 μg/l di EF. Quali fattori favoriscono lo sviluppo del difetto, e perché differenze tanto vistose all’interno Vino 1 2 3 4 5 20 EF minimo EF massimo media del gruppo “basso EF” EF massimo media del gruppo “basso EF” media del gruppo “alto EF” campione tappo a vite media dei campioni media del gruppo “basso EF” media del gruppo “alto EF” etilfenolo Z (G+F) µg/l 87 0,7 2050 0,1 84 0,3 1590 n.d. 455 0,9 1399 0,6 34 0,5 1287 0,1 792 0,1 1185 0,3 dello stesso lotto (vedi tabella)? La tabella mostra una riduzione degli zuccheri residui (Glucosio + Fruttosio) in linea generale coerente con la presenza e intensità della contaminazione da Brett. Questo suggerisce che gli zuccheri residui siano un substrato importante per lo sviluppo e l’attività dei microrganismi. Sulla base dei dati raccolti parrebbe che 300 mg/l di zuccheri siano un substrato sufficiente per lo sviluppo di 1000 μg/l di EF (secondo un lavoro francese, di Chatonnet et al, da 275 mg/l di zuccheri residui si producono 425 μg/l di EF). In verità questa informazione non è di grande utilità, perché raramente le fermentazioni consumano interamente gli zuccheri e livelli di residui fino a 1 grammo/litro sono considerati pressoché normali in un vino secco. È tuttavia probabile che vini con residui zuccherini più consistenti, oltre 1,5-2 g/l, siano più facilmente soggetti all’azione dei Brett. Un altro elemento capace di influenzare il fenomeno pare essere l’ossigeno disponibile. Sebbene i Brettanomyces siano anaerobi facoltativi, l’ossigeno ne influenza positivamente il metabolismo e in particolare la moltiplicazione cellulare. Poche cellule presenti possono dare origine in bottiglia a popolazioni consistenti, in presenza di sufficienti livelli di ossigeno e bassi livelli di SO2 in forma molecolare, segnatamente con temperature di 20 gradi o più. Il ruolo dell’ossigeno sarebbe la spiegazione del “variable Brett” osservato in bottiglie tappate con sughero: in base a questa teoria, siccome i tappi di sughero non sono uniformi tra loro nei valori di OTR (Oxygen trasnfer rate, permeabilità all’ossigeno) i campioni più difettati sarebbero quelli nei quali la chiusura ha consentito una maggior penetrazione di ossigeno post-imbottigliamento. Si nota in tabella il basso livello di EF nel campione tappato a vite. In conclusione i suggerimenti principali per evitare il problema si possono così riassumere: evitare chiusure con elevati OTR (se si usa il sughero, scegliere sugheri di qualità e ad alta densità o tappi tecnici a bassa OTR) e limitare l’ingresso di ossigeno in fase di riempimento; assicurare livelli sufficienti di SO2 libera in relazione al pH del vino e al suo stato di ossidoriduzione; effettuare analisi microbiologiche pre e post imbottigliamento per rilevare le cellule vitali di Brettanomyces; la microfiltrazione le trattiene (per i Brett è sufficiente la membrana da 0,60μ, e anche quella da 1μ ne elimina la massima parte) e costituisce quindi un efficace mezzo di prevenzione. Una filosofia Jean-Charles Vicard "L’unione del vino e del suo territorio con le virtù della quercia" [email protected] Joseph Nicastro Cell. Fr : +33 (0)6 82 50 07 13 Cell. It : +39 347 90 17 466 [email protected] 287 rue Haute de Crouin 16100 Cognac France Legislazione Novità legislative La UE ha deciso: il vino biologico esiste L a decisione che disincaglia il percorso del vino “biologico” è giunta da Bruxelles l’8 febbraio. Come noto fino ad oggi non si poteva scrivere “biologico” in etichetta ma solo “da uve da agricoltura biologica”, perché la fase di trasformazione non era regolamentata, e non era lecito utilizzare il logo europeo del “bio”. Lo scoglio dei limiti di solfiti, punto cruciale della discussione, è stato superato con un compromesso al ribasso, o al rialzo, a seconda dei punti di vista. Infatti i paesi del nord volevano limiti invariati rispetto al convenzionale, i paesi mediterranei proponevano la metà (e per molti produttori era già troppo). Il testo finale prevede un tenore massimo di solfito che per il vino rosso è fissato a 100 mg per litro (150 mg/l per il vino convenzionale) e per il vino bianco/ rosé a 150mg/l (200 mg/l per il vino convenzionale), con un differenziale di 30mg/l quando il tenore di zucchero residuo è superiore a 2 g/l. I produttori biologici e biodi- namici più radicali lo considerano un tradimento. “Come tutti i compromessi politici il risultato non farà felice nessuno, ma tutti saremo un po’ meno scontenti - commenta Cristina Micheloni, del comitato scientifico AIAB e già coordinatrice di ORWINE -. Oggi è importante poter parlare chiaramente di vino biologico, avendo definito le norme per il vigneto e per la cantina, e da domani si potrà iniziare a lavorare per il miglioramento del regolamento stesso.” Il regolamento entrerà in vigore da subito e prevede la possibilità di etichettare come bio anche il vino delle annate precedenti, purché se ne possa dimostrare la conformità alle norme europee. Oltre al presunto tradimento sui solfiti alcuni produttori biologici, biodinamici, “naturali” contestano tutta una serie di coadiuvanti e additivi ammessi per il vino biologico. Una posizione comprensibile da parte di chi si vanta di produrre vino “solo con l’uva” e vorrebbe quindi regole più severe. Ma, d’altra parte, tutta la normativa quadro 22 LA REDAZIONE sull’agricoltura biologica si ispira ad un unico, semplice criterio: l’esclusione delle molecole di sintesi. Quindi tutto ciò che è di origine naturale (vegetale, animale o minerale), e autorizzato sulla rispettiva coltura, di fatto è ammesso nel biologico. Spetta ai produttori darsi, eventualmente, regole più severe. Definire in modo più preciso, ad esempio, cosa si intenda per “vino naturale”, perché se è vero che esiste un mercato per questo prodotto, è anche vero che i consumatori avrebbero il diritto di sapere cosa vuol dire. Per chi volesse approfondire o intervenire su questo argomento in rete c’è un “post” del direttore di Millevigne Maurizio Gily sul blog Millevigneblog . È legge: il vino si paga a 60 giorni I lettori ricorderanno il servizio su Millevigne 5/2011 sui tempi di pagamento (Cliente che non paga vince?) Come scrisse allora Monica Pisciella esiste una direttiva comunitaria che l’Italia non aveva recepito. Ora, con la pubblicazione del “Decreto sulle liberalizzazioni” (G.U. n°19 del 24/1/2012) del governo Monti, di cui già demmo notizia sul numero scorso, è entrata in vigore la norma che interviene direttamente sui termini di pagamento dei prodotti agroalimentari. La norma di cui all’art. 62 (Disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari) si applica ai rapporti con tutti gli operatori commerciali, dalla grande distribuzione ai ristoranti. Il termine massimo per il pagamento dei prodotti deperibili è 30 giorni, e diventa 60 per quelli non deperibili. Il mancato rispetto del pagamento da parte del debitore “è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a euro 500.000. L’entità della sanzione viene determinata in ragione del fatturato dell’azienda, della ricorrenza e della misura dei ritardi”. Più gli interessi di mora che decorrono dal 61esimo giorno. Incaricata della vigilanza sull’applicazione delle disposizioni e all’irrogazione delle sanzioni è l’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato con il supporto operativo della Guardia di Finanza. All’accerta- Agenti per l’estero: attendi al bidone! Diversi produttori di vino e altri prodotti sono caduti nella rete di una società che si propone come intermediario per la distribuzione all’estero, prevedendo provvigioni “per obiettivi di mercato raggiunti”; salvo scoprire che, sulla base di una clausola contrattuale ben celata tra le righe, dopo un anno in cui non è stata venduta una sola bottiglia, una consistente quota di intermediazione deve essere pagata comunque. Un gruppo di produttori raggirati sta valutando la possibilità di una causa collettiva. Chi fosse inciampato nel tranello e fosse interessato a partecipare all’azione legale può scrivere a Millevigne. Legislazione mento delle violazioni l’Autorità provvede d’ufficio o su segnalazione di qualunque soggetto interessato. Il decreto non è ancora stato convertito in legge dalle Camere quindi potrebbe subire modifiche. ”Contiene uova” in etichetta? Allergeni, nuovo, inutile incubo Da giugno le etichette dei vini europei (ma non quelle dei vini di altri paesi …) dovranno indicare, oltre alla presenza di solfiti, quella eventuale di derivati del latte delle uova in quanto potenzialmente allergenici per alcune persone. Parliamo delle “chiare” d’uovo tradizionalmente impiegate per la chiarifica dei vini a fine invecchiamento, oggi per lo più sostituite da derivati pronti all’uso, dei caseinati, anche essi diffusi come coadiuvanti di chiarifica (mai come additivi), e di un enzima, il lisozima, utilizzato talora come antibatterico. Da rilevare che la bibliografia scientifica non riporta un solo caso clinico al mondo di reazione allergica da derivati di proteine animali in un vino, ma questo pare non bastare ai salutisti più radicali, e naturalmente a farne le spese saranno i produttori, che si vedranno costretti a escludere queste sostanze naturali e innocue dal processo produttivo, oppure a scrivere in etichetta “contiene derivati del latte” o “delle uova”, con effetti devastanti sull’immagine del prodotto. Una possibile scappatoia, che ha un precedente nella legislazione canadese, sarebbe quella di certificare con un’analisi di laboratorio l’assenza di residui dosabili sui vini che hanno subito questi trattamenti ed evitare così l’indicazione in etichetta. Questa sarebbe la linea del nostro Ministero per le Politiche Agricole. La Russia “declasserà” i vini arricchiti? Le autorità russe stanno valutando un provvedimento in base al quale i vini la cui gradazione alcolica è stata aumentata artificialmente con l’arricchimento dei mosti con saccarosio o mosto concentrato passerebbero dalla categoria “wine” a quella “wine beverage”, bevanda di vino. Questo comporterebbe, oltre ad una nuova etichettatura deleteria all’immagine di questi prodotti, anche un forte aumento delle accise fiscali. Secondo FederMosti in Italia il 60% del vino è arricchito. Un dato che, se vero, sarebbe preoccupante. In verità diversi fattori, dal riscaldamento climatico alla progressiva riduzione degli aiuti al MCR (che scompariranno del tutto), stanno riducendo sempre più il ricorso a questa pratica in Italia. IL COACHING PER IL VINO Il nuovo servizio di Enocontrol per i produttori di vino Enocontro scarl - Corso Enotria, 2/C - 12051 Alba (CN) - Tel. 0173 361501 - Fax 0173 364874 - www.enocontrol.com In questo periodo di crisi economica particolarmente impegnativa, in cui il mercato del vino sta evolvendo a velocità sostenuta, agli operatori del settore sono richiesti rinnovate abilità personali e imprenditoriali. Mai come ora è determinante dare il meglio, sia a livello personale che di team, che si parli di una grande azienda o di una piccola cantina a conduzione famigliare. Occorrono obiettivi chiari, piani di azione efficaci e motivazione costante, senza abbandonarsi alle inevitabili paure e al facile vittimismo. Occorre cambiare schemi di pensiero e predisporsi all’innovazione: andare oltre al “fare conosciuto” e iniziare a “fare qualcosa di diverso”, sviluppando le risorse interne di ciascuno, anche nella gestione emotiva degli impegni quotidiani. Il laboratorio Enocontrol ha deciso di offrire nuovi strumenti di crescita personale e di business, attivando un servizio di coaching dedicato ai propri clienti e ai produttori del Piemonte. Proposto in collaborazione con la dott.ssa Gabriela Tirino consulente aziendale e business coach con esperienza nel settore enologico, il nuovo servizio sarà presentato il prossimo 20 aprile alle ore 16,30, in occasione dell’inaugurazione in Enocontrol, presso l’Ampelion di Alba, del nuovo laboratorio microbiologico. In tale occasione sarà illustrato con esempi pratici come opera un coach in azienda e verranno presentate le iniziative formative interaziendali per il 2012, come ad esempio il coaching applicato alla vendita, all’innovazione, alla gestione del tempo e dello stress e alla comunicazione efficace in pubblico. 23 Economia Le prospettive del commercio Online di KATRIN WALTER Lo scopo finale per una cantina che produce del vino è ovviamente di vendere il proprio prodotto. Sarebbe un errore però pensare al solo commercio online quando si parla di internet. Internet non è solo vendita, ma soprattutto il mezzo d’informazione per eccellenza e aumenta la notorietà su tutti i canali anche offline, come confermato da una recente indagine effettuata da Netcomm, il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano. Il ruolo della rete per il commercio La fase di acquisto N Questa fase vede prevalere il canale fisico (69%) contro un 30% che fa shopping in rete, con un totale di più di 10 milioni di acquirenti online in Italia. Queste persone scelgono internet soprattutto perché offre loro ampia scelta di prodotti e offerte (64%), trova il miglior rapporto qualitàprezzo (57%) e consente di scegliere la forma di pagamento preferita (36%), sfatando dunque la ritrosia degli Italiani nei confronti dell’ecommerce per la poca sicurezza dei pagamenti online. I motivi più forti a favore del rivenditore tradizionale sono, invece, la massima visibilità dei prodotti da acquistare (74%), la disponibilità immediata della merce (50%, contro il 35% dell’e-shop) e il fatto di ricevere consigli, supporto e assistenza durante l’acquisto (50%, contro solo il 18% online). Viceversa, il 45% degli intervistati si informa offline e poi compra online. Anche se questa indagine esaminava prodotti diversi dal vino, siamo portati a credere che queste percentuali non si discostino da quelle relative al settore acquisto online di vino, in quanto le sue caratteristiche sono simili a quelle dei prodotti presi in esame: si può descrivere abbastanza bene, si possono conoscere i punteggi riservati dalle varie guide e degustazioni professionali e ci sono servizi efficienti e sicuri per il trasporto e la consegna delle bottiglie. el commercio elettronico in Italia sono occupate meno aziende rispetto alla media europea, che si attesta al 15%. I paesi più aperti a questo canale di vendita arrivano al 25-30%, in Italia si è fermi al 5% (dati Netcomm). In Italia sono oggi circa 33 milioni gli utenti in rete (tedeschi ca. 70 milioni) che utilizzano la rete sia per fare acquisti, sia per cercare informazioni. Circa un 65% degli utenti internet Italiani prima di fare acquisti online sfrutta contemporaneamente il web e i canali tradizionali; soltanto un 17% utilizza esclusivamente il canale online in tutte le fasi del processo, mentre un 18% è totalmente refrattario alla rete. Questi sono i risultati di un’indagine presentata dal presidente di Netcomm, Professor Roberto Liscia, al Multichannel Commerce Forum in ottobre 2011. La fase di pre-acquisto In questa fase vince chiaramente internet, utilizzato in media dal 55% degli intervistati. Segue un 26% che si reca direttamente nei punti vendita, un 10% che si rivolge alla stampa, il 6% che si fida del passaparola e un 3% che preferisce la tv. Fra coloro che s’informano online, lo strumento più utilizzato sono i siti internet di settore e i blog di settore (20%), seguiti dai motori di ricerca (18%), e-mail, siti di Ecommerce e solo l’1% si affida al social network. Il cliente multicanale L’online e l’offline si integrano e si intrecciano sempre di più e l’azienda che avrà successo in futuro sarà quella che saprà coniugare bene i diversi canali perché , come sottolineava in maniera rilevante lo stesso professor Liscia in un’intervista trasmessa recentemente su Radio24: “Chi non è online perde vendite anche offline, diminuisce la propria visibilità e perde il potenziale di crescita. Invece chi ha investito nella sua visibilità online ha aumentato le sue vendite tra il 4 e 5% e ampliato la sua penetrazione all’estero. Non impegnarsi online fa perdere competitività anche al Made in Italy poiché non vengono gestite le vendite dei prodotti e brand italiani sui mercati esteri. In America si è registrato addirittura un miglioramento del conto economico pari al 15% per le aziende più brave 24 Economia a gestire la multicanalità (molti canali in alta qualità)”. Questi dati dovrebbero servire ad “aprire gli occhi” a chi teme con l’attività online di disturbare i canali di vendita tradizionali. La presenza del proprio prodotto sul web non significa cannibalizzare le vendite tradizionali ma al contrario incentivarle fornendo quelle informazioni importanti che le persone cercano nella fase del pre-acquisto. Infatti online si può dare maggior autorevolezza al proprio prodotto (il vino) mettendo a disposizione referenze e fonti di informazione esattamente nel momento in cui il potenziale cliente ne fa richiesta. Il cambiamento del paradigma Naturalmente se una persona non beve vino non riusciremo a convertirla neanche tramite il web, ma potremo perlomeno cercare di far nascere in lei un interesse per il nostro prodotto, perciò è indispensabile farci trovare in rete in questa fase, 24 ore su 24. Per esempio: vorrei comprare una videocamera e mi viene detto che la SonyXY è buona. Cerco in rete e arrivo a piattaforme in cui vengono valutati e quotati i diversi prodotti di quella marca, arrivo anche al sito del produttore con la sua descrizione e arrivo a qualche forum, blog o social, dove si discutono dei vantaggi e degli svantaggi. Nel momento in cui trovo delle valutazioni indipendenti posso confrontarle con le mie esigenze e poi scelgo di comprarlo e questo non sarà necessariamente online: lo compro al mio negozio tradizionale preferito o in un online-shop diverso dal sito, dove ho trovato una buona valutazione del prodotto. Però se non trovo informazioni rimarrò scettico e probabilmente cambierò idea sul tipo di marca. Questo esempio evidenzia che posso comprare online o offline senza che sia possibile individuare dove è nato il mio desiderio per l’acquisto. Come si vede non esiste per forza sempre un legame tra il fattore scatenante del desiderio di comprare un prodotto e l’acquisto. Perciò non è neanche sempre facile analizzare quale presenza, click o link ha portato all’ultima preferenza per uno o l’altro prodotto. Dato questo nuovo paradigma non si dovrebbe perciò trascurare la necessità di essere presenti in rete e portali del settore. Per dimostrarlo meglio ecco un altro paragone: se nella piazza del paese il bar apre solo qualche volta la settimana, se i negozi hanno un orario limitato, sempre meno persone si recheranno in quella piazza. Questo vale anche per internet. Se sul tuo sito o sul tuo profilo in un altro sito (la piazza) non succede niente (manca nuovo contenuto), non ci andrà più nessuno. In rete questo viene rilevato addirittura automaticamente dai motori di ricerca. La differenza rilevante è che mentre la piazza nel paese rimane sempre nell’indirizzario della mappa della cittadina, l’indirizzo del tuo sito non verrà più indicizzato come rilevante e sarà tolto dai SERP (search engine results pages). Lo stesso succede per esempio anche con i siti qualificati che recensiscono vini, con le pagine di quelle cantine che non inviano ogni anno i nuovi campioni per le degustazioni e si accontentano di essere stati citati una volta sola: queste sottopagine verranno “dimenticate”. E-commerce per la cantina? La risposta alla domanda se si debba necessariamente aprire un negozio online sul proprio sito è difficile. In ogni caso chi intende farlo deve pensare a un sistema per gestire il negozio che sia relativamente facile da indicizzare per i motori di ricerca (la mancanza più grave della maggior parte dei software per gli online-shops), in quanto non avrebbe senso avere un negozio che non si trova nei motori di ricerca e di conseguenza non raggiunge i potenziali clienti. E’ necessario poi predisporre diversi sistemi per il pagamento, la logistica, il rispetto delle leggi per i diritti dei consumatori e la protezione dei dati, le garanzie successive all’acquisto – esempio del vino che sa di tappoe il listino dei prezzi online che non deve penalizzare gli altri canali di vendita. Ognuno deve fare i propri calcoli e vedere se vale la pena per un assortimento di 10 vini creare un proprio shop o se non sia più proficuo rispondere in tempi brevi alle mail ed evadere gli ordini, impegnando le proprie risorse per aumentare la notorietà del sito e dei prodotti nella rete con gli strumenti a disposizione e tramite i siti (portali leader per il tema del vino) che garantiscano da subito molta visibilità, la quale si riesce ad acquistare altrimenti solo con un budget consistente e con tanti anni di lavoro. Per vendere il proprio vino non serve per forza un negozio online ma serve prima di tutto far conoscere la nostra cantina anche e soprattutto online, dato il mutare delle dinamiche di acquisto come abbiamo spiegato sopra. In caso contrario si perde in presenza, visibilità, raggiungibilità e – di conseguenza – in occasioni di vendita. Come semplice soluzione viene oggi propagandato il couponing, cioè offrire degli sconti ai clienti per attirarli al punto vendita. A mio parere può funzionare ma crea una “cultura” rovinosa di sconti e fomenta la mentalità del giocatore d’azzardo che si trova anche sui mercati finanziari, con effetti negativi su aziende e intere economie reali (anche aziende con un modello di business online sono aziende reali). In questi modelli di business del couponing guadagna soprattutto chi lo offre (la richiesta è del 40-50% del fatturato). Le aziende che sperano in clienti abituali li trovano difficilmente tra i “junkie” degli sconti, inoltre questi sistemi hanno portato già tanti a collassare sotto i debiti, in quanto con questi metodi non si riesce a raggiungere entrate positive e sostenibili. E con questo circolo vizioso del couponing si perde pian piano la consapevolezza che la qualità ha il suo prezzo. 25 Cultura e Società Gianpaolo Paglia vignaiolo online di NICOLò REGAZZONI G anche in tempo reale con persone lontane o vicine prima non esisteva, mentre oggi è parte integrante della nostra vita. Per molte aziende le nuove tecnologie offrono dunque, magari per la prima volta, la possibilità di comunicare anche senza uffici stampa. Forse oggi sono proprio le aziende più grandi e strutturate, che hanno sempre comunicato in maniera tradizionale, ad avere maggiori difficoltà ad abbracciare questo nuovo tipo di comunicazione, che ha la caratteristica di essere diretta, non più intermediata. Uno degli aspetti negativi di questo nuovo tipo di comunicazione, peraltro, è che chiede al produttore di dedicarci molto tempo, e che non può essere delegata a terzi. Personalmente mi dedico al blog o a Twitter senza alcun obbligo, solo quando ho qualcosa d’importante da scrivere: il rischio è infatti che questa voglia di comunicare a un pubblico potenzialmente molto vasto possa trasformarsi quasi in una “droga”. I miei primi ricordi risalgono a circa una decina di anni fa. All’epoca c’erano soprattutto dei newsgroup, uno dei quali se non sbaglio si chiamava Hobbyvino, dove gli appassionati si davano appuntamento. Era una specie di forum “ante litteram”, e questo scambio veloce di opinioni, quasi in tempo reale, mi appassionava molto. Poi, con il passare degli anni, hanno cominciato a nascere su Internet dei forum più strutturati, e tra questi ricordo quello di Esperya, che Antonio Tombolini moderava con vivacità e modernità. Successivamente mi sono avvicinato all’idea di scrivere su un mio blog (oggi www.poggioargentiera.com), con l’intenzione di fare una sorta di diario on-line delle mie esperienze quotidiane. Questo blog ha avuto un buon riscontro, con persone che seguivano e commentavano, e mi ha consentito di comunicare direttamente con persone che, pur facendo un lavoro magari completamente diverso dal mio, condividevano la mia stessa passione. Oggi i lettori del mio blog appartengono a categorie molto eterogenee, anche perchè ho sempre cercato di spaziare su diversi argomenti, che vanno dalla politica vinicola alla distribuzione del vino. Qualche volta ho anche riportato esperienze fatte all’estero, fino a spingermi anche a dar vita a quella che in Italia credo sia stata la prima esperienza di degustazione di gruppo organizzata on-line da un produttore di vino, riuscendo a coinvolgere un centinaio di persone. Comunicare direttamente sui mercati esteri è stato a lungo appannaggio quasi solo dei grandi produttori. Con l’avvento delle nuove tecnologie cambia qualcosa in questo senso? Fino a qualche anno fa il blog era l’unica piattaforma di comunicazione disponibile, e l’avvento di Facebook e Twitter hanno cambiato radicalmente lo scenario. Oggi si è arrivati a una sorta di segmentazione del sistema di comunicazione: il blog svolge quasi le funzioni di un diario, e si presta bene ad approfondimenti, mentre Facebook privilegia scambi più rapidi, e Twitter enfatizza al massimo la velocità, l’intuitività e l’informalità. All’estero alcune catene distributive, tra le quali l’inglese Majestic, hanno molti negozi sparsi sul territorio, Foto: Vittorio Ubertone ognuno dei quali ha un account di Twitter, che consente di rivolgersi ai consumatori finali, ma che lascia anche la possibilità al produttore di poter comunicare direttamente alle persone che stanno all’interno dei negozi, che sono poi quelle che suggeriscono gli acquisti alla clientela. Io tempo fa ho provato a mandare un messaggio via Twitter a ogni negozio di Majestic, e così facendo sono riuscito a creare un’attenzione specifica sul mio vino. Una volta di più mi sono reso conto che stabilire una relazione umana, seppure superficiale, tra un produttore e una bottiglia fa la differenza. In passato un’operazione del genere sarebbe stata praticamente impossibile per un’azienda di piccole-medie dimensioni: visitare di persona circa 200 punti di vendita avrebbe infatti richiesto tantissimo tempo e denaro. C’è discontinuità tra un vecchio e un nuovo modo di comunicare il vino, che abbraccia le nuove tecnologie, oppure diverse modalità di comunicazione possono convivere? Una cosa è certa: Internet è entrata nella nostre vite in modo determinante, al punto che oggi spesso ci domandiamo come facevamo a vivere senza. La possibilità di interagire Fino ad ora abbiamo parlato soprattutto dei vantaggi associati all’utilizzo dei nuovi media. Se ci sono quali sono i potenziali svantaggi? Quando si utilizzano le nuove tecnologie bisogna sempre tenere a mente che si sta parlando a persone reali. Di conseguenza vanno sempre utilizzati gli stessi toni che si ianpaolo Paglia, lei è stato tra i primi produttori vinicoli italiani a voler sperimentare Internet come nuovo canale di comunicazione. Quali motivi l’hanno spinta a fare un po’ da pioniere in questo campo, e quali risultati ha avuto? 26 Cultura e Società userebbero in un confronto faccia a faccia: molte volte vedo che le persone che non sono abituate a comunicare in rete si sentono in qualche modo protette, e si lasciano andare a dei toni e a delle espressioni non adatte alla comunicazione. In realtà basterebbe ricordarsi le regole della buona educazione che utlizziamo nella nostra vita quotidiana. Non ci si deve poi dimenticare che in rete il messaggio è bidirezionale: non si parla mai a una platea, ma si fa piuttosto una conversazione. Bisogna dunque aspettarsi che ci sia un ritorno da parte delle persone alle quali si parla, e anche in questo caso bisogna stare attenti a dire cose cose che siano plausibili e vere, perchè ogni stupidaggine che viene detta in rete ha conseguenze negative immediate e quasi virali. Ognuno deve assumersi la responsabilità di quello che dice, e deve essere consapevole che tutto quanto viene scritto in rete resterà sempre sotto agli occhi di tutti. Di conseguenza ho imparato a non scrivere mai in rete cose delle quali non sono più che mai sicuro, che un giorno potrei pentirmi di avere scritto. Per comunicare in rete, dunque, bisognerebbe assumersi responsabilità molto più dirette e immediate di quanto non avviene in una relazione faccia a faccia. Tra l’altro se in rete la comunicazione non è vera, onesta e cristallina lo si percepisce immediatamente, e può avere effetti negativi: se non ci si sente pronti a comunicare con queste modalità, dunque, è forse meglio soprassedere. Quando si comunica è anche importante stare attenti a non strafare, e non cercare di superare sempre l’asticella. Rimango sempre interessato alla comunicazione, mi piace partecipare ad alcune discussioni on-line, ma in questo momento preferisco stare un pò a guardare quanto accade attorno a me. La comunicazione su Internet sta cambiando velocemente, e spesso è più interessante seguire una conversazione su Facebook o su Twitter piuttosto che leggere un blog. Io per esempio ho cominciato a riportare il mio account di Twitter (@mymorellino) sulla retroetichetta delle bottiglie: mi rendo infatti conto che quest’ultimo rappresenta un contatto potenzialmente molto più immediato con i consumatori di quanto non sia l’indirizzo e-mail, il blog o il sito web. Un messaggio di posta elettronica è più personale di un tweet, ma quest’ultimo offre per esempio la possibilità a un consumatore seduto al ristorante di utilizzare il suo cellulare per farti sapere in maniera istantanea e poco formale che cosa ne pensa del vino che sta bevendo proprio in quel momento. L’idea di scrivere l’account Twitter in retroetichetta è molto semplice, ma offre al consumatore finale la possibilità di interagire direttamente con te, e allo stesso tempo sollecita il produttore a mettersi in gioco e a entrare in relazione. Senza dimenticare che anche le critiche ricevute servono tantissimo, e potenzialmente fanno sempre crescere. Ha qualche nuovo progetto per comunicare la sua azienda e i suoi vini su Internet? Poggio Argentiera, l’azienda di Gianpaolo Paglia, si trova a Grosseto. Il suo vino bandiera è il Morellino di Scansano DOCG “ Vorrei un insetticida rapido ed efficace sui Lepidotteri dannosi! “ Cerco la sicurezza di poter vendere su tutti i mercati! Tranquilli, c’è Affirm ! “ “ ® AFFIRM è il nuovo insetticida-larvicida a base di Emamectina benzoato dotato di rapido potere abbattente e ottima efficacia sulle tignole della vite, per produzioni in linea con le richieste della filiera agroalimentare. Syngenta è uno dei principali attori dell’agro-industria mondiale. Il gruppo impiega più di 26.000 persone in oltre 90 paesi che operano con un unico proposito: sviluppare il potenziale delle piante al servizio della vita. Agrofarmaco autorizzato dal Ministero della Salute, a base di Emamectina benzoato 0,95%. N° di registrazione 13389. Leggere attentamente le istruzioni. ® Marchio registrato di una società del Gruppo Syngenta. Millevigne_200x145.indd 1 27 10/02/12 10.41 Cultura e Società Arnaldo rivera il maestro A rnaldo Rivera, “il Maestro” come lo chiamavano tutti, è indubbiamente una delle personalità di maggior profilo nel settore vitivinicolo piemontese tra gli anni ‘60 e ‘80 del secolo scorso. Partigiano, maestro, sindaco di Castiglione Falletto, presidente della cantina sociale “Terre del Barolo”. Poliedriche attività hanno caratterizzato l’intensa vita di Rivera. Un personaggio talmente carismatico da insegnare allora, e ancora oggi, uno stile di vita e di lavoro ricco di valori etici e morali. Qualcuno ha definito Rivera “un autentico modello di piemontesità”. Per questo motivo abbiamo scelto la sua figura per iniziare questa serie dedicata ad alcuni personaggi che hanno fatto la storia dell’enologia piemontese e non solo. La vita Arnaldo Rivera nacque il 13 dicembre 1919 a Castiglione Falletto. I genitori possedevano un cascinale e producevano uva nebbiolo e dolcetto. La località chiamata Rivera, è un ottimo “sori” della sera. I primi anni della sua esistenza rientrano nella normalità e nelle consuetudini della vita contadina dei ragazzi di Langa. A sei anni frequentò le scuole elementari a Castiglione Falletto; ancora oggi gli anziani del paese, allora compagni di scuola, ricordano la sua generosità. A tredici anni si iscrisse all’istituto magistrale di Alba diplomandosi nel 1939. Nel 1940 c’è la guerra, il fronte francese, la Grecia, la Russia, poi l’otto settembre. Rivera ha ventiquattro anni e il grado di tenente. Deve scegliere: non ha dubbi, scappa sulle montagne ed entra nelle formazioni partigiane. Combatterà contro i tedeschi e i fascisti a capo di una squadra di giovani o n i V l e d i gg a n I perso di LORENZO TABLINO garibaldini operante nelle Langhe. Una sua azione notturna, ovvero il tentativo di abbattimento del ponte di Pollenzo per evitare il passaggio di automezzi pesanti dell’esercito fascista, in procinto di rientrare in Alba liberata dai partigiani, sarà ricordata da radio Londra nelle trasmissioni per l’Italia occupata. Il 25 aprile 1945 è a Torino, vive gli esaltanti giorni della liberazione e gestisce la mensa partigiana. Nel 1949 inizia l’attività di insegnante elementare a Castiglione Falletto: per ventotto anni sarà il suo impegno principale. In quelle aule disadorne, circondato dai ragazzi, Rivera sarà semplicemente il “maestro del paese” nel senso più bello ed ampio del termine. Nel 1951 è eletto sindaco di Castiglione Falletto. Sarà sempre riconfermato nelle successive elezioni con grande maggioranza di voti e per trentasei anni il comune sarà la sua seconda casa. Nel 1956 si sposa con Ester Rinaldi, un’insegnante conosciuta ai corsi per i maestri cattolici. Il 1958 segna un momento importante della sua vita: nasce la cantina sociale “Terre del Barolo”. Rivera ne è l’ideatore, il propugnatore, il fondatore, l’artefice a trecentosessanta gradi e svolge il suo compito con tenacia, superando ostilità e problemi, con la convinzione di una scelta giusta per il mondo rurale. Rivera non ha figli, assume la responsabilità indiretta di cinquecento famiglie: tanti saranno i soci, tanti saranno i bilanci familiari da salvaguardare. Arnaldo Rivera fu anche uomo del vino e in tale veste ricoprì diversi incarichi, tra i tanti citiamo la presidenza del Consorzio del Barolo e Barbaresco e la vicepresidenza dell’allora Asprovit. In tale ruolo Rivera come sempre si fece apprezzare per le sue doti morali ed organizzative, assumendo responsabilità e fatiche non comuni. Proprio nel pieno del suo lavoro, con il fisico gravato negli anni da una malattia che comunque non lo distolse dai suoi impegni, Arnaldo Rivera ci lasciava la sera del 10 gennaio 1987. La camera ardente fu allestita presso la cantina Terre del Barolo, mentre i funerali si svolsero nella chiesa parrocchiale di Castiglione Falletto piena come non mai; la bara fu portata a spalla dai dipendenti, dai partigiani e dai consiglieri comunali del piccolo paese di Langa. L’eredità morale Arnaldo Rivera allo stand nel cortile della Maddalena ad Alba. 28 Ma cosa ha lasciato Arnaldo Rivera ai famigliari, ai collaboratori, agli amici, al territorio e in particolare al settore vitivinicolo? Quale la sua eredità morale? Restano molte cose legate alle sue idee e ai suoi progetti, alcune sono ben visibili ed in piena attività; i suoi collaboratori continuano la sua opera ed i consensi non mancano, ma proprio il suo stile Cultura e Società di vita sobrio e semplice, unito ad una cordialità quanto mai spontanea rendono doveroso, quasi un obbligo, evitare qualsiasi forma anche nascosta di trionfalismo che diventerebbe subito melenso e retorico. Rivera è stato ed è maestro di vita, te ne accorgi appena inizi a parlare con la gente in molti paesi di Langa, in tante cantine; il suo ricordo è vivo, sincero ed autentico. Sono essenzialmente quattro le qualità peculiari dell’ “uomo” Rivera che sono emerse nel corso delle varie interviste. Rivera precursore Parlare di cooperazione a metà degli anni cinquanta era molto difficile, era una sfida soprattutto nell’Albese. Le vecchie cantine sociali, quelle di Monforte, Castiglione Falletto, Barolo, Alba erano state chiuse. Il ricordo dei terribili anni venti, con i fallimenti di Calissano e Mirafiore e la chiusura delle casse rurali di credito erano ancora presenti nella memoria delle famiglie contadine di Langa. La compravendita dell’uva si svolgeva soprattutto in Alba, in piazza Savona, “ il mercato dei morti” come veniva chiamato. Tutto dipendeva dai mediatori e dai commercianti i quali facevano il bello e il brutto tempo; il contadino e soprattutto il prodotto di un anno di fatiche non era assolutamente tutelato. Per contrastare efficacemente questo stato di cose Rivera è fermamente convinto della validità della cooperazione, non è retorico dire che l’ha perseguita come ideale di vita. Da dove nasce una simile concezione. Quali le profonde radici? “Suo padre era stato tra i fondatori della cantina sociale di Castiglione Falletto, inoltre Rivera tra i suoi alunni aveva fondato una piccola cooperativa chiamata scherzosamente “delle galline “. Gli alunni allevavano galline, facevano i lavori e dividevano le uova “. Piccoli esempi, quanto mai educativi. A partire dal 1956 Rivera svolge un’instancabile opera di proselitismo per il progetto di una cantina sociale nell’albese: gira nei paesi della bassa Langa, parla con tanti viticoltori, la personalità e la fiducia che esprime sono una garanzia. In tanti, dapprima diffidenti e sospettosi, aderiscono. Il giorno otto dicembre 1958 la cantina sociale è una realtà. Il tempo darà a Rivera ampiamente ragione. Rivera amministratore Solamente i vecchi soci, quelli che hanno vissuto in prima persona l’edificazione della cantina sociale, la messa in opera dei tre piani di vasche in cemento, i primi arrivi e i primi scarichi delle uve possono capire gli stati d’animo ed i sentimenti che in quell’anno, in quel momento particolare hanno ispirato Rivera ed i soci fondatori. Tra enormi difficoltà e alterne speranze, la personalità, il carattere e l’estrema capacità nelle relazioni umane di Rivera emergono in tutta la loro forza e priorità. “Decidiamo noi, soltanto noi, scegliamo chi ci conviene”. Lo ripete a tutti, molte volte, per dare un segnale di estrema chiarezza: l’amministratore che in quei tempi non guarda in faccia a nessuno è molto raro. Sarà, infatti, una sconosciuta impresa di Incisa Scapaccino a costruire la cantina: ecco lo stile di Rivera, ecco i principi ideali su cui fonderà tutta la futura amministrazione della cantina sociale: massima trasparenza e correttezza, nonché parsimonia e ricerca del risparmio, doti di un saggio contadino che conosce sia il significato che il valore del denaro. Rivera umano Capire la gente, capire i viticoltori, capire i problemi del mondo contadino, ascoltare e dare risposte con semplicità e col sorriso. Torniamo ai primi anni della cantina sociale, alla prima vendemmia del 1959, una buona annata. Ecco una testimonianza: “Tutti i soci, nessuno escluso, venivano di sera, per lavorare: si facevano le follature, si pulivano le macchine, si tirava il primo Dolcetto, si torchiava. Ovviamente non c’era salario”. Rivera dava l’esempio e, instancabile, aveva creato un ufficio improvvisato sotto una tettoia, ove controllava i carichi e segnava i pesi ed i gradi. “Quante volte ha anticipato soldi suoi per la valvola, per la cinghia rotta, mano al suo portafoglio, subito, senza dire nulla a nessuno, quante ore perse di sera, in casa dei commercianti per cercare di vendere il primo vino”. “Venga domani, i soldi per le uve conferite ci sono a costo di metterli dei miei”così un viticoltore di La Morra ancora oggi, con una certa commozione, ricorda quel mattino di trent’anni fa. L’onestà di Rivera Onestà: parola troppo grande e sovente piena di retorica, al contrario in Rivera rappresentava lo stile quotidiano insito nel personaggio, nei comportamenti, nelle scelte pratiche e spontanee che coinvolgevano i collaboratori ed i soci. Ad un fornitore di tappi scrive: “Considero il suo regalo uno sconto e la ringrazio. D’ora in avanti lo voglio vedere in fattura e beninteso dovrà sempre essere uguale per tutte le forniture”. Non voleva sentir parlare di rimborsi spese. Le telefonate le faceva dalla propria abitazione con qualche amico in provincia o in regione o semplicemente alla casa di un socio per avere notizie di un suo famigliare ricoverato. Ai consiglieri che insistevano anche per un corretto e trasparente rimborso spese “Ho lo stipendio da maestro”, così ti liquidava, ma “Non erano le parole, era il modo con cui lo diceva”. “Al termine dei consigli di amministrazione Rivera caricava sulla Fiat seicento i consiglieri e li portava a casa; lo faceva sempre”. Il ricordo Il carisma di Arnaldo Rivera continua, anzi cresce, a distanza di 25 anni dalla morte. D’altronde sin dai primi mesi dopo il decesso molte iniziative sono state messe in atto per ricordare la sua figura. Era “entrato nel cuore della gente” hanno detto al suo funerale. Dal primo commovente articolo sul bollettino parrocchiale, ai vari articoli sulle riviste locali; dalle manifestazioni dell’ANPI, a numerosi convegni in Alba, in Langa, oppure presso qualche ente vitivinicolo. Nel 1998, sul piazzale della sua cantina sociale in occasione del trentennale della fondazione, si scopre un busto di bronzo che ricorda Arnaldo Rivera sorridente. Sempre nei locali della Cantina “Terre del Barolo” nel dicembre 2009 è stato presentato il libro “50 anni insieme”, sottotitolo: “Terre del Barolo. Un territorio, una cantina: 1958-2008”, edito dall’Artistica di Savigliano e scritto dallo storico Giulio Parusso. Voluto dal presidente Matteo Bosco per i 50 anni dalla fondazione della Cantina, in ricordo del primo presidente e fondatore Arnaldo Rivera, il libro è stato introdotto dal dott. Giacomo Oddero. “Grazie soprattutto ad Arnaldo Rivera e alla sua grande idea la Cantina “Terre del Barolo” è diventata un positivo esempio di cooperazione tra persone che hanno creduto nel territorio e nel duro lavoro nella vigna”. 29 Cultura e Società nuove prospettive per il mercato dell’Asti nel Sol Levante Le donne sembrano essere il motore per un rilancio del prodotto nel paese nipponico: questo è quanto emerso dall’incontro che si è tenuto ad Asti il 3 febbraio scorso. “ I n Giappone l’immagine dei vini italiani è ottima e ben posizionata. Sono oltre 3 milioni le casse di vino italiano fermo importato nel 2011, contro 622.000 di spumante”. A parlare (in un impeccabile italiano) è Isao Miyajima, giornalista giapponese intervenuto come relatore all’incontro di approfondimento dal titolo L’Asti docg nel Paese del Sol Levante, tenutosi ad Asti lo scorso 3 febbraio. Sergio Miravalle, giornalista de La Stampa, ha moderato l’incontro a cui hanno partecipato anche Kunio Bansho, caporedattore della rivista giapponese Wands, Keiko Murata, caporedattore della rivista nipponica The Wine Kingdom e Tomimi Tsujimoto, titolare della Foodliner, azienda di import del wine & food italiano. L’incontro è partito sulla base di alcuni dati: in Giappone su 120 milioni di abitanti, 1/3 è rappresentato da astemi forzati, ossia persone che non possiedono gli enzimi atti a digerire alcol. La media dei consumi è comunque piuttosto ridotta se si pensa che si attesta su lt.2,2 pro-capite. Il Consorzio poi offre qualche altro dettaglio: delle 622.000 casse di spumante importato, l’Asti e il Moscato d’Asti rappresentano circa il 25% con 1 milione e 800.000 bottiglie. Tuttavia negli ultimi anni l’Asti ha perso terreno sul mercato giapponese, a vantaggio degli spumanti secchi, come il Cava e il Prosecco, a causa di un diverso trend nella richiesta. Inoltre un problema sembra essere il costo, in quanto l’Asti in Giappone subisce un rincaro dovuto all’accisa sui vini spumanti, che lo colloca comunque in una fascia di prezzo non bassa, tra i 13 e i 15 euro sullo scaffale, mentre al ristorante questo si moltiplica circa due volte e mezzo. Inoltre tra i giovani il consumo degli alcolici non è di moda: c’è una tendenza a consumare piuttosto bevande analcoliche. Questi finora i contro, ma quali i pro? Certamente la presenza di oltre 2000 ristoranti italiani a Tokio è una possibilità interessante: di questi quasi il 95% sono gestiti da giapponesi che sono venuti in Italia per imparare 30 di CRISTINA FRACCHIA la nostra cucina e dunque conoscono anche la parte enologica, anzi negli anni hanno fatto da traino per la diffusione della cultura enogastronomica del nostro paese. L’Asti è poi avvantaggiato per altre caratteristiche: gli elementi della dolcezza e della bassa alcolicità infatti rappresentano un grosso richiamo per il palato nipponico, tant’è che la maggioranza degli alcolici venduti si colloca nella fascia tra il 4% e il 5% di alcol. La strada dunque è quella di proporlo come vino da consumare a calice, svincolato da abbinamenti col cibo che non sarebbero sensati con la loro cucina, e soprattutto quella di orientarsi su di un pubblico femminile, il cui consumo di alcol è in crescita. Murata spiega infatti dell’abitudine di molte donne ad incontrarsi con le amiche a casa di una di esse nel fine settimana: è la cosiddetta “joshikai”, l’incontro delle donne, durante cui si trascorre il tempo fra chiacchiere e cibo, una sorta di Sex and the city del Sol Levante, come suggerisce Miravalle. Qui l’Asti avrebbe di certo una strada facile, sia perché, come già detto, i giapponesi apprezzano i vini amabili e a bassa gradazione alcolica, sia perché le donne che lavorano, soprattutto se single, hanno una maggiore disponibilità economica. Per questo bisogna dare molta importanza anche all’aspetto estetico, al packaging, e all’abbinamento con i gadget, tutti elementi che costituiscono un richiamo e possono destare l’attenzione femminile. Inoltre l’Asti potrebbe attirare anche quel famoso 33% di persone astemie, essendo così amabile e leggero. Un’altra necessità imprescindibile è comunque quella di comunicare il territorio come valore aggiunto, per giustificarne il prezzo. Infatti, non essendo a buon mercato rispetto ad altre bevande dolci e lievemente alcoliche, deve essere presentato come un prodotto nel quale, oltre alla piacevolezza, si può ritrovare la cultura legata alle nostre colline. Dosaggio Zero, “università” del metodo classico Si è parlato di dosaggio zero, cioè di spumanti metodo classico senza dosaggio zuccherino all’imbottigliamento, in un interessante incontro organizzato in Franciacorta da Villa Crespia. Storia, attualità e prospettive mondiali di quella che è considerata la più difficile e la più affascinante di tutte le “bollicine”. Tra i partecipanti Attilio Scienza, Michèle Shah, Jordi Melendo, Andrea Gori, Michel Drappier, Luca Gardini, moderati dall’ottimo Federico Quaranta, conduttore RAI della popolare trasmissione radiofonica Decanter. Un incontro ad alto livello che può essere seguito, per chi non era presente, sul sito www.dosaggiozero.it , con tutte le relazioni e gli interventi filmati nei video di Giulia Graglia.