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Aspetti eterodossi della Bibbia
nuovamente tradotta dalla hebraica verità
in lingua thoscana di Santi Marmochino:
risultati di una ricerca
di Lisa Saracco

Introduzione
Nel  veniva data alle stampe dagli eredi di Luc’Antonio Giunta la
Bibbia nuovamente tradotta dalla hebraica verità in lingua thoscana del
frate domenicano Santi Marmochino. Già da tempo la casa editrice veneziana aveva intrapreso una politica volta alla pubblicazione di Bibbie in
volgare, con l’intenzione di soddisfare le richieste di un pubblico sempre
più vasto e le nuove istanze culturali nate dai movimenti di riforma della
Chiesa e dall’umanesimo. Se a partire dalla fine del XV secolo Luc’Antonio Giunti il vecchio pubblicava più volte la traduzione in volgare di
Niccolò Malerbi,fu nel , con la pubblicazione del volgarizzamento
dell’Antico e del Nuovo Testamento di Antonio Brucioli, che la casa
editrice operò una scelta più radicale in questo ambito a causa delle
simpatie di quest’ultimo per le idee luterane. Quattro anni dopo vide la
luce il Nuovo Testamento tradotto in lingua toscana nuovamente corretto
dal r. Padre frate Zaccheria da Firenze de l’ordine de predicatori che, a
detta di molti storici, insieme alla versione del Marmochino, costituì una
risposta “ortodossa” dell’ordine domenicano al testo dell’eretico Brucioli.
In realtà, gli studi più recenti sul volgarizzamento di Santi Marmochino
hanno sottolineato la presenza di elementi eterodossi sia negli apparati
che nella traduzione e la forte dipendenza del testo da quello latino del
confratello Santi Pagnini, edito a Lione nel  e molto fedele all’originale ebraico rispetto alla Vulgata.
D’altra parte le scarse notizie biografiche sul personaggio, presentate
dai compilatori di repertori e cataloghi del XVII e XVIII secolo, finora non
hanno reso possibile avere ulteriori conferme di questa tesi e comprendere
in modo più approfondito i motivi che spinsero il frate domenicano a
questa impresa.
Dimensioni e problemi della ricerca storica, n. /

LISA SARACCO

Il problema dell’assenza di dati biografici:
una semplice questione onomastica
Secondo la testimonianza di queste fonti, Santi Marmochino nacque a
San Cassiano, nella diocesi di Firenze, in data indefinita, così come non
è riportata quella in cui entrò a far parte dell’ordine domenicano. Dalla
metà degli anni Trenta del XVI secolo insegnò ebraico a Venezia e a Padova, dove si laureò in teologia. Nel  entrò a far parte della Facoltà di
teologia di Firenze, di cui l’anno seguente divenne decano. Le sue tracce
scompaiono dagli atti della Facoltà dopo l’ottobre , data considerata
dagli storici presumibilmente quella di morte. Il documento che attesta
quest’ultima fase della sua vita, dopo il ritorno a Firenze, è il Registrum seu
memoriale Facultatis theologicae Florentinae, una preziosa testimonianza
che permette finalmente di aprire una nuova prospettiva attraverso la
quale guardare questo personaggio, quivi citato con il nome religioso di
Santi da San Cassiano. Viene così risolta la questione di un’omonimia
mai notata, ma in realtà ben comprovata dalle fonti. Santi Marmochino e
Santi da San Cassiano, considerato un esponente del movimento radicale
savonaroliano, sono la medesima persona. Alla teoria dell’identificazione dei due nomi in un unico soggetto viene in aiuto anche la Chronica
Quadripartita Conventus S. Dominici de Fesulis. Infatti, tra i frati entrati
nella congregazione di S. Marco negli anni cruciali della predicazione
savonaroliana, risulta anche Fr. Sanctes Antonini de Marmochinis de
Sancto Cassiano. Le informazioni che fornisce la Chronica sono piuttosto
diverse, a parte il luogo di nascita del frate, da quelle dei repertori, sia
per le notizie biografiche sia per il tono con cui si parla del personaggio:
«Sacerdos et filius huius conventus, simplex et bonus senex per multos
annos in observantia sanctae religionis perseveravit, sed lenitate et perturbatione anime ductus extra provinciam abiit, et dum esset in Gallia
factus est magister in theologia nescio quomodo licet immeritus, nam vir
erat non multum in doctrina sufficiens. Tandem obiit in hospitio Ordinis
nostri in Sancto Cassiano, die IX Martii MDXLVIII annis peractis in religione
LIX. Cuis animae Deus misereatur».
La notizia è preceduta dalle date di vestizione ( febbraio ) e di professione ( marzo -). Le evidenti notazioni negative
nei confronti del Marmochino potrebbero essere spiegate dall’identità
dell’autore dell’opera, ovvero frate Giovanni Maria de’ Tolosani, domenicano controversista molto vicino agli ambienti più conservatori delle
gerarchie ecclesiastiche del tempo ed esponente di spicco del gruppo
di coloro che condannavano a chiare lettere la volontà umanistica e riformista di tradurre le Scritture rispettando con attenzione filologica gli
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ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
originali. Non è un caso che il Tolosani fosse stato chiamato di persona
a controllare la produzione scritta del Marmochino nel . In quella
data, infatti, insieme al confratello Zanobi Pieri (anch’egli molto vicino
alle posizioni della curia e a quelle dei domenicani più conservatori), fu
incaricato dall’allora vicario dell’ordine, fra Vincenzo Mainardi da S.
Gimignano, di esaminare un opuscolo di Santi da S. Cassiano intitolato
De exacta et festis mobilibus, per vagliare se esso fosse degno o meno di
pubblicazione. Questo è il segno evidente del fatto che il Marmochino fu
investito dalla censura dell’ordine domenicano, probabilmente per la sua
vicinanza all’ala più radicale del savonarolismo e come frequentatore della
scuola di lingue bibliche fondata da frate Girolamo a San Marco.
Dal testo della Chronica emerge anche un altro dato importantissimo:
tra i frati che vestirono l’abito e professarono la loro fede nel convento
di S. Domenico di Fiesole appare anche Santi Pagnini, notissimo biblista
ed ebraista del Cinquecento.

Una nuova prospettiva storica: i rapporti con Santi Pagnini
e l’appartenenza al movimento savonaroliano radicale
Il valore della Chronica come documento relativo alla vita di Santi Marmochino, in rapporto con la sua produzione letteraria è indubbiamente
inestimabile. Infatti essa ci presenta dei dati che, oltre a essere totalmente
nuovi, portano a ipotizzare un rapporto personale e continuativo con Santi
Pagnini, sul quale gli storici finora non si erano soffermati. L’ipotesi che
ci sia stato qualcosa di più di un’involontaria influenza letteraria diventa
realistica di fronte al fatto che entrambi iniziarono la loro vita ecclesiastica e la loro formazione culturale presso il medesimo convento e, dopo
la morte del Savonarola, si trovarono insieme a Lucca dove il Pagnini
ricoprì anche la carica di priore. Non è da tralasciare la testimonianza del
Tolosani riguardo alla permanenza in Francia del Marmochino causata
da «misteriosi turbamenti», dal momento che anche Pagnini soggiornò
a Lione dal  fino alla morte.
Questi elementi sono sufficienti per riesaminare le cause della stretta
dipendenza fra le traduzioni bibliche dei due frati, nonostante le loro
biografie siano molto diverse. Santi Pagnini, distintosi in qualità di grande
studioso della Bibbia, era sempre stato cauto nei movimenti, rivestendo
ruoli di grande prestigio all’interno dell’ordine domenicano nonostante
provenisse dall’ambiente savonaroliano. Negli anni in cui la Chiesa
stava facendo di tutto per mettere a tacere qualsiasi richiamo alle idee
propugnate dal Savonarola e dai suoi seguaci con processi e accuse, se il
Pagnini restò neutrale, non prendendo esplicitamente posizione riguardo
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LISA SARACCO
a queste tematiche, Marmochino si distinse invece per la vicinanza alla
parte più radicale del movimento nel tentativo di riformare una Chiesa
considerata ormai secolarizzata e corrotta.
Egli appare all’interno di numerosi documenti conventuali toscani:
in quelli riguardanti il passaggio del convento di Prato alla congregazione
di S. Marco (nel momento in cui esso venne riformato), in alcune liste
capitolari, principalmente quelle del convento di S. Romano a Lucca,
dove molti savonaroliani si trasferirono in seguito al  maggio del .
In particolare, l’opera di riforma dei domenicani a Lucca si distinse per
l’attenzione nei confronti dei monasteri femminili, soprattutto quello di
S. Nicolao Novello dove, in qualità di confessori, espressero una forte
volontà di rinnovamento volta a un ritorno alla semplicità evangelica.
Fra questi Santi Marmochino ebbe un ruolo di grande responsabilità nel
processo di trasformazione delle abitudini di vita del monastero, come
narra la Cronaca di S. Giorgio.
Ma il radicalismo del Marmochino si espresse anche nel campo delle
posizioni politiche e nelle sue frequentazioni. Egli fu autore dell’indice
degli argomenti della traduzione latina dell’opera di Luca Bettini intitolata Oracolo di rinnovatione della Chiesa, pubblicata a Venezia nel 
e condannata nell’indice romano del . Analizzando il testo dell’indice, emergono da una parte i temi cari all’apologetica savonaroliana,
dall’altra quelli classici dell’esigenza di rinnovamento della Chiesa e della
condanna della corruzione, con moltissimi riferimenti alle profezie del
Savonarola e non solo.
Il nome del Marmochino appare anche negli atti inquisitoriali del
processo del monaco Teodoro, un singolare personaggio la cui predicazione aveva trovato un terreno fertile nella temperie profetica di quegli
anni. Inoltre, egli contribuì in più modi alla diffusione della memoria
della santità di Girolamo Savonarola, nonostante i ripetuti divieti delle
autorità ecclesiastiche: scrisse una cronaca, andata persa, citata come
fonte dall’autore della Vita latina, una delle più famose biografie del
Savonarola. Si trovano le sue tracce anche in qualità di testimone oculare, nel Trattato di miracoli, un testo formato da diversi repertori in cui
venivano narrati miracoli operati dal frate ferrarese, al fine di provarne la
santità contro le condanne della Chiesa. Infine, il Marmochino concorse
alla conservazione di alcuni oggetti personali di frate Girolamo (attività
peraltro vietata più volte dalle autorità ecclesiastiche), tra cui alcuni libri
e uno scapularetto.
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
ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
L’edizione della Bibbia del : “in odore di eresia”
I dati fin qui raccolti costituiscono un nuovo punto di partenza per l’esame
delle motivazioni che spinsero il frate fiorentino a intraprendere una traduzione del testo biblico, facendoci intuire la passione da lui nutrita per
la diffusione e la predicazione delle Scritture, una posizione generalmente
guardata con sospetto dalle gerarchie ecclesiastiche, preoccupate dal
dilagare della lettura pubblica e privata delle «lettere sacre in volgar» che
coinvolgeva «più assai di ignoranti et di idioti che di dotti» e dell’alacre
opera dell’editoria veneziana in questo campo. A tale proposito bisogna
osservare che con grande probabilità Santi Marmochino conobbe di persona e frequentò la famiglia degli editori Giunti durante il suo soggiorno
a Venezia, quando nel  trascorse un periodo presso l’Ospedaletto dei
S. Giovanni e Paolo insegnando ebraico, greco e latino ai chierici preposti
alla cura spirituale degli ammalati e dei poveri.L’istituzione, che vedeva
un’unione tra «l’impegno di carità cristiana in soccorso degli umili e dei
derelitti e la volontà di rendere accessibili a tutti la parola di Dio», aveva
tra i suoi più grandi sostenitori Luc’Antonio Giunti e soprattutto il figlio,
Gian Maria, annoverato fra i governatori dell’ospedale insieme al pittore
Lorenzo Lotto. L’attribuzione a quest’ultimo del frontespizio dell’edizione della Bibbia del Marmochino, che ha suscitato negli ultimi anni
un ampio dibattito a causa dell’iconografia eterodossa presente in esso,
fornisce un ulteriore tassello per la costruzione dell’ambiente culturale
nel quale il progetto della traduzione biblica si concretizzò e propone
una nuova interpretazione dell’impresa editoriale, frutto dell’incontro
di personaggi a cui stava particolarmente a cuore la diffusione del testo
biblico in lingua volgare.
.. Gli apparati extrabiblici
Nell’analisi degli apparati extrabiblici, inseriti nel volgarizzamento di
Santi Marmochino, la convinzione secondo la quale esso sia frutto di una
volontà di ritorno all’ortodossia cattolica rispetto a quello di Antonio
Brucioli appare indubbiamente criticabile.
Oltre al contenuto teologicamente controverso del frontespizio, vi è
anche quello dei tre indici, il primo dei quali, intitolato Tavola prima del
ordine di tutti i libri della Sacra Scrittura, riporta i libri contenuti all’interno
della Bibbia. Per ogni libro viene fatto anche un piccolo resoconto del suo
contenuto. Si tratta di una traduzione abbastanza fedele del Summarium
latino che fu pubblicato la prima volta, sempre dai Giunta, nella Vulgata
corretta da Alberto da Castello nel  e apparso anche successivamente
nella traduzione del Brucioli del .
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LISA SARACCO
In realtà, il più interessante è il secondo indice, intitolato Tavola
seconda de gli huomini illustri de luoghi et de facti memorabili de quali
sparsamente la sacra Bibia commemora: si tratta di una traduzione di
quello curato da Johannes Rudelius per la Bibbia pubblicata da Petrus
Quentel nel  a Colonia, condannata nell’indice dei libri proibiti dell’Università di Lovanio (, ), in quello romano (), in quello
dell’inquisitore generale spagnolo Valdès () e del Quiroga ().
Nell’indice di Paolo IV è menzionata la data dell’edizione, ovvero il .
Si tratta infatti della ristampa della Biblia Quenteliana del ,che a
sua volta derivava per il testo e le note a margine da quella dell’Osiander,
pubblicata a Norimberga nel  e  . A questa seconda edizione
dette la sua approvazione il vescovo Hermann Wied, il quale fu condannato per aver favorito la predicazione di alcuni luterani nella sua diocesi
nel . L’utilizzo di questa Bibbia latina da parte del Marmochino non
si limita unicamente alla riproduzione dell’indice: infatti da questa egli
tradusse letteralmente tutto il terzo libro dei Maccabei, che compariva
qui per la prima volta in italiano.
La Tavola seconda, che va dalla A di “Aharon” alla Z di “Zorobabel”,
è copiata così letteralmente dall’Index che vi si rispetta l’ordine alfabetico
latino invece di quello italiano. Le proposizioni in essa elencate, ognuna
delle quali accompagnata da una lista di brani biblici, possono essere
divise in due grandi categorie: da una parte, quelle che affermano senza
ombra di dubbio dottrine e posizioni teologiche proprie della Riforma,
dall’altra invece quelle che sembrano ribadire un’interpretazione cattolica,
proponendo al lettore un dilemma di contenuto, dal momento che, in
questo caso, i brani biblici addotti hanno spesso un significato se non
ambiguo addirittura contrario a quanto la proposizione asserisce. Ad
esempio, per quanto riguarda la dottrina della salvezza per grazia tramite
la fede, troviamo: «Fede: è dono di Dio», «Fede vera è dalla Gratia», «La
fede giustifica», «La Gloria nostra non è buona», «Per Gratia siamo
salvati», «Peccatori siamo tutti per natura», «Del peccato la cognitione è
per la legge», «La legge è ombra e non iustifica», «Il giusto vive di fede»,
«La iustificatione quanto il principio non è appresso di noi», «La volontà
d’Iddio si ha a risguardare non l’opera o il premio» e infine «La Legge
è posta pe trasgressori».
Questi assunti sono affiancati ad altri come «Fede, senza l’opera è
morta», «L’opere par che promettino la mercede la giustificatione», «Il
libero arbitrio» e «L’opere giustificano», accompagnati, in questo caso,
dal riferimento a brani biblici alquanto contraddittori fra loro. Infatti,
accanto al ben noto secondo capitolo della Lettera di Giacomo, sono
citati il nono capitolo del libro di Giobbe («come potrebbe il mortale
essere giusto dinanzi a Dio?»), Ecclesiaste , («Certo, non c’è sulla
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ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
terra nessun uomo giusto che faccia il bene e non pecchi mai») e Tito ,
(«Egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua
misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento
dello Spirito Santo»).
Un altro esempio macroscopico di questo fenomeno lo si può notare
nei passi citati accanto all’enunciato «l’immagine è lassata tenere», ovvero
tutti i brani del libro dell’Esodo e di Deuteronomio il cui argomento sono
i dieci comandamenti, fra i quali il secondo, scomparso dai catechismi
cattolici: «Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che
sono lassù né cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra». Ma
forse il testo più significativo è quello che narra, in  Re , dell’avvento
al potere del re Ezechia il quale ordinò la distruzione di tutti gli idoli.
Nell’analizzare la Tavola Seconda, si intuisce anche l’emergere di una
posizione ecclesiologica certo lontana da quella della Chiesa di Roma:
riguardo all’ordinamento dei sacerdoti, la proposizione «ordine sacro è
sacramento» è associata non solo ai brani dei Vangeli sinottici sulla missione dei dodici apostoli ma anche al ventiduesimo capitolo del Vangelo
di Luca nel quale Gesù invita i discepoli a non preoccuparsi su chi sia
il più grande fra loro, quanto ad avere uno spirito di servizio. È percepibile la visione di una Chiesa guidata dalla libertà dello Spirito Santo e
non imbrigliata nelle maglie dell’ordine gerarchico, chiaramente espressa
dalla citazione di Numeri , I Corinzi  (in cui si parla dell’importanza
maggiore che hanno alcuni doni rispetto ad altri per l’edificazione della
Chiesa, come quello della profezia), Atti  (l’episodio della discesa dello
Spirito Santo a Pentecoste).
La medesima tendenza è manifesta anche nelle note di commento
laterali al testo, sicuramente di mano diretta del Marmochino. Queste,
presenti solo nell’Antico Testamento, hanno caratteristiche molto diverse
fra loro. Alcune sono dei brevi riassunti di ciò che è narrato nel passo a
cui sono riferite, in altre si favorisce l’aspetto didattico-informativo, con
l’inserimento di dati cronologici, elementi di toponomastica, dati sulle
parentele dei personaggi, informazioni geografiche e storico-culturali
sulla civiltà ebraica. Le note forniscono anche spunti esegetici di alcuni
passi controversi.
Nell’interpretazione fornita dalle note emergono le convinzioni
teologiche savonaroliane del Marmochino. Grande centralità è data ai
carismi dello Spirito, tornando a valorizzare la struttura della comunità
primitiva descritta negli Atti degli Apostoli. Il dono di profezia viene
esaltato dal Marmochino come qualcosa di necessario, per il rinnovamento
della Chiesa e per ristabilire un rapporto corretto con Dio (I Cronache :
«I propheti principalmente havevano sempre occhi a Christo che Iddio
revelava loro», II Cronache : «In ogni tempo furono i propheti nella santa
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LISA SARACCO
chiesa, per consolare gli eletti d’Iddio & che ha creduto a propheti d’Iddio
ha havuto le cose prospere il contrario a chi non ha creduto» e Isaia :
«Tutte le cose di grande importanza le ha fatto prophetare il Signore,
accioche il popolo sappia che non vengon a caso, fra le quali fu l’avvenimento del figliuol d’Iddio, del quale mette i segni de miracoli»).
La gratuità dei carismi, primo fra tutti quello della profezia, è espressa
con forza maggiore nella nota a Gioele e in II Cronache . In questi
commenti laterali il modello proposto dal Marmochino riecheggia le
parole di Paolo nella lettera ai Galati e suggerisce una visione egualitaria della comunità cristiana nella quale Dio sceglie a chi elargire il dono
della profezia, oltrepassando le distinzioni di classe sociale o di genere
imposte dagli uomini.
Se l’elargizione dei doni dello Spirito avviene solo per volontà
divina, ogni interferenza umana è condannata, tanto più se gli esseri
umani, nella loro cecità, odiano le profezie che provengono dalla bocca
degli eletti per ispirazione divina. La persecuzione dei profeti da parte
delle gerarchie ecclesiastiche è una questione affrontata duramente nelle
note e condannata a gran voce; il ricordo della morte di Savonarola è
qui più che mai vivo. L’incarico gravoso di essere portatori di parole
profetiche è affiancato a quello della predicazione delle Sacre Scritture,
che non debbono mai allontanarsi dalla bocca di chi crede, anche se ciò
significasse scontrarsi inevitabilmente con la corruzione ecclesiastica e
con il mondo peccaminoso. Il Marmochino, anzi, non esita ad accusare
esplicitamente i «pastori delle pecorelle», i conduttori della Chiesa,
richiamando l’attenzione sul fatto che la povertà temporale deve essere
una delle loro prerogative fondamentali.
.. Il radicalismo della traduzione dell’Antico Testamento
Se in passato era diffusa la convinzione che la traduzione di Marmochino
dipendesse dalla versione brucioliana “castigata” nei punti critici tramite
l’utilizzo della Vulgata, da un confronto più attento sembra che essa sia
in gran parte una fedele traslitterazione di quella latina del Pagnini.
Il risultato di questa scelta è una versione caratterizzata da un linguaggio a volte duro, poco scorrevole, ricco di ebraismi mutuati dal
testo latino del confratello, testimonianza della ricerca quasi estenuante
di riprodurre in un’altra lingua non solo i significati ma anche le forme
sintattiche e grammaticali dell’originale ebraico. Conseguentemente a
ciò, nella Bibbia del Marmochino vi è un indubbio superamento della
traduzione di S. Girolamo e della sua rivisitazione del testo originale al
fine di salvaguardare la struttura del latino classico.
Il Marmochino derivò dal Pagnini la ferma convinzione che il metodo
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ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
di traduzione letterale fosse l’unico possibile per rispettare la sacralità
insita nella lettera biblica: la lingua ebraica, la prima a essere utilizzata
da Dio per comunicare con gli uomini, è la migliore fra tutte le lingue, è
divina e perfetta poiché racchiude in sé la «substantia» delle cose nominate e «in verbis, dictionibus, syllabis, apisculisque literarum, maxima
divinae sapientiae condita sunt mysteria».
A questo proposito, la prima caratteristica degna di nota delle due
traduzioni è il curioso e rivoluzionario tentativo di riprodurre la “radicalità” dell’ebraico, dove la forma nominale o verbale è costruita a partire
da una radice formata solitamente da tre consonanti alla quale è collegata
l’espressione generale di un concetto. La conseguenza più evidente di
questa modalità di traduzione è una vera e propria reinvenzione del latino,
tangibile sin dal primo capitolo del libro della Genesi (vv. -):
MARMOCHINO: «Et disse Iddio. Germini la terra il germine, & l’herba semificante
il seme, & l’albero che faccia il frutto nella specie sua, nel quale il seme di quello
sia sopra la terra. Et fu [fatto] cosi. Et produsse la terra il germine, l’herba semificante il seme nella specie sua, & l’albero che fa il frutto nel quale sia il seme
di quello nella specie sua».
PAGNINI: «Et dixit deus. Germinet terra germem, herba semificante semen in
specie sua, arborem fructifera facientem fructum in specie sua in qua semen
eius sit super terram. Et fuit ita. Et protulit terra germen, herbam semificantem
semen in specie sua, et arborem facientem fructum, in qua semen eius fuit in
specie sua».
VULGATA: «Et ait: Germinet terra herbam virentem et facientem semen, et lignum
pomiferum faciens fructum iuxta genuus suum, cuius semen in semetipso sit
super terram. Et factum est ita. Et protulit terra herbam virentem et adferentem
semen, iuxta genus suum, lignumque faciens fructum et habens unumquodque
sementem secundum speciem suam».
BRUCIOLI: «Et disse Iddio, germini la terra il germine, herba producente il seme,
arbore fruttifero che faccia il frutto nella specie sua, il quale abbia il seme suo in
esso sopra la terra, et fu così. Et produsse la terra il germine, herba producente
il seme nella specie sua, et l’arbore che fa il frutto, il quale ha il seme suo in esso,
nella specie sua».
Nelle proposizioni «Germini la terra il germine, & l’herba semificante
il seme», tradotte fedelmente dalla versione del Pagnini, si nota per la
prima volta la volontà di rendere visibile la presenza, sia nel verbo che
nel sostantivo, della medesima radice ebraica (nel primo caso d‰’, che
significa “far crescere”, mentre la seconda radice è zr‘, dalla quale deriva
il sostantivo zera‘, “seme” e il verbo, tradotto radicalmente con “semificare”). Al contrario Bucioli, se nel caso di “germinare” si attiene alla
versione del Pagnini (non rispettando la Vulgata dove, molto liberamente,
il termine “terra” è considerato unico soggetto delle due coordinate,

LISA SARACCO
mentre una volta è “terra” [’ereœ] e l’altra è “erba” [‘e…eb]), in seguito
preferisce l’esplicitazione operata dalla Vulgata. Allo stesso modo quest’ultimo affronta la traduzione della proposizione relativa subordinata
riferita al sostantivo semen. Il medesimo fenomeno può essere constatato
anche nei versetti successivi (-):
MARMOCHINO: «Et disse Iddio. Faccino serpire l’acque, il serpeggiante dell’anima
vivente, & il volatile voli sopra la terra nella superficie del firmamento del cielo.
Et creò Iddio le Balene grandi, & ogni anima vivente serpeggiante, la quale
feciono serpeggiare l’acque nella specie sue, & ogni volatile aliato secondo la
specie sua».
PAGNINI: «Et dixit deus. Repere faciant aquae reptile animae viventis, et volatile
volet super terram in superficie firmamenti coeli. Et creavit deus cetos magnos,
et omnem animam viventem repentem, quam repere fecerunt in specie sua, et
omne volatile alatum secundum speciem suam».
VULGATA: «Dixit etiam Deus: producant aquae reptile animae viventis, et volatile
super terram sub firmamento caeli. Creavitque Deus cete grandia, et omnem
animam viventem atque motabilem quam produxerant aquae in species suas, et
omne volatile secundum genus suus».
BRUCIOLI: «Et disse Iddio, produchino l’acque il serpibile di anima vivente, & il
volatile voli sopra la terra nella superficie del firmamento del cielo. Et creò Iddio
gran Balene, & ogni anima vivente serpeggiante, la quale produssono l’acque
secondo la specie sua, & ogni volatile alato nella specie sua».
La radice ‰r‘ (“brulicare”, “pullulare”) anche in questo caso è riprodotta
sia nel verbo che nel sostantivo senza l’inserimento di varianti o sinonimi:
le acque brulicano di esseri brulicanti, “serpiscono il serpeggiante” (reso
da Pagnini con “repere reptile”). I domenicani rispettano l’allitterazione
che produce il ripetersi della radice, mentre Brucioli, con il suo “produchino”, ne perde ancora la pregnanza.
Consideriamo poi alcuni esempi di traduzione letterale della struttura complessiva della frase. Marmochino segue Pagnini nella fedele
riproduzione della struttura sintattica del periodare ebraico, spesso
trasformato nella Vulgata dall’introduzione di subordinate e dall’uso
di altri espedienti retorici come la variatio. In realtà, l’impalcatura della
frase in ebraico si basa più sulla paratassi che sull’ipotassi, producendo
l’andamento tipico della narrazione con un ritmo ripetitivo e cantilenante,
in cui spesso compare come elemento caratterizzante l’anafora, come nel
caso di Genesi ,:
MARMOCHINO: «Et fu, nel terzo giorno, nel di, nel quale era nato Pharaone, fece il
convito a tutti i servi suoi, & elevo il capo del principe de credentieri, & il capo
del principe de fornai nel mezzo de servi suoi».
PAGNINI: «Et fuit, in die tertia, die qua natus fuerat Parhoh, fecit convivium

ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
omnibus servis suis, & elevavit caput principis Pincernarum et caput principis
Pistorum in medio servorum suorum».
VULGATA: «Exin dies tertius natalitius Pharaonis erat; qui faciens grande convivium pueris suis, recordatus est inter epulas magistri pincernarum, et pistorum
principis».
In questo brano risulta chiara la questione di termini non tradotti letteralmente e reinterpretati da Girolamo alla luce della sua cultura latina,
come ad esempio ebed (“servo”, “schiavo”), reso con puer sulla scia della
traduzione dei LXX (pais). Pagnini invece conferma la sua correttezza
filologica traducendo “servis suis” e non “pueris suis”. Anche il verbo
della terza coordinata, che in ebraico significa “sollevare il capo” (Pagnini:
“elevavit caput”, Marmochino: “elevo il capo”) viene interpretato nella
Vulgata con “recordatus est”.
Con l’introduzione di exin, congiunzione che appartiene al linguaggio
ricercato della prosa storica e della poesia latina, Girolamo evita di ripetere
la congiunzione “e” (waw), mentre in ebraico non esiste un suo parallelo.
Anche la posizione originale del primo verbo non viene rispettata dalla
Vulgata, che anticipa il soggetto della frase creando una struttura in
armonia con lo stile latino. Proseguendo, c’è l’anafora del termine jom
(“giorno”): Girolamo snellisce la doppia ripetizione traducendo “dies
natalitius”, mentre Pagnini e Marmochino rispettano invece il periodare ebraico traducendo il primo più letteralisticamente “die, […] die”,
il secondo “giorno, […] nel di”. Girolamo opera anche delle aggiunte
a suo piacimento rispetto al testo: pensiamo all’aggiunta dell’aggettivo
magnus che non compare nell’originale ebraico, abbinato a convivum.
Il massimo tentativo di eliminare le ripetizioni da parte della Vulgata è
chiaro nella seconda parte della frase, quando si parla del capo dei mescitori e di quello dei fornai. In ebraico viene usato in tutti e due i casi
il termine ro‰ œar, che significa “principe”, mentre Girolamo qui opera
la traduzione servendosi della variatio: traduce una volta con magistri e
una volta con principis e modifica la struttura di questa allocuzione, che
in ebraico vede la semplice ripetizione, introducendo la figura retorica
del chiasmo: «inter epulas magistri pincernarum et pistorum principis».
Pagnini non si fa influenzare nemmeno questa volta e Marmochino lo
segue fedelmente: “del principe... & del principe”.
Il rispetto della lettera non coinvolgeva però solo la sfera puramente
grammaticale del testo. La traduzione del Pagnini, e così anche quella
del Marmochino, dimostrano di tenere in grande considerazione il testo
masoretico, spesso interpolato nella traduzione greca dei LXX e nella
Vulgata. La fedeltà al dettato dei masoreti (VIII-IX d. C.) riguardava non
solo la grafia e la vocalizzazione ma anche la presenza di elementi che
avrebbero indebolito alcune dottrine della Chiesa. Ciò rappresentava un

LISA SARACCO
pericolo per quest’ultima che temeva, con l’abbandono dell’ufficialità
della Vulgata, la nascita di posizioni non ortodosse, vicine all’esegesi
rabbinica (che il Pagnini non aveva mai esitato a utilizzare, mettendo
una grossa ipoteca sulla sua opera).
Una delle questioni più dibattute era quella cristologica, dal momento che l’ermeneutica cristiana fondava su traduzioni a volte scorrette di
brani dell’Antico Testamento la prefigurazione della venuta di Cristo
nelle Scritture di Israele. Su questo argomento è interessante il brano
di Isaia ,:
MARMOCHINO:
«Mandate [Moabiti] l’agnello del dominator della terra».
«Mittite agnum dominatoris terrae».
PULGATA: «Emitte agnum dominatorem terrae».
BRUCIOLI: «Mandate l’agnello al dominatore de la terra».
PAGNINI:
La traduzione di Girolamo, concordando il termine “agnello” con “dominatore”, vede chiaramente in questo elemento la figura del Cristo sovrano,
a cui invece l’originale ebraico non lascia molto spazio. Lo stesso tema è
identificabile anche in Giobbe ,:
MARMOCHINO:
«Et io ho conosciuto il mio redentore vivo, & novissimo, il quale
si levera sopra la terra».
PAGNINI: «Et ego novi redemptorem meum vivum, & novissimum qui super
terram surget».
VULGATA: «Scio enim quod redemptor meus vivit, et in novissimo de terra surrecturus sum».
BRUCIOLI: «Et io so che il mio redentore è vivo, & ultimo che stara sopra la
terra».
La terza persona singolare del verbo in ebraico è resa in modo errato dalla
Vulgata con una prima persona singolare (“surrecturus sum”), supportando così da un punto di vista teologico la dottrina della resurrezione
del credente come conseguenza della resurrezione del redentore.
Allo stesso modo, nel versetto successivo, la Vulgata traduce «et in
carne mea videbo Deum meum», mentre Pagnini «& de carne mea videbo deum», versione riprodotta da Marmochino («della carne mia vedrò
Iddio») e Brucioli («& da la carne mia considero Iddio»).
Consideriamo ancora nel brano di Isaia , la scelta di tradurre, in
accordo con le versioni ebraiche, il termine ye‰u‘ah con salus (“salute”,
“salvezza”) e non con salvator, come invece aveva deciso di fare Girolamo, richiamando chiaramente così la figura di Gesù Cristo salvatore
degli uomini:
MARMOCHINO:
«Ecco Iddio salute mia confidero, & non temero, perché la mia

ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
fortezza e la mia laude [è] il Signore, & fu a me salute».
PAGNINI: «Ecce Deus salus mea, confidam, & non pavebo, quia fortitudo mea,
& laus mea dominus, & fuit mihi salus».
VULGATA: «Ecce Deus salvator meus, fiducialiter agam et non timebo, quia fortitudo mea et laus mea Dominus, et factus est mihi in salutem».
La traduzione del versetto  del Salmo  propone il problema dell’adorazione e dell’idolatria, uno dei temi centrali nel dibattito religioso del
XVI secolo:
MARMOCHINO:
«& abbassatevi allo scabello de piedi di quello, che è santo».
«Et incurvate vos scabello pedum eius, quod sanctum est».
VULGATA: «et adorate scabillum pedum ejus, quoniam sanctum est».
BRUCIOLI: «& adorate lo sgabello de suoi piedi, esso è santo».
PAGNINI:
Contrariamente alla Vulgata, che interpreta il significato primo del verbo
(“incurvarsi”, “piegarsi”) traducendolo adorate, il Pagnini rispetta l’originale (incurvate), escludendo a priori qualsiasi forma di culto estraneo
a quello di Dio. Pagnini e Marmochino eliminano con una proposizione
relativa il rapporto di causa-effetto legato all’adorazione dello sgabello,
presente invece nella Vulgata, usata sorprendentemente dal Brucioli
come modello.
Un altro tema molto dibattuto era l’interpretazione della figura di
Maria, madre di Gesù, e il richiamo che si faceva, sulla base di alcune
traduzioni cristiane, della sua figura nell’Antico Testamento come troviamo nel testo di Isaia ,:
MARMOCHINO:
«Ecco la vergine che è gravida, & che partorisce il figliuolo, e
chiamera il nome di quello Hemanuel».
PAGNINI: «Ecce virgo pregnans, & pariens filium, & vocabit nomen eius Himmanuel».
VULGATA: «Ecce virgo concipiet et pariet filium, et vocabitis nomen eis Emmanuel».
BRUCIOLI: «Ecco una vergine, ingravidata, et partorira un figliuolo, et chiamera
il nome di quello Himmanuel».
Per il vocabolo ‘alemah (letteralmente “fanciulla” o “giovane”) tutte le
versioni cristiane, comprese quelle di Lutero e più tardi del Diodati,
scelsero il significato di “vergine”, con le ovvie implicazioni teologiche
che questo tipo di traduzione portava con sé. Oltre a ciò, molti traducevano il participio del verbo “essere ingravidata” al futuro (“concepirà”),
favorendo l’interpretazione del versetto come una profezia della nascita
di Gesù. Pagnini e Marmochino, in quest’ultimo caso, non si adeguano
all’errore rendendo correttamente il significato attributivo del verbo

LISA SARACCO
(“pariens filium / che partorisce”) mentre il Brucioli segue anche questa
volta la Vulgata (“pariet / partorirà”).
Ma la questione mariologica si proponeva con forza soprattutto in
Genesi ,. La Vulgata, traducendo il pronome maschile (concordato con
il termine progenie che in ebraico è di genere maschile) al femminile, fece
sì che questo brano fosse utilizzato dai teologi cattolici per affermare che
la vittoria ultima sul male non era da attribuirsi al genere della donna,
ma alla donna stessa e quindi a Maria:
MARMOCHINO:
«Et porrò inimicitia intra te, & la donna, & intra il seme tuo, &
intra il seme di quella, spezzeratti essa il capo, & tu gli spezzarai il calcagno».
PAGNINI: «Et inimicitias ponam inter te, & inter mulierem, et inter semen tuum,
et inter semen eius, ipsum conteret tibi caput, et tu conteres ei calcaneum».
VULGATA: «Inimicitias ponam inter te et mulierem, et semen tuum et semen illius;
ipsa conteret caput tuum, et tu insidiaberis calcaneo eius».
BRUCIOLI: «Et porro inimicitie fra te & la donna, & fra il seme tuo, & il seme suo.
Esso ti percoterà il capo. Et tu gli percoterai il calcagno».
Questa eccezione nella traduzione del Marmochino rispetto al Pagnini
non trova delle spiegazioni plausibili, se confrontata con le scelte analizzate finora. Le ipotesi possibili sono due: o Santi Marmochino voleva
proporre una traduzione ortodossa, ma allora non si spiega il perché abbia
seguito le orme del confratello su passi altrettanto controversi, oppure
voleva dare alla sua versione un’aria di correttezza dottrinale, in luoghi
universalmente conosciuti e dibattuti. Naturalmente non è possibile definire quali fossero le sue intenzioni reali. Tentativo di dissimulazione o reale
volontà di eliminare alcuni punti che rendevano scomoda la traduzione
latina del Pagnini? Forse entrambi gli atteggiamenti fanno parte di una
medesima strategia, che sembra caratterizzare anche l’eretico Brucioli.
.. Le suggestioni di Erasmo da Rotterdam e Lorenzo Valla
nella traduzione del Nuovo Testamento
L’esame della traduzione del Nuovo Testamento non risulta essere meno
interessante nonostante qui le scelte dei traduttori italiani si sovrappongano con maggiore facilità. La versione del Marmochino sembra essere
un rifacimento di quella di Zaccheria da Firenze pubblicata nel , a
sua volta molto simile a quella del Brucioli, nonostante alcune ritoccature
stilistiche.
La dipendenza indiretta dal testo del Brucioli, tramite quello dello
Zaccheria, rivela un aspetto sul quale riflettere: una tale operazione poteva
forse essere pianificata da persone che consideravano Brucioli un eretico,
indegno di tradurre la Bibbia? E, in ogni caso, dei detentori dell’ortodos-

ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
sia che lanciavano accuse di luteranesimo al Brucioli avrebbero potuto
riprodurre la sua traduzione così fedelmente? L’innegabile rapporto del
testo di Marmochino-Zaccheria con quello del Brucioli non è che un
elemento da prendere in considerazione. Come per l’Antico Testamento,
l’influenza della traduzione del Pagnini si fa sentire con una certa forza.
Entrambe le versioni, sia quella del Marmochino che quella del Brucioli,
le sono debitrici in più punti.
Ad esempio, la traduzione della parola greca musterion proposta
dalla Vulgata (sacramentum, termine prestato dal linguaggio del mondo
militare latino che stava a indicare il giuramento del soldato) causò grandi incomprensioni del testo greco. Il caso più noto è quello di Efesini
, -, sulla cui traduzione la Chiesa cattolica fondava la dottrina del
sacramento del matrimonio, suscitando le polemiche di Lorenzo Valla
prima e di Erasmo poi. In particolare ciò che qui interessa è la traduzione del versetto , che vede le versioni in volgare italiano uniformarsi ai
consigli dei due umanisti:
TESTO GRECO:
«to musterion touto mega estin».
«Sacramentum hoc magnum est».
MARMOCHINO E BRUCIOLI: «Questo è gran misterio».
PAGNINI: «Mysterium hoc magnum».
VULGATA:
Lo stesso vale per kharisma, vocabolo che si trova unicamente nelle lettere di Paolo ai Romani e ai Corinzi e nelle lettere pastorali; il kharisma è
il dono, il beneficio di Dio, è l’effetto della kharis, ovvero della grazia. La
Vulgata rende questo termine con gratia, identificando a livello semantico
due concetti diversi, poiché uno causa e uno effetto e annullandone le
specifiche caratteristiche teologiche con ripercussioni più profonde (si
favoriva così l’eliminazione del concetto dei doni dello Spirito Santo,
elargiti liberamente a tutti i membri della comunità e non privilegio di
pochi). La scelta di Marmochino e Brucioli è sempre quella di tradurre
con “dono” e non con “gratia”, seguendo ancora Pagnini, come si può
constatare nella traduzione di Romani ,:
TESTO GRECO:
«kharisma umin pneumatikon».
«gratiae spiritualis».
MARMOCHINO E BRUCIOLI: «dono spirituale».
PAGNINI: «donum nobis spirituale».
VULGATA:
Anche quando vi è la presenza simultanea di entrambi i termini in un
medesimo periodo, la Vulgata non si preoccupa di diversificare i concetti, traducendo con gratia sia kharisma che kharis, come nel caso di I
Pietro ,:

LISA SARACCO
TESTO GRECO:
«ekastos pathos elaben kharisma, eis eautois auto diakonountes,
os kaloi oikonomoi kharitos theou».
VULGATA: «Unusquisque, sicut accepit gratiam, in alterutrum illam administrantes,
sicut boni dispensatores multiformis gratiae Dei».
BRUCIOLI E MARMOCHINO: «Nel modo che ciascuno ha ricevuto il dono, cosi ministrando l’uno à l’altro, senza mormorii, come buoni dispensatori della varia
gratia d’Iddio».
PAGNINI: «Ut quisque accaepit donum, ita aliys in alium illud ministrantes ut boni
dispensatores variae gratiae Dei».
La versione latina del Pagnini da una parte, quella di Brucioli e dei domenicani dall’altra dovettero molto agli studi di Lorenzo Valla sul Nuovo
Testamento e alle correzioni da lui proposte alla Vulgata. Le critiche
del Valla concernevano sia la sfera puramente filologica del testo, sia le
derive teologiche a cui poteva portare una traduzione scorretta.
Il primo esempio di questa influenza lo si può incontrare nella traduzione di I Corinzi ,, il brano in cui Paolo narra l’ultima cena di Gesù:
qui Valla contesta la traduzione della Vulgata del verbo eukharistesas
(“gracias agens”), consigliando invece un “cum gracias egisset” al fine di
mantenere il valore del participio passato greco. Valla corregge anche la
traduzione del verbo eklasen (spezzare, rompere) reso male con traditur.
Pagnini, Brucioli e Marmochino si attengono a questi suggerimenti:
TESTO GRECO:
«Kai eukharistesas eklasen kai eipen touto mou estin to soma to
uper umon touto poieite eis ten emen anamnesin».
VULGATA: «Accepit panem et gracias agens fregit et dixit: accipite et manducate,
hoc est corpus meum quod pro vobis tradetur».
PAGNINI: «Accaepit panem et postquam gratias egisset, fregit, ac dixit: Accipite,
edite: Hoc meum est corpus, quo pro vobis frangitur: hoc facite in mei commemorationem».
BRUCIOLI E MARMOCHINO: «Prese il pane & avendo rendute le gratie, lo spezzò &
disse. Pigliate & Mangiate, questo è il mio corpo che per voi è spezzato. Fate
questo in mia commemoratione».
Più densa di significati teologici è la traduzione di Ebrei ,-. Qui
la Vulgata rende il greco paideia con disciplina, scelta che Valla rifiuta,
ricordando il vero significato del termine. La centralità della disciplina
nello sviluppo della dottrina cristiana rafforzava l’idea della salvezza
per opere e introduceva il concetto di un Dio che desidera dai suoi figli
la disciplina per amarli. Al contrario, sia il Marmochino sia il Brucioli
utilizzano nelle loro versioni il termine “corretione”, aderendo ancora
al modello del Pagnini (correptionem). Le critiche del Valla si erano
concentrate anche sull’aggettivo nothoi, riferito ai figli, tradotto nella
Vulgata con adulterini, poiché il vero significato è “illegittimi”, colto

ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
sia da Marmochino che da Brucioli che utilizzano il termine “bastardi”.
Tommaso d’Aquino, nel commentare questo brano, sottolineava infatti il
ruolo fondamentale della Chiesa nel gestire la disciplina; tutti coloro che
si allontanano da essa sono i figli “adulterini” dello spirito del diavolo o
del mondo: «Filius autem proprie dicitur, qui est ex legitimo patre. Mater
nostra est ecclesia, cuius sponsus est ipse Deus. Os. II,  Sponsabo te
mihi in fide. Adulter enim est diabolus et mundus. Qui ergo nati sunt ex
spiritu diaboli, vel mundi, sunt filii adulterini».
Ma esistono anche alcune eccezioni alla linea adottata nella traduzione, sia dal Marmochino che dal Brucioli, come nel caso del brano
del Vangelo di Luca dell’annunciazione (, -) riguardo al quale si era
acceso un grande dibattito dal momento che Valla, nelle Adnotationes
in Novum Testamentum, aveva attaccato la versione della Vulgata del
saluto dell’angelo: «Ave gratia plena». Egli confutava totalmente questa
traduzione, fuorviante nei confronti dell’originale greco («Khaire kekharitomene; o Kurios meta sou») poiché letteralmente l’attributo dato a
Maria dall’angelo significa “favorita dalla grazia”, e non “piena di grazia”.
L’uso di questo aggettivo aveva portato a sostenere che Maria, essendo
piena di grazia, avrebbe potuto anche dispensarla ai fedeli. Ecco come
commenta il Valla le scelte di Girolamo: «Ave gratia plena. Non magis est
ave graecequam salve Khaire cuius significatio est quae gaude, nec duo
verba sunt graece plena gratia: sed unum quod si kekharitomene verbum
transferat e verbo diceretur gratificata quae videlicet in gratiam recepta
est». Le medesime critiche vengono da lui mosse nella Collatio Novi
Testamenti.Il latino del Pagnini conferma qui la sua aderenza con il testo
originale greco, mentre sia Brucioli che Marmochino se ne allontanano,
non tenendo in considerazione i suggerimenti valliani:
MARMOCHINO:
«Et entrato l’angelo a quella disse. Iddio ti salvi piena di gratia, il
Signore con esso teco: benedetta tu fra le donne».
BRUCIOLI: «Iddio ti salvi piena di gratia, il Signore con esso teco: benedetta tu
fra le donne».
PAGNINI: «Ave gratia affecta, dominus tecum: benedicta tu inter mulieres».
VULGATA: «Have gratia plena Dominus tecum benedicta tu inter mulieribus».
Il confronto mette in evidenza in modo sconcertante l’adesione del
Brucioli a un tipo di traduzione aborrita dai riformatori e dagli umanisti
in tutta Europa, così come nel caso della traduzione del brano di Galati
,:
MARMOCHINO:
«Sapendo che l’homo non si giustifica dalle opere della legge, ma
solo per la fede di Giesù Cristo».
BRUCIOLI: «Sapendo che l’homo non si giustifica dalle opere della legge, se non

LISA SARACCO
per la fede di Giesù Cristo».
VULGATA: «Scientes autem quod non iustificatur homo ex operibus legis, nisi per
fidem Iesu Christi».
La traduzione scelta dal Marmochino, attraverso l’introduzione della
congiunzione avversativa, implica direttamente un richiamo alla dottrina
della giustificazione per fede (questa traduzione sarebbe stata scelta anche
dall’Anonimo della Speranza, da Massimo Teofilo e dalle traduzioni
ginevrine) mentre Brucioli si accontenta di seguire la Vulgata, secondo
la quale «le opere della legge» sono in qualche modo utili per la salvezza
dell’uomo.

Conclusione
Come è emerso dai confronti fatti, la versione biblica di Santi Marmochino presenta molti aspetti eterodossi sia per quanto riguarda gli apparati
extrabiblici, sia per quanto riguarda la traduzione del testo. Spesso la
comparazione con il volgarizzamento del Brucioli ha evidenziato una
maggiore fedeltà del domenicano all’originale ebraico, senza dubbio
dovuta alla stretta parentela con la Bibbia latina di Santi Pagnini.
I nuovi esiti della ricerca sulle vicende biografiche del frate, affiancati
ai risultati dell’analisi della traduzione biblica, hanno ampliato le prospettive attraverso le quali tentare di definire le intenzioni che portarono
il domenicano a tradurre le Scritture in volgare italiano. L’appartenenza
del Marmochino al movimento savonaroliano va valorizzata soprattutto
per l’interesse verso lo studio, la diffusione e la predicazione del testo
biblico in tempi già sospetti (le note laterali al testo biblico testimoniano
fortemente delle sue convinzioni in questo campo, come in quello politico
ed ecclesiologico), così come il rapporto personale con Santi Pagnini e
l’appartenenza al medesimo ambiente religioso e culturale costituiscono
prove per affermare la chiara volontà del frate di San Cassiano di fornire
a un pubblico più vasto la traduzione latina del confratello, con tutte le
conseguenze che ciò avrebbe comportato. Non è un caso, infatti, che
questa versione latina fosse ampiamente utilizzata negli ambienti riformati
ed eterodossi di tutta Europa per la correttezza filologica. In fin dei conti
è ciò che il Marmochino stesso afferma nella lettera dedicatoria della
Bibbia indirizzata al vescovo di Rodez George d’Armagnac, ambasciatore
a Venezia del re di Francia: «Non si maravigli V. S. R. se aviam trasferito
in lingua materna la prima opera nostra, perché aviam previsto il primo
tratto al commune desiderio di molte persone che m’hanno richiesto così,
e perché la maggior parte della Italia non hanno la lingua latina, è miparso
proveder prima a quelli transferendo la Bibia in lingua toscana».

ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
Note
. La Bibbia [in rosso] Nuovamente tradotta dalla Hebraica verita in lingua thoscana
per maestro Santi Marmochino Fiorentino dell’ordine de predicatori della provincia Romana,
Colle chroniche de tempi della scrittura, Coll’auttorita degli historiographi gentili, Con alcune
espositioni, & punti pertinenti al testo, Co nomi hebrei posti in margine come si harebbono
a pronuntiare. Co sommarij a ogni capitolo. Con tre ordeni di tavole Et molte altre cose utilissime, & degne di memoria, come nella sequente epistola vederai. Aggiuntovi il terzo libro
de Machabei non piu tradotto in volgare. [lo’– jamu‰ sefer hattora hazzeh mippika («non
s’allontani questo libro della Legge dalla bocca tua», Giosuè , N.d.A.)] Non si partira il
libro di questa legge dalla bocca tua. Con privilegio dell’Inclyto Senato Veneto, che altri non
possi questa traslatione stampare, ne altrove vedere stampata qui vendere per anni .x. sotto
le pene in quello contenute. IN VINEGIA MDXXXVIII, Eredi di Luc’Antonio Giunta, Venezia
. Su questa edizione cfr. T. H. Darlow, H. F. Moule, Historical Catalogue of the printed
editions of Holy Scripture of the British and Foreign Society, London -, vol. , pp. -,
n. ; P. Camerini, Gli Annali dei Giunti, Sansoni Antiquariato, Venezia-Firenze, ,
p. ; Bibbie a Bergamo. Edizioni dal XVI al XVII secolo, Centro culturale S. Bartolomeo,
 gennaio- febbraio , a cura di G. O. Bravi, prefazione e consulenza di C. Buzzetti,
Comune di Bergamo, Bergamo , p. , n. ; A. J. Schutte, Printed italian vernacular
books -. A finding list, Droz, Genève , p. ; Istituto Centrale per il Catalogo
Unico (ICCU), Bibbia. Catalogo di edizioni a stampa -, Roma , p. ; La Bibbia
a stampa da Gutemberg a Bodoni, a cura di I. Zatelli, Centro Di, Firenze , pp. -.
. Le ristampe della traduzione del Malerbi videro la luce rispettivamente nel ,
nel  e nel . Sui Giunti editori di Bibbie nel XVI secolo cfr. Camerini, Annali dei
Giunti, cit.; U. Rozzo, Linee per una storia dell’editoria religiosa in Italia (-), Arti
grafiche friulane, Udine ; E. Barbieri, Le Bibbie italiane del Quattrocento e del Cinquecento. Storia e bibliografia ragionata delle edizioni in lingua italiana dal  al , 
voll., Editrice bibliografica, Milano .
. La Biblia quale contiene i sacri libri del vecchio testamento tradotti nuovamente dalla
ebraica verita in lingua toscana per Antonio Brucioli. Co divini libri del Nuovo testamento
di Cristo Giesu Signore e salvatore nostro tradotti di Greco pel medesimo, Luc’Antonio
Giunta, Venezia .
. Il Nuovo Testamento tradotto in lingua toscana nuovamente corretto dal r. Padre
frate Zaccheria da Firenze de l’ordine de predicatori. Con la tavola la quale si posson trovare
l’Epistole e gli Evangelii che per tutto l’anno si dicono nelle messe, Luc’Antonio Giunta,
in Venetia .
. Cfr. Barbieri, Le Bibbie italiane, cit., pp. -, e C. Papini, Lorenzo Lotto filo-riformato?, in appendice a S. Caponetto, La Riforma Protestante nell’Italia del Cinquecento,
Claudiana, Torino , pp. -.
. Veteris et Novi Testamenti nova traslatio per Sanctem Pagninum nuper edita approbante Clemente VII, Lugduni per Antonium Du Ry calcographum diligentissimum impensis
Francisci Turchi et Dominici Berti civium lucensium, et Jacobi de Giuntis bibliopolae civis
fiorentini. Anno Domini  () die vero  Januarii.
. La prima a formulare questa tesi è stata Anna Morisi Guerra, la quale ha presentato
un’analisi particolareggiata degli apparati pubblicati all’interno della Bibbia di Marmochino, evidenziando la dipendenza di questi sussidi per la lettura (e, nello specifico, dei
sommari dei singoli capitoli dei libri dell’Antico Testamento e dell’indice degli argomenti)
da Bibbie sospette di eresia e condannate ripetutamente a causa di quegli stessi indici; cfr.
A. Morisi Guerra, Di alcune edizioni veneziane della Bibbia nella prima metà del ’, in
“Clio”,  (), pp. -. Anche Andrea Del Col ha ribadito la medesima posizione nel
saggio Appunti per una indagine sulle traduzioni in volgare della Bibbia nel ’ italiano, in
Libri, idee e sentimenti religiosi nel Cinquecento italiano, Istituto di studi rinascimentali,

LISA SARACCO
Panini, Ferrara-Modena , p. - seguito dai recenti studi di G. Fragnito, La Bibbia
al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (-), il Mulino,
Bologna , pp. -; Ead., Il ritorno al latino, ovvero la fine dei volgarizzamenti biblici,
in L. Leonardi (a cura di), La Bibbia in Italia tra Medioevo e Rinascimento, Sismel, Edizioni
del Galluzzo, Firenze , pp. -.
. Michael Pocciantius, Catalogus scriptorum florentinorum omnis generis, Florentiae
apud Philippum Iunctam , p. ; R. Badius, Constitutiones et decreta sacra Florentina
universitatis theologorum, Florentiae apud Vincentius Vangelisti, , p. ; A. Possevino,
Apparatus Sacer, Venezia , III, p. ; Ambrogio Altamura, Bibliotheca Dominicana,
incrementum ac prosecutio ad illustrissimum ac Reverendissimum fr. Io. Thomam de
Roccaberti, Typis, & Sumptibus Nicolai Angeli Tinassij, Romae , pp. , ; J.
Quetif, J. Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum, Ballard, Paris -, vol. II, p. ;
G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Pomatelli, Ferrara , p. . In questi testi
il Marmochino viene presentato come grande erudito e conoscitore della Bibbia, della
teologia, della matematica e della storia.
. Atti del notaio Gasparo Ottinelli, - luglio , vol. , ff. v-r, in E.
Veronese Cesaracciu, Aggiunte agli “Acta Graduum Acadaemicorum (-)”. Dagli atti
del notaio Gasparo Ottinelli. Schede d’archivio, in “Quaderni per la storia dell’Università
di Padova”, , .
. Firenze, Biblioteca del Seminario maggiore, Registrum seu memoriale Facultatis
theologicae Florentinae (ab. a.)  ad , pubblicato a cura di Celestino Piana nel suo
saggio La Facoltà teologica di Firenze nel Quattro e Cinquecento, Editiones Collegii Bonaventurae, Grottaferrata , pp. -. Nell’atto riguardante l’anno  si legge la
delibera di ammissione di Santi Marmochino da S. Cassiano presso la Facoltà di teologia
fiorentina: «Notificamus omnibus qui has legerint qualiter die  octobris  fuit incorporatus in nostra alma universitate Florentina rev. p. mag. Sanctes de S. Cassiano ord.
Praedicatorum S. Marci de Florentia, et acceptatus fuit ab omnibus, nemine discrepante;
et fecit debitum omnibus magistris nostrae universitatis secundum consuetudinem», pp.
-. Sante da S. Cassiano è citato in qualità di decano della Facoltà fino al , quando
è sostituito da Mariotto Angeli Romei Bellevanti. Egli appare l’ultima volta il  ottobre del
, al momento dell’elezione al decanato di Liberio Bernardi de Brandolini dell’ordine
domenicano. Il suo nome è presente anche all’interno di un altro documento, l’Elenchus
magistrorum aulatorum et incorporatorum, nella parte riguardante i frati domenicani entrati
all’interno della facoltà di teologia: “rev. mag. Sanctes a S. Cassiano incorporatus in nostra
alma Universitate die  Octobris  sub decanatu magister Raphaelis ord. Servorum”,
Firenze, Biblioteca nazionale centrale, cod. II, II, , Elenchus Magistrorum aulatorum
et incorporatorum. In istis sex chartis signatis A scribantur nomina rev. magistrorum sacri
Ordinis Praedicatorum, ff. r-v, descritto in Piana, La Facoltà teologica di Firenze, cit.,
p.  e pubblicato dal medesimo alle pp. -. Il riferimento al Marmochino si trova
a p. .
. Cfr. L. Polizzotto, The elect nation. The Savonarolan movement in Florence (), Clarendon Press, Oxford , p. .
. Questi documenti sono stati studiati da Armando Verde, nel tentativo di ricostruire la comunità di S. Marco dopo le predicazioni e la morte di Savonarola. Cfr. A. F.
Verde O. P., La congregazione di S. Marco dell’Ordine dei Frati Predicatori, in “Memorie
Domenicane”, n. s., , , pp. -.
. Fiesole, Archivio del Convento di S. Domenico, Chronica quadripartita Conventus
S. Dominici de Fesulis, f. r, in Verde, La Congregazione di S. Marco, cit., p. .
. P. Simoncelli, GiovanMaria de’ Tolosani O. P.: -. Umanesimo, Riforma e
teologia controversista, in “Memorie Domenicane”, n. s. , , pp. -; S. I. Camporeale, G. M. Tolosani O. P. e la teologia antiumanistica agli inizi della Riforma: l’opusculum
antivalliano “De Constantini donatione”, in Xenia Medii Aevi historiam illustrantia. Oblata
Thomae Kaeppeli, Edizioni di Storia e letteratura, Roma , pp. -.

ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
. Roma, S. Sabina all’Aventino, Archivio Generale dell’Ordine dei Predicatori
(AGOP), IV, , Registrum litterarum et actorum Procuratorum et Vicariorum Gentile O. P.
) fr. Vincentius Maynardi a S. Geminiano ) fr. Pauli de Butigella ) fr. Johannis de Senario
pro anni -, f. v: «Fratri Zenobio Pierio priori S. Marci et fratri Iohanni Mariae de
Colle committitur examinet unum quoddam opusculum compositum a fratre Sancte de
Sancto Cassiano De exacta et festis mobilibus et huiusmodi, quorum conscientia oneratur
et si dignum impressione iudicant conceditur facultas imprimendi dicto fratri Sancti servatis de iure servandis». Il testo del documento è stato pubblicato da A. F. Verde, Note sul
movimento savonaroliano, in “Memorie Domenicane”, n. s., , , p. .
. È noto l’interesse che già il Savonarola e molti dei suoi seguaci nutrivano nei confronti dello studio dell’ebraico, promosso dal frate ferrarese attraverso l’istituzione di un
collegium trilingue presso il convento di S. Marco. Da notare anche la presenza presso il
convento di Fiesole di testi in ebraico, come il codice biblico miniato dal Beato Angelico.
Gli stessi Pico della Mirandola e Giannozzo Manetti avevano favorito la produzione di
codici in lingua ebraica. Cfr. E. Garin, L’Umanesimo italiano e la cultura ebraica, in Storia
d’Italia, Annali, XI, , Einaudi, Torino , pp. -; L. Mortara Ottolenghi, Figure e
immagini dal secolo XIII al secolo XIX, in Gli Ebrei in Italia. Storia d’Italia, Annali, XI, ,
Einaudi, Torino , pp. -; A. Morisi Guerra, Cultura ebraica ed esegesi biblica
cristiana tra Umanesimo e Riforma, in Ebrei e cristiani nell’Italia medievale e moderna:
conversioni, scambi, contrasti, Atti del VI Congresso dell’Associazione italiana per lo studio del Giudaismo, San Miniato - novembre , a cura di M. Luzzati, M. Olivari, A.
Veronese, Carucci, Roma , pp. -.
. Chronica Quadripartita Conventus S. Dominici de Fesulis, f. r, in Verde, La
Congregazione di S. Marco, cit., p. ; R. Creytens, Les actes capitulaires de la congregation toscano romaine O. P. (-), in “Archivum Fratrum Praedicatorum”, , ,
p. ; T. S. Centi, L’attività letteraria di Sante Pagnini (-) nel campo delle scienze
bibliche, in “Archivum Fratrum Praedicatorum”, XV, , pp. -; A. Morisi Guerra,
Incontri ebraico-cristiani. Il Salterio poliglotto di Santi Pagnini, in Itinerari ebraico cristiani,
Schena, Fasano , pp. -; Ead., Sancti Pagnini traducteur de la Bible, in I. Backus, F.
Higman (éds.), Théorie et pratique de l’éxègese . Actes de troisième colloque international
sur l’histoire de l’éxègese biblique au XVIe siècle (Genève  août- septembre ), Droz,
Genève , pp. -.
. Edoardo Barbieri afferma che Marmochino «fu certo lontano, anche nel campo
strettamente biblico, dal confratello Pagnini, alla cui traduzione latina sembra comunque rifarsi costantemente nella sua talvolta corposa revisione del testo approntato dal
Brucioli». Cfr. Barbieri, Le Bibbie italiane del ’ e del ’, cit., pp. -. La tesi della
“lontananza” è stata riproposta da Margherita Morreale, la quale sostiene che «il Pagnini
era stato l’involontario cireneo di un Brucioli, un Marmochino, un Juan de Valdés, e lo
era e lo sarà di tanti traduttori d’oltralpe, che affermano di tradurre l’Antico Testamento
“dall’ebraico”»; cfr. M. Morreale, La “Bibbia di Ferrara” a  anni dalla sua pubblicazione,
Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, a. CCCXCI, , Classe di scienze morali, storiche
e filologiche, Memorie, serie IX, vol. IV, fasc. , p. .
. Firenze, Archivio di Stato, Registro di lettere della signoria, CL, X dist. I, n. , c.
, cit. da A. Gherardi, Nuovi documenti e studi intorno a Girolamo Savonarola, Firenze,
Sansoni  pp. -; Archivio del comune di Prato, Diurno del cancelliere ser Quirico
Baldinucci a c.  t., in Gherardi, Nuovi documenti, cit., pp. -.
. Il nome del Marmochino compare fra quelli dei votanti nelle liste dei capitoli del
convento lucchese del .IX., del .IX. (in queste due liste appare anche il Pagnini),
del .IV., del .IX., del .II., del .IV., e, infine, del .VI.. Sull’argomento
cfr. A. F. Verde, D. Corsi, La Cronaca del Convento di S. Romano in Lucca, in “Memorie
Domenicane”, n. s., , , pp. , -, , , ; più in generale S. Adorni Braccesi,
La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa del ’, Olschki, Firenze ; Ead., S. Romano
in Lucca fra Riforma e Controriforma. Una ricerca in corso in G. C. Garfagnini (a cura di),

LISA SARACCO
Savonarola e la politica, Sismel, Firenze , pp. -.
. «Il Padre frate Sancti de Sancto Cassiano, huomo ferventissimo, ansi tutto fuoco
di Dio, benigno e pieno di charità el quale cominciando a predicare et confessare, trovando la terra dei cori bene disposta a ricevere in sè l’acqua della dolcezza di Dio, avida
et sitibunda come quelle le cui mente pareano essere state tanto senza cultivatore et
accenditore del fuoco di Christo, tanto fructo fece, tanta mutatione che pareano le suore
trasmutate in altre. [...] Sappiate carissime che il monastero di San Nicolao sembrava il
paradiso terrestre et le suore angeli et non creature umane. Se andavi in chiesa la trovavi
piena di oranti, se andavi in dormitorio sentivi devoti pianti, se al lavoro sancte lectioni
con dolci parlar di Jesù et religiosi canti; ora vedevi quella che ogni minima cosa sua si
levava per Christo onde il prefato Padre vendè molte superfluità in argenti et drappi che
le suore tenevano per le celle sotto spetie di devotione et il prezzo delle qual cose egli le
convertiva o in utilità del loro monasterio, o in pie elemosine. Lassavano le suore li panni
buoni et pigliavano li tristi, era sommo studio tra le suore di sancte devotioni, confessione
et mortificatione. Così quella Sancta quadrigesima ogni mattina celebrata la devota messa
immediate seguitava la predica, nella quale tante erano le lacrime et singulti delle infervorate
et devote suore che quasi impedivano lo audito della predica. Et durò tutto quello anno
in ogni festività le prediche et sancti incitamenti per modo tale che non pareva più luogo
di suore ma di angeli. [...] Poichè predette venerande Madre veddano esere defraudate
d’ogni auxilio terreno et private etiam della gran consolatione del padre fra Sancti da S.
Cassiano, el quale fu loro levato l’anno MDXVIII fatta la comunione della Purificatione il
dì  di febraio, rimasero piene di mestitia et vedendosi al tutto fuor di speranza d’avere
l’ordine da loro tanto bramato duplicavano l’oratione et psalterii con le braccia in croce
pregando la divina bontà che se il lor desiderio era buono, come alloro parea, che lo volessi
favorire, quanto che no, che lo impedissi di nuovo, perchè le contradictioni che haveano
havute pensavano che lui l’avessi tentate per vedere com’eran forte a sopportare». Lucca,
Archivio Arcivescovile, ms. , Cronaca di S. Georgio, ff. v-r, in M. Coli, La grande
et animosa impresa de Sancto Georgio. Come e perché il monastero di S. Giorgio di Lucca
nacque e crebbe savonaroliano, in “Memorie Domenicane”, n. s., , , p. .
. Oracolo di rinnovatione della Chiesa secondo la dotrina del R. PF. Hieronimo Savonarola de Ferrara dell’ordine dei predicatori, per lui predicata in Firenze, Pietro Nicolini
da Sabbio, Venezia . L’opera fu stampata nuovamente nel  da Bernardino Bindoni
e nel , al segno del Pozzo, da Andrea Arrivabene. Sulla figura di Luca Bettini cfr.
la voce curata da C. Vasoli, Luca Bettini, in Dizionario Biografico degli italiani, Istituto
dell’Enciclopedia italiana, IX, Roma , pp. -; A. Giorgetti, Frà Luca Bettini e la sua
difesa del Savonarola, in “Archivio Storico Italiano”, LXXVII (), , pp. -.
. «Lucae Bettini liber inscriptus Oracolo della renovatione della chiesa», cfr. Index
des livres interdits, VIII, Index de Rome , , . Les premiers index romains et l’index
du Concile de Trente, par J. M. De Bujanda, Centre d’Études de la Renaissance, Éditions
de l’Université de Sherbrooke, Droz, Genève , pp. -.
. Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, ms. latini , classe III (), Lucae
Bettini, Oraculum renovationis Ecclesiae iuxta doctrinam Florentiae praedicatam a fr. Hieronymo Savonarola ordinis praedicatorum a fratre Iohanne Francisco Benivienio eiusdem
ordinis latine redditum. Libri quinque in collationes, hae in partes distributi. Praeit tabula
librorum et collationum ac partium, ff. -, nec non tabula secunda (rerum) in Oraculum
renovationis ecclesiae edita a fratre Sancte De S.Cassiano, ff. -, sub cuius fine epigramma
legitur fratris Iohannis Benivieni de Hieronymo ferrariense.
. Santi da San Cassiano risulta fra coloro, tutti anonimi tranne lui, che Teodoro
ingannò: Processo di Don Theodoro monacho che si faceva chiamare papa angelico [Firenze
], ff. v-v. Il testo del processo è stato pubblicato interamente a cura di A. Prosperi,
Il monacoTeodoro: note su un processo fiorentino del , in “Critica Storica”, , pp.
-.
. R. Ridolfi, Le lettere di G. Savonarola. Nuovi contenuti con un’appendice sulla

ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
questione dello Pseudo Burlamacchi e sulla Vita latina, Olschki, Firenze , pp. -.
. Su questi aspetti si veda J. Benavent, El Tratado de milagros de fra Gerolamo Savonarola. El Codice de Valencia y la traduccion manuscripta, in “Memorie Domenicane”, n.
s., , , pp. -, e P. Villari, La storia di Girolamo Savonarola e de’ suoi tempi,  voll.,
nuova edizione, Le Monnier, Firenze , appendice al vol. I, documento VI, p. XXII.
. Il nunzio pontificio Girolamo Aleandro scriveva a Roma interpretando così queste
preoccupazioni sulla diffusione della pratica della lettura della Bibbia tra il popolo. Cfr.
F. Gaeta (a cura di), Nunziature di Venezia, Istituto storico italiano per l’età moderna e
contemporanea, Roma , vol. I, p. .
. Archivio di Stato di Venezia, Ospedali e luoghi pii, b. . Cfr. G. Ellero, Postel
e Venezia, in Guillaume Postel -. Actes du Colloque International d’Avranches -
septembre , Éditions de la Miasnie, Paris , pp. -.
. M. Firpo, Artisti, gioiellieri, eretici. Il mondo di Lorenzo Lotto tra Riforma e Controriforma, Laterza, Roma-Bari , p. .
. L’Ospedale dei Derelitti, istituito nel  da Girolamo Miani, futuro fondatore
dei somaschi, si caratterizzava per l’impostazione fondamentalmente laica, godendo
dell’immunità rispetto alla giurisdizione ecclesiastica; cfr. ancora Ellero, Postel e Venezia,
cit.; Id., S. Girolamo Miani e i somaschi all’ospedale dei derelitti, in S.Girolamo Miani e
Venezia. Nel V Centenario della nascita, IRE, Venezia , pp. -.
. Il frontespizio fu pubblicato per la prima volta dai Giunti nell’edizione del 
della Bibbia del Brucioli. In esso sono presenti «tutti i potenziali significati filoriformati
delle immagini, affidati alla loro struttura narrativa (la caduta, Mosè e l’antico patto,
Cristo e la libertà evangelica) e alcuni dettagli come l’assenza di san Pietro a fianco di san
Paolo che annuncia la parola e il messaggio della grazia [...]», cfr. Firpo, Artisti, gioiellieri, eretici, cit., p. . Il frontespizio fu utilizzato dai Giunti anche per il Veteris et Novi
Testamenti opus singolare di Giovan Maria Velmazio () e per la Vulgata aeditio veteris
ac novi Testamenti del frate benedettino Isidoro Chiari (), frutto di una revisione della
Vulgata che prendeva come riferimenti la versione dell’Antico Testamento di S. Münster
e del Nuovo Testamento di Erasmo. La versione del Chiari fu condannata nell’indice
romano del . Sul frontespizio attribuito al Lotto si veda anche U. Rozzo, Il rogo dei
libri. Appunti per una iconologia, in Libri e documenti, , , pp. -; G. Romano, La
Bibbia di Lotto, in “Paragone-Arte,” , nn. -, pp. -; F. Cortesi Bosco, A proposito del frontespizio di Lorenzo Lotto per la Bibbia di A. Brucioli, in “Bergomum”, ,
gen.-giu. ; M. Calì, La religione di Lorenzo Lotto, in Lorenzo Lotto. Atti del Convegno
internazionale di studi per il V centenario della nascita, Asolo, - settembre , a cura
di P. Zampetti, V. Sgarbi, Tipografia editrice trevigiana,Treviso , pp. -. Massimo
Firpo, nel I capitolo del suo già citato Artisti, gioiellieri, eretici, ha accuratamente riportato
il dibattito sorto sull’argomento.
. “Index bibliorum impressus Coloniae, in aedibus Quentellianis, anno XXIX»,
Index des livres interdits, II, Index de l’Université de Louvain , , , par J. M. De
Bujanda, Centre d’Études de la Renaissance, Éditions de l’Université de Sherbrooke,
Droz, Genève , pp. , .
. Troviamo la condanna della Bibbia del Quentel nella parte dell’indice dedicata
alla Sacra Scrittura: «Bibliorum index Coloniae impressus, in aedibus Quentellianis, »,
Index des livres interdits, VIII, Index de Rome , , , cit., p. . Nell’appendice
speciale furono vietate anche «Biblia omnia vulgari idiomate», con un pronunciamento
che per la prima volta veniva rivolto contro la stampa, il possesso e la lettura della Bibbia
in volgare; cfr. Fragnito, La Bibbia al rogo, cit., pp. -.
. «Bibliorum index, impressus Coloniae in aedibus Quentellianis», in Index des
livres interdits, V, Index de l’Inquisition Espagnole , , , par J. M. De Bujanda,
Centre d’Études de la Renaissance, Éditions de l’Université de Sherbrooke, Droz, Genève
, p. .
. «Bibliorum index, impressus Coloniae in aedibus Quentellianis», in Index des

LISA SARACCO
livres interdits, VI, Index de l’Inquisition Espagnole , , par J. M. De Bujanda, Centre
d’Études de la Renaissance, Éditions de l’Université de Sherbrooke, Droz, Genève ,
pp. -.
. Biblia integra, Veteris et Novi Testamenti non solum ad hebraicam veritatem, verumetiam ad vetustissimorum ac ementatissimorum utriusuqe linguae codicum fidem multo
quam antehac diligentius recognita, Coloniae (ex aedibus Quentelianis Christiano), . Di
questa edizione esiste un esemplare presso la Biblioteca della Facoltà Valdese di teologia
di Roma, non catalogata dall’ICCU.
. Si tratta della Biblia Sacra Utriusque Testamenti, diligenter recognita, emendata,
non paucis locis, quae corrupta erant, collatione hebraicorum voluminum restitutis. Item in
calce libri ex Athanasio fragmentum de libris utriusque Testamenti, pubblicata dall’editore
Jean Koberger a Norimberga nel  dietro domanda di Andreas Osiander. Nella breve
prefazione l’Osiander sottolinea che la traduzione è stata condotta più che sui manoscritti
della Vulgata sull’originale ebraico.
. Cfr. C. Eubel, Hierarchia Cattolica, Medii Aevii, Monasterii, , vol. III, p. .
. Si veda ancora Morisi Guerra, Di alcune edizioni veneziane, cit., pp. -.
. Oltre a elencare i capitoli , , ,  dell’Epistola ai Romani, nell’indice è citato il
capitolo  del Vangelo di Giovanni in cui si narra dell’incontro fra Gesù e Nicodemo e
soprattutto l’episodio di Galati  in cui Paolo riprende Pietro ad Antiochia a causa della
sua condotta nei confronti dei non circoncisi («e abbiamo anche noi creduto in Cristo
Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle
opere della legge nessuno sarà giustificato», Galati ,b. Per le citazioni bibliche in italiano
è stata utilizzata La Sacra Bibbia. Versione Nuova Riveduta, Società Biblica Britannica e
Forestiera, Roma ).
. «Così è della fede; se non ha opere è per sé stessa morta», Epistola di Giacomo,
,.
. Giobbe ,.
. Esodo  (i dieci comandamenti), Deuteronomio  (esortazione di Mosè a osservare
i Dieci Comandamenti [vv. -], Deuteronomio  (la Legge ripetuta e raccomandata),
Deuteronomio  (le parole della Legge scritte su pietre sul monte Ebal).
. Interessanti anche la menzione di I Corinzi  (la varietà dei doni spirituali nella
comunità cristiana), I Pietro  (dove si sottolinea l’universalità del sacerdozio cristiano)
ed Ebrei  (in cui il sacerdozio dell’antico patto è interpretato come segno del peccato, in
contrapposizione con quello unico e perfetto del Cristo).
. Si tratta dell’episodio dei Settanta Anziani, citato due volte nell’indice, che
rafforza la tesi per cui è lecito profetare a tutti, anche al di fuori dei luoghi prestabiliti
dall’autorità religiosa.
. La nota a Deuteronomio  introduce questo pensiero: «Nove sono le gratiae
gratis, cio e Sapientia, Fede, Discretione di spiriti, Interpretatione delle Scritture, le generationi delle lingue, la gratia della sanita, l’operatione della virtù. La prophetia secondo
s. Paulo».
. «Il dono della prophetia si da tanto alle donne quanto agli huomini tanto à liberi
quanto à servi, & la gran copia fu mandata il di dello Spirito santo in forma di lingue di
fuoco, perchè fussino abondanti di parole, & infocati».
. «Iddio non e accettato di persona, ma da le gratie sue à maschi & alle femine onde
dette il dono della prophetia ad holda ch’era donna nella casa della quale era l’arca».
. «Non c’è qui nè Giudeo nè Greco; non c’è nè schiavo nè libero; non c’è nè maschio
nè femmina; perchè voi tutti siete uno in Cristo Gesù», Galati ,.
. Cfr. la nota a Geremia  («Il fine de propheti è il più delle volte esser ammazzati
per l’amor di Dio, come vediamo in Isaiah & Ieremiah, & Hezechiel») e Amos  («Sempre
e cattivi sacerdoti furono nimici de propheti perche hanno paura che le prebende non manchino, come fanno è porcelli intorno al trouolo, che s’urtano l’un l’altro»). Naturalmente
questa interpretazione deriva dalla convinzione che i veri profeti, investiti dall’autorità di

ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
Dio, debbano condannare la corruzione della Chiesa e dei prelati a costo di essere puniti
loro stessi, come troviamo nella nota ad Ezechiele  («Il predicatore & il propheta, & lo
speculatore che sta in su la torre della contemplatione, debbe dir al popolo i suoi peccati,
altrimenti sara punito»).
. Questa posizione emerge ad esempio nella nota a III Esdra : «In ogni tempo manda
il re eterno predicatori & dottori significati per Esdra a riformare la sua santa chiesa che
purghino i popoli dalle moglie aliene che sono l’opere vitiose & illuminino & infiammano
il popolo con la sacra scrittura».
. Cfr. la nota a Geremia  («I pastori della santa chiesa sono denominati dal pascere, & non dal tosare ò mangiare, ò ammazzare, & pero debbon pascere colla pastura del
buono esempio della dottrina, & del sussidio temporale, delle intrate loro») e quelle poste
ai capitoli ,  e  del libro di Ezechiele («Gli eccelsi sono le dignita ecclesiastiche &
secolari, nelle quali si fano i profumi delle laude humane à gl’idoli de cattivi prelati che
sono sanza spirito & insensibili», «La causa delle tribulationi, & de flagelli della chiesa sono
e peccati che si commettono in quella come apparisce in questo capitolo figuratamente»,
«I pastori sono i prelati della chiesa che debbono sporre la propria vita per la salute delle
pecorelle & non cozzarle co corni dell’auttorita ma governarle con benignità»).
. Su questi argomenti cfr. le note a Proverbi  («La poverta fu sempre la sposa di
Christo & degli apostoli & degli huomini apostolici»), a Michea  («In questi tempi si
ramarica Michea, cio è gli huomini santi che non si trovano buoni in terra se non pochi,
desiderano i buoni le cose prematitie, cio è huomini che vivono come quegli della chiesa
primitiva, & non ne trovano»).
. Il primo ad affermarlo fu J. Le Long in Bibliotheca Sacra, sumptibus Gleditschii &
Weidmanni, Lipsiae , II, -, seguito da I. Carini, Le versioni della Bibbia in volgare
italiano, Sampierdarena ; H. Hurter, Nomenclator theologiae catholicae,  voll., Burt
Franklin, New York -, II, p. ; Minocchi, Italiennes (versions) de la Bible, in Dictionnaire de la Bible, publié par F. Vigoroux, III, Letouzey et Ane, Paris, cols. -; G.
Luzzi, La Bibbia, sua storia e storia d’Israele, vol. I, Edizioni Fides et Amor, Firenze ;
K. Forster, Continental versions from c.  to the present, in The Cambridge History of
the Bible, III, Cambridge University Press, Greenslade S. L. , p. .
. Cfr. G. Spini, Antonio Brucioli fra Rinascimento e Riforma, la Nuova Italia, Firenze
. Vedi anche G. Ricciotti, Bibbia. Versioni moderne italiane, in Enciclopedia Cattolica,
Ente per l’Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano , II, -; A. Vaccari, Bibbia, in
Enciclopedia Italiana, Roma , VI, .
. Le critiche alla Vulgata da parte degli umanisti partivano dalla necessità di un
ritorno ad fontes; per tale motivo Erasmo da Rotterdam e Lorenzo Valla si impegnarono
nella creazione di strumenti e opere di critica soprattutto neotestamentaria. La risposta
della Chiesa non tardò, nelle parole di abili controversisti quali lo Steuco e lo Stunica,
fino a sfociare nelle deliberazioni prese durante il Concilio di Trento secondo le quali, se
non si vietava di tradurre il testo biblico nelle lingue volgari (come poi sarebbe accaduto
nel ), la Vulgata era considerata la versione biblica corretta e autentica, accompagnata dalla tradizione ecclesiastica. Su questo tema: A. Morisi Guerra, La leggenda di San
Girolamo. Temi e problemi fra Umanesimo e Controriforma, in “Clio”,  (), pp. -.
Sulle vicende della censura nei confronti della Bibbia in Italia e in Europa cfr. Fragnito,
La Bibbia al rogo, cit.
. Lettera del Pagnini a Clemente VII pubblicata nell’edizione della Bibbia del .
Biblia. Habes in hoc libro, cit. Il Pagnini espresse i medesimi concetti nelle Hebraicae
Istitutiones, opera pubblicata a Lione nel , dove affermava l’impossibilità di tradurre
vocaboli della Bibbia con termini latini, a causa degli infiniti significati della parola divina;
cfr. Morisi Guerra, Santi Pagnini traducteur de la Bible, cit. ed Ead., Incontri ebraico-cristiani, cit.
. È interessante come tutte e tre le versioni, compresa quella del Pagnini, offrano
una traduzione “cristiana” del termine ebraico gho’el, che letteralmente significa “vendi-

LISA SARACCO
catore” e non “redentore”.
. Vedi anche la traduzione di Isaia , [Marmochino: «Stillate cieli di sopra, &
i cieli stillino la giustitia, aprisi la terra e fruttifichino la salute»; Pagnini: «Stillate coeli
desuper, & coeli stillent iustitiam. Aperiat se terra, et fructificent salus»; Vulgata: «Rorate
caeli desuper, et nubes pluant iustum; aperiatur terra, et germinet Salvatorem»] e Isaia
, [Marmochino: «Per Sion non tacero, & per Ierusalem non mi riposero per infino che
esca come splendore la giustitia di quello, & la salute di quello come lampada s’accenda»;
Pagnini: «Propter Sion non tacebo, & propter Ierusalaim non quiescam, donec egrediatur,
ut splendor iustitia eius, & salus eius, ut lampas accandat se»; Vulgata: «Propter Sion non
tacebo et propter Ierusalem non quiescam, donec egrediatur ut splendor iustus eius, et
salvator eius ut lampas accendatur»]. In questo caso è da notare anche la sostituzione nella
Vulgata del termine iustitia con iustus (il sostantivo in ebraico è œedeq). Marmochino in
entrambi i casi traduce “giustizia”, seguendo la scelta del Pagnini. Altri brani, tradotti
secondo l’originale, non favorivano l’annunciazione della figura di Cristo nell’Antico
Testamento, come il versetto  del Salmo : il Testo Masoretico riporta le parole «baciate
il figlio», trasformato dalla Vulgata in «Adorate pure». Pagnini segue il Testo Masoretico
(«Osculamini filium») e così Marmochino e Brucioli.
. Questo atteggiamento di Brucioli emerge anche in altri casi piuttosto rilevanti,
come per la traduzione del termine ebraico ‰eol, reso nella Vulgata con infernum. In
questo caso, se Marmochino segue la più corretta versione del Pagnini (“sepulchrum /
sepolcro”) non avallando la teoria dell’esistenza di un luogo deputato alle pene dopo la
morte assente nella concezione ebraica, Brucioli segue la Vulgata traducendo “inferno” sia
al versetto  del Salmo  («Ritornino gl’impii ne lo inferno»), sia al versetto  del Salmo
 («Non lascerai l’anima mia ne lo inferno»). Il secondo caso riguarda la traduzione del
termine ebraico che significa “costume”, utilizzato nel Salmo , . Esso era stato tradotto da Girolamo con ordinem, conferendo una sacralità e un’autorità al sacerdozio di
Melchisedec. Brucioli segue questa interpretazione traducendo con “ordine” e non con
“costume”, come invece fa il Marmochino.
. S. Heinimann, Oratio dominica romanice, Niemeyer, Tubingen  (Beihelfe zur
Zeitschrift fur Romanische Philologie, ), pp. -; Barbieri, Le Bibbie italiane, cit., vol.
I, pp. -; A. Del Col, Il controllo della stampa a Venezia e i processi ad Antonio Brucioli
(-), in “Critica Storica,” XVII, , pp. -, -.
. Sull’uso del termine musterion nel Nuovo Testamento in rapporto alla cultura
greca ed ellenistica si veda la voce curata da G. Bornkamm, Musterion, in Grande Lessico
del Nuovo Testamento, vol. VII, fasc. , coll. -.
. La scelta di questo tipo di traduzione è presente anche in Efesini ,; Efesini ,;
Colossesi ,; I Timoteo ,; Apocalisse ,.
. Cfr. Conzellmann, Kharisma, in Grande Lessico del Nuovo Testamento, cit., vol.
, coll. -.
. Si vedano anche Romani ,: (testo greco: «Kharisma tou theou»; Vulgata: «gratia
autem Dei»; Marmochino e Brucioli: «dono di Dio»; Pagnini: «donum autem dei») e I
Corinzi ,: (testo greco: «Meusthereistai en medeni kharismati»; Vulgata: «Ut nihil vobis
desit in ulla gratia»; Marmochino e Brucioli: «che voi non manchiate di alcuno dono»;
Pagnini: «Ut non destituamini in ullo dono»). Cfr. anche I Timoteo ,, II Timoteo , e
Apocalisse ,.
. L.Valla, In Novum Testamentum ex diversorum utriusque linguae codicum Collatione Annotationes, cum primis utiles, Corpus degli scritti valliani, Bottega d’Erasmo, Torino
 (edizione che riproduce quella pubblicata a Basilea nel ). Il testo parziale è stato
riproposto da S. I. Camporeale, Lorenzo Valla. Tra Medioevo e Rinascimento. Encomion
S. Thomae, in “Memorie Domenicane”, n. s., , , pp. -; L. Valla, Adnotationes in
Novum Testamentum, in aedibus Ascensianis, Parisiis .
. Valla mosse critiche anche al «hoc facite in meam commemoracionem», proponendo di tradurre “anamnesin” con “memoriam” o “recordacionem”. L’uso di “commemoratione”

ASPETTI ETERODOSSI DELLA BIBBIA DI SANTI MARMOCHINO
da parte dei traduttori italiani è dovuto qui probabilmente non tanto a un’aderenza al dettato
della Vulgata quanto alla versione del Pagnini che mantiene questo termine.
. «Sopportate queste cose per la vostra correzione. Dio vi tratta come figli; infatti
qual è il figlio che il padre non corregga? Ma se siete esclusi da quella correzione di cui
tutti hanno avuto la loro parte, allora siete bastardi e non figli».
. Camporeale, Lorenzo Valla. Tra Medioevo e Rinascimento, cit., pp. -.
. Ivi, pp. -.
. Laurentii Vallensis viri tam graece quam latine linguae peritissimi in Latinam Novi
testamenti interpretationem ex collatione Graecorum exemplarium Adnotationes apprime
utilies, in aedibus Ascensianis, Parisiis , f. XVr. e v.
. «Quocirca admoneor propter quosdam, aliquid dicere qui aiunt Mariam tam
fuisse plenam gratia, ergo et consummatam atque perfectam, quasi nullum ulterius Spiritus
Sancti donum acceperit, quandam quis queat omnibus omnium vel pervicacissimorum
hominum quaestionis occurrere? Sciant ergo apud Graecos non dici gratia plena, sed, ut
sic dicam, gratiata, vel gratificata, hoc est que donata est gratia», in L. Valla, Collatio Novi
Testamenti, a cura di A. Perosa, Sansoni, Milano , pp. -.
. Nuovo Testamento, trad. Anonimo della Speranza, Al segno della Speranza, Venezia
. Cfr. Barbieri, Le Bibbie italiane, cit., pp. -.
. Massimo Teofilo, Nuovo Testamento, Jean Frellon, Lione .
. Riguardo alla traduzione di questo brano e all’uso delle «parole della Riforma»
nei volgarizzamenti biblici del XVI secolo, cfr. F. Pierno, Parole della Riforma. Note lessicali
da una prima comparazione di volgarizzamenti biblici cinquecenteschi in lingua italiana, in
“Bollettino della Società di Studi Valdesi”, anno CXVII, n. , dicembre , pp. -.
. Michele Serveto, sotto lo pseudonimo di Villanovanus, ripubblicò la traduzione
della Bibbia del Pagnini per i tipi del Trechsel (Biblia sacra ex Santis Pagnini tralatione sed
ad Hebraicae linguae amussim novisseime ita recognita, et scholiis illustrata, ut plane nova
editio videri possit. Lugduni apud Hugonem à Porta MDXLII cum privilegios annos sex).
Anche Robert Estienne se ne servì per l’edizione della Bibbia ginevrina (Biblia utriusque
Testamenti. De quorum nova interpretatione et copiosissimis in eam annotationibus lege
quam in limine operis habes epistolam, [Ginevra], Oliva Roberti Stephani, MDLVII). Pietro
Martire Vermigli la utilizzò per commentare il libro dei Giudici e i due di Samuele (Commentaria in librum Judicum, Heidelbergae  e Commentaria in libros duos Samuelis seu
Regum, Tiguri ) e sempre a questa si richiamarono il Tremellio (nel  pubblicò a
Francoforte la sua traduzione dell’Antico Testamento in latino, ristampata a Londra nel
), Lutero, Tyndale e il Lefèvre. Benito Arias Montano la inserì nella Bibbia Poliglotta
di Anversa, dove essa appare interlineata da destra a sinistra con il Testo Masoretico. Su
questo tema si veda G. Luzzi, Le versioni bibliche nel secolo della Riforma. Santi Pagnini
e la sua traduzione latina della Bibbia, in “Bollettino della Società di Studi Valdesi”, 
(), pp. -,  () pp. -,  () pp. -,  () pp. - e Morisi Guerra,
Incontri ebraico-cristiani, cit., p. .
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